Thursday, July 31, 2008

Grandi schermi per i Grandi Fratelli

La tv è entrata nelle nostre vite, o siamo noi ad essere entrati in una realtà televisiva? Diventa sempre più difficile rispondere a questa domanda, soprattutto leggendo le notizie che arrivano dalla patria di Orwell, sempre più simile a come proprio lui l'aveva descritta, in anticipo sui tempi.
Quando la BBC ed il comitato organizzatore delle Olimpiadi di Londra per primi hanno lanciato l'idea di una rete di teleschermi il presupposto era che sarebbero rimasti solo per la durata dei giochi, permettendo a noi tutti di condividere le emozioni. Ora si scopre che sono destinati a rimanere ed a trasmettere in modo audibile fino a 18 ore al giorno.

Come se l'intrusione non fosse già abbastanza dannosa, dovremo, naturalmente, pagare questi schermi, e non solo attraverso il canone: i residenti di Middlesbrough, per esempio, pagheranno 35.000 sterline per i costi di installazione, più un costo di esercizio annuale di 28.000 sterline. Ma i budget per lo svago dei consigli comunali dovrebbero essere spesi per convincerci a staccarci dalla TV, non per mettercela davanti!

È stato promesso che oltre a mostrare notiziari gli schermi saranno utilizzati per promuovere la cultura; che saranno “tele digitali per gli artisti, i film-maker e gli studenti locali.” Ma c'è un motivo più recondito, rivelato da Bob Belam, del consiglio di Waltham Forest. Gli schermi, ha detto, saranno utilizzati “per fornire informazioni importanti e potranno lanciare messaggi sul comportamento antisociale.”
Un'altra grande e utile opera pubblica, finanziata dal corpo sociale per il proprio benessere.
Il Grande Fratello ringrazia.

Guardare e non toccare

Nel post Lo stato visibile e lo stato invisibile Lew Rockwell notava come lo stato sia molto attento nel selezionare cosa dobbiamo vedere e cosa no, perché potrebbe intaccare la fiducia che il popolo nutre nei suoi confronti. Spingendo un poco oltre il ragionamento, viene naturale chiedersi se ciò che ci viene mostrato sia effettivamente una rappresentazione fedele della realtà, e non invece una sua interpretazione, utile per perpetrare la leggenda di uno stato al nostro servizio. Del resto è indubbio che, dall'avvento dell'era cinematografica, la propaganda abbia raggiunto livelli prima impensabili: è sufficiente un sapiente montaggio, un'accurata selezione di suoni e immagini, e una nuova realtà è creata, una realtà virtuale, predigerita e inoffensiva.

E poi, ci sono le tecniche di manipolazione dell'immagine, in grado di consegnare ai nostri occhi quello che pensiamo essere un pezzo di realtà, e che ne è solo la versione modificata destinata ai proles, a quelli che mai dovranno porsi determinate domande. Questo è uno strumento ancora più potente, perché se anche qualcuno di essi dovesse mai provare a farlo, si troverà a scontrarsi contro il muro compatto dei suoi simili, che la verità “l'hanno vista in televisione,” convinti per questo di aver assistito allo svolgersi della storia. Ma quale storia?
L'immaginazione delle folle, come quella di tutti gli esseri in cui non interviene il ragionamento, è suscettibile di profonde impressioni. Le immagini evocate nel loro spirito da un personaggio, un fatto, un incidente, hanno quasi la vivezza delle cose reali. Le folle sono un po' come un dormiente, in cui la ragione é momentaneamente annullata, e vede sorgere nel suo spirito delle immagini d'una intensità estrema, ma che si dissipano subito appena vengono a contatto con la riflessione. Le folle, essendo incapaci di riflettere e di ragionare, non conoscono l'inverosimile; ora, le cose più inverosimili sono generalmente quelle che colpiscono di più.

Per questo le folle sono impressionate maggiormente da ciò che c'é di meraviglioso e di leggendario negli avvenimenti. Il meraviglioso e il leggendario sono in realtà i veri sostegni delle civiltà. Nella storia l'apparenza ha sempre avuto più importanza della realtà. L'irreale predomina sul reale.
(Gustav le Bon, Psicologia delle folle)


Wednesday, July 30, 2008

Lo stress uccide

Ricordate il Minot incident? Bene, la storia continua: pare che fare il generale dell'aeronautica sia diventato un lavoro piuttosto stressante. Troppo stressante...
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Ufficiale dell'aeronautica in Alaska probabile suicida


Il Generale di Brigata Thomas L. Tinsley, ufficiale al comando di uno stormo dell'aeronautica in Alaska è morto per una ferita d'arma da fuoco che probabilmente si è inflitto da solo, secondo quanto riferiscono le autorità.

L'arma era probabilmente una rivoltella, ha detto il Colonnello Richard Walberg, che ha preso il comando alla base dell'aeronautica di Elmendorf dopo la morte di Tinsley.

Tinsley è stato nominato comandante della base nel maggio 2007. La sua assegnazione precedente di 22 mesi era stata di ufficiale esecutivo agli ordini del capo del personale dell'aeronautica, il Generale il T. Michael “Buzz” Mosely, che si è dimesso in giugno sotto le pressioni dell'agenzia.

Mosely, il capo militare dell'aeronautica ed il segretario Michael W. Wynne, il capo civile dell'agenzia, sono stati giudicati responsabili per non essere riusciti a correggere completamente un'erosione degli standard nelle prestazioni relative alle armi nucleari. La preoccupazione era stata suscitata dal volo attraverso il paese in agosto di un B-52 che trasportava ordigni nucleari armati.

Walberg ha detto che Tinsley non era sotto investigazione o stress eccessivo.

“Per quanto riguarda lo stress, signore, questo lavoro, essere un ufficiale di aeronautica in una nazione in guerra, è stressante,” ha detto. “Stress eccessivo, no.”

Walberg ha aggiunto che i rappresentanti dell'istituto di patologia delle forze armate faranno un rapporto e dichiareranno se la causa della morte di Tinsley è stata un suicidio. Tali rapporti richiedono circa 30 giorni.

Piccoli sbirri (“climatici”) crescono

Per chi come me pensa che sotto la propaganda ambientalista si nasconda una nuova forma di fascismo, non sarà una sorpresa la campagna che una delle maggiori aziende britanniche dell'energia, la Npower, ha lanciato sui giornali della Gran Bretagna. In colorate pubblicità a pagina intera si promuove il sito www.climatecops.com, dove le “reclute” devono completare tre missioni per entrare a far parte dei “cadetti d'élite” e “addestrarsi per diventare poliziotti del clima” redigendo “rapporti di crimini contro il clima” su familiari, amici e vicini.

Tali missioni non sono altro che uno sbarramento di propaganda ecologista che il bambino deve subire se vuole essere accettato come agente speciale delle brigate verdi.

“Fate rapporto alla vostra famiglia per assicurarvi che non commettano ancora quei crimini (o altri)!” recita il sito, che ricorda alle reclute di mantenere un occhio vigile sui genitori e anche di estendere ulteriormente il loro raggio d'azione: “E le case di zie e zii, o dei compagni di scuola?”

È difficile non pensare al 1984 di Orwell, in cui i bambini sono incoraggiati dalle autorità a spiare i propri genitori ed denunciarli alle autorità per le trasgressioni contro lo stato: del resto, dovrebbe essere ormai chiaro, almeno per i più attenti, che l'impegno “ambientalista” dello stato altro non è che un comodo strumento per aumentare la sua dimensione e i suoi poteri, rendendoci tutti potenziali criminali.

Ben vengano, quindi, questi annunci a tutta pagina, diretti ai bambini, in cui vengono descritti sette diversi “crimini climatici” (attenzione alle parole!) tra i quali troviamo l'utilizzo di essiccatoi a tamburo, lasciare una porta aperta, e non usare lampadine a basso consumo.

Il Nuovo Ordine Mondiale sarà pulito, ecologico, e vestito con eleganti uniformi colorate.

Tuesday, July 29, 2008

Lo stato visibile e lo stato invisibile

Non c'è stato senza guerra, non c'è guerra senza stato. Perché è la guerra il coronamento di tutte le attività statali, il suo sbocco logico e inevitabile: il girone infernale in cui lo stato accresce a dismisura il suo potere. Ma proprio per questo, la guerra è anche la più grande occasione per comprendere la realtà del potere, per risvegliarsi alla spiacevole verità che tutto ciò che lo stato fa non è certo per il nostro bene, e che per continuare a farlo è necessario mantenere le masse nell'illusione.

Per questo l'immagine della guerra viene nascosta, filtrata, truccata come una vecchia baldracca per ingannare i nostri sensi. Lo stato ci vuole schiavi, e per riuscire nel suo intento deve prima renderci ciechi. Un grande articolo di Lew Rockwell.
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Di Llewellyn H. Rockwell, Jr.


È di Frédéric Bastiat la famosa osservazione che lo stato ci costa in modi che possiamo vedere ed in altri che non vediamo. Gli economisti tendono a concentrarsi sul secondo tipo perché elude la percezione pubblica. Quali invenzioni ci sono negate a causa delle regolamentazioni? Che cosa potrebbe essere fatto con le risorse che sono state deviate nelle tasse o nei prezzi più cari dovuti al protezionismo? Le risposte dimostrano che, a causa dell'intervento, stiamo peggio di quanto pensiamo.

A volte, tuttavia, dovremmo anche esaminare i costi potenzialmente visibili dello stato, se non altro perché lo stato non vuole che vediamo neanche quelli. Si tratta delle distruzioni dirette causate da alcune attività dello stato, in particolare dalla guerra. Vedere la guerra nelle fotografie cambia le cose. Ci induce a guardare la guerra dello stato e quello che fa alla gente: a noi e a loro.

Ecco perchè lo stato non vuole che le immagini di americani morti o feriti circolino in pubblico. I media, per la maggior parte, obbedicono. L'avete mai notato? Vi viene mostrato solo ciò che il governo vuole che vediate. Lo stato non vuole che vediate soldati morti o famiglie dei caduti che soffrono.

Invece lo stato vuole che crediate che la guerra in Iraq sia patriottismo, 9/11, orgoglio nazionale, una campagna per rendervi più sicuri, amministrazione della giustizia, virilità e coraggio e tutte le altre coperture per cos'è la guerra realmente: omicidio e distruzione pagati da voi e me e resi legali solamente perché è lo stato e non qualcun altro a farla.

Prendete l'immagine di un soldato morto, o di un bambino di una famiglia irachena uccisa, pubblicatela sul vostro blog e cosa accade? Il giornalista e fotografo Zoriah Miller lo ha scoperto. È stato cacciato via dal suo “embed,” che è il nome dato al gruppo di giornalisti a cui è consentito di viaggiare con un gruppo di soldati e riportare quello che al comando vogliono riportato. In seguito, gli è stato proibito di viaggiare in qualsiasi regione irachena presidiata dai Marine. Il comando militare ha cercato di cacciarlo via definitivamente dal paese.

Sì, tutto sembra molto premoderno e primitivo, e contrario ad ogni nostra devozione per il flusso libero delle informazioni: il primo emendamento e tutto il resto. Ma dal punto di vista del governo, sta conducendo una guerra e deve controllare quello che la gente conosce a questo proposito nella stessa misura in cui controlla tutto ciò che riguarda la guerra. Di conseguenza, dopo 4.000 soldati morti, innumerevoli centinaia di migliaia di morti iracheni, milioni di feriti da ogni lato, si può trovare soltanto una manciata di immagini sanguinolente.

Non è stupefacente, quanto lo stato possa realmente essere efficace quando si preoccupa intensamente per qualcosa? E perché si preoccupa così tanto? Un motivo, dicono, è che le foto forniscono al nemico informazioni sull'efficacia del loro attacco e della risposta. In effetti, questo è come affermare che qualsiasi cosa diversa dalla propaganda approvata sia sovversione e tradimento. Comunque, possiamo essere dannatamente sicuri che quando il nemico colpisce, il nemico lo sa.

Un altro proclama – e in realtà dicono la stessa cosa dalla Prima Guerra Mondiale ad oggi – il loro interesse principale è di proteggere le famiglie dei morti dallo shock, dalla violazione della privacy e dall'umiliazione. Forse questo può suonare plausibile, ma un altro punto di vista è che lo stato è soprattutto interessato nella continua promozione del mito per cui questi ragazzi stanno morendo per il loro paese, e non c'è gente più importante da convincere dei genitori dei morti.

Ma realmente, soltanto i più naïf potrebbero possibilmente credere che questa sia la vera ragione delle regole. Vogliono proteggere il resto di noi dalla realtà. La guerra del Vietnam ha perso il massiccio supporto nel paese quando i militari hanno allentato la stretta sul fotogiornalismo. Le poche immagini che abbiamo della Seconda Guerra Mondiale datano tutte a partire da un periodo dopo che FDR si era ugualmente piegato alla pressione pubblica.

Ad un livello, è patetico che abbiamo bisogno delle immagini per sottolineare cosa sia la guerra. Ma dal mondo antico, le masse nel loro insieme si sono dimostrate suscettibili a credere ad ogni mito sulla grandiosità e la gloria della guerra. Immaginiamo che noi come popolo stiamo andando all'estero a portare la giustizia, la verità e la libertà ad una certa tribù straniera ottenebrata e minacciosa. Questo è stato il tema costante dal mondo antico.

Poi vediamo le immagini. Ne viene fuori che la tribù ottenebrata è un insieme di individui praticamente come noi. Sono fatti di carne e di anima, hanno famiglie, adorano Dio e lottano con praticamente gli stessi problemi con cui tutti i popoli, dovunque, hanno da sempre lottato. Non c'è alcuna grande gloria nell'ucciderli, né nell'essere da loro uccisi.

Ma lo stato dice che a volte la guerra è necessaria. Se i nostri padroni realmente lo credono, perché ne nascondono i costi? Facciamo attenzione a questo. Se è giustificata, fateci vedere perché e come e fateci vedere cosa stiamo pagando in cambio della giusta guerra.

La verità è che lo stato deve nascondere non solo le sue guerre, ma tutte le sue attività. Nasconde la sua inflazione. Nasconde gli effetti delle sue tasse e del suo protezionismo. Teme chiunque tracci il collegamento di causa e effetto fra le sue attività e le loro conseguenze deleterie per il resto di noi. È la forza più distruttiva nel nostro mondo. Poiché questa verità è così importante, lo stato fa tutto il possibile per nascondere la più piccola goccia di sangue.

Lo stato vuole che tutti noi tiriamo avanti con le nostre vite, credendogli, amandolo e vedendo soltanto le immagini che vuole farci vedere.
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Llewellyn H. Rockwell, Jr. è presidente del Ludwig von Mises Institute ad Auburn, in Alabama, editore di LewRockwell.com, e autore di Speaking of Liberty. Vedi il suo archivio su Mises.org. Mandagli una mail. Commenta sul blog.

Schiavitù for dummies

“La via della schiavitù” esiste anche in versione illustrata, reperibile su mises.org, che posto qui tradotta, anche grazie al lavoro del blogger BK Marcus che ha ne ripulito le immagini e digitato il testo.
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La via della schiavitù

Di Friedrich von Hayek


1 – La guerra forza la “pianificazione nazionale”

Per per consentire la mobilitazione generale dell'economia del vostro paese, siete felice di rinunciare a molte libertà. Sapete che l'inquadramento è stato forzato dai nemici del vostro paese.




2 - Molti vogliono che la “pianificazione” rimanga…

Discussioni per un “pannello per la produzione in tempo di pace” si sentono prima della fine della guerra. " di tempo di guerra; i “pianificatori” della guerra che vogliono rimanere al potere, incoraggiano l'idea.




3 - I “pianificatori” promettono Utopie…

Un ottimistico programma per gli agricoltori va bene nelle zone rurali, un programma per i lavoratori dell'industria è popolare in città – e così via. Molti nuovi “pianificatori” vengono eletti…




4 - Ma non riescono ad accordarsi su UNA Utopia

Con la pace, una nuova legislatura si riunisce; ma l'unità del “vincere la guerra” è scomparsa. I “pianificatori” quasi arrivano alle mani. Ciascuno ha un suo programma preferito, e non cede.




5 - E nemmeno i cittadini si accordano l'un con l'altro…

Quando i “pianificatori” infine si accordano su di un programma provvisorio mesi dopo, i cittadini a loro volta sono in disaccordo. Ciò che è gradito al coltivatore, all'operaio non piace.




6 - I “pianificatori” odiano forzare l'accordo…

La maggior parte dei “pianificatori nazionali” sono idealisti ben intenzionati, contrari a qualsiasi uso della forza. Sperano in un certo miracolo di accordo pubblico quanto nel loro programma-rattoppo.




7 - Provano a “vendere” il programma a tutti…

In uno sforzo infruttuoso per istruire la gente all'uniformità di pensiero, i “pianificatori” istituiscono una poderosa macchina di propaganda – che il prossimo dittatore venente troverà molto pratica.




8 - Gli ingenui trovano l'accordo…

Nel frattempo, la crescente confusione nazionale conduce a manifestazioni di protesta. Il meno istruito – eccitato e convinto dall'ardente oratoria, forma un partito.




9 - La fiducia nei “pianificatori” sbiadice…

Più i “pianificatori” improvvisano, maggiore il disturbo al normale svolgimento degli affari. Tutti soffrono. La gente ora ritiene – giustamente – che i “pianificatori” non possono ottenere risultati!




10 - Il potere è consegnato all'“uomo forte”…

Nella disperazione, i “pianificatori” autorizzano il nuovo capo del partito a stabilire un programma ed a forzarne l'obbedienza. Più tardi, penseranno a come liberarsene – o così pensano.




11 - Il partito assume la direzione del paese…

Ormai, la confusione è così grande che l'obbedienza al nuovo capo dev'essere ottenuta a tutti i costi. Forse vi unite al partito voi stessi per aiutare l'unità nazionale.




12 - Uno scopo negativo salda l'unità del partito…

Il punto iniziale di tutti i dittatori è di infiammare la maggioranza nella causa comune contro una certa minoranza usata come capro espiatorio. In Germania, lo scopo negativo era l'antisemitismo.




13 - Nessuno si oppone al programma del leader…

Sarebbe un suicidio; la nuova polizia segreta è crudele. La capacità di forzare l'obbedienza si trasforma in sempre nella virtù #1 nello “stato pianificato.” Ora ogni libertà è scomparsa.




14 - La vostra professione è “pianificata”…

La più vasta scelta di lavoro promessa dagli ormai defunti “ pianificatori” risulta essere una tragica farsa. I “pianificatori” non l'hanno mai realizzata, né mai lo faranno .




15 - Il vostro salario è “pianificato”…

Le divisioni nella scala dei salari devono essere arbitrarie e rigide. Il governo di uno “stato pianificato” dalla sede centrale è impacciato, ingiusto, inefficiente.




16 - Il vostro pensiero è “pianificato”…

Nella dittatura, generata involontariamente dai pianificatori, non c'è spazio per la diversità d'opinione. Manifesti, radio, stampa – tutti vi dicono le stesse bugie!




17 - Il vostro tempo libero è “pianificato”…

Non è per caso se gli sport ed i divertimenti sono stati attentamente “pianificati” in tutte le nazioni regolamentate. Una volta iniziato, i “pianificatori” non si possono fermare.




18 - La vostra disciplina è “pianificata”…

Se venite licenziato dal vostro lavoro, rischiate di essere fucilato da un plotone di esecuzione. Ciò che veniva considerato un errore si è ora trasformato in in un crimine contro lo stato. Così finisce la via della schiavitù!



Monday, July 28, 2008

Sulla via della schiavitù

Bruce Caldwell, professore di economia, ha pubblicato quella che è stata definita l'edizione definitiva del classico del 1944 di Friedrich von Hayek, “La via della schiavitù,” un libro forse incompleto ma ancora attuale, anche a 60 anni dalla sua prima pubblicazione.

Caldwell ha parlato del libro, fornendo molti interessanti spunti di riflessione, con Mitch Kokai per la Carolina Journal Radio. Questa è la traduzione.
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Il più famoso libro di Hayek

L'economista Bruce Caldwell discute de “La via della schiavitù.”


Kokai: Questo è un libro uscito nel 1944. Era allora di grande attualità, occupandosi delle preoccupazioni della gente di quel tempo. Più di 60 anni dopo, perché è ancora considerato così influente?

Caldwell: Bene, era un libro di enorme importanza, certamente nei dibattiti che avevano luogo sul socialismo. La tesi del libro è che, al contrario di ciò che i democratici sociali e le persone di buon cuore credevano allora, la sua tesi era che non è possibile in realtà unire il socialismo, particolarmente del tipo a pianificazione centrale, con la libertà. E presentare questo argomento nel 1944 era visto come qualcosa oltre i limiti. Certamente era una discussione importante, e questo, con il passare del tempo, è diventato piuttosto evidente.

Ora, per quanto concerne l'oggi, bene, vi fornirò un esempio di una certa importanza per il nostro tempo. Uno dei suoi temi più importanti era che in tempo di guerra, i leader nazionali useranno la guerra per aumentare le dimensioni del governo. E non dev'essere un tipo di guerra come la Seconda Guerra Mondiale. Potete pensare alla guerra contro la povertà, contro la droga, contro il terrorismo. Tutte queste sono guerre che i capi usano per dire che dobbiamo avere più governo, un governo più grande, più coinvolgimento del governo – e in special modo se è una guerra senza fine. Voglio dire che la Seconda Guerra Mondiale alla fine ha avuto termine. È difficile pensare che la guerra contro il terrorismo possa mai terminare, o una contro la povertà, o una guerra contro la droga, per intenderci.

Significa un mandato per il governo di continuare a provare: bene, non ha funzionato, quindi dobbiamo provare qualcos'altro ed abbiamo bisogno di più risorse. Spesso, in particolare, non era solo una questione di risorse. Le libertà civili – la cessione delle libertà civili durante il tempo di guerra – è una delle cose di cui egli aveva paura, di cui si preoccupava allora, e penso sia sempre appropriato preoccuparsene.

Kokai: Nell'introduzione a questa ultima edizione, dite che la La via della schiavitù era destinata ad essere una specie di antidoto a questa nozione che la pianificazione sia un metodo che possa essere impiegato per risolvere tutti i problemi del mondo.

Caldwell: Sì. La pianificazione era considerata come una grande panacea. Non dimentichiamo, lui iniziò questo lavoro nella Grande Depressione. L'opinione diffusa era che il capitalismo aveva fallito in maniera massiccia. Le soluzioni messe in atto in altri paesi, come il fascismo e il comunismo, non sembravano essere troppo attraenti almeno per la maggior parte delle persone in Gran-Bretagna, dove stava scrivendo. E così, la pianificazione socialista sembrava essere la via razionale da scegliere. E c'è un meraviglioso articolo sull'“opinione media” in Gran-Bretagna negli anni 30, e virtualmente tutta l'intellighenzia – chiunque avesse pensato a qualche cosa – pensava che il socialismo fosse la “via di mezzo.” Quello era il termine che è sempre stato usato. E questo era ciò che egli stava provando a combattere.

Kokai: Una delle cose che gli appassionati di questo libro, o anche solo le persone che conoscono questo libro e ne sono critici da sempre, potrebbe aver interesse ad imparare, è che cominciò come promemoria.

Caldwell: Oh, è una storia bellissima, davvero. Era un promemoria che aveva scritto al signor Beveridge – William Beveridge, al tempo direttore della Scuola di Economia di Londra – in risposta all'idea allora diffusa che il fascismo fosse l'ultimo rantolo di un fallito sistema capitalista. I marxisti avevano predetto che il capitalismo avrebbe fallito ed una grande rivoluzione sarebbe avvenuta e le masse avrebbero preso il potere. Ma poiché questo non accadde, in alcuni paesi durante la Grande Depressione, ciò che era emerso era, specialmente in Germania, il fascismo sotto Adolph Hitler. Così la discussione che si stava sviluppando era che il nazional socialismo, il nazismo, fosse semplicemente una risposta capitalista alla prossima rivoluzione socialista; uno sforzo disperato per evitarla. Hayek offrì una spiegazione alternativa, precisante che il nazional socialismo, in effetti, è una forma di socialismo – che in termini di interventi nell'economia e nella sua opposizione alle politiche liberali in democrazia, aveva molto più in comune con un altro sistema totalitario, come il comunismo, di quanto ne avesse con – che l'uno o l'altro avesse – con il liberalismo. Questo è un argomento, a proposito, che penso che la maggior parte della gente oggi abbia trovato indiscutibile, che ci mostra in che specie di tempi stesse vivendo, e che era considerato allora come reazionario.

Kokai: Abbiamo parlato un po' di alcuni dei problemi che Hayek notò ne La via della schiavitù. Quali sono gli antidoti che ha offerto? Quali le cose che i governi dovrebbero fare?

Caldwell: Bene. Non è stato così chiaro ne La via della schiavitù. Una delle critiche che penso sia una critica valida al libro è che ha parlato di tutti problemi del socialismo ma non ha presentato in dettaglio – ha alcune pagine, ma senza molti particolari – cosa dovrebbe sostituirlo. E penso che abbia preso quelle critiche a cuore perché il suo successivo progetto importante di libro – in realtà nel frattempo scrisse un libro chiamato The Sensory Order - ma il suo vero grande progetto seguente era qualcosa chiamato La costituzione della libertà. Ha lavorato esso per quattro anni. Non venne pubblicato fino al 1960, ma è un libro che non è realmente un modello ma certamente articola una società democratica liberale di mercato: come apparirebbe, quali i suoi vantaggi, che tipo di interventi potrebbero essere necessari e quali sarebbero i suoi benefici in termini di libertà personale.

Kokai: Ora, una delle cose che inoltre accennate nell'introduzione è che questo libro ha avuto forti reazioni positive e negative dalla sua pubblicazione. E sto citando dalla vostra introduzione che “continua ad essere un parafulmine così come un test di Rorschach, rivelando tanto sugli impegni precedenti del lettore quanto sulle idee di Hayek.” Perché questo?

Caldwell: Bene, penso specialmente che le persone che lo hanno letto negli anni 40, e che lo rileggeranno penseranno, “accidenti, molte delle cose che ha detto non sono affatto così discutibili.” Così penso, da un lato, una ragione per cui c'è stato un cambiamento è che i tempi sono cambiati. Ma penso che la parte della prova di Rorschach e del parafulmine sia, in parte, dovuta al fatto che è sembrato giusto alla conclusione della Seconda Guerra Mondiale. È stato pubblicato nel 1944. Ma un'edizione del Reader’s Digest venne pubblicata nell'aprile del 1945, mentre la guerra in Europa si stava concludendo. E molta gente stava dicendo, “in che direzione dobbiamo andare?” E l'edizione del Reader’s Digest, che è un'edizione di 20 pagine di questo libro molto più lungo, venne ampiamente diffusa e diventò iconica per chi si opponeva a al New Deal o per chi stava provando ad allargare ulteriormente il New Deal. Così guadagnò una reputazione probabilmente sproporzionata a quella che avrebbe dovuto avere, in un certo senso, a causa della condensazione del Reader’s Digest, ed al fatto che, di conseguenza, tutti lo conoscevano e tutti avevano forti opinioni in proposito.

Kokai: Questo libro ha ancora influenza dopo più di 60 anni dalla sua pubblicazione. Pensate che continuerà ad avere qualche influenza a 60 anni da oggi?

Caldwell: Non penso che il desiderio umano di fondo di controllare i fenomeni sociali, di controllare la società con la politica sociale, si dissiperà mai. E, in effetti, penso che sia un nobile desiderio. Penso che Hayek, tuttavia, indica determinati problemi che la gente incontra quando prova a pianificare una società. Così penso che questo sia un messaggio che potremo dimenticare solo a nostro pericolo. Mettiamola così.

Sunday, July 27, 2008

Superficial intelligence

Pensate, è ormai da sette anni che va avanti la “caccia a bin Laden,” migliaia di presunti enemy combatants sono stati catturati, e quando tra questi ne capita uno che potrebbe avere qualcosa di interessante da dire – poof! – scompare, viene lasciato libero, senza neanche sottoporlo a interrogatori o processo. E poi la chiamano “intelligence”...

Ma, forse, l'intelligenza sta proprio in questo, nel fare in segreto l'opposto di ciò che si dichiara di voler fare in pubblico.

Leggete questa storia apparentemente assurda e traetene le vostre conclusioni.
Poco dopo essere arrivato a Guantanamo nel 2002, l'autista di Osama bin Laden ha rivelato negli interrogatori l'identità del capo delle guardie del corpo di Al-Qaeda – allora come lui detenuto nel campo di prigionia.

Ma, inesplicabilmente, gli Stati Uniti hanno lasciato andare la guardia del corpo.

Questa sensazionale informazione è stata rivelata il quarto giorno del processo per crimini di guerra di Salim Hamdan, 37 anni, accusato di cospirazione e di supporto materiale al terrorismo come presunto membro del circolo ristretto di bin Laden.

Michael St. Ours, un agente del Servizio di Intelligence Criminale della Marina, NCIS, ha offerto un primo assaggio. Ha testimoniato al processo che il suo lavoro come interrogatore nei campi di prigionia nel maggio 2002 era di trovare e focalizzare le guardie del corpo fra i detenuti.

E Hamdan lo ha aiutato ad identificarne 30 – il 10 per cento degli approssimativamente 300 prigionieri allora detenuti. Erano appena stati trasferiti a Camp Delta dal grezzo accampamento chiamato Camp X-Ray e l'intelligence degli Stati Uniti stava ancora provando a smascherarli.

Il capo fra loro era Abdallah Tabarak, nato a Casablanca, allora 47enne, descritto da St. Ours come “un individuo duro” e, grazie a Hamdan, “la guardia del corpo capo di tutte le guardie del corpo.”

St. Ours ha detto che avrebbe voluto parlare con Tabarak. Ma il marocchino era “non cooperativo,” e St. Ours passò ad altri lavori di intelligence – e non venne mai a sapere in seguito che ne è stato di lui.

Allora, in un accurato interrogatorio, l'avvocato difensore di Hamdan Harry Schneider ha lasciato cadere la notizia bomba: vi sorprenderebbe sapere che è stato liberato senza nemmeno essere accusato?” St. Ours è apparso stupito.

“Sì,” ha risposto.

I portavoce del Pentagono e del campo di prigionia non hanno risposto giovedì ad una richiesta di spiegazione. Il nome di Tabarak era scomparso da una lista ufficiale del campo di prigionia elaborata dal Dipartimento della Difesa nel settembre 2004, dopo che circa 200 prigionieri erano stati mandati via. Un mese prima, l'agenzia di notizie di stato del Marocco aveva detto che tutti e cinque i suoi cittadini erano stati rimpatriati dai campi, per investigazioni.

Le élite naturali, gli intellettuali e lo Stato

Riposto l'intero articolo per una più comoda fruizione dalla lista dei “Feticci,” nella colonna di destra. (Una versione in pdf si può invece scaricare da questo link.)
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Di Hans-Hermann Hoppe


Uno stato è un monopolista territoriale coercitivo, un'agenzia che può dedicarsi a continue violazioni istituzionalizzate dei diritti di proprietà ed allo sfruttamento dei proprietari privati tramite espropriazione, tassazione, e regolamentazione.

Ma come nascono gli stati? Ci sono due teorie sull'origine degli stati. Una è associata a nomi come Franz Oppenheimer, Alexander Ruestow ed Albert Jay Nock e sostiene che gli stati sono nati come il risultato della conquista militare di un gruppo su un altro. Questa è la teoria dell'origine esogena dello stato.

Ma questa opinione è stata severamente criticata su base storica così come teorica dagli etnografi e dagli antropologi come Wilhelm Muehlmann. Questi critici precisano che non tutti gli stati hanno avuto origine con una conquista esterna. Effettivamente, i critici considerano l'opinione che i primissimi stati siano stati il risultato della conquista da parte di mandriani nomadi sui coltivatori come cronologicamente falsa. Inoltre, questa interpretazione soffre teoricamente del problema che la conquista in sé sembra presupporre un'organizzazione di tipo statuale fra i conquistatori. Quindi, l'origine esogena richiede una teoria più fondamentale dell'origine endogena degli stati.

Una tale teoria è stata presentata da Bertrand de Jouvenel. Secondo il suo punto di vista, gli stati sono la conseguenza delle élite naturali: il risultato naturale delle transazioni volontarie fra i proprietari privati è non-egalitario, gerarchico ed elitista. In ogni società, alcuni individui acquistano la condizione di élite con il talento. Grazie ai loro successi in ricchezza, saggezza e valore, questi individui arrivano a possedere un'autorità naturale, ed i loro pareri e giudizi godono di rispetto diffuso. Inoltre, a causa degli accoppiamenti e matrimoni selettivi, e delle leggi dell'eredità civile e genetica, posizioni di autorità naturale è probabile che si trasmettano all'interno di poche famiglie nobili. È verso queste famiglie con una lunga storia di grandi successi, di lungimiranza, e di condotta personale esemplare che gli uomini si rivolgono con i loro conflitti e reclami. Questi capi dell'élite naturale fungono da giudici e pacificatori, spesso gratis, per il senso del dovere che ci si attende da una persona di autorità o per l'interesse per la giustizia civile intesa come “bene pubblico” privatamente prodotto.

Il piccolo ma decisivo passo nella transizione verso lo stato consiste precisamente nella monopolizzazione della funzione del giudice e del pacificatore. Questo è avvenuto quando un singolo membro dell'élite naturale volontariamente riconosciuta fu in grado di ottenere, malgrado l'opposizione di altri membri dell'élite, che tutti i conflitti all'interno di un territorio specifico venissero portati davanti a lui. Le parti in conflitto non poterono più scegliere un altro giudice o pacificatore.


Origine della monarchia

Una volta che l'origine di uno stato è vista come la conseguenza di un ordine anteriore e gerarchicamente strutturato di élite naturali, diventa chiaro perché l'umanità, fintantoché è stata soggetta ad un governo, è stata sotto la monarchia (piuttosto che la democrazia) per la maggior parte della sua storia. Ci sono stati eccezioni, naturalmente: la democrazia ateniese, Roma fino al 31 BC, le repubbliche di Venezia, Firenze e Genova durante il Rinascimento, i cantoni svizzeri dal 1291, le Province Unite (Paesi Bassi) a partire dal 1648 fino al 1673 e l'Inghilterra sotto Cromwell. Ma si trattava di avvenimenti rari e nessuno di loro assomigliava lontanamente ai sistemi democratici moderni, un-uomo-un-voto. Piuttosto, anch'esse erano altamente elitiste. Ad Atene, per esempio, niente più del 5% della popolazione votava ed era eleggibile per le posizioni di comando. Solo dopo la fine della Prima Guerra Mondiale l'umanità abbandonò veramente l'era monarchica.


Il potere monopolizzato

Dal momento in cui un singolo membro dell'élite naturale riuscì a monopolizzare la funzione di giudice e pacificatore, la legge e l'applicazione di legge sono diventate più costose. Invece di essere offerte gratis o in cambio di un pagamento volontario, sono finanziate con la tassazione obbligatoria. Allo stesso tempo, la qualità della legge si è deteriorata. Invece di sostenere le antiche leggi della proprietà privata ed applicare i principi universali ed invariabili della giustizia, un giudice monopolistico, che non deve temere di perdere i clienti come risultato dell'essere meno che imparziale, pervertirà la legge attuale a suo proprio vantaggio.

Come è stato possibile questo piccolo ma decisivo passo della monopolizzazione della legge e dell'ordine da parte di un re, che com'era prevedibile ha condotto a prezzi più elevati e ad una qualità inferiore della giustizia? Certamente, altri membri dell'élite naturale si sarebbero opposti a qualsiasi simile tentativo. Tuttavia ecco perché gli eventuali re si sono allineati tipicamente con “la gente” o “l'uomo comune.” Facendo appello al sentimento sempre popolare dell'invidia, i re hanno promesso alla gente una giustizia migliore e meno costosa in cambio e a carico della tassazione dei loro uomini migliori (i competitori del re) riducendone la dimensione. In secondo luogo, i re hanno chiamato in aiuto la classe degli intellettuali.


Il ruolo degli intellettuali

Ci si poteva aspettare che la domanda di servizi intellettuali sarebbe cresciuta con l'aumento della qualità della vita. Tuttavia, la maggior parte delle persone si preoccupa di affari piuttosto terreni e mondani e fa scarso uso delle attività intellettuali. Oltre alla Chiesa, le uniche persone con una domanda dei servizi degli intellettuali erano membri dell'élite naturale – come insegnanti per i loro bambini, consiglieri personali, segretari e bibliotecari. L'occupazione per gli intellettuali era rischiosa e la paga generalmente bassa. Ancora, mentre i membri dell'élite naturale erano solo raramente essi stessi intellettuali (cioè, persone che spendono tutto il loro tempo in occupazioni da studioso), ma erano invece persone interessate del comportamento delle imprese terrene, erano in genere intelligenti almeno quanto i loro impiegati intellettuali, così che la stima per i successi dei “loro” intellettuali era piuttosto modesta.

Non sorprende, quindi, che gli intellettuali, soffrendo di un'immagine di sé notevolmente gonfiata, si risentissero di questo fatto. Quanto era ingiusto che quelli – le élite naturali – a cui loro insegnavano, fossero realmente i loro superiori e conducessero una vita comoda mentre loro – gli intellettuali – erano comparativamente poveri e dipendenti. Non desta inoltre meraviglia che gli intellettuali potessero essere conquistati facilmente da un re nel suo tentativo di stabilirsi come monopolista della giustizia. In cambio della loro giustificazione ideologica del governo monarchico, il re poteva non solo offrir loro un'occupazione migliore e di condizione più elevata, ma come intellettuali della corte reale potevano finalmente far pagare alle élite naturali la loro mancanza di rispetto.

Eppure, il miglioramento della posizione della classe intellettuale fu soltanto moderato. Sotto un governo monarchico, c'era una distinzione definita fra il governante (il re) ed il governato, ed il governato sapeva che non avrebbe potuto mai trasformarsi in governante. Di conseguenza, c'era una considerevole resistenza non solo delle élite naturali ma anche della gente comune contro qualsiasi aumento nel potere del re. Era così estremamente difficile per il re riscuotere le tasse e le possibilità d'impiego per gli intellettuali rimanevano altamente limitate. In più, una volta ben trincerato, il re non curava molto meglio i suoi intellettuali di quanto facessero le élite naturali. E dato che un re controllava territori molto più grandi di quanto avessero fatto mai le élite naturali, perdere il suo favore era ancora più pericoloso, e ciò rese la posizione degli intellettuali per alcuni versi più precaria.

Un'ispezione delle biografie dei principali intellettuali – da Shakespeare a Goethe, da Cartesio a Locke, da Marx a Spencer – mostra più o meno lo stesso modello: fino a gran parte del diciannovesimo secolo, il loro lavoro era patrocinato da donatori privati, da membri dell'élite naturale, da principi, o da re. Conquistando o perdendo il favore dei loro garanti, cambiavano di frequente occupazione ed erano geograficamente molto mobili. Se da un lato questo significava spesso insicurezza finanziaria, ha contribuito non solo ad un cosmopolitismo unico degli intellettuali (come indicato dalla loro competenza nelle numerose lingue), ma anche ad un'insolita indipendenza intellettuale. Se un donatore o garante non li sosteneva più, ne esistevano molti altri che avrebbero colmato felicemente la lacuna. In effetti, la vita intellettuale e culturale fioriva maggiormente, e più grande era l'indipendenza degli intellettuali, dove la posizione del re o dell'amministrazione centrale era relativamente debole e quella delle élite naturali era rimasta relativamente forte.


L'ascesa della democrazia

Un cambiamento fondamentale nel rapporto fra lo stato, le élite naturali e gli intellettuali si è avuto soltanto con la transizione dalla monarchia alla democrazia. Fu il prezzo inflazionato della giustizia e le perversioni della legge antica da parte dei re come giudici e pacificatori monopolistici a motivare l'opposizione storica contro la monarchia. Ma, quanto alle cause di questo fenomeno, la confusione è prevalsa. Ci furono coloro che riconobbero correttamente che il problema era nel monopolio, non nelle élite o nella nobiltà. Tuttavia, sono stati largamente superati nel numero da coloro che incolparono erroneamente il carattere elitista del governo per il problema e che sostennero il mantenimento del monopolio della legge e della sua applicazione e la semplice sostituzione del re e dello sfoggio reale altamente visibile con il “popolo” e la presunta decenza dell'“uomo comune.” Da qui il successo storico della democrazia.

È molto ironico che il monarchismo si sia distrutto con le stesse forze sociali che i re in primo luogo avevano stimolato ed arruolato quando cominciarono ad escludere le autorità naturali concorrenti dalla funzione di giudice: l'invidia degli uomini comuni contro i migliori ed il desiderio degli intellettuali per il loro presunto posto meritato nella società. Quando le promesse del re di e giustizia migliore e meno costosa risultarono essere vuote, gli intellettuali rivoltarono i sentimenti egalitari che i re precedentemente avevano sollecitato contro gli stessi governanti monarchici. Di conseguenza, sembrò logico che anche i re dovessero essere abbattuti, e che le politiche egalitarie, che i monarchi avevano iniziato, dovessero essere portate alla loro ultima conclusione: il controllo monopolistico dell'ordinamento giudiziario da parte dell'uomo comune. Degli intellettuali, questo intendevano loro, come portavoci del popolo.

Come l'elementare teoria economica poteva prevedere, con la transizione dal governo monarchico a quello democratico di un-uomo-un-voto e con la sostituzione del re con il popolo, la situazione si è aggravata. Il prezzo della giustizia è aumentato astronomicamente mentre la qualità della legge si è deteriorata in modo costante. Perché questa transizione si è rivelata essere la sostituzione di un sistema di proprietà privata del governo – un monopolio privato – con un sistema di proprietà pubblica del governo – un monopolio pubblico.

Una “tragedia dei comuni” era stata generata. Tutti, non solo il re, erano ora autorizzati a tentare di arraffare ogni proprietà privata altrui. Le conseguenze sono state un maggiore sfruttamento del governo (tasse); il deterioramento della legge al punto che l'idea di un corpo di principi universali ed invariabili di giustizia è scomparsa ed è stata sostituita dall'idea della legge come legislazione (legge fatta, piuttosto che trovata e “eternamente data”); e un aumento nel tasso sociale di preferenza temporale (orientamento al presente aumentato).

Un re possedeva il territorio e poteva passarlo al proprio figlio, e provava così a conservarne il valore. Un governante democratico era ed è un guardiano provvisorio e tenta così di massimizzare ogni tipo di reddito del governo corrente a scapito dei valori capitali, e così spreca.

Ecco alcune delle conseguenze: durante l'era monarchica prima della Prima Guerra Mondiale, la spesa pubblica come percentuale del PIL era raramente superiore al 5%. Da allora è arrivata tipicamente intorno al 50%. Prima della Prima Guerra Mondiale, l'occupazione statale era tipicamente meno del 3% dell'occupazione totale. Da allora è aumentata fra il 15 e il 20%. L'era monarchica è stata caratterizzata dalla moneta merce (oro) ed il potere di acquisto del denaro aumentava gradualmente. In contrasto, l'era democratica è l'era dei soldi di carta il cui potere di acquisto è permanentemente diminuito.

I re si indebitavano sempre di più, ma almeno durante il tempo di pace riducevano caratteristicamente il loro carico di debito. Durante l'era del governo democratico il debito è aumentato in guerra e in pace ad altezze incredibili. I tassi di interesse reale durante l'era monarchica scendevano gradualmente intorno al 2½ %. Da allora, i tassi di interesse reale (tassi nominali aggiustati sull'inflazione) sono stati in rialzo fino a intorno il 5% – come i tassi del XV secolo. La legislazione virtualmente non è esistita fino alla fine del diciannovesimo secolo. Oggi, durante un singolo anno, decine di migliaia di leggi e regolamenti vengono approvati. I tassi di risparmio stanno diminuendo invece di aumentare con l'aumento dei redditi e gli indicatori della disintegrazione della famiglia e del crimine si stanno muovendo costantemente verso l'alto.


Il destino delle élite naturali

Mentre lo stato è andato molto meglio sotto il sistema democratico, e mentre il “popolo” è andato molto peggio da quando hanno cominciato “essi stessi” a governare, che cosa è successo alle élite naturali ed agli intellettuali? Per quanto riguarda le prime, la democratizzazione è riuscita laddove i re fecero soltanto un modesto inizio: nella distruzione dell'élite e della nobiltà naturali. Le fortune delle grandi famiglie sono state dissipate con la confisca delle tasse, durante la vita ed al momento della morte. La tradizione di queste famiglie di indipendenza economica, la lungimiranza intellettuale e la direzione morale e spirituale sono state perse e dimenticate.

Esistono anche oggi gli uomini ricchi, ma più frequentemente che no devono direttamente o indirettamente le loro fortune allo stato. Quindi, dipendono spesso dai continui favori dello stato di molte persone di ricchezza molto minore. Non sono più in genere i capi di importanti famiglie da lunga data, ma “nuovi ricchi.” Il loro comportamento non è caratterizzato da virtù, saggezza, dignità, o dal gusto, ma è una riflessione della stessa cultura di massa proletaria orientata al presente, dell'opportunismo e dell'edonismo che i ricchi e famosi ora condividono con tutti gli altri. Di conseguenza - e grazie al cielo – i loro pareri non hanno maggior peso nell'opinione pubblica di quelli della maggior parte dell'altra gente.

La democrazia ha realizzato quello che Keynes aveva soltanto sognato: “l'eutanasia della classe della classe redditiera.” La dichiarazione di Keynes che “a lungo termine saremo tutti morti” esprime lo spirito democratico del nostro periodo: edonismo orientato al presente. Anche se è perverso non pensare oltre la propria vita, tale pensiero è diventato tipico. Invece di nobilitare i proletari, la democrazia ha proletarizzato le élite e ha pervertito sistematicamente il pensiero ed il giudizio delle masse.


Il destino degli intellettuali

Dall'altro lato, mentre le élite naturali venivano distrutte, gli intellettuali hanno guadagnato una posizione più prominente e più potente nella società. Effettivamente, in larga misura hanno realizzato il loro obiettivo e si sono trasformati nella classe dirigente, controllando lo stato e funzionando come giudice monopolistico.

Questo non vuol dire che i politici democratico scelti sono tutti intellettuali (anche se ci sono al giorno d'oggi certamente più intellettuali che diventano presidenti di quanti ce ne furono che diventarono re.) Dopo tutto, essere un intellettuale richiede abilità e talenti in qualche modo diversi da quelli necessari per affascinare le masse ed essere un raccoglitore di fondi di successo. Ma persino i non-intellettuali sono i prodotti dell'indottrinamento delle scuole finanziate dalle tasse, delle università e degli intellettuali occupati nel pubblico, e quasi tutti i loro consiglieri arrivano da questo ambiente.

Non ci sono quasi economisti, filosofi, storici, o teorici sociali di rango occupati privatamente dai membri dell'élite naturale. E quei pochi della vecchia élite che rimangono e che potrebbero comprare i loro servizi non possono più permettersi finanziariamente gli intellettuali. Invece, gli intellettuali sono ora in genere impiegati pubblici, anche se lavorano per istituzioni o fondazioni nominalmente private. Quasi completamente protetti dal capriccio della domanda dei consumatori (“impiegato di ruolo”), il loro numero è aumentato drammaticamente e la loro compensazione è in media molto al di sopra del loro genuino valore di mercato. Allo stesso tempo la qualità della loro produzione intellettuale è calata costantemente.

Quello che scoprirete è principalmente irrilevanza ed incomprensibilità. Peggio, quando l'attuale produzione intellettuale è del tutto rilevante e comprensibile, è viziosamente statalista. Ci sono eccezioni, ma se praticamente tutti gli intellettuali sono occupati nelle molteplici ramificazioni dello stato, non dovrebbe sorprendere che la maggior parte della loro sempre più voluminosa produzione sia, per commissione o per omissione, propaganda statalista. Ci sono in giro oggi più propagandisti del sistema democratico di quanti ce ne siano stati del sistema monarchico in tutta la storia dell'umanità.

Questa spinta apparentemente inarrestabile verso lo statalismo è illustrata dal destino della cosiddetta Scuola di Chicago: Milton Friedman, i suoi predecessori, e i suoi seguaci. Negli anni 30 e 40, la Scuola di Chicago era ancora considerata di sinistra, e giustamente, considerando che Friedman, per esempio, sosteneva la necessità di una banca centrale e dei soldi di carta al posto della parità aurea. Sottoscrisse con entusiasmo il principio dello stato sociale con la sua proposta di un reddito minimo garantito (imposta negativa sul reddito) al quale non poté fissare un limite. Sostenne l'imposta progressiva sul reddito per realizzare i suoi obiettivi esplicitamente egalitari (e aiutò personalmente ad implementare la ritenuta d'acconto). Friedman appoggiò l'idea che lo stato potesse imporre delle tasse per finanziare la produzione di tutte le merci che avessero un effetto ambientale positivo o che egli pensava lo avessero. Ciò implica, naturalmente, che non c'è quasi niente che lo stato non possa finanziare con le tasse!

In più, Friedman ed i suoi seguaci erano fautori della più superficiale di tutte le filosofie superficiali: il relativismo etico ed epistemologico. Non esistono verità morali definitive e tutta la nostra conoscenza effettiva e empirica è, nel migliore dei casi, solo ipoteticamente vera. Tuttavia non hanno mai dubitato che ci debba essere uno stato e che lo stato debba essere democratico.

Oggi, mezzo secolo dopo, la Scuola di Chicago e di Friedman, senza essenzialmente aver cambiato alcuna delle sue posizioni, è considerata di destra ed a favore del libero mercato. In effetti, la scuola costituisce il limite ultimo dell'opinione rispettabile nella destra politica, che soltanto gli estremisti attraversano. Tale è la dimensione del cambiamento nell'opinione pubblica che gli impiegati pubblici hanno determinato.

Considerate altri indicatori della deformazione statalista determinata dagli intellettuali. Se diamo uno sguardo alle statistiche elettorali, generalmente troveremo la seguente immagine: più tempo una persona passa negli istituti scolastici, qualcuno con una laurea, per esempio, rispetto a qualcuno con soltanto un diploma, più è probabile che questa persona sia ideologicamente statalista e voti democratico. Inoltre, maggiore la quantità di tasse usate per finanziare l'educazione, più in basso cadranno i risultati del SAT [test attitudinale scolastico, NdT] e di altre simili misure della prestazione intellettuale, e sospetto che ancora di più declineranno gli standard tradizionali di condotta morale e di comportamento civile.

Oppure considerate il seguente indicatore: nel 1994 è stata chiamata una “rivoluzione,” ed il Presidente della Camera, Newt Gingrich, è stato chiamato un “rivoluzionario,” quando appoggiò il New Deal e la previdenza sociale, ed elogiò la legislazione sui diritti civili, in altre parole la discriminazione positiva e l'integrazione forzata che è responsabile della distruzione quasi totale dei diritti della proprietà privata, e dell'erosione della libertà di contratto, di associazione e dissociazione. Che razza di rivoluzione è quella in cui i rivoluzionari hanno accettato di tutto cuore le premesse stataliste causa dell'attuale disastro? Ovviamente, questa può essere identificata come rivoluzione soltanto in un ambiente intellettuale inerentemente statalista.


Storia & idee

La situazione sembra disperata, ma non è così. In primo luogo, deve essere riconosciuto che tale situazione difficilmente può continuare per sempre. L'era democratica non può affatto essere “la fine della storia,” come i neoconservatori ci vogliono far credere, dal momento che c'è anche un lato economico del processo.

Gli interventi sul mercato causeranno inevitabilmente più problemi di quelli che si suppone debbano curare, il che conduce a sempre più controlli e regolamentazioni finché, alla fine, non avremo raggiunto il socialismo completo. Se la tendenza attuale continua, si può prevedere sicuramente che gli stati sociali democratici occidentali sprofonderanno come ha fatto la “repubblica popolare” dell'est verso la fine degli anni 80. Per decenni, i redditi reali nell'occidente hanno ristagnato o sono persino calati. Il debito di governo ed il costo dei programmi di “sicurezza sociale” ci hanno portato sull'orlo della dissoluzione economica. Allo stesso tempo, il conflitto sociale è aumentato a livelli pericolosi.

Forse si dovrà aspettare un crollo economico prima che la corrente tendenza statalista cambi. Ma anche nel caso di un crollo, è necessario qualcosa di diverso. Un collasso non provocherebbe automaticamente una riduzione dello stato. I problemi potrebbero aggravarsi.

Infatti, nella recente storia occidentale, ci sono soltanto due casi definiti dove i poteri dell'amministrazione centrale sono stati realmente ridotti, anche se soltanto temporaneamente, come risultato di una catastrofe: nella Germania Occidentale dopo la Seconda Guerra Mondiale sotto Ludwig Erhard, e nel Cile sotto il generale Pinochet. Ad essere necessarie, oltre ad una crisi, sono le idee – idee corrette – ed uomini capaci di comprenderle e di attuarle quando l'occasione si presenta.

Ma se il corso della storia non è inevitabile (e non lo è) allora una catastrofe non è né necessaria né inevitabile. Alla fine, il corso della storia è determinato dalle idee, che siano vere o false, e dall'uomo che agisce ispirato da idee vere o false. Solo quando le idee false governano la catastrofe è inevitabile. D'altra parte, una volta che le idee corrette sono state adottate e prevalgono nell'opinione pubblica – e le idee possono, in linea di principio, essere cambiate quasi istantaneamente – la catastrofe non dovrà affatto accadere.


Il ruolo degli intellettuali

Questo mi porta al ruolo che gli intellettuali devono assumersi nel necessario cambiamento radicale e fondamentale dell'opinione pubblica ed il ruolo che anche i membri delle élite naturali, o di chiunque sia rimasto di esse, dovranno giocare. Le richieste per entrambi i lati sono grandi, tuttavia, per quanto grandi possano essere, per impedire una catastrofe o per uscirne con successo, queste richieste dovranno essere accettate da entrambi come loro dovere naturale.

Anche se la maggior parte degli intellettuali sono stati corrotti e sono in gran parte responsabili delle attuali perversità, realizzare una rivoluzione ideologica senza il loro aiuto è impossibile. Il governo degli intellettuali pubblici può essere abbattuto soltanto da intellettuali anti-intellettuali. Fortunatamente, le idee della libertà individuale, la proprietà privata, la libertà di contratto e di associazione, la responsabilità personale e l'idea che il potere di governo sia il principale nemico della libertà e della proprietà, non moriranno finché esiste una razza umana, semplicemente perché sono vere e la verità si autosostiene. Ancora, i libri dei pensatori del passato che espressero queste idee non scompariranno. Tuttavia, è anche necessario che ci siano pensatori viventi che leggono tali libri e che possono ricordare, riesporre, riapplicare, migliorare e diffondere queste idee e che siano capaci e desiderosi di dar loro voce e di opporre apertamente, attaccare e confutare i loro colleghi intellettuali.

Di questi due requisiti – competenza intellettuale e carattere – il secondo è il più importante, particolarmente in questo momento. Da un punto di vista puramente intellettuale, la questione è comparativamente facile. La maggior parte degli argomenti statalisti che ascoltiamo ogni giorno che passa sono facilmente confutate come assurdità economiche più o meno grandi. Non è inoltre raro incontrare degli intellettuali che in privato non credono a ciò che affermano con grande fanfara in pubblico. Non è che sbaglino. Deliberatamente dicono e scrivono cose che sanno essere false. Non mancano di intelletto; mancano di morale. Ciò a sua volta implica che si debba essere preparati a combattere non solo la falsità ma anche la malvagità – e questa è un'operazione molto più difficile e più audace. Oltre ad una migliore conoscenza, richiede coraggio.

Come intellettuale anti-intellettuale, ci si può attendere delle bustarelle – ed è stupefacente quanto facilmente qualche persona possa venir corrotta: poche centinaia di dollari, un viaggio piacevole, una foto con il grande e potente sono tutte cose troppo spesso sufficienti per convincere la gente a vendersi. Tali tentazioni devono essere rifiutate come spregevoli. Inoltre, nel combattere la malvagità, si deve essere disposti ad accettare di non aver probabilmente mai “successo.” Non ci sono ricchezze in serbo, nessuna magnifica promozione, nessun prestigio professionale. In effetti, la “fama” intellettuale dovrebbe essere considerata con il massimo sospetto.

Effettivamente, uno non solo deve accettare di essere emarginato dall'istituzione accademica, ma si dovrà aspettare che i colleghi tentino quasi qualsiasi cosa per rovinarlo. Guardate soltanto Ludwig von Mises e Murray N. Rothbard. I due più grandi economisti e filosofi sociali del ventesimo secolo furono entrambi essenzialmente inaccettabili ed non impiegabili per l'istituzione accademica. Tuttavia durante le loro vite, non hanno ceduto mai, neanche di un centimetro. Mai hanno perso la loro dignità né hanno ceduto al pessimismo. Al contrario, di fronte ad una costante avversità, sono rimasti imperterriti e perfino allegri, e hanno lavorato ad un livello di rendimento sbalorditivo. Erano soddisfatti di essere votati alla verità e nient'altro che la verità.


Il ruolo delle élite naturali

Ed è qui che ciò che resta delle élite naturali entra in gioco. I veri intellettuali, come Mises e Rothbard, non possono fare quello che devono fare senza le élite naturali. Malgrado tutti gli ostacoli, fu possibile per Mises e Rothbard di essere ascoltati. Non sono stati condannati a tacere. Hanno comunque insegnato e pubblicato. Hanno comunque parlato al pubblico ed hanno ispirato la gente con la loro comprensione e le loro idee. Questo non sarebbe stato possibile senza il supporto di altri. Mises ebbe Lawrence Fertig ed il fondo di William Volker, che pagarono il suo stipendio alla NYU, e Rothbard ebbe il Ludwig von Mises Institute, che lo sostenne, lo aiutò a pubblicare ed a promuovere i suoi libri, e procurò la struttura istituzionale che gli permise di dire e scrivere ciò che era necessario dire e scrivere, e che non può più essere detto e scritto all'interno delle accademie e dei media ufficiali dello stato.

Una volta, nell'era pre-democratica, quando lo spirito di egalitarismo non aveva ancora distrutto la maggior parte degli uomini dalla ricchezza indipendente e dalle menti e giudizi indipendenti, questa opera di appoggio degli intellettuali impopolari era svolta dagli individui. Ma chi può al giorno d'oggi permettersi, senza aiuto, di occupare privatamente un intellettuale, come suo segretario, consigliere, o insegnante personale dei suoi bambini? E coloro che ancora possono spesso sono profondamente coinvolti nella sempre più corrotta alleanza governo-mondo finanziario, e promuovono gli stessi intellettuali cretini che dominano le accademie stataliste. Pensate solo a Rockefeller ed a Kissinger, per esempio.

Di conseguenza, l'opera di sostenere e di mantenere vive le verità della proprietà privata, della libertà di contratto e di associazione e dissociazione, della responsabilità personale e del combattere le falsità, le menzogne e la malvagità dello statalismo, del relativismo, della corruzione morale e dell'irresponsabilità, al giorno d'oggi può essere intrapresa soltanto collettivamente riunendo le risorse e sostenendo organizzazioni come l'Istituto Mises, un'organizzazione indipendente dedicata ai valori di fondo della civiltà occidentale, intransigente e lontana persino fisicamente dai corridoi del potere. Il suo programma di borse di studio, di insegnamento, di pubblicazioni e di congressi non è niente di meno che un'isola di decenza morale ed intellettuale in un mare di perversione.

Si può essere certi che il primo obbligo di ogni persona rispettabile è verso sé stesso e la propria famiglia. Dovrebbe – nel mercato libero – guadagnare tutto il denaro che può, perché più denaro guadagna, più benefici ha procurato al suo prossimo.

Ma questo non è abbastanza. Un intellettuale deve essere dedicato alla verità, che paghi o meno a breve scadenza. Similmente, l'élite naturale ha degli obblighi che si estendono molto al di là delle loro persone e delle loro famiglie.

Più avranno successo come uomini d'affari e professionisti e più gli altri li riconosceranno come riusciti, più importante è che siano d'esempio: che si sforzino di vivere ai più alti livelli di condotta etica. Questo significa accettare il loro dovere, effettivamente come loro nobile dovere, di sostenere apertamente, orgogliosamente e tanto generosamente quanto gli è possibile i valori che hanno riconosciuto come veri e giusti.

Riceveranno in cambio ispirazione, nutrimento e forza intellettuali, così come la conoscenza che il loro nome vivrà per sempre come il nome di individui eccezionali che si sono elevati al di sopra delle masse ed hanno dato un durevole contributo all'umanità.

Il Ludwig von Mises Institute può essere una potente istituzione, un modello per il ripristino del genuino apprendimento, e una vicina università di insegnamento e di sostegno. Anche se non vedremo trionfare le nostre idee durante il corso della nostra vita, sapremo e saremo eternamente fieri di aver dato tutto il possibile, e di aver fatto quello che ogni persona onesta e nobile dovrebbe fare.

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Hans-Hermann Hoppe è professore di economia all'Università del Nevada a Las Vegas. È l'autore di The Economics and Ethics of Private Property. Mandagli una mail. Vedi i suoi articoli. Commenta sul blog.
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Le élite naturali, gli intellettuali e lo Stato #3

Di Hans-Hermann Hoppe



Storia & idee

La situazione sembra disperata, ma non è così. In primo luogo, deve essere riconosciuto che tale situazione difficilmente può continuare per sempre. L'era democratica non può affatto essere “la fine della storia,” come i neoconservatori ci vogliono far credere, dal momento che c'è anche un lato economico del processo.

Gli interventi sul mercato causeranno inevitabilmente più problemi di quelli che si suppone debbano curare, il che conduce a sempre più controlli e regolamentazioni finché, alla fine, non avremo raggiunto il socialismo completo. Se la tendenza attuale continua, si può prevedere sicuramente che gli stati sociali democratici occidentali sprofonderanno come ha fatto la “repubblica popolare” dell'est verso la fine degli anni 80. Per decenni, i redditi reali nell'occidente hanno ristagnato o sono persino calati. Il debito di governo ed il costo dei programmi di “sicurezza sociale” ci hanno portato sull'orlo della dissoluzione economica. Allo stesso tempo, il conflitto sociale è aumentato a livelli pericolosi.

Forse si dovrà aspettare un crollo economico prima che la corrente tendenza statalista cambi. Ma anche nel caso di un crollo, è necessario qualcosa di diverso. Un collasso non provocherebbe automaticamente una riduzione dello stato. I problemi potrebbero aggravarsi.

Infatti, nella recente storia occidentale, ci sono soltanto due casi definiti dove i poteri dell'amministrazione centrale sono stati realmente ridotti, anche se soltanto temporaneamente, come risultato di una catastrofe: nella Germania Occidentale dopo la Seconda Guerra Mondiale sotto Ludwig Erhard, e nel Cile sotto il generale Pinochet. Ad essere necessarie, oltre ad una crisi, sono le idee – idee corrette – ed uomini capaci di comprenderle e di attuarle quando l'occasione si presenta.

Ma se il corso della storia non è inevitabile (e non lo è) allora una catastrofe non è né necessaria né inevitabile. Alla fine, il corso della storia è determinato dalle idee, che siano vere o false, e dall'uomo che agisce ispirato da idee vere o false. Solo quando le idee false governano la catastrofe è inevitabile. D'altra parte, una volta che le idee corrette sono state adottate e prevalgono nell'opinione pubblica – e le idee possono, in linea di principio, essere cambiate quasi istantaneamente – la catastrofe non dovrà affatto accadere.


Il ruolo degli intellettuali

Questo mi porta al ruolo che gli intellettuali devono assumersi nel necessario cambiamento radicale e fondamentale dell'opinione pubblica ed il ruolo che anche i membri delle élite naturali, o di chiunque sia rimasto di esse, dovranno giocare. Le richieste per entrambi i lati sono grandi, tuttavia, per quanto grandi possano essere, per impedire una catastrofe o per uscirne con successo, queste richieste dovranno essere accettate da entrambi come loro dovere naturale.

Anche se la maggior parte degli intellettuali sono stati corrotti e sono in gran parte responsabili delle attuali perversità, realizzare una rivoluzione ideologica senza il loro aiuto è impossibile. Il governo degli intellettuali pubblici può essere abbattuto soltanto da intellettuali anti-intellettuali. Fortunatamente, le idee della libertà individuale, la proprietà privata, la libertà di contratto e di associazione, la responsabilità personale e l'idea che il potere di governo sia il principale nemico della libertà e della proprietà, non moriranno finché esiste una razza umana, semplicemente perché sono vere e la verità si autosostiene. Ancora, i libri dei pensatori del passato che espressero queste idee non scompariranno. Tuttavia, è anche necessario che ci siano pensatori viventi che leggono tali libri e che possono ricordare, riesporre, riapplicare, migliorare e diffondere queste idee e che siano capaci e desiderosi di dar loro voce e di opporre apertamente, attaccare e confutare i loro colleghi intellettuali.

Di questi due requisiti – competenza intellettuale e carattere – il secondo è il più importante, particolarmente in questo momento. Da un punto di vista puramente intellettuale, la questione è comparativamente facile. La maggior parte degli argomenti statalisti che ascoltiamo ogni giorno che passa sono facilmente confutate come assurdità economiche più o meno grandi. Non è inoltre raro incontrare degli intellettuali che in privato non credono a ciò che affermano con grande fanfara in pubblico. Non è che sbaglino. Deliberatamente dicono e scrivono cose che sanno essere false. Non mancano di intelletto; mancano di morale. Ciò a sua volta implica che si debba essere preparati a combattere non solo la falsità ma anche la malvagità – e questa è un'operazione molto più difficile e più audace. Oltre ad una migliore conoscenza, richiede coraggio.

Come intellettuale anti-intellettuale, ci si può attendere delle bustarelle – ed è stupefacente quanto facilmente qualche persona possa venir corrotta: poche centinaia di dollari, un viaggio piacevole, una foto con il grande e potente sono tutte cose troppo spesso sufficienti per convincere la gente a vendersi. Tali tentazioni devono essere rifiutate come spregevoli. Inoltre, nel combattere la malvagità, si deve essere disposti ad accettare di non aver probabilmente mai “successo.” Non ci sono ricchezze in serbo, nessuna magnifica promozione, nessun prestigio professionale. In effetti, la “fama” intellettuale dovrebbe essere considerata con il massimo sospetto.

Effettivamente, uno non solo deve accettare di essere emarginato dall'istituzione accademica, ma si dovrà aspettare che i colleghi tentino quasi qualsiasi cosa per rovinarlo. Guardate soltanto Ludwig von Mises e Murray N. Rothbard. I due più grandi economisti e filosofi sociali del ventesimo secolo furono entrambi essenzialmente inaccettabili ed non impiegabili per l'istituzione accademica. Tuttavia durante le loro vite, non hanno ceduto mai, neanche di un centimetro. Mai hanno perso la loro dignità né hanno ceduto al pessimismo. Al contrario, di fronte ad una costante avversità, sono rimasti imperterriti e perfino allegri, e hanno lavorato ad un livello di rendimento sbalorditivo. Erano soddisfatti di essere votati alla verità e nient'altro che la verità.


Il ruolo delle élite naturali

Ed è qui che ciò che resta delle élite naturali entra in gioco. I veri intellettuali, come Mises e Rothbard, non possono fare quello che devono fare senza le élite naturali. Malgrado tutti gli ostacoli, fu possibile per Mises e Rothbard di essere ascoltati. Non sono stati condannati a tacere. Hanno comunque insegnato e pubblicato. Hanno comunque parlato al pubblico ed hanno ispirato la gente con la loro comprensione e le loro idee. Questo non sarebbe stato possibile senza il supporto di altri. Mises ebbe Lawrence Fertig ed il fondo di William Volker, che pagarono il suo stipendio alla NYU, e Rothbard ebbe il Ludwig von Mises Institute, che lo sostenne, lo aiutò a pubblicare ed a promuovere i suoi libri, e procurò la struttura istituzionale che gli permise di dire e scrivere ciò che era necessario dire e scrivere, e che non può più essere detto e scritto all'interno delle accademie e dei media ufficiali dello stato.

Una volta, nell'era pre-democratica, quando lo spirito di egalitarismo non aveva ancora distrutto la maggior parte degli uomini dalla ricchezza indipendente e dalle menti e giudizi indipendenti, questa opera di appoggio degli intellettuali impopolari era svolta dagli individui. Ma chi può al giorno d'oggi permettersi, senza aiuto, di occupare privatamente un intellettuale, come suo segretario, consigliere, o insegnante personale dei suoi bambini? E coloro che ancora possono spesso sono profondamente coinvolti nella sempre più corrotta alleanza governo-mondo finanziario, e promuovono gli stessi intellettuali cretini che dominano le accademie stataliste. Pensate solo a Rockefeller ed a Kissinger, per esempio.

Di conseguenza, l'opera di sostenere e di mantenere vive le verità della proprietà privata, della libertà di contratto e di associazione e dissociazione, della responsabilità personale e del combattere le falsità, le menzogne e la malvagità dello statalismo, del relativismo, della corruzione morale e dell'irresponsabilità, al giorno d'oggi può essere intrapresa soltanto collettivamente riunendo le risorse e sostenendo organizzazioni come l'Istituto Mises, un'organizzazione indipendente dedicata ai valori di fondo della civiltà occidentale, intransigente e lontana persino fisicamente dai corridoi del potere. Il suo programma di borse di studio, di insegnamento, di pubblicazioni e di congressi non è niente di meno che un'isola di decenza morale ed intellettuale in un mare di perversione.

Si può essere certi che il primo obbligo di ogni persona rispettabile è verso sé stesso e la propria famiglia. Dovrebbe – nel mercato libero – guadagnare tutto il denaro che può, perché più denaro guadagna, più benefici ha procurato al suo prossimo.

Ma questo non è abbastanza. Un intellettuale deve essere dedicato alla verità, che paghi o meno a breve scadenza. Similmente, l'élite naturale ha degli obblighi che si estendono molto al di là delle loro persone e delle loro famiglie.

Più avranno successo come uomini d'affari e professionisti e più gli altri li riconosceranno come riusciti, più importante è che siano d'esempio: che si sforzino di vivere ai più alti livelli di condotta etica. Questo significa accettare il loro dovere, effettivamente come loro nobile dovere, di sostenere apertamente, orgogliosamente e tanto generosamente quanto gli è possibile i valori che hanno riconosciuto come veri e giusti.

Riceveranno in cambio ispirazione, nutrimento e forza intellettuali, così come la conoscenza che il loro nome vivrà per sempre come il nome di individui eccezionali che si sono elevati al di sopra delle masse ed hanno dato un durevole contributo all'umanità.

Il Ludwig von Mises Institute può essere una potente istituzione, un modello per il ripristino del genuino apprendimento, e una vicina università di insegnamento e di sostegno. Anche se non vedremo trionfare le nostre idee durante il corso della nostra vita, sapremo e saremo eternamente fieri di aver dato tutto il possibile, e di aver fatto quello che ogni persona onesta e nobile dovrebbe fare.

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Hans-Hermann Hoppe è professore di economia all'Università del Nevada a Las Vegas. È l'autore di The Economics and Ethics of Private Property. Mandagli una mail. Vedi i suoi articoli. Commenta sul blog.
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