Saturday, May 31, 2008

Corti Sconci detti Arcani

Vi devo avvertire: i recenti sconvolgimenti geofisici degli ultimi tempi hanno intrappolato l'isola di Laputa in una zona dell'atmosfera particolarmente carica elettromagneticamente, infatti il dispaccio telepatico di questa settimana pare provenga dal limite delle cose umane. Non oso immaginare dove possa trovarsi in questo momento il Pesce volante con la sua capsula temporale! Spero che non si spinga troppo lontano dal Centro di Igiene Mentale di Laputa.

Una lettura interessante e soprattutto, elettrizzante. Pare quasi di respirare l'aria rarefatta ed energizzata della ionosfera terrestre.

Da parte mia il consueto augurio di un buon fine settimana per tutti, e un brindisi con un antico cocktail, il rakì me meli. Ovvero, un’acquavite aromatizzata all'anice, e miele.
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Di Giovanni Pesce

Eravamo fermi, l’altra settimana, al momento della scrittura dei Dieci Comandamenti, un piccolo passo per Mosè ma un grande passo per l’Umanità, ed ora ripartiamo e affrontiamo l’annoso problema delle due Arche dell’Antico Testamento.,

La prima, l’arca di Noè, era in pratica un grosso barcone dove vennero radunate molte coppie di animali che, per loro massima sfiga, alla fine dell’operazione “Save & Kill” vennero uccisi in sacrificio in onore del Padreterno.

L’altra arca, detta dell’Alleanza, era invece conosciuta come il deposito ufficiale delle Tavole della Legge; nei circoli cospirazionisti si è messo in evidenza come quest’arca somigliasse in realtà ad un grosso condensatore elettrico, infatti aveva due punte (le ali di due cherubini) molto vicine tra di loro e queste punte non si toccavano esattamente come l’anodo ed il catodo di una batteria di condensatori. Come altra caratteristica elettrica l’arca produceva dei fulmini e delle saette; come una bottiglia di Leida.

Aveva un esterno in legno di acacia, molto isolante dal punto di vista elettrico.

Aveva un’anima interna in oro, ottimo conduttore elettrico.

Aveva due manici di legno e non doveva mai essere poggiata a terra, per evitare di scaricare a terra il proprio potenziale elettrico.

Ma come era possibile immagazzinare energia elettrica nei tempi remoti quando ancora non era stata fondata l’ENEL SpA? Un’ipotesi che è stata presentata nella riunione mensile del dopolavoro “ Elettrici di Laputa” si basa sull’uso di obelischi.

Alcuni proponevano l’uso di obelischi come antenne per catturare la differenza di potenziale elettrico tra la terra e la punta, l’altra teoria presentata, molto più semplicemente, prevedeva l’uso di obelischi come acchiappa-fulmini.

I fulmini, infatti, per cortocircuitare “Tra Cielo e Terra”, prediligono le punte e vengono attirati dagli obelischi come se fossero dei parafulmini; con qualche accorgimento tecnico è ipotizzabile che un po’ di energia elettrica restasse intrappolata in un eventuale condensatore posizionato alla base dell’obelisco stesso.

A conforto di questa ipotesi di studio sono state presentate delle diapositive con tutti gli obelischi egizi e tutti quelli etiopici di Axum. L’Arca dell’Alleanza sarebbe stata trasferita ad Axum in Etiopia, sull’altopiano alla fonte del Nilo Azzurro, zona soggetta a fenomeni temporaleschi, e possiamo osservare come ad Axum siano stati eretti moltissimi obelischi, dei quali uno (la stele di Axum) ha fatto parte per anni del paesaggio romano.

Anche i romani ricordano come spesso la stele di Axum sia stata oggetto di colpi di fulmine; se, nei secoli passati, anni un buon elettricista romano fosse stato in grado di immagazzinare l’energia elettrica, si sarebbe fatta una buona posizione economica, rivendendo l’energia elettrica un poco a poco imbonendo il pubblico con spettacoli di illusionismo.

In quegli anni, fu, comunque, coniato l’anatema “Che Dio ti Fulmini!”, che fu lo slogan principale dei seguaci della Strategia della Tensione.

Era un Venerdi 13 della 380 a.c. dell’era Trifasica.

Le cause economiche della guerra

Questa è la maggior parte di una lezione tenuta da Ludwig von Mises nella Contea di Orange, in California, nell'ottobre 1944, e pubblicata dalla Fondazione per l'Educazione Economica nel 2004.

La capacità di analisi di Mises applicata ad un argomento sempre attualissimo: la guerra.

[Ripubblicato in un unico post per comodità]

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Di Ludwig von Mises


La guerra è un'istituzione umana primitiva. Da tempo immemorabile, gli uomini desiderano combattersi, uccidersi e derubarsi l'un l'altro. Tuttavia, il riconoscimento di questo fatto non porta alla conclusione che la guerra sia una forma indispensabile di rapporti interpersonali e che gli sforzi per abolirla siano contro natura e quindi condannati al fallimento.

Possiamo, a vantaggio della discussione, accettare la tesi militarista per cui l'uomo è dotato di un innato istinto per combattere e distruggere. Tuttavia, non sono questi istinti e impulsi primitivi a costituire le caratteristiche dell'uomo. L'eminenza dell'uomo si trova nella sua ragione e nel potere di pensare, che lo distingue da tutte le altre creature viventi. E la ragione dell'uomo gli insegna che la cooperazione e la collaborazione pacifiche nell'ambito della divisione del lavoro è un modo più vantaggioso per vivere del conflitto violento.

Non voglio indugiare sulla storia della guerra. È sufficiente accennare che nel XVIII secolo,alla vigilia del capitalismo moderno, la natura della guerra era molto diversa da com'era stata nell'era della barbarie. I popoli non si combattevano più allo scopo di sterminare o di asservire gli sconfitti. Le guerre erano uno strumento dei capi politici e venivano combattute con eserciti comparativamente piccoli di militari di carriera, in gran parte composti da mercenari. L'obiettivo della guerra era determinare quale dinastia avrebbe governato un paese o una provincia. Le maggiori guerre europee del XVIII secolo furono guerre di successione reale, per esempio le guerre degli spagnoli, dei polacchi, degli austriaci ed infine per le successioni bavaresi. La gente ordinaria era più o meno indifferente ai risultati di questi conflitti. Non era granché interessata alla questione se il loro principe reggente fosse un Asburgo o un Borbone.

Nondimeno, queste continue lotte caricarono una pesante zavorra sull'umanità. Furono un serio ostacolo ai tentativi di raggiungere una maggiore prosperità. Di conseguenza, i filosofi e gli economisti del tempo rivolsero la loro attenzione allo studio delle cause della guerra. Il risultato della loro ricerca era il seguente:

in un sistema di proprietà privata dei mezzi di produzione e di libera impresa, con l'unica funzione del governo di proteggere gli individui dagli attacchi violenti o fraudolenti alla loro vita, salute, o proprietà, dove siano tracciate le frontiere di una qualsiasi nazione è irrilevante per i suoi cittadini. È di nessuna preoccupazione per chiunque se il suo paese è grande o piccolo e se conquista una provincia oppure no. I singoli cittadini non ottengono alcun profitto dalla conquista di un territorio.

È diverso per i principi o le aristocrazie di governo. Essi possono aumentare il loro potere ed i loro redditi di imposta ampliando le dimensioni dei loro regni. Possono trarre profitto dalla conquista. Sono bellicosi, mentre la cittadinanza è pacifica.

Quindi, concludevano i vecchi liberali, con un sistema di laissez-faire economico e di governo popolare non ci sarebbero più guerre. Le guerre diventerebbero obsolete perché le cause della guerra scomparirebbero. Fin dai secoli diciottesimo e diciannovesimo i liberali classici sono stati del tutto convinti che niente avrebbe potuto arrestare il movimento verso la libertà economica e la democrazia politica, erano certi che l'umanità si trovasse alla vigilia di un'epoca di pace imperturbata.

Ciò di cui c'era necessità per rendere il mondo sicuro per la pace, dicevano, era di implementare la libertà economica, il libero scambio e la benevolenza fra le nazioni, e un governo popolare. Voglio sottolineare l'importanza di entrambi questi requisiti: libero scambio nel paese e nei rapporti internazionali, e democrazia. L'errore fatidico della nostra epoca è consistito nel fatto che ha abbandonato il primo di questi requisiti, vale a dire il libero scambio, ed ha enfatizzato solo il secondo, la democrazia politica. In tal modo, la gente ha ignorato il fatto che la democrazia non può essere mantenuta permanentemente quando la libera impresa, il libero scambio e la libertà economica non esistono.

Il presidente Woodrow Wilson era assolutamente convinto che per rendere sicuro il mondo per la pace fosse necessario renderlo sicuro per la democrazia. Durante la prima guerra mondiale si credeva che, se soltanto si fosse potuto rimuovere dal potere la casa reale tedesca degli Hohenzollern e la privilegiata aristocrazia terriera tedesca, i Junkers, sarebbe stato possibile realizzare una pace duratura. Ciò che il presidente Wilson non vide era che all'interno di un mondo in cui l'onnipotenza del governo era in aumento questo non sarebbe stato sufficiente. In un tal mondo di crescente potere di governo, esistono delle cause economiche per la guerra.


Il cittadino trae profitto dalla conquista?


L'eminente pacifista britannico, sir Norman Angell, ripete di continuo che il singolo cittadino non può trarre alcun profitto dalla conquista di una provincia da parte della propria nazione. Nessun cittadino tedesco, dice sir Norman, ha ottenuto profitto dall'annessione dell'Alsazia-Lorena ad opera della sua nazione come conseguenza della guerra Franco-Prussiana del 1870-1871. Questo è abbastanza corretto. Ma questo aveva luogo nei giorni del liberalismo classico e della libera impresa. È un'altra cosa in questi tempi di interferenza del governo nel commercio.

Facciamo un esempio. I governi dei paesi produttori di gomma hanno formato un cartello per monopolizzare il mercato della gomma naturale. Hanno obbligato i piantatori a limitare la produzione per aumentare il prezzo della gomma molto oltre il livello che avrebbe raggiunto in un mercato libero. Questo non è un caso eccezionale. Molte derrate alimentari vitali ed essenziali e materie prime sono state soggette a simili politiche implementate dai governi in tutto il mondo. Hanno imposto la cartellizzazione obbligatoria a numerose industrie, come conseguenza di cui il loro controllo è stato spostato dalle mani degli imprenditori privati a quelle del governo. Alcuni di questi piani, è vero, sono falliti. Ma i governi coinvolti non hanno abbandonato i loro programmi. Bramano di migliorare i metodi applicati e sono sicuri che avranno più successo dopo l'attuale Seconda Guerra Mondiale.

Si fa un gran parlare al giorno d'oggi sulla necessità della pianificazione internazionale. Tuttavia, nessuna pianificazione, che sia nazionale o internazionale, è richiesta per far sì che i piantatori coltivino la gomma, il caffè e qualunque altro prodotto. Intraprendono la produzione di questi prodotti perché è il modo più conveniente per guadagnarsi la vita. La pianificazione a questo proposito si traduce sempre in azioni governative per la limitazione della produzione e l'istituzione di prezzi di monopolio.

In tali circostanze non è più vero che una nazione possa apparire non ottenere tangibile profitto da una guerra vittoriosa. Se le nazioni dipendenti dall'importazione di gomma, caffè, latta, cacao e di altri prodotti potessero obbligare i governi dei paesi produttori ad abbandonare le loro pratiche monopolistiche, migliorerebbero il benessere economico dei loro cittadini.

Menzionare questa situazione non implica una giustificazione per l'aggressione e la conquista. Dimostra soltanto quanto assolutamente in errore siano i pacifisti come sir Norman Angell, che basano i loro argomenti per la pace sul presupposto non specificato che tutte le nazioni ancora si ispirino ai principi della libera impresa.

Sir Norman Angell è un membro del Partito Laburista Britannico. Questo partito sostiene la socializzazione senza riserve del commercio. Ma i membri del partito laburista sono troppo ottusi per realizzare quali sarebbero le conseguenze economiche e politiche della socializzazione del commercio.


Il caso della Germania


Voglio spiegare queste conseguenze facendo riferimento, prima di tutto, alla situazione in Germania.

Come tutte le altre nazioni europee, la Germania è povera di risorse naturali. Non può nutrire né coprire la sua popolazione con le proprie risorse nazionali disponibili. I tedeschi devono importare enormi quantità di materie prime e di derrate alimentari e devono pagare queste importazioni di cui hanno un gran bisogno esportando prodotti finiti, la maggior parte dei quali realizzati con le materie prime importate. Sotto la libera impresa, la Germania si è adeguata brillantemente a questa circostanza. Sessanta o settant'anni fa, nei 1870 e nei 1880, la Germania era una delle nazioni più prospere. I suoi imprenditori sono riusciti estremamente bene nella costruzione di fabbriche molto efficienti. L'industria della Germania era la prima nel continente europeo. I suoi prodotti solcavano trionfalmente il mercato mondiale. I tedeschi – tutte le classi della popolazione tedesca – diventavano più prosperi di anno in anno. Non c'era motivo di alterare la struttura del commercio tedesco.

Ma alla maggior parte degli ideologhi tedeschi e degli autori politici, dei professori nominati dal governo e dei capi del Partito Socialista, come pure dei burocrati governativi, il sistema del libero mercato non piaceva affatto. Lo denigravano come capitalista, plutocratico, borghese e come occidentale ed ebreo. Deploravano il fatto che il sistema della libera impresa aveva incorporato la Germania nella divisione del lavoro internazionale.

Tutti questi gruppi e partiti politici volevano sostituire la libera impresa con l'amministrazione di governo del commercio. Volevano eliminare l'incentivo del profitto. Volevano nazionalizzare il commercio e sottometterlo agli ordini del governo. Questa è una cosa comparativamente facile in un paese che in genere può vivere nell'autosufficienza economica. La Russia, occupando la sesta parte delle terre emerse, può fare a meno di quasi tutte le importazioni dall'estero. Ma è diverso per la Germania. La Germania non può evitare le importazioni e conseguentemente deve esportare prodotti finiti. Questo è precisamente ciò che una burocrazia di governo non potrà mai realizzare. I burocrati possono fiorire soltanto in mercati interni protetti. Non sono fatti per competere sui mercati esteri.

Oggi, nella Germania nazista, la maggior parte della gente vuole che il governo controlli il commercio. Ma il fatto è che controllo statale del commercio e commercio estero sono incompatibili. Un commonwealth socialista deve puntare sull'autarchia. È qui che il nazionalismo aggressivo – chiamato un tempo pan-germanesimo, e oggi nazional-socialismo – fa la sua comparsa. Siamo una nazione potente, dicono i nazional-socialisti; siamo abbastanza forti per schiacciare tutte le altre nazioni. Dobbiamo conquistare tutti quei paesi le cui risorse sono essenziali per il nostro benessere economico. Abbiamo bisogno dell'autarchia e quindi dobbiamo combattere. Abbiamo bisogno di Lebensraum (spazio vitale) e di Nahrungs freiheit (libertà dalla scarsità di cibo).

Entrambi i termini significano la stessa cosa, la conquista di un territorio così grande e ricco di risorse naturali che i tedeschi potrebbero vivere senza alcun commercio estero ad un tenore di vita non più basso di quello di qualunque altra nazione. Il termine Lebensraum è abbastanza conosciuto all'estero. Ma il termine Nahrungs freiheit non lo è. Freiheit significa libertà; Nahrungs freiheit significa libertà da una situazione in cui la Germania è costretta ad importare derrate alimentari. È l'unica “libertà” che conta secondo i nazisti.

Sia i comunisti che i nazisti credono che l'essenza di ciò che essi intendono per democrazia, libertà e governo popolare si trova nell'instaurazione di un totale controllo di stato del commercio. Che si chiami questo sistema socialismo o comunismo o pianificazione è irrilevante. A prescindere da come lo si chiama, questo sistema richiede autosufficienza economica. Ma mentre la Russia può, generalmente, vivere nell'autosufficienza economica, la Germania non lo può fare. Di conseguenza una Germania socialista s'impegnerà in una politica di Lebensraum o di Nahrungs freiheit , in altre parole, una politica di aggressione.

Il perseguimento di un programma di controllo statale del commercio finirà per provocare un rifiuto della divisione del lavoro internazionale. Dal punto di vista della filosofia nazista, l'unico modo adeguato di condurre i rapporti internazionali è la guerra. I loro uomini più eminenti si inorgogliscono riportando una citazione di Tacito. Questo storico romano, quasi duemila anni fa, disse che i tedeschi consideravano una vergogna l'acquistare per mezzo del duro lavoro ciò che si potrebbe acquistare con un massacro. Non fu per caso se il kaiser Guglielmo II, nel 1900, elevò gli unni a modello per i suoi soldati. Era il rivestimento di una politica cosciente.


Dipendere dalle importazioni

La Germania non è l'unico paese europeo che dipende dalle importazioni straniere. L'Europa – a parte la Russia – ha una popolazione di circa 400 milioni di persone, più di tre volte la popolazione degli Stati Uniti continentali. Ma l'Europa non produce cotone, gomma, copra, caffè, tè, iuta e molti metalli essenziali. Ed ha una produzione sostanzialmente insufficiente di lana, foraggio, bestiame, carne, pellami e di molti cereali.

Nel 1937, l'Europa ha prodotto soltanto cinquantasei milioni di barili di petrolio, rispetto alla produzione degli Stati Uniti di 1.279 milioni di barili. Inoltre, quasi tutta la produzione europea di petrolio è situata in Romania ed in Polonia orientale. Ma come conseguenza della presente guerra, queste zone rientreranno sotto il controllo della Russia. La fabbricazione e l'esportazione di prodotti finiti sono gli elementi essenziali della vita economica europea. Tuttavia, esportare prodotti finiti è quasi impossibile sotto il controllo statale del commercio.

Tale è la dura realtà che nessuna retorica socialista può scongiurarla. Se gli europei vogliono vivere devono aderire agli sperimentati metodi della libera impresa. L'alternativa è guerra e conquista. I tedeschi l'hanno provata due volte ed hanno fallito in entrambi i casi.

Tuttavia, i gruppi politicamente più influenti in Europa sono lontano dal comprendere l'indispensabilità della libertà economica. In Gran Bretagna ed in Francia, in Italia ed in alcuni paesi più piccoli c'è un potente movimento per il completo controllo statale del commercio. L'argomento per la libertà economica è quasi una causa disperata con i governi di questi paesi. Il Partito Laburista Britannico e quei politici britannici che scorrettamente ancora lo chiamano Partito Liberale, vedono questa guerra non solo come lotta per l'indipendenza della loro nazione, ma anche come niente di meno che una rivoluzione per l'instaurazione del controllo statale del commercio. Il terzo partito britannico, il Partito Conservatore, generalmente simpatizza per questi tentativi. I britannici vogliono sconfiggere Hitler, ma vogliono adottare i suoi metodi economici nel loro paese. Non sospettano che il socialismo di stato in Gran Bretagna vuol dire rovina delle masse britanniche. La Gran Bretagna deve esportare prodotti finiti per comprare materie prime e derrate alimentari dall'estero. Ogni calo nelle esportazioni britanniche abbassa il tenore di vita delle masse britanniche.

Le condizioni in Francia e Italia e nella maggior parte degli altri paesi europei sono simili a quelle in Gran Bretagna.

Nel fornire al consumatore domestico vari beni necessari un governo socialista è sovrano. Il cittadino deve prendere quello che il governo gli dà. Ma la cosa è diversa con una qualsiasi esportazione. I consumatori stranieri comprano solo se sia la qualità che il prezzo del prodotto offerto sono interessanti per lui. In questa arena internazionale dei servizi per i consumatori stranieri, il capitalismo ha mostrato la sua superiore efficienza ed adattabilità. L'alto livello del benessere economico e civilizzazione nell'Europa prebellica non era il risultato delle attività degli uffici e delle agenzie di governo. Era il successo della libera impresa. Quelle macchine fotografiche e quei prodotti chimici tedeschi, quei tessuti britannici, quei vestiti, i cappelli e i profumi di Parigi, quegli orologi svizzeri, e quei lussuosi prodotti in pelle di Vienna non erano il prodotto di fabbriche controllate dal governo. Erano il prodotto dell'infaticabile impegno degli imprenditori per il miglioramento della qualità e l'abbassamento dei prezzi delle loro mercanzie. Nessuno è così spavaldo da supporre che un ente governativo potrebbe sostituire con successo gli imprenditori privati in questa funzione.

Il commercio estero privatamente condotto è un affare privato fra aziende private di diversi paesi. Se ne risulta qualche disaccordo, è un conflitto fra aziende private. Non provocano conflitti nei rapporti politici fra le nazioni. Interessano un sig. Meier e un sig. Smith. Ma se il commercio estero è una questione governativa, tali conflitti si trasformano in problemi politici.

Supponete che il governo olandese preferisca comprare il carbone dalla Gran Bretagna piuttosto che dalla Ruhr tedesca. Allora i nazionalisti tedeschi potrebbero pensare, perché tollerare un simile comportamento da parte di una piccola nazione? Al Terzo Reich sono bastati precisamente quattro giorni per frantumare le forze armate dei Paesi Bassi nel 1940. Riproviamoci! Dopo godremo di tutti i prodotti dei Paesi Bassi, ma senza doverglieli pagare.


“Equa” distribuzione delle risorse

Analizziamo la richiesta frequentemente espressa dagli aggressori nazisti e fascisti per una nuova ed equa distribuzione delle risorse naturali in tutto il globo. In un mondo di libera impresa, un uomo che desideri bere del caffè, e non è egli stesso un coltivatore di caffè, lo dovrà pagare. Che sia un tedesco o un italiano o un cittadino della Repubblica della Colombia,
dovrà rendere qualche servizio al suo prossimo, guadagnarsi un reddito e spenderne una parte per il caffè che desidera. Nel caso di un paese che non produca caffè all'interno dei suoi confini, questo significa esportare merci o risorse per pagare il caffè importato. Ma i signori Hitler e Mussolini non pensano ad una tale soluzione per il problema. Quello che vorrebbero è annettersi un paese produttore di caffè. Ma visto che i cittadini della Colombia o del Brasile non sono entusiasti di diventare schiavi dei nazisti tedeschi o dei fascisti italiani, questo significa guerra.

Un altro esempio notevole è fornito dal caso dell'industria del cotone. Per più di cento anni, una delle principali industrie di tutti i paesi europei era la filatura del cotone e la fabbricazione di merci in cotone. L'Europa non coltiva alcun cotone. Il suo clima è sfavorevole. Ma la fornitura è sempre stata sufficiente, con l'unica eccezione degli anni durante la guerra civile americana nei 1860, quando il conflitto interruppe il rifornimento di cotone dagli stati meridionali. I paesi industriali europei acquistavano abbastanza cotone non solo per le esigenze del loro consumo domestico, ma anche per una considerevole esportazione di prodotti in cotone.

Ma negli anni appena precedenti l'inizio della Seconda Guerra Mondiale, le circostanze sono cambiate. C'era ancora un ampio rifornimento di cotone grezzo sul mercato mondiale. Ma il sistema dei controlli del cambio estero adottato dalla maggior parte dei paesi europei ha impedito agli uomini d'affari privati di comprare tutto il cotone di cui avevano bisogno per i loro processi di produzione. Il contributo di Hitler al declino dell'industria tedesca del cotone è consistito nella limitazione della produzione che ha provocato il licenziamento di gran parte della manodopera. Hitler non si è preoccupato molto per il destino di questi operai scaricati. Li ha mandati a lavorare, invece, nelle fabbriche di munizioni.

Come ho già precisato, non ci sono cause economiche per l'aggressione armata all'interno di un mondo di libero scambio e di libera impresa. In un mondo simile, nessun singolo cittadino può trarre alcun vantaggio dalla conquista di una provincia o di una colonia. Ma in un mondo di stati totalitari, molti cittadini possono giungere a credere in un miglioramento del loro benessere materiale dall'annessione di un territorio ricco di risorse. Le guerre del ventesimo secolo sono state, si può esserne certi, guerre economiche. Ma non sono state causate dal capitalismo, come i socialisti ci vorrebbero far credere. Sono guerre causate da governi che puntano alla totale onnipotenza politica ed economica e sono state sostenute dalle masse fuorviate di questi paesi.

Le tre principali nazioni aggredenti in questa guerra – la Germania nazista, l'Italia fascista e il Giappone imperiale – non raggiungeranno i loro scopi. Sono state sconfitte e lo sanno già. Ma possono riprovarci in data futura, perché la loro falsa filosofia – la loro dottrina totalitaria – non conosce alcun altro metodo per provare a migliorare le condizioni materiali del popolo tranne la guerra. Per il totalitario, la conquista è l'unico mezzo politico possibile di raggiungere i suoi scopi economici.


Mentalità economica

Non dico che tutte le guerre di tutte le nazioni ed in tutte le età sono state motivate da considerazioni economiche, cioè dal desiderio di arricchire gli aggressori a scapito degli sconfitti. Non abbiamo bisogno di studiare le cause originarie delle crociate o delle guerre religiose dei secoli XI e XVII. Quello che voglio dire è che, nella nostra epoca, le grandi guerre sono state il risultato di una mentalità economica specifica.

La Seconda Guerra Mondiale non è certamente una guerra fra i bianchi e le razze di colore. Nessuna differenza razziale separa i britannici, gli olandesi ed i norvegesi dai tedeschi, o i francesi dagli italiani, o i cinesi dai giapponesi. Non è una guerra fra cattolici e protestanti. Dopo tutto, ci sono cattolici e protestanti in entrambi gli schieramenti belligeranti. Non è una guerra fra la democrazia e la dittatura. Il diritto di alcune delle Nazioni Unite (la Russia Sovietica in particolare) alla definizione “democratica” è piuttosto discutibile. Dall'altro lato, la Finlandia (che è alleata con la Germania nazista) è un paese con un governo democraticamente eletto.

La mia affermazione che le guerre recenti sono state motivate da considerazioni economiche non intende essere una giustificazione delle politiche dell'aggressore. Visto come mezzo per il raggiungimento di determinati benefici economici, la politica di aggressione e conquista è controproducente. Anche se tecnicamente riuscita a breve termine, nel lungo periodo non raggiungerebbe mai gli scopi a cui gli aggressori mirano. Nelle condizioni dell'industrialismo moderno, non ci può essere questione su un sistema sociale quale i nazisti progettano con lo pseudonimo di “Nuovo Ordine.” La schiavitù non è un metodo per le società industriali. Se i nazisti avessero conquistato i loro avversari, avrebbero distrutto la civilizzazione e riportato la barbarie. Certamente non avrebbero eretto un Nuovo Ordine millenario, come Hitler aveva promesso.

Quindi, il problema principale è come evitare nuove guerre. La risposta non può trovarsi nell'instaurazione di una migliore Lega delle Nazioni; né è una questione di istituzione di un migliore Tribunale Mondiale, e nemmeno nell'implementazione di una Forza di Polizia Mondiale. La questione reale è di rendere tutte le nazioni – o almeno le nazioni più popolate del mondo – pacifiste. Questo può essere realizzato solo tornando alla libera impresa.

Se vogliamo abolire la guerra, dobbiamo rimuovere le cause della guerra.

Il grande idolo del nostro tempo è lo Stato. Lo Stato è un'istituzione sociale necessaria, ma non dovrebbe essere divinizzata. Non è un dio; è uno strumento di uomini mortali. Se lo rendiamo un idolo, dovremo sacrificargli il fiore della nostra gioventù nelle guerre che verranno.

Ciò che è necessario per realizzare una pace duratura è molto di più di nuovi uffici e di una nuova corte per la Lega delle Nazioni a Ginevra, o persino di una nuova forza di polizia internazionale. Ciò che è necessario è un cambiamento nelle ideologie politiche e il ritorno ad un sano sistema economico di mercato libero.

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Thursday, May 29, 2008

Le cause economiche della guerra #3

Di Ludwig von Mises



“Equa” distribuzione delle risorse

Analizziamo la richiesta frequentemente espressa dagli aggressori nazisti e fascisti per una nuova ed equa distribuzione delle risorse naturali in tutto il globo. In un mondo di libera impresa, un uomo che desideri bere del caffè, e non è egli stesso un coltivatore di caffè, lo dovrà pagare. Che sia un tedesco o un italiano o un cittadino della Repubblica della Colombia,
dovrà rendere qualche servizio al suo prossimo, guadagnarsi un reddito e spenderne una parte per il caffè che desidera. Nel caso di un paese che non produca caffè all'interno dei suoi confini, questo significa esportare merci o risorse per pagare il caffè importato. Ma i signori Hitler e Mussolini non pensano ad una tale soluzione per il problema. Quello che vorrebbero è annettersi un paese produttore di caffè. Ma visto che i cittadini della Colombia o del Brasile non sono entusiasti di diventare schiavi dei nazisti tedeschi o dei fascisti italiani, questo significa guerra.

Un altro esempio notevole è fornito dal caso dell'industria del cotone. Per più di cento anni, una delle principali industrie di tutti i paesi europei era la filatura del cotone e la fabbricazione di merci in cotone. L'Europa non coltiva alcun cotone. Il suo clima è sfavorevole. Ma la fornitura è sempre stata sufficiente, con l'unica eccezione degli anni durante la guerra civile americana nei 1860, quando il conflitto interruppe il rifornimento di cotone dagli stati meridionali. I paesi industriali europei acquistavano abbastanza cotone non solo per le esigenze del loro consumo domestico, ma anche per una considerevole esportazione di prodotti in cotone.

Ma negli anni appena precedenti l'inizio della Seconda Guerra Mondiale, le circostanze sono cambiate. C'era ancora un ampio rifornimento di cotone grezzo sul mercato mondiale. Ma il sistema dei controlli del cambio estero adottato dalla maggior parte dei paesi europei ha impedito agli uomini d'affari privati di comprare tutto il cotone di cui avevano bisogno per i loro processi di produzione. Il contributo di Hitler al declino dell'industria tedesca del cotone è consistito nella limitazione della produzione che ha provocato il licenziamento di gran parte della manodopera. Hitler non si è preoccupato molto per il destino di questi operai scaricati. Li ha mandati a lavorare, invece, nelle fabbriche di munizioni.

Come ho già precisato, non ci sono cause economiche per l'aggressione armata all'interno di un mondo di libero scambio e di libera impresa. In un mondo simile, nessun singolo cittadino può trarre alcun vantaggio dalla conquista di una provincia o di una colonia. Ma in un mondo di stati totalitari, molti cittadini possono giungere a credere in un miglioramento del loro benessere materiale dall'annessione di un territorio ricco di risorse. Le guerre del ventesimo secolo sono state, si può esserne certi, guerre economiche. Ma non sono state causate dal capitalismo, come i socialisti ci vorrebbero far credere. Sono guerre causate da governi che puntano alla totale onnipotenza politica ed economica e sono state sostenute dalle masse fuorviate di questi paesi.

Le tre principali nazioni aggredenti in questa guerra – la Germania nazista, l'Italia fascista e il Giappone imperiale – non raggiungeranno i loro scopi. Sono state sconfitte e lo sanno già. Ma possono riprovarci in data futura, perché la loro falsa filosofia – la loro dottrina totalitaria – non conosce alcun altro metodo per provare a migliorare le condizioni materiali del popolo tranne la guerra. Per il totalitario, la conquista è l'unico mezzo politico possibile di raggiungere i suoi scopi economici.


Mentalità economica

Non dico che tutte le guerre di tutte le nazioni ed in tutte le età sono state motivate da considerazioni economiche, cioè dal desiderio di arricchire gli aggressori a scapito degli sconfitti. Non abbiamo bisogno di studiare le cause originarie delle crociate o delle guerre religiose dei secoli XI e XVII. Quello che voglio dire è che, nella nostra epoca, le grandi guerre sono state il risultato di una mentalità economica specifica.

La Seconda Guerra Mondiale non è certamente una guerra fra i bianchi e le razze di colore. Nessuna differenza razziale separa i britannici, gli olandesi ed i norvegesi dai tedeschi, o i francesi dagli italiani, o i cinesi dai giapponesi. Non è una guerra fra cattolici e protestanti. Dopo tutto, ci sono cattolici e protestanti in entrambi gli schieramenti belligeranti. Non è una guerra fra la democrazia e la dittatura. Il diritto di alcune delle Nazioni Unite (la Russia Sovietica in particolare) alla definizione “democratica” è piuttosto discutibile. Dall'altro lato, la Finlandia (che è alleata con la Germania nazista) è un paese con un governo democraticamente eletto.

La mia affermazione che le guerre recenti sono state motivate da considerazioni economiche non intende essere una giustificazione delle politiche dell'aggressore. Visto come mezzo per il raggiungimento di determinati benefici economici, la politica di aggressione e conquista è controproducente. Anche se tecnicamente riuscita a breve termine, nel lungo periodo non raggiungerebbe mai gli scopi a cui gli aggressori mirano. Nelle condizioni dell'industrialismo moderno, non ci può essere questione su un sistema sociale quale i nazisti progettano con lo pseudonimo di “Nuovo Ordine.” La schiavitù non è un metodo per le società industriali. Se i nazisti avessero conquistato i loro avversari, avrebbero distrutto la civilizzazione e riportato la barbarie. Certamente non avrebbero eretto un Nuovo Ordine millenario, come Hitler aveva promesso.

Quindi, il problema principale è come evitare nuove guerre. La risposta non può trovarsi nell'instaurazione di una migliore Lega delle Nazioni; né è una questione di istituzione di un migliore Tribunale Mondiale, e nemmeno nell'implementazione di una Forza di Polizia Mondiale. La questione reale è di rendere tutte le nazioni – o almeno le nazioni più popolate del mondo – pacifiste. Questo può essere realizzato solo tornando alla libera impresa.

Se vogliamo abolire la guerra, dobbiamo rimuovere le cause della guerra.

Il grande idolo del nostro tempo è lo Stato. Lo Stato è un'istituzione sociale necessaria, ma non dovrebbe essere divinizzata. Non è un dio; è uno strumento di uomini mortali. Se lo rendiamo un idolo, dovremo sacrificargli il fiore della nostra gioventù nelle guerre che verranno.

Ciò che è necessario per realizzare una pace duratura è molto di più di nuovi uffici e di una nuova corte per la Lega delle Nazioni a Ginevra, o persino di una nuova forza di polizia internazionale. Ciò che è necessario è un cambiamento nelle ideologie politiche e il ritorno ad un sano sistema economico di mercato libero.
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Prima parte.
Seconda parte.

Link all'articolo originale.

Wednesday, May 28, 2008

Le cause economiche della guerra #2

Di Ludwig von Mises


Il caso della Germania


Voglio spiegare queste conseguenze facendo riferimento, prima di tutto, alla situazione in Germania.

Come tutte le altre nazioni europee, la Germania è povera di risorse naturali. Non può nutrire né coprire la sua popolazione con le proprie risorse nazionali disponibili. I tedeschi devono importare enormi quantità di materie prime e di derrate alimentari e devono pagare queste importazioni di cui hanno un gran bisogno esportando prodotti finiti, la maggior parte dei quali realizzati con le materie prime importate. Sotto la libera impresa, la Germania si è adeguata brillantemente a questa circostanza. Sessanta o settant'anni fa, nei 1870 e nei 1880, la Germania era una delle nazioni più prospere. I suoi imprenditori sono riusciti estremamente bene nella costruzione di fabbriche molto efficienti. L'industria della Germania era la prima nel continente europeo. I suoi prodotti solcavano trionfalmente il mercato mondiale. I tedeschi – tutte le classi della popolazione tedesca – diventavano più prosperi di anno in anno. Non c'era motivo di alterare la struttura del commercio tedesco.

Ma alla maggior parte degli ideologhi tedeschi e degli autori politici, dei professori nominati dal governo e dei capi del Partito Socialista, come pure dei burocrati governativi, il sistema del libero mercato non piaceva affatto. Lo denigravano come capitalista, plutocratico, borghese e come occidentale ed ebreo. Deploravano il fatto che il sistema della libera impresa aveva incorporato la Germania nella divisione del lavoro internazionale.

Tutti questi gruppi e partiti politici volevano sostituire la libera impresa con l'amministrazione di governo del commercio. Volevano eliminare l'incentivo del profitto. Volevano nazionalizzare il commercio e sottometterlo agli ordini del governo. Questa è una cosa comparativamente facile in un paese che in genere può vivere nell'autosufficienza economica. La Russia, occupando la sesta parte delle terre emerse, può fare a meno di quasi tutte le importazioni dall'estero. Ma è diverso per la Germania. La Germania non può evitare le importazioni e conseguentemente deve esportare prodotti finiti. Questo è precisamente ciò che una burocrazia di governo non potrà mai realizzare. I burocrati possono fiorire soltanto in mercati interni protetti. Non sono fatti per competere sui mercati esteri.

Oggi, nella Germania nazista, la maggior parte della gente vuole che il governo controlli il commercio. Ma il fatto è che controllo statale del commercio e commercio estero sono incompatibili. Un commonwealth socialista deve puntare sull'autarchia. È qui che il nazionalismo aggressivo – chiamato un tempo pan-germanesimo, e oggi nazional-socialismo – fa la sua comparsa. Siamo una nazione potente, dicono i nazional-socialisti; siamo abbastanza forti per schiacciare tutte le altre nazioni. Dobbiamo conquistare tutti quei paesi le cui risorse sono essenziali per il nostro benessere economico. Abbiamo bisogno dell'autarchia e quindi dobbiamo combattere. Abbiamo bisogno di Lebensraum (spazio vitale) e di Nahrungs freiheit (libertà dalla scarsità di cibo).

Entrambi i termini significano la stessa cosa, la conquista di un territorio così grande e ricco di risorse naturali che i tedeschi potrebbero vivere senza alcun commercio estero ad un tenore di vita non più basso di quello di qualunque altra nazione. Il termine Lebensraum è abbastanza conosciuto all'estero. Ma il termine Nahrungs freiheit non lo è. Freiheit significa libertà; Nahrungs freiheit significa libertà da una situazione in cui la Germania è costretta ad importare derrate alimentari. È l'unica “libertà” che conta secondo i nazisti.

Sia i comunisti che i nazisti credono che l'essenza di ciò che essi intendono per democrazia, libertà e governo popolare si trova nell'instaurazione di un totale controllo di stato del commercio. Che si chiami questo sistema socialismo o comunismo o pianificazione è irrilevante. A prescindere da come lo si chiama, questo sistema richiede autosufficienza economica. Ma mentre la Russia può, generalmente, vivere nell'autosufficienza economica, la Germania non lo può fare. Di conseguenza una Germania socialista s'impegnerà in una politica di Lebensraum o di Nahrungs freiheit , in altre parole, una politica di aggressione.

Il perseguimento di un programma di controllo statale del commercio finirà per provocare un rifiuto della divisione del lavoro internazionale. Dal punto di vista della filosofia nazista, l'unico modo adeguato di condurre i rapporti internazionali è la guerra. I loro uomini più eminenti si inorgogliscono riportando una citazione di Tacito. Questo storico romano, quasi duemila anni fa, disse che i tedeschi consideravano una vergogna l'acquistare per mezzo del duro lavoro ciò che si potrebbe acquistare con un massacro. Non fu per caso se il kaiser Guglielmo II, nel 1900, elevò gli unni a modello per i suoi soldati. Era il rivestimento di una politica cosciente.


Dipendere dalle importazioni

La Germania non è l'unico paese europeo che dipende dalle importazioni straniere. L'Europa – a parte la Russia – ha una popolazione di circa 400 milioni di persone, più di tre volte la popolazione degli Stati Uniti continentali. Ma l'Europa non produce cotone, gomma, copra, caffè, tè, iuta e molti metalli essenziali. Ed ha una produzione sostanzialmente insufficiente di lana, foraggio, bestiame, carne, pellami e di molti cereali.

Nel 1937, l'Europa ha prodotto soltanto cinquantasei milioni di barili di petrolio, rispetto alla produzione degli Stati Uniti di 1.279 milioni di barili. Inoltre, quasi tutta la produzione europea di petrolio è situata in Romania ed in Polonia orientale. Ma come conseguenza della presente guerra, queste zone rientreranno sotto il controllo della Russia. La fabbricazione e l'esportazione di prodotti finiti sono gli elementi essenziali della vita economica europea. Tuttavia, esportare prodotti finiti è quasi impossibile sotto il controllo statale del commercio.

Tale è la dura realtà che nessuna retorica socialista può scongiurarla. Se gli europei vogliono vivere devono aderire agli sperimentati metodi della libera impresa. L'alternativa è guerra e conquista. I tedeschi l'hanno provata due volte ed hanno fallito in entrambi i casi.

Tuttavia, i gruppi politicamente più influenti in Europa sono lontano dal comprendere l'indispensabilità della libertà economica. In Gran Bretagna ed in Francia, in Italia ed in alcuni paesi più piccoli c'è un potente movimento per il completo controllo statale del commercio. L'argomento per la libertà economica è quasi una causa disperata con i governi di questi paesi. Il Partito Laburista Britannico e quei politici britannici che scorrettamente ancora lo chiamano Partito Liberale, vedono questa guerra non solo come lotta per l'indipendenza della loro nazione, ma anche come niente di meno che una rivoluzione per l'instaurazione del controllo statale del commercio. Il terzo partito britannico, il Partito Conservatore, generalmente simpatizza per questi tentativi. I britannici vogliono sconfiggere Hitler, ma vogliono adottare i suoi metodi economici nel loro paese. Non sospettano che il socialismo di stato in Gran Bretagna vuol dire rovina delle masse britanniche. La Gran Bretagna deve esportare prodotti finiti per comprare materie prime e derrate alimentari dall'estero. Ogni calo nelle esportazioni britanniche abbassa il tenore di vita delle masse britanniche.

Le condizioni in Francia e Italia e nella maggior parte degli altri paesi europei sono simili a quelle in Gran Bretagna.

Nel fornire al consumatore domestico vari beni necessari un governo socialista è sovrano. Il cittadino deve prendere quello che il governo gli dà. Ma la cosa è diversa con una qualsiasi esportazione. I consumatori stranieri comprano solo se sia la qualità che il prezzo del prodotto offerto sono interessanti per lui. In questa arena internazionale dei servizi per i consumatori stranieri, il capitalismo ha mostrato la sua superiore efficienza ed adattabilità. L'alto livello del benessere economico e civilizzazione nell'Europa prebellica non era il risultato delle attività degli uffici e delle agenzie di governo. Era il successo della libera impresa. Quelle macchine fotografiche e quei prodotti chimici tedeschi, quei tessuti britannici, quei vestiti, i cappelli e i profumi di Parigi, quegli orologi svizzeri, e quei lussuosi prodotti in pelle di Vienna non erano il prodotto di fabbriche controllate dal governo. Erano il prodotto dell'infaticabile impegno degli imprenditori per il miglioramento della qualità e l'abbassamento dei prezzi delle loro mercanzie. Nessuno è così spavaldo da supporre che un ente governativo potrebbe sostituire con successo gli imprenditori privati in questa funzione.

Il commercio estero privatamente condotto è un affare privato fra aziende private di diversi paesi. Se ne risulta qualche disaccordo, è un conflitto fra aziende private. Non provocano conflitti nei rapporti politici fra le nazioni. Interessano un sig. Meier e un sig. Smith. Ma se il commercio estero è una questione governativa, tali conflitti si trasformano in problemi politici.

Supponete che il governo olandese preferisca comprare il carbone dalla Gran Bretagna piuttosto che dalla Ruhr tedesca. Allora i nazionalisti tedeschi potrebbero pensare, perché tollerare un simile comportamento da parte di una piccola nazione? Al Terzo Reich sono bastati precisamente quattro giorni per frantumare le forze armate dei Paesi Bassi nel 1940. Riproviamoci! Dopo godremo di tutti i prodotti dei Paesi Bassi, ma senza doverglieli pagare.
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Prima parte.
Terza parte.

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Tuesday, May 27, 2008

Le cause economiche della guerra #1

Questa è la maggior parte di una lezione tenuta da Ludwig von Mises nella Contea di Orange, in California, nell'ottobre 1944, e pubblicata dalla Fondazione per l'Educazione Economica nel 2004.

La capacità di analisi di Mises applicata ad un argomento sempre attualissimo: la guerra.

L'ho divisa in tre parti, questa è la prima.
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Di Ludwig von Mises


La guerra è un'istituzione umana primitiva. Da tempo immemorabile, gli uomini desiderano combattersi, uccidersi e derubarsi l'un l'altro. Tuttavia, il riconoscimento di questo fatto non porta alla conclusione che la guerra sia una forma indispensabile di rapporti interpersonali e che gli sforzi per abolirla siano contro natura e quindi condannati al fallimento.

Possiamo, a vantaggio della discussione, accettare la tesi militarista per cui l'uomo è dotato di un innato istinto per combattere e distruggere. Tuttavia, non sono questi istinti e impulsi primitivi a costituire le caratteristiche dell'uomo. L'eminenza dell'uomo si trova nella sua ragione e nel potere di pensare, che lo distingue da tutte le altre creature viventi. E la ragione dell'uomo gli insegna che la cooperazione e la collaborazione pacifiche nell'ambito della divisione del lavoro è un modo più vantaggioso per vivere del conflitto violento.

Non voglio indugiare sulla storia della guerra. È sufficiente accennare che nel XVIII secolo,alla vigilia del capitalismo moderno, la natura della guerra era molto diversa da com'era stata nell'era della barbarie. I popoli non si combattevano più allo scopo di sterminare o di asservire gli sconfitti. Le guerre erano uno strumento dei capi politici e venivano combattute con eserciti comparativamente piccoli di militari di carriera, in gran parte composti da mercenari. L'obiettivo della guerra era determinare quale dinastia avrebbe governato un paese o una provincia. Le maggiori guerre europee del XVIII secolo furono guerre di successione reale, per esempio le guerre degli spagnoli, dei polacchi, degli austriaci ed infine per le successioni bavaresi. La gente ordinaria era più o meno indifferente ai risultati di questi conflitti. Non era granché interessata alla questione se il loro principe reggente fosse un Asburgo o un Borbone.

Nondimeno, queste continue lotte caricarono una pesante zavorra sull'umanità. Furono un serio ostacolo ai tentativi di raggiungere una maggiore prosperità. Di conseguenza, i filosofi e gli economisti del tempo rivolsero la loro attenzione allo studio delle cause della guerra. Il risultato della loro ricerca era il seguente:

in un sistema di proprietà privata dei mezzi di produzione e di libera impresa, con l'unica funzione del governo di proteggere gli individui dagli attacchi violenti o fraudolenti alla loro vita, salute, o proprietà, dove siano tracciate le frontiere di una qualsiasi nazione è irrilevante per i suoi cittadini. È di nessuna preoccupazione per chiunque se il suo paese è grande o piccolo e se conquista una provincia oppure no. I singoli cittadini non ottengono alcun profitto dalla conquista di un territorio.

È diverso per i principi o le aristocrazie di governo. Essi possono aumentare il loro potere ed i loro redditi di imposta ampliando le dimensioni dei loro regni. Possono trarre profitto dalla conquista. Sono bellicosi, mentre la cittadinanza è pacifica.

Quindi, concludevano i vecchi liberali, con un sistema di laissez-faire economico e di governo popolare non ci sarebbero più guerre. Le guerre diventerebbero obsolete perché le cause della guerra scomparirebbero. Fin dai secoli diciottesimo e diciannovesimo i liberali classici sono stati del tutto convinti che niente avrebbe potuto arrestare il movimento verso la libertà economica e la democrazia politica, erano certi che l'umanità si trovasse alla vigilia di un'epoca di pace imperturbata.

Ciò di cui c'era necessità per rendere il mondo sicuro per la pace, dicevano, era di implementare la libertà economica, il libero scambio e la benevolenza fra le nazioni, e un governo popolare. Voglio sottolineare l'importanza di entrambi questi requisiti: libero scambio nel paese e nei rapporti internazionali, e democrazia. L'errore fatidico della nostra epoca è consistito nel fatto che ha abbandonato il primo di questi requisiti, vale a dire il libero scambio, ed ha enfatizzato solo il secondo, la democrazia politica. In tal modo, la gente ha ignorato il fatto che la democrazia non può essere mantenuta permanentemente quando la libera impresa, il libero scambio e la libertà economica non esistono.

Il presidente Woodrow Wilson era assolutamente convinto che per rendere sicuro il mondo per la pace fosse necessario renderlo sicuro per la democrazia. Durante la prima guerra mondiale si credeva che, se soltanto si fosse potuto rimuovere dal potere la casa reale tedesca degli Hohenzollern e la privilegiata aristocrazia terriera tedesca, i Junkers, sarebbe stato possibile realizzare una pace duratura. Ciò che il presidente Wilson non vide era che all'interno di un mondo in cui l'onnipotenza del governo era in aumento questo non sarebbe stato sufficiente. In un tal mondo di crescente potere di governo, esistono delle cause economiche per la guerra.


Il cittadino trae profitto dalla conquista?


L'eminente pacifista britannico, sir Norman Angell, ripete di continuo che il singolo cittadino non può trarre alcun profitto dalla conquista di una provincia da parte della propria nazione. Nessun cittadino tedesco, dice sir Norman, ha ottenuto profitto dall'annessione dell'Alsazia-Lorena ad opera della sua nazione come conseguenza della guerra Franco-Prussiana del 1870-1871. Questo è abbastanza corretto. Ma questo aveva luogo nei giorni del liberalismo classico e della libera impresa. È un'altra cosa in questi tempi di interferenza del governo nel commercio.

Facciamo un esempio. I governi dei paesi produttori di gomma hanno formato un cartello per monopolizzare il mercato della gomma naturale. Hanno obbligato i piantatori a limitare la produzione per aumentare il prezzo della gomma molto oltre il livello che avrebbe raggiunto in un mercato libero. Questo non è un caso eccezionale. Molte derrate alimentari vitali ed essenziali e materie prime sono state soggette a simili politiche implementate dai governi in tutto il mondo. Hanno imposto la cartellizzazione obbligatoria a numerose industrie, come conseguenza di cui il loro controllo è stato spostato dalle mani degli imprenditori privati a quelle del governo. Alcuni di questi piani, è vero, sono falliti. Ma i governi coinvolti non hanno abbandonato i loro programmi. Bramano di migliorare i metodi applicati e sono sicuri che avranno più successo dopo l'attuale Seconda Guerra Mondiale.

Si fa un gran parlare al giorno d'oggi sulla necessità della pianificazione internazionale. Tuttavia, nessuna pianificazione, che sia nazionale o internazionale, è richiesta per far sì che i piantatori coltivino la gomma, il caffè e qualunque altro prodotto. Intraprendono la produzione di questi prodotti perché è il modo più conveniente per guadagnarsi la vita. La pianificazione a questo proposito si traduce sempre in azioni governative per la limitazione della produzione e l'istituzione di prezzi di monopolio.

In tali circostanze non è più vero che una nazione possa apparire non ottenere tangibile profitto da una guerra vittoriosa. Se le nazioni dipendenti dall'importazione di gomma, caffè, latta, cacao e di altri prodotti potessero obbligare i governi dei paesi produttori ad abbandonare le loro pratiche monopolistiche, migliorerebbero il benessere economico dei loro cittadini.

Menzionare questa situazione non implica una giustificazione per l'aggressione e la conquista. Dimostra soltanto quanto assolutamente in errore siano i pacifisti come sir Norman Angell, che basano i loro argomenti per la pace sul presupposto non specificato che tutte le nazioni ancora si ispirino ai principi della libera impresa.

Sir Norman Angell è un membro del Partito Laburista Britannico. Questo partito sostiene la socializzazione senza riserve del commercio. Ma i membri del partito laburista sono troppo ottusi per realizzare quali sarebbero le conseguenze economiche e politiche della socializzazione del commercio.
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Seconda parte.
Terza parte.

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Monday, May 26, 2008

Riso alla giapponese

Un recente articolo di Business Week racconta di come il Giappone abbia aiutato ad ammorbidire la crisi globale del riso: è una lettura oltremodo interessante ed educativa, perfetta per illustrare quella cattiva allocazione di beni e risorse tipica dei mercati regolamentati da stati e organismi internazionali che è un punto centrale della critica austriaca all'intervento statale in economia.

La semplice realtà descritta in questo articolo dimostra una volta di più come i tentativi di “governare l'economia globale” non facciano altro che provocare un grave spreco di risorse nel tentativo di raggiungere i suoi obiettivi.

Dopo aver subito il solito coro da tragedia greca su “fine delle risorse” e fallimento dei mercati, possiamo tranquillizzarci: il riso c'è ancora, a tonnellate.
Solo, nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Con i prezzi che ora scendono, la crisi globale del riso sembra alleviarsi. Questo in parte grazie ad un annuncio politico di un burocrate giapponese. Il 19 maggio, il ministro delegato all'agricoltura del Giappone, Toshiro Shirasu, ha detto che Tokyo consegnerà parte della sua voluminosa riserva di riso alle Filippine, vendendo “il prima possibile” 50.000 tonnellate e consegnandone altre 200.000 come aiuti alimentari. La prima spedizione potrebbe raggiungere le Filippine entro la fine dell'estate. Shirasu inoltre ha lasciato aperta la possibilità di usare ancora le sue riserve per aiutare altri paesi nel bisogno.

Per capire il ruolo del Giappone nella deflazione del mercato del riso, aiuta visitare i magazzini che circondano la baia di Tokyo. È qui, in costruzioni a temperatura controllata, che il Giappone conserva milioni di sacchi in vinile da 30 chilogrammi di riso che importa ogni anno. Tokyo non ha bisogno del riso dal mondo esterno: i molto sovvenzionati coltivatori del paese producono più che a sufficienza per alimentare i 127 milioni di abitanti del paese. Tuttavia ogni anno dal 1995, Tokyo ha comprato centinaia di migliaia di tonnellate metriche di riso dagli Stati Uniti, dalla Tailandia, dal Vietnam, dalla Cina e dall'Australia.

Uno squilibrio nel riso

Perché il Giappone compra riso di cui non ha bisogno o che non desidera? Per per seguire le regole dell'Organizzazione Mondiale del Commercio, che risalgono al 1995 e sono mirate ad aprire il mercato nazionale del riso. Gli Stati Uniti hanno combattuto per anni per debellare il protezionismo giapponese sul riso e convincere Tokyo ad acconsentire ad importarlo dagli Stati Uniti e da altrove è stato per lungo tempo un obiettivo della politica commerciale americana. Ma mentre i giapponesi stanno comprando riso da aziende agricole in Cina e California da più di un decennio, quasi nessuna importazione finisce mai sulle tavole giapponesi. Al contrario il riso importato è spedito come aiuto alimentare nella Corea del Nord, aggiunto alla birra e ai dolci di riso, o mischiato con altri cereali per nutrire maiali e polli. O semplicemente rimane in magazzino per anni. Fino all'ottobre scorso, i magazzini del Giappone contenevano 2,6 milioni di tonnellate di riso eccedente, comprese 1,5 milioni di tonnellate di riso importato, di cui 900.000 tonnellate di riso americano a grana media.

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Per sfruttare le sue riserve di importazione, Tokyo ha dovuto ottenere l'imprimatur di Washington. Non ci sarebbe riuscito se non per Tom Slayton, un ex funzionario dell'agricoltura degli Stati Uniti e Peter Timmer, un professore aggiunto dell'Università di Stanford, che hanno attirato l'attenzione sulle riserve del Giappone in un rapporto sul sito del Centro per lo Sviluppo Globale (CGD) all'inizio di maggio. Liberando il riso, hanno scritto, “porterebbe i prezzi a scendere immediatamente, evitando la fame, la malnutrizione e l'aumento della mortalità fra la gente povera in Asia.”

Nondimeno, dare al Giappone il benestare non era una decisione facile per Washington. Gli alti prezzi del riso avevano procurato ai coltivatori americani un guadagno inatteso. Soprattutto, gli Stati Uniti avevano una questione più urgente a cui dedicarsi, il preventivo per l'agricoltura da 300 miliardi di dollari che sta facendo il suo percorso attraverso il Congresso. Ma il documento del CGD è circolato a Washington. Due comitati congressuali e un editoriale del Washington Post hanno fatto riferimento al documento ed i funzionari commerciali degli Stati Uniti hanno presto contattato i giapponesi.

Irreality tv

Spin è un documentario del 1995 dell'artista Brian Springer, che rivela, in un'ora circa di footage sulla campagna presidenziale del '92 non spurgato dai network satellitari, come i canali televisivi costruiscano la realtà a cui i telespettatori dovranno credere. Consiglio la visione a chi non lo conoscesse, è un ottimo sistema per smettere definitivamente di pensare che dagli schermi televisivi possa venire un qualche barlume di verità.

Sunday, May 25, 2008

Premio Caligola - Maggio '08

Due candidati dagli USA e uno dall'Inghilterra per il Premio Caligola - Il potere gli ha dato alla testa di maggio: gli anglosassoni la fanno da padroni, con un trittico di notizie che rendono bene l'idea di come lo stato si ponga di fronte al cittadino.

Nella prima delle tre, scopriamo intanto che le cure per cui i sudditi hanno pagato non sono affatto garantite nei casi in cui più probabilmente ne avrebbero bisogno: ce lo rivela un inquietante rapporto “sul razionamento della sanità” redatto da una task force composta da medici e da membri dell'esercito e delle agenzie governative USA. A loro spetta il compito di decidere chi può sopravvivere e chi può morire in caso di disastro sanitario. I contributi versati per anni? Serviranno alla sopravvivenza dei più adatti, fatevene una ragione.

Sempre dagli USA ancora una notizia che riguarda lo strano concetto di comunicazione verso il cittadino che hanno i burocrati di stato. “Ho deciso che sei una minaccia,” scrive in una lettera un funzionario dell'amministrazione della sicurezza del governo USA in risposta a degli studenti. Delirio d'onnipotenza o scarsa dimestichezza con il linguaggio? Chissà, quel ch'è certo è l'effetto piuttosto “sovietico” della lettera in questione.

Infine, il candidato della Perfida Albione, con una notizia che arriva da Nottingham degna del suo famoso Sceriffo, anch'essa relativa all'inesauribile filone del terrorismo e non priva di una certa ironia perversa. Sì, perché pare che in Inghilterra scaricare materiale pubblicato da un sito del governo americano può costare una settimana in guardina, come è successo ad uno studente ventiduenne che faceva ricerche su Al-Qaeda. Del resto ormai s'è capito, di questo argomento meno se ne sa più tranquilli si vive: perché andare in cerca di problemi?

A voi la scelta, quindi, per questa edizione di una primavera da passare gioiosi e spensierati: non c'è nulla di cui preoccuparsi, c'è chi si occupa di noi. Non vi resta che votare.

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Chi dovrebbe esser lasciato morire in una pandemia?

Chi dovrebbero lasciar morire i medici in una pandemia di aviaria? Forse la nonna, suggerisce un rapporto sul razionamento della sanità

I medici sanno che alcuni pazienti necessitanti cure salvavita non le otterranno in una pandemia di influenza o altro disastro. Lo straziante dilemma sarà decidere chi va lasciato morire.

Ora un gruppo influente di medici ha preparato una lista trucemente specifica delle raccomandazioni per le quali i pazienti non sarebbero curati. Includono i molto anziani, i gravemente feriti, i pazienti severamente ustionati e quelli con grave demenza.

La lista suggerita è stata compilata da un gruppo di esperti di cui i membri vengono da università prestigiose, da gruppi medici, dall'esercito ed agenzie governative. Includono il dipartimento di Homeland Security, i Centri per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie ed il dipartimento della Salute e dei Servizi Umani.

La guida di riferimento proposta è destinata ad essere un modello per gli ospedali “in modo che ciascuno pensi nella stessa maniera” quando la pandemia di influenza o un altro disastro sanitario diffuso colpiranno, ha detto il dott. Asha Devereaux. È una importante specialista della sanità a San Diego e principale autrice del rapporto del gruppo di esperti.

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L'esperto di leggi di sanità pubblica Lawrence Gostin dell'università di Georgetown ha definito il rapporto un'iniziativa importante ma anche “un campo minato politico e legale.”

Le raccomandazioni probabilmente violerebbero le leggi federali contro la distinzione di età e di inabilità, ha detto Gostin, che non era nel gruppo di esperti.

Se seguite in modo ferreo, tali regole potrebbero escludere la cura per i più poveri, la maggior parte dei cittadini svantaggiati che soffrono sproporzionatamente dalla malattia e dall'inabilità croniche, lui hanno detto. Anche se il razionamento della sanità sarà necessario in un disastro totale, “ci sono alcune preoccupazioni etiche reali.”
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Lettere del governo USA definiscono gli studenti minacce alla sicurezza


Un dottorando tedesco in oceanografia al M.I.T. si è rivolto all'amministrazione della Sicurezza nei Trasporti per una nuova carta di identità che gli permettesse di lavorare vicino alle navi e alle banchine.

Ciò che lo studente, Wilken-Jon von Appen, ha ricevuto in risposta, è stata una lettera che non solo gliela negava, ma che aggiungeva anche un avvertimento minaccioso di John M. Busch, un funzionario dell'amministrazione della sicurezza: “Ho determinato che costituite una minaccia alla sicurezza.”

Lettere simili sono andate a 5.000 candidati in tutto il paese a cui almeno inizialmente sono state negate le credenziali di lavoratore dei trasporti, una carta di identificazione destinata alla difesa dalle azioni terroristiche, hanno detto lunedì i funzionari dell'agenzia.

I funzionari hanno inoltre detto di essere spiacenti per il linguaggio, che potrà cambiare in futuro, ma di non avere intenzione di ritirare le lettere già spedite.

“È una sfortunata scelta delle parole in una lettera burocratica,” ha detto Ellen Howe, un portavoce dell'agenzia di sicurezza.

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Studente incarcerato per sei giorni per ricerca sulle tattiche di Al-Qaeda


Uno studente universitario che faceva ricerca sulle tattiche terroristiche per un master ed è stato arrestato e trattenuto per sei giorni dopo che la polizia era stata informata dall'università di materiale relativo ad Al-Qaeda da lui scaricato ha parlato della “tortura psicologica” che ha dovuto sopportare in custodia.

Malgrado i soprintendenti della sua università di Nottingham abbiano confermato che i materiali erano direttamente relativi alla sua ricerca, Rizwaan Sabir, 22 anni, è stato tenuto in custodia per quasi una settimana come permesso dal Terrorism Act, accusato di scaricare il materiale per uso illegale. Lo studente aveva ottenuto una copia del manuale d'addestramento di Al-Qaeda da un sito del governo degli Stati Uniti per la sua ricerca sulle tattiche terroristiche.

Il caso evidenzia quello che i professori sostengono essere un assalto diretto alla libertà di insegnamento guidato dal governo che, nel suo tentativo di stabilire “un'agenda di prevenzione” contro le attività terroristiche, fa pressione sui accademici perché diventino informatori della polizia.

Sabir è stato arrestato il 14 maggio dopo che il documento è stato trovato da un membro del personale dell'università sul computer di un amministratore. All'amministratore, Hisham Yezza, un conoscente di Sabir, era stato chiesto dallo studente di stampare il documento di 1.500 pagine perché Sabir non poteva permettersi il costo della stampa. I due sono stati arrestati sotto il Terrorism Act, il domicilio privato di Sabir è stato perquisito ed i loro computer e telefoni mobili sequestrati. Sono stati liberati sei giorni dopo senza accuse ma Yezza, che è algerino, è stato immediatamente riarrestato per accuse non relative al fatto riguardanti l'immigrazione ed ora rischia la deportazione.


Un nuovo clima

Grande spazio nei telegiornali dedicato alla finale di Coppa Italia ed ai commenti positivi del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano – ripetuti e amplificati dai cronisti – a sottolineare il bel “clima” che avrebbe caratterizzato l'evento:
Il presidente ha mostrato di essere favorevolmente impressionato dal clima dello stadio. “E' un bel segnale per tutto il calcio italiano”. ...

Intorno allo stadio è stato predisposto un ingente schieramento di forze dell'ordine: "Si usano queste definizioni, si parla di città blindata... - ha detto Napolitano - la polizia prende le misure che ritiene necessarie per garantire i cittadini, anche quelli che vengono allo stadio. L'importante è il comportamento del pubblico, che questa sera è molto composto.”
Notare come per Napolitano una città presidiata dalle forze dell'ordine sia sinonimo di “bel clima” e da interpretare come un bel segnale: del resto per lui, si sa, “i carri armati sovietici portavano la pace” in Ungheria. Ma il bello arriva con una notizia ANSA, a testimonianza del “bel clima” e della “compostezza” che si respirava a Roma:
E' di due accoltellati lievi il bilancio del dopo partita Roma-Inter che si e' disputata ieri sera nella capitale. E' accaduto attorno a mezzanotte e mezza alla stazione della metro di Lepanto, in zona Prati. Prima dell'incontro, all'esterno dello stadio Olimpico, c'era stata un'aggressione da parte di un gruppo di tifosi giallorossi ai danni di interisti, subito interrotta dalla polizia. Sei i fermati. Tre i contusi lievi, un tifoso e 2 uomini delle forze dell'ordine.
Proprio un bel clima si respira a Roma, un'arietta fresca niente male...

I Dieci Comandamenti

Arriva questa settimana il dispaccio telepatico dall'isola volante, dedicato per una volta ad un argomento prettamente religioso, adeguato per la lettura domenicale. Molto curiose le dicerie, riportate dal nostro affezionato inviato, che circolano in quel di Laputa a proposito delle antiche regole che Dio avrebbe dettato a Mosè.

Da parte mia posso soltanto notare che se nemmeno su dieci leggi l'umanità è riuscita a mettersi d'accordo, la prossima volta sarà meglio limitarsi all'essenziale.


Per accompagnare la lettura consiglio, ovviamente, un bicchierino di vinsanto, da assaporare lentamente e con gratitudine. Una buona – e santa – domenica a tutti.
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Di Giovanni Pesce


Non avrei mai pensato che anche sui Dieci Comandamenti fosse stata organizzata dal grande mainstream un’opera di disinformazione e di adattamento alle contingenze.

La gran parte della popolazione mondiale pensa che i Dieci Comandamenti siano stati scritti da Cecil B. DeMille direttamente ad Hollywood, mentre i ricercatori “standard” delle verità nascoste hanno individuato nei libri sacri la fonte di tali “suggerimenti”.

Ormai sappiamo che alcuni tra i più noti ricercatori si sono fermati alle prime osterie contentandosi delle spiegazioni del catechismo; altri invece hanno persino letto i testamenti, l’Antico ed il Nuovo con risultati sconvolgenti.
All’apice dei ricercatori troviamo alcuni studiosi che hanno cercato la verità sui Comandamenti su Wikipedia, un antico testo in uso nei paesi che ancora usano Internet per comunicare.

Ebbene all’ultimo congresso di Decalogia Applicata si è discusso animatamente sul “taroccamento” storico del Decalogo.

Infatti, già nell’Antico Testamento, ne esistono più versioni e quella che viene fatta imparare ai bimbi è solo una versione alterata delle versioni precedenti.
Il punto che genera i maggiori sospetti è il divieto di adorare immagini presente nelle versioni antiche, divieto che,con il passar del tempo, “misteriosamente” scompare nelle versioni moderne che hanno fatto dell’arte sacra un punto di forza del loro credo religioso.

Da il libro dell’Esodo 20.
1. Io sono il Signore, tuo Dio,

2. Non avrai altri dio all'infuori di me.

3. Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra.

4. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai. Perché io, il Signore, sono il tuo Dio, un Dio geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano,

5. ma che dimostra il suo favore fino a mille generazioni, per quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti.

6. Non pronunzierai invano il nome del Signore, tuo Dio, perché il Signore non lascerà impunito chi pronuncia il suo nome invano.

7. Ricordati del giorno di sabato per santificarlo:

8. sei giorni faticherai e farai ogni tuo lavoro;

9. ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: tu non farai alcun lavoro, né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo schiavo, né la tua schiava, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te.

10. Perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi, ma si è riposato il giorno settimo. Perciò il Signore ha benedetto il giorno di sabato e lo ha dichiarato sacro.

11. Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che ti dà il Signore, tuo Dio.

12. Non uccidere.

13. Non commettere adulterio.

14. Non rubare.

15. Non pronunciare falsa testimonianza contro il tuo prossimo.

16. Non desiderare la casa del tuo prossimo.

17. Non desiderare la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo, né la sua schiava, né il suo bue, né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo
Qui a Laputa si propende per la classica versione “NO Commandaments” che propone una serie di semplici regole di vita condensate nella frase” Pregate, il Padreterno o Laputiani, affinché il vostro governatore non sia troppo dipendente anche dalle banche d’affari, per il resto fate quello che vi pare senza troppo casino”.

Il problema potrebbe sorgere nel caso in cui il governatore venga scelto dal NWO tra i dipendenti di certi istituti bancari internazionali; in una tale contingenza le teorie economiche verranno riscritte dai nuovi padroni con buona pace di tutti.

E che Dio ve la mandi buona.

Thursday, May 22, 2008

Intervallo

Gli impegni di lavoro mi impediscono di bloggare con continuità. Posto allora questa bellissima animazione di Blu per chi si trovasse a passare di qua. A presto.


MUTO a wall-painted animation by BLU from blu on Vimeo.

Monday, May 19, 2008

Più secondini per tutti!

Non ho purtroppo molto tempo libero in questi giorni, l'inviato da Laputa, a quanto pare, dev'essere ancora alle prese con il suo trasmettitore telepatico che fa le bizze, ma per fortuna di persone che scrivono cose interessanti ce n'è sempre qualcuna. Approfitto quindi per segnalare questo articolo – di cui pubblico un breve stralcio – di Giorgio Mattiuzzo sul vero ruolo della polizia nei nostri stati “moderni:” sarebbe davvero l'ora di cominciare a guardare in faccia la realtà, e dire le cose come stanno, e chiamare le cose col loro nome. Anche se è difficile farlo, anche se è doloroso farlo, anche se è senza speranza.

Non siamo liberi, non lo siamo mai stati.

Con ogni probabilità non lo saremo mai.
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Di Giorgio Mattiuzzo


Anni e anni di educazione civica e televisione hanno istruito il cittadino a negare qualsiasi dato sperimentale che non si adatti alla teoria della “guardia che insegue il ladro”. E' questo un concetto talmente radicato nella mente del cittadino che nessuna realtà lo scuote.


E' inutile tacciare di xenofobia chi, invece, è semplicemente vittima del processo di rimozione inculcato dall'educazione. Perché quando il “razzista” si incazza e grida perché la polizia se la prende con i cittadini onesti e lascia stare i delinquenti, ha ragione. Solo che il “razzista” non ne trae la conclusione che volontariamente la polizia, cioè lo Stato, persegue gli onesti e lascia in pace i delinquenti, ma – forzato da anni di educazione a carico dello Stato – chiede che ci sia più polizia, cioè più Stato. Bisogna invece prendere atto, tutti quanti, che le guardie non inseguono i ladri. Le guardie se ne fottono dei ladri. Le guardie sono lì per controllare noi, non i ladri.

Bisogna ritornare ai tempi in cui i cittadini erano contadini ignoranti e analfabeti, e sapevano che la guardia era lì per loro.

Dobbiamo re-imparare da principio la funzione della polizia. La polizia è il monopolio della violenza esercitato dallo Stato per perpetuare sé stesso. La polizia serve a reprimere ogni moto e tendenza che possa incrinare il potere. La criminalità non mette in discussione lo Stato ed il potere. Sono i cittadini a farlo. Sono i cittadini che, smettendo di offrire un consenso non informato al loro stesso sfruttamento, possono mettere in discussione lo Stato. Sono i lavoratori, gli operai, le cassiere, gli artigiani, gli imprenditori (quelli veri, non quelli che campano di sussidi statali) a poter mettere in discussione lo Stato. E sono loro a dover essere controllati attraverso la polizia, che svolge questo ruolo coerentemente. Lo Stato non perseguiterà mai il criminale, perché esso è troppo utile allo Stato stesso: grazie al criminale il cittadino invoca più polizia e più Stato, chiede di mettere le telecamere in città, chiede arresti facili, chiede poteri di polizia anche per i netturbini. Grazie al criminale, il cittadino scava da solo la fossa della propria libertà.

Saturday, May 17, 2008

«They're bombing my city!»

La tragedia balcanica trasformata in mito allegorico, attraverso la poetica surreale di Emir Kusturica che racconta la discesa all'inferno della Yugoslavia – dall'invasione tedesca alla guerra civile passando per gli anni di Tito e del comunismo – come un orgia inconsapevole di passioni, tradimenti, di fuoco e di sangue. Tratto da un soggetto di Dusan Kovacevic, importante autore serbo, Underground ('95) è un film contro la guerra e contro la propaganda politica, ma prima di questo è un inno all'umanità, e alla sua lotta perenne contro il suo lato oscuro.

Il pozzo senza fondo



D
al Telegraph (segnalato da Cryptogon):
Il prezzo del petrolio ha raggiunto un nuovo record, toccando quota 127 dollari al barile, mentre il presidente George W. Bush visita l'Arabia Saudita per la seconda volta in quattro mesi per supplicare il regno ricco di oro nero di aumentare la produzione.

Il presidente Bush, che sta incontrando il re Abdullah dell'Arabia Saudita in una veloce visita di un giorno, vuole che i sauditi aumentino la produzione petrolifera per aiutare la sofferente economia degli Stati Uniti, dove i consumatori e le aziende sono danneggiati in egual misura dal rincaro del greggio.
In altre parole, gli ha chiesto di mantenere il ritmo delle magiche stampanti, questo il piano Bush per alleviare le sofferenze dell'economia americana. Ovviamente i sauditi hanno risposto picche.
Un vero peccato che il greggio necessiti di trivellazione ed estrazione. Infatti
... il ministro saudita del petrolio Ali ai-Naimi ha detto più tardi che il 10 maggio il regno ha già aumentato di 300.000 barili la sua produzione di petrolio su richiesta “di circa 50 clienti nel mondo.”

L'aumento porterà la produzione saudita in giugno a 9,45 milioni di barili al giorno e non sembra essere arrivato in risposta diretta alla richiesta del presidente Bush. “In futuro, se affiora un bisogno, l'Arabia Saudita non ha obiezioni a produrre di più,” ha aggiunto il sig. Al-Naimi.

Tuttavia, è stato appurato che nel corso della sua riunione con il sig. Al-Naimi ed il re, il presidente Bush è stato avvertito che un aumento della produzione è improbabile che si rifletta in un calo del prezzo dell'energia negli Stati Uniti.
A lezione d'economia dai sauditi. A questo s'è ridotto.