Thursday, April 17, 2008

Il capitalismo ha fallito?

In questo articolo, tratto dalla prima parte di “Pillars of Prosperity”, del 2002, Ron Paul prevedeva tra le altre cose il tracollo del dollaro a cui stiamo assistendo in questi ultimi mesi, e che non accenna a rallentare. Con buona pace degli habitué del “non potevamo sapere, non potevamo prevedere.” In economia è invece quasi tutto prevedibile, perché le azioni – ancor più delle idee – hanno sempre delle conseguenze.

I politici tuttavia sono molto bravi almeno in una cosa: nello scaricarsi dalle responsabilità delle conseguenze delle proprie azioni, attribuendole al capitalismo, al mercato, alla “troppa libertà.” Soprattutto alla troppa libertà. È il loro peggior nemico, la troppa libertà.

(Una versione audio MP3 di questo articolo, registrata dal dott. Floy Lilley, è liberamente scaricabile a questo link.)
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Di Ron Paul

Registro del Congresso - Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti, 9 luglio 2002.


Oggi è un luogo comune politicamente corretto attribuire a quelli che vengono definiti gli eccessi del capitalismo per i problemi economici che affrontiamo, e particolarmente per la frode di Wall Street che domina i notiziari economici. I politici sono impegnati in una serrata campagna per presentare demagogicamente la questione mentre, naturalmente, non riescono ad affrontare la frode e l'inganno nei falsi in bilancio del governo federale – per i quali sono direttamente responsabili. Invece, la ciurma di keynesiani che guida lo show sfrutta l'opportunità per attaccare i mercati liberi ed ignorare la questione della moneta solida.

Così ancora una volta sentiamo il coro: “il capitalismo ha fallito; abbiamo bisogno di più controlli statali sull'intero mercato finanziario.” Nessuno chiede perchè i miliardi spesi e le migliaia di pagine di regole scritte dall'ultimo grande attacco al capitalismo negli anni 30 non hanno impedito le frodi e le truffe di Enron, WorldCom e Global Crossings. Tale fallimento di certo non può dipendere da una penuria di regole.

Ciò che si distingue per la sua assenza è un qualsiasi accenno al fatto che tutte le bolle finanziarie sono sature di esagerazioni, speculazione, debito, avidità, frode, di grossi errori nel giudizio di investimento, di disattenzione da parte degli analisti e degli investitori, di profitti di carta enormi, di convinzione che una nuova era economica è giunta e, sopra tutto il resto, di aspettative magiche.

Quando la bolla si gonfia, non ci sono proteste. Quando scoppia, il gioco della colpa comincia. Questo è particolarmente vero nell'era del vittimismo, ed è fatto su larga scala. Diventa rapidamente un problema filosofico, partigiano, di classe, generazionale e perfino razziale. Mentre evita la causa reale, tutte le accuse rendono difficile risolvere la crisi ed insidiano ulteriormente i principii su cui poggiano la libertà e la prosperità.

Nixon era nel giusto – almeno una volta – quando dichiarò “oggi siamo tutti keynesiani.” Tutta Washington è sincronizzata nel dichiarare che il troppo capitalismo ci ha portati al punto in cui siamo oggi. L'unica decisione che i pianificatori centrali di Washington prenderanno riguarda quali interessi particolari continueranno a trarre beneficio dalle montanti pretese di riforma. I vari interessi particolari presseranno pesantemente come gli investitori di Wall Street, le corporazioni, il complesso industrial-militare, le banche, i lavoratori, i sindacati, gli agricoltori, i politici e quant'altro.

Ma quello che non viene discusso è la reale causa e perpetrazione degli eccessi che si stanno dipanando ad un passo frenetico. Questa stessa risposta si presentò nei 30 negli Stati Uniti quando i nostri responsabili delle decisioni politiche risposero ad eccessi molto simili che si svilupparono e collassarono nel 1929. A causa dell'incapacità di allora di comprendere il problema, la depressione fu prolungata. Questi errori hanno permesso ai nostri problemi attuali di svilupparsi ad un grado molto più elevato. Considerate il fallimento nel cimentarsi con la causa della bolla degli anni 80, mentre l'economia del Giappone continua a languire al livello di recessione e di crescita zero, con il loro mercato azionario ad approssimativamente un quarto del suo picco di 13 anni fa. Se non facciamo attenzione – e finora non l'abbiamo fatta – faremo gli stessi errori che impediranno la correzione necessaria perché lo sviluppo economico possa riprendere.

Nei 30, era piuttosto popolare accusare del disastro l'avidità del capitalismo, della parità aurea, della mancanza di regolamentazione e della mancanza di un'assicurazione governativa sui depositi bancari. Gli uomini d'affari diventarono il capro espiatorio. Cambiamenti vennero fatti di conseguenza e l'economia sociale e di guerra venne istituzionalizzata. Il credito facile diventò il santo graal della politica monetaria, particolarmente sotto Alan Greenspan, “l'ultimo Maestro.” Oggi, malgrado la presunta protezione di questi programmi di governo costruiti nel sistema, ci troviamo in un caos più grande che mai. La bolla è più grande, il boom è durato più a lungo ed il prezzo dell'oro è stato sabotato deliberatamente come segnale economico. L'inflazione monetaria continua ad un tasso mai visto prima nello sforzo frenetico di spingere i prezzi delle azioni e continuare a gonfiare la bolla immobiliare, mentre evita le inevitabili conseguenze del credito facile. Tutto ciò avviene perché non siamo disposti a riconoscere che l'attuale politica sta soltanto preparando la scena per un enorme calo nel valore del dollaro. Tutti lo temono, ma nessuno vuole occuparsene.

L'ignoranza, come pure la disapprovazione per le restrizioni naturali imposte agli eccessi del mercato che il capitalismo ed un sano mercato impongono, induce i nostri capi attuali a rifiutare il capitalismo e ad incolparlo di tutti i problemi che affrontiamo. Se questo errore non verrà corretto ed il capitalismo verrà ancora più insidiato, la prosperità creata dal libero mercato verrà distrutta.

La corruzione e le frodi nelle pratiche di contabilità di molte aziende stanno venendo alla luce. C'è chi vorrebbe farci credere che questa è una parte integrante del capitalismo del libero mercato. Se avessimo un capitalismo del libero mercato, non ci sarebbero garanzie che una certa truffa non si verificherebbe. Quando accadesse, allora se ne occuperebbe l'autorità locale di applicazione di legge e non i politici nel Congresso, che hanno avuto la loro opportunità di “impedire” tali problemi ma hanno scelto invece di politicizzare la questione, usando l'occasione per promuovere le più inutili regole keynesiane.

Il capitalismo non dovrebbe essere condannato, poiché non abbiamo avuto il capitalismo. Un sistema capitalista presume una moneta sana, non dei soldi di carta a corso legale manipolati da una banca centrale. Il capitalismo presuppone contratti volontari e tassi di interesse determinati dal risparmio, non creazione di credito da parte di una banca centrale. Non è capitalismo quando il sistema è contagiato con regole incomprensibili per quanto riguarda fusioni, aquisizioni e vendite di azioni, insieme al controllo di salari e prezzi, al protezionismo, alle sovvenzioni corporative, alla gestione internazionale del commercio, alle complesse e punitive tasse corporative, ai contratti governativi privilegiati per il complesso industrial-militare, e ad una politica estera controllata dagli interessi corporativi e dagli investimenti stranieri. Aggiungete una cattiva gestione federale centralizzata dell'agricoltura, dell'educazione, della medicina, delle assicurazioni, delle operazioni bancarie e del benessere. Questo non è capitalismo!

Condannare il capitalismo del libero mercato a causa di una qualsiasi cosa che avvenga al giorno d'oggi non ha senso. Non c'è alcuna prova che il capitalismo esista oggi. Siamo profondamente implicati in un'economia interventista e pianificata che permette che grandi benefici vengano ottenuti dai meglio collegati politicamente di entrambi i partiti politici. Si può condannare la truffa ed il sistema corrente, ma deve essere chiamato con i suoi veri nomi: inflazionismo, interventismo, e corporativismo keynesiani.

Ciò che non è discusso è che il presente raccolto di fallimenti rivela che le distorsioni e le plateali menzogne derivanti dagli anni dell'orgia speculativa erano prevedibili.

In primo luogo, il Congresso dovrebbe studiare la truffa e l'inganno del governo federale nella contabilità, specialmente segnalando gli obblighi futuri quale la previdenza sociale, e come il sistema monetario distrugga la ricchezza. Quei problemi sono più grandi di qualsiasi cosa nel mondo corporativo e sono responsabilità del Congresso. Inoltre, è lo standard posto dal governo e dal sistema monetario che controlla ad essere le più importanti concause di tutto ciò che è oggi sbagliato a Wall Street. Laddove la frode esiste, è un problema statale piuttosto che federale, e le autorità statali possono far rispettare queste leggi senza alcun aiuto dal Congresso.

In secondo luogo, sappiamo perchè le bolle finanziarie accadono e la storia ci insegna che sono associate normalmente con la speculazione, il debito eccessivo, le promesse selvaggie, l'avidità, le menzogne e l'inganno. Questi problemi sono stati descritti da alcuni osservatori quando i problemi si stavano sviluppando durante gli anni 90, ma gli avvertimenti sono stati ignorati per un motivo. Tutti ci guadagnavano e nessuno si preoccupava, e coloro che ricordavano la storia vennero rassicurati dal presidente della Fed che “questa volta” una nuova era economica era giunta e di non preoccuparsi. L'aumento della produttività, si diceva, può spiegare tutto.

Ma ora sappiamo che, semplicemente, non è così. Le bolle speculative e tutte quelle di cui siamo stati testimoni sono una conseguenza degli enormi importi di credito facile, creati dal nulla dalla Federal Reserve. Essenzialmente non abbiamo avuto risparmio, che è una delle forze guida più significative nel capitalismo. L'illusione generata dai bassi tassi di interesse perpetua la bolla e tutto il male ad essa associato. E questo non è un difetto del capitalismo. Ci stiamo occupando di un sistema inflazionista ed interventista che produce sempre un'economia della bolla che finirà male.

Finora la valutazione fatta dall'amministrazione, dal Congresso e dalla Fed fa presagire il peggio per il nostro futuro economico. Tutto ciò che offrono è sempre la stessa ricetta, che non può in alcun modo aiutare. Tutto quel che fa è di guidarci più vicino al fallimento nazionale, ad un dollaro in rapido calo e ad un livello di vita più basso per la maggior parte degli americani, così come a minor libertà per tutti.

Questo è una brutta prospettiva che non deve accadere. Ma conservare il nostro sistema è impossibile se ai critici viene permesso di incolpare il capitalismo ed una politica monetaria sana è rifiutata. Più spesa, più debito, credito più facile, più distorsione dei tassi di interesse, più regole su tutto e più ingerenza straniera presto ci spingeranno nella molto scomoda posizione di decidere il destino del nostro intero sistema politico.

Se dovessimo scegliere la libertà ed il capitalismo, ristabiliremmo la parità aurea o ad una merce per il nostro dollaro. La spesa federale sarebbe ridotta, le imposte sul reddito sarebbero abbassate e non sarebbe imposta alcuna tassa sul risparmio, sui dividendi e sui guadagni in conto capitale. Le regolamentazioni sarebbero ridotte, le sovvenzioni di interessi particolari si interromperebbero e nessuna misura protezionista sarebbe consentita. La nostra politica estera cambierebbe, e riporteremmo le nostre truppe a casa.

Non possiamo dipendere dal governo per restituire la fiducia ai mercati; soltanto persone fidate lo possono fare. In realtà, la mancanza di fiducia nei quadri di Wall Street è sana perché è meritata e invita alla cautela. La stessa mancanza di fiducia nei politici, nel processo del bilancio e nel sistema monetario può servire come sano incentivo per la riforma nel governo di cui abbiamo bisogno.

I mercati si regolano meglio di come possano farlo i governi. Dipendere dalle regolamentazioni del governo per proteggerci contribuisce significativamente alla mentalità della bolla.

Queste mosse produrrebbero il clima giusto per liberare l'energia creativa necessaria semplicemente per servire i consumatori, che è il vero senso del capitalismo. Il sistema che alleva inevitabilmente il connubio corporazioni-governo vera causa del nostro attuale disastro continuo giungerebbe alla fine.

Non è stato il capitalismo a darci questa crisi di fiducia visibile oggi nel mondo corporativo. La mancanza di mercati liberi e di moneta solida lo ha fatto. Il Congresso ha un ruolo, ma non è un ruolo attivo. Il compito del Congresso è di togliersi di mezzo.
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Il dott. Ron Paul è un membro repubblicano del Congresso dal Texas e candidato presidente degli Stati Uniti per il 2008. Mandagli una mail. Commenta sul blog.

Link all'articolo originale.

9 comments:

Anonymous said...

Bellissimo.
Preferisci un link all'articolo da parte del mio blog, oppure un copia incolla più il link al tuo blog?

Paxtibi said...

Come preferisci tu, non c'è problema.
L'importante è diffondere il verbo.

;-)

Anonymous said...

Bellissimo articolo, complimenti!

Anonymous said...

Ok allora copia incolla che mi piace di più :)
Appena ho tempo leggerò gli ultimi tuoi articoli.
Scrivi troppo ! :))

albertbac said...
This comment has been removed by the author.
albertbac said...

L'onorevole Ron Paul sa benissimo che il problema della democrazia non è scrivere regole: la democrazia è una inarrestabile produttrice di regole. Il problema della democrazia è la corruzione degli agenti governativi sistematicamente perpetrata dagli agenti capitalistici. I quali trovano più comodo corrompere le istituzioni dello stato, dandolo in pasto alla democrazia, anziché prender sul serio le fole dell'anarco-capitalismo. Contro questo andazzo di falsi in bilancio e bancarotte, la democrazia non può nulla. Solo istituzioni statali modellate da un socialismo "nazionale", e direi finanche comunitario e comunitarista, etnicamente omogeneo, possono imporre alle forze del capitale un altrimenti irraggiungibile rispetto delle "regole".

Paxtibi said...

Solo istituzioni statali modellate da un socialismo "nazionale", e direi finanche comunitario e comunitarista, etnicamente omogeneo, possono imporre alle forze del capitale un altrimenti irraggiungibile rispetto delle "regole".

Questa strana dottrina manca di qualche spiegazione: perché mai il socialismo nazionale dovrebbe essere esente da corruzione, quali dovrebbero essere queste regole, e perché mai le fantomatiche forze del capitale dovrebbero sottostarvi.

Anche considerato che, l'ultima volta che tali curiose teorie sono state messe in atto il risultato è stato miseria, morte e rincoglionimento generalizzato.

albertbac said...

Queste sono obiezioni sensate. Ma va da sé che non si possono, in sedi come un blog, scrivere esaustivi trattati, e perciò i chiarimenti vanno offerti cammin facendo. Il capitale è il capitale: non ha patria, non riconosce frontiere. Una dottrina la quale volesse contenerne gli effetti distruttivi (si rilegga il vecchio libro "Finanza barbara", di Millman, per avere contezza di quel che pensano di sé stessi i Soros e compagnia cantante) senza potenziare a dismisura, "nel popolo", l'idea nazionale e finanche razziale, forgiando in tal modo una totalità di popolo che esprime un Fuehrer, è destinata al fallimento più misero. Di fronte alla potenza di questa totalità, le forze del capitale - che non sono mai brillate per soverchio coraggio, né furore ideologico - capirebbero che non sarebbe il caso di continuare a scherzare col fuoco. Oh, se lo capirebbero...

Anonymous said...

" l'idea nazionale e finanche razziale, forgiando in tal modo una totalità di popolo che esprime un Fuehrer,"
Non sono un anarcocapitalista, semmai un libertario anticapitalista, ma tu sei davvero picchiato.