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Sunday, May 9, 2010

La grande crisi finanziaria fiorentina

A Laputa si trova un ricco archivio di antichi documenti, testimonianza di storie ormai quasi dimenticate, ma utili per capire che tutto il mondo è paese, che la storia si ripete, e che in fondo i luoghi comuni hanno una loro ragion d'essere.

Nel suo dispaccio di oggi, il nostro inviato dall'isola volante ci rende partecipi di una di queste vicende, in cui si intrecciano le vite e le ricchezze di tre centri di potere del passato (e, almeno in un caso, anche del presente): Venezia, Firenze e Londra. Una pagina di storia economica più attuale di quanto potrebbe apparire di primo acchito.

Buona lettura a tutti voi, e un augurio a tutte le mamme!
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Di Giovanni Pesce


Intorno al 1345 due case bancarie fiorentine i Bardi (gennaio 1343) e i Peruzzi (ottobre 1343 e 1346), a causa di un’improvvisa mancanza di liquidità, entrarono in crisi e finirono in bancarotta.

La V.U. (versione ufficiale, ndr) ci racconta che le due banche avessero concesso prestiti al Re d’Inghilterra senza adeguate garanzie, così quando quest’ultimo rifiutò il pagamento concordato, giustificandosi con l’urgenza di organizzare la guerra dei Cent’Anni con la Francia, le agenzie inglesi delle due banche andarono verso il fallimento.

Nonostante esistesse un vincolo di mutuo soccorso , che legava tutte le filiali e che avrebbe dovuto garantire in teoria il buon funzionamento del sistema bancario, non fu possibile alcun salvataggio; questo vincolo, invece, si trasformò in un meccanismo di perdizione che, ad una ad una, portò alla bancarotta tutte le filiali in “franchising”della banca.

Fin a qui la storia raccontata sembra corretta; ma il “dark side” è un altro.

La vicenda economica inizia con il religioso intento, da parte dei banchieri fiorentini, di evitare il peccato di usura; con tal intendimento l’ostacolo dell’usura veniva aggirato chiedendo in restituzione dei soldi prestati, merci o servizi particolarmente remunerativi, come quello di “privatizzare” le entrate dello stato o quello di esercitare il monopolio privato della produzione delle merci più importanti (gli alimentari, la lana ed i tessuti, le ferramenta, il sale) che altrimenti sarebbero state esclusivamente prodotte sotto un sistema di licenze e di tassazione reali o nazionali.

Infatti i Peruzzi, da parte loro, possedevano tutti i diritti sulle entrate del Regno di Napoli, controllavano l’esercito di quel regno, riscuotevano tasse e gabelle, nominavano funzionari e soprattutto vendevano tutto il grano prodotto nel regno di re Roberto.

Invece, la merce principale trattata dai Bardi era la lana; la compravano in Inghilterra, la trattavano in Toscana e poi rivendevano i tessuti.

La lana proveniva dalle colline inglesi dove i frati Cistercensi (monaci bianchi) pascolavano le pecore e ne commercializzavano la lana, nonostante ci fosse un’azione di contrasto da parte del Re che talvolta concedeva a dei mercanti esportatori di lana (noti più tardi come Compagnia dei Cernitori di lana Staplers) dei privilegi di monopolio.

I commercianti italiani anticipavano volentieri ai frati i denari di gran parte della produzione dei prossimi “raccolti,” posizionandosi finanziariamente tra i creditori. I guadagni erano notevoli per entrambe le parti e c’era abbastanza margine per “tenera la botta” in caso d’incidente finanziario; tra l'altro Bardi, Peruzzi e Re d’Inghilterra si scambiavano regolarmente truffe e scorrettezze reciproche.

Nei primi anni della Guerra dei Cent’anni, a partire dal 1339, i banchieri fiorentini resisterono ai mancati pagamenti del Re d’Inghilterra e il loro crollo iniziò solo a partire dal 1343.

Dal punto di vista di finanza “cattolica,” vediamo come sia i Bardi che i Peruzzi, da buoni devoti “guelfi bianchi,” si fossero fatti costruire due cappelle “di famiglia” in Santa Croce a Firenze ed avessero scelto come decoratori personaggi del calibro di “Giotto da Bondone” e Maso; i soldi non mancavano, tra l'altro Beatrice Portinari, fiamma del buon Dante Alighieri, guelfo bianco, andò sposa ad un Simone de’ Bardi.

I banchieri veneziani, invece in combutta con il Vaticano, in quel periodo rastrellarono liquidità (monete d’argento) per poter commerciare con l’Oriente e “volutamente” crearono difficoltà alla circolazione di denaro nell’Europa Continentale.

La guerra dei fiorentini per il possesso di Lucca drenò altra liquidità nel mercato interno fiorentino ed astutamente i venexiani, diffusero ad arte la notizia della difficile solvibilità delle due case fiorentine; pertanto coloro i quali avevano depositi presso le due banche, presi dal panico, ritirarono i loro denari facendo saltare i due banchi. Il mercato delle monete passò in quegli anni sotto il controllo della Serenissima.

A Firenze, Aghinolfo, Sozzo e Rubecchio (che nomi! ndr) Bardi, dopo la bancarotta del 1343, cercarono di rifarsi organizzando un sistema di produzione di monete false, furono scoperti ma non furono condannati.

Il cronista dell’epoca (G. Villani) non indagò nel vero meccanismo di movimenti economici e si accontentò di una spiegazione “inglese” della crisi delle banche fiorentine. La “sapienza” venexiana probabilmente suggerì questa versione della vicenda.

Immediatamente dopo la crisi delle finanze fiorentine, iniziò un periodo di carestia e subito dopo la Peste Nera.

Qualche secolo dopo, i Lehman Brothers iniziarono la loro attività negli USA puntando molto sul commercio del cotone…e... il resto lo sapete.

Monday, April 26, 2010

Costruire il Nuovo Ordine Mondiale

The Creature from Jekyll Island: A Second Look at the Federal Reserve è senz'altro uno dei libri più rivelatori sul sistema monetario internazionale e in particolare sulla FED. In esso G. Edward Griffin si avventura anche in alcune previsioni su quale dovrebbe essere il corso degli eventi in quello che chiama “finale di partita.” Rileggendole oggi, a 16 anni di distanza dalla pubblicazione del libro, la precisione di quelle previsioni è raggelante.

Quelli che seguono sono alcuni brani tratti dal sesto capitolo.

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Di G. Edward Griffin


Torniamo ora al gioco chiamato salvataggi (bailout). Tutte quelle contenute nel capitolo precedente erano soltanto informazioni di base per capire il gioco così come viene giocato sulla scena internazionale. Queste, finalmente, sono le regole:

1. Le banche commerciali nelle nazioni industrializzate, appoggiate dalle loro rispettive banche centrali, creano i soldi dal nulla e li prestano ai governi delle nazioni sottosviluppate. Sanno che questi sono prestiti rischiosi, così caricano un tasso d'interesse abbastanza alto per compensare. È più di quanto pensano di ricevere a lungo termine.

2. Quando le nazioni sottosviluppate non possono pagare l'interesse sui loro prestiti, la banca mondiale e lo FMI (Fondo Monetario Internazionale) entrano in gioco sia come giocatori che come arbitri. Usando denaro supplementare creato dal nulla dalle banche centrali delle loro nazioni membri, anticipano prestiti per lo “sviluppo” ai governi che hanno ora abbastanza per pagare l'interesse sui prestiti originari con un'eccedenza sufficiente per i loro scopi politici.

3. Il paese beneficiario esaurisce rapidamente il nuovo rifornimento di denaro ed il gioco ritorna al punto numero due. Questa volta, tuttavia, i nuovi prestiti sono garantiti dalla Banca Mondiale e dalle banche centrali delle nazioni industrializzate. Ora che il rischio di default è rimosso, le banche commerciali acconsentono a ridurre l'interesse al punto previsto all'inizio. I governi del debitore riprendono i pagamenti.

4. La mossa finale è – be', in questa versione del gioco non sembra esserci mossa finale, perché il programma è di far continuare il gioco all'infinito. Per rendere questo possibile, devono avvenire determinate cose che sono effettivamente molto definitive. Tra queste la conversione dello FMI in una banca centrale mondiale come Keynes aveva progettato, che emette quindi una moneta fiat internazionale. Una volta che questa “Banca di Emissione” è stabilita, lo FMI può raccogliere risorse illimitate dai cittadini del mondo con la tassa indiretta chiamata inflazione. Il flusso di denaro può allora essere sostenuto indefinitamente – con o senza l'approvazione delle diverse nazioni – perché non avranno più moneta propria.


Dato che questo gioco risulta in un'emorragia di ricchezza per le nazioni industrializzate, le loro economie sono condannate ad essere sempre più svalutate, un processo che sta avendo luogo da Bretton Woods. Il risultato sarà un severo abbassamento del loro livello di vita e la loro dismissione come nazioni indipendenti. La realtà nascosta dietro i cosiddetti prestiti per lo sviluppo è che l'America e le altre nazioni industrializzate vengono sovvertite con questo processo. Non è un caso; è l'essenza del piano. Una forte nazione è improbabile che ceda la propria sovranità. Gli americani non acconsentirebbero a cedere il loro sistema monetario, il loro esercito, o le loro corti ad un organismo mondiale composto da governi che sono stati dispotici verso i loro stessi popoli, specialmente poiché la maggior parte di quei regimi già hanno rivelato un'ostilità anti-americana. Ma se gli americani possono essere portati al punto in cui soffrono per il crollo della loro economia e dell'ordine civile, le cose saranno diverse. Quando si troveranno nelle code per il pane ed affronteranno l'anarchia nelle loro strade, saranno più disposti a cedere la sovranità in cambio di “assistenza” dalla banca mondiale e dalle forze di “peacekeeping” dell'ONU. Questo diventerà ancora più accettabile se un crollo strutturato del comunismo può essere organizzato anticipatamente per far sembrare che i principali sistemi politici mondiali convergono nel comune denominatore della “socialdemocrazia.”


Le nazioni sottosviluppate, dall'altro lato, non vengono sollevate. Ciò che sta accadendo loro è che i loro capi politici stanno diventando dipendenti dal flusso di denaro dello FMI e non potranno smettere l'abitudine. Questi paesi vengono conquistati con il denaro anziché con le armi. Presto non saranno più nazioni davvero indipendenti. Stanno diventando semplici componenti nel sistema del socialismo mondiale progettato da Harry Dexter White e da John Maynard Keynes. I loro capi sono addestrati per diventare potentati in un nuovo feudalesimo high-tech, rendendo omaggio ai loro Signori a New York. E sono desiderosi di farlo in cambio del privilegio e del potere all'interno del “Nuovo Ordine Mondiale.” Quella è la mossa finale.

Thursday, February 18, 2010

Il bavaglio ai complottisti

Cos'è un complottista? Semplicemente un uomo che non si accontenta delle spiegazioni del governo, un ente criminale per il quale la menzogna è pratica quotidiana, e cerca, con i mezzi a sua disposizione, una più plausibile e più realistica descrizione degli eventi.

Questo, è chiaro, non può essere accettabile per un governo, ecco quindi che enormi energie e risorse vengono spese per impedire e ostacolare questo processo di indagine individuale, per riportare tutte le pecorelle all'ovile e imporre loro lo stampo conformista e l'accettazione del dominio statale financo nelle idee.
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Di Jeff Riggenbach


Se passate molto tempo su Internet, probabilmente conoscete già chi è Cass Sunstein: un ex professore di diritto e scienza politica all'Università di Chicago, dove, negli anni 90, incontrò e divenne molto amico di un altro membro della facoltà di legge, tale Barack Obama. Attualmente, Sunstein è un professore di diritto ad Harvard, ma sta per prendere un permesso da quella posizione così da poter “servire” da coordinatore dell'Ufficio per l'Informazione e le Regole della Casa Bianca e nell'amministrazione Obama. L'Ufficio per l'Informazione e le Regole della Casa Bianca, secondo Wikipedia, “sviluppa e controlla l'attuazione di tutte le politiche governative nell'area della tecnologia dell'informazione, delle politiche sull'informazione, della segretezza e della politica statistica.”

Se passate molto tempo su Internet, probabilmente sapete anche perché Sunstein, ultimamente, sta ricevendo molta attenzione nella blogosfera: è a causa di una ricerca di cui è autore insieme al professore di diritto Adrian Vermeule di Harvard pubblicata nel gennaio 2008. La ricerca tratta delle “teorie della cospirazione.” “Una teoria della cospirazione,” secondo Sunstein e Vermeule, è “uno sforzo per spiegare un certo evento o pratica con riferimento alle macchinazioni di persone potenti, che sono inoltre riuscite a celare il loro ruolo.”

Ne forniscono alcuni esempi:
l'opinione che la CIA sia stata responsabile dell'assassinio del presidente John F. Kennedy; che dei dottori abbiano deliberatamente fabbricato il virus dell'AIDS; che l'incidente nel 1996 del volo 800 della TWA sia stato causato da un missile dell'esercito degli Stati Uniti; che la teoria del riscaldamento globale sia una frode intenzionale; che la Commissione Trilaterale sia responsabile di importanti movimenti dell'economia internazionale; che Martin Luther King, Jr., sia stato ucciso dagli agenti federali; che l'incidente aereo che ha ucciso il democratico Paul Wellstone sia stato pianificato da politici repubblicani; che l'atterraggio sulla luna sia stato una messinscena e non sia mai realmente avvenuto.

Secondo Sunstein e Vermeule, alcune teorie della cospirazione sono inoffensive. Scrivono, per esempio, che noi dovrebbero “considerare la falsa teoria della cospirazione, creduta da molti dei più giovani membri della nostra società, che un gruppo segreto di elfi, lavorando in una remota località sotto la direzione del misterioso “Babbo Natale,” fabbrichi e distribuisca i regali nella notte di Natale.” Essi suggeriscono che dovremmo “prendere in considerazione anche il Coniglietto Pasquale e la Fata dei Denti.” Il punto è, precisa, che “se i bambini credono a Babbo Natale o al Coniglietto Pasquale, non è un problema del governo; e [neanche] credere che il governo abbia tenuto nascosto l'atterraggio degli alieni a Roswell non sembra causare un danno visibile, con la possibile eccezione di qualche brutto programma televisivo.”

Ma non tutte le teorie della cospirazione sono inoffensive, dicono Sunstein e Vermeule. Alcune teorie della cospirazione arrecano grandi danni. Creano “un problema che il governo deve risolvere.” Per esempio, una teoria della cospirazione che dipinge il governo federale degli Stati Uniti come “un'organizzazione moralmente repellente” potrebbe avere “effetti perniciosi” come “l'indurre un diffuso e ingiustificabile scetticismo pubblico verso le asserzioni del governo, o… smorzare la mobilitazione o la partecipazione del pubblico agli impegni del governo, o entrambe.”

Secondo Sunstein e Vermeule, ci sono teorie della cospirazione che non solo “insidiano il dibattito democratico; in casi estremi, generano o alimentano la violenza.” Riassumendo, “alcune teorie della cospirazione creano rischi seri…. Se il governo può dissipare tali teorie, dovrebbe farlo.”

Cosa dovrebbe fare specificamente il governo secondo Sunstein e Vermeule? Dovrebbe cominciare, dicono, a riconoscere che “coloro che credono alle teorie della cospirazione lo fanno a causa di ciò che leggono e sentono.” E leggono e sentono parlare delle teorie della cospirazione perché c'è della gente che promuove tali teorie. Sunstein e Vermeule scrivono che molte teorie della cospirazione “sono create e diffuse, intenzionalmente, da imprenditori della cospirazione che traggono profitto direttamente o indirettamente dalla propagazione delle loro teorie.”

I motivi specifici di questi “imprenditori della cospirazione” variano abbastanza, secondo Sunstein e Vermeule. “Alcuni imprenditori della cospirazione sono assolutamente sinceri,” scrivono. “Altri sono interessati ai soldi o al potere, o al raggiungimento di un certo obiettivo sociale generale.” Comunque, sostengono, sono questi “imprenditori della cospirazione” che è necessario prendere di mira, indebolire e, in caso, mettere a tacere.

Da una prospettiva libertaria qui c'è già più di un problema. Ma ce n'è uno, a questo punto, che mi ha particolarmente colpito nelle argomentazioni di Vermeule e di Sunstein. Non sono almeno alcune delle cosiddette “teorie della cospirazione” semplice verità storica?

Sunstein e Vermeule lo riconoscono. Scrivono che “alcune teorie della cospirazione, sotto la nostra definizione, si sono dimostrate vere.” Ma, affermano rassicuranti, “la nostra attenzione è sulle false teorie della cospirazione, non su quelle vere. Il nostro scopo finale è di esplorare in che modo i funzionari possano smontare tali teorie e, come regola generale, i resoconti veritieri non dovrebbero essere smontati.”

“Come regola generale, i resoconti veritieri non dovrebbero essere smontati.” Ma solo come regola generale.

Ci sono probabilmente alcuni casi in cui i resoconti veritieri dovrebbero essere smontati. Ad esempio, forse quando cominciano “ad indurre… un diffuso e ingiustificabile scetticismo pubblico verso le asserzioni del governo, o… a smorzare la mobilitazione o la partecipazione del pubblico agli impegni del governo, o entrambe.” Ogni volta che cominciano a causare problemi per i poteri costituiti. Anche se facciamo come Sunstein e Vermeule dicono di fare e “accettiamo che un governo benintenzionato miri ad eliminare le teorie della cospirazione, o estrae il loro veleno, se e soltanto se il benessere sociale viene migliorato dall'agire in tal modo,” questo è un pensiero preoccupante.

Vedete, noi non sappiamo a priori quali teorie della cospirazione sono veritiere e quali non lo sono. In molti casi, non lo possiamo sapere; semplicemente, non abbiamo informazioni sufficienti.

Di solito scopriamo che una particolare teoria della cospirazione è veritiera perché gli storici – sia gli storici frettolosi che solitamente chiamiamo giornalisti o gli storici più scrupolosi che scrivono libri ed insegnano nei licei e nelle università – si sono dati da fare scavando tra i documenti, considerando le testimonianze di tutti i testimoni che hanno potuto trovare ed hanno raggiunto conclusioni rilevanti. Se una teoria della cospirazione è veritiera è solitamente una questione che la storia risolverà.

I funzionari di governo, generalmente, non sono soddisfatti di questa situazione, perché la storia è il nemico naturale dello stato. La continua riflessione a posteriori su cosa abbia fatto di preciso lo stato, e perché, ha inevitabilmente la tendenza a minare la fiducia che si potrebbe avere nelle sue buone intenzioni e nella sua volontà di promuovere il “benessere sociale.” Tende, inevitabilmente, “ad indurre… un diffuso e ingiustificabile scetticismo pubblico verso le asserzioni del governo, o… a smorzare la mobilitazione o la partecipazione del pubblico agli impegni del governo, o entrambe.”

Lo stato trae giovamento dalla scarsità di informazioni che la velocità degli eventi impone alla gente. Non può evitare del tutto la storia, naturalmente – la gente leggerà e scriverà su queste cose, qualunque cosa lo stato dica o faccia – ma lo stato può fare di tutto perché ciò che la storia finisce per scrivere racconti la storia che lo stato vuole che sia raccontata.

Albert Jay Nock sosteneva che studiare i classici da studente era di gran lunga il miglior programma educativo che un giovane potrebbe adottare, perché
la letteratura greca e romana contengono il resoconto continuo più lungo e più completo a nostra disposizione, su ciò di cui la mente umana si è occupata in praticamente ogni campo d'attività spirituale e sociale; ogni campo, penso, tranne uno: la musica. Questo resoconto copre venticinque secoli consecutivi delle operazioni della mente umana in poesia, dramma, legge, agricoltura, filosofia, architettura, storia naturale, filologia, retorica, astronomia, politica, medicina, teologia, geografia, tutto. Quindi la mente che ha attentamente studiato tale resoconto non è solo una mente disciplinata ma una mente con esperienza; una mente che istintivamente osserva ogni fenomeno contemporaneo dal vantaggioso punto di vista di una prospettiva immensamente lunga ottenuta con questa profonda ed autorevole esperienza nelle azioni dello spirito umano.
Qualcosa di simile si può dire dello studio dei classici della tradizione libertaria, anche se la stragrande maggioranza delle opere di questa tradizione non è più antica che di pochi secoli. Ciò nonostante, la mente che ha studiato attentamente la storia delle opere libertarie e della scrittura protolibertaria durante quei pochi secoli sarà dotata dell'esperienza necessaria per osservare ogni fenomeno contemporaneo dalla vantaggiosa posizione di una prospettiva lunga e profonda. La mente familiare con i classici della tradizione libertaria è una mente meglio preparata a comprendere ogni sviluppo politico contemporaneo.

Pensando al caso di Sunstein, per esempio, faremmo bene a riflettere su ciò che Murray Rothbard ci disse in uno dei grandi classici libertari usciti dalla sua penna: il suo grande saggio “L'anatomia dello Stato,” pubblicato per la prima volta nel 1965 nel Rampart Journal di Robert LeFevre. (pdf)

“Una volta che uno Stato è stato stabilito,” Rothbard scrisse,
Una volta stabilitosi lo Stato, il problema del gruppo o “casta” dominante è come mantenere il dominio. Mentre la forza è il modus operandi, il problema fondamentale e di lungo periodo è ideologico. Giacché allo scopo di restare in carica, ogni governo (non semplicemente un governo “democratico”) deve avere il sostegno della maggioranza dei suoi sudditi. Questo sostegno, va notato, non ha bisogno di essere attivo entusiasmo; può ben essere passiva rassegnazione come ad una legge di natura inevitabile. Ma sostegno nel senso di accettazione di qualche sorta deve essere; altrimenti la minoranza dei governanti dello Stato sarebbe alla fine vinta dalla resistenza attiva della maggioranza del pubblico. Dal momento che la spoliazione deve essere sostenuta dal surplus di produzione, è necessariamente vero che la classe che costituisce lo Stato – la burocrazia a tempo pieno (e la nobiltà) – deve essere una minoranza piuttosto piccola nel paese, benché possa, naturalmente, acquistare alleati tra importanti gruppi della popolazione. Di conseguenza, il compito principale dei governanti è sempre di assicurarsi l’accettazione attiva o rassegnata della maggioranza dei cittadini.
Rothbard continua, “naturalmente, un metodo per assicurarsi del sostegno è attraverso la creazione di interessi economici acquisiti.” Tuttavia,
questo... assicura solo una minoranza di zelanti sostenitori, e anche l’essenziale acquisto di sostegno con sussidi e altre concessioni di privilegi non fa ottenere ancora il consenso della maggioranza. Per questa essenziale accettazione, la maggioranza deve essere persuasa dall’ideologia che il suo governo è buono, saggio e per lo meno inevitabile, e certamente meglio di altre alternative concepibili. Promuovere questa ideologia tra il popolo è il vitale compito sociale degli “intellettuali”. Poiché la gran parte degli uomini non creano le proprie idee, né in realtà pensano a fondo queste idee in modo indipendente, essi seguono passivamente le idee adottate e disseminate dal corpo degli intellettuali. Gli intellettuali sono, quindi, i “modellatori dell’opinione” della società. E dal momento che è precisamente di un modellamento dell’opinione che lo Stato ha soprattutto disperato bisogno, la base per la secolare alleanza tra lo Stato e gli intellettuali diventa chiara.
Un esempio particolarmente “venerabile” di questa alleanza fra lo stato e gli intellettuali è l'esistenza di quello che Rothbard chiama “storico[i] ufficiale o ‘di corte’, dedicato a fornire ai governanti l'opinione sulle azioni loro e dei loro predecessori.”

È importante, ci ricorda Rothbard,
inculcare nei suoi sudditi un’avversione per ogni “teoria cospirativa della storia”, perché una ricerca di “cospirazioni” significa una ricerca di motivi e una attribuzione di responsabilità per misfatti storici. Se, tuttavia, qualunque tirannia, o venalità, o guerra aggressiva imposta dallo Stato, fosse causata non dai dominatori dello Stato ma da misteriose e arcane “forze sociali”, o dalle imperfette condizioni del mondo, o, se in qualche modo, ciascuno fosse responsabile (“Siamo tutti degli assassini”, proclama uno slogan), allora non ci sarebbe alcun interesse per il popolo ad indignarsi o sollevarsi contro tali misfatti. Inoltre, un attacco alle “teorie cospirative” significa che i sudditi diventeranno più ingenui nel credere alle ragioni di “benessere generale” che sono sempre addotte dallo Stato per il suo impegno in ognuna delle sue azioni dispotiche. Una “teoria cospirativa” può sconvolgere il sistema facendo dubitare il pubblico della propaganda ideologica dello Stato.
Di tanto in tanto, naturalmente, un stato non riesce a prendere le adeguate precauzioni, non riesce a pianificare con sufficiente anticipo – non riesce a cospirare abbastanza efficacemente. È accaduto negli Stati Uniti dopo la Prima Guerra Mondiale. Lo stato americano aveva i suoi storici di corte. Li aveva già da parecchi anni, ma non è riuscito a prevedere un movimento revisionista che ha preso forza negli anni 20 fra alcuni degli storici americani più distinti e informati, in particolare Harry Elmer Barnes e Charles Beard.

Come Barnes disse più tardi, all'inizio degli anni cinquanta, ricordando gli eventi di quegli anni trenta, “il riadattamento dei testi storici ai fatti storici relativi al background ed alle cause della Prima Guerra Mondiale – nota popolarmente nel mestiere dello storico come “revisionismo” – fu lo sviluppo più importante nella storiografia durante il decennio degli anni 20.” In effetti, scriveva Barnes, “la controversia revisionista fu l'eccezionale avventura intellettuale nel campo storico del ventesimo secolo fino a Pearl Harbor.”

Secondo Barnes, “il revisionismo, applicato alla Prima Guerra Mondiale, mostrò che le cause ed i meriti reali di quel conflitto erano molto vicini all'opposto dell'immagine presentata dalla propaganda politica e dai testi storici del decennio della guerra.” Ed entro gli anni 30, “gli storici ricettivi ai fatti ammisero che il revisionismo aveva vinto decisamente il conflitto contro la dottrina precedentemente accettata del tempo di guerra.”

Infatti, secondo Barnes, “entro il 1928… quasi tutti tranne i duri e puri della professione storica erano giunti ad accettare il revisionismo e perfino il grande pubblico aveva cominciato a vederci chiaro.” In effetti, i revisionisti conquistarono un segmento così importante del grande pubblico al proprio punto di vista sulla guerra che l'amministrazione di Roosevelt dovette ricorrere a misure disperate per conquistare l'approvazione popolare per i propri piani per entrare nella Seconda Guerra Mondiale dalla parte degli alleati.

Ma quando quell'approvazione fu conquistata e la guerra combattuta e vinta, lo stato americano aveva imparato qualcosa dalle proprie avventure intellettuali degli anni 20 e 30. Barnes scrisse nel 1953, “il revisionismo… potrebbe produrre risultati simili riguardo alla Seconda Guerra Mondiale se gli fosse stato permesso di svilupparsi senza impedimenti. Ma si sta facendo uno sforzo risoluto per soffocare o fare tacere le rivelazioni che ristabilirebbero la verità riguardo alle cause ed alle questioni dell'ultimo conflitto mondiale.”

Questo “sforzo risoluto,” secondo Barnes, comprendeva la sistematica negazione di accedere ai documenti ufficiali sulla guerra. “C'è uno sforzo risoluto,” egli scrisse, “per impedire a coloro i quali sono sospettati di cercare la verità di avere accesso ai documenti ufficiali, a parte quelli che sono diventata di proprietà pubblica…. Molte di queste fonti importanti… sono completamente isolate da qualsiasi storico sospettato di volere accertare la completa ed imparziale verità riguardo alla politica estera americana a partire dal 1933.”

Tuttavia, Barnes ha discusso, “se i documenti ufficiali completi sostenessero i punti di vista correnti riguardo alle cause ed alle questioni della guerra, non sembrerebbe esserci obiezione ragionevole al permettere che qualunque stimabile storico abbia accesso libero e senza impedimenti a tali materiali.”

Per saperne di più sul revisionismo, vedi il mio libro Why American History Is Not What They Say: An Introduction to Revisionism, disponibile come download gratuito in formato pdf, o in vendita come libro.

Cass Sunstein ed Adrian Vermeule non sarebbero affatto d'accordo con Barnes, ne sono certo, sul mettere a disposizione degli storici revisionisti i documenti ufficiali. Dopo tutto, i resoconti revisionisti della guerra – teorie della cospirazione circa il ruolo degli Stati Uniti in guerra – potrebbero dipingere il governo federale degli Stati Uniti come “organizzazione moralmente repellente.” Tali teorie potrebbero avere “effetti perniciosi” come “indurre… un diffuso e ingiustificabile scetticismo pubblico verso le asserzioni del governo, o… smorzare la mobilitazione o la partecipazione del pubblico agli impegni del governo, o entrambe.”

Tali teorie potrebbero “minare il dibattito democratico; in casi estremi, [potrebbero] generare o alimentare la violenza.” Sunstein e Vermeule cosa vorrebbero che facesse il governo federale ? Bene, scrivono, “la risposta più diretta ad una pericolosa teoria della cospirazione è la censura…. Potremmo immaginare circostanze in cui una teoria della cospirazione è diventata così pervasiva e così pericolosa, che la censura sarebbe immaginabile. [Tuttavia,] censurare la parola è notoriamente difficile.”

È un bene che sia così difficile. Se non lo fosse, potrebbero farne più spesso ricorso uomini come Cass Sunstein, coordinatore dell'Ufficio della Casa Bianca per l'Informazione e le Regole – uomini che non paiono preoccuparsi di violare i diritti naturali dei loro simili quando sono in gioco questioni così importanti come lo scetticismo pubblico verso il governo.

Saturday, September 26, 2009

I Missili in giardino

Il problema di vivere ancorati a terra è che è spesso difficile rendersi conto dell'enormità di certi eventi, se non attraverso le lenti offuscate del quotidiano tran tran.

Ci è negata la visione d'insieme prerogativa di chi si libra a considerevole distanza dai travagli terreni, come gli dei o gli abitanti di Laputa.

Ma quando i dispacci telepatici del nostro corrispondente dall'isola volante ci offrono un assaggio di questo tipo di comprensione, diventa chiaro che la nebbia che avvolge certe vicende umane può essere talvolta una benedizione: come potremmo mai essere sereni, infatti, con dei missili in giardino?
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Di Giovanni Pesce


Nel corso degli anni ’50 anche l’Italia partecipò al conflitto nucleare “freddo” ospitando graziosamente nel territorio delle Murge una trentina di missili Jupiter dotati di testata atomica.

Pochi anni prima (1943-1945) la Puglia, in particolare Foggia, era stata scelta come avamposto per l’attacco sull’Europa Continentale; da vari campi d'aviazione dislocati intorno a quella città decollavano quotidianamente bombardieri Usa con obiettivi particolari: campi petroliferi di Ploesti in Romania, città italiane del Nord, insediamenti industriali della Germania del Sud.

Nel 1958 i governi di Usa e Italia decisero di posizionare 30 missili Jupiter con testata nucleare H nell’altopiano tra Bari e Taranto, con sede di comando a Gioia del Colle.

Il progetto, all’oscuro dell’opinione pubblica italiana, venne messo in opera e portato a termine in pochi mesi nella primavera 1961.
Contemporaneamente, in quegli stessi pochi mesi Hollywood produceva un filmetto che, con il titolo italiano I missili in giardino,” trattava da un punto di vista familiare questo tipo di installazioni militari.

La realtà comunque è ben altra cosa.
In quelle installazioni militari si segue il falso concetto della doppia chiave: ovvero il missile non parte se non ci sono le due autorizzazioni da parte dei due governi: Italia ed USA.

Però la chiave generale del sistema, la terza chiave, è nella sola disponibilità USA; come sono nella sola disponibilità USA le bombe “strategiche,” quelle sui missili balistici.
Queste pugliesi sono invece classificate come tattiche e pertanto possono essere usate solo con l’assenso del governo italiano e vanno utilizzate con parsimonia all’interno del metodo MAD (Mutual Assured Destruction).

Più o meno i progettisti della RAND Corporation avevano definito la guerra nucleare in queste fasi:
  1. First Strike (il primo colpo);
  2. la Ritorsione (il paese colpito può rispondere usando l’atomica con una risposta “flessibile”);
  3. la guerra “Fine di Mondo” messa in azione da un insieme di calcolatori collegati in rette.
Più o meno sono i concetti espressi nel film “Dr. Strangelove,” uscito nelle sale alla fine del 1963.

Nel 1962 alla conclusione del blocco navale Usa nei confronti di Cuba, Kennedy concordò con Kruscev un accordo semi-segreto: se Kruscev avesse ritirato i missili a Cuba Kennedy avrebbe ritirato i missili in Puglia ed in Turchia. Tra le condizioni dell’accordo c’era quella di non dare molta pubblicità alle concessioni americane e questa clausola venne rispettata.

Così, nell’aprile 1963 i trenta missili vennero ritirati e riportati oltreoceano.

Per amanti della statistica, a Gioia del Colle si totalizzavano allora per trenta testate termonucleari (H), ben 50 megatoni, (migliaia di volte più potenti dell’esplosione di Hiroshima).

In quei giorni i serviti segreti di Laputa registrarono la seguente telefonata: “Pronto, Gioia, ho il razzo pronto per l’esercitazione!”.
Che tipo di esercitazione volessero fare resta un mistero.

Sunday, September 13, 2009

La Truffa della Democrazia

A Laputa la democrazia non gode della stessa reputazione che le accordiamo noi terrestri, al contrario il proverbiale distacco dei cittadini dell'isola volante permette loro di vederla per ciò che realmente è, ovvero l'inganno più grande della storia, la Madre di tutte le truffe. Il “governo del popolo,” dicono a Laputa, è solo un'illusione, che in realtà consegna nelle mani di una ristretta cerchia di uomini un potere superiore a quello dei re di un tempo.

Si sa, all'uomo piace sognare, abbandonare la realtà per rifugiarsi in mondi immaginari, e il potere di creare sogni è un potere sulla sua anima. Questo incubo collettivo è il tema del dispaccio telepatico del nostro corrispondente da Laputa. A tutti una buona domenica, e sogni d'oro.
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Di Giovanni Pesce

Art. 640 del Codice Penale: Truffa. Chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione ………

Il mito della democrazia è un “gigantic bluff”.

Data la semplicità del metodo truffaldino impiegato dai “democratici” truffatori e l’ingenuità popolare dei danneggiati, qui a Laputa abbiamo vietato anche la sola possibilità di discutere di questo argomento.

La disputa sull’argomento è, in realtà, antichissima; anche Aristotele si era accorto di qualcosa di strano insito in questo meccanismo, (nella democrazia il criterio del numero prevale su quello del giusto) ed aveva sottolineato che, in effetti, quella che viene indicata come democrazia in realtà è solamente una numerocrazia, ovvero un’organizzazione il cui governo viene affidato al gruppo statisticamente più numeroso.

Che poi le scelte statisticamente migliori coincidano con quelle più valide dal punto di vista amministrativo economico e politico è una mera contingenza; su tale argomento si possono generare mille discussioni.

Il vedere il proprio partito alle redini del governo genera certamente contentezza nel gruppo sociale vincente; in tale occasione la felicità totale sarà quella massima ottenibile in quanto sarà la massima sommatoria di felicità individuali; questa era la sintesi dei pensiero dei filosofi statistici.

Ma fatta la legge, trovato l’inganno.

Se con piccoli accorgimenti un gruppo ristretto di individui riesce a convincere i gruppi più numerosi allora tutto questo sistema non va più bene.

Edward Bernays, nipote di Sigmund Freud, aveva proposto dei nuovi metodi di convincimento (Propaganda) che agivano sulla parte più inconscia delle masse di individui con il fine di raggiungere dei risultati pre-stabiliti.

Da Wikipedia (Edward Bernays):
Nella sostanza, la sua convinzione era che una manipolazione consapevole e intelligente delle opinioni e delle abitudini delle masse, svolge un ruolo importante in una società democratica. Nasceva così il concetto - caro appunto alla propaganda in chiave politica - secondo cui chi è in grado di padroneggiare questo dispositivo sociale può costituire un potere invisibile capace di dirigere una nazione:

«Coloro che hanno in mano questo meccanismo [...] costituiscono [...] il vero potere esecutivo del paese. Noi siamo dominati, la nostra mente plasmata, i nostri gusti formati, le nostre idee suggerite, da gente di cui non abbiamo mai sentito parlare. [...] Sono loro che manovrano i fili...» [3]
Ovvero Bernays proponeva di vendere idee platoniche su argomenti anche futili scambiandole con il consenso elettorale su argomenti, invece, fondamentali per la vita sociale.
Per questo scopo le idee devono essere propagate (propag-anda) con la massima diffusione, esattamente come devono essere mutati gli slip (mut-anda).

Ma allora i pochi (happy few) che hanno capito il meccanismo della propagazione, si sono impossessati, con un procedimento truffaldino, delle redini del governo?

Non hanno forse con artifizi o raggiri, inducendo altri in errore, procurato a loro o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno?

Assolutamente si; qui a Laputa siamo assolutamente certi che le cose siano in questi termini.

Le vere “milestones” per gli oligarchi sono quindi quelle di impadronirsi dei mezzi di propagazione di particolari segnali verso la parte razionale e irrazionale delle masse popolari e poi lasciare che la stupidità del corpo elettorale faccia il resto.

I segnali da propagare non sono solo quelli discorsivi, che hanno bisogno di un certo tempo o di una certa cultura per essere recepiti o rifiutati, ma sono composti principalmente da suoni, immagini, situazioni ed altri fenomeni che arrivano più diretti alla parte inconscia dell’individuo e delle masse popolari.

Infatti l’argomentare tramite immagini è tipico di chi non vuole questioni da discutere nei dettagli.

Per trovare una soluzione a questo annoso problema della Numerocrazia, qui a Laputa è stato sperimentato un metodo tutto nuovo: “No-Govern, No-Media, No-Problem”.

Sunday, August 30, 2009

Un Colpo, Una Bomba, Una Città.

Su precisa richiesta di un lettore, ecco la “versione ufficiale di Laputa” sulla storia della bomba atomica prontamente fornita dal nostro corrispondente dall'isola volante. E come spesso succede nei grandi massacri delle “curiose coincidenze” fanno da corollario, coincidenze tanto trascurate da noi uomini di terra quanto discusse e analizzate dagli abitanti di Laputa.

Com'è diversa la storia vista da Laputa da quella che conosciamo noi, dove tutto succede o per caso o per errore!
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Di Giovanni Pesce


La storia della Bomba atomica è abbastanza semplice:

Nella prima metà del secolo scorso, quasi tutti i paesi industrializzati si erano interessati, almeno nel solo campo accademico, alla produzione di energia atomica: Italia, Germania, USA ed altri

In quegli anni le tecniche migliori venivano sviluppate in Germania, con l’ausilio della finanza USA; non per niente il nostro Enrico Fermi aveva ottenuto nel 1924 dalla Fondazione Rockefeller una borsa di studio da utilizzare all’Università di Leida in Germania..

In quel paese vennero avviate, negli anni successivi, numerose iniziative basate sul nucleare e su varie forme di esso, coinvolgendo pure i paesi vicini: l’acqua pesante di Telemark in Norvegia e qualche produzione nel Trentino Alto Adige.

In Usa invece rimasero alla finestra in attesa di risultati; solo il 6 Dicembre 1941 (di sabato pomeriggio!) venne firmato il piano “J” che sarebbe poi divenuto famoso come progetto Manhattan. Incredibilmente la mattina dopo (domenica mattina!) i giapponesi attaccarono Pearl Harbor e il progetto atomico non ebbe ostacoli di tipo finanziario.

Il progetto USA prevedeva di arricchire l’uranio ad Oak Ridge una cittadina del Tennesse già beneficiata dei finanziamenti alla Tennesee Valley Authority di FDR.

Il progetto andò avanti con grandi difficoltà tecniche; ma dal punto di vista economico i soldi furono spesi con grande soddisfazione degli economisti keynesiani.

I tedeschi dal canto loro riuscirono a portare avanti due o tre linee di produzione atomica con la produzione di bombe nucleari piccole e medie. Il segreto del loro successo tecnico consisteva nell’uso delle centrifughe per creare l’U238 partendo dall’ U235, e a tale scopo vennero approntati dei particolari campi di lavoro.

I lavori andarono avanti e qualche bomba fu anche sperimentata e collaudata.

Luigi Romersa nell’ottobre 1944 fu invitato da Hitler ad assistere all’esplosione di una bomba “disgregatrice” sull’isola di Rugen.

I punti dolenti della bomba di Hitler erano due: c’era poco materiale fissile per bombe e non esisteva ancora un vettore aereo capace di portare “la bomba” su New York, anche se in realtà furono allestiti e sperimentati dalle officine Skoda alcuni quadrimotori adatti all’uso.

Restava il problema psicologico: l’esplosione nucleare avrebbe distrutto completamente New York?

No! Quello che avrebbe distrutto era al massimo un quartiere di una grande città: parlando di New York la bomba avrebbe distrutto solo Manhattan; e incredibilmente il progetto Usa venne rinominato proprio con il fantasioso nome “ Manhattan”!

Nell’aprile 1945 alcuni gerarchi nazisti, capeggiati da Bormann, consegnarono agli Usa tutto l’uranio arricchito tedesco che era stato accumulato, ed ottennero, in cambio, salva la vita.

Il carico di uranio arricchito, assieme ad alcuni detonatori atomici, giunse negli Stati Uniti e finalmente il governo Usa poté disporre della Bomba, adoperando a piene mani del materiale proveniente dai depositi nazisti.

FDR non era d’accordo sull’uso della bomba ma graziosamente riconsegnò l’anima al Padreterno con procedura d’urgenza il 16 Aprile 1945.

Adesso il boccino era in mano agli USA e bisognava sbrigarsi a sperimentare l’uso di quest’arma: la guerra in Europa era finita i primi giorni di maggio 1945 e non c’era occasione di fare esperimenti, però continuando il conflitto con il Giappone si sarebbe unita la sperimentazione con l’utilità delle azioni militari.

Fu pertanto chiesto ad una particolare organizzazione di preparare un elenco di città nipponiche di dimensioni simili all’isola di Manhattan; cioè 100mila persone circa in un area di 8 chilometri di diametro con qualche stazione militare da sbandierare al mondo per poi giustificare il bombardamento atomico.

Fu così che vennero scelte Hiroshima e Nagasaki.

Il copione richiedeva: un colpo una bomba una città.

Una bomba che avesse distrutto un solo quartiere di una grande città non avrebbe impressionato nessuno, ma un colpo, una bomba una città avrebbe lasciato una segno mediatico destinato a durare nel tempo.

Abbastanza semplice; no?

Sunday, July 5, 2009

27 Giugno: Ustica

Dopo un lungo silenzio, forse causato da alcuni disturbi alle comunicazioni dovuti alla persistente assenza di macchie solari, è finalmente arrivato un nuovo dispaccio telepatico da Laputa, un dispaccio in cui il nostro fidato corrispondente dall'isola volante racconta di un triste evento nella storia della nostra penisola che ha cambiato la sua vita.

Da quelle parti, sapete, nulla è più doloroso di un volo spezzato: è la negazione di tutto ciò che Laputa è.
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Di Giovanni Pesce


L’accidente di Ustica ha segnato, nella mia vita, un momento di passaggio fondamentale; prima di questo evento pensavo che lo Stato fosse la massima espressione della collettività; le azioni dello Stato erano per me paragonabili a quelle del Padre di Famiglia, quello che manda avanti le cose in qualunque condizione con il solo pensiero del bene comune.

Ma in quella terribile notte avvenne qualcosa di terribile e ancora più terribile fu quello che avvenne dopo: lo Stato negò sé stesso, non permise alcun accertamento efficace di cosa fosse avvenuto e lasciò la vicenda ammantata da un velo di amarezza.

Da allora, ogni sera ho pensato a ciò che poteva essere accaduto; ho tentato mille e mille combinazioni aviatorie, militari e politiche ma tutte avevano un difetto tale da non essere completamente accettabili.

A casa mia, anni fa, era usuale che dopo i pasti si discutesse di incidenti aerei, esattamente come in altre famiglie si parlava di calcio o di ciclismo; da noi le frasi più ricorrenti erano “si è dimenticati i flap” o “il rubinetto del carburante era su off” o “stallo della semiala destra” e le persone coinvolte erano il vicino di casa o quel pilota che era stato da noi la domenica precedente e così via.

Nonostante avessi un certo allenamento sugli incidenti aerei, su Ustica non riuscivo a trovare una soluzione.

L’unica informazione supplementare che ho avuto è stata “l’aereo era stato comprato di seconda mano da una compagnia del Pacifico e trasportando pesce sotto sale aveva avuto un degrado strutturale.” Informazione brutta e depistante.

Ho letto, quindi, quasi tutto quello che è stato scritto sull’argomento, senza trovare molta soddisfazione; ho però capito come si muovono in queste circostanze, gli attori della vicenda, all’interno del copione da rispettare.

Ho visto nomi comuni ad altre circostanze come l’ 11 Settembre ed il caso Moro e così ho capito come funziona veramente lo Stato.

Non “lo Stato italiano” o di un altro paese ma “Lo Stato” quello privo di ogni bandiera ed ogni territorio.

Lo Stato non è quel buon Padre di Famiglia che pensavo, bensì è un baluardo per tenere lontane le masse dall’organizzazione della vita.

Lo Stato è un metodo di giustificazione di imposizioni altrui sulle proprie vite.

Ho capito solo dopo venticinque anni, come sia andate le cose:; è una vicenda a mio parere molto complessa dove ci sono molti piani operativi legati tra di loro:

1) Un gruppo di persone aveva come compito quello di creare platealmente un “punto di tensione” caldo da riutilizzare dopo come giustificazione di un’azione di ritorsione;
2) Un altro gruppo aveva il compito di muoversi sul piano militare, compiendo l’azione di abbattimento;
3) Ai radaristi restava il compito di “non vedere” “non sentire” “non parlare” e soprattutto “non ricordare”;
4) Ad altri era affidato il compito di depistamento, raccontando mezze verità;
5) Un altro gruppo aveva il compito di insabbiamento delle inchieste.

Questa associazione di gruppi indipendenti ma coordinati tra loro si chiama Stato.


Thursday, April 30, 2009

I “ruggenti” anni 60

Michael Gaddy continua la sua “rabbiosa” indagine sugli omicidi eccellenti e i vari massacri nelle scuole, e su come questi fatti di sangue siano stati sfruttati dallo stato per implementare leggi contro la libertà dell'individuo.

Leggi che, apprendiamo, sono la copia carbone di quelle scritte dai legislatori nazisti qualche decina di anni prima: ma tu guarda il caso e la coincidenza.
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Gli anni 60: omicidi, un massacro in una scuola e il controllo delle armi nazista

Di Michael Gaddy


Gli anni 60 sono stati un periodo tumultuoso in America. C'era la guerra in Vietnam ed il relativo movimento per la pace; gli omicidi dei Kennedy; l'assassinio di Martin Luther King e il massacro all'Università del Texas eseguito da Charles Whitman. Gli omicidi di alto profilo e il massacro diedero modo al governo di spingere per un più rigido controllo delle armi, conducendo al passaggio dell'incostituzionale legge per il controllo delle armi del 1968, appoggiata anche dalla NRA.

Con l'eccezione della guerra in Vietnam e delle relative attività di protesta, tutti gli eventi di cui sopra sono serviti allo stato ed ai suoi continui sforzi per disarmare i privati cittadini. Mentre l'unico comune denominatore nel massacro dell'Università del Texas fu l'uso di droghe psicotrope da parte del tiratore, i tre omicidi furono simili nelle accuse alla CIA di aver avuto una parte in ciascuno di essi.

È stato rivelato che il presidente Lyndon Johnson venne convinto dal massacro all'università della necessità di un più rigido controllo delle armi; i fatti del caso avevano dimostrato proprio l'opposto. Dopo che Whitman ebbe ucciso sua madre e sua moglie pugnalandole a morte, andò alla torre dell'università dove colpì con il calcio del fucile la sua prossima vittima, Edna Townsley, una segretaria, provocandone la morte. In pratica, Whitman aveva già ucciso tre persone prima di premere per la prima volta il grilletto.

Quando le vittime cominciarono a cadere sotto i colpi sparati da Whitman dalla torre dell'università, svariati civili presero le armi dalle loro automobili e cominciarono a rispondere al fuoco di Whitman insieme ai poliziotti sul posto. Gli sforzi uniti di questi civili e della polizia obbligarono Whitman a sparare dalle feritoie, limitando notevolmente la sua capacità di colpire altri obiettivi. Non fosse stato per lo schieramento delle armi private dei civili, il tributo in vite perse o ferite sarebbe stato molto più grande. Tuttavia, lo stato usò questa tragedia per passare le limitazioni più draconiane al possesso di armi da fuoco per i cittadini privati.

Le teorie della cospirazione abbondano riguardo agli omicidi del presidente John F. Kennedy, di Robert Kennedy e di Martin Luther King. Come detto precedentemente, il coinvolgimento della CIA è considerato possibile in tutti e tre. Sappiamo che la CIA mentì su diversi aspetti dell'assassinio di JFK. Di solito, le bugie vengono dette per nascondere la verità; quale verità ha coperto per 40 anni la CIA, e perché? Perché la CIA ha nascosto delle prove alla Commissione di Warren ed ha opposto resistenza agli ordini della corte?

Usò la CIA le sue fonti “controllate” nei media per demonizzare e ridicolizzare chiunque trovasse delle irregolarità nel “pappone” fatto trangugiare alle masse riguardo all'assassinio? Un dispaccio della CIA del 1° aprile 1967, desecretato con la Legge per la Libertà d'Informazione (FOIA) nel 1976, raccomandava ai suoi “assett” nei media di “contrastare la critica al rapporto Warren.” A questi “assett” veniva insegnato che articoli e recensioni erano “particolarmente appropriati” a questo scopo. Queste fonti controllate dei media dovevano “rispondere e confutare” i critici della spiegazione ufficiale degli eventi chiamando in causa presunti “interessi finanziari,” ed adducendo che fossero “affrettati ed imprecisi nella loro ricerca” e “infatuati delle loro stesse teorie.” Questi tirapiedi della CIA nei media erano stati istruiti a dar risalto nei loro articoli al fatto che “non era emersa alcuna nuova prova significativa,” e che non c'era consenso fra i critici. I critici dovevano essere screditati sostenendo che fossero “innamorati delle loro teorie prima che ci fosse dentro qualsiasi prova.” Era inoltre usata il consueto argomento contro ogni possibile cospirazione che coinvolga lo stato: “una cospirazione su così grande scala sarebbe impossibile da celare.”

La FBI, il Servizio Segreto ed il Dipartimento di Polizia di Dallas occultarono prove alla Commissione Warren. Dato che la commissione non aveva suoi investigatori e dipendeva interamente dalle agenzie suddette per la ricerca di prove, la credibilità del rapporto dev'essere messa in discussione.

Se mettere in discussione la veridicità della relazione ufficiale dello stato sull'assassinio di JFK e l'occultamento e la soppressione delle prove da parte di coloro che erano incaricati di perseguire la verità mi rende un “pazzo cospirazionista,” allora passatemi la carta stagnola.

Allegazioni credibili della partecipazione della CIA all'assassinio di Robert Kennedy possono essere trovate qui.Vi prego di notare l'addotta partecipazione dell'agente della CIA George Joannides ad entrambi gli omicidi dei Kennedy.

Allegazioni sulla partecipazione della CIA e di altre agenzie di stato all'assassinio di Martin Luther King Jr. sono state fatte da aiutanti e da membri della famiglia King. Coretta Scott King disse, “ci sono abbondanti prove di una cospirazione ad altissimo livello nell'assassinio di mio marito...” Dexter King, il figlio di Martin Luther King Jr., che incontrò James Earl Ray prima della sua morte e dichiarò di credere che Ray non avesse ucciso suo padre, dichiarò inoltre che suo padre era stato assassinato “perché aveva sfidato le istituzioni.” Dexter King fece anche riferimento alla ricerca ed ai risultati ufficiali come il “più incredibile occultamento del secolo.”

Martin Luther King Jr. era stato sotto la sorveglianza della FBI, della CIA e dell'intelligence dell'esercito per un periodo esteso prima del suo assassinio perché si presumeva rappresentasse una minaccia contro la sicurezza nazionale. I suoi telefoni erano intercettati, era sotto continua sorveglianza, le sue stanze erano piene di microspie e i suoi seguaci infiltrati. Tuttavia, è stato assassinato in piena vista senza che nessuna delle agenzie di cui sopra avesse un indizio sui piani o i movimenti dell'assassino.

Alla FBI fu assegnato il compito di studiare l'assassinio dell'uomo che aveva considerato una minaccia contro la sicurezza nazionale e un oggetto dei loro “sporchi trucchi” connessi con le attività COINTEL-PRO.

L'autore Alex Constantine, nella sua opera Virtual Government: CIA Mind Control Operations in America, ha documentato esaurientemente l'influenza della CIA nei media per mezzo dell'Operazione Mockingbird. Quando un ente governativo ha la capacità di controllare il contenuto delle informazioni diffuse alle masse, non è forse quella una forma di controllo mentale?

Lo stato usò tutti gli eventi altamente discutibili di cui sopra per proporre ed approvare la legge del 1968 per il controllo delle armi. La stesura di questa legge venne presa quasi alla lettera dalla legge nazista per il controllo delle armi del 1938. La legge del 1968 non è il solo collegamento dello stato con i programmi nazisti. Quanti sanno del legame della CIA con i criminali di guerra nazisti?

Vediamo: la legge per il controllo delle armi del 1968 è un rifacimento di quella nazista del 1938; la CIA ha avuto un collegamento con i criminali di guerra nazisti fin dalla sua nascita; la CIA è sospettata di aver partecipato a diversi assassinii di primo piano in America; la CIA utilizza i suoi infiltrati (Operazione Mockingbird) nei media mainstream (MSM) per demonizzare ed emarginare chiunque cerchi di studiare le irregolarità nei rapporti ufficiali di questi omicidi e di altre possibili azioni segrete; la nostra forma di governo è mutata da una repubblica ad uno sfacciato fascismo, e chiunque creda che ci sia un collegamento fra lo stato e i massacri è un pazzo cospirazionista!

Quando l'unica alternativa usata dall'uomo della strada nella sua ricerca per la verità sono gli sms, le confezioni di birra da sei e American Idol, quante probabilità ci sono che possa riconoscere la verità quando la vede, o per quel che vale, anche curarsene?

Thursday, April 9, 2009

Licenza di uccidere

Michael Gaddy, veterano di Vietnam, Granada e Beirut, indossa il suo “elmetto di carta stagnola” e spiega in questo articolo su LRC che il vero cospiratore e il più pericoloso omicida di massa è sempre lo stato, checché ne dicano i suoi accoliti e sostenitori.

Personalmente concordo: meglio passare da fanatico e complottista che da fessi.
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Di Michael Gaddy


Per diversi decenni lo stato ed i suoi complici nei media hanno emarginato e demonizzato chiunque adducesse la partecipazione dello stato in attività illegali o cospirazioni per fornire false informazioni che sostenessero le sue guerre illegali ed altri ordini del giorno. Coloro che agiscono in tal modo vengono definiti “fanatici cospirazionisti” o, nel caso di Rush Limbaugh, membri della Società dei Custodi della Bizzarra Conoscenza.

Credere che lo stato non sia mai coinvolto in cospirazioni illegali vuol dire credere che lo stato sia incapace di comportamento criminale e che Giulio Cesare sia stato ucciso in un accoltellamento casuale.

Una teoria è definita come un'ipotesi o una congettura; quindi, una volta che anche un solo elemento di prova reale è scoperto, la teoria non esiste più; diventa una possibilità. Il problema che i cospirazionisti affrontano è la mancanza di qualsiasi revisione soggettiva di quella prova. Lo stato è sempre “ufficialmente” incaricato di scoprire le prove. Quando qualcuno fuori dall'influenza dello stato scopre una prova che il governo ha in qualche modo “trascurato,” allora una commissione “imparziale” viene incaricata di studiare quella prova. Il problema è che la commissione imparziale viene sempre nominata dallo stato ed è popolata da persone con stretti legami con l'apparato statale. Devo ricordare la Commissione per l'11/9, o la Commissione guidata dall'ex senatore John Danforth incaricata di studiare la tragedia chiamata Waco?

Anche nel caso che queste commissioni scoprano azioni malevole di impiegati dello stato, non c'è mai alcun processo per i responsabili, anche quando il crimine che commettono è omicidio. Il caso dell'agente della FBI Lon Horiuchi ne è un perfetto esempio. Di conseguenza, è evidente che coloro che rappresentano lo stato operino impunemente e/o con la “licenza di uccidere” sanzionata dallo stato.

Forse lo stato crede che soltanto i cittadini privati siano capaci di cospirazioni criminali; dopo tutto, più del 40% degli ospiti delle prigioni federali lo sono per aver “cospirato” per commettere un crimine. Ma menzionare lo stato e i criminali, non è ridondante?

Ultimamente, sono diventato sempre più scettico della tempistica e delle circostanze che circondano gli omicidi di massa. Ogni ricercatore degno di questo nome si chiederebbe come mai, entro pochi giorni dalla rivelazione dello stato della sua intenzione di proibire la vendita di certo tipo di armi da fuoco, si verifichi un omicidio di massa nel quale è usato quel tipo di arma.

Un individuo prudente, libero da legami emozionali o finanziari con lo stato, non può ignorare logicamente le similitudini in molti di questi omicidi di massa.

Primo, c'è il fenomeno folle e completamente spiegato di una persona che si arrabbia con qualcuno o per qualcosa e quindi uccide a caso gente che non conosce.

Secondo, c'è l'uso quasi universale di farmaci psicotropi da parte degli esecutori di questi crimini atroci. Quasi tutti i coinvolti in stragi scolastiche stavano prendendo, o avevano appena smesso di prendere, farmaci come il Prozac o il Ritalin.

Terzo, è il fatto che un gran numero di assassini si suicidano dopo avere commesso i loro atroci crimini.

Quarto, quando l'omicidio di massa non rientra nel profilo di cui sopra, lo stato usa l'avvenimento per sostenere, come ha fatto nella strage di questo fine settimana in Pennsylvania, che l'esecutore temeva che lo stato gli avrebbe tolto le sue armi. Questo certamente aiuta lo stato nei suoi sforzi per dipingere tutti quelli che si preoccupano della possibile perdita di libertà e delle violazioni del secondo emendamento come assassini e minacce potenziali contro la società.

Ha lo stato guadagnato da qualcuna di queste stragi molto sospette? Naturalmente.

Dopo gli assassinii politici negli anni 60, lo stato, sfruttando la paura e l'indignazione del pubblico, poté rifilare all'America la meravigliosa Legge sul controllo delle armi del 1968, una legge presa quasi alla lettera dalla legislazione nazista del 1938. La partecipazione alla promozione di questa vile legge dell'ex presidente della NRA Charlton Heston è una storia a sé.

Anche se ci sono molti autori che ritengono che lo stato sia attualmente troppo impegnato nell'economia per concentrarsi su leggi che proibiscano la proprietà privata delle armi da fuoco, credo che, a causa dell'economia, lo stato sarà costretto a perseguire attivamente come priorità una legislazione draconiana sulle armi da fuoco.

Così come eloquentemente dichiarato da molti degli economisti su LRC, i provvedimenti correnti presi dal governo per puntellare l'economia sono tutti destinati a fallire. Gli attuali salvataggi riempiranno le tasche di coloro che sostengono e controllano lo stato e non fanno altro che condurre alla disoccupazione continua ed al caos finanziario in questo paese e nel mondo. Il caos finanziario in arrivo condurrà a malcontento sociale su una scala enorme. Coloro che hanno vissuto sulle spalle dei produttori in questa società sono stati spinti (dallo stato) a credere di aver diritto alla proprietà altrui e prenderanno qualsiasi provvedimento riterranno necessario per assicurarsela.

Quando i disoccupati sono milioni e le aziende falliscono in numeri maggiori rispetto ad oggi, lo stato sarà costretto a cercare altri metodi per riscuotere il suo reddito. Se dovesse essere promulgata una tassa federale sulla proprietà, e si cominciasse a sequestrare beni privati per compensare la mancanza di reddito raccolto per fare funzionare lo stato ed il suo impero, i rappresentanti dello stato mandati a sequestrare la proprietà preferirebbero delle vittime disarmate. Lo stato intraprenderà le azioni necessarie per proteggere le sue azioni per la riscossione dei reddito. Se no, perché degli agenti del fisco sono armati?

È lo stato capace di uccidere per realizzare i suoi obiettivi? Si può sempre chiedere a Randy Weaver ed ai superstiti di Waco, per non parlare delle famiglie di decine di migliaia di soldati e di milioni di vietnamiti e di iracheni.

Nei miei prossimi scritti esaminerò nel dettaglio le similitudini delle stragi perpetrate da Charles Whitman, Patrick Purdy, Klebold e Harris, Seung-Hui Cho e Jiverly Wong, e le prove che trasformano la partecipazione dello stato da ipotesi e congettura a possibilità.

Saturday, March 21, 2009

Operazioni Safehaven

Il dispaccio che questa settimana ci giunge dal nostro corrispondente in quel di Laputa racconta di una serie di manovre strategiche intorno all'oro eseguite all'ombra delle operazioni militari dalle potenze in guerra, così come visto dal punto di vista privilegiato dell'isola volante. In effetti vien da pensare che la vera “guerra” sia stata quella combattuta sui mercati dell'oro, mentre la tragedia in via di svolgimento sui campi di battaglia non fosse che l'inevitabile corollario di sacrifici umani da offrire al totem del potere politico-economico.

Senza indulgere troppo in questi tetri pensieri vi lascio alla lettura di questo inquietante dispaccio con un caldo augurio di buon fine settimana.
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Di Giovanni Pesce


Oltre alle battaglia militari, durante la WW2 sono state combattute delle manovre parallele tese alla conquista dell’oro appartenente al nemico.
Tutti gli Stati hanno fatto ricorso a questo tipo di guerra e non sono mancati episodi degni di essere raccontati.

Infine ma non per ultime sono state predisposte delle operazioni di Safe haven (porto sicuro) per recuperare i denari e l’oro dalla possibile predazione dei governi vincitori.

Cominciamo dall’inizio:

I tedeschi si impadronirono delle riserve auree polacche, che erano state trasferite in Romania prima l'invasione nazista della Polonia.

La Francia riuscì a salvare la “cassa” inviando il proprio tesoro parte negli Usa e parte a Dakar.
Il Belgio aveva invece affidato i propri averi alla Francia.

Le autorità olandesi inviarono le loro riserve auree in Inghilterra, ma una loro nave che trasportava 11.012 chilogrammi di oro, colpì una mina ed affondò nei pressi della costa; nel 1942, i nazisti recuperarono l’oro che era a bordo.

Altri paesi europei omisero di prendere tutte le precauzioni e le amministrazioni naziste sequestrarono le riserve auree non appena conquistarono il governo del paese.

Gli USA dichiararono nel febbraio 1944 che non avrebbero più riconosciuto il trasferimento di oro depredato dalle forze dell’Asse e inoltre dichiararono che non avrebbero comprato oro da paesi che non avessero rotto le relazioni con l'Asse. Inghilterra e l'Unione Sovietica fecero simili dichiarazioni.

Nel maggio 1944, Samuel Klaus, assistente speciale per il Dipartimento del Tesoro, propose un piano per una missione in paesi neutrali per affrontare il problema del patrimonio nascosto nazista.

Nei mesi di luglio e agosto del 1944, furono stipulati gli accordi di Bretton Woods.

Quegli accordi tralaltro invitavano i paesi neutrali a prevenire il trasferimento di attività in paesi occupati.
Il 14 agosto 1944, gli Stati Uniti, Regno Unito, Svizzera stipularono un accordo che prevedeva che la Svizzera riducesse gli scambi con i nazisti.

Il 6 dicembre 1944, fu organizzata l'Operazione Safehaven, la più conosciuta e la più grande operazione lanciata gli alleati per recuperare i beni saccheggiati dai nazisti, ma non a completo favore del governo Usa.

Il 10 dicembre 1944, il Dipartimento di Stato pubblicò un documento che sollecitava un soft-line verso la Svizzera.

In Svizzera, Allen Dulles, stazione principale OSS, sfruttò i suoi contatti con il Vaticano per collaborare all’operazione Safe haven.

Documenti declassificati mostrano che il prelato sloveno, Gregorio Rozman, cercò di organizzare il trasferimento di grandi quantità di oro nazista, discretamente depositato nelle banche svizzere durante la guerra. Il vescovo era stato inviato a Berna con l'aiuto di amici di Dulles all'interno del servizio di intelligence.

Nel febbraio 1945, la Conferenza di Yalta quantificò le riparazioni che sarebbe state richieste alla Germania.

Dulles utilizzò i contatti ecclesiastici anche per concordare la resa tedesca in Italia.(Operazione Sunrise)

In aprile 1945,un agente OSS (X2) a Berna aveva messo in luce una grande quantità di informazioni sui fondi nazisti:
  • Oro e obbligazioni saccheggiate in Europa
  • Ulteriori fondi inviati dalla Deutsche Verkehrs-Kreditbank di Karlsruhe a Basilea.
  • Azioni e obbligazioni detenute a Zurigo da imprese private per il partito nazista.
  • Conti in franchi svizzeri accreditati su conti privati in diverse banche svizzere.
  • Cassa e immobili posseduti nel Liechtenstein.
  • Oltre 2 milioni di franchi in possesso Reichsbank in Svizzera.
  • Quarantacinque milioni di Reichsmarks in conti in banche svizzere.
Nel frattempo il gruppo OSS-Vaticano organizzò una rat-line verso l’Argentina dove venne trasferita una grande quantità di risorse tedesche (umane e valutarie).

Il denaro nazista scorreva in un cerchio da Germania in Vaticano poi in Argentina e poi di nuovo in Germania.
L'economia Argentina ebbe un magico beneficio dall'afflusso di denaro nazista.

Non furono i governi a beneficiarne ma un piccolo gruppi di oligarchi.

Sunday, March 15, 2009

Le Idi di Marzo

Il nuovo dispaccio da Laputa è curiosamente telepatico: stavamo giusto parlando dell'antica Roma, ed ecco che il nostro inviato Giovanni Pesce ci ricorda cosa successe circa duemila anni fa proprio in questo giorno, il 15 di marzo. Una di quelle date che a Laputa fanno sempre nascere accese discussioni tra gli abitanti, le idi di marzo sembrano essere una ricorrenza importante soprattutto dalle parti di Roma.

Quindi, se vivete da quelle parti, i laputiani consigliano di restare in casa, magari a leggere il Gongoro, sorseggiando del vino magari allungato col miele (ma, per precauzione, fatelo assaggiare alla moglie, prima).
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Di Giovanni Pesce


Largo Argentina in Roma, (41.53 43 76 N 12 28 36 37 E) è una vasta area che è stata scelta come location di una delle più famose cospirazioni della Storia: le Idi di Marzo del 44 AC quando il dittatore Giulio Cesare fu pugnalato a morte..

Quel tragico evento , infatti, si è consumato davanti all’attuale capolinea del tram 8, quello che collega il centro di Roma con i quartieri di Monteverde.
(Per i non romani, ma amanti del teatro, l’indicazione esatta è il marciapiede opposto davanti all’ingresso del Teatro Argentina).

Come nelle migliori tradizioni, ne ”l’omicidio Cesare” è stata organizzata per il mainstream una vulgata che individua in una sola persona la responsabilità dell’accaduto, nonostante il gruppo di cospiratori fosse ben numeroso.

Come “lone gunman “ ci viene proposto Bruto, la cui azione è stata resa più turpe per via della parentela acquisita con Giulio Cesare; alla storia rimane, infatti, la frase “Tu quoque, Brute, fili mihi”.

La causa nascosta era probabilmente una congiura tra un gruppo di oligarchi che temevano una diminuzione del proprio potere decisionale non appena Giulio Cesare avesse conquistato la Dittatura; cosi questi gentlemen si riunirono in un club e organizzarono un’azione clamorosa per fermare la presa di potere da parte di Giulio Cesare.

Nelle congiure rivolte “ad personam” uno dei punti essenziali è il coinvolgimento del “vice“ per questi motivi:
  • Chi meglio del vice può aiutare i congiurati?
  • Chi meglio del vice farà carriera immediata?
  • Chi meglio del vice potrà depistare la commissione d’indagine?
E Bruto è proprio il vice di Cesare, e come spesso accade verrà messo da parte in un secondo momento.

L’azione nei confronti di Cesare prevedeva una scenografia massima: invece dei soliti sicari in azione nel silenzio della notte si preferì la formula “in plain sight”, ovvero fu scelta la gradinata della Curia di Pompeo, il posto più in vista di tutta Roma.

Quel giorno del 44 a.c. la Curia di Pompeo veniva utilizzata come luogo di assemblea per i senatori, mentre la gradinata veniva utilizzata per accogliere gli spettatori del Teatro di Pompeo; tra Curia e teatro esisteva il Portico di Pompeo.

A poca distanza esiste ancora Portico d’Ottavia, antica sede del mercato del pesce ed ora punto di riferimento della comunità ebraica di Roma.

Sono passati molti anni e nel 1978 D.C., Largo Argentina è stata riutilizzata come scenario per il caso Moro.

Infatti a Largo Argentina , nel sottopassaggio tra via Florida e Via Arenula venne ritrovata la prima lettera di rivendicazione del sequestro Moro.
Quel sottopassaggio che ora non esiste più, ma aveva un’ entrata posizionata a 41.53 41 18 N 12 28 35 32 E.

Navigando su Via Florida e la sua continuazione Via delle Botteghe Oscure si arriva a Via Caetani, via nella quale è stata ritrovata la R4 con il corpo di Aldo Moro.

Via Caetani e la strada che divide in due l’ex- Teatro di Balbo: da una parte l’emiciclo tuttora visibile con qualche difficoltà nel palazzo Caetani, dall’altra la sezione quadrata in restauro.

Il punto esatto di stazionamento della R4 è a 41.53 39 00N 12 28 42 33E.

Comunque anche la data scelta per il caso Moro è molto simile 16 Marzo: il giorno successivo alle Idi di Marzo.

Il 15 ed il 16 Marzo erano, per i romani, i giorni dedicati al Baccanale, festa pagana dedicata a Bacco dio del vino e alle Baccanti, graziose assistenti del dio stesso.
Purtroppo questa festa bellissima non durò molto e fu proibita dal Governo Romano.

Invece nello scorso millennio (15 Marzo 1978), Carmine Pecorelli scrisse:

Mercoledì 15 marzo il quotidiano “Vita sera” pubblica in seconda pagina un necrologio sibillino: “2022 anni dagli Idi di marzo il genio di Roma onora Cesare 44 a.C.-1978 d.C.” . Proprio le idi di marzo del 1978 il governo Andreotti presta il suo giuramento nelle mani di Leone Giovanni. Dobbiamo attendere Bruto? Chi sarà? E chi assumerà il ruolo di Antonio, amico di Cesare? Se le cose andranno così ci sarà anche una nuova Filippi?».

Tutto il mondo è paese.

Saturday, February 7, 2009

Corsari, Bucanieri, Filibustieri e Pirati

Le vibrazioni negative che hanno avvolto il pianeta in questo ultimo periodo hanno impedito le regolari trasmissioni da Laputa, con sommo dispiacere mio e – ne sono certo – di molti affezionati lettori del Gongoro. Questo blog non è un po' più triste, senza i dispacci telepatici del nostro inviato, il “Pesce Volante.” È come se venisse a mancare quel terzo occhio che guardando da oltre le nubi scorge negli eventi angolazioni insospettate.

Immaginerete quindi la gioia quando, poche ore fa, il trasmettittore telepatico ha ripreso inaspettatamente a ticchettare, battendo una storia di pirati dei Caraibi. Il Pesce Volante ha ricominciato le sue ardite evoluzioni con la capsula temporale!

Orsù, lasciamoci ancora una volta trasportare nella calda atmosfera di un'epoca avventurosa e affascinante come poche, e speriamo che il nostro inviato non ci lasci di nuovo troppo tempo senza i suoi dispacci. Come sempre, buon fine settimana.
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Di Giovanni Pesce


Penso che la penna di Emilio Salgari costituirebbe un valido aiuto nella scrittura di queste brevi note dedicate ai fratelli filibustieri.

Un’importante punto di partenza nel discutere le azioni di questi è la definizione del nome della categoria nella quale i nostri avventurieri possano essere classificati.

Il pirata è un uomo di mare che agisce contro tutti i naviganti, senza obbligo di rispettare alcuna regola; la pirateria è molto antica e già Cesare e Pompeo dovettero organizzarsi per difendersi dai pirati del Mediterraneo Orientale. Il corsaro è, invece, una persona autorizzata a rapinare le navi mercantili.

Il corsaro è, invece, una persona autorizzata a rapinare le navi mercantili nemiche, e, come 007, “con licenza di uccidere” nemici in battaglia; quindi il corsaro gode dei diritti collegati allo status di combattente regolare: avere una patria, una bandiera ed il diritto di non essere passato per le armi, se preso prigioniero.

Questi diritti derivavano da una "lettera di corsa e rappresaglia" che era un'autorizzazione del sovrano, concessa al proprietario di un mercantile, con la quale si prevedeva che, nel caso in cui la nave o il carico andassero rubati o distrutti, il mercante potesse reagire attaccando a sua volta il nemico per rifarsi delle perdite. La Marineria inglese sfruttò questa opportunità di guerriglia marittima per imporre il proprio imperio sui mari senza doversi esporre troppo “in primis” dal punto di vista economico e militare. Francis Drake ed Henry Morgan, e un tale Giuseppe Garibaldi ottennero una “patente de corso” per poter esercitare la “guerra di corsa” nelle acque delle Americhe.

Il genovese Capitan Giuseppe Bavastro aveva ottenuto il patentino di corsaro da Napoleone, mentre l'ammiraglio Andrea Doria soprannominato il Corsaro aveva offerto i suoi servizi “di corsa” a Francia, Spagna e Vaticano.

I bucanieri invece sono dei pirati di terra, che riuniti in bande, in qualche occasione, sono stati utilizzati dal Governo Inglese per contrastare i traffici commerciali Francesi e Spagnoli.

Il termine filibustiere proveniente dall'olandese vrijbuiter (freebooter), identifica una doppia realtà: o un aderente ad gruppo di liberi predatori di bottini oppure un partecipante ad una spedizione militare in un paese straniero per rovesciarne il regime.

I più importanti filibustieri del secondo tipo sono stati Narciso López, e Giovanni Quitman a Cuba e in Nicaraugua William Walker.

Nel 1853, William Walker, leader un esercito di mercenari, tentò un’azione militare alla filibustiera in Nicaragua per conquistarne il controllo politico ed ottenere così il controllo economico del movimento merci e passeggeri tra gli Oceani Atlantico e Pacifico.

Nonostante il sostegno da parte del Presidente degli Stati Uniti, Franklin Pierce, bisnonno materno di George Walker Bush, il nostro filibustiere venne destituito tramite una controrivoluzione organizzata da Cornelius Vanderbilt ex-concessionario della tratta commerciale Atlantico-Pacifico tra San Juan del Norte e San Juan del Sur.


Attualmente ritroviamo un uso moderno della filibusteria: tra le proposte del progetto 1962 Northwoods pensato per creare un “casus belli” per gli Stati Uniti contro Cuba, vi era quella di costruire una azione filibustiera con falsa bandiera cubana contro un’altra nazione caraibica.
“5. A "Cuban-based, Castro-supported" filibuster could be simulated against a neighboring Caribbean nation (in the vein of the 14th of June invasion of the Dominican Republic).”

Penso che una pinta di Rhum sia il minimo per digerire queste piraterie statali.