L'inflazione è la conseguenza più devastante dell'attuale sistema monetario basato sul denaro di carta inconvertibile: una tassa occulta che drena il valore dai soldi che abbiamo in tasca a vantaggio dei gruppi di potere più vicini ai vertici politici. È sconfortante quindi rendersi conto quanto poco si conosce di questo fenomeno, una lacuna informativa che i media asserviti ovviamente evitano di colmare.
Proviamoci allora con questo articolo tratto da What You Should Know About Inflation, libro scritto da Hazlitt nel 1964. La traduzione è di Massimiliano “El Pasador” Belloni, promettente nuovo acquisto della squadra del Gongoro.
___________________________
Di Henry Hazlitt
Cos’è l’inflazione
Nessun argomento è oggi tanto discusso nè tanto poco compreso quanto l’inflazione. I politici ne parlano come fosse un mostro da un altro mondo, sul quale non hanno controllo, come fosse un terremoto o una peste; promettono però di combatterla, se solo avessero il potere di farlo.
Tuttavia la verità è che sono le politiche monetarie a generare l'inflazione, e i politici promettono di combattere con la mano destra ciò che creano con la sinistra.
L’inflazione ha come causa primaria un incremento dell’emissione di moneta e un’espansione del credito; infatti, questa è la definizione di inflazione. Sull’American College Dictionary, per esempio, trovavate questa definizione:
espansione della moneta di una nazione, specialmente in forma cartacea non redimibile in Oro o Argento
Negli ultimi anni tuttavia il termine è stato usato in modo differente, questa è la definizione in un’edizione successive dell’American College Dictionary:
incremento dei prezzi generato da un’espansione della moneta e del credito
Ovviamente, un incremento dei prezzi generato da un’espansione della moneta non è la stessa cosa della stessa espansione della moneta. Una causa non è identica a una delle sue conseguenze. L’utilizzo del termine inflazione con i due differenti significati porta a notevole confusione.
La parola inflazione in origine si applicava solamente alla quantità di moneta: significava che la quantità di moneta era eccessiva; non è pedanteria insistere sull’utilizzo di questo significato, perché usarla nel senso di incremento dei prezzi vuol dire distogliere l’attenzione dalle reali cause e dalle possibili cure.
Vediamo cosa accade quando c’è inflazione e perchè. Quando si incrementa la quantità di moneta, le persone hanno più soldi da spendere; se la quantità di beni/servizi non aumenta (o non aumenta tanto quanto la quantità di moneta), i prezzi dei beni saliranno. Ogni dollaro vale meno perché ci sono più dollari. Un prezzo è il tasso di cambio tra un dollaro ed un’unità di merce. Quando le persone hanno più dollari, esse stesse danno meno valore a ogni singolo dollaro. I prezzi aumentano non perché ci sono meno beni in circolazione, ma perché ci sono più dollari.
Ai vecchi tempi, i governi inflazionavano diminuendo la quantità di metallo prezioso contenuto in ogni singola moneta. Poi hanno scoperto che possono inflazionare in modo più veloce stampando moneta non coperta. Ciò accadde durante la rivoluzione francese e durante la guerra di secessione. Oggi il metodo è un po’più particolare: il governo, per finanziare il debito pubblico, vende indirettamente bond governativi alle banche, che sulla base di questi bond effettuano prestiti ai clienti; le banche comprano i bond dalla Banca Centrale, che per acquistarli dal governo stampa moneta dal nulla; questo è il meccanismo di creazione della moneta.
La gran parte della moneta della nazione non è costituita dal circolante, ma da depositi creati da sulla base di bond. Nel dicembre 1963, la quantità totale di moneta è il 388% in più di quella del 1939, mentre i prezzi sono aumentati in media del 138%.
E’ una semplificazione eccessiva dire che il valore del dollaro dipende dalla quantità presente di moneta: se il pubblico pensa che la quantità di moneta futura supererà quella presente, il valore attuale del dollaro (misurato dal suo potere d’acquisto) sarà ancora più basso.
Inoltre, il valore di un’unità monetaria non dipende solo dalla sua quantità totale, ma anche dalla qualità: quando una valuta abbandona il Gold Standard, ciò significa che il potere di convertirla in Oro è stato perso, quindi il valore dell’unità monetaria diminuisce immediatamente, anche se non c’è ancora stato nessun incremento della quantità di moneta. Ciò perché le persone hanno in media più fiducia nell’Oro che nella capacità di giudizio dei ministri economici di un qualunque governo. In ogni caso non è mai accaduto che all’uscita dal Gold Standard non sia seguito un incremento della quantità di moneta e del credito bancario. Il valore di una moneta non è determinato da fattori interamente meccanicistici, ma soprattutto da fattori psicologici che sono spesso difficili da comprendere.
Ci sono altre questioni da tenere in considerazione: si dice spesso che il valore del dollaro dipende anche dalla velocità di circolazione della moneta (più alta è la velocità di circolazione, meno vale una valuta). Ma un incremento della velocità di circolazione non è una causa della perdita di valore di una valuta, è una delle conseguenze del timore che il valore della valuta diminuirà (o, detto in un altro modo, che i prezzi aumenteranno). Ciò fa credere alle persone che sia meglio scambiare dollari in cambio di merce prima che i dollari perdano valore, quindi l’aumento della velocità di circolazione della valuta è una conseguenza e non una causa della perdita di valore della valuta stessa.
Un altro vicolo cieco: in risposta a chi sostiene che l’espansione della moneta e del credito causino l’inflazione, alcuni fanno notare che l’incremento del prezzo delle commodities avviene prima dell’incremento della quantità di moneta. Ciò è vero, le materie prime strategiche aumentano di prezzo per il timore che possano diventare insufficienti; gli speculatori e gli imprenditori li comprano per tenerli fermi in vista di profitti ulteriori o come scorta di sicurezza, ma per fare ciò chiedono in prestito più soldi alle banche, quindi l’aumento dei prezzi delle commodities si accompagna ad un incremento del credito bancario. E’ quest’ultimo che garantisce al sistema l’incremento di moneta dal quale si genera l’incremento dei prezzi, che anche in questo caso è una conseguenza.
Alcune credenze popolari non corrette
Una delle assunzioni più sbagliate sull’inflazione è che sia causata dalla scarsità di beni sul mercato.
E’ vero che un aumento dei prezzi (che, come abbiamo visto, non è da identificare con l’inflazione) può essere causato sia da un incremento della quantità di moneta che da una carenza di beni sul mercato, come nel caso dei prodotti agricoli. Ma questa è un’eccezione che si verifica di rado anche nei periodi di guerra. Tuttavia questa credenza è talmente radicata che, anche durante l’iperinflazione nella Germania del 1923, dopo che i prezzi erano cresciuti nell’ordine delle miliardi di volte, milioni di tedeschi, anche nelle classi più alte, attribuivano il tutto alla scarsità di beni disponibili, mentre nello stesso tempo gli stranieri compravano direttamente in Germania i beni per mezzo dell’Oro o delle altre valute a prezzi risibili rispetto a quelli che avrebbero pagato nei rispettivi mercati domestici.
Anche l’aumento dei prezzi a partire dal 1939 negli USA è stato attribuito ad una carenza di beni. Ma anche se i beni civili fossero stati realmente scarsi, ciò non avrebbe comunque causato incremento dei prezzi, in quanto l’incremento della tassazione nel periodo di guerra ha tolto una parte elevata di reddito alle persone, che quindi avevano a disposizione meno soldi da spendere.
Un’altra fonte di confusione riguarda il deficit di bilancio: per molti, un deficit di bilancio è una causa necessaria e sufficiente di inflazione. Ma se il deficit è finanziato da bond governativi coperti da reali risparmi, non necessariamente genera inflazione, così come un avanzo di bilancio non è una garanzia contro l’insorgere dell’inflazione. Un deficit di bilancio è inflazionistico solamente nella misura in cui genera un incremento della quantità di moneta; l’inflazione può verificarsi anche in presenza di un avanzo di bilancio, se è accompagnato dall’incremento di moneta e di credito bancario.
Lo stesso ragionamento si applica alla cosiddetta pressione inflazionistica, in particolare alla spirale salari-prezzi. Un incremento dei salari oltre il livello di mercato non genera in sé inflazione se non è collegato ad un incremento della quantità di moneta, ma causa solo disoccupazione. Un incremento dei prezzi senza un corrispondente aumento dei soldi nelle tasche delle persone genera solo una diminuzione delle vendite. Salari e prezzi sono quindi una conseguenza dell’inflazione, e possono esserne una concausa solo se contribuiscono a generare un incremento della quantità di moneta.
Le cure contro l’inflazione
La cura contro l’inflazione consiste, come tutte le cure, nella rimozione della causa; per rimuovere l’inflazione bisogna semplicemente smettere di inflazionare!
Questo semplice principio implica difficili decisioni di dettaglio. Cominciamo dal bilancio dello stato: è quasi impossibile evitare l’inflazione se il bilancio è costantemente negativo, perché il deficit sarà quasi sicuramente finanziato ricorrendo a mezzi inflazionistici che portano, direttamente o indirettamente, a stampare più moneta. Le spese governative non sono inflazionistiche finchè sono coperte dalla pressione fiscale o da risparmi reali. Ma quando le spese si spingono oltre un certo livello questi mezzi si rivelano impraticabili e si ricorrerà a stampare moneta. Inoltre, anche se i ricavi governativi dalla tassazione non sono necessariamente inflazionistici, minano il sistema produttivo e di libera imprenditoria, quindi una riduzione della spesa pubblica va in senso contrario all’inflazione.
Il Tesoro (quindi il governo) e la Banca Centrale contribuiscono entrambi al processo inflativo, poiché mantengono bassi in maniera artificiale i tassi d’interesse, dai quali si genera l'aumento del credito bancario. Infatti un incremento nella richiesta di prestiti si accompagna ad un incremento della quantità di moneta, e a sua volta l’ incremento della quantità di moneta mantiene bassi i livelli dei tassi d’interesse. In particolare ciò si verifica quando la Banca Centrale compra i bond governativi alla pari (cioè a un tasso uguale a quello concesso alle singole banche): la Banca Centrale dovrebbe pagare tassi sui bond più alti di quelli che concede alle singole banche, specialmente in periodi di pesante inflazione, per evitare una eccessiva espansione del credito: in presenza di tassi sui bond governativi più elevati, è più costoso per le singole banche chiedere un prestito alla Banca Centrale, quindi le singole banche chiederanno meno prestiti alla Banca Centrale e ne concederanno meno ai propri clienti. Poichè la Banca Centrale paga questi bond (da cui si generano i prestiti) stampando nuova moneta (ciò è chiamato la Monetizzazione del debito pubblico), se i tassi pagati dalla Banca Centrale sono più alti il credito bancario diminuisce e di conseguenza diminuisce la quantità di nuova moneta stampata. La politica di mantenere bassi i tassi d’interesse ha perciò il suo corrispondente nella politica di autofinanziamento del debito pubblico mediante l'emissione di nuova moneta.
Il mondo non si libererà dall’inflazione se non ritornando al Gold Standard, che fornisce un controllo automatico e pratico contro un’eccessiva espansione creditizia; per questo motivo è stato abbandonato. Il Gold Standard è inoltre l’unico sistema che abbia mai fornito una moneta realmente adatta a favorire gli scambi internazionali.
Uno degli effetti dell’inflazione è di ridistribuire la ricchezza: all’inizio del processo inflativo, prima che le distorsioni diventino talmente consistenti da creare grossi problemi al sistema produttivo, alcuni gruppi di persone sono favoriti rispetto ad altri, quindi hanno interesse a mantenere in vigore un sistema inflativo. Tanti invece rimangono delusi quando scoprono di non poter battere l’inflazione, e che il costo della vita aumenta più del salario; l’ipocrisia corrente dice: che diminuiscano i prezzi praticati dagli altri, e aumentino i miei ricavi.
I governi guidano la via dell’ipocrisia, volendo mantenere una politica di piena occupazione combattendo allo stesso tempo l’inflazione mentre, come disse un accanito sostenitore delle politiche inflative “l’inflazione è i nove decimi della piena occupazione”. Ma si era dimenticato di dire che il risultato dell’inflazione è una recessione e, peggio ancora, la sfiducia del pubblico nel capitalismo, individuato erroneamente come la causa della recessione stessa.
L’inflazione ha tanti effetti negativi: diminuisce il valore della moneta, aumenta il costo della vita, reduce I risparmi, disincentiva gli investimenti, incoraggia la speculazione a spese del lavoro, mina la fiducia nel libero mercato.
Ma non è inevitabile, la possiamo fermare se vogliamo.
Proviamoci allora con questo articolo tratto da What You Should Know About Inflation, libro scritto da Hazlitt nel 1964. La traduzione è di Massimiliano “El Pasador” Belloni, promettente nuovo acquisto della squadra del Gongoro.
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Di Henry Hazlitt
Cos’è l’inflazione
Nessun argomento è oggi tanto discusso nè tanto poco compreso quanto l’inflazione. I politici ne parlano come fosse un mostro da un altro mondo, sul quale non hanno controllo, come fosse un terremoto o una peste; promettono però di combatterla, se solo avessero il potere di farlo.
Tuttavia la verità è che sono le politiche monetarie a generare l'inflazione, e i politici promettono di combattere con la mano destra ciò che creano con la sinistra.
L’inflazione ha come causa primaria un incremento dell’emissione di moneta e un’espansione del credito; infatti, questa è la definizione di inflazione. Sull’American College Dictionary, per esempio, trovavate questa definizione:
espansione della moneta di una nazione, specialmente in forma cartacea non redimibile in Oro o Argento
Negli ultimi anni tuttavia il termine è stato usato in modo differente, questa è la definizione in un’edizione successive dell’American College Dictionary:
incremento dei prezzi generato da un’espansione della moneta e del credito
Ovviamente, un incremento dei prezzi generato da un’espansione della moneta non è la stessa cosa della stessa espansione della moneta. Una causa non è identica a una delle sue conseguenze. L’utilizzo del termine inflazione con i due differenti significati porta a notevole confusione.
La parola inflazione in origine si applicava solamente alla quantità di moneta: significava che la quantità di moneta era eccessiva; non è pedanteria insistere sull’utilizzo di questo significato, perché usarla nel senso di incremento dei prezzi vuol dire distogliere l’attenzione dalle reali cause e dalle possibili cure.
Vediamo cosa accade quando c’è inflazione e perchè. Quando si incrementa la quantità di moneta, le persone hanno più soldi da spendere; se la quantità di beni/servizi non aumenta (o non aumenta tanto quanto la quantità di moneta), i prezzi dei beni saliranno. Ogni dollaro vale meno perché ci sono più dollari. Un prezzo è il tasso di cambio tra un dollaro ed un’unità di merce. Quando le persone hanno più dollari, esse stesse danno meno valore a ogni singolo dollaro. I prezzi aumentano non perché ci sono meno beni in circolazione, ma perché ci sono più dollari.
Ai vecchi tempi, i governi inflazionavano diminuendo la quantità di metallo prezioso contenuto in ogni singola moneta. Poi hanno scoperto che possono inflazionare in modo più veloce stampando moneta non coperta. Ciò accadde durante la rivoluzione francese e durante la guerra di secessione. Oggi il metodo è un po’più particolare: il governo, per finanziare il debito pubblico, vende indirettamente bond governativi alle banche, che sulla base di questi bond effettuano prestiti ai clienti; le banche comprano i bond dalla Banca Centrale, che per acquistarli dal governo stampa moneta dal nulla; questo è il meccanismo di creazione della moneta.
La gran parte della moneta della nazione non è costituita dal circolante, ma da depositi creati da sulla base di bond. Nel dicembre 1963, la quantità totale di moneta è il 388% in più di quella del 1939, mentre i prezzi sono aumentati in media del 138%.
E’ una semplificazione eccessiva dire che il valore del dollaro dipende dalla quantità presente di moneta: se il pubblico pensa che la quantità di moneta futura supererà quella presente, il valore attuale del dollaro (misurato dal suo potere d’acquisto) sarà ancora più basso.
Inoltre, il valore di un’unità monetaria non dipende solo dalla sua quantità totale, ma anche dalla qualità: quando una valuta abbandona il Gold Standard, ciò significa che il potere di convertirla in Oro è stato perso, quindi il valore dell’unità monetaria diminuisce immediatamente, anche se non c’è ancora stato nessun incremento della quantità di moneta. Ciò perché le persone hanno in media più fiducia nell’Oro che nella capacità di giudizio dei ministri economici di un qualunque governo. In ogni caso non è mai accaduto che all’uscita dal Gold Standard non sia seguito un incremento della quantità di moneta e del credito bancario. Il valore di una moneta non è determinato da fattori interamente meccanicistici, ma soprattutto da fattori psicologici che sono spesso difficili da comprendere.
Ci sono altre questioni da tenere in considerazione: si dice spesso che il valore del dollaro dipende anche dalla velocità di circolazione della moneta (più alta è la velocità di circolazione, meno vale una valuta). Ma un incremento della velocità di circolazione non è una causa della perdita di valore di una valuta, è una delle conseguenze del timore che il valore della valuta diminuirà (o, detto in un altro modo, che i prezzi aumenteranno). Ciò fa credere alle persone che sia meglio scambiare dollari in cambio di merce prima che i dollari perdano valore, quindi l’aumento della velocità di circolazione della valuta è una conseguenza e non una causa della perdita di valore della valuta stessa.
Un altro vicolo cieco: in risposta a chi sostiene che l’espansione della moneta e del credito causino l’inflazione, alcuni fanno notare che l’incremento del prezzo delle commodities avviene prima dell’incremento della quantità di moneta. Ciò è vero, le materie prime strategiche aumentano di prezzo per il timore che possano diventare insufficienti; gli speculatori e gli imprenditori li comprano per tenerli fermi in vista di profitti ulteriori o come scorta di sicurezza, ma per fare ciò chiedono in prestito più soldi alle banche, quindi l’aumento dei prezzi delle commodities si accompagna ad un incremento del credito bancario. E’ quest’ultimo che garantisce al sistema l’incremento di moneta dal quale si genera l’incremento dei prezzi, che anche in questo caso è una conseguenza.
Alcune credenze popolari non corrette
Una delle assunzioni più sbagliate sull’inflazione è che sia causata dalla scarsità di beni sul mercato.
E’ vero che un aumento dei prezzi (che, come abbiamo visto, non è da identificare con l’inflazione) può essere causato sia da un incremento della quantità di moneta che da una carenza di beni sul mercato, come nel caso dei prodotti agricoli. Ma questa è un’eccezione che si verifica di rado anche nei periodi di guerra. Tuttavia questa credenza è talmente radicata che, anche durante l’iperinflazione nella Germania del 1923, dopo che i prezzi erano cresciuti nell’ordine delle miliardi di volte, milioni di tedeschi, anche nelle classi più alte, attribuivano il tutto alla scarsità di beni disponibili, mentre nello stesso tempo gli stranieri compravano direttamente in Germania i beni per mezzo dell’Oro o delle altre valute a prezzi risibili rispetto a quelli che avrebbero pagato nei rispettivi mercati domestici.
Anche l’aumento dei prezzi a partire dal 1939 negli USA è stato attribuito ad una carenza di beni. Ma anche se i beni civili fossero stati realmente scarsi, ciò non avrebbe comunque causato incremento dei prezzi, in quanto l’incremento della tassazione nel periodo di guerra ha tolto una parte elevata di reddito alle persone, che quindi avevano a disposizione meno soldi da spendere.
Un’altra fonte di confusione riguarda il deficit di bilancio: per molti, un deficit di bilancio è una causa necessaria e sufficiente di inflazione. Ma se il deficit è finanziato da bond governativi coperti da reali risparmi, non necessariamente genera inflazione, così come un avanzo di bilancio non è una garanzia contro l’insorgere dell’inflazione. Un deficit di bilancio è inflazionistico solamente nella misura in cui genera un incremento della quantità di moneta; l’inflazione può verificarsi anche in presenza di un avanzo di bilancio, se è accompagnato dall’incremento di moneta e di credito bancario.
Lo stesso ragionamento si applica alla cosiddetta pressione inflazionistica, in particolare alla spirale salari-prezzi. Un incremento dei salari oltre il livello di mercato non genera in sé inflazione se non è collegato ad un incremento della quantità di moneta, ma causa solo disoccupazione. Un incremento dei prezzi senza un corrispondente aumento dei soldi nelle tasche delle persone genera solo una diminuzione delle vendite. Salari e prezzi sono quindi una conseguenza dell’inflazione, e possono esserne una concausa solo se contribuiscono a generare un incremento della quantità di moneta.
Le cure contro l’inflazione
La cura contro l’inflazione consiste, come tutte le cure, nella rimozione della causa; per rimuovere l’inflazione bisogna semplicemente smettere di inflazionare!
Questo semplice principio implica difficili decisioni di dettaglio. Cominciamo dal bilancio dello stato: è quasi impossibile evitare l’inflazione se il bilancio è costantemente negativo, perché il deficit sarà quasi sicuramente finanziato ricorrendo a mezzi inflazionistici che portano, direttamente o indirettamente, a stampare più moneta. Le spese governative non sono inflazionistiche finchè sono coperte dalla pressione fiscale o da risparmi reali. Ma quando le spese si spingono oltre un certo livello questi mezzi si rivelano impraticabili e si ricorrerà a stampare moneta. Inoltre, anche se i ricavi governativi dalla tassazione non sono necessariamente inflazionistici, minano il sistema produttivo e di libera imprenditoria, quindi una riduzione della spesa pubblica va in senso contrario all’inflazione.
Il Tesoro (quindi il governo) e la Banca Centrale contribuiscono entrambi al processo inflativo, poiché mantengono bassi in maniera artificiale i tassi d’interesse, dai quali si genera l'aumento del credito bancario. Infatti un incremento nella richiesta di prestiti si accompagna ad un incremento della quantità di moneta, e a sua volta l’ incremento della quantità di moneta mantiene bassi i livelli dei tassi d’interesse. In particolare ciò si verifica quando la Banca Centrale compra i bond governativi alla pari (cioè a un tasso uguale a quello concesso alle singole banche): la Banca Centrale dovrebbe pagare tassi sui bond più alti di quelli che concede alle singole banche, specialmente in periodi di pesante inflazione, per evitare una eccessiva espansione del credito: in presenza di tassi sui bond governativi più elevati, è più costoso per le singole banche chiedere un prestito alla Banca Centrale, quindi le singole banche chiederanno meno prestiti alla Banca Centrale e ne concederanno meno ai propri clienti. Poichè la Banca Centrale paga questi bond (da cui si generano i prestiti) stampando nuova moneta (ciò è chiamato la Monetizzazione del debito pubblico), se i tassi pagati dalla Banca Centrale sono più alti il credito bancario diminuisce e di conseguenza diminuisce la quantità di nuova moneta stampata. La politica di mantenere bassi i tassi d’interesse ha perciò il suo corrispondente nella politica di autofinanziamento del debito pubblico mediante l'emissione di nuova moneta.
Il mondo non si libererà dall’inflazione se non ritornando al Gold Standard, che fornisce un controllo automatico e pratico contro un’eccessiva espansione creditizia; per questo motivo è stato abbandonato. Il Gold Standard è inoltre l’unico sistema che abbia mai fornito una moneta realmente adatta a favorire gli scambi internazionali.
Uno degli effetti dell’inflazione è di ridistribuire la ricchezza: all’inizio del processo inflativo, prima che le distorsioni diventino talmente consistenti da creare grossi problemi al sistema produttivo, alcuni gruppi di persone sono favoriti rispetto ad altri, quindi hanno interesse a mantenere in vigore un sistema inflativo. Tanti invece rimangono delusi quando scoprono di non poter battere l’inflazione, e che il costo della vita aumenta più del salario; l’ipocrisia corrente dice: che diminuiscano i prezzi praticati dagli altri, e aumentino i miei ricavi.
I governi guidano la via dell’ipocrisia, volendo mantenere una politica di piena occupazione combattendo allo stesso tempo l’inflazione mentre, come disse un accanito sostenitore delle politiche inflative “l’inflazione è i nove decimi della piena occupazione”. Ma si era dimenticato di dire che il risultato dell’inflazione è una recessione e, peggio ancora, la sfiducia del pubblico nel capitalismo, individuato erroneamente come la causa della recessione stessa.
L’inflazione ha tanti effetti negativi: diminuisce il valore della moneta, aumenta il costo della vita, reduce I risparmi, disincentiva gli investimenti, incoraggia la speculazione a spese del lavoro, mina la fiducia nel libero mercato.
Ma non è inevitabile, la possiamo fermare se vogliamo.
2 comments:
scappiamo via, lontano dall'inflazione....
Chapù.
Ciao a tutti:
INFLAZIONE: furto perpetrato ai danni della gente che lavora mediante stampa di banconote (vere o false che siano)
davide71
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