Tuesday, June 30, 2009

Monday, June 29, 2009

Nudi alla meta

Tra i tanti esempi possibili per descrivere la meccanica del ciclo economico, il boom dei locali per adulti è senz'altro uno dei più pittoreschi, ma è anche molto utile a comprendere come si arriva alla distruzione del capitale attraverso l'illusione del facile guadagno.

La
crisi dello spogliarello “messa a nudo” da Doug French, l'autore di Early Speculative Bubbles & Increases in the Money Supply.
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Di Doug French


Gli strip-club sono la creatura estrema dei tempi del boom. Dopo tutto, il modello aziendale si basa su masse di uomini che strapagano dei cocktail mentre strapagano delle giovani donne sensuali per strofinarsi sulle loro curve – tutto questo dopo aver pagato un prezzo esorbitante solo per entrare nel locale.

Prima del grande boom del passato decennio, il business del nudo era localizzato. Essendo politicamente impopolari, le zone per tali attività erano limitate alle aree industriali, nascoste alle mamme ed ai bambini. I finanziamenti per costruire tali locali erano difficili da ottenere dacché le direzioni di molte banche dubitavano della moralità dell'attività, chiudendo gli occhi davanti all'abbondante flusso di denaro. Le trattative pubbliche per strip-club erano una cosa sconosciuta.

Naturalmente data la loro impopolarità tra i benefattori locali, gli imprenditori che possono aprire un'attività per adulti diventano per i politici locali continui obiettivi per l'estorsione. Poiché il governo esercita uno stretto controllo su quanti possono aprire – e sulle regole una volta aperti – i padroni di locali per adulti sono spesso costretti a corrompere i funzionari comunali prima per ottenere l'approvazione per aprire i loro locali, e poi per rimanere aperti.

Questa era la situazione in una delle aree più fertili per il business dello spogliarello, Las Vegas. Quando gli americani arricchiti dalle ipoteche invadevano Sin City dopo lo shock dell'11/9 e la liquidità della Federal Reserve faceva credere ai giovani pieni di testosterone che il divertimento non sarebbe mai finito e che i soldi c'erano per spenderli, il proprietario di strip-club Mike Galardi dirigeva una piccola macchina da soldi chiamata Cheetahs. Ma con la città in pieno boom, decise di espandere il suo impero felino. Ma non era l'unico. Tutti volevano costruire grandi club a Las Vegas. Il traffico aumentava, le vincite al gioco crescevano e sempre più casinò venivano progettati per la Striscia. Las Vegas aveva appena cominciato e la grande corsa agli strip-club era aperta. Un locale da 20.000 metri quadri, il Sapphire Gentlemen's Club, era in funzione proprio dietro il Circus Circus, come il grande e decorativo Treasures, situato di fronte al Palace Station. Così tanti stavano provando ad aprire dei club che venne posta una moratoria sulle nuove richieste.

Trovando difficoltà a far autorizzare il suo club Jaguars da 7.500 metri quadri, Galardi regalò alcune centinaia di migliaia di dollari ai commissari della contea per aprire il Jaguars e per tenerne lontani gli ispettori della contea. Alla fine tre commissari della contea di Clark, come pure Galardi, andranno in prigione in un caso di corruzione politica conosciuto come G-Sting.

Naturalmente Galardi stava facendo soltanto quel che doveva fare. Nel suo libro L'etica della libertà, Murray Rothbard spiegò che
il corruttore non fa niente di illegittimo, ma è molto illegittimo ciò che fa il corrotto, chi riceve la bustarella. Legalmente, ci dovrebbe essere il diritto di proprietà di pagare una bustarella, ma non di riceverne uno.
L'ex impiegato ed amico di Galardi Rich Buonantony ha detto al giornale San Diego Union-Tribune,
[Galardi] dava centinaia di migliaia di dollari, e pensate che fosse facile ricordarsi di dare cinque verdoni qui e dieci là? Per lui dare i soldi non era niente. La gente vedeva Mike Galardi come un bancomat.
La “gente” di cui parla Buonantony erano i politici.

Ma ora che dal boom si è passati alla crisi, gli affari dei club di spogliarelli sono crollati. Il club da 7.500 metri quadri che ha cambiato per sempre le vite di Galardi e di tre commissari è ora proprietà della Rick's Cabaret International Inc. Eric Langan, l'uomo che ha acquistato la Rick's nel 1998, l'ha ingigantita nel 2005 ed ora possiede 19 club in tutto il paese. Una storia non da poco per un tipo che ha venduto la sua raccolta di figurine del baseball per finanziare il suo primo club, “mi sono buttato,” dice Langan. “Con della birra fredda e qualche ragazza nuda, fare i soldi è abbastanza facile.”

Con quell'investimento iniziale di 24.000 dollari, Langan aprì il primo club che misurava 500 metri quadri. Ora, come ha detto a BBook.com, in alcuni dei suoi club l'area dei camerini misura più di tre volte quello spazio. Nel 1999 le azioni di Rick's valevano meno di un dollaro al Nasdaq, ma entro il dicembre del 2007, con le sue azioni trattate a 27 dollari – più del prezzo di una lap dance – l'obiettivo di Langan diventò possedere 50 club tra tre o cinque anni. Ha comprato un locale da 14.000 metri quadri a Miami per 25 milioni, uno a Dallas da 7.500 metri quadri per 9 milioni e mezzo, e ha pagato 18,7 milioni per l'ex Jaguars a Las Vegas. Il bilancio della Rick's ora sta mostrando le prime crepe. Al 30 settembre 2006, i debiti dell'azienda ammontavano a meno di 17 milioni. Ora con gli affari in calo come il valore dei club, sono saliti a quasi 72 milioni.

E l'azienda ha dovuto affrontare spese che Langan probabilmente non aveva considerato nel suo suo pro forma quando analizzò l'acquisto a Las Vegas della sua azienda. I tassisti di Sin City hanno raccolto da sempre chiedono delle mance per portare i passeggeri in vari locali – specialmente negli strip-club. Ma negli ultimi mesi il prezzo è salito mentre gli affari hanno rallentato.

Dove girano molti contanti, gli avvocati cominciano a interessarsi. L'avvocato Al Marquis ha depositato una causa per impedire che i tassisti vengano pagati per il trasporto dei clienti, sostenendo che danneggia Las Vegas.
Il problema con il pagamento per la consegna di clienti è che si è intensificato negli ultimi anni. Ha cominciato a modificare sostanzialmente il comportamento di molte parti diverse, dagli ospiti ai portieri dei casinò; dai singoli autisti di taxi e limousine ai turisti che vengono deviati contro la loro volontà.
Per riguadagnare la percentuale del mercato, il Rick's di Las Vegas ha aumentato i versamenti ai tassisti a 100 dollari a testa, il che ha portato ad un aumento nelle entrate mensili fino a 1,9 milioni in aprile, secondo il Wall Street Journal. Tuttavia, un milione è andato ai tassisti ed il club in quel mese ha perso denaro. “Dovete ricordarvi che nella nostra industria tutto dipende dalle ragazze. Così chi ha le ragazze ha i clienti e chi ha i clienti ha le ragazze,” ha filosofeggiato Lagan durante la recente teleconferenza con gli azionisti. “Così si tratta proprio dell'uovo e della gallian e di chi è venuto prima. Il trucco è di tenere le ragazze ed i clienti su una piattaforma…. Gli uomini andranno sempre là dove ci sono le ragazze.”

Quello che Lagan non ha detto è che le ragazze sono importanti perché pagano per lavorare. Così, oltre alle bevande ed al coperto ed in alcuni casi i pasti costosi, il flusso di denaro di uno strip-club dipende in primo luogo dalle entreneuse che pagano per intrattenere. Nei giorni del boom di Las Vegas era di 50 dollari a turno (secondo l'ora) e di 75 o 100 dollari durante le settimane delle convention. Oltre a ciò, le ballerine dovevano dare mance ai disc jockey, agli uomini della sicurezza ed alle tenutarie.

Ma la crisi attuale significa che troppe ballerine stanno inseguendo troppo pochi pali in troppi metri quadri. “Per un'industria spesso considerata a prova di recessione,” scrive Kris Hudson del Wall Street Journal, “la transizione è stata una doccia fredda.” Le azioni di Rick's sono trattate a meno di 7 dollari e quelle della rivale VCG Holding Corp. a 2,40 dollari, un declino dell'83% dal loro picco.

E gli investitori non sono gli unici ad essere colpiti dalla debolezza dell'industria dello struscio. Attualmente le stesse entreneuse agitano i loro fianchi per molto meno. Buffy, che svolge la sua attività al Rick's di Las Vegas, ha detto al Wall Street Journal che sta guadagnando solo un quarto di quanto guadagnava durante il boom. Tuttavia, per Sara quello è sufficiente a battere il business delle ipoteche, che ha smesso di offrire mutui nella zona della baia, per stimolare congressisti nel suo g-string al Sapphire Gentlemen's Club. Secondo quanto riferito, “una assistente di studio legale ed una stilista licenziate, una banchiera della Bank of America e due agenti immobiliari di Los Angeles” hanno cambiato carriera malgrado i guadagni più bassi per lavorare in tacchi da 20 centimetri . Tuttavia, chiunque abbia passato del tempo in un club di spogliarelli vi dirà che ottenere informazioni personali sicure dalle entreneuse è problematico.

L'iperespansione dell'industria degli strip-club è uno dei tanti cattivi investimenti provocati dalla creazione di moneta della Federal Reserve. Come spiegò F.A. Hayek, i profitti realizzati nel mercato azionario o con il rincaro dei beni immobili in termini di soldi, “che non corrispondono ad alcun aumento proporzionale del capitale oltre l'importo richiesto per riprodurre l'equivalente del reddito corrente, non sono reddito, ed il loro uso a scopo di consumo conduce ad una distruzione di capitale.”

La ricchezza che i padroni ed i magnati degli strip-club credevano di poter spargere intorno a sé non era che un'illusione e la realtà è molto meno rosea per le entreneuse, i tassisti, i politici e gli altri che hanno cavalcato il boom dello spogliarello.

Sunday, June 28, 2009

Collective Hope Bonus #1

In questo periodo sono impegnato a finire diverse tavole di Collective Hope per la pubblicazione in Grecia e non mi rimane molto tempo per le traduzioni o le notizie. Per un po' quindi ci saranno più strisce (tra cui alcune delle vignette, come quella qui sotto, che appaiono in testa alle pagine di 9) e meno testi, spero che nessuno ne sia troppo turbato.

Collective Hope #40

Thursday, June 25, 2009

Premio Caligola - Giugno '09

C'è poco da fare, il potere è un gran bel vizio. Come si fa a non abusarne? E infatti anche questa volta, nonostante persistenti problemi di connessione, abbiamo tre degni candidati per il Premio Caligola - Il potere gli ha dato alla testa, un concorso che è anche la cartina di tornasole che ci illustra a che punto della strada per la schiavitù ci troviamo. Un punto piuttosto avanzato, direi, se la polizia di Verona arriva a corrompere una prostituta per “incastrare” un suo cliente. In casi come questo sorge spontanea la domanda: cosa ha a che fare questo con il “servizio di sicurezza” che si suppone staremmo pagando? Ovviamente nulla: è solo che il potere, appunto, piace, e non basta mai. Proprio come la roba per la prostituta di Verona.

Sempre a proposito di sicurezza, che dire delle proposte della UE? Un programma che pare uscito dalle pagine di Orwell, che si propone di controllare tutto e tutti con ogni mezzo a disposizione, perché nulla possa rimanere nascosto allo sguardo benevolo del regolatore. Se posso fare un'ipotesi, immagino che la scelta della prostituta da corrompere potrebbe diventare così più accurata: già mi sento molto più sicuro, ho solo strane sensazioni quando vado in bagno.

Mania di controllo, si diceva. Ecco allora colui che pare destinato ad esser ricordato come uno dei più grandi control-freak della storia. L'impresa che gli ha garantito un posto nel nostro terzetto di campioni è il piano di revisione delle regole finanziarie, un piano che, privo di qualsiasi base economica solida promette di caricare costi insostenibili soprattutto su banche e finanziarie di piccola dimensione, quelle cioè che hanno in generale meno responsabilità per la crisi. Tante belle parole sull'equità e sulla solidarietà, poi chissà com'è la famosa ridistribuzione distribuisce sempre dai più poveri ai più ricchi. È davvero uno dei misteri della natura.

Ma ora è il momento di un altro mistero glorioso, quello dell'organismo collettivo che esprime la sua volontà. Evochiamo ancora una volta il corpo mistico della collettività, in comunione con il tutto che è uno e uno per tutti, abbandoniamoci al fetido abbraccio della Bestia. In una parola: votiamo!
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Verona, trappola da marciapiede


Era andato a Verona per una cena, e sulla via del ritorno ha scorto in un viale frequentato da prostitute, una sua giovane amica, anch'essa mantovana, tossicodipendente, stazionante sul marciapiede in attesa di clienti. Ma il breve dialogo di circostanza è stato interrotto dall'arrivo della Polizia, che nel tentativo di multarlo ha addirittura sfidato il codice.

Il fatto è avvenuto venerdì sera, quando un cinquantenne di città, M.C., pubblico funzionario, si è recato a Verona in un ristorante brasiliano gestito da alcuni suoi conoscenti. Una cenetta di prammatica in vista delle imminenti vacanze che l'uomo sta per trascorrere in terra carioca. Sulla via del ritorno, transitando per i viali attigui alla stazione Fs di Porta Nuova, ha scorto una sua malinconica conoscenza: R. C., 28enne, anch'essa di Mantova, (sebbene oggi residente a Zevio), tossicodipendente con qualche precedente penale per reati di microcriminalità afferenti al consumo di droga.


Un'amicizia disinteressata, che nulla ha a che fare con la "professione" che suo malgrado la giovane amica è costretta a esercitare nel capoluogo scaligero per far fronte alla impietosa "scimmia" - come si dice in gergo l'assuefazione da sostanze stupefacenti.


Ma il breve conciliabolo dal finestrino dell'automobile non passa inosservato alle forze dell'ordine veronesi: un'auto della polizia davanti e un furgoncino di agenti dietro stoppano il presunto "cliente". Al quale da subito viene contestato il reato di "adescamento", secondo le restrittive disposizioni anti-prostituzione imposte dal sindaco veronese Flavio Tosi. Ma l'accusa non regge. Il 50enne protesta. Manifesta la conoscenza diretta della giovane prostituta sciorinandone il nome, la residenza, persino il nome dei genitori di lei...


In breve, tutto dovrebbe sortire il chiarimento richiesto, ma agli agenti le spiegazioni non bastano. Perquisiscono anche la giovane prostituta, senza però trovare elementi per un fermo. Alla fine congedano l'uomo che riprende la via di casa. Ma qui, mentre questi si trova alle porte di Mantova, viene raggiunto da una telefonata dell'amica: "Sai, i poliziotti volevano che ti incastrassi e negassi di conoscerti; in tal modo ti avrebbero dato una multa di 500 euro per esserti fermato con me", dice, lasciando capire che, in cambio, non l'avrebbero ostacolata per un pò nella sua professione. Insomma, una vera "trappola da marciapiede", cui i clienti habituè (o innocenti amici) delle lucciole scaligere devono abituarsi.

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Proposte UE per la sicurezza pericolosamente “autoritarie”


I ministri della giustizia europei s'incontreranno il 15 luglio per discutere sulle “politiche di sicurezza interna” e sulle proposte della rete di sorveglianza, conosciute nelle cerchie di Bruxelles come “programma Stoccolma,” allo scopo di chiudere i lavori sulla prima politica di sicurezza interna dell'UE per la fine del 2009.

Jacques Barrot, il commissario europeo per la sicurezza e la giustizia, ieri ha dichiarato pubblicamente che lo scopo era di “sviluppare una strategia di sicurezza interna per l'UE,” considerata una volta come una zona politica rigorosamente di ambito nazionale.

“Le frontiere nazionali non dovrebbero più limitare le nostre attività,“ ha detto.
Mark Francois, portavoce conservatore in Europa, ha richiesto “chiarezza immediata su dove si pone il governo in merito.”

“Queste sono proposte potenzialmente pericolose in grado di interferire nella sicurezza interna della Gran-Bretagna,” ha detto.

“Il caos e la divisione nel governo di Gordon Brown sta paralizzando la capacità della Gran-Bretagna di far sentire la sua voce in Europa.”

I critici dei programmi sostengono che i passi per creare una nuova “architettura del sistema d'informazione” di banche dati della polizia e di sicurezza a livello europeo creeranno “uno stato di sorveglianza.”

Tony Bunyan, della Rete Europea per le Libertà Civili (ECLN), ha avvertito che i funzionari della sicurezza della UE stanno cercando di sfruttare uno “tsunami digitale” di nuova tecnologia dell'informazione senza farsi “ prima delle domande politiche e morali.”

“Un apparato di sicurezza interno ed esterno sempre più specializzato sta crescendo sotto gli auspici dell'UE,” ha detto.

Bunyan ha suggerito che le attuali e nuove proposte porteranno ad un registro delle carte d'identità UE, a sistemi per controllare Internet, ad una sorveglianza satellitare, a sistemi automatizzati di uscita-entrata ai confini azionati da macchine capaci di leggere la biometria e di calcolare i rischi.

“Tra cinque o dieci anni quando avremo lo stato della sorveglianza e delle banche dati la gente guarderà indietro e si chiederà, “che cosa facevate nel 2009 per fermare questo evento?,” ha detto Bunyan.

I gruppi per le libertà civili sono specialmente preoccupati dalle proposte sulla “convergenza” che preannunciano tecniche europee standardizzate di sorveglianza e permettono una scelta di sistemi comuni per la raccolta di dati da azionare a livello comunitario.

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Obama presenta una revisione radicale delle regole finanziarie


Il presidente Barack Obama ha proposto la più radicale revisione del sistema di regolamentazione finanziaria degli Stati Uniti da 75 anni, nel tentativo di correggere una “cascata di errori” che ha rovesciato società finanziarie importanti, congelato i mercati del credito e distrutto in tutto il mondo 26,4 trilioni di dollari in valore di mercato dei titoli.

La proposta, di cui gran parte sarà sottoposta all'approvazione del Congresso, aggiunge uno strato supplementare di regolamentazione per le più grandi ditte finanziarie.
Creerebbe un'agenzia per controllare i prodotti finanziari, renderebbe la Federal Reserve supervisore di aziende ritenute troppo grandi per cadere, e sottoporrebbe gli hedge fund e i fondi d'investimento privati all'accurato esame federale.

“Questo è stato il fallimento di un intero sistema,” ha detto Obama ad un evento alla Casa Bianca a cui hanno partecipato i leader del Ministero del Tesoro, della Fed e di altre agenzie regolarici. “Un'assenza di controllo ha generato un abuso sistematico e sistemico.”

L'annuncio segna l'inizio di quella che promette di essere una battaglia politica che probabilmente farà cambiare il piano del presidente, con i repubblicani che lo criticano come un'espansione del potere del governo nell'economia. Obama, che ha definito la “radicale revisione” delle regolamentazioni una delle sue massime priorità interne, ha detto che vuole firmare la legislazione per la fine dell'anno.

La proposta dell'amministrazione viene dopo un anno di shock a Wall Street e di prosciugamento del credito che hanno contribuito alla peggior recessione degli Stati Uniti in mezzo secolo. Da settembre, il governo è stato costretto a spendere miliardi di dollari per salvare ditte come Citigroup Inc., Bank of America Corp., American International Group Inc, General Motors Corp. e le istituzioni finanziarie immobiliari Fannie Mae e Freddie Mac.

Wednesday, June 24, 2009

Tuesday, June 23, 2009

Cosa ghignano a fare?

Il mondo di oggi è un Titanic la cui orchestra non suona ma ride. E se non sarà una risata a seppellirci, poco ma sicuro sarà quel suono beffardo ad accompagnarci nell'abisso. Butler Shaffer ci spiega perché.
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Di Butler Shaffer



Nessuno è più triste dell'uomo che ride troppo.

~ Jean Paul Richter


Guardare i video delle apparizioni televisive di Peter Schiff è una cosa curiosa. Fin da tre anni fa, Schiff predice le conseguenze avverse che è probabile si verifichino come risultato delle politiche economiche del governo. Alcuni degli economisti e degli esperti finanziari nelle stesse trasmissioni ai suoi pronostici non sanno rispondere altro che con delle risatine. Anche dopo che le sue previsioni si sono dimostrate giuste, quando Schiff prevede conseguenze ancora peggiori in trasmissioni più recenti si producono nuovamente gli stessi sghignazzi.

Perché questo? Perché un uomo che ha previsto così tante delle disfunzioni economiche mondiali – e che ha fornito della sana analisi economica per esplicare il suo pensiero – viene apertamente deriso da da altri che, in alcune di queste stesse trasmissioni, raccomandavano investimenti nel settore bancario? Quello che è ancora peggio, perché Schiff viene ricoperto di così tante invettive per essere stato nel giusto? Ancora, com'è che questi altri esperti finanziari riescono a rimanere nel giro, dopo che i loro consigli si sono dimostrati essere così fondamentalmente sbagliati?

Incontro questa stessa sindrome in un certo numero di miei colleghi ed allievi. Ricordo una conversazione con un collega a seguito delle atrocità inflitte dal governo federale ai Branch Davidians. Dopo aver spiegato a quest'uomo la trasgressione sia legale che morale in questo attacco, per tutta risposta non ho ricevuto altro che una risata. “Ghignare è tutto quello che i vostri anni di educazione scolastica ti hanno preparato a fare?,” ho chiesto.

In più recenti discussioni sulla natura distruttiva della regolamentazione governativa del mercato, o della natura diabolica del sistema bellico, o degli sforzi degli statisti per sottomettere virtualmente ogni forma di attività umana al controllo politico per “salvare il pianeta,” vengo accolto con gli stessi risolini. Non è che queste persone abbiano solo una diversa prospettiva su tali questioni, e cerchi di discuterne con me. In tal caso potremmo ottenere il genere di indagine intelligente che potrebbe condurci entrambi a riconsiderare le posizioni dell'altro. Piuttosto, la loro fin troppo comune risposta è di usare il riso come lo fa un bambino piccolo per evitare la paura.

“La gente che promuove questi programmi di governo,„ continuo, “sta distruggendo il mondo in cui i vostri figlie nipoti vivranno. Perché ne ridete come degli sciocchi?„

La risposta, sospetto, si deve trovare nella nostra abitudine condizionata di identificare il nostro senso dell'essere con le istituzioni (mi sono occupato di questo soggetto nel mio primo libro, Calculated Chaos: Institutional Threats to Peace and Human Survival). Con le scuole, le chiese, i media, le società, i nostri genitori e varie altre influenze durante la nostra crescita, ci addestriamo a cercare il significato nelle nostre vite non in noi stessi, ma nei sistemi organizzati esterni che hanno un interesse certo nel farci elevare i loro scopi al di sopra dei nostri. È questa abitudine la levatrice di tutte le forme di collettivismo.

Un'istituzione è un'organizzazione che è diventata un fine in sé, una condizione che può presentarsi soltanto attraverso il nostro pensiero; soltanto considerando la collettività come più importante di noi stessi. Lo facciamo imparando ad identificarci con ciò che Fritz Perls ha chiamato i “confini dell'ego,” che possono abbracciare la nostra nazionalità, la razza, il genere, l'ideologia, o altri sistemi di fede. Identificando così il nostro senso di scopo e significato in queste astrazioni, ci prepariamo ad essere dominati dalle istituzioni che, ci viene detto, rappresentano tali raggruppamenti. Qualsiasi individualità avremmo potuto invece avere è subordinata e compresa nelle istituzioni che diventano così la nostra identità collettiva.

Principale beneficiaria di tale pensiero è stata la nazione stato. In anni di attento condizionamento – condotto attraverso agenzie come le scuole statali e l'industria dello spettacolo – ci è stato insegnato a considerare lo stato non solo come il principio d'organizzazione fondamentale, ma anche la raison d’etre sia per gli esseri umani che per la società. Abbiamo imparato a recitare il nostro quotidiano catechismo dello scopo delle nostre vite sotto forma di un “impegno di fedeltà” ad una bandiera che era il simbolo onnipresente e dominante dello stato nella nostra aula (avete mai sezionato il significato letterale di questo impegno, ovvero che state facendo voto di diventare e rimanere subordinato all'autorità statale?).

I media ed il resto dell'industria dello spettacolo uniscono le forze con le scuole per fornirci un indottrinamento costante nella centralità dello statalismo.

Impariamo a considerare l'obbedienza all'autorità costituita come la nostra più grande virtù; per sostituire la moralità con la legalità come nostro personale standard di comportamento. Film di guerra – interpretati da star come John Wayne, che riuscì a tenersi lontano dalla Seconda Guerra Mondiale – ci fanno il lavaggio del cervello per convincerci che morire per la gloria dello stato sia la nostra gloria; il significato concreto della pubblicità dell'esercito degli Stati Uniti “siate tutto ciò che potete essere, nell'esercito.”

La tristezza come pure la malvagità assoluta di tali pratiche si riflette nei volti dei veterani della Seconda Guerra Mondiale, che vengono tirati fuori per ogni festa – ciascuna delle quali è stato convertita in una scusa in più per altre celebrazioni della guerra e per altri film di John Wayne -– perché parlino dei sacrifici che loro e altri hanno fatto. Da tali uomini – identificabili dai loro berretti della “U.S.S. Missouri„” o dai loro distintivi della “Quinta Armata” – qualsiasi allusione che quella guerra fosse stata progettata con attenzione dagli interessi politici e corporativi e che FDR avesse manipolato l'attacco a Pearl Harbor, si scontra con la collera, ed è naturale che sia così. Essendo stati condizionati ad identificarsi con lo stato, a vedere il proprio senso dell'essere legato all'obbedienza ed al servizio allo stato, il minimo sospetto che le forze politiche potessero aver cospirato per sfruttarli non è solo mettere in dubbio l'integrità dello stato: la cosa più importante è che crea incertezza sulla statura morale di ciascuno.

Immaginate che, dall'inizio degli anni 40 ad oggi, vi siate considerato soprattutto come un guerriero vittorioso in nome degli Stati Uniti d'America, con i quali avete identificato la vostra vita. Alcune volte ogni anno, siete invitato ad indossare la vostra vecchia uniforme della marina o dell'esercito – con le vostre numerose medaglie – ed a recarvi in un cimitero o in una sala per celebrare la storia “gloriosa” di cui siete stato partecipe. Tom Brokaw nutre il vostro ego definendovi “la più grande generazione d'America.” Gli storici allora cominciano a presentare le prove della natura inventata e corrotta di quella guerra che è, nel senso più letterale, la vostra guerra; l'espressione del senso della vostra vita.

Per voi mettere in discussione non solo la legittimità della Seconda Guerra Mondiale, ma dell'intero sistema bellico con cui vi siete associati, distruggerebbe quello che siete diventato. Se, elevando lo stato sopra di voi, creando lo stato come vostro super-ego, foste aperto alle sfide sollevate dai critici della guerra, l'intero significato della vostra vita potrebbe essere compromesso. Se il vostro stato può fare del male – sia promuovendo guerre, dedicandosi alla tortura, o bombardando popolazioni civili in posti come Amburgo, Dresda, Hiroshima e Nagasaki, allora questo male macchia inevitabilmente la vostra stessa anima. I vostri 80 e più anni da eroe di guerra si volatilizzano, e piuttosto che vedere la virtù di poter spendere il resto della vostra vita con una coscienza trasformata, reagite con rabbia o, nel caso di chi ha collegamenti più stretti con lo stato, con sciocchi risolini.

Riformare interamente la base esistenziale del pensiero di un uomo può essere un'impresa molto difficile, complicata dal “principio dell'incertezza di Heisenberg,” che ci ricorda che quello da cambiare è chi guida il cambiamento. Trovo i miei studenti più disposti ad intraprendere questo processo di molti dei miei colleghi: i miei studenti hanno meno bagaglio di cui liberarsi e come minimo ascoltano le questioni che sollevo. Piuttosto che sottoporsi ad un'operazione così impegnativa, molti dei miei colleghi tentano di spazzar via le domande ridendo.

Ricordo che, durante gli anni della guerra nel Vietnam, un certo numero di padri espressero disprezzo per i loro figli che scelsero di andare in Canada o in Svezia piuttosto che partecipare a quella guerra. Ricordo di aver chiesto ad uno di questi genitori se davvero amava il sistema politico più del proprio figlio. All'epoca avevo una minor comprensione dei fattori psicologici all'opera nella mente di coloro che si identificano con lo stato. Oggi, tuttavia, dovrei riconoscere che sì, tali padri amavano lo stato più dei loro figli o nipoti. E perché no? Tali adulti avevano imparato ad amare lo stato più di loro stessi; perché avremmo dovuto aspettarci che si fossero curati più della loro prole che di loro stessi?

È molto incoraggiante che tanti veterani delle guerre in Iraq ed in Vietnam siano diventati aperti critici di tali atrocità. Sospetto che, negli anni a venire – con l'esaurirsi della scorta di veterani della Seconda Guerra Mondiale – il Giorno dei Caduti, il 4 di luglio, il Giorno della Bandiera ed in altre celebrazioni militaristiche, ci saranno ben pochi veterani disposti ad indossare i loro costumi ed a unirsi con i politici – che nella maggior parte riescono a tenersi lontani dal rumore degli spari – per rinforzare il fervore patriottico da cui lo stato dipende per la sua sopravvivenza.

Su un tono più triste, in un momento in cui si stanno suicidando più soldati di quanti ne stiano morendo nella battaglia, è bene ricordarsi che, non importa quanto siamo completamente indottrinati a credere nella superiorità di un'astrazione, rimane in ciascuno di noi una forza vitale potente che non può mai essere repressa del tutto. Quella che Gandhi chiamava Satyagraha – una “Forza della verità” o una “Forza dell'anima” – rimane nel nostro profondo come, forse, il più grande potere che opera in ciascuno di noi. Lo stato – e la civiltà che sta contribuendo a far crollare – continueranno a combattere questa forza vitale in ogni modo immaginabile, non semplicemente nel sistema bellico, ma negli sforzi per regolare persino i più minuscoli dettagli delle espressioni della vita.

Quando le menti e gli spiriti degli uomini e delle donne si uniranno per occuparsi, con intelligenza, di cosa abbiamo fatto a noi stessi – e stiamo facendo ai nostri figli e nipoti – potremo forse liberarci dei nostri ruoli come servo-meccanismi dello stato e degli interessi del potere corporativo e scoprire come vivere secondo quella forza vitale all'interno di ciascuno di noi. Per chi non ne sarà capace o per i poco disposti ad affrontare la malvagità implicita nelle loro esistenze da robot, non ci sarà altro che una rabbia confusa e degli sciocchi risolini ad accompagnarli nel loro viaggio nel buco nero che li attende.

Sunday, June 21, 2009

Thursday, June 18, 2009

Verso la stagflazione

La frase-totem del momento è “il peggio è passato,” e possiamo esser certi che entrerà nella lunga lista delle “ultime parole famose” degli uomini di governo, come i rinomati inviti di Ciampi ad investire negli immobili o le dichiarazioni di Berlusconi sulla natura psicologica della crisi (non ti hanno tagliato la luce, è la tua tristezza che si riflette sul mondo).

In realtà, come spiega Murphy, queste ottimistiche previsioni non si basano su nulla di concreto ma vengono semplicemente ripetute come un mantra: si vede che dopo la crisi psicologica sono passati direttamente a quella mistica.
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Di Robert P. Murphy


Nelle interviste per il mio nuovo libro sulla Grande Depressione, mi viene posta sempre una domanda naturale: la crisi attuale si rivelerà brutta quanto quella degli anni 30?
La mia risposta standard è tipica di un economista: “sì e no.” Da un lato, c'erano ragioni molto specifiche per le quali la disoccupazione superò nel 1933 il 25 per cento e oggi quei fattori non sono in gioco. Quindi non penso che il tasso di disoccupazione ufficiale si avvicinerà a quel catastrofico livello, benché potrebbe benissimo piazzarsi al secondo posto nella storia economica degli Stati Uniti.

Tuttavia, anche se il tasso di disoccupazione non sarà altrettanto grave, ancora predico che quel che ci aspetta è un miserabile decennio di ristagno economico. Dati tutti gli enormi assalti del governo federale nel settore privato solo nei sei mesi scorsi, francamente non capisco come qualcuno che non sia un vero credente in Karl Marx possa vedere dei “germogli verdi.”

Cosa forse peggiore, in cima alla bloccata produzione di beni e servizi, predico che ciò che aspetta gli americani è la peggiore inflazione dei prezzi nella storia degli Stati Uniti. Così come la stagflazione si riferisce alla combinazione di alti tassi di disoccupazione e di inflazione dei prezzi negli anni 70 – qualcosa che i keynesiani pensavano fosse impossibile – possiamo usare il termine iperdepressione per definire la mistura di iperinflazione e di una grave recessione nella produzione reale. Nel resto di questo articolo spiegherò la mia visione pessimistica.

Perché la disoccupazione toccò il 25% negli anni 30?

Il peggior strafalcione di Herbert Hoover fu insistere con le imprese perché mantenessero i tassi salariali dopo il crack del mercato azionario nell'ottobre 1929. Hoover aderì ad una teoria “sottoconsumista” del ciclo economico, in cui una piccola scossa al commercio potrebbe finire per trasformarsi in una depressione totale se le forze del mercato fossero lasciate ai loro meccanismi. Nella visione di Hoover, la cosa peggiore che le imprese avrebbero potuto fare nel 1930 era di ridurre drasticamente i tassi salariali, perché allora gli operai avrebbero avuto ancor meno soldi per comprare i prodotti; si sarebbe precipitati nell'oblio.

Il problema era che gli Stati Uniti erano ancora in un gold standard e quindi la Fed non poteva inflazionare l'economia con nuova cartamoneta con abbandono e avventatezza (come ha fatto nelle recessioni successive). Quando gli americani hanno cominciato a lasciarsi prendere dal panico ed a ritirare i loro soldi dalle banche, la quantità complessiva di moneta (misurata da aggregati quali M1 o M2) calò nettamente, diminuendo di circa un terzo dal 1929 al 1933.

A causa della contrazione della massa monetaria così come della volontà della gente di tenere più contanti, anche i prezzi in generale calarono sostanzialmente, scendendo ad un tasso annualizzato di più del 10 per cento per diverse porzioni degli anni di Hoover.

Ecco perché la politica di alte retribuzioni di Hoover si dimostrò così disastrosa. Con tutto, eccettuato il lavoro, che scendeva di prezzo nel giro di un mese, i lavoratori disoccupati trovarono difficoltà a rientrare nella forza lavoro. Con le vendite ed i redditi in calo, nessun datore di lavoro voleva impiegare lavoratori allo stesso tasso salariale prevalente ai tempi del boom nel 1929. Poiché Hoover insisteva che gli stipendi rimanessero gli stessi, anche se il tasso salariale di mercato stava cadendo come la produzione ed i prezzi in generale, il risultato fu una disoccupazione sempre più ampia. Questa è la prima lezione di economia.

Nella nostra attuale crisi, non è necessario che ci preoccupiamo per tassi di disoccupazione che toccano il 25 per cento. Anche se le politiche federali ridurranno la produttività del lavoro ed anche se le politiche pro-sindacati di Obama esacerberanno l'“immobilità dei salari,” predico una grande inflazione dei prezzi nel corso dei prossimi anni che tenderà ad attenuare questi fattori. In breve, la maggior parte dei lavoratori potranno ancora trovare lavoro, perché il ritmo a cui Bernanke fa girare le presse tipografiche assicurerà che i loro stipendi non potranno comprare granché nei negozi. Di conseguenza, non sarà così difficile per i datori di lavoro giustificare l'assunzione di persone licenziate da altre ditte, in confronto alla situazione durante gli anni di Hoover.

Perché il P.I.L. reale ristagnerà

Non sarò così stupido da fornire i tassi annuali della crescita prevista del P.I.L. reale; fatemi ricapitolare semplicemente la mia visione dicendo che l'economia sarà nella tazza del cesso per un decennio (consultate un altro dottore in economia per una traduzione precisa di quei termini).

Realmente non capisco quanto persino alcuni analisti di mercato su CNBC e simili possano parlare della fine della recessione entro quest'anno, o chi specula che abbiamo finalmente “toccato il fondo.” Se realmente lo credono, mi domando: perché spendono una parte così cospicua delle loro carriere elogiando i mercati liberi e attaccando il socialismo? Se tutti gli enormi interventi di Bush ed ora di Obama hanno provocato soltanto pochi trimestri di una recessione moderatamente brutta, dov'è il grande problema?

Abbiamo perso tutti la sensibilità di fronte alle estensioni dei poteri federali, perché sono stati così improvvise e così ampie. La mente umana è in grado di adattarsi ragionevolmente in fretta a qualsiasi nuovo ambiente.

Pensiamo ad appena un anno fa. Ricordate che quando un sacco di gente si preoccupava per l'intrusione “ingiustificata” della Federal Reserve nella presa di Bear Stearns? Contrapponetelo ad oggi, dove il governo federale sta letteralmente acquistando la proprietà di pacchetti azionari delle banche principali, dove il meccanismo contabile preciso è una conversione dei (TARP) “prestiti” che ha obbligato alcune di queste banche a prendere, e che il governo (nel momento in cui scrivo) rifiuta di permettere che vengano ripagati.

O che dire di questo: nella primavera del 2008, l'amministrazione Bush spinse per una riduzione d'imposta di stimolo costata poco più di 150 miliardi di dollari. Ricordate che allora questa era considerata una somma di denaro fantastica? Gli analisti di CNBC si lamentarono dell'impatto sui tassi di interesse e del deficit.

Bene, il pacchetto di stimolo del presidente Obama è stato di 787 miliardi; il deficit federale previsto per quest'anno fiscale è 1,8 trilioni. La CBO proietta l'anno scorso che il debito federale come porzione dell'economia raddoppierà durante il prossimo decennio, da circa il 41% a l'anno scorso all'82% entro il 2019.

Oltre al massiccio spostamento di risorse verso il governo, tuttavia, ci sono le massicce intrusioni del potere federale in vari settori. I federali hanno già parzialmente nazionalizzato il settore bancario (un processo iniziato sotto quel “conservatore laissez-faire” di George Bush); hanno assunto la direzione di uno di più grandi assicuratori nel mondo (AIG) e di due delle tre più grandi aziende di automobile; ed hanno assunto la direzione di Fannie e di Freddie ed ora controllano più della metà dei mutui degli Stati Uniti.

Soprattutto, stanno spingendo un programma per limitare le emissioni di biossido di carbonio – che permette al governo di controllare i mercati dell'energia e – oh, perché no? – stanno cercando di nazionalizzare anche la sanità. Giusto per essere sicuri che gli investitori di tutto il mondo si tengano lontani dall'economia americana, l'amministrazione di Obama ha rovesciato i diritti dei creditori garantiti nel fiasco della Chrysler e ha assunto 800 nuovi impiegati all'IRS per inchiodare i ricchi volponi con operazioni commerciali internazionali.

Non è un'esagerazione dire che l'ultima volta che il governo si è espanso in questo molto, così rapidamente, è stato durante il New Deal di FDR. Ed abbiamo avuto un decennio di miseria durante quel particolare esperimento. Perché le cose dovrebbero essere differenti questa volta?

Il crollo del dollaro, per buona misura

Come se quanto sopra non fosse abbastanza triste, in cima abbiamo la possibilità molto reale che il dollaro crollerà. I banchieri centrali hanno discusso apertamente la commutazione dal dollaro in un “paniere” di altre valute; questi discorsi non li avremmo mai ascoltati anche solo 18 mesi fa.

È vero che ci sono delle forze deflazionistiche all'opera, ma credo che Bernanke li abbia superati e che continuerà ad agire in tal modo. Prima di tutto, osservate ancora ciò che ha fatto alla “base monetaria,” che fondamentalmente cattura quanto delle riserve Bernanke ha pompato nel sistema bancario:



Lo so, lo so, gli economisti possono offrire ogni genere di argomentazione intelligente, per spiegare perché non c'è “niente da vedere qui, gente.” Ma se e quando il dollaro sprofonderà e vedremo un'inflazione dei prezzi in percentuali superiori al 20%, penso che la gente riguarderà la tabella di cui sopra e si sorprenderà, “come diavolo siamo riusciti a convincerci di preoccuparci per la deflazione?”

Per quel che vale, l'aggregato monetario M1 (assett molto liquidi come contanti e conti correnti) è aumentato del 17% durante il 2008. Ricordate, durante gli anni di Hoover la Fed non poteva impedire che M1 calasse ripidamente. Dobbiamo tenere presenti queste differenze prima di trarre qualsiasi conclusione su ciò che accade ai prezzi “durante la depressione.”

Un ultimo punto a proposito di deflazione/inflazione: se aveste letto i titoli di CNBC ed ascoltato Ben Bernanke, potreste avere l'impressione che stiamo ancora avvertendo “le pressioni deflazionistiche” nel 2009. Ma, indovinate? Se osservate le figure dell'indice dei prezzi al consumo non aggiustate per la stagione della BLS, vedrete che dal dicembre 2008 all'aprile 2009, i prezzi sono aumentati ad un tasso annualizzato del 4.3 per cento. Sì, avete sentito bene: se buttate via gli “aggiustamenti stagionali” e guardate solo ai nudi grafici dell'IPC, durante gli ultimi quattro mesi il tasso d'inflazione dei prezzi è ben al di sopra del professato “livello di comfort” di Bernanke.

Conclusione

Capisco che esiste la tentazione di fare previsioni molto tenebrose, dato che è un modo per attrarre l'attenzione. Potete pensare che le abbia ceduto. Ma rileggendo le mie argomentazioni qui sopra, non vedo dove l'emozione o il sensazionale si possano essere insinuati.

Lasciatemi provare un'ultima cosa per chiarire la mia posizione. Supponiamo che nel 2007 vi fosse stato passato un pezzo di carta e una matita e vi fosse stato chiesto, “fornite una lista di punti su come generare una grave stagflazione negli anni dal 2010 al 2019.”

La vostra lista non sarebbe abbastanza simile a ciò che è già accaduto?

Wednesday, June 17, 2009

La vita sta distruggendo il pianeta!

Pentitevi e uccidetevi: questi sembrano essere i comandamenti dei sacerdoti della nuova religione ambientalista, secondo la quale l'umanità è una minaccia per “la salute della terra.”

Butler Shaffer riflette su questi e altri deliri ormai diffusissimi in tutti gli strati della cultura. Probabilmente si tratta solo dei primi segni del processo autodistruttivo già in atto.

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Di Butler Shaffer

Recenti notizie ci avvisano di un altro fattore che contribuisce alla minaccia del riscaldamento globale, che proviene dalle flatulenze delle vacche. I processi metabolici del nostro amico bovino producono metano, uno dei gas serra contro cui il credente ecologo è sempre vigile. Il metano è anche prodotto dal collasso della materia organica (per esempio, concime, discariche) e da altre forme di vita. Nel suo libro Gaia, il rinomato chimico James Lovelock ha analizzato in che modo il metano, prodotto nelle budella delle termiti, sia un fattore essenziale nella natura auto-regolamentata dell'atmosfera della terra.

La nozione che “l'autoregolazione” potrebbe rivelarsi responsabile dell'ordine che si trova nei sistemi sociali, economici o biologici è un'eresia per i pusher di ogni fede dottrinale, compresa la teologia secolare dell'ambientalismo bigotto. Il pusher può essere visualizzato come una persona con un guinzaglio, alla ricerca di un cane. Come i camaleonti, possono subire cambiamenti superficiali per adattarsi alle circostanze in cui si trovano: la persecuzione delle streghe o degli infedeli, l'avanzata del socialismo di stato, o, moderno, la salvezza del pianeta. Non importa ai fanatici di ogni provenienza particolare che il loro sistema di fede sia fondato in una sostanziale verità; basta che fornisce una plausibile spiegazione razionale per l'imposizione dell'autorità sulla vita degli altri. I discepoli dell'ambientalismo sono passati dall'essere profeti di una “nuova glaciazione in arrivo,” al “riscaldamento globale,” al compromesso del “cambiamento climatico” mentre la base empirica dei loro proclami continua ad essere messa in dubbio dagli scienziati.

Se la flatulenza delle vacche è da considerarsi una minaccia da regolamentare – o persino proibire – dai pusher istituzionalizzati, quale sarà la prossima? I futuri obiettivi saranno i ristoranti messicani e i barbecue del Texas? Nei loro sforzi per sottomettere ogni sfaccettatura della dieta e dello stile di vita degli altri al loro attento scrutinio, questi sociopatici riveleranno alla fine la loro ambizione di comandare a tutta la creazione come un dio collettivo?

Fin dall'infanzia ho avuto un forte interesse alla geologia. Molto tempo fa ho appreso delle origini turbolente della terra; di come le placche tettoniche e la deriva dei continenti hanno modellato e rimodellato il pianeta; degli effetti provocati dall'invasione di comete, asteroidi, delle eruzioni solari e delle meteore; delle periodiche inversioni dei poli e dei periodi di glaciazione; e, la cosa più interessante, come la terra è stata abbastanza resistente per rispondere ad un simile tumulto. I molti che condividono questa comprensione di ciò che il nostro pianeta ha attraversato in miliardi degli anni possono apprezzare come l'ultimo George Carlin ha trattato quelle anime innocenti che vogliono “salvare il pianeta” da inconvenienti di importanza relativa come i sacchetti di plastica e le lattine d'alluminio!

L'attività vulcanica che ha introdotto grandi quantità di gas nell'atmosfera della terra deve essere attribuita al pianeta stesso e non alla presenza di vita organica. Questa conclusione è ancor più obbligata quando si considerano le cause della maggior parte delle condizioni disgreganti che sono occorse durante il periodo precambriano (cioè, prima che la vita apparisse sulla terra). Quindi, i sistemi viventi non possono essere ritenuti responsabili di tutti i “mali” del pianeta nella crescente lista di casi particolari degli ambientalisti.

Naturalmente, dobbiamo considerare che è contro l'umanità che gli ambientalisti si scagliano nella loro versione secolare del peccato originale. Quanto spesso sentiamo dire che l'umanità deve limitare la sua partecipazione al resto del creato affinché non “disturbiamo l'equilibrio della natura?” L'idea che la nostra specie debba essere divisa dal resto della natura riflette il carattere conflittuale di questa ideologia. Similmente, la continua critica della nostra “impronta ambientale” riflette il pensiero che siamo collettivamente trasgressori su questo pianeta, con gli ambientalisti sulla scena del crimine nel ruolo di poliziotti alla continua ricerca della prova delle nostre azioni criminali contro gli interessi di certi proprietari mal definiti.

Ma dacché l'umanità non può portare a termine i suoi misfatti contro il pianeta senza la complicità delle altre specie, è evidente che – come per la caccia ai “terroristi” – una rete molto più grande dev'essere lanciata più al largo. Quando le vacche che emanano gas diventano un'ulteriore minaccia per destare i riscaldamentoglobalisti, cominciate a percepire che questa nuova ortodossia ha, al suo cuore, un'ostilità per la vita in sé. Il processo della vita – sia esibito dagli esseri umani, da altri animali o dalle piante – coinvolge la trasformazione di ogni tipo di risorse per rispondere all'esigenza di ridurre l'entropia degli esseri viventi. La vita si alimenta di altra vita e, dato che nessuno di noi è al cento per cento efficiente in questo processo, finiamo invariabilmente per produrre dei sottoprodotti entropici – dell'energia non disponibile all'uso produttivo – che possono rivelarsi abbastanza favorevoli aper altre forme di vita. In modo simile le piante emettono ossigeno che, a sua volta, è inalato dagli animali che completano lo scambio con il mondo vegetale esalando l'anidride carbonica da cui dipendono.

Si penserebbe che, con un esempio simile, i rapporti simbiotici che esistono fra così tante specie sul pianeta potrebbe ispirare persino il fedele ambientalista a riconsiderare la sua ostilità verso i processi della vita. Una lettura del meraviglioso libro di Michael Pollan, The Botany of Desire, potrebbe rivelargli in che modo gli esseri umani si sono relazionati con la vita di piante come i tulipani, le mele, la marijuana e le patate, per il reciproco beneficio degli uni e degli altri. La descrizione e le analisi di Pollan su come queste specie hanno servito i loro interessi personali attraverso le altre, è in forte contrasto con l'interpretazione marxista dello “sfruttamento” umano della vita delle piante. I tulipani e le mele sono stati “sfruttati„ dall'umanità, o queste piante si sono impegnate nello “sfruttamento” rendendo le loro qualità attraenti così che gli esseri umani abbiano volessero coltivarle?

Gli ambientalisti non faranno mai tali domande, naturalmente, perché agire in tal modo sarebbe letale per i pusher, che dipendono dal nutrire l'atteggiamento mentale che i nostri rapporti reciproci siano inconciliabili. Un mondo in cui l'ordine fosse mantenuto dalla simbiosi, dall'autogoverno e dalla cooperazione non avrebbe bisogno della struttura che è il solvente universale offerto dalla classe politica affinché ogni circostanza sia sfruttata per i suoi interessi di potere.

E così, dobbiamo dimenticare che l'anidride carbonica che noi esseri umani – e gli altri animali – espelliamo nel nostro sforzo di continuare a sopravvivere si trasforma nell'alimentazione per le piante che producono tutto l'ossigeno e gran parte del cibo su cui possiamo contare. Presto potremmo arrivare a sentire dall'ala apocalittica della chiesa ambientalista che i rapporti fra le specie “animali” e “vegetali” costituiscono una minaccia contro il pianeta. Non siamo solo noi esseri umani a dover essere accusati, ma anche le piante e gli animali della terra che cospirano con noi per continuare con questo distruttivo ciclo ossigeno/anitride carbonica. È lo stesso processo della vita, vi informeranno tra poco gli ambientalisti, a minacciare la stabilità del pianeta.

Portato ai suoi limiti logici ed empirici, i dogmi ambientalisti conducono a guerre infinite contro i tentativi della forza dellla vita di manifestarsi e sostenersi sulla terra. Ma la vita è una forza disgregativa, che in perpetuo cambia l'ambiente in forme diverse. E tutto questo cambiamento, ci viene detto, è una minaccia contro il pianeta, che deve ora adattarsi – come ci ha ricordato George Carlin – per incorporare i sacchetti di plastica nella sua essenza.

L'assunto alla base di molto di ambientalismo è che mantenere l'equilibrio porta benefici ad un sistema. Questo è lo stesso atteggiamento che guida la maggior parte degli interessi delle imprese a voler stabilizzare le condizioni in cui si verificherà la concorrenza. Uno dei miei primi libri, In Restraint of Trade, documenta questo sforzo negli anni dal 1918 al 1938. Ma in tutti i sistemi viventi – che sia un individuo, un'impresa, o una civiltà – la stabilità è l'equivalente della morte. Nelle parole del celebre botanico Edmund Sinnott, “[c]ostanza e conservazione sono qualità dei senza vita, non della vita.” L'unica volta che il vostro corpo sarà in una condizione di equilibrio è quando sarete morti; il vostro sistema biologico avrà cessato di dare risposte vitali ai cambiamenti nel vostro ambiente. Neppure nel mercato si manifestano stati di equilibrio. La legge della domanda e dell'offerta tende verso l'equilibrio dei prezzi – un aumento nella domanda o una scarsità nella disponibilità aumenterà i prezzi che, a loro volta, incoraggeranno la maggior produzione che abbasserà i prezzi – ma senza mai realizzare la stabilità come condizione fissa.

Contrariamente a coloro che insistono sulla sterilizzazione del pianeta – vaccinandolo dal virus dell'umanità – posso suggerire una metafora alternativa, sottratta al biologo Lewis Thomas. Nel suo meraviglioso libro, The Lives of a Cell, Thomas propone una metafora più olografica che vede la terra non come l'icona meccanicistica e frammentata a cui il nostro pensiero politicizzato ci ha abituato, ma come un sistema integrato. Come una cellula che funziona per mezzo di interconnessioni orizzontali piuttosto che in una direzione strutturata verticalmente, il pianeta può essere visto come un sistema autoregolato, che sostiene la vita reciprocamente alimentato dalla spontaneità e dall'autonomia dei suoi vari partecipanti. Considerato questo, coloro che insistono nel dividere questa interconnessione e nel frammentare la vita in categorie di controllori e di controllati, pongono la più grande minaccia contro la capacità di vivere del pianeta.

Tuesday, June 16, 2009

Monday, June 15, 2009

Sunday, June 14, 2009

Fascialismo: il nuovo sistema americano

“Il bene comune viene prima del bene privato.” Potrebbe essere lo slogan dell'amministrazione Obama ma, come ci ricorda Thomas DiLorenzo fu coniato nella Germania nazista. Con i concetti di bene comune, interesse nazionale, servizio alla collettività, costituisce la base dottrinaria di tutti i totalitarismi: negando la centralità dell'individuo si facilita la sua sottomissione all'autorità, che seppur formata da individui si presenta non come rappresentante di un'entità superiore, la “collettività.”

E se il genere di sistema economico può variare leggermente da caso a caso, la dissoluzione dell'individuo nella massa e la negazione della sua libertà sono una costante in tutti i regimi della storia, il passo necessario per garantire i privilegi del potere.

Almeno fino all'inevitabile implosione dell'economia.
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Di Thomas J. DiLorenzo


“Se il liberalismo classico si scrive individualismo, il fascismo si scrive governo.”
~ Benito Mussolini, La Dottrina del Fascismo

I due peggiori flagelli dell'umanità nel ventesimo secolo sono stati il socialismo ed il fascismo. Insieme, hanno rovinato gran parte dell'economia mondiale a causa della loro comune “presunzione fatale” (termine di F.A. Hayek) che i pianificatori centrali del governo fossero superiori alla proprietà privata ed ai mercati liberi. I governi fascisti e socialisti (non che ci sia una gran differenza fra loro) hanno ucciso oltre 100 milioni dei loro cittadini, come ha documentato il sociologo R.J. Rummel (vedi il suo libro, Death by Government), ed hanno istigato guerre che hanno causato altri milioni di morti.

Incredibilmente, il duopolio bipartitico che lungamente ha governato l'America ha adottato sia il fascismo che il socialismo come le caratteristiche che definiscono il nostro sistema economico. Chiamatelo fascialismo. È una ricetta per il suicidio economico delle nazioni.

Fascismo economico

Il fascismo economico come praticato in Italia e Germania negli anni 20 e ’ 30 permetteva alla proprietà ed all'impresa privata di esistere, ma soltanto se rigorosamente controllate e regolamentate dallo stato in modo che servisse “l'interesse pubblico” e non gli interessi privati. La filosofia del fascismo tedesco era espressa dallo slogan Gemeinnutz geht vor Eigennutz, che significa che “il bene comune viene prima del bene privato.” “L'Ariano,” scrisse Hitler in Mein Kampf, “subordina volontariamente il proprio ego alla comunità e, se l'ora lo richiede, lo sacrifica persino.” Suona molto simile al tema della campagna di John McCain “Prima il Paese” (prima dell'interesse personale), non è vero?

Naturalmente, è il governo a decidere cosa costituisce “il bene comune.” Ci sono dubbi che il governo ora definirà come costituenti “il bene comune” le attività bancarie e le fabbriche di automobili – e la sanità una volta completamente nazionalizzata?

La filosofia alla base del fascismo italiano era virtualmente identica. “La concezione fascista della vita,” scrisse Mussolini in La Dottrina del Fascismo, “esalta l'importanza dello Stato ed accetta l'individuo solo nella misura in cui i suoi interessi coincidono con quelli dello Stato.”

È notevole come le dichiarazioni contemporanee di politica economica siano così spesso identiche a quelle fatte dai fascisti europei all'inizio del ventesimo secolo. Mussolini si lamentò nel 1935, per esempio, perché l'intervento del governo nell'economia italiana era stato “troppo vario e dispersivo, contraddittorio. Ci sono stati . . . interventi, caso per caso, all'occorenza.” Il suo consigliere, Fausto Pitigliani, spiegò che sotto il fascismo la regolamentazione del governo avrebbe invece realizzato una certa “unità d'intenti.”

Esattamente in questo modo i poteri forti a Washington hanno diagnosticato la presente crisi finanziaria: c'è stata troppo poca regolamentazione del mercato finanziario, ci dicono, ed è stata, be', anche varia e contraddittoria. Quindi, hanno suggerito una Super Autorità Regolamentatrice che si suppone governerà, regolamenterà e controllerà ogni “rischio sistemico” nell'intera economia. L'unico dibattito è se, per realizzare questa “unità dello scopo,” debba esser creata un'agenzia interamente nuova o se dovrebbe essere data la responsabilità a quella Fed che è la prima causa dell'attuale crisi economica.

Le “associazioni” governo-impresa erano un segno distintivo sia del fascismo italiano che di quello tedesco. Tuttavia, come Ayn Rand notò una volta, in tali “associazioni” il governo è sempre il “socio principale.” La “collaborazione” di governo e impresa era presumibilmente necessaria nell'Italia fascista, spiegò Fausto Pitigliani nel suo libro del 1934, Lo Stato Corporativista Italiano, perché “il principio dell'iniziativa privata può essere utile soltanto al servizio dell'interesse nazionale.” È questo “servizio dell'interesse nazionale” il lavoro progettato per lo “Zar dell'auto” recentemente nominato dall'amministrazione Obama (insieme, finora, ad altri circa venti “Zar”). È inevitabile che come prodotto finale avremo le automobili peggiori del mondo, infinite sovvenzioni e prestiti, e un debito sbalorditivo caricato sulle spalle dei contribuenti. Tutto per pagare un debito da campagna elettorale al sindacato unitario dei lavoratori dell'automobile, che porta gran parte della responsabilità per la distruzione di General Motors e di Chrysler in primo luogo.

Il segno distintivo della politica economica dell'amministrazione Obama fino ad ora è un'“associazione” forzata con dozzine di grandi banche e con General Motors e Chrysler. Sta minacciando centinaia di altre “associazioni” in nome della regolamentazione ambientale. E questo appena nei primi cinque mesi. Mussolini avrebbe provato invidia.

Il fascismo italiano generò una gigantesca economia di salvataggi. Il critico sociale italiano Gaetano Salvemini scrisse nel suo libro del 1936 Sotto l'ascia del fascismo, che “È lo stato, cioè, il contribuente, ad essere diventato responsabile dell'impresa privata. Nell'Italia fascista lo stato paga gli errori grossolani dell'impresa privata.” “Il profitto è rimasto all'iniziativa privata,” scrive Salvemini, ma “il governo ha aggiunto le perdite al peso dei contribuenti. Il profitto è privato e individuale. Le perdite pubbliche e sociali.” Suona familiare?

Mussolini stesso si vantò nel 1934 che “tre quarti del sistema economico italiano era stato sovvenzionato dal governo,” scrive Salvemini. L'amministrazione Obama (con una spinta iniziale datale dall'amministrazione Bush) è sulla strada per superare questo livello di saccheggio.

Socialismo

Nell'introduzione all'edizione del 1976 del suo famoso libro, La Via della Schiavitù, F.A. Hayek ha scritto (p. xxiii) che quando il libro fu pubblicato per la prima volta nel 1944, il socialismo significava “senza ambiguità la nazionalizzazione dei mezzi di produzione e la pianificazione economica centrale che la rendeva necessaria.” Ma entro gli anni 70 “il socialismo è venuto a significare principalmente una vasta ridistribuzione dei redditi con le tasse e l'istituzione dello stato sociale.” Quindi, dagli anni 30 il partito democratico in America è stato il partito del socialismo, con poca o nessuna efficace opposizione da parte del partito repubblicano o, come nel caso dell'amministrazione del presidente George W. Bush, con complice partecipazione. L'amministrazione Bush ha ampliato notevolmente lo stato sociale, mentre Obama intende ampliarlo molto più velocemente, specialmente se riesce a realizzare il socialismo nella sanità e ad imporre livelli ancor più punitivi di tasse sul reddito ai cittadini più produttivi.

Obama promette il peggiore di tutti i mondi economici: una vasta espansione della forma di socialismo dello stato sociale, come definita da Hayek, con una dose pesante di socialismo stalinista antiquato, da primo ventesimo secolo, con nazionalizzazione delle banche, delle fabbriche aziende automobilistiche, della sanità e di qualsiasi altra cosa su cui possa mettere le mani. Il culto mussoliniano della personalità che gli è cresciuto intorno faciliterà questa disastrosa marcia verso il suicidio economico nazionale.

Saturday, June 13, 2009

Columbus goes to Greece

Ecco le strisce di Collective Hope come sono apparse nell'inserto a fumetti di Eleftherotypia, con a fianco la copertina. Queste sono le prime:




E queste sono quelle uscite nel numero di oggi:



Un piccolo virus nella cultura popolare greca...

Friday, June 12, 2009

La cura per la sanità

And so we must conclude that “we” are not the government; the
government is not “us.”
(Murray N. Rothbard, For a new liberty)


Nell'edizione dell'aprile 1993 di The Free Market, Hans-Hermann Hoppe descriveva brevemente i quattro punti per ricreare un sistema sanitario efficiente ed economicamente sostenibile, spiegando in breve perché queste misure sono indispensabili. Questi quattro punti sono:
1. Eliminare tutti i requisiti di licenza dalle facoltà di medicina, dagli ospedali, dalle farmacie e dai medici e dall'altro personale sanitario. La loro disponibilità aumenterebbe quasi immediatamente, i prezzi scenderebbero e una maggior varietà di servizi sanitari comparirebbe sul mercato.

Agenzie di garanzia volontarie in concorrenza tra loro sostituirebbero la licenza obbligatoria del governo – sempre se i fornitori di sanità ritengono che tale garanzia possa aumentare la loro reputazione, e che i loro consumatori diano un peso alla reputazione e siano disposti a pagarla.

Dato che non sarebbero più ingannati a credere che uno “standard nazionale” della sanità esista, i consumatori aumenteranno i loro costi di ricerca ed opereranno scelte sanitarie più attente.

2. Eliminare tutte le limitazioni governative sulla produzione e sulla vendita di prodotti farmaceutici ed apparecchiature mediche. Ciò significa niente più Food and Drug Administration, che attualmente ostacola l'innovazione e aumenta i costi.

Costi e prezzi calerebbero, ed una più ampia varietà di prodotti migliori raggiungerebbe il mercato più rapidamente. Il mercato obbligherebbe i consumatori ad agire secondo la propria – piuttosto che del governo – valutazione del rischio. E produttori e rivenditori di farmaci e apparecchiature in concorrenza tra loro, sia per proteggersi contro le cause legali che per attrarre clienti, fornirebbero descrizioni del prodotto e garanzie sempre migliori.

3. Deregolamentare il campo delle assicurazioni sulla salute. L'impresa privata può offrire un'assicurazione contro eventi sul cui risultato l'assicurato non ha il controllo. Non ci si può assicurare contro il suicidio o il fallimento, per esempio, perché la causa di questi eventi è nelle mani di ciascuno.

Poiché la salute di una persona, o la mancanza di essa, si trova sempre più sotto il suo controllo, molti, se non la maggior parte dei rischi per la salute, in realtà non sono assicurabili. “Assicurarsi” contro i rischi la cui probabilità un individuo può sistematicamente influenzare ricade all'interno della responsabilità di quella persona.

Qualsiasi assicurazione, inoltre, prevede il raggruppamento di rischi individuali. Implica che gli assicuratori paghino più a qualcuno e meno ad altri. Ma nessuno sa in anticipo e con certezza quali saranno i “vincitori” e i “perdenti.” I “vincitori” e i “perdenti” si distribuiscono a caso e la ridistribuzione del reddito risultante non è sistematica. Se i “vincitori” o i “perdenti” si potessero prevedere sistematicamente, i “perdenti” non vorrebbero raggruppare il loro rischio con i “vincitori,” ma con altri “perdenti,” perché questo abbasserebbe i loro costi assicurativi. Non vorrei raggruppare i miei personali rischi di incidente con quelli dei giocatori di football americano professionisti, per esempio, ma esclusivamente con quelli di persone in circostanze simili alle mie, ad un costo più basso.

A causa delle limitazioni legali sul diritto al rifiuto degli assicuratori della salute – per escludere qualsiasi rischio individuale come non assicurabile – il sistema attuale di assicurazione sulla salute è interessato soltanto in parte all'assicurazione. L'industria non può discriminare liberamente fra i diversi rischi collettivi.

Di conseguenza, gli assicuratori della salute coprono un gran numero di rischi non assicurabili accanto, e insieme, a veri rischi assicurabili. Non discriminano fra i vari gruppi di persone che comportano rischi assicurativi significativamente differenti. L'industria opera così un sistema di ridistribuzione del reddito – avvantaggiando gli attori irresponsabili ed i gruppi ad alto rischio a scapito degli individui responsabili e dei gruppi a basso rischio. I prezzi dell'industria sono di conseguenza elevati e in aumento.

Deregolamentare l'industria significa ristabilire la libertà di contratto senza restrizioni: per permettere ad un assicuratore della salute di offrire qualsiasi tipo di contratto, che includa o escluda qualsiasi rischio e discrimini fra qualsiasi gruppo di individui. I rischi non assicurabili perderebbero la copertura, la varietà di polizze per la copertura rimanente aumenterebbe e le differenze di prezzo rifletterebbero i veri rischi assicurativi. In media, i prezzi calerebbero drasticamente. E la riforma ristabilirebbe la responsabilità individuale nella sanità.

4. Eliminare tutti i sussidi ai malati. I sussidi generano più di qualunque cosa sovvenzionano. I sussidi per la malattia coltivano la malattia e promuovono disattenzione, indigenza e dipendenza. Se li eliminiamo, rinforzeremmo la volontà di vivere una vita sana e di lavorare per vivere. In primo luogo, questo significa abolire Medicare and Medicaid.
Se si vuole ragionare legando le cause agli effetti, le argomentazioni di Hoppe sono incontestabili, del resto la sanità di stato è solo una grossa bolla che, come tutte le bolle, è destinata a scoppiare: costi e prezzi sempre più alti, qualità del servizio sempre più bassa, fino all'inevitabile implosione allorché le risorse che escono supereranno quelle che entrano. Un po' come la pensione “per tutti,” ma dai cent'anni in su. O come la “piena occupazione,” però obbligatoria.

Un appunto mi sento di farlo, però, ed è il solito discorso delle privatizzazioni, ovvero: se il sistema sanitario è stato pagato dal contribuente – non volontariamente, per giunta – con che diritto lo stato dispone di questo bene? Inoltre, ciò che accade è che i beni cosiddetti pubblici vengono svenduti proprio allo stesso entourage che ha garantito il potere agli uomini di governo, l'élite dello stato corporativo. E vengono svenduti non solo per corruzione ma anche per la congenita impossibilità di stabilire un prezzo di mercato in un mercato popolato di monopoli.

In questo modo ad ereditare uno di questi monopoli sono i clientes privilegiati degli uomini di governo, un monopolio che pur se privato non può essere considerato naturale in quanto creato con la coercizione: questo da sé limiterebbe i benefici portati dal mercato, già abbondantemente ridotti dalla presenza dell'infausto monopolio della moneta. C'è il rischio, privatizzando “a pezzi,” di creare una situazione anche peggiore, un rischio aggravato da una questione morale: se lo stato non ha il diritto di rubare, non ha nemmeno quello di vendere la refurtiva, e da una radice marcia non cresce una pianta sana.

Una possibile soluzione potrebbe essere la divisione in azioni del bene in questione, da assegnare poi proporzionatamente alle dichiarazioni dei redditi, così che ciascuno possieda una parte del bene in qualche modo corrispondente alla cifra pagata. Sembra un po' una proprietà collettiva, è vero, ma in regime di mercato niente impedisce a nessuno di acquistare quelle azioni e di prendere infine possesso dell'intero bene, a quel punto all'unico prezzo corretto secondo la logica del libero mercato, quella secondo cui entrambi gli attori si ritengono più soddisfatti al termine dello scambio.

Lo stato non siamo noi. Quindi la vera privatizzazione è quella in cui lo stato rende a noi, i privati, quello che ci ha rubato.

Thursday, June 11, 2009

Faccia nuova, stessa politica

Bella intervista a Ron Paul pubblicata dal sito liberal Huffingtonpost.com sulla politica estera di Obama e la questione della tortura. Il sospetto è che l'unica differenza tra l'attuale presidente ed il suo predecessore sia effettivamente nel colore della pelle. Fosse poi vero, come si diceva, che “Barracks” Obama sia un lontano cugino di Dick Cheney, molte cose si spiegherebbero: buon sangue non mente...
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Kathleen Wells: Come membro della Commissione per gli Affari Esteri della Camera dei Deputati degli Stati Uniti, qual è la vostra opinione su questa questione della tortura?

Ron Paul: Be', è contro la legge – sia la nostra che il diritto internazionale. Quindi, non dovremmo usarla. E sono contro per motivi personali e morali. Penso che sia una cosa orribile. E per quanto riguarda i motivi pratici, penso che abbia assolutamente alcun valore. E se vogliamo sul serio ottenere delle informazioni, usando altre tecniche, in realtà, ne otteniamo di più.

Kathleen Wells: Quindi credete che stessimo usando la tortura nei nostri interrogatori a Guantanamo?

Ron Paul: Non penso che le foto che ho visto fossero false – quelle che sono state rese pubbliche un anno o due fa. E, ovviamente, ci sono altre foto di torture che attirano maggiore attenzione perché rifiutano di rilasciarle, il che significa che deve trattarsi di un vero atto d'accusa per ciò che facevano.

Kathleen Wells: Cosa pensate della decisione del presidente Obama di rendere pubblici i documenti sulla tortura?

Ron Paul: Penso che sia stato un gesto puramente politico. Penso che abbia tradito le promesse. È stato scelto come cambiamento ma è la stessa vecchia roba ed ora, su questa ed altre questioni, è tanto neo-con quanto lo è stato Bush. La guerra è stata ampliata. Continua a tener aperta Guantanamo. Probabilmente si fanno ancora, per quanto ne sappiamo, dei voli segreti di tortura . Abbiamo solo spostato parte di questo procedimento oltremare. Non saremo informati di ciò nel dettaglio.

Kathleen Wells: Ritenete che il presidente Obama sia neo-con come Bush? Non vedete una distinzione fra le due amministrazioni?

Ron Paul: Il tono è diverso, ma le politiche non cambiano. Stiamo spargendo la guerra. La guerra si sta espandendo. Non stiamo perseguendo quelli che hanno eseguito le torture. Guantanamo non verrà chiusa. Quindi no, non la vedo.

Obama ha aumentato il budget del DOD [Dipartimento della Difesa]. È certo che potremmo spendere alcuni di quei soldi nel nostro paese dove la gente sta davvero soffrendo. Ma abbiamo aumentato il budget del DOD, mi sembra, del 10 per cento. Non posso vedere alcun cambiamento significativo nella politica estera. La promessa di lasciare l'Iraq era una piccola promessa e prevedo che non accadrà. Ci saranno truppe in Iraq con questa amministrazione, ne sono convinto.

Kathleen Wells: Perché ne siete convinto?

Ron Paul: Perché penso che nessuno voglia affrontare le difficoltà che potrebbero seguire. I problemi li abbiamo creati noi andando là e quando ce ne andremo, i problemi probabilmente peggioreranno un po'. Allora daranno la colpa all'essercene andati, ma il vero problema è stato andarci. Così, penso che la pressione internazionale che sopportiamo da vari alleati sia così grande che non ce ne andremo. E non aspettatevi che le politiche cambino.

Tutto si svolge come ho detto per anni. La politica estera non cambia con i repubblicani o i democratici. In generale, sono pochissime le politiche che cambiano. C'è molto dibattito e molta retorica, ma le cose continuano come sempre.

Quando c'era Clinton, i repubblicani condannarono il suo problema somalo. Bush disse che non sarebbe stato un costruttore di nazioni e un poliziotto mondiale e appena fu eletto si rivelò molto peggio. Obama dice che Bush è terribile e viene eletto, e improvvisamente, indovinate chi sta incoraggiando Obama adesso? Gente come Lindsay Graham. I veri falchi del Partito Repubblicano si stanno godendo tutto questo. Calcolano di stare vincendo questi scontri.

Kathleen Wells: Potete dirmi cosa pensate del recente discorso dell'ex-vice presidente Dick Cheney sulle tecniche di interrogazione e sulla sicurezza nazionale?

Ron Paul: Non mi aspettavo niente di totalmente nuovo. Ha solo provato a difendere ciò che ha fatto e la sua partecipazione nel corso degli anni. Continuerà a dire che ha salvato molte vite torturando – una cosa a cui non credo neanche per un secondo.

È più probabile che creda a Matthew Alexander ed alla sua posizione sulla tortura. Matthew Alexander era un funzionario implicato. Era nell'aeronautica, ma era là ed ha eseguito oltre 300 interrogatori, ed aveva molto, molto successo. Ma si è rifiutato di obbedire all'ordine di partecipare a qualsiasi cosa di violento o che odorasse di tortura. Quella è la prova che potete ottenere più informazioni, piuttosto che di meno [senza usare la tortura].

Penso che la prova ora la stiano fornendo persone che dicono che la tortura non era intesa per ottenere informazioni. Hanno ottenuto molte informazioni da questi individui – questi pochi, questi tre che ora sono ben noti. Hanno ottenuto molte informazioni da loro prima che fossero torturati. Cercavano di convincerli di dire che c'era un collegamento fra Al-Qaeda e Saddam Hussein per giustificare questa guerra illegale.

Kathleen Wells: Spiegate perché credete che non ci sia differenza fra l'amministrazione Obama e l'amministrazione Bush?

Ron Paul: Nello stile, sono differenti. Il tono è diverso e penso che ci sia un beneficio in questo. Ma le sue politiche non cambiano. Alla fine, sono le politiche che contano. Le forti dichiarazioni contro l'Iran ci sono ancora. E, proprio ora, passando per la nostra commissione (la Commissione Congressuale delle Relazioni Internazionali/Commissione degli Affari Esteri) saranno imposte all'Iran sanzioni più pesanti – in cerca di un altro scontro. E abbiamo preso la posizione di non permetter loro di continuare con i test nucleari, anche se nell'ambito della legge ed anche se fatti pacificamente. Non lo consentiremo. Così no, quella posizione non è cambiata.

Come ho detto prima, in Iraq la guerra non si sta spegnendo. La violenza sta aumentando. E la guerra si sta espandendo in Afghanistan, mandandoci più truppe. Ed ora stiamo cominciando con il Pakistan. E, davvero, tutto il problema del Pakistan è solo un riflesso della nostra politica estera molto, molto sbagliata. Diamo la caccia ai talebani ed alcuni entrano in Pakistan, quindi invitiamo pubblicamente il loro governo a fare questo e quello, insomma stiamo lavorando molto duramente per avere un'altra guerra nel Pakistan.

Kathleen Wells: Cosa avreste fatto di diverso se foste stato presidente? So che eravate uno dei principali candidati presidenziali.

Ron Paul: Avrei riportato le truppe a casa. Li avrei semplicemente riportati tutti a casa. Li porterei via dalla Corea. Li porterei via dalla Germania. Risparmierei centinaia di miliardi di dollari e questo sarebbe un vero stimolo. Per stimolare l'economia, sospenderei immediatamente l'imposta sul reddito per tutti.

Sarebbero soldi nelle mani della gente – che costerebbe meno di queste centinaia di miliardi di dollari per i salvataggi che entrano nelle tasche dei privilegiati che poi ottengono i loro benefit pensionistici e tutte le loro indennità. Farei tutto in modo molto diverso.
La politica estera, tuttavia, sarebbe la grande questione. Bisogna superarla. Togliere le sanzioni ed iniziare a commerciare con Cuba. Non parlarne soltanto, ma cominciare a farlo.

Kathleen Wells: E l'Iran?

Ron Paul: Li tratterei come trattammo i sovietici. Parlammo con loro. I sovietici avevano 30.000 armi nucleari. L'Iran non bombarderò nessuno. Hanno diritto ad avere un po' di protezione. Hanno armi nucleari al nord, al sud, all'est ed all'ovest e qualunque cosa facciano vengono respinti. Ci sono un po' di tizi cattivi laggiù, ma ci sono un po' di tizi cattivi dappertutto.

Khrushchev non era esattamente il tipo più piacevole del mondo ed affermò che ci avrebbe seppellito, addirittura. Persino tipi come Ronald Reagan parlarono con lui e riuscimmo a risolvere i problemi. Il loro sistema economico crollò.

Ciò che dobbiamo fare è prestare più attenzione agli obiettivi di Osama bin Laden. Ha detto, “vi faremo inginocchiare davanti al vostro fallimento trascinandovi qui e prosciugandovi, ed alla fine provocheremo una crisi economica nel vostro paese.” In questo momento sta vincendo. In questo momento gli iracheni si sono schierati molto vicini agli iraniani. Gli sciiti stanno vincendo. I sunniti sono in rotta. Abbiamo armato l'intera regione. Sempre più armi spedite laggiù dal contribuente americano. I sunniti tutti sono tutti armati. È solo una politica estera molto, molto ridicola.