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Saturday, July 3, 2010

Giuseppe, ministro dell’agricoltura

In un universo governato dalla Legge di Murphy è abbastanza naturale essere condannati a ripetere all'infinito gli stessi errori.

Come si dice, la storia insegna ma nessuno la sta a sentire, proprio come accade nelle aule dei centri d'indottrinamento statale.


E dire che, come ben illustra in questo brano Frank Chodorov, gli errori economici che finiscono inevitabilmente per rendere schiavi gli uomini li ripetiamo ormai da migliaia di anni, e stanno pure scritti nel libro più letto al mondo...
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Di Frank Chodorov


Molto, molto tempo prima di Freud, un uomo chiamato Giuseppe si costruì la reputazione di saper interpretare i sogni; il Faraone lo chiamò per spiegare ciò che il suo subconscio aveva prodotto – qualcosa che riguardava sette vacche grasse e sette vacche magre.

Precisiamo delle note biografiche sul personaggio: Giuseppe aveva già mostrato di possedere doti speciali, che gli avevano garantito la preferenza del padre sui fratelli; ciò creò attorno a lui l’invidia di coloro i quali non tollerano violazioni al principio che tutti gli uomini sono uguali, e costoro tentarono di ristabilire condizioni di parità eliminandolo dalla circolazione.

Circostanze strane lo posero al servizio di Potiphar, un potente egiziano presso cui fece rapidamente carriera grazie alla sue doti, finchè la moglie di Potiphar tentò senza successo di sedurlo e, scornata dal rifiuto del giovane, lo accusò di averla voluta sedurre, ciò che portò Giuseppe in prigione. Qui mostrò le sue capacità di divinazione ai compagni di cella, uno dei quali fu preso a servizio dal Faraone e, sapendo che il suo padrone voleva interpretare i sogni dai quali era angosciato, suggerì di ricorrere al parere del nostro eroe.


Giuseppe fu chiamato a palazzo e offrì rapidamente la risposta al Faraone: l’Egitto avrebbe presto affrontato l’esperienza del ciclo economico, spesso chiamato “boom and bust cycle”. Come poteva saperlo ? Per mezzo della Divinazione, uno strumento più potente delle capacità dell'attuale Harvard School of Economics.

A questo punto, ricevuto il favore del Faraone, Giuseppe elaborò un piano: il boom sarebbe sicuramente accaduto, ma il bust forse non si sarebbe verificato con certezza: si poteva aggirare il volere di Jehova costruendo delle riserve durante gli anni di boom. Un ministro dell’agricoltura avrebbe curato l’attuazione del piano, e Giuseppe si offrì per il ruolo. Il Faraone, senza il consenso del Senato, che all’epoca non era necessario, approvò questa decisione; invece di giurare sulla Bibbia o sulla Costituzione, gli diede un anello ed un catena d’oro; invece di un’automobile, una biga; inoltre possiamo pensare che Giuseppe avesse molti assistenti, segretarie e un ufficio spazioso.

A questo punto Giuseppe non aveva più bisogno di interpretare i sogni: era l’amministratore del principale settore dell’economia. La prima cosa che fece fu approvare una legge, che naturalmente fu una legge sulla tassazione: un quinto della produzione durante gli anni di boom doveva essere sottratto agli agricoltori per essere messo da parte; questa tassa sul reddito doveva essere imponente, se è scritto che il grano fu accumulato come la sabbia sulla spiaggia.

Poi, come previsto, arrivò la depressione; non è chiaro se fu provocata dalla sovrapproduzione o dal sottoconsumo, e a quel tempo i professori non avevano scoperto le teorie economiche moderne. Si racconta che ci fu carestia, senza specificare quale incidente la causò, se pestilenza, siccità, oppure il sabotaggio dell’economia dovuto a sette anni di pesante tassazione. Ma da come il racconto si conclude possiamo pensare che il nostro pianificatore avesse idee chiare su come sarebbe finita la vicenda: con la schiavitù della classe produttiva dell’Egitto.

La fame colpiva il regno del Faraone, che chiese al ministro dell’agricoltura di utilizzare il grano immagazzinato per sfamare il popolo; Giuseppe ovviamente eseguì l’ordine, ma ad un prezzo: quando il popolo aveva la ricchezza, si era preso i suoi soldi, ora che il popolo non aveva i soldi si prese il bestiame in cambio del grano accumulato. “ E Giuseppe diede loro pane in cambio dei cavalli, e delle greggi, e delle mandrie”.

Ma la fame continuò a colpire il popolo come è ovvio, poichè il loro capitale era scomparso, e senza capitale non c’è produzione. Quindi il popolo, per sopravvivere nel capitalismo di stato di Giuseppe, chiese allo stato di trovargli un lavoro, allo stipendio stabilito dallo stato, che era pari alla mera sussistenza; si offrirono al Faraone come servi in cambio di pane. “E Giuseppe disse al popolo: vi ho guidato fino a questo punto e ho dato la vostra terra al Faraone, e voi la coltiverete”. Il che equivale a dire che nazionalizzò la terra ed il mercato del lavoro.

Il piano funzionò alla perfezione per il Faraone e Giuseppe, ma c’è da credere che qualcuno fosse colpito da un fatto: la perdita del diritto di proprietà. La cronaca degli eventi non cita questo fatto, ma solamente le migrazioni di contadini da una terra all’altra agli ordini di Giuseppe. Gli schiavi si rivoltarono ? Giuseppe utilizzò il noto strumento delle purghe per eliminare i migranti in eccesso ? Non lo sappiamo, ma in assenza di spiegazioni lo possiamo pensare.

D'altra parte, si racconta che una delegazione di egiziani andò da Giuseppe e disse: “Tu hai salvato le nostre vite: fai che troviamo il favore del nostro Padrone, e saremo gli schiavi del Faraone”. Erano ormai scesi a patti col collettivismo e si adattavano a qualunque proposta arrivasse dal burocrate.

Giuseppe dovette comunque fare concessioni alla proprietà provata, probabilmente per incoraggiare l’incremento di produzione tassabile; affittò ad alcuni egiziani la terra che prima essi possedevano. L’ammontare dell’affitto era un quinto della produzione annuale. Mediante questa ulteriore decisione, come ci informa lo storico Flavio, Giuseppe stabilì la sua autorità sull’Egitto ed incrementò i profitti dei monarchi che vennero dopo il Faraone.

Ma il morale delle forze produttive si ridusse tanto che, quando conquistatori esterni invasero l’Egitto, non incontrarono resistenza; chi non aveva niente da perdere decise di non combattere, ed anche i monarchi dovettero pregare i vincitori di garantirgli lavori nella nuova amministrazione. E scese la polvere sulla civiltà dei Faraoni.
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Traduzione di Massimiliano “El Pasador” Belloni

Tuesday, June 29, 2010

La politica oppio dei popoli

Nuovo interessante articolo di Gian Piero de Bellis di panarchy.org sui nefasti effetti della politica nella vita civile.
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La politica oppio dei popoli
(e i politicanti imbonitori furfanti)

Di Gian Piero de Bellis


Passato. Nei secoli passati la trasmissione della cultura nell’Europa Occidentale ha avuto come protagonista la Chiesa Cattolica che aveva saputo preservare il patrimonio classico (greco e latino) e l’aveva diffuso durante il MedioEvo. Questa attività culturale diede vita anche alla formazione di università e scuole che si moltiplicarono in tutta Europa e permisero alla Chiesa di avere un dominio quasi esclusivo sui processi di formazione dell’individuo. Questo monopolio culturale della Chiesa, come tutti i monopoli, portò inesorabilmente, nel corso del tempo, ad un crescente oscurantismo che si manifestò come incapacità ad accettare il metodo scientifico e la libera ricerca. La riproposizione pura e semplice del passato e l’uso della fede come sostegno del potere (ecclesiastico e non), hanno generato guasti enormi per la religione intesa come spiritualità e hanno condotto all’emergere della religione come una ideologia che giustificava lo sfruttamento e i patimenti subiti sulla terra in vista di una ipotetica ricompensa ultraterrena.

È quindi più che comprensibile che tutti coloro che, nell’epoca moderna, si sono pronunciati a favore del rinnovamento (ad es. liberi pensatori, socialisti, anarchici, radicali, ecc.) hanno sviluppato un forte anti-clericalismo e un acceso sentimento contrario alla religione. Nel 1843 Marx espresse chiaramente questa posizione di rigetto della religione come manipolazione affermando nella sua Critica della filosofia del diritto di Hegel: “La religione è il singhiozzo di una creatura oppressa, il sentimento di un mondo senza cuore, lo spirito di una condizione priva di spirito. È l'oppio dei popoli.” Da allora, almeno negli ambienti progressisti e illuminati, la religione è stata considerata, puramente e semplicemente, come “l’oppio dei popoli”.

Presente. L’emergere dello stato nazionale (dopo la Rivoluzione Francese), l’esproprio di buona parte delle proprietà della Chiesa in tutti i paesi d’Europa, la fine del potere temporale del Papato, la secolarizzazione delle società moderne, l’istituzione della scuola di stato, questi e molti altri accadimenti storici hanno minato il potere della Chiesa e ne hanno distrutto il monopolio culturale. Di certo a partire quanto meno dalla Prima Guerra Mondiale, lo scontro di idee e di gruppi ha avuto poco o nulla a che fare con la religione e quasi tutto a che vedere con un nuovo fenomeno culturale di massa: la politica.

Nell’epoca contemporanea la politica ha rimpiazzato del tutto la religione come tema di discussione e molla per l’azione delle masse. Mentre in passato si manifestava lo scontro tra cattolici e protestanti per l’affermazione (e imposizione) del proprio credo religioso, nel corso del XX secolo si è assistito alla lotta tra destra e sinistra per affermare (e imporre) la propria visione politica.

Queste due fazioni rivali, la destra e la sinistra, non solo hanno sostenuto due modelli di organizzazione sociale apparentemente diversi ma hanno anche presentato la politica in due modi apparentemente diversi.

Per gli esponenti della sinistra, la politica è una cosa sublime; tutto è o deve essere politica e quindi anche il personale è politico. In sostanza la sinistra esprime una visione totalizzante della politica.

Per gli esponenti della Destra, la politica è una cosa sporca (secondo la presunta affermazione di Mussolini) e in quanto cosa sporca va lasciata fare alle persone pure, cioè a loro. In sostanza la destra abbraccia una visione totalitaria della politica.

Tenendo conto delle vicende storiche, tra visione totalizzante e visione totalitaria le differenze sono risultate poi praticamente inesistenti, con gli uni che proclamavano e proclamano tuttora: morte ai fascisti, e gli altri che proclamano e continuano a proclamare: morte ai comunisti. Forse non più con la stessa foga e le stesse parole, ma sempre con la stessa voglia di esclusività nell’occupazione del potere.

Da queste contrapposizioni fasulle, da queste diatribe prive di senso, se ne esce solo attraverso una analisi fattuale di che cos'è stata e di cos'è tuttora la politica. A questo riguardo ci aiutano alcune affermazioni di commentatori e critici acuti della società occidentale.

Ambrose Bierce nel suo The Devil’s Dictionary (Il Dizionario del Diavolo) offre due definizioni di politica:
  1. “A means of livelihood affected by the more degraded portion of our criminal class.” [Un mezzo per guadagnarsi da vivere utilizzato dalla parte più spregevole della nostra classe criminale].
  2. “A strife of interests masquerading as a contest of principles. The conduct of public affairs for private advantage.” [Un conflitto di interessi mascherato da contesa per l’affermazione di principi. Conduzione di affari pubblici per guadagni privati].
Come giornalista egli aveva continuamente sotto gli occhi il sistema americano di spartizione del bottino (lo “spoil system”) attraverso il quale il partito vincente si accaparrava posti di lavoro e mazzette per i suoi seguaci e sostenitori.

Un altro giornalista americano, H. L. Mencken ha qualificato gli uomini politici come "men who, at some time or other, have compromised with their honour, either by swallowing their convictions or by whooping for what they believe to be untrue." [persone che, prima o poi, sono venute a patti con il loro onore, o abbandonando le loro convinzioni o dichiarandosi a favore di quello che esse sanno essere falso].

In Europa, Paul Valéry nella sua raccolta di scritti Regards sur le monde actuel, 1931, ha giustamente rimarcato che “La politique fut d’abord l’art d’empêcher les gens de se mêler dans ce qui le regarde.” [La politica fu fin dal principio l’artifizio di impedire che le persone si occupassero di ciò che li riguarda].

Ciò richiama molto bene un altro modo di vedere la politica che dobbiamo alla lingua tagliente di Groucho Marx: “La politica è l'arte di cercare un problema, trovarlo dappertutto, diagnosticarlo in modo errato e applicargli i rimedi sbagliati” (da una segnalazione di Tobia Cavalli).

E si potrebbe proseguire con citazioni ancora più dissacranti e devastanti in cui la politica appare come uno strumento per generare l’odio tra le persone e per spingerle a commettere azioni efferate (genocidi, persecuzioni, espulsioni di massa, ecc.).

Se tutto ciò è stato ed è tuttora vero, allora come spiegare e giustificare il fatto che molti, soprattutto tra coloro che si dichiarano progressisti e illuminati, continuano ancora ad avere una visione miracolistica della politica, a voler fare politica e incoraggiano tutti a occuparsi di politica come se questa fosse davvero un impegno indispensabile ed utile e non una attività criminale e una presa in giro colossale? Forse perché, anche le persone sensate non hanno ben chiaro che cosa è davvero la politica. Se è così allora c’è bisogno (a) di produrre una definizione più esatta e più penetrante della “politica” e (b) per coloro che vogliono impegnarsi in un movimento di rinnovamento occorre prospettare un impegno personale e sociale più entusiasmante, convincente e soprattutto sensato che li porti al superamento della politica.

Futuro. Per inventare un futuro di rinnovamento è necessario conoscere a fondo il passato e il passato ci fa scoprire parallelismi interessanti e al tempo stesso inquietanti che mostrano il ricorrere di alcuni fenomeni storici indesiderabili. Questa ripetizione delle vicende storiche più negative è possibile solo in quanto, coloro che ignorano la storia, finiscono per commettere sempre gli stessi errori.

Le sette religiose che si combattevano per l’affermazione della vera fede, non sono scomparse, hanno solo cambiato nome, si chiamano partiti politici. Il monopolio culturale che manipolava i cervelli e promuoveva l’oscurantismo non è finito con la Chiesa Cattolica, è solo passato di mano: adesso è appannaggio dello Stato nazionale e del suo Ministero della (D)Istruzione (dei cervelli). Le cosiddette guerre di religione in cui si voleva imporre a tutti la propria visione di fede e di vita non sono finite, anzi si sono moltiplicate, come guerre mondiali, lotte tribali, conflitti nazionali, in altre parole, guerre politiche.

Per farla breve, siamo passati dal clericume al laicume, dall’altare in chiesa all’altare della patria, dalle illusioni create dalla religione alle illusioni create dalla politica. Chi ha notato tutto ciò non può arrivare che alla seguente conclusione-constatazione che aggiorna una vecchia formulazione e offre al tempo stesso una lucida definizione della politica: La politica è l’oppio dei popoli.

Lasciate perdere il calcio, la televisione, i divertimenti; questi sono spesso solo strumenti subordinati e manipolati dalla politica la quale, attraverso i politicanti, veri imbonitori furfanti, agisce come un gas invisibile e inodore che circola dappertutto e annebbia il cervello degli individui (illudendo, corrompendo, sviando, snervando, offuscando e così via).

Per questo la costruzione del futuro sarà opera di movimenti che vanno al di là della politica e già fin d’ora non solo si pongono contro la politica come pretesa al monopolio dei cervelli e dei comportamenti di tutti ma prefigurano già un modello sociale post-politico.

Un movimento di liberazione degli individui deve andare quindi necessariamente contro la politica (ed essere quindi post-politico) perché, se fosse un movimento politico e avesse successo, sarebbe destinato quasi inevitabilmente a trasformarsi in partito politico riproponendo così tutta il vecchio sudiciume e i soliti imbrogli.

Per questo, la lotta contro l’oppressione dello stato, cioè contro il massimo esponente della politica, non è una battaglia politica ma un conflitto per l’affermazione dei propri diritti civili (alla libertà, all’autonomia, all’autodeterminazione, all’autogestione o comunque si voglia caratterizzare la libertà di decisione della persona). La lotta di liberazione dallo statismo ha bisogno quindi non di un movimento politico ma di un movimento o di una rete per i diritti civili in vista del superamento della politica, cioè delle contrapposizioni fasulle che si risolvono poi nella subordinazione materiale di tutti a un potere e a una ideologia dominanti (lo stato o qualunque altra sia la denominazione o forma che assume il potere monopolistico).

Al posto delle contrapposizioni inventate occorre fare emergere la varietà, volontariamente scelta per sé e rispettata negli altri, degli stili di vita. In sostanza, l’obiettivo del movimento per i diritti civili sono le società parallele volontarie nello spazio aperto (al posto degli stati territoriali oppressivi nei pollai o recinti nazionali).

Ma questo è un altro discorso che non si può affrontare qui in poche parole; e forse è meglio lasciare che ognuno scopra per conto suo il nuovo e se lo inventi giorno per giorno nella sua vita.

Wednesday, June 17, 2009

La vita sta distruggendo il pianeta!

Pentitevi e uccidetevi: questi sembrano essere i comandamenti dei sacerdoti della nuova religione ambientalista, secondo la quale l'umanità è una minaccia per “la salute della terra.”

Butler Shaffer riflette su questi e altri deliri ormai diffusissimi in tutti gli strati della cultura. Probabilmente si tratta solo dei primi segni del processo autodistruttivo già in atto.

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Di Butler Shaffer

Recenti notizie ci avvisano di un altro fattore che contribuisce alla minaccia del riscaldamento globale, che proviene dalle flatulenze delle vacche. I processi metabolici del nostro amico bovino producono metano, uno dei gas serra contro cui il credente ecologo è sempre vigile. Il metano è anche prodotto dal collasso della materia organica (per esempio, concime, discariche) e da altre forme di vita. Nel suo libro Gaia, il rinomato chimico James Lovelock ha analizzato in che modo il metano, prodotto nelle budella delle termiti, sia un fattore essenziale nella natura auto-regolamentata dell'atmosfera della terra.

La nozione che “l'autoregolazione” potrebbe rivelarsi responsabile dell'ordine che si trova nei sistemi sociali, economici o biologici è un'eresia per i pusher di ogni fede dottrinale, compresa la teologia secolare dell'ambientalismo bigotto. Il pusher può essere visualizzato come una persona con un guinzaglio, alla ricerca di un cane. Come i camaleonti, possono subire cambiamenti superficiali per adattarsi alle circostanze in cui si trovano: la persecuzione delle streghe o degli infedeli, l'avanzata del socialismo di stato, o, moderno, la salvezza del pianeta. Non importa ai fanatici di ogni provenienza particolare che il loro sistema di fede sia fondato in una sostanziale verità; basta che fornisce una plausibile spiegazione razionale per l'imposizione dell'autorità sulla vita degli altri. I discepoli dell'ambientalismo sono passati dall'essere profeti di una “nuova glaciazione in arrivo,” al “riscaldamento globale,” al compromesso del “cambiamento climatico” mentre la base empirica dei loro proclami continua ad essere messa in dubbio dagli scienziati.

Se la flatulenza delle vacche è da considerarsi una minaccia da regolamentare – o persino proibire – dai pusher istituzionalizzati, quale sarà la prossima? I futuri obiettivi saranno i ristoranti messicani e i barbecue del Texas? Nei loro sforzi per sottomettere ogni sfaccettatura della dieta e dello stile di vita degli altri al loro attento scrutinio, questi sociopatici riveleranno alla fine la loro ambizione di comandare a tutta la creazione come un dio collettivo?

Fin dall'infanzia ho avuto un forte interesse alla geologia. Molto tempo fa ho appreso delle origini turbolente della terra; di come le placche tettoniche e la deriva dei continenti hanno modellato e rimodellato il pianeta; degli effetti provocati dall'invasione di comete, asteroidi, delle eruzioni solari e delle meteore; delle periodiche inversioni dei poli e dei periodi di glaciazione; e, la cosa più interessante, come la terra è stata abbastanza resistente per rispondere ad un simile tumulto. I molti che condividono questa comprensione di ciò che il nostro pianeta ha attraversato in miliardi degli anni possono apprezzare come l'ultimo George Carlin ha trattato quelle anime innocenti che vogliono “salvare il pianeta” da inconvenienti di importanza relativa come i sacchetti di plastica e le lattine d'alluminio!

L'attività vulcanica che ha introdotto grandi quantità di gas nell'atmosfera della terra deve essere attribuita al pianeta stesso e non alla presenza di vita organica. Questa conclusione è ancor più obbligata quando si considerano le cause della maggior parte delle condizioni disgreganti che sono occorse durante il periodo precambriano (cioè, prima che la vita apparisse sulla terra). Quindi, i sistemi viventi non possono essere ritenuti responsabili di tutti i “mali” del pianeta nella crescente lista di casi particolari degli ambientalisti.

Naturalmente, dobbiamo considerare che è contro l'umanità che gli ambientalisti si scagliano nella loro versione secolare del peccato originale. Quanto spesso sentiamo dire che l'umanità deve limitare la sua partecipazione al resto del creato affinché non “disturbiamo l'equilibrio della natura?” L'idea che la nostra specie debba essere divisa dal resto della natura riflette il carattere conflittuale di questa ideologia. Similmente, la continua critica della nostra “impronta ambientale” riflette il pensiero che siamo collettivamente trasgressori su questo pianeta, con gli ambientalisti sulla scena del crimine nel ruolo di poliziotti alla continua ricerca della prova delle nostre azioni criminali contro gli interessi di certi proprietari mal definiti.

Ma dacché l'umanità non può portare a termine i suoi misfatti contro il pianeta senza la complicità delle altre specie, è evidente che – come per la caccia ai “terroristi” – una rete molto più grande dev'essere lanciata più al largo. Quando le vacche che emanano gas diventano un'ulteriore minaccia per destare i riscaldamentoglobalisti, cominciate a percepire che questa nuova ortodossia ha, al suo cuore, un'ostilità per la vita in sé. Il processo della vita – sia esibito dagli esseri umani, da altri animali o dalle piante – coinvolge la trasformazione di ogni tipo di risorse per rispondere all'esigenza di ridurre l'entropia degli esseri viventi. La vita si alimenta di altra vita e, dato che nessuno di noi è al cento per cento efficiente in questo processo, finiamo invariabilmente per produrre dei sottoprodotti entropici – dell'energia non disponibile all'uso produttivo – che possono rivelarsi abbastanza favorevoli aper altre forme di vita. In modo simile le piante emettono ossigeno che, a sua volta, è inalato dagli animali che completano lo scambio con il mondo vegetale esalando l'anidride carbonica da cui dipendono.

Si penserebbe che, con un esempio simile, i rapporti simbiotici che esistono fra così tante specie sul pianeta potrebbe ispirare persino il fedele ambientalista a riconsiderare la sua ostilità verso i processi della vita. Una lettura del meraviglioso libro di Michael Pollan, The Botany of Desire, potrebbe rivelargli in che modo gli esseri umani si sono relazionati con la vita di piante come i tulipani, le mele, la marijuana e le patate, per il reciproco beneficio degli uni e degli altri. La descrizione e le analisi di Pollan su come queste specie hanno servito i loro interessi personali attraverso le altre, è in forte contrasto con l'interpretazione marxista dello “sfruttamento” umano della vita delle piante. I tulipani e le mele sono stati “sfruttati„ dall'umanità, o queste piante si sono impegnate nello “sfruttamento” rendendo le loro qualità attraenti così che gli esseri umani abbiano volessero coltivarle?

Gli ambientalisti non faranno mai tali domande, naturalmente, perché agire in tal modo sarebbe letale per i pusher, che dipendono dal nutrire l'atteggiamento mentale che i nostri rapporti reciproci siano inconciliabili. Un mondo in cui l'ordine fosse mantenuto dalla simbiosi, dall'autogoverno e dalla cooperazione non avrebbe bisogno della struttura che è il solvente universale offerto dalla classe politica affinché ogni circostanza sia sfruttata per i suoi interessi di potere.

E così, dobbiamo dimenticare che l'anidride carbonica che noi esseri umani – e gli altri animali – espelliamo nel nostro sforzo di continuare a sopravvivere si trasforma nell'alimentazione per le piante che producono tutto l'ossigeno e gran parte del cibo su cui possiamo contare. Presto potremmo arrivare a sentire dall'ala apocalittica della chiesa ambientalista che i rapporti fra le specie “animali” e “vegetali” costituiscono una minaccia contro il pianeta. Non siamo solo noi esseri umani a dover essere accusati, ma anche le piante e gli animali della terra che cospirano con noi per continuare con questo distruttivo ciclo ossigeno/anitride carbonica. È lo stesso processo della vita, vi informeranno tra poco gli ambientalisti, a minacciare la stabilità del pianeta.

Portato ai suoi limiti logici ed empirici, i dogmi ambientalisti conducono a guerre infinite contro i tentativi della forza dellla vita di manifestarsi e sostenersi sulla terra. Ma la vita è una forza disgregativa, che in perpetuo cambia l'ambiente in forme diverse. E tutto questo cambiamento, ci viene detto, è una minaccia contro il pianeta, che deve ora adattarsi – come ci ha ricordato George Carlin – per incorporare i sacchetti di plastica nella sua essenza.

L'assunto alla base di molto di ambientalismo è che mantenere l'equilibrio porta benefici ad un sistema. Questo è lo stesso atteggiamento che guida la maggior parte degli interessi delle imprese a voler stabilizzare le condizioni in cui si verificherà la concorrenza. Uno dei miei primi libri, In Restraint of Trade, documenta questo sforzo negli anni dal 1918 al 1938. Ma in tutti i sistemi viventi – che sia un individuo, un'impresa, o una civiltà – la stabilità è l'equivalente della morte. Nelle parole del celebre botanico Edmund Sinnott, “[c]ostanza e conservazione sono qualità dei senza vita, non della vita.” L'unica volta che il vostro corpo sarà in una condizione di equilibrio è quando sarete morti; il vostro sistema biologico avrà cessato di dare risposte vitali ai cambiamenti nel vostro ambiente. Neppure nel mercato si manifestano stati di equilibrio. La legge della domanda e dell'offerta tende verso l'equilibrio dei prezzi – un aumento nella domanda o una scarsità nella disponibilità aumenterà i prezzi che, a loro volta, incoraggeranno la maggior produzione che abbasserà i prezzi – ma senza mai realizzare la stabilità come condizione fissa.

Contrariamente a coloro che insistono sulla sterilizzazione del pianeta – vaccinandolo dal virus dell'umanità – posso suggerire una metafora alternativa, sottratta al biologo Lewis Thomas. Nel suo meraviglioso libro, The Lives of a Cell, Thomas propone una metafora più olografica che vede la terra non come l'icona meccanicistica e frammentata a cui il nostro pensiero politicizzato ci ha abituato, ma come un sistema integrato. Come una cellula che funziona per mezzo di interconnessioni orizzontali piuttosto che in una direzione strutturata verticalmente, il pianeta può essere visto come un sistema autoregolato, che sostiene la vita reciprocamente alimentato dalla spontaneità e dall'autonomia dei suoi vari partecipanti. Considerato questo, coloro che insistono nel dividere questa interconnessione e nel frammentare la vita in categorie di controllori e di controllati, pongono la più grande minaccia contro la capacità di vivere del pianeta.

Saturday, April 25, 2009

Creditori Vs Debitori

Dopo un periodo di silenzio, finalmente il trasmettitore telepatico del nostro corrispondente da Laputa ha ricominciato a ticchettare allegramente, battendo un dispaccio piuttosto curioso che racconta delle strane abitudini che gli abitanti dell'isola volante hanno sviluppato in merito al debito. Pare infatti che lassù i debiti durino un giorno soltanto, e svaniscano al tramontar del sole.

Non ho dubbi che con tale sistema abbiano potuto evitare la catastrofe che noi poveri terrestri stiamo attraversando, mi chiedo però se in realtà, abbia un senso definire questo tipo di transazione “debito.” La mia idea è che i rapporti personali da quelle parti siano molto diversi da quelli che conosciamo noi.

Immerso nella mia perplessa malinconia, vi lascio alla lettura augurandovi un fine settimana leggero e libero da impegni: un fine settimana laputiano, insomma.
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Di Giovanni Pesce


Gli attuali e-venti economici mondiali ci spingono verso nuove mete mentali; e uno dei primi approdi dei nostri viaggi è costituita dal debito.

In realtà il debito, sia da Voi che qui a Laputa, è una virtualizzazione di un comportamento sociale tra due parti: Creditore Vs Debitore.

Purtroppo non è facile trovare una definizione migliore per ognuna delle due parti in causa, in quanto i termini sinonimi (obbligato, impegnato, riconoscente, beneficiario, richiedente) possono essere assegnati a ciascuna delle due entità a seconda del punto di osservazione del fenomeno.

Vediamo, in pratica come vanno le cose; dopo una trattativa complessa, si instaura un nuovo rapporto di convivenza sociale tra le due parti: ora il debitore ha un obbligo nei confronti del creditore non solo nella restituzione del prestato bensì anche nella garanzia di una maggiorazione del prestato e nella conduzione di una vita tale da permettere la certa restituzione del debito.

Il creditore ora è autorizzato a dare consigli al debitore, controllarne l’attività, chiedere un rendiconto temporale dei movimenti e assegnargli un “rating” fiduciario complessivo.

Tutto questo non è limitato al semplice credito/debito di denaro ma è proponibile anche sul piano sociale con la creazione di rapporto di lavoro dipendente più o meno forte che può arrivare fino alla schiavitù. Spingendo il ragionamento vediamo che anche sul piano morale è possibile creare una serie di rapporti creditori/debitori tramite il concetto di peccato. Questi ultimi due contesti sono leggermente più complicati del solo credito/debito di soldi, ma il concetto base rimane lo stesso..

I soldi, da parte loro, dato che non si consumano, potrebbero essere concessi con la formula del “comodato d’uso,” bellissima espressione che esalta il concetto della comodità rispetto a quello della restituzione forzata. Anche nel contesto di rapporti sociali, il lavoro può essere concesso, in alcune occasioni, con la formula del comodato d’uso (“Arbeit macht frei”).

Ed anche tutte quelle piacevolezze della vita, alle quali normalmente si rinuncia in quanto vengono associate al peccato (= debito), potrebbero essere godute in comodato d’uso, senza dover disturbare moralmente alcuno.

Uno dei più bei pezzi sui risvolti sociali dovuto all’instaurazione di un debito è rappresentato ne “Il Mercante di Venezia” dove i rapporti umani basati sul debito/credito sono portati all’eccesso; la vicenda narra di un creditore, a tasso zero, che si fa garante per una somma di 3000 ducati in nome e per conto di un suo amico.

A fronte della mancata restituzione del debito il debitore viene portato in tribunale dove cerca di offrire la somma maggiorata a 6000 ducati per poter riscattare il vero oggetto del debito: una libbra della propria carne umana.

Nella sua opera teatrale, Shakespeare continua a giocare rovesciando i ruoli debitore/creditore tra i protagonisti, ma il messaggio che il pubblico, a fine spettacolo,deve riportare a casa è “Se siete padroni del credito, potete chiedere ai vostri debitori anche la loro stessa carne.”

Non penso che debba essere questa la regola del debito.

Qui a Laputa c’è un rito giornaliero di azzeramento del debito; non lasciamo che alcuno possa andare a letto con l’angoscia di dover restituire quello che non può restituire. Oltretutto se uno è privo di debiti, può il giorno dopo cercarne di nuovi in un turbinio di contrattazioni e di opportunità. Come con i peccati, facciamo, ogni sera, pubblica ammenda delle nostre colpe e siamo più liberi di prima.

Anche nelle scritture evangeliche si parla di remissione di debiti e di peccati, ma più sul piano morale che economico, infatti quando si parla esplicitamente di soldi, si specifica “date a Cesare quel che è di Cesare.”

Si racconta inoltre che nelle popolazioni ebree fosse abitudine cancellare i debiti regolarmente ogni sette anni quando tutti rimettevano i debiti nel nome di Dio Poi l’anno successivo a sette volte sette anni, ovvero il cinquantesimo anno, si svolgeva il Giubileo con una remissione di debiti di ancora più grandi dimensioni.

Per quelle stesse popolazioni anche l’anima doveva essere rimessa a Dio; l’uomo l’aveva in comodato d’uso fino alla fine dei suoi giorni e per questo credito iniziale era soggiogato ad un tipo di comportamento per tutto il resto della vita. I cristiani invece conservano la proprietà dell’anima anche dopo l’ultimo giorno terreno, senza obbligo di restituzione, ma con l’obbligo di rendicontazione delle attività.

Negli anni dei quali trattiamo, non era ancora stata messa in atto la divisione tra Potere Governativo, Potere Militare e Banca Centrale; quella divisione permette ora di tenere sotto scacco economico intere popolazioni anche dopo un eventuale cambio di governo; infatti è il Potere Governativo a definire il valore del denaro ed anche dopo la morte del Cesare di turno, il debito monetario resta inalterato nonostante l’immagine impressa sulle monete non sia più attuale.

Ma la liberazione sociale si effettua anche con la remissione del credito: “Ripigliati i tuoi soldi dei quali non so cosa farne e lasciami in pace!”

E’ in fondo quello che alcune popolazioni propongono quando vengono inviati alcuni aiuti umanitari non completamente necessari. “Smettetela di aiutarci, riprendetevi i vostri schemi di comportamento sociale quindi riprendetevi i vostri crediti”, è un grido lanciato da molti stati ma purtroppo ciò non avviene.

Penso, per concludere, che un po’ di anarchia su certi peccatucci sia, da una parte, ininfluente sul credito sociale e, dall’altra, veramente positiva per la liberazione dell’uomo.

Thursday, January 29, 2009

La setta pubblica

“Men, it has been well said, think in herds; it will be seen that they go mad in herds, while they only recover their senses slowly, and one by one.”
(Charles Mackay)
Seguendo questa bella inchiesta della ABC sulle condizioni della scuola pubblica in America – forse non così diverse da quelle della scuola italiana – pensare alle parole di John Taylor Gatto è stato praticamente automatico, e giungere alle sue stesse conclusioni praticamente obbligato. Lo scopo della scuola pubblica non è mai stato l'istruzione delle masse, il vero scopo è la formazione di fedeli seguaci di una setta di massa: il culto del Leviatano.
È stato in una tale inutile missione in aprile che mi sono fermato sul canale A&E abbastanza a lungo per sentire che era in programma un documentario sulle sette. Se l'avessi seguito, mi veniva promesso, avrei appreso i sei principi segreti delle sette, come asservire la mente umana oltre il suo potere di evasione, come imprigionare lo spirito, piegandolo alla disciplina della setta. [...]

In uno stato quasi sognante nel motel Howard Johnson di Norwich, New York, ho sentito che il primo modo per riconoscere una setta era che essa “mantiene le proprie vittime inconsapevoli.” ‘Ma come, questo è proprio quello che fanno le scuole istituzionali,’ mi sono detto; ho passato gli ultimi 10 anni della mia vita viaggiando un milione e mezzo di miglia per assistere a quel crimine universale che è l'istruzione forzata di cui ho fatto parte per oltre 30 anni di carriera da insegnante nella “scuola pubblica.”

Inoltre, la televisione continuava ad elencare, una setta controlla il tempo e l'ambiente delle proprie vittime (a questo punto mi mettevo seduto con la penna ed il quaderno per prendere appunti), genera paura e dipendenza, sopprime le vecchie abitudini, infonde nuove convinzioni e non permette la critica. ‘Ma, ma,’ ho sentito farfugliare la mia coscienza, ‘questa è la formula perfetta per una scuola governativa.’ La scuola è stata strutturata per essere un'espressione di disciplina settaria! La scuola è una setta, non diversa setta omicida di cui era membro la principessa la Grace quando concluse i suoi giorni sulla terra, o dai leggendari Thuggee nell'India britannica che adoravano Kali, la Distruttrice!

Wednesday, January 21, 2009

Thursday, January 1, 2009

Wednesday, October 22, 2008

L'indottrinamento funziona #2

Se gli strumenti dell'ingegneria sociale globalista, come abbiamo potuto vedere, sono forniti dagli stati nazionali in forma di finanziamenti e di strutture, resta da capire che tipo di società si vorrebbe plasmare. In questa ottica, assumono una particolare importanza opere come il “documentario” Zeitgeist/Addendum che, uscito adeguatamente mentre crollava Wall Street, si occupa di spiegare la questione monetaria.

E in effetti, l'analisi del sistema attuale è inizialmente piuttosto accurato, salvo scivolare rapidamente – passando per un elogio per i greenbacks di Lincoln – in una visione utopica di una società senza denaro eco-sostenibile i cui cittadini, chiaramente, dipenderebbero per il loro sostentamento da una gestione centralizzata delle risorse. In breve, una visione che raccoglie in sé tutti i presupposti della filosofia dell'IBO, dell'Earth Charter e dell'Unesco.

E non a caso il primo dei due film di Zeitgeist era dedicato allo “smascheramento” del cristianesimo come culto solare: l'eliminazione di tutto ciò che è tradizione essendo indispensabile per ottenere la tabula rasa su cui costruire il modello di nuova società. La religione più diffusa in occidente, quindi, non può che essere il primo obiettivo, e in effetti il professor Azim Nanji, direttore dell'Institute of Ismaili Studies, in un discorso all'Organizzazione Internazionale di Baccalaureato nel maggio 2003, in cui affermava che è necessario vedere le cose in più vasti termini rispetto alle nazioni-stato ed alla democrazia liberale occidentale, non mancava di precisare che quando la fede religiosa si trasforma in un veicolo per agende politiche e sociali, questo è un abuso della religione. (9)

Ma la contraddizione implicita di dichiarazioni come queste non dovrebbe passare inosservata. Abbracciando l'Earth Charter, infatti, l'IBO sta promuovendo palesemente un'agenda pseudo-religiosa/spiritualista, organica ad un concetto di cambiamento sociale internazionale intrecciato con aspirazioni globali di controllo e filosofie religiose terra-centriche e New Age, e a questo proposito non si può trascurare il ruolo che l'editrice Lucis Trust gioca all'interno dell'ONU. Scriveva la sua fondatrice l'occultista Alice Bailey:
La prova dello sviluppo dell'intelletto umano seguendo le linee ricettive necessarie [per la preparazione della nuova era] può essere veduta nella “pianificazione” di varie nazioni e negli sforzi delle Nazioni Unite per formulare un piano mondiale… Fin dall'inizio di questo sviluppo, tre fattori occulti hanno governato lo sviluppo di tutti questi piani. (10)
Lucis Trust è patrocinata tra l'altro da Robert McNamara, ex ministro della Difesa degli Stati Uniti, ex presidente della banca mondiale, membro della fondazione Rockefeller e da Thomas Watson (IBM, ex ambasciatore a Mosca). A sua volta Lucis Trust sponsorizza tra le altre le seguenti organizzazioni: l'ONU, Greenpeace, Amnesty Int. ed UNICEF.

La stessa Unesco promuove una versione semi-religiosa dell'educazione con il lavoro di un ex alto funzionario dell'ONU, Robert Muller. Nel 1989, Robert Muller ha ricevuto il premio per l'Educazione alla Pace dell'Unesco per il suo lavoro nell'elaborazione di un programma di studi mondiale. Frederico Mayor, l'allora Direttore Generale dell'Unesco, lo definì un “innovatore nell'educazione” ed
elogiò il suo libro New Genesis: Shaping a Global Spirituality, spiegando che “offre al mondo un modello per una nuova visione spirituale del destino umano.” Secondo questa “New Genesis,”
… l'umanità sta cercando niente di meno che la propria riunione con il “divino,” la propria trascendenza in forme sempre più alte di vita. Gli indù la chiamano la nostra terra Brahma, o Dio, perché non vedono giustamente differenza fra la nostra terra ed il divino. Questa semplice antica verità sta di nuovo sorgendo lentamente sull'umanità. La sua piena fioritura sarà la vera e grande nuova storia dell'umanità, poiché stiamo per entrare nella nostra era cosmica per trasformarci in ciò che siamo sempre stati destinati ad essere: il pianeta di Dio. (11)
Com'è prevedibile, il programma di studi di Muller segue questa vena New Genesis - New Age. In realtà, più che un vero programma di studi, quello di Muller è una vera e propria filosofia dell'educazione, ben radicata nei concetti New Age di deificazione dell'uomo e “spiritualità della terra.” Leggiamo ancora:
Dobbiamo gestire il nostro globo in modo da consentire al flusso infinito degli esseri umani ammessi al miracolo della vita di adempiere alle loro vite fisicamente, mentalmente, moralmente e spiritualmente come non è mai stato prima possibile in tutta la nostra evoluzione. L'educazione globale deve preparare i nostri bambini per la venuta… di un'era planetaria felice e indipendente. (12)
Cos'è questa “nuova era planetaria”? Ce la descrive Lucile Green, un'attivista per il governo mondiale e amica di Robert Muller, nel suo memoriale Journey To A Governed World:
Una visione olistica, di un mondo unico, sta emergendo dai viaggi nello spazio e da altri miracoli della tecnologia moderna e dalla comunicazione. Una nuova coscienza inoltre sta emergendo dalla crescente consapevolezza in occidente della saggezza della visione del mondo orientale. Il buddismo, l'induismo, il taoismo e lo scintoismo, anche se differiscono per molti aspetti, ritraggono il mondo come un ecosistema multidimensionale e organicamente correlato di cui l'uomo è una delle molte parti interdipendenti. Forse possiamo imparare attraverso il loro modo di vedere il mondo intero, come realmente è, e insieme – occidente ed oriente – cominciare insieme a costruire le fondamenta di un nuovo ordine mondiale.

La cosa più urgente nell'agenda planetaria è fissare i limiti della libertà e dell'ordine negli affari sovranazionali e globali. È necessaria una costituzione mondiale che unisca i successi di entrambi gli emisferi: cioè limitazioni costituzionali e una Dichiarazione dei Diritti dall'ovest e una visione del mondo più larga dall'est. (13)
Ed è così che si scopre l'inganno del multiculturalismo così abilmente propagandato e diffuso nell'occidente contemporaneo: lungi dall'essere una filosofia che allarga lo sguardo ad apprezzare la ricchezza delle differenti culture, è in realtà un sofisticato strumento di ingegneria sociale il cui fine è proprio l'annullamento di questa varietà da raggiungersi attraverso la fusione in un pensiero unico globale di tipo spiritualista, per un'umanità purgata da ogni pensiero dissidente (=“eretico”) la cui evoluzione verrà dichiarata conclusa nell'attimo stesso dell'instaurazione del governo mondiale.

In questa luce, il ritmo accelerato impresso dalla crisi economica agli accordi e consultazioni dei vari leader nazionali dovrebbe essere motivo di grande preoccupazione, ma non sorprende se, al contrario, le annunciate misure di maggior controllo economico a livello globale ricevono un vasto sostegno popolare: i nostri benefattori hanno seminato per tempo, ed ora si preparano a raccogliere i frutti.
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Note

9. "IIS Director Delivers 2003 Peterson Lecture," giugno 2003

10. Alice B. Bailey, Discipleship in the New Age (Lucis Press, 1955), Vol. II, p.35.

11. Robert Muller, New Genesis: Shaping a Global Spirituality (Anacortes, WA: World Happiness and Cooperation, 1982), p.49.

12. Ibid., p.8.

13. Lucile Green, Journey To A Governed World: Thru 50 Years in the Peace Movement (Berkeley, CA: 1991), pp.34-35.
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Link alla prima parte.

Monday, October 6, 2008

“I soldi sono niente”

Ma tu guarda – mentre da politici ed economisti continuano ad arrivare inviti a perseverare nella “fede” – se l'unica analisi economica sensata la devo ascoltare dal papa!

Ha detto infatti Benedetto XVI all'apertura del Sinodo generale dei vescovi:
“Vediamo adesso nel crollo delle grandi banche che i soldi scompaiono, sono niente, e tutte queste cose che sembrano vere in realtà sono di secondo ordine”
E ancora:
“chi costruisce la sua vita su questa realtà, sulla materia, sul successo, su tutto ciò che appare, costruisce sulla sabbia.”
Già che c'era poteva esser più preciso, ma in mezzo all'uragano di stronzate che ci sta travolgendo è già qualcosa. Quasi una risposta alle speranze del buon Gallazzi, che in tempi non sospetti scriveva:
Dopotutto, se i cardinali in conclave sono stati capaci di eleggere uno che è stato capace di denunciare la tirannia del relativismo, abbiamo la speranza che qualcuno di loro abbia l’inclinazione ad approfondire questioni monetarie… si tratta del VII comandamento, in ultima analisi, mica spiccioli!

Thursday, October 2, 2008

La base della fede

“Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali.”
(Costituzione Italiana, art. 75)
Il Consiglio di Stato ha deciso che chiedere il parere dei vicentini sull'ampliamento della base Usa del Dal Molin è inutile: del resto se “lo stato siamo noi,” e lo stato ha deciso che l'ampliamento è un “bene,” il noi che comprende i vicentini ha già espresso la sua preferenza. Sì, lo so, è un po' complicato all'apparenza, per questo è meglio affidarci alla superiore conoscenza degli eletti (= “coloro che hanno preso i voti”) e accettare il dogma con fede democratica.

La motivazione del Consiglio di Stato, che annulla il provvedimento del Tar che aveva detto no alla richiesta di fermare la consultazione popolare, è illuminante. L'ordinanza ha giudicato il referendum “illegittimo” perché avrebbe per oggetto un auspicio “irrealizzabile”: “non occorrono infatti sondaggi per accertare il fatto che i cittadini sono favorevoli ad aumentare il patrimonio del comune in cui vivono. Sarebbe come chiedere loro se sono favorevoli ad aumentare il loro patrimonio personale.”

Appunto, lo Stato ha deciso, ergo i vicentini hanno deciso, di conseguenza qual è lo scopo di chieder loro cosa desiderano? Lo Stato agisce sempre e solo in nome del Bene Comune, è un dogma che nessuno può mettere in discussione senza venir bollato come infedele, ovvero come oscuro agente delle forze del male il cui scopo è rovesciare l'ordine e la felicità portati dalla D-Emocrazia. In questa malsana categoria rischia di rientrare il sindaco di Vicenza Achille Variati, che ha dichiarato:
“Sono qui come atto di libertà e di lealtà alla mia città. Voglio parlare ai miei concittadini - ha dichiarato Variati - direttamente, in piazza, esercitando una volta di più quel diritto democratico e pacifico ad esprimere un punto di vista su materie decisive per il nostro futuro. Un diritto che le decisioni di Roma hanno cercato oggi, una volta di più, di negare. Chi ha bloccato la consultazione, non è neppure amico degli americani, che ora si trovano loro malgrado nella situazione peggiore. Quella di voler costruire una nuova base in una città umiliata e imbavagliata. Una città a cui è stato negato il diritto non di decidere, ma di poter esprimere il proprio parere. Questa consultazione, l'ho sempre detto, era l'unica strada per provare a sanare una situazione gravemente compromessa, incanalando in un'opzione democratica e di confronto civile le pesanti tensioni frutto di scelte non condivise e neppure spiegate con trasparenza alla popolazione. Chi spiegherà agli americani che ora la base dovrà essere imposta ad una comunità di cui non si sono volute ascoltare le ragioni?”
Qualcuno avverta Variati che rischia la scomunica: chi ha preso i voti dev'essere esempio di fede per i suoi fratelli meno illuminati, e il dio degli eserciti, D-Emocrazia, non è incline al perdono per chi si oppone alla costruzione delle sue chiese.

Wednesday, September 3, 2008

Stati e briganti

Due capitoli, il quarto e il sesto, dal Libro IV de La Città di Dio di Sant'Agostino. Un'opera di indubbio valore anche per i non credenti.
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Ingiustizia e violenza degli stati e dei briganti.

Se non è rispettata la giustizia, che cosa sono gli Stati se non delle grandi bande di ladri? Perché anche le bande dei briganti che cosa sono se non dei piccoli Stati? È pur sempre un gruppo di individui che è retto dal comando di un capo, è vincolato da un patto sociale e il bottino si divide secondo la legge della convenzione. Se la banda malvagia aumenta con l'aggiungersi di uomini perversi tanto che possiede territori, stabilisce residenze, occupa città, sottomette popoli, assume più apertamente il nome di Stato che gli è accordato ormai nella realtà dei fatti non dalla diminuzione dell'ambizione di possedere ma da una maggiore sicurezza nell'impunità. Con finezza e verità a un tempo rispose in questo senso ad Alessandro il Grande un pirata catturato. Il re gli chiese che idea gli era venuta in testa per infestare il mare. E quegli con franca spavalderia: “La stessa che a te per infestare il mondo intero; ma io sono considerato un pirata perché lo faccio con un piccolo naviglio, tu un condottiero perché lo fai con una grande flotta” 1.


L'imperialismo di Nino in Trogo e Giustino.

Giustino che, seguendo Trogo Pompeo, in latino come lui ma in compendio, scrisse una storia greca anzi universale, cominciò così il testo dei suoi libri: All'inizio della storia il governo dei popoli e delle nazioni era in mano ai re che non erano innalzati all'altezza della carica dalla tracotanza demagogica ma dalla saggia moderazione degli ottimati. I cittadini non erano regolati dalle leggi, era usanza difendere e non estendere i confini del dominio, gli Stati erano limitati ai gruppi tribali. Fu Nino re degli Assiri il primo a modificare per ambizione di dominio il vecchio costume per così dire ancestrale. Egli per primo fece guerra ai vicini e soggiogò fino ai confini della Libia i popoli ancora inesperti della difesa. E poco dopo soggiunge: Nino rassodò la grandezza del dominio che aveva cercato con le nuove conquiste. Domati dunque i più vicini, passando agli altri perché reso più potente con l'aggiunta di nuove forze ed essendo ogni vittoria un mezzo per la successiva, assoggettò i popoli di tutto l'Oriente 2. Non so con quale fedeltà ai fatti abbiano scritto Giustino o anche Trogo. Alcuni documenti più autentici dimostrano che non erano ben informati. Tuttavia è ammesso da tutti gli altri scrittori che il regno degli Assiri fu ampiamente esteso dal re Nino 3. E durò tanto a lungo che l'impero romano non ha ancora raggiunto quell'età. Infatti, come scrivono gli studiosi di cronologia, dall'anno primo del regno di Nino, prima di passare ai Medi, durò milleduecentoquaranta anni 4. Muovere guerra ai vicini, continuare con altre guerre, sconfiggere e assoggettare per semplice ambizione di dominio popoli che non davano molestia, che altro si deve considerare se non un grande atto di brigantaggio?
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Note

1 - Cf. Cicerone, De rep. 3, 14, 24.

2 - T. Pompeo Trogo - M. Giuniano Giustino, Hist. Philipp. 1, 1, 1-5. 8.

3 - Cf. Diodoro Siculo, Bibl. 2, 12; Lucio Ampelio, Lib. mem. 11, 2.

4 - Eusebio di Cesarea - Girolamo, Chronic. 2; Orosio, Hist. 7, 2, 15.

Saturday, May 31, 2008

Corti Sconci detti Arcani

Vi devo avvertire: i recenti sconvolgimenti geofisici degli ultimi tempi hanno intrappolato l'isola di Laputa in una zona dell'atmosfera particolarmente carica elettromagneticamente, infatti il dispaccio telepatico di questa settimana pare provenga dal limite delle cose umane. Non oso immaginare dove possa trovarsi in questo momento il Pesce volante con la sua capsula temporale! Spero che non si spinga troppo lontano dal Centro di Igiene Mentale di Laputa.

Una lettura interessante e soprattutto, elettrizzante. Pare quasi di respirare l'aria rarefatta ed energizzata della ionosfera terrestre.

Da parte mia il consueto augurio di un buon fine settimana per tutti, e un brindisi con un antico cocktail, il rakì me meli. Ovvero, un’acquavite aromatizzata all'anice, e miele.
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Di Giovanni Pesce

Eravamo fermi, l’altra settimana, al momento della scrittura dei Dieci Comandamenti, un piccolo passo per Mosè ma un grande passo per l’Umanità, ed ora ripartiamo e affrontiamo l’annoso problema delle due Arche dell’Antico Testamento.,

La prima, l’arca di Noè, era in pratica un grosso barcone dove vennero radunate molte coppie di animali che, per loro massima sfiga, alla fine dell’operazione “Save & Kill” vennero uccisi in sacrificio in onore del Padreterno.

L’altra arca, detta dell’Alleanza, era invece conosciuta come il deposito ufficiale delle Tavole della Legge; nei circoli cospirazionisti si è messo in evidenza come quest’arca somigliasse in realtà ad un grosso condensatore elettrico, infatti aveva due punte (le ali di due cherubini) molto vicine tra di loro e queste punte non si toccavano esattamente come l’anodo ed il catodo di una batteria di condensatori. Come altra caratteristica elettrica l’arca produceva dei fulmini e delle saette; come una bottiglia di Leida.

Aveva un esterno in legno di acacia, molto isolante dal punto di vista elettrico.

Aveva un’anima interna in oro, ottimo conduttore elettrico.

Aveva due manici di legno e non doveva mai essere poggiata a terra, per evitare di scaricare a terra il proprio potenziale elettrico.

Ma come era possibile immagazzinare energia elettrica nei tempi remoti quando ancora non era stata fondata l’ENEL SpA? Un’ipotesi che è stata presentata nella riunione mensile del dopolavoro “ Elettrici di Laputa” si basa sull’uso di obelischi.

Alcuni proponevano l’uso di obelischi come antenne per catturare la differenza di potenziale elettrico tra la terra e la punta, l’altra teoria presentata, molto più semplicemente, prevedeva l’uso di obelischi come acchiappa-fulmini.

I fulmini, infatti, per cortocircuitare “Tra Cielo e Terra”, prediligono le punte e vengono attirati dagli obelischi come se fossero dei parafulmini; con qualche accorgimento tecnico è ipotizzabile che un po’ di energia elettrica restasse intrappolata in un eventuale condensatore posizionato alla base dell’obelisco stesso.

A conforto di questa ipotesi di studio sono state presentate delle diapositive con tutti gli obelischi egizi e tutti quelli etiopici di Axum. L’Arca dell’Alleanza sarebbe stata trasferita ad Axum in Etiopia, sull’altopiano alla fonte del Nilo Azzurro, zona soggetta a fenomeni temporaleschi, e possiamo osservare come ad Axum siano stati eretti moltissimi obelischi, dei quali uno (la stele di Axum) ha fatto parte per anni del paesaggio romano.

Anche i romani ricordano come spesso la stele di Axum sia stata oggetto di colpi di fulmine; se, nei secoli passati, anni un buon elettricista romano fosse stato in grado di immagazzinare l’energia elettrica, si sarebbe fatta una buona posizione economica, rivendendo l’energia elettrica un poco a poco imbonendo il pubblico con spettacoli di illusionismo.

In quegli anni, fu, comunque, coniato l’anatema “Che Dio ti Fulmini!”, che fu lo slogan principale dei seguaci della Strategia della Tensione.

Era un Venerdi 13 della 380 a.c. dell’era Trifasica.

Sunday, May 25, 2008

I Dieci Comandamenti

Arriva questa settimana il dispaccio telepatico dall'isola volante, dedicato per una volta ad un argomento prettamente religioso, adeguato per la lettura domenicale. Molto curiose le dicerie, riportate dal nostro affezionato inviato, che circolano in quel di Laputa a proposito delle antiche regole che Dio avrebbe dettato a Mosè.

Da parte mia posso soltanto notare che se nemmeno su dieci leggi l'umanità è riuscita a mettersi d'accordo, la prossima volta sarà meglio limitarsi all'essenziale.


Per accompagnare la lettura consiglio, ovviamente, un bicchierino di vinsanto, da assaporare lentamente e con gratitudine. Una buona – e santa – domenica a tutti.
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Di Giovanni Pesce


Non avrei mai pensato che anche sui Dieci Comandamenti fosse stata organizzata dal grande mainstream un’opera di disinformazione e di adattamento alle contingenze.

La gran parte della popolazione mondiale pensa che i Dieci Comandamenti siano stati scritti da Cecil B. DeMille direttamente ad Hollywood, mentre i ricercatori “standard” delle verità nascoste hanno individuato nei libri sacri la fonte di tali “suggerimenti”.

Ormai sappiamo che alcuni tra i più noti ricercatori si sono fermati alle prime osterie contentandosi delle spiegazioni del catechismo; altri invece hanno persino letto i testamenti, l’Antico ed il Nuovo con risultati sconvolgenti.
All’apice dei ricercatori troviamo alcuni studiosi che hanno cercato la verità sui Comandamenti su Wikipedia, un antico testo in uso nei paesi che ancora usano Internet per comunicare.

Ebbene all’ultimo congresso di Decalogia Applicata si è discusso animatamente sul “taroccamento” storico del Decalogo.

Infatti, già nell’Antico Testamento, ne esistono più versioni e quella che viene fatta imparare ai bimbi è solo una versione alterata delle versioni precedenti.
Il punto che genera i maggiori sospetti è il divieto di adorare immagini presente nelle versioni antiche, divieto che,con il passar del tempo, “misteriosamente” scompare nelle versioni moderne che hanno fatto dell’arte sacra un punto di forza del loro credo religioso.

Da il libro dell’Esodo 20.
1. Io sono il Signore, tuo Dio,

2. Non avrai altri dio all'infuori di me.

3. Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra.

4. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai. Perché io, il Signore, sono il tuo Dio, un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano,

5. ma che dimostra il suo favore fino a mille generazioni, per quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti.

6. Non pronunzierai invano il nome del Signore, tuo Dio, perché il Signore non lascerà impunito chi pronuncia il suo nome invano.

7. Ricordati del giorno di sabato per santificarlo:

8. sei giorni faticherai e farai ogni tuo lavoro;

9. ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: tu non farai alcun lavoro, né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo schiavo, né la tua schiava, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te.

10. Perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi, ma si è riposato il giorno settimo. Perciò il Signore ha benedetto il giorno di sabato e lo ha dichiarato sacro.

11. Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che ti dà il Signore, tuo Dio.

12. Non uccidere.

13. Non commettere adulterio.

14. Non rubare.

15. Non pronunciare falsa testimonianza contro il tuo prossimo.

16. Non desiderare la casa del tuo prossimo.

17. Non desiderare la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo, né la sua schiava, né il suo bue, né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo
Qui a Laputa si propende per la classica versione “NO Commandaments” che propone una serie di semplici regole di vita condensate nella frase” Pregate, il Padreterno o Laputiani, affinché il vostro governatore non sia troppo dipendente anche dalle banche d’affari, per il resto fate quello che vi pare senza troppo casino”.

Il problema potrebbe sorgere nel caso in cui il governatore venga scelto dal NWO tra i dipendenti di certi istituti bancari internazionali; in una tale contingenza le teorie economiche verranno riscritte dai nuovi padroni con buona pace di tutti.

E che Dio ve la mandi buona.

Wednesday, April 9, 2008

Un clima di cambiamento

“More science and more technology are not goint to get us out of the present ecological crises untill we find a new religion, or rethink our old one.”
(Lynn White, Jr., The Historical Roots of Our Ecological Crisis)
La BBC è stata pescata a modificare un suo articolo a seguito delle rimostranze che “un'attivista,” tale Jo Abbess, ha espresso in uno scambio di mail con l'autore del pezzo Roger Harrabin, mail tra l'altro in cui l'attivista non si spreca a fornire neppure un link o un riferimento qualsiasi a supporto delle sue tesi. L'argomentazione più pregnante è un avvertimento: “potresti apparire in una luce sfavorevole perché si potrebbe dire che hai preso le parti degli scettici.”

Questo è bastato a far sì che l'articolo, che segnalava come dal 1998 il riscaldamento globale si fosse arrestato – nemmeno nuova come notizia, peraltro – venisse modificato pesantemente, a partire dal titolo. Ad esempio, la frase “questo significa che le temperature globali non sono aumentate dal 1998, spingendo alcuni a dubitare della teoria sul cambiamento climatico” presente nella prima versione, è stata eliminata completamente.

Ecco le due versioni, prima della cura:


(Qui ingrandita)

E dopo la cura:


(Qui ingrandita)


In altre parole, se il clima non cambia in accordo con le aspettative della lobby ambientalista, si possono ben cambiare le notizie sul clima. In fondo quel che conta è cambiare la società.

Friday, April 4, 2008

Il mito del giusto prezzo #5

Conclusione

Il laissez-faire è naturale, morale e biblico.

In un'economia di mercato i popoli si scambiano beni a loro reciproco vantaggio. In uno scambio ogni parte valuta ciò che riceve più di ciò che dà in cambio. Entrambe le parti stanno meglio dopo uno scambio rispetto a prima di esso. In un mercato libero, i fornitori competono con i fornitori ed i compratori competono con i compratori. I fornitori non competono con i compratori. Gli unici scambi che provocano vincitori e perdenti sono gli scambi di regali di Natale fra genitori e bambini. Ma persino quella è una perdita volontaria. La concorrenza fra i fornitori per il commercio riduce i prezzi, a vantaggio del consumatore, mentre l'offerta dei consumatori uno contro l'altro per assicurarsi i beni aumenta i prezzi, a vantaggio del fornitore. Il mercato libero permette che fornitori (che desiderano naturalmente il prezzo più elevato possibile per le loro merci) e consumatori (che desiderano acquistare quelle merci al prezzo più basso possibile) s'incontrino in armonia.[123]

Non esiste qualcosa come il fallimento del mercato. Perché la gente pensa che sia ridicolo affermare che il mercato ha fallito per non essere riuscito a fornire ad ogni americano una nuova Cadillac ogni anno, ma non che sia ugualmente irragionevole dire che il mercato ha fallito per non essere riuscito a fornire a tutti un'assicurazione sanitaria sufficiente? Il mercato libero facilita lo scambio, promuove l'efficienza, fornisce incentivi per la produttività, non richiede la supervisione del governo ed è perfettamente compatibile con la cristianità biblica. Il libero scambio è uno scambio giusto. Il libero scambio è commercio giusto. Il giusto prezzo è il prezzo su cui ci si è accordati liberamente.

L'unico problema con il libero mercato negli Stati Uniti è che non è libero. L'intervento di governo non solo è la regola piuttosto che l'eccezione, ma persino dei sedicenti difensori del libero mercato richiedono regolarmente più supervisione dal governo, come l'ex editorialista capo al Wall Street Journal, che ha rilasciato queste due dichiarazioni difendendo la moralità del mercato:
“In teoria possiamo pensare a molti modi con cui tenere a freno i mercati legittimi.” [124]

“La regolazione e l'intervento del governo possono essere necessari in molte parti delle nostre vite.” [125]
Con difensori del libero mercato come questo, chi ha bisogno dei nemici?

L'interferenza del governo nel mercato non può rendere il mercato più competitivo; può soltanto distorcere il mercato. I tentativi dei governi di regolare i mercati hanno sempre conseguenze non intenzionali che sono spesso peggiori dei problemi che tali regolazioni volevano curare. Anche se stava scrivendo contro gli interventi del governo all'estero, quel che Arthur Silber ha detto si applica anche ai suoi interventi economici. In effetti, sembra proprio di sentire Mises:
L'intervento conduce sempre a maggior intervento: il primo intervento conduce a conseguenze impreviste ed incontrollabili, che sono quindi usate come giustificazione per altri interventi. Tali interventi a loro volta conducono a conseguenze ancora più impreviste e più incontrollabili, che a quel punto sono usate per ancora un'altra giustificazione per ulteriori interventi. Il processo può andare avanti indefinitamente e le ultime conseguenze sono sempre disastrose all'estremo. [126]
Il nostro grido non è avidità, profitto, o materialismo: è semplicemente laissez-faire. Tutto ciò che desideriamo è che il governo rimanga fuori dal mercato. Non abbiamo bisogno di uno stato-bambinaia come non abbiamo bisogno di uno stato onnipotente. Non abbiamo bisogno delle vostre leggi sull'usura. Non abbiamo bisogno delle vostre leggi commerciali. Non abbiamo bisogno delle vostre leggi sul lavoro. Non abbiamo bisogno delle vostre leggi antitrust. Non abbiamo bisogno dei vostri controlli dei prezzi. Non abbiamo bisogno delle vostre regolazioni. Non abbiamo bisogno dei vostri piani di ridistribuzione di ricchezza. E certamente non abbiamo bisogno di alcun economista cristiano che difenda una qualsiasi di queste cose come se avessero una qualche base biblica. I miti economici sono duri a morire e in particolar modo il mito del giusto prezzo. Grande è l'ignoranza economica, e si estende ai livelli più alti della società – guardate soltanto al recente raccolto di candidati presidenziali e all'ultimo pacchetto di stimolo economico del Congresso. Nella tradizione di Mises e dell'omonimo istituto dobbiamo continuare il nostro lavoro di formazione economica.
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Note

[123] Per questo paragrafo, ho seguito molto attentamente Stephen C. Perks, The Political Economy of a Free Society (Taunton, UK: Kuyper Foundation, 2001), 51.
[124] Rebecca M. Blank e William McGurn, Is the Market Moral? A Dialogue on Religion, Economics & Justice (Washington DC: Brookings Institution Press, 2004), 84.
[125] Ibid., 82.
[126] Arthur Silber, “Walking into the Iran Trap, II: The Folly of Intervention.”
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Link all'articolo originale.


Prima parte: Il mito del giusto prezzo.
Seconda parte: Il concetto biblico del giusto.
Terza parte: Interventismo
Quarta parte: L'argomento biblico per il laissez faire

Il mito del giusto prezzo #4

L'argomento biblico per il laissez faire

Ci sono due ragioni per le quali devo presentare l'argomento biblico per il laissez-faire. Il primo l'ho già accennato: l'autorità per il cristiano sono le Scritture, non una scuola particolare di economia. Il secondo è un motivo molto doloroso: le opinioni economiche del tipico economista cristiano sono analoghe a quelle di Karl Marx e di John Maynard Keynes.

La disparità della ricchezza è un problema particolare per tutti e tre gli individui. Questo è Marx nel suo Das Kapital:
Nella proporzione in cui il capitale si accumula, la parte del lavoratore, che la sua paga sia alta o bassa, deve peggiorare.... L'accumulazione della ricchezza ad un polo è allo stesso tempo accumulazione di miseria, di agonia del lavoro, di schiavitù, di ignoranza, di brutalità, di degradazione mentale al polo opposto. [47]
Questo è Keynes nella sua Teoria Generale:
Gli eccezionali difetti della società economica in cui viviamo sono la sua incapacità di fornire la piena occupazione e la sua distribuzione iniqua ed arbitraria di ricchezza e guadagni. [48]
Ma questo è Robert L. White, un cristiano, in Biblical Economics: Economic Myths versus Biblical Values, pubblicato appena un paio di anni fa:
Il funzionamento dell'economia di mercato durante gli ultimi 20 anni ha provocato crescenti diseguaglianze, persistente povertà, disoccupazione cronica e più persone senza assicurazione sanitaria. [49]

Queste crescenti diseguaglianze vanno “molto oltre quello che potrebbe essere considerato equo e giusto secondo gli standard storici.” [50]
White ha lauree in economia e teologia ed ha lavorato sia come pastore che come economista. Era in effetti uno di quegli 4.800 economisti governativi a cui ho accennato precedentemente. Spero che il vangelo che White predica fosse più biblico delle sue dichiarazioni economiche. Ecco un po'di più di economia “biblica” di White:
Se alcuni hanno troppo ed altri hanno troppo poco, la risposta dalla Bibbia è che nessuno dovrebbe avere troppo e nessuno dovrebbe avere troppo poco. Tutti dovrebbero avere abbastanza. [51]

C'è abbastanza per tutti a condizione che ciascuno di noi prenda soltanto quello di cui ha bisogno. [52]

Il concetto dell'imparzialità è che la gente è obbligata a restituire in proporzione a quanto ha ricevuto. [53]

La giustizia sociale richiede che una società giusta sia caratterizzata da un miglioramento continuo nelle prospettive dei meno avvantaggiati. [54]

Non c'è motivo teorico o empirico per attendersi che tutti gli obiettivi economici della società vengano raggiunti sistematicamente dal mercato. In altre parole non si può assumere che la giustizia, l'equità e l'imparzialità accadano automaticamente e quindi devono essere fini ed obiettivi intenzionali nel reame delle politiche pubbliche. [55]
Secondo White, l'economia del libero mercato è un “idolo.” [56] C'è una guerra culturale “fra la prevalente ideologia del ‘libero mercato’ e i valori biblici.” [57] L'odierna “ideologia economica prevalente” promuove “l'avidità ed il consumismo al di sopra del bene comune.” [58] La lezione che si suppone dobbiamo ricevere da Gesù che nutre le moltitudini è che “se il pane è spezzato e diviso, ce ne sarà abbastanza per tutti.” [59] Poiché crede che "i ricchi stiano diventando più ricchi ed i poveri più poveri,” [60] White deplora le riduzioni della tasse. [61] Denigra giustamente l'aumento della spesa della difesa, ma soltanto perché distoglie i finanziamenti dai programmi sociali. [62] Apprezza la sanità nazionalizzata e l'ambientalismo. [63] È inoltre molto interessato dal riscaldamento globale e dalle emissioni di gas serra. [64] in breve, rifiuta il “laissez faire” in favore dell'intervento di governo.

White, naturalmente, non è solo. Quando il noto economista cristiano Donald Hay propose otto principi biblici concernenti la vita economica contemporanea, non soltanto escluse specificamente i diritti di proprietà privata, [65] ma dichiarò anche che “il governo non dovrebbe esitare ad usare i meccanismi tradizionali di tassa e trasferimento per assicurare che chi non ha i mezzi per soddisfare i bisogni basilari di vita ne sia dotato.” [66 ] Ma White è tipico. La sua trinità è lo stato, la terra e la giustizia sociale. È uno statalista fino in fondo.

Contrariamente a White, credo che il vero spirito del Nuovo Testamento sia lo stesso del laissez faire.

Dal laissez faire non intendo l'intervento del governo – nessun protezionismo, nessuna assegnazione di privilegi, nessuna ridistribuzione di ricchezza, nessun programma contro la povertà, nessun programma di disoccupazione, nessuna sovvenzione, nessun controllo dei prezzi, nessuna regolazione, nessuna legge antitrust, nessuna legislazione del lavoro, nessuna pianificazione centrale, nessuno stato-bambinaia.

Quindi, un sistema economico laissez faire comprende i mercati liberi, il sistema libero dei prezzi, il libero scambio, l'attività imprenditoriale, la sovranità del consumatore, la carità privata, la proprietà privata dei mezzi di produzione privati, la proprietà privata, i beni privati, l'iniziativa privata, l'innovazione privata, la libertà di contratto, la libertà di scelta, la responsabilità individuale, così come il rischio della perdita ed la possibilità del fallimento. E come Rothbard spiega: “la dottrina del libero-mercato o laissez faire non presuppone che tutti sappiano sempre cos'è meglio per il proprio interesse; asserisce piuttosto che tutti dovrebbero avere il diritto di essere liberi di perseguire il proprio interesse come meglio credono.” [67]

È soltanto naturale che gli uomini abbiano la libertà di essere lasciati da soli e di fare quello che vogliono con il loro. Gli statalisti cristiani come Robert White non possono né stabilire né confermare la loro posizione dal Nuovo Testamento senza leggere la loro concezione di giustizia sociale nella bibbia, applicando gli ammonimenti che il governo dà agli individui e leggendo opacamente le Scritture attraverso le lenti dell'interventista.

Ricchezza

In primo luogo, dobbiamo riesaminare l'argomento della ricchezza nella Bibbia. Sappiamo che ci sono alcune cose negative dette nelle Scritture sulla ricchezza e sugli uomini ricchi. Ci viene detto nel Libro dei Proverbi di che "i ricchi non fanno profitto nel giorno dell'odio: ma la rettitudine gli sarà consegnata dalla morte.” [68] Leggiamo nel libro di Luca dell'uomo ricco nell'inferno, [69] l'uomo ricco che costruì granai più grandi per accumulare un tesoro per sé, [70] e degli uomini ricchi che hanno fatto affidamento soltanto nella loro ricchezza. [71]

Ma non è la ricchezza per se ad essere denigrata nella Bibbia. Piuttosto, è il confidare nella ricchezza, vantarsi della ricchezza, desiderare la ricchezza, o ottenere illegalmente la ricchezza. Alcuni dei più grandi uomini nel Vecchio Testamento erano anche alcuni dei più ricchi. Gli uomini apprezzano Abramo, Giobbe, Davide, Giosafatte, Ezechiele e, naturalmente, re Salomone, che, perché benedetto da Dio, “sorpassò tutti i re della terra in ricchezza ed in saggezza.” [72] Nel Nuovo Testamento, l'uomo che ricevette il corpo di Gesù da Pilato e che propriamente lo seppellì nella “sua nuova tomba” [73] era un uomo ricco, Giuseppe di Arimatea. [74]

Il Nuovo Testamento ammonisce il ricco, non perché diventi povero, ma perché non sia presuntuoso, né abbia fiducia nell'incerta ricchezza, ma nel Dio vivente, che dà a noi in abbondanza tutte le cose da godere; che faccia il bene, che sia ricco di opere buone, pronto a distribuire, desideroso di comunicare.” [75] E contrariamente a Marx ed alla tassa di proprietà del governo degli Stati Uniti, i genitori devono risparmiare per i loro bambini, [76] e “un uomo buono lascia un'eredità ai suoi figli.” [77] Non è il denaro in sé ma l'amore di soldi ad essere diffamato nel Nuovo Testamento.

Come Rothbard ha riconosciuto: “Violente denunce contro l'eccessivo amore per il denaro non implica necessariamente l'ostilità al commercio o alla ricchezza." [78]

Grazie a Dio per gli uomini ricchi che usano saggiamente i loro soldi. Molti ministri cristiani sono stati finanziati da individui ricchi, come l'istituto Mises. Nel Nuovo Testamento non c'è imperativo o implicazione per lo stato o per un qualsiasi individuo di dedicarsi alla ridistribuzione della ricchezza.

Povertà

Secondariamente, dobbiamo allo stesso modo rivisitare l'argomento della povertà. Trascurare o opprimere il povero è grandemente diprezzato nella Bibbia. Leggiamo nei Proverbi:
Colui che disprezza il suo vicino pecca: ma chi ha pietà del povero, è felice. [79]

Colui che opprime il povero addolora il suo creatore: ma colui che l'onora ha pietà del povero. [80]
Tuttavia, l'idea che gli individui, e tanto più lo stato, dovrebbero cercare di sradicare la povertà non è mai presentata nel vecchio o nuovo Testamento.

Dio ha detto al popolo d'Israele nel libro del Deuteronomio: “poiché il povero non sparirà mai dalla terra: quindi vi ordino, aprite le vostre braccia al vostro fratello, al povero ed a chi è nel bisogno, sulla terra.” [81]

C'è una dichiarazione simile sui poveri nel Nuovo Testamento. Mentre Gesù era nella città di Betania prima della sua crocifissione, una donna unse la sua testa con un certo costoso unguento. Quando alcuni dei suoi discepoli si indignarono perché ritenevano che l'unguento avrebbe potuto esser venduto e dato al povero invece di essere sprecato, il Signore non fu d'accordo e disse che la donna aveva “compiuto un'opera buona.” [82] Ma poi aggiunse: "i poveri infatti li avete sempre con voi e potete beneficarli quando volete, me invece non mi avete sempre.” [83] Da questo possiamo trarre due conclusioni.

La prima è che ci sono alcune cose più importanti dell'aiuto ai poveri. Cristo non è venuto per sradicare la povertà. Avere pietà del povero non è un biglietto per il cielo. Potrebbe esserlo per essere un senatore democratico di successo, ma non vi riserverà un bel posto nell'altro mondo. I cristiani nel Nuovo Testamento vengono ammoniti a compiere altre buone azioni oltre a provvedere ai poveri. Queste responsabilità cristiane includono il sostegno alle vedove, [84] amare il proprio vicino come se stessi, [85] fare del bene a tutti gli uomini, ma particolarmente ai cristiani, [86] contribuire alle necessità dei santi, [87] essere ospitali, [88] sorvegliare le cose degli altri, [89] soddisfarsi con il cibo e i vestiti, [90] e mantenere dei buoni impieghi. [91] È l'individuo cristiano che deve realizzare volontariamente queste opere caritatevoli, non un certo stato-bambinaia che si finge onnisciente. Un cristiano che non riesce ad adempiere alle sue responsabilità ne risponde a Dio, non allo stato e non a qualunque altro cristiano. La Bibbia insegna che “è più benedetto il dare del ricevere,” [92] ma insegna anche la libertà e la responsabilità individuale.

La seconda cosa è che il sollievo per il povero è volontario. I cristiani nel Nuovo Testamento vengono avvisati di “ricordarsi del povero,” [93] proprio mentre sono istruiti di fare molti altri buoni atti. L'apostolo Paolo scrive che i cristiani in Macedonia prepararono “un certo contributo per i poveri santi che sono a Gerusalemme.” [94] Ma cosa potrebbe essere meno cristiano del non provvedere ai bisogni del povero di tasca vostra, mentre incitate il governo a raccogliere il denaro dal vostro vicino con la forza per darlo al povero dopo essere stato filtrato attraverso il vasto labirinto burocratico del governo federale?

Il mercante

Un altro soggetto da esaminare è la natura del mercante. In contrasto con il sospetto ingiustificato dei mercanti che troviamo attraverso la storia, incluso fra alcuni settori della cristianità, la Bibbia da nessuna parte condanna l'attività mercantile come azione o professione. Addirittura una donna virtuosa è paragonata alle navi mercantili che portano cibo da molto lontano. [95] Il Padre della Chiesa Agostino non soltanto precisò correttamente che i mercanti “prestano un servizio benefico trasportando le merci per grandi distanze e vendendole al consumatore,” ma anche che la frode e la truffa non sono endemiche al commercio. Dopo tutto, “anche i calzolai ed i coltivatori sono capaci di mentire e di spergiurare.” [96]

I cristiani, naturalmente, non devono mentire, truffare, o rubare alcuna delle loro transazioni commerciali. [97] Essi devono camminare onestamente tra i non credenti, [98 ] e agire onestamente al cospetto di tutti gli uomini. [99] Ancora, gli viene ordinato di non essere accidiosi negli affari. [100] È vero che coloro che dissero “oggi o domani entreremo nella tal città e rimarremo là un anno e compreremo e venderemo ed otterremo guadagno” [101] sono stati condannati, ma questo soltanto perché si vantavano e non aggiunsero: “se è la volontà del Signore, noi vivremo e faremo questo o quello.” [102] Gesù loda l'ottenere guadagno per mezzo del commercio nelle sue parabole dei talenti e delle reti. [103] Sì, Cristo ha cacciato i cambiavalute dal tempio con le parole: “non fate della casa di mio padre un mercato,” [104 ] ma solo una testa di legno potrebbe dedurne che fosse contrario ad un mercato genuino.

L'avversione storica a chi presta denaro non è certamente derivata dal Nuovo Testamento. All'usura si accenna soltanto due volte ed in un senso favorevole. [105] Questo, naturalmente, non nega il principio trovato nei Proverbi che “il debitore è servo del creditore.” [106] Poiché coloro che sostengono un certo tipo di intervento in una transazione per accertarsi che il compratore riceva un giusto prezzo coinvolgono solitamente il venditore in qualche modo, ho pensato a questo proverbio di Salomone piuttosto interessante che menziona un sagace compratore: “è insignificante, è insignificante, disse il compratore, ma quando se ne fu andato per la sua strada, allora egli si vantò." [107]

L'occupazione

L'occupazione nella Bibbia è basata sul diritto del libero contratto.

Nella parabola della vigna, un proprietario terriero contratta con alcuni lavoratori alla mattina presto per il lavoro del giorno, quindi con un altro gruppo più tardi la mattina ed quindi con altri due gruppi in momenti diversi nel pomeriggio. Per concludere, quando c'è solo più un'ora restante nella giornata, il proprietario terriero contratta con un quinto gruppo. Al finire del giorno, quando era tempo di ricevere la paga, a tutti i lavoratori venne pagato lo stesso importo. Il primo gruppo dei lavoratori allora mormorò perché, anche se avevano acconsentito ad un determinato stipendio, la mano d'opera dell'undicesima ora aveva ricevuto la stessa somma.

Ma quale fu la risposta del proprietario al primo gruppo? La Bibbia ci dice che che “egli rispose ad uno di loro e gli disse, amico, io faccia a te nessun torto: non ti sei forse accordato con me per un penny? Prendilo e vai per la tua strada: darò a questi ultimi, proprio quanto ho dato a te. Non è legale che io faccia ciò che voglio con le mie proprietà? È il tuo occhio cattivo, perché io sono buono?” [108]

Suppongo che il primo gruppo di lavoratori potrebbe formare un sindacato e scioperare per stipendi più alti. Anche se non c'è niente di male nella contrattazione collettiva di per sé, in un reale libero mercato e senza protezioni di governo per i sindacati, i datori di lavoro potrebbero licenziare liberamente gli impiegati che si rifiutano di lavorare. Potrebbe non essere nel loro interesse farlo, ma non c'è ragione per cui non dovrebbero avere quell'opzione.

Disoccupazione

La soluzione biblica al problema della disoccupazione è semplice: il lavoro. Se un uomo non lavorerà allora non dovrebbe mangiare. [109] Se un uomo non provvede alla propria casa allora deve essere considerato come peggiore di un infedele. [110] Ma un uomo deve anche lavorare per dare a chi è nel bisogno. [111]

Ciò non dovrebbe, tuttavia, essere confuso con il dictum marxista che molti americani pensano compaia nella Costituzione: “da ciascuno secondo la sua abilità, a ciascuno secondo il suo bisogno.” Marx, o chiunque dal quale abbia rubato il precetto, ha preso la sua idea dagli Atti degli Apostoli nel Nuovo Testamento. Lì leggiamo che i primi cristiani, a causa di una carestia imminente, “ogni uomo secondo la sua abilità, decisero di mandare soccorso ai fratelli che abitavano in Giudea.” [112] Leggiamo inoltre che i primi cristiani a Gerusalemme “avevano tutte le cose in comune,” [113] e vendettero case e terre, e distribuirono i soldi “ad ogni uomo secondo il suo bisogno.” [114]

Soltanto qualcuno ignaro di cosa sia il comunismo farebbe l'errore di identificare queste azioni con la proprietà statale dei mezzi di produzione. Come Mises ha scritto su questo in Socialismo: “è un comunismo delle merci di consumo, non dei mezzi di produzione, una comunità di consumatori, non di produttori.” [115]

Marx fu molto selettivo con le sue Scritture, perché nella parabola dei talenti, i talenti sono dati “ad ogni uomo secondo le sue molte abilità.” [116] Non c'è inoltre evidenza che questo grado radicale della carità cristiana sia mai stato esercitato al di fuori di Gerusalemme o dovesse servire da modello per le chiese future. Ed inoltre, questa è la carità, non il comunismo e come tale era puramente volontaria. Chiedete a qualcuno nell'Unione Sovietica se poteva lasciare il sistema.

Due casi specifici sono registrati che chiariscono questo. Barnaba ha venduto una certa terra ed ha dato i soldi che ha ricevuto agli apostoli. [117] Anania fece lo stesso, ma mentì su quanto ricevette dalla vendita e “tenne per sé parte del prezzo.” [118] Successivamente venne rimproverato dagli apostoli e punito da Dio. Ciò che dovremmo notare, tuttavia, è che gli fu detto: “Se questo restava invenduto, non restava tuo? E una volta venduto, non ne era il prezzo in tuo potere?” [119 ] Il diritto della proprietà privata ed il controllo della proprietà reale o personale è sia assoluto che biblico. Un uomo che pianta una vigna ha diritto alla frutta che produce. [120] Un uomo che nutre una mandria ha diritto al latte che dà. [121] Un agricoltore è autorizzato ad essere il primo a godere dei suoi frutti. [122]
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Note

[47] Karl Marx, Capital: A Critique of Political Economy, trad. da Samuel Moore, et al. (New York: Modern Library, 1906), 708-709.
[48] John Maynard Keynes, Teoria generale dell'occupazione, dell'interesse e della moneta (New York: Harcourt, sostegno e Co., 1935), 372.
[49] Robert L. White, Biblical Economics: Economic Myths versus Biblical Values (Lanham: University Press of America, 2006), 10.
[50] Ibid., 29.
[51] Ibid., 32.
[52] Ibid., 31.
[53] Ibid., 35.
[54] Ibid., 10.
[55] Ibid.
[56] Ibid., 1.
[57] Ibid., 53.
[58] Ibid., v.
[59] Ibid., 33.
[60] Ibid., 28.
[61] Ibid.
[62] Ibid.
[63] Ibid.
[64] Ibid., 21.
[65] Donald Hay, Economics Today: A Christian Critique (Leicester, UK: Apollos, 1989), 78.
[66] Ibid., 175.
[67] Murray N. Rothbard, Man, Economy, and State: A Treatise on Economic Principles with Power and Market, scholars ed. (Auburn: Ludwig von Mises Institute, 2004), 1300.
[68] Proverbi 11:4.
[69] Luca 16:19.
[70] Luca 12:16.
[71] Luca 21:1.
[72] 2 Cronache 9:22.
[73] Matteo 27:60.
[74] Matteo 27:57.
[75] 1 Timoteo 6:17-18.
[76] 2 Corinzi 12:14.
[77] Proverbi 13:22.
[78] Rothbard, Economic Thought Before Adam Smith, 32.
[79] Proverbi 14:21.
[80] Proverbi 14:31.
[81] Deuteronomio 15:11.
[82] Marco 14:6.
[83] Marco 14:7.
[84] 1 Timoteo 5:9-10.
[85] Galati 5:14.
[86] Galati 6:10.
[87] Romani 12:13.
[88] Ibid.
[89] Filippesi 2:4.
[90] 1 Timoteo 6:8.
[91] Tito 3:8, 14.
[92] Atti 20:35.
[93] Galati 2:10.
[94] Romani 15:26.
[95] Proverbi 31:14.
[96] Rothbard, Economic Thought Before Adam Smith, 34.
[97] Efesini 4:25; 1 Tessalonicesi 4:6; Efesini 4:28.
[98] 1 Tessalonicesi 4:12.
[99] 2 Corinzi 8:21; Romani 12:17.
[100] Romani 12:11.
[101] Giacomo 4:13.
[102] Giacomo 4:15.
[103] Matteo 25:16-23; Luca 19:15-19.
[104] Giovanni 2:16.
[105] Matteo 25:27; Luca 19:23.
[106] Proverbi 22:7.
[107] Proverbi 20:14.
[108] Matteo 20:13-15.
[109] 2 Tessalonicesi 3:10.
[110] 1 Timoteo 5:8.
[111] Efesini 4:28.
[112] Atti 11:29.
[113] Atti 4:32.
[114] Atti 4:35.
[115] Ludwig von Mises, Socialism: An Economic and Sociological Analysis, trans. by J. Kahane (Indianapolis: Liberty Fund, 1981), 374.
[116] Matteo 25:15.
[117] Atti 4:36-37.
[118] Atti 5:2.
[119] Atti 5:4.
[120] Corinzi 1 9:7.
[121] Ibid.
[122] 2 Timoteo 2:6.
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Link all'articolo originale.

Prima parte:
Il mito del giusto prezzo.
Seconda parte: Il concetto biblico del giusto.
Terza parte: Interventismo
Quinta parte: Conclusione