Friday, November 30, 2007

Molochmaschine

Discutendo di ingegneria sociale e pianificazione come non citare Metropolis ('27) di Fritz Lang? Molochmaschine und Neuer Turm Babel...

Ingegneri e pianificatori #3

Terza ed ultima parte dell'articolo pubblicato dal Mises, estratto da The Counter-Revolution of Science, pp. 94–102.

Link alle altre parti: prima, seconda.
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Di


Il pianificatore

È questo conflitto con un forte istinto umano, notevolmente rinforzato nella persona dello scienziato e dell'ingegnere, a rendere l'insegnamento delle scienze morali così poco apprezzato. Come Bertrand Russell ha ben descritto,
il piacere della costruzione pianificata è uno delle motivazioni più potenti negli uomini che uniscono l'intelligenza all'energia; qualsiasi cosa possa essere costruita secondo un piano, un tale uomo tenterà di costruirla… il desiderio di creare non è in sé idealistico poiché è una forma di amore del potere e, dato che il potere di creare esiste, ci saranno uomini desiderosi di usare questo potere anche se la natura, senza bisogno d'aiuto, fornisse un risultato migliore di quelli che possono essere determinati con una deliberata intenzione. [10]
Questa dichiarazione si trova, tuttavia, all'inizio di un capitolo significativamente intitolato “Società Create Artificialmente,” nel quale Russell stesso sembra sostenere queste tendenze argomentando che “nessuna società può essere considerata come completamente scientifica a meno che sia stata creata deliberatamente con una determinata struttura per compiere determinati scopi.” [11] Così come questa dichiarazione sarà compresa dalla maggior parte dei lettori, esprime brevemente quella filosofia scientista che per mezzo dei suoi promotori ha fatto di più per generare l'attuale tendenza verso il socialismo di tutti i conflitti fra interessi economici che, benché sollevino un problema, non indicano
necessariamente una particolare soluzione. Per la maggior parte delle guide intellettuali del movimento socialista, almeno, è probabilmente vero dire che sono socialisti perché il socialismo appare loro come A. Bebel, capo del movimento democratico sociale tedesco, lo definì sessant'anni fa, ovvero “scienza applicata in chiara consapevolezza e con completa comprensione di tutti i campi dell'attività umana.” [12]

La prova che il programma del socialismo realmente deriva da questo genere di filosofia scientista deve essere riservata a studi storici dettagliati. Attualmente la nostra preoccupazione è pricipalmente di mostrare in che misura l'errore intellettuale puro in questo campo può interessare profondamente tutti gli aspetti dell'umanità.

Quello che la gente così poco disposta a rinunciare a qualsiasi potere di controllo cosciente sembra non poter comprendere, è che questa rinuncia di potere cosciente, potere che deve sempre essere potere dell'uomo su altri uomini, è per la società nell'insieme soltanto una rassegnazione apparente, un'auto-negazione su cui gli individui sono invitati ad esercitarsi per aumentare i poteri della specie, per liberare la conoscenza e le energie degli innumerevoli individui che potrebbero non essere mai utilizzati in una società diretta coscientemente dall'alto. La grande sfortuna della nostra generazione è che la direzione che è stata data ai suoi interessi per mezzo dello stupefacente progresso delle scienze naturali non è una direzione che li aiuti nella comprensione del più grande processo di cui noi individui siamo soltanto una parte o nell'apprezzamento di come contribuiamo costantemente ad uno sforzo comune senza dirigerlo o obbedire ad ordini altrui. Vedere questo richiede un genere di sforzo intellettuale di un carattere diverso da quello necessario per il controllo delle cose materiali, uno sforzo in cui la formazione tradizionale in “studi umanistici” ha dato almeno una certa pratica, ma al quale i tipi ora predominanti di educazione sembrano preparare sempre meno.

Più la nostra civilizzazione tecnica avanza e più, quindi, lo studio delle cose come distinte dallo studio degli uomini e delle loro idee si qualifica per le posizioni più importanti ed influenti, e più significativo diventa il solco che separa due diversi tipi di mente: una rappresentata dall'uomo la cui ambizione suprema è di far girare il mondo attorno a lui in una enorme macchina, ogni cui parte, al suo premere un tasto, si muove secondo il suo disegno; e l'altro rappresentato dall'uomo il cui interesse principale è lo sviluppo della mente umana in tutte le sue funzioni, che nello studio della storia o della letteratura, dell'arte o della legge, ha imparato a vedere gli individui come componenti di un processo in cui il suo contributo non è diretto ma spontaneo e dove contribuisce alla creazione di qualcosa più grande di lui o di quanto qualunque altra singola mente potrà mai progettare.

È questa consapevolezza di far parte di un processo sociale, e del modo in cui i diversi sforzi interagiscono, che la sola formazione scientifica o tecnologica sembra così deprecabilmente non riuscire a trasmettere. Non sorprende che molte delle menti più attive fra quelle in tal modo addestrate presto o tardi reagiscano violentemente contro le mancanze della loro formazione e sviluppino una passione per l'imposizione alla società dell'ordine che non possono trovare con i mezzi di cui hanno familiarità.


Conclusione


In conclusione è forse desiderabile ricordare al lettore una volta di più che tutto quello che abbiamo detto qui è diretto soltanto contro un uso sbagliato della scienza, non contro lo scienziato nello speciale campo di sua competenza, ma contro l'applicazione delle sue abitudini mentali nei campi in cui non è competente. Non c'è conflitto fra le nostre conclusioni e quelle della scienza legittima.

La lezione principale a cui siamo arrivati è effettivamente la stessa che uno degli allievi più acuti del metodo scientifico ha tratto da un'indagine in tutti i campi di conoscenza: è che “la grande lezione di umiltà che la scienza ci insegna, che non potremo mai essere onnipotenti o onniscienti, è la stessa di tutte le grandi religioni: l'uomo non è e non sarà mai il dio di fronte al quale si deve piegare. “[13]



F.A. Hayek (1899-1992) è stato un membro fondatore dell'Istituto Mises. Nel 1974 ha diviso il premio Nobel per l'economia con il rivale ideologico Gunnar Myrdal “per il loro lavoro innovativo nella teoria dei soldi e delle fluttuazioni economiche e per la loro analisi penetrante dell'interdipendenza dei fenomeni economici, sociali ed istituzionali.” I suoi libri sono disponibili nell'archivio del Mises.
Commenta sul blog.

Questo articolo è tratto da The Counter-Revolution of Science, pp. 94–102.
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Note


[10] The Scientific Outlook, 1931, P. 211.

[11] Ibid., p. 211. Il passaggio citato potrebbe essere interpretato in un senso inconfutabile se “determinati scopi” è inteso non riferito a particolari risultati predeterminati ma come capacità di fornire ciò che gli individui desiderano in un qualunque momento – cioè, se ad essere progettato è un macchinario che può servire molti fini e non ha bisogno a sua volta di essere orientato “coscientemente” verso un fine particolare.

[12] A. Bebel, Die Frau und der Sozialismus, 13a ed., 1892, p. 376. "Der Sozialismus ist die mit klarem Bewusstsein and mit voller Erkenntnis auf alle Gebiete menschlicher Taetigkeit angewandte Wissenschaft." Cfr. anche Socialismo e Scienza Positiva di E. Ferri (trad. dall'edizione italiana del 1894). Il primo a vedere chiaramente questo collegamento sembra essere M. Ferraz, Socialisme, Naturalisme et Positivisme, Parigi, 1877.

[13] M.R. Cohen, Reason e Nature, 1931, P. 449. È significativo che uno dei membri principali del movimento di cui ci preoccupiamo, il filosofo tedesco Ludwig Feuerbach, abbia scelto esplicitamente il principio opposto, homo homini Deus, come sua massima guida.

Ingegneri e pianificatori #2

Seconda parte di questo articolo pubblicato dal Mises, estratto da The Counter-Revolution of Science, pp. 94–102.

Link alle altre parti: prima, terza.
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Di



Il mercante

Prima di procedere a considerare l'importanza di questa concezione di un'organizzazione razionale della società, sarà utile completare l'abbozzo della mentalità tipica dell'ingegnere con un abbozzo ancora più breve delle funzioni del mercante o del commerciante. Questo non solo deluciderà ulteriormente la natura del problema dell'utilizzazione della conoscenza dispersa fra molte persone, ma contribuisce inoltre a spiegare l'avversione che non solo l'ingegnere, ma la nostra generazione tutta mostra per ogni attività commerciale e la generale preferenza che è accordata oggi alla “produzione” rispetto ad attività definite, confondendo alquanto, come “distribuzione.”

Rispetto al lavoro dell'ingegnere, quello del commerciante è, in un senso, molto più “sociale,” cioè intrecciato con le libere attività delle persone. Egli rende possibile un passo in avanti verso la soddisfazione ora di un fine, ora di un altro, e difficilmente si preoccuperà mai dell'intero processo che serve un'esigenza finale. Ciò che lo interessa non è il raggiungimento di un particolare risultato finale dell'intero processo a cui partecipa, ma il migliore uso dei particolari mezzi di sua conoscenza.

La sua speciale conoscenza è quasi interamente la conoscenza delle circostanze particolari di tempo o luogo o, forse, una tecnica di accertamento di quelle circostanze in un dato campo. Ma benchè questa conoscenza non sia di un genere che può essere formulato nelle proposte generiche o acquistato una volta per tutte, e comunque, in un'era scientifica, è per quel motivo considerata come conoscenza di un genere inferiore, è per ogni scopo pratico meno importante della conoscenza scientifica.

E mentre è forse immaginabile che ogni conoscenza teorica potrebbe essere raccolta nelle teste di pochi esperti ed essere così messa a disposizione di una singola autorità centrale, è questa conoscenza del particolare, delle circostanze momentanee del momento e delle condizioni locali, che non esisterà mai in altro modo che dispersa fra molte persone. La conoscenza di quando un materiale o una macchina particolare possono essere utilizzati più efficacemente, o dove possono essere ottenuti più rapidamente o più economicamente, è abbastanza importante per la soluzione di un'operazione particolare quanto la conoscenza di quale sia il materiale o la macchina migliore per lo scopo. Il genere precedente di conoscenza ha poco a che fare con le proprietà permanenti di categorie di oggetti che l'ingegnere studia, ma è la conoscenza di una particolare situazione umana. Ed è come persona la cui funzione è di tenere conto di questi fatti che il commerciante entrerà costantemente in conflitto con gli ideali dell'ingegnere, con i cui programmi interferisce provocando quindi la sua avversione. [7]

Il problema di assicurare un uso efficiente delle nostre risorse è così in gran parte il problema di come questa conoscenza delle particolari circostanze del momento possa essere utilizzata al meglio; e il compito che impone al progettista di un ordine razionale della società è di trovare un metodo con cui questa conoscenza ampiamente dispersa possa essere raccolta nel modo migliore. Fa una Petitio Principii, come succede di solito, per descrivere questo compito come efficace utilizzo delle risorse “disponibili” per soddisfare i bisogni “esistenti”. Nè le risorse “disponibili” nè i bisogni “esistenti” sono fatti obbiettivi come quelli di cui l'ingegnere si occupa nel suo campo limitato: non possono mai essere direttamente conosciuti in tutti i dettagli rilevanti per un singolo corpo di progettazione. Le risorse ed i bisogni esistono per scopi pratici soltanto attraverso qualcuno che li conosca, e sarà conosciuto infinitamente di più da tutte le persone insieme di quanto può essere noto all'autorità competente. [8]


Il mercato

Una soluzione di successo non può quindi essere basata su di un'autorità che si occupa direttamente di fatti obbiettivi, ma dev'essere basata su un metodo di utilizzazione della conoscenza dispersa fra tutti i membri della società, conoscenza di cui in qualsiasi caso particolare l'autorità centrale non saprà solitamente né chi la possiede né se esista affatto. Non può quindi essere utilizzata coscientemente integrandola in un tutto coerente, ma soltanto attraverso un certo meccanismo che delegherà le particolari decisioni a coloro che la possiedono, e che per quello scopo li rifornirà di informazioni sulla situazione generale così come gli permetterà di fare il miglior uso delle sole circostanze particolari che conoscono.

Questa è precisamente la funzione che i vari “mercati” espletano. Benché ogni loro parte conosca soltanto un piccolo settore di tutte le possibili fonti di rifornimento o degli usi di un prodotto, tuttavia, direttamente o indirettamente, le parti sono così interconnesse che i prezzi registrano i risultati netti rilevanti di tutti i cambiamenti che interessino domanda od offerta. [9] È come uno strumento per la comunicazione a tutti gli interessati ad un particolare prodotto delle relative informazioni, in forma ridotta e condensata, poiché i mercati ed i prezzi devono essere visti se vogliamo capire la loro funzione. Aiutano ad utilizzare la conoscenza di molte persone senza il bisogno in primo luogo di raccoglierla in un singolo corpo e rendono quindi possibile quella combinazione di decentralizzazione delle decisioni e di aggiustamento reciproco di queste decisioni che troviamo in un sistema competitivo.

Nel puntare ad un risultato che deve essere basato, non su un singolo corpo di conoscenza integrata o di ragionamento collegato che il progettista possiede, ma sulla conoscenza separata di molte persone, l'operazione dell'organizzazione sociale differisce fondamentalmente da quella dell'organizzazione di risorse materiali date. Il fatto che nessuna mente può conoscere più di una frazione di ciò che è noto a tutte le menti individuali pone dei limiti a quanto la direzione cosciente può migliorare i risultati di processi sociali inconsci. L'uomo non ha progettato deliberatamente questo processo ed ha cominciato a capirlo soltanto molto tempo dopo che questo si fu sviluppato. Ma che qualcosa che non solo non fa affidamento sul controllo intenzionale per il proprio funzionamento, ma che neppure è stato progettato deliberatamente, potrebbe determinare risultati desiderabili, che non potremmo determinare in altro modo, è una conclusione che lo scienziato naturale sembra trovare difficile da accettare.

È perché le scienze morali tendono a mostrarci queste limitazioni al nostro controllo cosciente, laddove il progresso delle scienze naturali estende costantemente il suo campo, che lo scienziato naturale si trova così frequentemente in rivolta contro l'insegnamento delle scienze morali. L'economia, in particolare, dopo essere stata condannata per aver impiegato metodi diversi da quelli dello scienziato naturale, si trova doppiamente condannata perché sostiene di mostrare i limiti della tecnica con cui gli scienziati naturali estendono continuamente la nostra conquista e padronanza della natura.
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Note


[7] Cfr. su questi problemi il mio saggio "The Use of Knowledge in Society," American Economic Review, XXXV, no. 4 (settembre 1945), ristampato in Individualism and Economic Order, Chicago, 1948, pp. 77-91.

[8] È importante ricordarsi a questo proposito che gli aggregati statistici sui quali spesso si suggerisce che l'autorità centrale potrebbe contare per le sue decisioni, sono sempre arrivati mediante un intenzionale disinteresse delle circostanze particolari di tempo e luogo.

[9] Cfr. a questo proposito la discussione indicativa sul problema in Goldwanderungen di K. F. Mayer,, Jena, 1935, pp. 66-68 ed anche l'articolo “Economia e Conoscenza” del presente autore in Economica, febbraio 1937, ristampato in Individualism and Economic Order, Chicago, 1948, pp. 33-56.

Thursday, November 29, 2007

Ingegneri e pianificatori #1

Questo articolo pubblicato dal Mises è un estratto da The Counter-Revolution of Science, pp. 94–102.

L'ho diviso in tre parti, questa è la prima. Link alle altre parti: seconda, terza.
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Di


L'ingegnere

L'ideale di un controllo cosciente dei fenomeni sociali ha fatto sentire al massimo grado la sua influenza in campo economico. Le radici dell'attuale popolarità della “pianificazione economica” sono direttamente rintracciabili nella prevalenza delle idee scientiste di cui abbiamo discusso. Dato che in questo campo tali ideali scientisti si manifestano nelle particolari forme che prendono nelle mani dello scienziato applicato e specialmente dell'ingegnere, sarà conveniente integrare la discussione su questa influenza con un esame degli ideali caratteristici degli ingegneri.

Vedremo che l'influenza del loro metodo tecnologico, del punto di vista ingegneristico, nelle opinioni correnti sui problemi dell'organizzazione sociale, è molto più grande di quanto generalmente si percepisca. La maggior parte degli schemi per una completa trasformazione della società, dalle prime utopie al socialismo moderno, portano effettivamente il segno distintivo di questa influenza.

In anni recenti questo desiderio di applicare la tecnica ingegneristica alla soluzione dei problemi sociali è diventato molto esplicito; [1] “ingegneria politica” e “ingegneria sociale” sono diventati slogan alla moda tanto caratteristici della mentalità della generazione attuale quanto la sua predilezione per il controllo “cosciente”; in Russia persino gli artisti sembrano vantarsi della definizione “ingegneri dell'anima,” imposta loro da Stalin. Queste frasi suggeriscono una tale confusione sulle differenze fondamentali fra il lavoro di un ingegnere e quello di organizzazioni sociali su più vasta scala da spingerci ad analizzare il loro carattere in modo più completo.

Dobbiamo limitarci qui a poche caratteristiche salienti degli specifici problemi che l'esperienza professionale dell'ingegnere fa emergere costantemente e che determinano la sua mentalità. Il primo è che le sue mansioni caratteristiche sono solitamente in se stesse complete: si preoccuperà di un singolo fine, controllerà tutti gli sforzi orientati verso questo fine e disporrà delle risorse comprese in una scorta definitivamente data. È come conseguenza di questo che la principale caratteristica della sua procedura diventa possibile, vale a dire che, almeno in linea di principio, tutte le parti del complesso delle operazioni è preformata nella mente dell'ingegnere prima di cominciare, che tutti i “dati” sui quali il suo lavoro è basato sono stati inseriti esplicitamente nei suoi calcoli preliminari e sono stati condensati nel “modello” che governa l'esecuzione dell'intero progetto. [2] [3]

L'ingegnere, in altre parole, ha il controllo completo del piccolo mondo particolare di cui è interessato, lo esamina in tutti i suoi aspetti rilevanti e deve occuparsi soltanto di “quantità conosciute.” Finché è in gioco la soluzione del suo problema di ingegneria, non partecipa ad un processo sociale in cui altri possono prendere decisioni indipendenti, ma vive in un mondo separato dai suoi simili. L'applicazione della tecnica di cui ha padronanza, delle generiche regole che gli sono state insegnate, presuppone effettivamente tale conoscenza completa dei fatti obiettivi; quelle regole si riferiscono a proprietà obbiettive delle cose e possono essere applicate solo dopo che tutte le circostanze particolari di tempo e luogo sono state assemblate e sottoposte al controllo di un singolo cervello.

La sua tecnica, in altre parole, si riferisce alle situazioni tipiche, definite in termini di fatti obiettivi, non al problema di come scoprire quali risorse sono disponibili o di cos'è l'importanza relativa di bisogni differenti. È stato addestrato alle possibilità obiettive, indipendentemente dagli stati particolari di tempo e luogo, alla conoscenza di quelle proprietà delle cose che rimangono sempre uguali dappertutto e che possiedono indipendentemente da una particolare situazione umana.

È tuttavia importante osservare che il punto di vista dell'ingegnere sul suo lavoro come completo in sé è in una certa misura un'illusione. È in una posizione in una società competitiva di trattarla come tale perché può tenere in considerazione quell'assistenza della società nel suo insieme sulla quale conta come su uno dei suoi dati, come datogli senza doversene preoccupare. Che possa comprare a un dato prezzo i materiali ed i servizi umani di cui ha bisogno, che se paga i suoi uomini questi potranno procurarsi da mangiare e provvedere ad altre necessità, sono cose che solitamente prenderà per garantite. È basando i suoi piani sui dati offertigli dal mercato che essi vengono compresi nel più vasto complesso delle attività sociali; ed è perché non si deve interessare di come il mercato gli fornisce ciò di cui ha bisogno che può trattare il suo lavoro come autonomo. A condizione che i prezzi di mercato non cambino inaspettatamente li usa come guida nei suoi calcoli senza riflettere molto sulla loro importanza.

Ma, benché sia costretto a prenderle in considerazione, non sono proprietà delle cose dello stesso genere di quelle che lui capisce. Sono attributi non obiettivi delle cose ma riflessioni su una particolare situazione umana in un dato momento e luogo. E poiché la sua conoscenza non spiega perchè si verificano quei cambiamenti di prezzi che interferiscono spesso con i suoi programmi, qualsiasi interferenza pare a lui dovuta (cioè, non coscientemente diretta) a forze irrazionali e si risente della necessità di prestare attenzione a grandezze che gli appaiono insignificanti. Quindi ecco la caratteristica e ricorrente domanda per la sostituzione del calcolo in natura [4] con il calcolo “artificiale” in termini di prezzo o di valore, di un calcolo cioè che tenga esplicito conto delle proprietà obbiettive delle cose.

L'ideale che l'ingegnere si sente impedito da forze economiche “irrazionali” di realizzare, basato sul suo studio delle proprietà obbiettive delle cose, è solitamente un certo optimum puramente tecnico di validità universale. Vede raramente che la sua preferenza per questi metodi particolari è soltanto un risultato del tipo di problema che il più delle volte ha da risolvere ed è giustificata soltanto in particolari posizioni sociali. Poiché il problema più comune che il costruttore di macchine incontra è estrarre dalle risorse date il massimo della forza, con il macchinario da usare come variabile sotto il suo controllo, questa utilizzazione massima di forza è considerata come un ideale assoluto, un valore in sé. [5]

Ma non c'è, naturalmente, alcun merito speciale nell'economizzare uno dei molti fattori che limitano il possibile successo, a scapito di altri. L'“optimum tecnico” dell'ingegnere risulta frequentemente essere soltanto quel metodo che sarebbe desiderabile adottare se la scorta di capitale fosse illimitata, o se il tasso di interesse fosse zero, che effettivamente sarebbe una posizione in cui punteremmo sul più alto tasso possibile di trasformazione di input corrente in output corrente. Ma trattare questo come un obiettivo immediato significa dimenticarsi che un tale condizione può essere raggiunta soltanto deviando a lungo le risorse che si desidera soddisfino i bisogni correnti della produzione di attrezzature. In altre parole l'ideale dell'ingegnere è basato sull'ignoranza del fatto economico fondamentale che determina la nostra posizione qui ed ora: la scarsità di capitale.

Il tasso di interesse è, naturalmente, solo uno, benché il meno compreso e quindi quello che suscita maggior antipatia, di quei prezzi che fungono da guide impersonali a cui l'ingegnere deve sottostare se i suoi programmi vanno inseri nella rete di attività della società nel suo insieme, e contro la limitazione dei quali si tormenta perché rappresentano forze di cui non capisce la spiegazione razionale. È uno di quei simboli in cui il complesso di tutta la conoscenza e dei desideri umani è automaticamente (non senza errori, comunque) registrato ed al quale l'individuo deve prestare attenzione se desidera mantenersi al passo con il resto del sistema. Se dovesse, invece di usare queste informazioni nella forma ridotta in cui gli sono trasmesse attraverso il sistema dei prezzi, provare in ogni caso a risalire ai fatti obiettivi e prenderli coscientemente in considerazione, questo sarebbe per dispensarlo dal metodo che gli rende possibile limitarsi alle circostanze immediate e sostituirlo con un metodo che richiede che tutta questa conoscenza sia raccolta in un centro ed inserita esplicitamente e coscientemente in un programma unitario. L'applicazione della tecnica ingegneristica all'intera società richiede effettivamente che il direttore possieda la stessa conoscenza totale della società intera che l'ingegnere possiede del suo mondo limitato. La progettazione economica centrale non è altro che una tale applicazione dei principi di ingegneria sull'intera società basata sul presupposto che in questo modo la completa concentrazione di tutta la sua conoscenza sia possibile.[6]
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Note



[1] ancora una volta, una delle illustrazioni migliori di questa tendenza è fornita da K. Mannheim, Man and Society in an Age of Reconstruction, 1940, specialmente pp. 240-244, nelle quali lo spiega.

Il funzionalismo fece la sua prima apparizione nel campo delle scienze naturali, e potrebbe essere descritto come il punto di vista tecnico. Solo di recente è stato trasferito alla sfera sociale… una volta che questa impostazione tecnica è stata trasferita dalle scienze naturali agli affari umani, è stata legata alla determinazione di un cambiamento profondo nell'uomo stesso. L'approccio funzionale non considera più le idee ed gli standard morali come valori assoluti, ma come prodotti del processo sociale che possono, se necessario, essere cambiati da una guida scientifica combinata alla pratica politica… l'estensione della dottrina della supremazia tecnica che ho sostenuto in questo libro è a mio parere inevitabile… Il progresso nella tecnica dell'organizzazione non è altro che l'applicazione delle concezioni tecniche alle forme di cooperazione. Un essere umano, considerato come parte della macchina sociale, fino a un certo punto è stabilizzato nelle sue reazioni dalla formazione e dall'istruzione, e tutte le sue attività recentemente acquistate sono coordinate secondo un principio di efficienza definito in un quadro organizzato.

[2] La descrizione migliore di questa caratteristica dell'approccio ingegneristico da parte di un ingegnere che ho potuto trovare si trova in un discorso del grande ingegnere ottico tedesco Ernst Abbe: "Wie der Architekt ein Bauwerk, bevor eine Hand zur Ausführung sich rührt, schon im Geist vollendet hat, nur unter Beihilfe von Zeichenstift und Feder zur Fixierung seiner Idee, so muß auch das komplizierte Gebilde von Glas und Metal sich aufbauen lassen rein verstandesmassig, in allen Elementen bis ins letzte vorausbestimmt, in rein geistiger Arbeit, durch theoretische Ermittlung der Wirkung aller Teile, bevor diese Teile noch körperlich ausgeführt sind. Der arbeitenden Hand darf dabei keine andere Funktion mehr verbleiben als die genaue Verwirklichung der durch die Rechnungen bestimmten Formen und Abmessungen aller Konstruktionselemente, und der praktischen Erfahrung keine andere Aufgabe als die Beherrschung der Methoden und Hilfsmittel, die für letzteres, die körperliche Verwirklichung, geeignet sind" (citato da Franz Schnabel, Deutsche Geschichte im neunzehnten Jahrhundert, vol. Ill, 1934, p. 222 — un lavoro che è una miniera di informazioni su questo come su tutti gli altri argomenti della storia intellettuale della Germania nel diciannovesimo secolo).

[3] Ci vorrebbe troppo tempo per spiegare qui in ogni dettaglio perché, qualsiasi delegazione o divisione del lavoro sia possibile nella preparazione di un “modello” ingegneristico, questo è molto limitato e differisce in aspetti essenziali dalla divisione della conoscenza sulla quale i processi sociali impersonali si basano. È sufficiente precisare che non solo la precisa natura del risultato deve essere fissa, cosa che chiunque debba elaborare parte di un programma di ingegneria deve assicurare, ma anche che, per permettere tale delegazione, si deve sapere che il risultato può essere raggiunto per nulla di più di un certo massimo costo.

[4] Il fautore più persistente di tale calcolo in natura è, significativamente, il Dott. Otto Neurath, il protagonista dei moderni “fisicalismo” ed “obbiettivismo.”

[5] Cfr. il passaggio caratteristico in Anatomia della Scienza Moderna di B. Bavinck (trad. dalla quarta edizione tedesca di H.S. Hatfield), 1932, p. 564: “Quando la nostra tecnologia è ancora al lavoro sul problema di trasformazione del calore in lavoro in un modo migliore di quello possibile con il nostro attuale motore a vapore ed altri motori termici…, questo non si fa
direttamente per ridurre il prezzo dell'energia, ma in primo luogo perché aumentare il più possibile l'efficienza termica di un motore termico è un fine in sé. Se il problema dato è di trasformare il calore in lavoro, allora deve essere fatto in modo tale che la più grande frazione possibile di calore venga trasformata…. L'ideale del progettista di tali macchine è quindi l'efficienza del ciclo di Carnot, il processo ideale che consegna la maggiore efficienza teorica.“ È facile vedere perchè questo metodo, insieme al desiderio di realizzare un calcolo in natura, conduce così frequentemente gli ingegneri alla costruzione di sistemi “energetici” di cui si è detto, con molta giustizia, che “das Charakteristikum der Weltanschauung des Ingenieurs ist die energetische Weltanschauung” (L. Brinkmann, Der Ingenieur, Francoforte, 1908, P. 16). Già ci siamo riferiti (sopra p. 41) a questa manifestazione caratteristica di “obbiettivismo” scientista, e non c'è spazio qui per occuparcene più nei particolari. Ma merita di essere registrato quanto diffusa e tipica sia questa visione e quanto grande l'influenza da essa esercitata. E. Solvay, G. Ratzenhofer, W. Ostwaldt, P. Geddes, F. Soddy, H. G. Wells, i “Tecnocrati” e L. Hogben sono soltanto alcuni degli influenti autori di lavori nei quali l'“energetica” riveste un ruolo più o meno prominente. Ci sono parecchi studi su questo movimento in francese ed in tedesco (Nyssens, L'énergétique, Brussels, 1908; G. Barnich, Principes de politique positive basee sur l'énergétique sociale de Solvay, Brussels, 1918; Schnehen, Energetische Weltanschauung, 1907; A. Dochmann, F. W. Ostwald's Energetik, Bern, 1908; e il migliore, Max Weber, "Energetische Kulturtheorien," 1909, ristampato in Gesammelte Aufsätze zur Wissenschaftslehre, 1922, ma nessuno di loro adeguato e nessuno, per quanto io sappia, in inglese.

La sezione dal lavoro di Bavinck di cui un passaggio è stato citato sopra condensa il succo della enorme letteratura, principalmente tedesca, sulla “filosofia della tecnologia” che ha avuto un'ampia circolazione e della quale il più noto è Philosophie der Technik di
E. Zschimmer, 3a ed., Stoccarda, 1933 (simili idee pervadono i ben noti lavori americani di Lewis Mumford). Questa letteratura tedesca è molto istruttiva come studio psicologico, anche se, al contrario, si tratti della peggior miscela di pretenziose assurdità e di rivoltanti insensatezze che la fortuna malata di questo autore abbia mai portato a leggere. La sua comune caratteristica è la sua avversione contro ogni considerazione economica, la tentata rivendicazione di ideali puramente tecnologici e la glorificazione dell'organizzazione della società tutta sui principi che governano una singola fabbrica. (Sull'ultimo punto vedi specialmente F. Dessauer, Philosophie der Technik, Bonn, 1927, p. 129.)

[6] Che questo sia completamente riconosciuto dai suoi fautori è indicato dalla popolarità fra tutti i socialisti, da Saint-Simon a Marx e Lenin, dell'assunto secondo cui la società intera dovrebbe essere fatta funzionare precisamente come una singola fabbrica. Cfr. V.I. Lenin, Lo Stato e la Rivoluzione (1917), "Little Lenin Library," 1933, p. 78. “L'intera società si trasformerà in in un singolo ufficio ed in una singola fabbrica con uguaglianza di lavoro ed uguaglianza di salario”; e su Saint-Simon e Marx, p. 121 qui sopra e nota 72 alla II parte.

Wednesday, November 28, 2007

Wise, bold duke

Sinceramente mi aspettavo di più dai lettori del Gongoro: di tutti i riferimenti a teorie cospirazioniste nel sogno del Dude avete visto solo i più evidenti!

Suvvia, vediamo una alla volta cosa si nasconde tra le immagini di questa scena.

Tanto per cominciare, detto della croce celtica nel titolo, non si può non notare il riferimento al Moon hoax, con la luna sopra la piramide e il curioso aspetto di pareti e pavimento nel primo ambiente attraversato dal Dude.


Saddam non si poteva non vederlo, e il simbolo con la spada e il lauro ricorda quello dell'
Order of the Amaranth (Mattiuzzo notava anche una somiglianza del portascarpe con le torri del WTC). Nell'ambiente successivo avete riconosciuto le piastrelle, e Maude Lebowski è abbigliata da Satana (strano che nessuno ci abbia fatto caso!):










Da notare anche gli attrezzi da carpentiere del Dude (negli USA le case si costruiscono soprattutto in legno, e carpentiere era san Giuseppe),
ma soprattutto è passata inosservata la pista sullo sfondo che assume l'aspetto di un obelisco:

Uno dei simboli più potenti dell'ascesi alchemica ed ermetica (e, quindi, massonica) è l'obelisco. Il suo significato esoterico è il medesimo di quello che simboleggia la piramide: si tratta della ricongiunzione all'Uno a partire dal quadrato - o da una qualunque figura di superficie - che simboleggia il mondo grossolano a cui apparteniamo fisicamente.
I cerchi concentrici della coreografia sono il simbolo di Atlantide:

Il copricapo delle ballerine ricorda la corona di Montezuma, ma anche i raggi del sole sempre dall'iconografia massonica, che fanno il paio con la Luna vista prima:


A questo punto non dovrebbe essere difficile riconoscere nelle gambe delle ballerine le colonne del tempio massonico, vedi ad esempio la Memorial Hall del Tempio Massonico di Manchester in Bridge Street:



Quello sotto invece è l'Atrio del Consiglio Supremo del 33° del Rito Scozzese Antico e Accettato, a Washington. C'è anche la Grande Scalinata in fondo che porta alla sala principale del tempio (un busto di Pike campeggia alla base), mentre nella seconda immagine diventa tutto chiaro, il pavimento a scacchi, la colonnata, la scala sullo sfondo e il Dude Washington sotto le arcate in mezzo alle quali si trova, ehm... il punto “G”:


Alla fine, il sogno si tramuta in incubo allorché incombe il pericolo per il Dude di vedersi tagliato il Johnson e di trasformarsi così nell'uomo nuovo, l'ibrido:


Ma anche nel testo della canzone di Kenny Rogers (figlio d'un carpentiere, tra l'altro) si trovano riferimenti sospetti: “I pushed my soul in a deep dark hole and then I followed it in” evoca il viaggio di Alice nella tana del Bianconiglio; in “eight miles outta Memphis and I got no spare”, compare Memphis, la città santa di Elvis (poteva mancare?); mentre nel verso “someone painted april fool in big black letters on a dead end sign”, si cita la festa pagana del primo d'aprile.

Oops, quasi me ne dimenticavo: “wise, bold duke“ non è altro che l'anagramma di Dude Lebowski. Gran Maestro della Gran Loggia d'Ighilterra mi risulta essere, dal '67, il principe Edward, duke of Kent.

Solo una coincidenza, suppongo.

Una grande scena!

Tuesday, November 27, 2007

Just dropped in

Una scena da The Big Lebowski l'ho già postata, ma una in più non fa sicuramente male. Anche perché in questo film ci sono diversi particolari degni di nota. Per esempio, la frase “this aggression will not stand” che il Dude ascolta ad un certo punto da un televisore nel market Ralph’s. Si tratta di una citazione dal famoso discorso di Bush senior al congresso in cui condannava l'aggressione al Kuwait annunciando un nuovo ordine mondiale, in data 11 settembre 1991. Data che infatti appare nell'assegno che lo squattrinatissimo Dude compila per pagare il conto di 0,69 $. Questa è una parte di quel discorso:
"...what is at stake, is more than one small country. It is a big idea. A new world order. Where diverse nations are drawn together in common cause to achieve the universal aspirations of mankind: peace, and security, freedom, and the rule of law.....out of these troubled times, our fifth objective, the new world order, can emerge....Now we can see a new world coming into view, a world in which there is a very real prospect of a new world order...."
In effetti i fratelli Cohen sembrano avere un debole per i temi cospirazionisti: in The man that wasn' there del 2001, ad esempio, il protagonista legge un giornale su cui campeggia un titolo su Roswell. Vediamo allora quanti riferimenti “complottisti” riuscite a trovare in questa scena, quella del sogno del Dude dopo essere stato drogato da Jackie Treehorn.

Monday, November 26, 2007

L'amore per forza

Il numero di cittadini stranieri in Italia ammonta a 3.690.000 nel 2006. Questo ha rivelato il mese scorso il rapporto sull'immigrazione Caritas - Migrantes: un sostanzioso aumento rispetto al 2005 (+16,1%). Il presidente Napolitano ha prontamente commentato: «Senza immigrati il sistema Italia si bloccherebbe».

Ma come? Il sistema non doveva forse produrre una crescita generalizzata della ricchezza, della quale tutti avrebbero partecipato? Adesso invece viene fuori che, senza l'ingresso di milioni di nuovi contribuenti, il sistema va a puttane: diciamola tutta, caro (carissimo!) Napolitano, il cosiddetto sistema Italia non è altro che uno schema di Ponzi, una piramide che non crolla su se stessa solo se la base continua ad allargarsi all'infinito, arricchendo chi sta in cima e riservando le briciole a chi sta in fondo. Infatti la popolazione italiana tra il 2002 e il 2005 è cresciuta, ma solo grazie all'arrivo, in media, di 305 mila stranieri l'anno, visto che il saldo tra nascite e morti è stato di circa 15 mila l'anno in negativo.

Ecco allora che ogni trovata è buona per attirare nella “trappola Italia” un numero sempre crescente di fessi, senza troppo preoccuparsi delle possibili conseguenze negative a lungo termine. Ed ecco comparire nella finanziaria un "Fondo per l' inclusione sociale degli immigrati" da 50 milioni di euro l'anno, che sarà gestito dai ministeri della Solidarietà Sociale, delle Pari Opportunità, della Famiglia e della Salute. Sembrano pochi? Forse, ma si tratta solo della punta dell'iceberg. Basta una rapida ricerca sul sito di Lab Italia, creato nel 2001 per volontà di Italia Lavoro S.p.A., “agenzia tecnica” del Ministero del Welfare, per rendersi conto di quali e quanti siano gli incentivi al trasferimento in Italia, per “fare i lavori che gli italiani non vogliono fare,” primo fra tutti l'imprenditore. Per esempio a Roma:
Il Centro di ascolto per stranieri della Caritas di Roma di via delle Zoccolette ha attivato uno sportello per la creazione d’impresa, rivolto agli immigrati che intendano avviare un’attività imprenditoriale. Il progetto è realizzato in collaborazione con l’assessorato alle Politiche del lavoro del comune di Roma ed è stato finanziato dal fondo per lo sviluppo dell’imprenditoria. I sussidi sono previsti per un massimo del 50% delle spese di avviamento dell’attività, tenendo conto sia degli investimenti che delle spese di gestione, per un importo non superiore ai 100 mila euro.
O in Abruzzo:
Chedli Nasraoui, tunisino. Marcionita Do Vale Vieira, brasiliana. Refat Devolli, albanese. Sono gli ultimi cittadini extracomunitari, in ordine di tempo, ad aver beneficiato in Abruzzo dei finanziamenti attivati grazie al progetto ‘Pro-muoviti’, voluto dalla Cna regionale per favorire l'emersione del lavoro nero e facilitare la creazione di imprese artigiane regolari. Ora, grazie a tre finanziamenti per complessivi 29mila euro, potranno realizzare il sogno della propria vita: ovvero aprire una pizzeria d’asporto a Pescara, un laboratorio per la lavorazione del cartone nello stesso capoluogo adriatico, un'impresa edile ad Avezzano. A certificare il successo pure su scala nazionale dell’iniziativa è arrivato anche l'interessamento del Viminale e dei Consigli territoriali per l’immigrazione.
Mentre a Parma ci si preoccupa degli alloggi:
Il progetto si rivolge ai lavoratori immigrati, con lavoro precario, che dopo un primo periodo di accoglienza abitativa presso i vari dormitori e centri di accoglienza d'emergenza, non avendo trovato un'indipendenza economica sufficiente, necessitano di un tempo ulteriore di accoglienza, per riuscire ad accedere al mercato degli affitti. Verrà attivato, per ciascun distretto, un intervento di alloggio collettivo per 8-10 persone gestito dalle associazioni di immigrati, che saranno responsabili nei confronti dei proprietari degli immobili, poiché intestatari dei contratti di locazione.
Insomma, sarà pur vero che gli immigrati “ci arricchiscono con le loro culture,” ma mica a gratis: tutti questi fondi li paghiamo noi, con le tasse che – ci dicono – dovrebbero servire a garantire i servizi. E li garantiscono, ma a qualcun altro. È a questo che pensano tutti coloro che, maledicendo gli evasori, sostengono che le tasse vanno pagate? Sicuramente i laureati precari dei call-center saranno orgogliosi di aiutare gli ultimi arrivati ad avviare la loro piccola attività commerciale, e quando la sera, finito il loro turno di gratificante lavoro, tornano a casa da mamma e papà, troveranno le parole del papa a sollevarli nei rari momenti di sconforto:
Il cammino verso la vera accettazione degli immigranti nella loro diversità culturale, in effetti, è difficile, talvolta si presenta anzi come una vera via crucis. Questo però non deve scoraggiare nessuno dal perseguire la volontà di Dio. Egli infatti desidera attirare a sé tutti in Cristo, attraverso la strumentalità della Sua Chiesa, sacramento dell’unità di tutto il genere umano

Talvolta questo cammino necessita di una parola profetica che indichi ciò che è sbagliato e incoraggi ciò che è giusto. Quando sorgono in effetti le tensioni, la credibilità della Chiesa, in relazione alla sua dottrina sul rispetto fondamentale dovuto a ogni persona, poggia sul coraggio morale dei Pastori e dei fedeli di «puntare tutto sull’amore».
Un amore obbligatorio, regolato dal ministero della solidarietà: è questo che Cristo chiedeva ai suoi fedeli? Lo so, lo so, non sono discorsi politicamente corretti. Ma, sapete, io me li posso permettere: sì, perché io stesso sono emigrato, e così i miei genitori ed i miei nonni, tutti salpati verso lidi lontani alla ricerca di una vita migliore, ogni volta partendo da zero e facendo affidamento solo sulle nostre forze e sulla nostra voglia di lavorare, senza attendersi – e senza ricevere – alcun trattamento di favore.

Ma al tempo dei miei nonni l'emigrazione che piaceva a Napolitano era ancora solo quella dei carri sovietici in Ungheria.

Sunday, November 25, 2007

Fumo di Londra

Documentario sugli attentati del 7/7/2005 a Londra. Le solite coincidenze...
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7/7 Ripple Effect


Piccolo Glossario della Neolingua #18

The attempt to determine in money the wealth of a nation or the whole mankind are as childish as the mystic efforts to solve the riddles of the universe by worrying about the dimension of the pyramid of Cheops.
(Ludwig von Mises)
La crescita è uno dei termini più usati dai governi quando informano il popolo sullo stato dell'economia: dà invero un senso di sicurezza l'idea di un'economia che, seppur tra mille difficoltà, continua imperterrita a crescere come la piantina curata da un amorevole giardiniere. Ma ancora una volta, non si tratta altro che di un'illusione da prestigiatori, e la piantina è solo una patetica replica di plastica.
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Crescita
Significato originario:
1 il crescere e il suo risultato: c. del livello del fiume, delle piante, della barba, dei capelli, il bambino presenta una c. anormale, periodo della c.
2 fig., progresso, aumento, sviluppo: c. della mortalità, demografica, del capitale, dello sviluppo culturale
3 econ. ⇒ crescita economica
Se c'è un'immagine di se stessi e del loro ruolo che ai politici piace coltivare, è sicuramente quella dell'amorevole genitore che si cura della crescita dei suoi bambini. Tralasciamo per il momento il lieve dettaglio che, essendo i bimbi in questione contribuenti, ovvero coloro che volenti o meno li mantengono, codesti “genitori” non sono meglio di quelli tanto deprecati che mandano per strada i loro figli in cerca di elemosina o peggio, e occupiamoci piuttosto di questa famosa crescita così spesso citata come risultato del buongoverno dei suddetti.

È noto che tale crescita viene resa visibile con uno strumento tanto famoso quanto misterioso, il famigerato Prodotto Interno Lordo, detto familiarmente PIL. E dico misterioso perché per il grande pubblico altro
non è
che una parolina di tre lettere estratta dal gergo dell'economia che, si sa, è una scienza riservata a pochi illuminati, nonostante il fatto che quasi ogni nostra azione quotidiana abbia a che fare con essa.

Orbene, il PIL è una statistica che guarda al valore dei beni ultimi e dei servizi prodotti durante un determinato intervallo di tempo, costruita sull'opinione che il motore dell'economia non sia la produzione di ricchezza ma il suo consumo. Considera quindi la crescita non in base a ciò che si è in grado di produrre, ma a ciò che si consuma (un genitore che crescesse i suoi figli secondo una simile logica sarebbe probabilmente – direi anche giustamente – privato della tutela dagli assistenti sociali). Questo perché il consumo dei beni può essere stimolato artificiosamente con la creazione di moneta quando questo consumo dovesse calare. Leggiamo:
In generale, più soldi saranno generati dalla banca centrale e dal settore bancario, maggiore sarà la spesa monetaria. Questo a sua volta significa che il tasso di crescita di ciò che si identifica con l'economia reale rispecchierà molto da vicino l'aumento nella riserva monetaria.

Così non c'è da stupirsi se nel contesto del PIL, la banca centrale può causare uno sviluppo economico reale e la maggior parte degli economisti che pedissequamente seguono questa logica credono che sia così. Gran parte della cosiddetta ricerca economica produce un “sostegno scientifico” per la diffusa opinione che, per mezzo del pompaggio monetario, la banca centrale possa far crescere l'economia. Tutti questi studi trascurano il fatto che nessun'altra conclusione può essere raggiunta una volta compreso che il PIL è un parente stretto della massa monetaria. [...]

Per mezzo del PIL, il governo ed i funzionari della banca centrale danno l'impressione di poter guidare l'economia. Secondo questo mito, ci si aspetta che “l'economia” segua il percorso di crescita descritto da onniscienti funzionari. Così ogni volta che il tasso di crescita slitta al di sotto del previsto percorso di sviluppo, ci si aspetta che i funzionari diano una spinta adeguata “all'economia.” Per contro, ogni volta che “l'economia” sta crescendo troppo velocemente, ci si aspetta che i funzionari facciano un passo indietro per raffreddare il suo tasso di crescita.
Insomma, sembra proprio il mascherone del mago di OZ, con l'ometto nascosto che manovra le leve! In altre parole, una simile crescita non è altro che una bolla, destinata presto o tardi a scoppiare. Non c'è una reale ricchezza alle spalle di un consumo sovradimensionato, ma solo un conto che aumenta il cui pagamento viene continuamente rimandato. Scriveva Mises nell'Azione Umana:
Un'ulteriore espansione della produzione è possibile soltanto se la quantità delle merci capitali è aumentata con il risparmio supplementare, cioè dalle eccedenze prodotte e non consumate. Il segno caratteristico del boom da espansione del credito è che tali merci capitali supplementari non sono state rese disponibili.
E aggiungeva Rothbard:
Senza un genuino aumento di risparmio, la struttura del capitale è sbilanciata ed eventualmente gli imprenditori si rendono conto che i loro progetti non possono essere realizzati. Lo “scoppio” arriva quando le aziende interrompono le linee non redditizie e le risorse devono essere ridistribuite ai loro usi adeguati.
Quello è in genere il momento in cui vanno perduti i posti di lavoro e crollano i consumi, e il governo proclama il fallimento del mercato. Un mercato però che fino ad un attimo prima lo stesso governo aveva “guidato”.

Saturday, November 24, 2007

Garibaldi e la pista inglese

«Garibaldi fu ferito, fu ferito ad una gamba, Garibaldi che comanda, che comanda il battaglion!» Ahhh, la storia patria, i miti fondanti... che nostalgia: mi tornano in mente quei giorni da bambino, quando la maestra ci raccontava le gloriose gesta dell'eroe dei due mondi, e nella fantasia di noi bambini la sua figura si sovrapponeva a quella di Sandokan.

Il coraggio, l'avventura, le forze preponderanti dei nemici immancabilmente sconfitte, sorprese dall'audacia dell'eroe! Le popolazioni in festa, liberate dal giogo dell'oppressione, liete di unirsi finalmente con i loro fratelli del nord...

Pensate, ancora negli anni '70 i piemunteis non capivano un'acca di quel che dicevano i terùn venuti a lavorare alla FIAT, eppure era già così forte il desiderio di coesione un secolo prima: viva l'Italia!

Questa nobile epopea rivive oggi nel dispaccio del nostro inviato da Laputa, un pezzo da godersi di fianco al caminetto con un bel bicchierino di Marsala. Come sempre, buon fine settimana a tutti.

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Di Giovanni Pesce


C’è un curioso backstage dietro i movimenti garibaldini nei due mondi.

Un’ombra inglese anticipa e segue quasi sempre le azioni del nostro eroe ovunque egli operi sia in Italia, sia in Sud America, o a Caprera o a Londra.

E' impossibile illustrare questo concetto, senza dare un’occhiatina al quadro geo-politico di allora.

Negli anni dell’epopea garibaldina, l’Ammiragliato Inglese “dettava legge” nel Mediterraneo con la sua Mediterranean Fleet (il mare nostrum solcato dalle navi loro); e verso la fine della WWII le bandiere USA della Sesta Flotta sono subentrate alle Union Jack sui pennoni delle navi tra Gibilterra e Suez.

All’inizio del 800 l’ammiraglio Nelson se la suonava ad Abukir e Trafalgar mentre se la cantava a Palermo, Napoli e alla Maddalena.

I marinai mediterranei di allora mal sopportavano il fiato sul collo degli inglesi: anche l’ammiraglio napoletano Caracciolo ebbe a lamentarsi di un fastidioso “mal di collo inglese” e Nelson fu premiato per i suoi servizi al re di Napoli, con una ducea alle pendici dell’Etna, a Bronte.

Garibaldi, invece, sotto l’influenza del fascino della marineria inglese, decise di prendere contatto con alcune logge d’oltremanica ottenendone importanti vantaggi per i suoi servizi personali: John Temple, lord di Palmerston, preparò per lui l’azione più famosa, quella che portò 1000 uomini male armati a sconfiggerne 25.000 ben organizzati nel regno delle Due Sicilie.

L’oligarchia commerciale anglo-americana preparò la logistica con finanziamenti, copertura politica, blocco navale, fornitura di armi, acquisto di navi a vapore ed il comando militare piemontese aiutò l’azione con forniture di uomini e mezzi.

Non mi permetto di riassumere le azioni dei garibaldini e consigliandovi il commento di Antonella Randazzo, (grande blogger), vi accenno alcuni particolari.

La conquista del Regno delle Due Sicilie è un fatto che colpisce il sentimento degli italiani, ma per l'Ammiragliato è un'operazione di semplice routine come il ritorno delle isole greche al controllo greco nel 1864 o la battaglia dell'isola di Creta del 1941.

La prossima volta che andrete al supermercato, cercate una bottiglia di liquore Marsala così troverete marche Hopps, Ingham, Whitaker e Woodhouse; da quel momento nulla vi vieterà di pensare che in pratica Marsala sia stata nell ‘800 una colonia mercantile inglese; e se Garibaldi sbarcò a Marsala allora è ipotizzabile una collaborazione inglese, o come aiuto effettivo o per lo meno come non-ostacolo all’azione militare.

Garibaldi ricambiò il favore di Sua Maestà Britannica: a Bronte il feudo personale di Nelson, gestito dagli eredi, ebbe dai garibaldini un trattamento “particolare” e non seguì la storia standard siciliana, nel 1860 in quei luoghi i “nostri” fecero ferro e fuoco contro i poveri braccianti, difendendo le proprietà inglesi.

L’esilio a Caprera, a conclusione dell’azione, è spiegabile con il fatto che l’arcipelago della Maddalena era abitato da mercanti inglesi che consigliarono Garibaldi il trasferimento, vendendogli prima mezza isola e successivamente la seconda parte. Probabilmente l’Ammiragliato aveva in progetto di fare a La Maddalena una permanente base militare inglese.

Garibaldi, amico degli Inglesi, fu osteggiato invece dai Francesi che nel 1862, ne chiedono la testa, anzi la gamba al Governo Regio.

Si sa che il cuore tenero non è una dote di cui sian colmi i carabinieri del Re, e quella volta a Gambaria, località dell’Aspromonte nei pressi San Luca, i gendarmi fermarono malvolentieri il nostro eroe a colpi di fucile; se volete dare un’occhiata allo stivale conservato nel Museo del Risorgimento, vedrete la bruciatura del pelo dello stivale dovuta al colpo sparato a “bruciapelo”.

Se invece andate al Gianicolo non impressionatevi per la squadra ed il compasso scolpiti sul lato destro del monumento equestre al nostro eroe; quei luoghi sono saturi di fratellanza e sorellanza massonica, dal Vascello al monumento con “Roma o Morte”.

Torniamo a valutare le stranezze belliche dei vascelli della WWII come l'affondamento della flotta francese su preciso ordine di Winston Churchill o la mancata conquista di Malta.

E’ mia opinione che ci sia stato un accordo tra varie Naval Lodge, nel quale era riportato il numero di battaglie da intraprendere, il numero di colpi da sparare e pure il nome del vincitore e questo piano era condiviso da tutti.

Quindi i destini del Mediterraneo erano disegnati all'Ammiragliato e questi piani non erano sgraditi a Garibaldi che si recò nel 1864 a Londra a ricevere onori.

Se googlate “Loggia Garibaldi” troverete 171mila occorrenze e capirete il Grande Disegno.

Friday, November 23, 2007

Premio Caligola - Novembre '07

Rieccoci qua, pronti a votare per l'autorità più fuori di testa del mese di novembre, e come al solito la scelta dei candidati non è stata facile. Ma anche questa volta ce l'abbiamo fatta, mettendo insieme un roster tra i più demenziali nella storia del Premio Caligola - Il potere gli ha dato alla testa.

Primo candidato, il “glorioso” corpo della FBI, che a quanto pare considera le monete d'oro dei falsi e le monete di carta vere, tanto da irrompere nella sede del Liberty Dollar e sequestrare tutto. Ne deduciamo che gli agenti rifiuterebbero eventualmente di essere pagati in metalli preziosi, preferenza questa che li retrocede subito sotto la gazza ladra nella scala evolutiva, con tanti saluti alla lotta contro il crimine.

Anche la seconda candidatura spetta a dei tutori dell'ordine, la polizia brasiliana dello stato di Para. Secondo il buon Lula “Dio è brasiliano,” ma allora si sarà distratto un attimo mentre la polizia arrestava senza un preciso motivo una ragazzina di 15 anni e la ficcava in una cella con 20 e passa gentlemen, dove è stata usata come bambola gonfiabile finché la notizia non è trapelata. E non era neanche la prima volta, era già successo, con l'unica differenza che in quel caso la poveretta era maggiorenne: a quanto pare le esigenze dei carcerati si sono nel frattempo raffinate. È proprio il caso di parlare di Para-stato!

Last but not least, non poteva mancare una candidatura nostrana, che seppur meno sconvolgente delle precedenti si fa apprezzare per il suo valore umoristico degno della città del principe de Curtis: si tratta infatti dell'assessore alla Sanità di Napoli, il verde Gennaro Nasti che con una mossa a sorpresa ha deciso di vietare il fumo anche nei parchi cittadini. Nella città che è diventata famosa nel mondo per le sue pittoresche montagne di monnezza immaginiamo che il fumo passivo nei parchi debba essere davvero una gran minaccia per la salute delle donne incinte. Livia Turco ha commentato: “
il fumo sia attivo che passivo è uno dei fattori più nocivi per la nostra salute.” Sarà anche vero, ma il più nocivo in assoluto, cara Livia, siete voi culi poltronati!

La scelta è difficile, il Premio ambito, fate quindi pesare il vostro voto!

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I federali irrompono negli uffici della Liberty Dollar
16 novembre 2007

Un'azienda che produce e distribuisce le monete Liberty Dollar in diverse denominazioni ha annunciato la sua temporanea chiusura a seguito di un'incursione della FBI e degli agenti del servizio segreto degli Stati Uniti in cui documenti, annotazioni, monete, oro e argento sono stati confiscati.

La Liberty Dollar produce e distribuisce monete come “valuta di scambio volontaria e privata,” o monete che competono con le banconote della Federal Reserve usate generalmente nella circolazione economica.

Con un comunicato stampa firmato da Bernard von NotHaus, “architetto monetario” per l'azienda a Evansville, Indiana, i funzionari hanno annunciato ieri che “una dozzina di agenti della FBI e del servizio segreto” hanno fatto irruzione nell'ufficio.

Nella lettera sta scritto che “per circa sei ore hanno preso tutto l'oro, tutto l'argento, tutto il platino e quasi due tonnellate di dollari di Ron Paul che erano appena stati consegnati venerdì scorso. Inoltre hanno preso tutti i files ed i computer ed hanno congelato i nostri conti bancari.” [...]

Le informazioni dell'azienda dicono che Von NotHaus ha sviluppato il Liberty Dollar nel 1998 come valuta “a prova di inflazione” alternativa alle banconote della Federal Reserve. Il governo degli Stati Uniti, tuttavia, ha sempre avuto una cattiva opinione di qualsiasi moneta che potrebbe essere percepita come sostituzione delle banconote della Federal Reserve.

Le autorità hanno attaccato tali alternative come contraffazione, mentre i sostenitori di tale strumento di scambio attaccano le banconote della Federal Reserve come false.

Questa opinione è stata condivisa da Lance Haverkamp, che ha partecipato ad un forum sull'argomento al giornale Courier-Press.

“Vi rendete conto di quanto sia stupido dire che i biglietti verdi sono “reali” e l'oro & l'argento sono “falsi”… Sicuramente lavorate per il governo!” ha scritto Haverkamp.

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Ragazza di 15 anni stuprata senza sosta in prigione
23 novembre, 2007

Una ragazza brasiliana di 15 anni accusata di furto è stata messa in prigione in una cella con più di 20 uomini e per un mese è stata stuprata senza sosta e forzata ad avere rapporti sessuali in cambio di cibo, hanno detto giovedì i gruppi per i diritti umani che rappresentano la ragazza appena liberata.

“È stata stuprata fin dal primo giorno nella prigione dello stato di Para” ha detto la portavoce del Centro per la Difesa dei Bambini e degli Adolescenti (Cedeca), aggiungendo che il numero di uomini nella cella variava da 20 a 34 mentre la ragazza vi è rimasta rinchiusa.

“È stata stuprata innumerevoli volte e forzata a scambiare rapporti sessuali per cibo,” ha detto il presidente dell'ordine della Commissione Brasiliana degli Avvocati per i Diritti Umani, Miere Cohen.

I rapporti dei media sul caso hanno provocato oltraggio in tutto il Brasile, particolarmente perché è arrivato a poca distanza dal precedente caso di una donna di 23 anni anche lei imprigionata nello stato di Para per un mese insieme a 70 uomini.

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A Napoli divieto di fumo nei parchi


Napoli, 17 nov. (Adnkronos/Ign) - Fumo vietato da domani nei 43 parchi cittadini di Napoli. Lo ha stabilito un'ordinanza comunale emessa dall'assessore alla Sanità, il Verde Gennaro Nasti. Il provvedimento prende spunto dalla legge Sirchia del 2003, che prevede il divieto di fumo nei locali pubblici. Identiche le sanzioni: da 27,50 a 200 euro.

L'assessore Nasti spiega all'ADNKRONOS di avere ''dato seguito ad un invito della Lega italiana per la lotta ai tumori, che ci ha sensibilizzato all'adozione di questo provvedimento''. Presto il Comune doterà i 43 parchi cittadini della cartellonistica che avverte del divieto di fumo che scatterà nel momento in cui nei parchi pubblici ci sarà la presenza di minori di 12 anni e donne incinte.

Nasti si dice fiducioso sul senso di responsabilità dei napoletani: ''Chi non ricorda i timori alla vigilia della legge Sirchia quando si pensava che a Napoli la legge antifumo non sarebbe stata rispettata. Invece qui è come altrove: nei locali pubblici non si fuma''. L'ordinanza dell'assessore verde presenta anche un altro significato: ''Noi vogliamo che non si fumi più in presenza di bambini e donne incinte anche se ci si trova nella propria auto o in altri luoghi dove non ci siano leggi a proibirlo''.

Il provvedimento antifumo nei parchi pubblici rientra anche nella strategia del ministero della Salute e nel programma 'Guadagnare salute' che il Consiglio dei Ministri ha approvato lo scorso febbraio e che concede ai Comuni di intraprendere iniziative di prevenzione contro comportamenti che possano essere dannosi per la pubblica salute. ''Ci auguriamo che si smetta finalmente di fumare nelle case -conclude Nasti- nei luoghi chiusi, davanti ai bambini e alle donne incinte: per noi questa è una questione culturale''.