Showing posts with label Asia. Show all posts
Showing posts with label Asia. Show all posts

Monday, April 5, 2010

Dimmi quando...

Quando persino i generali si stancano di fare i macellai...

Generale McChrystal: “Voglio dire qualcosa che tutti capiscano. Noi chiediamo realmente a molti nostri giovani di servizio ai checkpoint, perché c'è un pericolo, chiediamo loro di prendere decisioni molto veloci in situazioni spesso molto poco chiare. Tuttavia, per quanto ne so, in nove e più i mesi in cui sono stato qui, non in un singolo caso nel quale siamo stati coinvolti in una escalation di forza e abbiamo colpito qualcuno è risultato che il veicolo avesse una bomba o armi a bordo e, in molti casi, portava delle famiglie. Con questo non voglio criticare gli esecutori. Sto solo mettendo le cose in prospettiva. Abbiamo sparato ad un numero stupefacente di persone ed ucciso molte di esse e, per quanto io sappia, nessuna è risultata essere una vera minaccia alle nostre forze."


... quando persino i fantocci protestano...

Kabul, Afghanistan - Dopo aver inizialmente negato il coinvolgimento o qualsiasi insabbiamento nella morte di tre donne afgane durante l'attacco delle forze speciali americane maldestramente fallito in febbraio, il comando militare a guida americana di Kabul ha ammesso domenica sera che le proprie forze avevano in effetti ucciso le donne durante l'incursione notturna.

L'ammissione ha immediatamente sollevato questioni su cosa è realmente accaduto durante l'operazione del 12 febbraio – e sulle falsità che sono seguite – compreso un nuovo rapporto secondo cui le forze speciali avrebbero estratto le pallottole dai corpi delle donne per nascondere la natura della loro morte.

Un funzionario della NATO ha inoltre detto domenica che una squadra di ricercatori afgani aveva trovato segni di occultamento di prove sulla scena del delitto, compresa la rimozione delle pallottole dalle pareti vicino a dove le donne sono state uccise. Il lunedì, tuttavia, un alto funzionario della NATO ha negato che tale alterazione fosse avvenuta.

La rivelazione non avrebbe potuto arrivare in un momento peggiore per i militari americani: i funzionari della NATO stanno lottando per contenere le conseguenze di una serie di filippiche contro la presenza militare straniera del presidente afgano Hamid Karzai, che ha anche manifestato contro l'uccisione di civili da parte delle forze occidentali.


... forse è l'ora di tornarsene a casa (mai troppo presto).

Tuesday, February 23, 2010

Riflessioni su un'intervista del generale Stanley McChrystal

In Afghanistan, la democrazia continua a piovere allegramente dal cielo sulle teste delle reticenti popolazioni autoctone, mentre sulle nostre grandina impietosa la retorica guerriera e imperialista della giusta guerra, passpartout di ogni potere costituito che sulla morte e sulla disperazione costruisce le sue fortune programmando al contempo la propria fine.

A noi non resta che assistere stupefatti al suicidio della civiltà, ringraziando il cielo per la penna di Fred Reed.
___________________________

Di Fred Reed


Ossignore. Ossignore. Non posso farcela. Qualcuno mi porti un drink.

Recentemente ho visto un'intervista con il generale McChrystal, capo macellaio della Forza d'Impianto della Democrazia in Afghanistan del Pentagono. Il generale spiegava i progressi della nostra vittoria. Sì, della vittoria. Stiamo facendo progressi. È solo una questione di tempo. Egli vede la luce in fondo al tunnel. Non ha però spiegato cosa stiamo facendo in un tunnel in primo luogo. Immagino che se ne sia dimenticato.

L'uomo era un superbo esegeta. Intelligente, magro e in forma, abbronzato – gotico americano in mimetica. Irradiava Serietà a ondate, insieme a Fermezza, Soldatesca Determinazione e, sospetto, assoluta incomprensione di quel che stava facendo. Trent'anni nei militari trasformano il più brillante ufficiale in un sempliciotto. La maggior parte ci arriva nel momento in cui diventa tenente.

Il tipo è grezzo, ho pensato. Lo hanno dissotterrato e lo hanno animato in digitale. Aveva le stesse statistiche, ha tracciato gli stessi confortanti grafici che mostrano gli stessi progressi nella pacificazione, lo stesso declino delle cose brutte e l'aumento delle cose buone. Sì, pensava, dovremmo davvero finirla di ammazzare tanti civili, e la finiremo. Aiuteremo gli afgani, non appena avremo finito di ammazzare la gran parte di essi (non ha citato la parte a proposito l'ammazzamento della gran parte di essi ma pare che ci stia lavorando). Vinceremo i loro cuori e le loro menti con salubri e caritatevoli bombardamenti (ok, non ha detto neanche questo. Ma pare che sia quel che pensa).

Buon Dio, ho pensato non troppo caritatevolmente, se questo tizio dovesse mai ammalarsi, avrà bisogno di un proctologo equino.

Così ora stiamo invadendo Marjah, una città, per costruire scuole e ospedali. Le scuole e gli ospedali si costruiscono tipicamente con l'artiglieria pesante. Non appena avremo distrutto quel posto, ci ameranno e vedranno le virtù del Metodo Americano (la prima cosa che abbiamo fatto è stata far esplodere una casa, ammazzare dodici civili incluso la quota obbligatoria di bambini. Se questa non è un'azione del tipo hearts-and-minds, non so immaginare cosa potrebbe essere. Questo resoconto l'ho letto su Antiwar.com, e lo suggerisco a tutti).

Questa strategia ha perfettamente senso, davvero. Voglio dire, se gli afgani ammazzassero il vostro pargolo, non vi farebbe venir voglia di adottare la loro forma di governo e lasciare che migliorino la vostra vita? A me sì.

Tutto ciò è così minacciosamente familiare. Westmoreland, il Fantasma del McChrystal Passato, fu anch'egli un pacificatore di villaggi. Uccidi i loro bambini, e da' loro cinquecento dollari e un lecca-lecca come compensazione. Spiega il voto. Che piano perfetto.

Datemi retta, agli ufficiali non dovrebbe essere permesso di pensare. Un emendamento costituzionale sarebbe la cosa migliore. Passano decenni immersi come bustine di tè verde in una cultura marziale priva della minima concezione di come funzioni la gente. Se volete combattere l'Armata Rossa a Fulda Gap (io non lo desidero in particolar modo) mandateci McChrystal. Senza dubbio conosce le corazze, gli elichoppers, i grossi cannoni che fanno boom. Ma per quanto riguarda il popolo, ha meno senno di quello che Dio ha dato ad un melograno. E questa è una guerra di popolo.

Dovete capire: i soldati non sono normali. Vivono in un mondo in una bolla, sigillato in basi semi-isolate con menti profondamente isolate. Le caratteristiche tipiche del comportamento umano, come il pensiero individuale e l'indipendenza mentale, qui non si applicano. Credono in Dio e nella Patria (almeno, coloro che ci rimangono dentro abbastanza a lungo da farne una politica). Sono lindi e puliti, si sentono parte di una collettivo che lavora insieme, rispettano l'autorità e credono che gli altri, come gli afgani, sarebbero più felici se solo facessero quel che viene loro detto e seguissero il programma. La nozione militare di Buono e Cattivo è rigida e molto, molto semplice. Noi siamo i buoni e i negri che non ci vogliono nel loro paese sono cattivi.

Qualcosa in tutto ciò non è così sciocco come appare, finché rimanete nelle basi. Queste ultime sono tipicamente piacevoli e ordinate, autoritarie ma non tiranniche, con piscine pubbliche e palestre e cliniche e per molti versi il genere di welfare-più-responsabilità a cui anelano i liberal. I soldati vogliono che gli afgani vivano alla stessa maniera. Non funzionerà.

Lo stile protestante da “Selezione dal Reader’s Digest” non si può trasferire a Kandahar. “Siamo qui per aiutarvi” nella maggior parte del mondo si traduce “scappa a gambe levate.” Il senso del giusto fra gli ufficiali di campo è forte. Stanno facendo il lavoro di Dio. Non passa per la loro testa – non può passare per la loro testa – che i musulmani devoti non vogliono affatto alcun cristiano nel loro paese, ancor meno dei cristiani che scardinano le loro porte e umiliano le loro donne. I colonnelli pensano che stanno cercando di estirpare il male, e che sei robotici soldati stranieri che ammanettano un uomo davanti alla sua famiglia è un piccolo prezzo da pagare per la democrazia.

Naturalmente i bulli che si occupano di scardinare odiano i locali, che si vestono in modo buffo e mangiano della strana merda e gli sparano addosso.

Ciò che McMoreland non afferra è che alla gente, semplicemente, non piace essere invasa. Sì, sì, è per il loro stesso bene. Naturalmente, siamo noi a decidere qual è il loro bene.

Tale è l'ingratitudine di questa gente e la loro mancanza di rispetto per i confini, che ci troviamo costretti a ampliare la guerra in Cambog – volevo dire, Pakistan. Il Pakistan. E così i Predator volano, Predando, ammazzando le persone sbagliate perché di quelle ce n'è di più. Che questo potrebbe produrre dell'animosità è irrilevante per i soldati. La missione è sacra. Le nostre intenzioni sono buone.

Le conseguenze di non comprendere ciò che state facendo possono essere conseguenti (è geniale o no? Lo avete letto qui per la prima volta).

È così noioso. Stiamo sempre salvando il mondo da questo o da quel terrore, di solito senza che ce l'abbiano chiesto. Recentemente un amico mi ha letto un passaggio da Robert Bork, l'intellettuale molto brillante e molto conservatore che non riuscì ad arrivare alla Corte Suprema. Parlava di quanto fosse giusta e necessaria la guerra nel Vietnam, dicendo che era cruciale per lo sforzo di fermare la diffusione del comunismo. Coloro che si opposero alla guerra semplicemente non capivano il pericolo.

Abbiamo perso la guerra. Cosa accadde? L'Unione Sovietica uscì pacificamente di scena. Le sue “repubbliche” si sono unite alla NATO o vogliono farlo. La Cina “comunista” è un importante partner commerciale. Il Vietnam, ancora comunista, ospita un grande impianto della Intel. La Cambogia è quella che è sempre stata, un piccolo posto caldo e grigio di nessuna importanza. Anche il Laos è verde e caldo e pieno di gente che ricorda i loro padri uccisi dagli americani.

Per questo abbiamo macellato milioni, abbiamo portato Pol Pot al potere per ammazzarne degli altri ed abbiamo ucciso in proporzione pochi dei nostri concittadini. Ora, se l'America vuole uccidere i suoi stessi soldati, quello è un affare dell'America. È una questione di sovranità nazionale con cui nessun altro paese dovrebbe avere il diritto di interferire. McChrystal potrebbe forse condurre una sua guerra privata da qualche parte nei deserti sud-occidentali. Sapete, McCrystal contro David Petraeus, con due divisioni ciascuno, dodici colpi o ko, nessuna mossa vietata, ma devono comprarsi le armi da soli.

E che lascino fuori gli altri.

Tuesday, February 16, 2010

Contro la guerra

Tre giorni fa, il 13 febbraio, ricorreva l'anniversario del bombardamento di Dresda, uno dei crimini di guerra più orribili di tutti i tempi. Quasi in contemporanea le armate di Obama hanno sferrato l'ennesima offensiva “finale” in Afghanistan, con il consueto corollario di morti innocenti, mentre all'orizzonte si profilano altri possibili e più infausti conflitti, utili a ridurre il tasso di disoccupazione occidentale nell'unico modo che i governi conoscano: gettare la forza lavoro eccedente nel tritacarne bellico.

Tra le poche voci che si levano per cercare di impedire l'inevitabile, spicca da quindici anni quella del sito antiwar.com, che con questo articolo di Justin Raimondo descrive la poco lucida follia degli strateghi agli ordini del premio Nobel per la Guerra Barracks Obama, e chiede l'aiuto e il supporto di tutti per continuare il suo lavoro in favore della pace. Chi può, si frughi.
___________________________

Perché persistiamo

Di Justin Raimondo


I nostri motivi sono spesso stati messi in dubbio, ma non è davvero un mistero il perché noi anti-interventisti continuiamo a sostenere le nostre idee sotto il presidente Obama come abbiamo fatto durante gli anni di Bush. Come libertari, ci opponiamo all'espansione ed all'espressione del potere dello Stato in tutte le sue manifestazioni, ma in special modo quando si tratta della guerra. Questa è l'estrema espressione dello statalismo – ovvero, il culto dello Stato - e il modo di porsi di fronte ad essa è cruciale. La domanda non è solo “sei a favore della guerra, o contro?” Poiché quello che realmente si sta chiedendo è: da che parte stai – dalla parte della gente, o con la gente al potere?

In tempo di guerra, lo Stato si eleva in tutta la sua ostile magnificenza, come un grande drago sputafuoco, e coloro che – istintivamente – si prostrano e l'adorano sono i servitori naturali del potere, che eccitati dalla sua visibile esibizione godono indirettamente di ogni morte nemica come se l'avessero inflitta con le loro mani.

Dal grande drago in tempo di guerra spunta ogni specie di tentacoli supplementari, che si avvolgono come una specie di anaconda istituzionale intorno al settore privato e – se gli viene concesso tempo a sufficienza – lo soffoca a morte. E non intendo solo l'impresa privata, anche se quella è la sua funzione economica, ma anche le varianti di ciò che chiamiamo “la società civile,” le organizzazioni non governative che compongono il tessuto della civiltà umana, dai pulpiti alla Società di Giardinaggio per Signore e tutto ciò che sta tra queste.

In tempo di guerra, lo spirito militarista pervade la società come una nebbia tossica, che erode i legami che normalmente legano gli esseri umani uno all'altro e sostituendoli con dei nuovi: il volontarismo lascia il posto all'autoritarismo e la scelta alle catene in ogni aspetto della vita.

In tempo di guerra, le motivazioni per l'espansione del potere del governo di tassare, regolare ed imporre misure “d'emergenza” che normalmente sarebbero considerate intollerabili passano in gran parte senza discussioni. Quanti membri del congresso hanno votato contro il cosiddetto Patriot Act? E se, durante il tempo di guerra, un singolo membro della Società di Giardinaggio per Signore disapprova quando il club decide di mettere in palio dei Titoli di Guerra, non osa alzare la sua voce.

Uno stordente conformismo intellettuale e politico è una necessità, perché l'intera nazione essenzialmente si trasforma in in un'appendice delle forze armate, ovvero, si organizza seguendo linee militari e questo è il vero obiettivo della propaganda di guerra: ammorbidire la popolazione quanto basta perché l'accetti.

Resoconti dissidenti sul perché stiamo combattendo, e su chi ne trae vantaggi, sono malvisti durante il tempo di guerra e spesso sono vietati. Gli spazi “democratici” permessi dal regime si restringono e le occasioni di protesta sono severamente limitate se non completamente vietate. L'albero della libertà appassisce inevitabilmente quando le nubi di guerra ostruiscono il sole ed il lungo conflitto che ora stiamo combattendo lo ucciderà definitivamente – a meno di sottrarre la nostra politica estera al Partito della Guerra.

Ecco perché persistiamo, attraverso le amministrazioni democratiche e repubblicane, con lo stesso messaggio e lo stesso avvertimento contro quel tipo di arroganza che tenta tutti coloro che hanno in mano un grande potere, e li attira nel peccato dell'hybris.

Leggendo il resoconto del New York Times della grande armada americana mentre discende nella provincia di Helmand, in Afghanistan, l'ultimo “surge” della potenza militare americana nell'Asia centrale, sono colpito dalla ripetitività dell'intera operazione: ricorda tutti i grandi disastri militari del passato, dall'Armada spagnola all'invasione napoleonica della Russia, alla strategia della controinsurrezione che provammo in Vietnam, fino alla presunta invasione finale dell'Iraq, il supposto successo di cui l'amministrazione Obama sta ora bizzarramente prendendosi i “meriti.” Sento la stessa grandiosità, espressa con la stessa lugubre fiducia: “Abbiamo un governo in scatola, pronto ad entrare in funzione,” annuncia il generale Stanley McChrystal, comandante statunitense in Afghanistan e architetto della nuova strategia della controinsurrezione, che è “ripulire, mantenere e costruire.”

Ciò che costruiscono è un nuovo stato afgano, e ce l'hanno in scatola, come dice il generale, e sono pronti a metterlo in opera. Proprio come voi montereste un giocattolo per bambini e lo mettereste sotto l'albero di Natale.

In che mondo vive questa gente? Il reporter di Times ci dà qualche indizio:
“La scommessa è che una volta che gli afgani vedranno prendere forma la parvenza di uno stato a Marja, i combattenti talebani cominceranno a prendere più seriamente le offerte che Karzai e gli occidentali offrono per comprarli. Attratti dall'offerta di un qualche ruolo politico nella società afgana – e di uno stipendio regolare – ci penseranno due volte prima di provare a riprendere la città. ‘Pensiamo che molti dei soldati di fanteria combattano per soldi, non per l'ideologia,’ ha detto recentemente un funzionario britannico. ‘Dobbiamo verificare l'idea che è meno costoso arricchirli un poco che combatterli ogni primavera ed estate.’”
Il mondo in cui questa gente vive è lo stesso in cui viviamo noi: l'occidente del ventunesimo secolo, dove la promessa di uno stipendio regolare è sufficiente per convincere chiunque di qualsiasi cosa. Ideologia? Cos'è? Tutto può essere comprato: è solo una questione di prezzo.

Questo è un caso dove la corruzione morale è il suo stesso nemico peggiore: presupponendo che siano tutti amorali e privi di idealismo come noi, gli strateghi americani stanno forse per ricevere uno shock. “Arretrato” com'è l'Afghanistan, il popolo afgano potrebbe esserlo abbastanza da rifiutare un appello per vendersi con il disprezzo che merita.

Più probabilmente prenderanno i soldi e rifiuteranno il “governo” afgano comunque. Karzai continuerà a sostenere – piuttosto ragionevolmente – di non potersi reggere sulle proprie gambe e di aver bisogno della presenza delle truppe degli Stati Uniti, e resteremo in Afghanistan per i prossimi dieci o vent'anni, o finché il popolo americano non sceglierà un presidente che finalmente li districhi da questa crociata assolutamente inutile.

La grande armada di Helmand sarà senza dubbio dichiarata vittoriosa e le legioni di Obama saranno acclamate come i portatori di luce nelle tenebre afgane: presto sentiremo racconti ispirati su come i nostri soldati stiano costruendo scuole, strade e dighe, come pure uno stato afgano nuovo di pacca – non è meraviglioso?!

La chiara risposta è: no. Non è meraviglioso: è orribile. Stiamo rovesciando milioni di dollari e migliaia di vite giù in un pozzo senza fondo, un pozzo che non si riempirà mai e che invece ci svuoterà fino a che non ci fermeremo. Il “governo” afgano non avrà mai niente di lontanamente simile alla legittimità agli occhi del suo popolo, non importa con quanti soldi cercherete di corromperlo. Prenderanno i vostri soldi e rideranno di voi.

Poi, vi spareranno.

Immaginate se un paese straniero invadesse e conquistasse gli Stati Uniti. Le forze di occupazione installano un “governo” guidato dall'equivalente americano di Hamid Karzai – diciamo, Rod Blagojevich. E i generali ed i politici del paese d'occupazione si riuniscono per un incontro strategico e decidono che il migliore modo per pacificare quei chiassosi americani è di comprarli. “Appena date loro uno stipendio regolare,” dice un generale, “ci penseranno due volte prima di resistere.”

Sarebbe un'idea ragionevole da parte sua? Ne dubito. Ma so che è molto lontano dall'essere ragionevole quando si parla degli afgani, come uno breve sguardo alla loro storia potrà dirvi.

Anche i sovietici avevano un “governo in scatola,” o pensavano di averlo. Ma quando arrivò la resa dei conti, i loro burattini non furono di grande aiuto sul campo di battaglia, o fuori da esso: c'erano tante di quelle lotte intestine fra i comunisti afgani, che, se avessero ucciso i mujahideen con l'efficienza e l'energia che usarono per uccidersi a vicenda, la loro sconfitta avrebbe potuto non essere tanto rapida e spietata. Così vennero spazzati via entro pochi mesi dal ritiro sovietico, proprio come Karzai, o chiunque altro decidessimo di installare a Kabul come “presidente,” non sopravviverebbe mai senza una sostanziosa presenza militare degli Stati Uniti.

Questa guerra non è che l'inizio di una serie di guerre cominciata in Iraq e che ora sta continuando attraverso il fronte dell'Asia centrale, dirigendosi verso il Pakistan, e l'Iran. Il Partito della Guerra non ha ancora finito con noi – nemmeno per sogno.

Tuesday, April 14, 2009

Terrorismo senza pilota

Obama l'aveva detto: il nuovo fronte della cosiddetta Guerra al Terrorismo sarà il Pakistan, e questo è tutto il cambiamento che ci possiamo aspettare nella politica estera americana. E non è un gran cambiamento, considerato che gli attacchi dei droni Predator in territorio pakistano non sono certo una novità ma una strategia – piuttosto controversa – iniziata dal suo predecessore. Tant'è, uno dei primi atti ufficiali del neo eletto presidente, il 23 gennaio, è stato proprio l'ordine di un attacco che ha ucciso almeno 15 persone (tra cui tre bambini) nel Pakistan nord-occidentale.

L'efficacia di tale strategia – pur volendo prender per buono il teorema “Al Qaeda” propinatoci dallo sbirro globale a stelle e strisce – è quantomeno dubbia, per non parlare della sua immoralità. Da dati resi pubblici dalle autorità pakistane veniamo a sapere che, fra il 14 gennaio 2006 ed l'8 aprile 2009, per eliminare 14 “capi di Al Qaeda,” gli aerei senza pilota hanno ucciso 687 civili, per una percentuale di successo di non più del sei per cento:
... dei 50 attacchi di droni effettuati fra il 29 gennaio 2008 e l'8 aprile 2009, 10 hanno colpito i loro obiettivi ed hanno ucciso 14 operatori di Al Qaeda. La maggior parte di questi attacchi sono stati effettuati sulla base ad intelligence che si pensa fornita da membri di tribù afgane e pakistane che spiavano per le forze alleate guidate dagli Stati Uniti di stanza in Afghanistan.

I restanti 40 attacchi sono falliti a causa di informazioni sbagliate, uccidendo centinaia di civili innocenti, compresi donne e bambini. Il numero dei civili pakistani uccisi in quei 50 attacchi arriva a 537, di cui 385 hanno perso la vita nel 2008 e 152 nei primi 99 giorni del 2009 (fra il 1° gennaio e l'8 aprile).
Difficile trovare una logica in una simile carneficina: combattere i “terroristi” non è forse giustificato con la necessità di garantire la sicurezza dei civili? Con un rapido calcolo troviamo che per ogni terrorista eliminato i Predator fanno fuori almeno una quindicina di innocenti. Faccio fatica a credere che quei terroristi avrebbero potuto fare danni maggiori, se le Forze del Bene se ne fossero disinteressate.

Allora, se è possibile con un'attività di spionaggio individuare i cattivi, perché l'unica strategia possibile è quella di bombardarli, coinvolgendo centinaia di pacifici civili? Perché allora non combattere la mafia con lo stesso sistema? Individuato un boss, spediamo un aereo senza pilota a bombardare il suo appartamento di Palermo: a naso, quale sarebbe la reazione dei parenti delle vittime innocenti sacrificate per la sua eliminazione? Una rassegnata accettazione della loro perdita in nome della sicurezza collettiva?

Io credo di no. Io non credo nella sicurezza collettiva. Io credo nella sicurezza mia e dei miei cari, e credo che chi mi chiede di sacrificarla sia il mio primo nemico, e che qualsiasi ragione addotta a giustificazione di tale sacrificio sia un'ignobile menzogna. E credo che non esistano sostanziali differenze tra chi uccide degli innocenti, solo scuse diverse a copertura di un'unica, malvagia volontà di potere.

Monday, February 2, 2009

Premio Caligola - Gennaio '09: Calderoli!

Gioite: il primo Premio Caligola - Il potere gli ha dato alla testa del 2009 è tricolore! Grazie alla bella performance del campione padano Calderoli, votata dal 45% dei lettori del Gongoro, la penisola può cominciare l'anno con ottimismo ed entusiasmo, fregiandosi del nostro prestigioso trofeo.

Sicuramente il fatto che la sua eliminazione dell'unica legge a protezione del cittadino nei confronti del braccio armato della legge tocchi da vicino il corpo elettorale ha giocato a suo favore, ma anche in assoluto direi che la prestazione merita un plauso. È del resto tanto perfidamente ironico quanto ineluttabilmente logico che il ministro della semplificazione, appunto, semplifichi. Il traguardo è infatti semplicissimo: noi comandiamo, voi subite, punto.

Non disprezzabili comunque i risultati degli altri due contendenti. Il capo del partito israeliano Yisrael Beitenu Avigdor Lieberman si è classificato secondo con un buon 28%, grazie alla sua proposta di nuclearizzare Gaza, che se venisse mai messa in pratica gli garantirebbe un PC a vita. Attendiamo fiduciosi.

E a poca distanza (25%) si è piazzato il governo sudcoreano, che forse meritava di più, se non altro per aver infranto una buona quantità di diritti individuali in un colpo solo, arrestando un blogger per aver diffuso informazioni e suggerimenti economici – corretti! – via internet. Non sono stati pochi i voti ricevuti, ma sono altresì convinto che, con simili credenziali, i nostri amici orientali avranno occasioni di ottenere ancora di più nel prossimo futuro.

Bene, per il momento è tutto, la targa ricordo e il kit
Do it yourself: Suicide! verranno consegnate a Calderoli, con il consiglio di utilizzare, possibilmente, la tecnica più semplice e veloce.

Saturday, January 24, 2009

Premio Caligola - Gennaio '09

Ancora un'appassionante sfida per il Premio Caligola - Il potere gli ha dato alla testa di gennaio, il primo del 2009. Chi ben comincia è già a metà dell'opera, si usa dire, e invero quegli esseri così simili a noi, comuni mortali, ma ormai irrimediabilmente trasfigurati dal terrificante virus del potere, han cominciato a darsi un gran daffare fin dai primi giorni dell'anno, rendendo improbo il lavoro di preselezione della giuria. Ma, alla fine, i tre candidati prescelti per contendersi il prestigioso trofeo sono più che degni della sua augusta tradizione, combinando la tendenza aggressiva e sprezzante di ogni buon detentore di autorità con una demenzialità che non si può non definire artistica.

Come per esempio nel caso del primo concorrente, rappresentante dell'Italia – anzi, no: della Padania – il rubicondo Roberto Calderoli. Il ministro della semplificazione (pensate a che livello siamo!), a furia di semplificare, è riuscito nell'intento di dividere i cittadini in due classi: i pubblici ufficiali, e le bestie. Tale infatti la giusta definizione del semplice cittadino una volta eliminato l'articolo 4 del decreto legislativo luogotenenziale n. 288 (d'oh!), sconosciuto ai più, ma che consentiva alle vittime di abusi polizieschi di difendersi senza essere accusati di oltraggio a pubblico ufficiale. Un piccolo ma decisivo passo verso lo stato di polizia, eseguito quasi senza parere.

Non da meno, comunque, il secondo concorrente, il governo di Seul, che non ha trovato di meglio da fare che accusare della crisi economica un blogger, Park Dae-sung detto Minerva, che è stato arrestato per aver predetto, semplicemente informandosi sulla rete, le sorti della Lehman Brothers e altre cosette, per la serie “non potevamo sapere, non potevamo prevedere.” Da quel che ci risulta, gli analisti economici delle maggiori testate sudcoreane sono invece ancora a piede libero: non avevano previsto nulla di tutto ciò, sono quindi innocenti.

Per chiudere, una piccola chicca arrivata da Israele, mentre la battaglia infuriava sulla Striscia, il capo del partito di estrema destra israeliana Yisrael Beitenu, il parlamentare Avigdor Lieberman, ha proposto una brillante soluzione al problema di Gaza, anzi, la soluzione: una bella atomica come quella di Hiroshima. E qui davvero la demenzialità tracima nel genio, perché in tal modo ci si sbarazzerebbe dei palestinesi subito, e degli israeliani – Lieberman compreso – un po' più lentamente, seguendo il ritmo del fall-out. Chissà, forse ci si dovrebbe fare un pensierino...

Ma a questo punto la parola spetta a voi, a voi il privilegio di scegliere quale tra questi campioni della politica merita il nostro riconoscimento. Un diritto-dovere... fatica-riposo... lavoro-svago... ehm, insomma, ci siamo capiti. Votate!
___________________________

Errore nei tagli, diventa reato difendersi dagli abusi degli agenti


MILANO — Lavorare di lima, suggerirebbe il buon senso quando si interviene sul cristallo degli assetti normativo. E invece, a forza di mulinare allegramente l'accetta per disboscare la giungla di leggi stratificatesi nei decenni, e nella foga di troppo vantare la semplificazione normativa, il governo del ministro «semplificatore» Roberto Calderoli ha semplificato troppo. Così tanto da calare per sbaglio la mannaia, con il decreto legge che ha appena «tagliato» 29mila leggi del 1861-1947, anche su un testo del 1944 senza accorgersi che così priva il cittadino di una garanzia di sistema nell'ordinamento democratico contro gli eccessi arbitrari dei funzionari pubblici: e cioè la norma che esime il cittadino dalle ricadute penali di talune sue reazioni ad atti arbitrari o illegali dell'Autorità pubblica, insomma all'uso scorretto del potere discrezionale dei rappresentanti lo Stato.

Senza più questa manciata di righe, e salvo modifiche entro il 20 febbraio nella conversione del decreto legge n. 200 approvato il 22 dicembre scorso, ciascun cittadino — quello che subisca un fermo per motivi infondati, quello che allo stadio si ritrovi vittima di azioni immotivate delle forze dell'ordine, quello che in piazza veda equivocato il proprio ruolo nel parapiglia di una manifestazione politica, quello che in udienza abbia un acceso confronto con un giudice prepotente — si ritrova più indifeso rispetto a potenziali soprusi di Stato. Nel codice penale, infatti, alcuni articoli puniscono la resistenza o minaccia a pubblico ufficiale (fino a 5 anni); la violenza o minaccia ad un Corpo politico, amministrativo o giudiziario (fino a 7 anni); l'oltraggio a pubblico ufficiale (fino a 2 anni), a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario (fino a 3 anni), a un magistrato in udienza (fino a 4 anni). Però, grazie all'articolo 4 del decreto legislativo luogotenenziale n. 288 del 14 settembre 1944, i cittadini sono esenti da sanzioni «quando il pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio o pubblico impiegato» abbia causato la reazione dei cittadini «eccedendo con atti arbitrari i limiti delle sue attribuzioni».

Norma tutt'altro che desueta, né considerabile (condizione per finire nel trita-leggi varato il 22 dicembre) «estranea ai principi dell'ordinamento giuridico attuale»: non solo è spesso applicata, ma ad esempio la Cassazione l'ha utilizzata nel 2005 per ritenere arbitrario il fermo per accertamenti e l'ammanettamento di una persona infondatamente sospettata d'essersi sottratta alla sorveglianza speciale, poi l'ha di nuovo applicata nel 2006, quindi l'ha trattata nel 2008, senza contare che anche la Consulta l'ha esaminata ancora nel 2007 nell'ordinanza numero 36. Il problema è che il decreto del 22 dicembre, salutato dal ministro Calderoli come una «pulizia legislativa di leggi superate o svuotate di significato dalla legislazione sopravvenuta», ha «ripulito» sbrigativamente anche il testo del 1944, e aperto quindi per sbaglio una falla che nell'ordinamento non trova copertura in qualche altro testo, come invece per fortuna può accadere per l'abrogazione del decreto luogotenenziale n.288 del 1944, che nel codice sostituiva la pena di morte con l'ergastolo, e introduceva le attenuanti generiche. Qui non c'è pericolo, neanche per esercizio di sfizio dialettico, che si considerino la pena di morte ripristinata o le attenuanti scomparse: in un caso la salvezza viene, oltre che dalla Costituzione, dall'abolizione della pena di morte all'art.1 del protocollo addizionale n.6 alla «Convenzione europea dei diritti dell'uomo» (Cedu) ratificato dalla legge n.8 del 2 gennaio 1989; nell'altro caso, soccorrono una legge del 1975 e l'ex Cirielli del 2005.

___________________________

Seul, in carcere l'aruspice della finanza


Quando le forze dell'ordine hanno fatto irruzione nel suo appartamento lo hanno sorpreso mentre ordinava online un saggio in materia di finanza. Aveva creato intorno a sé un alone di autorevolezza dispensando vaticini riguardo alle sorti dell'economia sudcoreana, si era nascosto per mesi dietro allo pseudonimo di Minerva. La polizia lo ha arrestato, accusandolo di aver diffuso online informazioni false che hanno agito sul quadro economico del paese.

Minerva si era espresso centinaia di volte sulle pagine dedicate ai dibattiti del popolare portale Daum, i suoi post raccoglievano centinaia di migliaia di visite: aveva previsto le sorti di Lehman Brothers, aveva anticipato il crollo del valore della valuta sudcoreana, aveva tracciato con sufficiente precisione lo scenario che si sarebbe configurato per il suo paese nel momento in cui fosse stato investito dall'impatto della recessione. Non tutti i vaticini di Minerva si sono trasformati in realtà, non tutte le qualifiche che vantava erano realmente in suo possesso. La stampa locale riprendeva pedissequamente le sue predizioni, assecondava timori e alimentava paure. Il mondo della finanza incassava e prestava ascolto all'oracolo. Ed è scivolato in una spirale creata ad arte da un cittadino della rete che non esitava a diffondere notizie che le autorità hanno definito infondate.

Il governo di Seul ha reagito alla congiuntura economica e ha previsto un piano per rialzarsi. Ha inoltre ordinato l'arresto di Minerva, responsabile, a parere del giudice che ha disposto il provvedimento, di “aver influito sul mercato monetario globale e sulla credibilità nazionale” con due post. Avrebbe distorto la realtà e turbato l'andamento dell'economia, avrebbe deliberatamente seminato il panico diffondendo informazioni false, fra cui la notizia di una raccomandazione che il governo avrebbe inviato alle banche per ammonirle a non comprare dollari per consolidare la valuta locale.

Le forze dell'ordine hanno identificato Minerva in Park Dae-sung, 31enne che non ha conseguito alcun titolo di studio negli Stati Uniti né ha mai lavorato per Wall Street. Hanno fatto irruzione nel suo appartamento, lo hanno tratto in arresto. Minerva non si è dichiarato colpevole, né si dimostra disposto a patteggiare: nella maggior parte dei casi si limitava a racimolare informazioni online e ad analizzare la situazione in articoli aggressivi. "Scrivevo articoli per aiutare le persone esasperate dal governo - si è spiegato Park - piccoli commercianti, persone ordinarie su cui si è abbattuta la crisi economica". Qualora venga giudicato colpevole rischia di scontare 5 anni di carcere e una multa che può raggiungere i 50 milioni di won, poco meno di 30mila euro.

Se ci sono membri del governo pronti a giurare che Park non abbia mai mentito, non mancano coloro che si schierano a favore dell'arresto di Park, mentre i dibattiti riguardo all'anonimato online affollano la rete coreana. Sono numerosi i netizen, coreani e non, che denunciano come la Corea del Sud, uno dei paesi più connessi del mondo, abbia iniziato a disporre sequestri e a condannare netizen. Una regolamentazione della rete che ingabbia il diritto ad esprimersi e che riduce al silenzio il dissenso.
___________________________

Avigdor Lieberman: 'Hamas va annichilita come gli Usa fecero con i giapponesi'


“Dovremmo comportarci con Hamas così come gli Usa fecero con giapponesi, dovremmo svilire la loro volontà di combattere.” A pronunciare queste parole è Avigdor Lieberman, presidente del partito politico Yisrael Beiteinu, che segue la linea più dura e intransigente nelle questione palestinese. Durante il suo discorso tenuto all'Università di Bar-Illan, Lieberman ha detto che Hamas merita lo stesso trattamento ricevuto dai giapponesi durante la Seconda Guerra Mondiale, “a quel punto - sostiene - non sarebbe più necessaria neanche l'occupazione militare.” Nel 1945 il Giappone si arrese incondizionatamente agli Stati Uniti in seguito al lancio delle due bombe atomiche si Hiroshima e Nagasaki. Sebbene gli statunitensi avessero programmato ancheun'invasione di terra, questa non sirese necessaria a seguito della capitolazione nipponica. Yisrael Beitenu è al momento la quinta forza politica del paese, ma i sondaggi lo danno in crescita per le prossime elezioni di febbraio.

Saturday, December 27, 2008

Branobel & Koba at Baku

Dopo una breve periodo di malfunzionamento, dovuto probabilmente al grosso buco nel campo magnetico terrestre scoperto di recente, il trasmettitore che ci mantiene in contatto con il nostro inviato a Laputa ha ricominciato a funzionare, e ci ha consegnato un nuovo dispaccio telepatico del Pesce Volante.

L'argomento della settimana tratta di una ben nota famiglia europea e di una malsana località sul Mar Caspio, famosa oggi per la sua produzione di una preziosa materia prima: il petrolio. Ed è proprio attorno ai pozzi dell'oro nero che si incrociano le vite di alcune delle personalità più notevoli del secolo scorso, responsabili direttamente e indirettamente di grani quantità di sangue versato, spesso in nome della pace e della libertà.

Vi lascio allora alla lettura – da coaudiuvare senz'altro con un bicchierino di vodka – con i consueti auguri di buon fine settimana.

___________________________

Di Giovanni Pesce


L’argomento che a prima vista potrebbe sembrare uno scioglilingua, è, questa settimana, relativo alle storie intrecciate di avventurieri nelle regioni del Caspio.

I Fratelli Ludwig, Robert e Alfred Nobel, chimici provenienti dalla Svezia, dopo aver iniziato la loro attività, commercializzando petroli americani nel Nord Europa, ed in un secondo momento aver costruito laboratori di produzione armamenti militari, per allargare la propria produzione di forniture militari, si spinsero infine a Baku nella regione del Caspio con la motivazione ufficiale di cercare dei buoni legnami per i calci dei loro fucili. In quel luogo poco adatto all’insediamento umano, costruirono una loro residenza, Villa Petrolea.

Il luogo era infernale: un lago di bitume, con forti odori e nessuna vita animale o vegetale degna di questo nome; però i Nobel con grande intraprendenza organizzarono un commercio di petroli russi e bitumi, costruirono abitazioni anche per il personale della loro impresa e cercarono di migliorare l’ambiente cittadino. Dall’altra parte del Caspio a Tsaritsyn, costruirono delle raffinerie.

Anche un'altra famiglia famosa si stabilì a Baku con l’intenzione di commercializzare i prodotti petroliferi: Alfonse Rothschild, francese, partecipò alla costruzione (1897-1907) dell’oleodotto Baku-Batum sul Mar nero per trasportare il petrolio verso il Mediterraneo.

I Nobel, da veri imprenditori, con la diversificazione della loro produzione divennero celebri per la invenzione della dinamite, un composto esplosivo derivato dal fulmicotone e dalle nitroglicerine ma di più facile uso e trasporto tanto da permettere delle guerre con un miglior numero di morti e distruzioni.

Per sdebitarsi nei confronti della storia, sentendosi un po’ colpevole, Alfred Nobel finanziò nel suo testamento (1895) un’organizzazione che scegliesse un personaggio importante a cui assegnare un premio (Nobel) per alcune particolari attività, tra le quali spiccava la Pace.

Ma l’idea che i Nobel avevano rispetto all’argomento era quella particolare detta “La Pace Armata,” ovvero: se due eserciti in contrapposizione tra di loro dovessero capire che uno scontro porterebbe alla totale distruzione di entrambi, allora un regime di pace sarebbe il risultato contingente più vantaggioso. La certezza della mutua distruzione garantirebbe la pace.

Nulla di nuovo rispetto allo scenario MAD (Mutual Assured Destruction) reso celebre dal Dr. Stranamore (peace is our profession) o alla favola dei due scorpioni.

Torniamo a Baku dove nei primissimi anni del 1900, le tensioni economiche e sociali erano fortissime ed erano alimentate anche dal desiderio di oligarchi USA bramosi di entrare in quel mercato.

Nel 1912 i Rothschild passarono le proprietà a Samuel della Royal Dutch, e contemporaneamente Rocky fece dumping di prodotti petroliferi USA sul mercato russo nel 1916.

Si sussurra che Koba (l’indomabile) fosse un ragazzotto che, in quel periodo, fomentava disordini tra i lavoratori del petrolio per boicottare la produzione ed indebolire gli oligarchi di Baku. a favore di terzi.

Nell’Ottobre 1917 il compagno Lenin prese il potere e Koba cambiò il suo soprannome in Stalin, nick dal suono più vicino a quello di Lenin.

Koba aveva nel corso di quei primi anni di rivoluzione, fatto carriera procurando finanziamenti al partito bolscevico, e non si era mai fatto scrupolo che le sue fonti di denaro fossero “pulite,” infatti la gran parte dei proventi derivava ad rapine e da sfruttamento della prostituzione femminile.

Nel 1920 il Governo Bolscevico nazionalizzò tutte le imprese petrolifere e nel 1926 fu concesso alla sola Standard Oil di Walter Teagle un diritto di estrazione di petrolio a Baku, coronando un sogno trentennale di John D. Rockefeller di entrare nel mercato russo.

Nel 1927 Stalin superò ogni ostacolo per la conquista del Kremlino.

Anche la città di Tsaritsyn, alla foce del Volga, precedentemente conosciuta con il nome di “Nobel Town” per via delle installazioni dell’industria petrolifera dei fratelli Nobel, cambiò graziosamente nome e per un certo periodo fu chiamata Stalingrado.

Cosa sia realmente avvenuto da quelle parti è ancora misterioso.

Wednesday, December 3, 2008

Questione di fede

Con il passare dei giorni, e l'emergere di molti dettagli riguardo agli attacchi terroristici di Mumbai, la narrativa ufficiale appare sempre meno credibile, mentre allo stesso tempo diventa più facile capire chi otterrà un guadagno da questo evento, indicando quindi una pista più coerente con i fatti conosciuti.

Ma i media principali, come al solito, non danno peso alle incongruenze di ciò che riportano. Non si soffermano ad analizzare l'assoluta e incredibile incompetenza che avrebbero dimostrato i servizi di sicurezza indiani, apparentemente incapaci di impedire il massacro e di eliminare o bloccare una decina di terroristi per tre giorni. Pare a loro una cosa perfettamente normale, così come i resoconti che raccontano di poliziotti che non usano le loro armi, lasciando che gli assassini facessero il loro lavoro.

Non trovano niente di strano nel fatto che la guardia costiera indiana non sia stata in grado di notare gli spostamenti della nave proveniente da Karachi, né l'approccio su gommoni del commando fuoriuscito da essa in alto mare, e nemmeno tutti gli spostamenti del gruppo una volta giunto a terra. Ovviamente i terroristi hanno lasciato sulla nave un telefono satellitare, le cui chiamate registrate hanno consentito di risalire al gruppo fondamentalista Lashkar-e-Taiba, il cui presunto leader Hafiz Mohammed Saeed è stato prontamente indicato dalle autorità indiane come responsabile degli attacchi.

Tuttavia, Saeed ha negato il suo coinvolgimento, e già questo dovrebbe suscitare qualche interrogativo, dal momento che i terroristi, in genere, usano rivendicare le loro imprese. Ma porsi delle domande non rientra più tra i compiti del giornalista mainstream, che le domande si limita a farle alle autorità costituite per riportarne le risposte. Ma la cosa ancor più sorprendente è che il prof. Saeed guida l'associazione umanitaria Jama’t-ud-Da’wah, il cui portavoce ha smentito qualsiasi collegamento con il Lashkar-e-Taiba.

C'è anche un risvolto particolarmente comico della vicenda: l'unico superstite del commando, Ajmal Amir Kamal (o Azam Amir Kasav, o Azam Ameer Qasab), sulla cui “confessione” si basa l'intera ricostruzione ufficiale, sarebbe originario di Faridkot, un villaggio di 3000 anime nel Punjab, in Pakistan, subito “invaso” da uomini di ogni agenzia di sicurezza alla ricerca di indizi. Gli abitanti del villaggio di capanne di fango, sorpresi in massimo grado, affermano di non sapere nulla dell'intera faccenda. “Non ci sono jihadisti qui,” dice uno degli abitanti, “posso pensare a 10 o forse 20 persone qui che sono andate al massimo fino a Multan.” Di Ajmal Amir Kamal si dice che parli correntemente l'inglese, lingua praticamente sconosciuta a Faridkot, e nessuno lo ha riconosciuto nelle foto che gli agenti hanno mostrato. Un altro locale ha detto: “sembra un ragazzo sveglio. Non abbiamo niente del genere qui.”

Abbiamo quindi, come sempre è accaduto in ciascuno degli eventi terroristici che hanno insanguinato questo decennio e non solo, una narrativa ufficiale traballante costellata da incongruenze che ciononostante pretende di indicare accuratamente i responsabili. Ma abbiamo anche qualcuno che con ogni probabilità beneficerà del sangue versato, che Justin Raimondo descrive con la consueta lucidità:
L'effetto del massacro di Mumbai sulla politica indiana è un'altra possibile analogia con l'11 settembre, che diede potere ai neocons e catapultò i peggiori guerrafondai al livello più alto della burocrazia della sicurezza nazionale. Nel caso dell'India, dove gli elettori andranno presto alle urne, siamo pronti ad assistere ad una vittoria elettorale per il movimento politico militante più nazionalista e sciovinista nel paese, il partito Bharatiya Janata (BJP).

Il BJP è l'espressione politica del movimento Hindutva, una versione fondamentalista dell'induismo tradizionale che fa risalire la genealogia della “razza indiana” fino all'antica invasione ariana dal nord. Secondo gli ideologi di Hindutva, la loro razza è nata al Polo Nord ed era originariamente – nella sua forma “pura” – una tribù di ariani biondi e dagli occhi azzurri. Di conseguenza, il capo della loro organizzazione centrale, il Rashtriya Swayamsevak Sangh (RSS), deve essere un bramino Saraswat dai capelli biondi e dagli occhi azzurri. L'obiettivo del movimento, come gli obiettivi di tutti i movimenti fascisti di ogni luogo, è di riprendere la gloria perduta di un passato semi-leggendario, in questo caso il ripristino dell'antico impero indù.

Il grande problema del governo indiano è stata la mancanza di coesione del paese. Il fallimento del Partito del Congresso nell'unire la nazione intorno ad un modello laicista-federalista e la persistenza del separatismo localista ha aperto la strada al BJP per unificare il paese su una base differente: il nazionalismo estremo alimentato dal fanatismo religioso, ovvero, il fondamentalismo indù.

Il BJP ha conquistato importanza aumentato grazie ai tumulti di piazza iniziati da gruppi guidati dal partito, che hanno condotto alla distruzione di una moschea locale. Il governo municipale del BJP ha abbattuto la costruzione rovinata ed ha costruito un tempio indù sul sito, considerato il luogo di nascita del dio indù Ram. Quei disordini civili hanno causato 1.200 morti, principalmente musulmani, un modello di violenza che sicuramente si riaffermerà dopo i fatti di Mumbai.
Se inquadriamo allora in questo scenario l'assassinio del capo dell'antiterrorismo indiano Hemant Karkare – tra i primi a cadere negli attacchi – che aveva scoperto la responsabilità dei fondamentalisti indù in una serie di attentati inizialmente attribuiti ai musulmani, il tutto comincia ad avere una certa logica. Una logica di cui purtroppo non c'è traccia nei media ufficiali, troppo impegnati nella loro attività di servili veline del potere.

Sunday, November 30, 2008

Terrore a cinque stelle

È al momento ancora molto difficile mettere insieme i pezzi della carneficina di Mumbai, eppure, anche se la “pista Al-Qaeda,” evocata immediatamente da tutti i media mainstream, pare in realtà non convincere tutti gli “esperti,” gli occhi di tutti si sono puntati sul Pakistan.

Certo, i rapporti tra i due vicini non sono dei più amichevoli, ma ci si potrebbe anche chiedere cosa avrebbe potuto mai pensare di ottenere il Pakistan organizzando questi attacchi: un risultato sempre più probabile, ad esempio, sembra essere un possibile intervento americano, che il neo presidente Obama aveva abbastanza esplicitamente già promesso in campagna elettorale.

In effetti, al momento chi sembra ottenere qualcosa dal massacro, almeno politicamente, è proprio il presidente nero: aveva localizzato nel Pakistan – oltre che nell'Afghanistan – il vero nemico, ed ecco che a stretto giro di posta arriva una sanguinosa conferma.

Al di là di questo, mi preme però sottolineare alcuni fatti, che in questi giorni non hanno ricevuto la dovuta attenzione. Una delle prime vittime delle stragi, uccisa in un vero e proprio agguato, è stato il capo dell'antiterrorismo indiano Hemant Karkare, come leggiamo sull'Indian Express:
Karkare, lo specialista Vijay Salaskar ed il commissario supplementare di polizia Ashok Kamte, che viaggiavano tutti nello stesso veicolo, sono stati uccisi insieme a tre agenti dai terroristi.

Gli alti ufficiali erano sulla strada per l'ospedale Cama, a soli 10 minuti dalla stazione del CST, per visitare un altro agente ferito, Sadanand Date.

“Quando siano stati informati che Sadanand Date era stato ferito nella sparatoria all'ospedale Cama, Karkare, Kamte, Salaskar e quattro agenti hanno lasciato il CST per recarsi lì.

“Cinque minuti più tardi, due persone che portavano fucili AK-47 sono emerse da dietro un albero ed hanno iniziato a sparare sul veicolo,” ha detto Jadhav, che è stato colpito da due pallottole al braccio destro e sta ricuperando nell'ospedale Bombay.
Karkare, considerato un eroe nazionale, aveva di recente guidato l'antiterrorismo alla scoperta di una cellula terrorista di matrice indù, che sarebbe stata responsabile di diversi attentati in origine attribuiti ad estremisti musulmani. Leggiamo:
Almeno 10 persone sono state arrestate in relazione a diversi attentati esplosivi avvenuti in settembre nella città a maggioranza musulmana di Malegaon, nello stato occidentale di Maharashtra, che hanno provocato sei morti. Ma i rapporti suggeriscono che la polizia sia convinta che la cellula possa anche aver effettuato un certo numero di attacchi precedenti, compreso il noto attentato dell'anno scorso ad un treno di frontiera in viaggio verso il Pakistan, che ha ucciso 68 persone. Fra i presunti membri della cellula vi sono un ufficiale dell'esercito in servizio e un monaco indù.

Gli attacchi con bombe non sono rari in India – ce ne sono stati una quantità negli ultimi mesi – ma la polizia li attribuisce solitamente sugli estremisti musulmani, spesso considerati in collegamento con i gruppi militanti basati in Pakistan o in Bangladesh. Di conseguenza, la recente scoperta della presunta cellula indù ha obbligato l'India ad affrontare alcune difficili questioni. Un paese che si vanta di una pretesa tolleranza religiosa e culturale – un'ambizione che in realtà è spesso tradita – è stato portato a chiedersi come questa cellula possa aver operato per tanto tempo. I militari indiani, che si vantano della propria professionalità, sono stati costretti ad ordinare un'inchiesta imbarazzante.

Lo stillicidio quasi quotidiano delle rivelazioni della polizia ha inoltre fatto arrossire la principale opposizione politica dell'India, il partito nazionalista indù Bharatiya Janata (BJP), in vista del voto nazionale e delle elezioni generali previste per l'inizio dell'anno prossimo. Il BJP ed il suo candidato a primo ministro, Lal Krishna Advani, hanno a lungo accusato il governo guidato dal Partito del Congresso di essere morbido sul terrorismo di matrice musulmana. Tuttavia, il BJP ha rifiutato di richiedere una misura repressiva per i gruppi indù e la settimana scorsa il sig. Advani ha persino criticato la polizia per il modo con cui ha interrogato uno dei presunti membri della cellula, una donna chiamata Sadhvi Pragya Singh Thakur.
A questo punto, proprio questa storia dovrebbe ispirare qualche riflessione. In primo luogo, dovrebbe suggerire una certa prudenza prima di puntare il dito sul presunto mandante, perché nella iungla dei depistaggi la fretta è una cattiva consigliera.

Secondo, bisognerebbe chiedersi se questa non sia in realtà una questione interna all'India, e non un “problema globale” come tutti i governi si sono già affrettati (appunto...) ad affermare, per la gioia di “Barrack” Obama che sembra molto ansioso di dimostrare la sua statura di statista. Del resto, della presunta “caccia all'occidentale” di cui s'è fatto un gran parlare, alla resa dei conti non pare esserci traccia: la maggior parte delle vittime sono indiane, e i resoconti dei sopravvissuti parlano di killer che sparavano nel mucchio (e in alcuni casi anche di terroristi “biondi”).

Infine, una considerazione: la strategia globale chiamata “guerra al terrore,” messa in atto dall'amministrazione Bush, abbracciata entusiasticamente da quasi tutti i governi del mondo, e confermata dal neo eletto Obama, si è dimostrata una volta di più assolutamente inutile, quando non dannosa, se lo scopo era di evitare al terrore di irrompere periodicamente nelle nostre vite. Guerre e bombardamenti non hanno reso il mondo più sicuro.

Thursday, October 9, 2008

Tra gli alti papaveri afgani...

È di questi giorni la notizia del sospetto coinvolgimento di Ahmed Wali Karzai, fratello del presidente afgano, Hamid Karzai, nel traffico di eroina che è tornato ad essere il commercio più importante dell'Afghanistan. Scrive il New York Times:
Quando nel 2004 le forze di sicurezza afgane trovarono una quantità enorme di eroina nascosta sotto blocchi di calcestruzzo in un rimorchio fuori Kandahar, il locale comandante afgano confiscò il camion ed informò rapidamente il suo capo.

Non molto tempo dopo, il comandante, Habibullah Jan, ricevette une telefonata dal fratello del presidente Hamid Karzai, che gli chiedeva di rilasciare il veicolo e la droga ... Jan disse di aver obbedito dopo aver ricevuto una telefonata da un aiutante del presidente Karzai che gli ordinava di rilasciare il camion.

Due anni dopo, le forze dell'antidroga americana ed afgana bloccarono un altro camion, questa volta vicino a Kabul, trovando più di 110 libbre di eroina. Poco dopo il sequestro, gli investigatori degli Stati Uniti comunicarono ad altri funzionari americani di aver scoperto dei collegamenti fra la spedizione di droga e una guardia del corpo che credevano essere un mediatore per Ahmed Wali Karzai, secondo quanto rivelato da un partecipante al briefing.
L'accusato nega qualsiasi coinvolgimento, anche se le voci su un suo coinvolgimento nel traffico di droga circolano da tempo in Afghanistan. Per il fratello del presidente, che è ora tra l'altro capo del Consiglio provinciale di Kandahar, seconda città per estensione dell'Afghanistan, si tratta solo di attacchi politicamente motivati di vecchi nemici.
“Non sono un trafficante di droga, non lo sono mai stato e non lo sarò mai,” ha detto il fratello del presidente in una recente intervista telefonica. “Sono vittima di una politica viziosa.”
Ma persino alti funzionari dell'ambasciata americana e della Casa Bianca, pur mantenendo l'anonimato, si dicono convinti che i collegamenti tra Karzai e il traffico di droga ci siano, e siano anche un serio problema politico per il governo fantoccio guidato dal fratello e sostenuto dagli USA.

È bene ricordare a questo punto che la produzione di eroina in Afghanistan al tempo dei taliban, grazie al programma di eradicazione da loro messo in atto nel 2000, era crollata, in un risultato senza precedenti riconosciuto anche dall'Assemblea Generale dell'ONU:
Guardando in primo luogo verso il controllo di droga, ho pensato di concentrare le mie osservazioni sulle implicazioni del divieto di coltivazione del papavero dei taliban nelle zone sotto il loro controllo… Ora abbiamo i risultati della nostra indagine annuale al suolo sulla coltivazione del papavero in Afghanistan. Quest'anno la produzione [2001] è di circa 185 tonnellate. Questa è scesa dalle 3300 tonnellate dell'anno scorso [2000], una diminuzione di oltre il 94 % In confronto alla raccolta record di 4700 tonnellate due anni fa, la diminuzione è ben oltre il 97 %.

Ogni diminuzione nelle coltivazioni illecite è accolta favorevolmente, particolarmente nei casi come questo dove non c'è stato alcun spostamento, localmente o in altri paesi, ad indebolire il successo.”
La produzione riprese a tutto vapore subito dopo l'invasione delle forze alleate guidate dagli USA, e l'instaurazione del governo fantoccio proprio di Hamid Karzai. Se con i taliban la produzione annua era scesa a 185 tonnellate nel 2001, un anno dopo era schizzata al livello record di 3400 tonnellate. Considerato che
Karzai è stato un agente coperto della CIA fin dagli anni 80. Collaborò con la CIA per indirizzare aiuti USA ai taliban come nel 1994 quando gli americani, segretamente e per mezzo dei pakistani [specificamente l'ISI] supportarono la presa del potere da parte dei taliban (citato in “U.S. Energy Giant Unocal Appoints Interim Government in Kabul,” Karen Talbot, Global Outlook, No. 1, primavera 2002. p. 70. Vedi anche BBC Monitoring Service, 15 dicembre 2001)
questo affiorare da parte americana delle accuse per il fratello di Karzai sembrano essere un sistema per ripulirsi delle responsabilità proprie, scaricando tutta la colpa sul capro espiatorio più facile da sacrificare. Ma è un sacrificio che, al fine di salvare il fragile potere di Karzai, potrebbe rivelarsi persino inutile, se è vero che, come ha dichiarato il generale Mark Carleton-Smith, comandante della 16 Air Assault Brigade britannica, “la guerra in Afghanistan non si può vincere.” Nel frattempo, quella contro la droga è già una disfatta.

Wednesday, October 1, 2008

Premio Caligola - Settembre '08: Ex-aequo!

L'appassionante tenzone settembrina del Premio Caligola - Il potere gli ha dato alla testa, che ha tenuto col fiato sospeso i lettori/elettori del Gongoro si conclude con un risultato sorprendente: un ex-aequo tra il concorrente favorito alla vigilia – l'amministrazione Bush e i suoi superpoteri per il ministro del Tessssoro – e l'outsider di turno, anzi, No Outsiders, il costoso progetto inglese per iniziare i bambini delle elementari ai piaceri del sesso omosessuale.

Tuttavia, se i due vincitori, a detta di tutti, erano dei veri fuoriclasse, rimane il rammarico per quell'unico voto conquistato dallo scanning cerebrale utilizzato in India per condannare gli imputati di crimini: a mio avviso, si tratta di un primo ma decisivo passo in un campo che in futuro ci darà grosse soddisfazioni. Per esempio, pensate, potremmo evitare la scomodità del recarci alle urne e compiere il nostro dovere di buoni democratici facendoci leggere il cervello direttamente da casa o, perché no, dalla spiaggia! Non è meraviglioso?

Ma che dire, gli anglosassoni sembrano difficili da battere in questa specie di ricerca del Graal del potere fuori controllo, sono effettivamente più avanti, almeno per il momento, infatti le loro gesta incidono severamente sul nostro presente. Gloria quindi al progetto No Outsiders, la nuova frontiera dell'istruzione, e ai piani salvabanche dell'amministrazione Bush, vero Armageddon economico, due ribellioni alle leggi immutabili della natura e dell'economia destinate a lasciare un segno profondo nella storia dell'umanità.


A entrambi, come sempre, la targa ricordo e il kit
Do it yourself: Suicide!, perché sappiano quanto e quale spazio occupino sempre nei nostri cuori.

Wednesday, September 24, 2008

Premio Caligola - Settembre '08

Interessante novità per il Premio Caligola - Il potere gli ha dato alla testa di settembre: per la prima volta, un concorrente proveniente dal paese delle caste – no, non l'Italia – l'India. L'esotica candidatura è per la giustizia indiana, che veniamo a sapere da Punto Informatico, ha deciso di usare uno scanner cerebrale per determinare la colpevolezza degli imputati, un sistema che ricorda il film Minority Report, ma la vita, bisognerebbe spiegare ai giudici indiani, non è un film.

Già, la vita non è un film, ma quando arrivano notizie dalle isole britanniche vien da pensare che si tratti di un libro, uno a scelta tra 1984 di Orwell e Il Mondo Nuovo di Huxley. La notizia di questa volta, che ci consegna il secondo concorrente, appartiene al secondo: si tratta infatti di un progetto da 600.000 sterline per scoprire la sessualità gay nelle scuole pubbliche elementari. Qualsiasi cosa pur di non insegnare a leggere e a scrivere, ma ancora meglio se si riesce nel frattempo a riempire la testa dei bambini di desideri (omo)sessuali che la stessa immaturità dei loro corpi vorrebbe negare. In altre parole, come creare l'Omo Nuovo, rigorosamente a spese del contribuente.

L'ultimo posto nel nostro terzetto è occupato dal concorrente che parte con i favori del pronostico: la mitica amministrazione Bush, che con la sua proposta di legge scaccia-crisi economica vuole consegnare nelle mani del ministro del tesoro Paulson, uomo Goldman-Sachs, poteri che persino il vero Caligola non si sarebbe neanche mai sognato. Se la legge passerà potrà comprare e vendere titoli immondizia a suo esclusivo giudizio, a botte di 700 miliardi per volta, al prezzo che ritiene giusto. Un perfetto esempio di come lo stato affronta il disastro economico che ha provocato, se mai ce ne fosse stato bisogno.

Ma ora a voi, la vostra opinione è quello che conta, fate sentire la vostra voce, partecipate al meccanismo democratico, non rinunciate al vostro diritto, non scaricate la vostra responsabilità, insomma votate: è gratis!
___________________________

India, in galera dopo uno scanning cerebrale


Di brain scanning si è parlato in diverse occasioni, ma in India qualcuno pare convinto che una particolare versione dello scanner cerebrale funzioni, anche in assenza di prove scientifiche attendibili: lo scorso giugno, servendosi di un BEOS test, un magistrato ha ritenuto una donna effettivamente colpevole dell'uccisione dell'ex fidanzato e l'ha condannata al carcere a vita.

Il BEOS (Brain Electrical Oscillations Signature) test è un sistema sviluppato dal neurologo indiano Champadi Raman Mukundan: impiega un elettroencefalogramma per determinare se un dato soggetto ricorda specifici dettagli di un crimine, nel momento in cui questo viene letto ad alta voce, spiega Engadget.

Molte le perplessità sulla vicenda: la memoria episodica di un evento è notoriamente ritenuta fallace e, nella circostanza, i risultati del test non sono neppure stati vagliati attraverso il processo della revisione paritaria. Dunque, gli esperti affermano che già queste semplici considerazioni rendono l'esito della vicenda a dir poco risibile.

Tuttavia la condanna è stata formalizzata e la donna è ufficialmente un'assassina. A nulla è servito insistere nelle dichiarazioni di innocenza, che non hanno lambito l'attenzione degli inquirenti, convinti dell'assoluta affidabilità della macchina.

La notizia della singolare condanna ha ora varcato i confini indiani: "Tutto ciò contemporaneamente mi interessa e mi infastidisce", racconta all'International Herald Tribune Henry Greely, bioetico della Stanford Law School a proposito del verdetto indiano. “Insistiamo a cercare soluzioni tecnologiche magiche, per le macchine della verità. Può darsi un giorno le avremo, ma è necessario pretendere i più alti standard per provare l'assoluta veridicità delle affermazioni, prima di rovinare la vita delle persone basandoci su di esse.”
___________________________

Ricercatori dicono: insegnate il piacere del sesso gay ai bambini di cinque anni


Ai bambini fin dai cinque anni dovrebbe venir insegnato a a capire i piaceri del sesso gay, secondo i capi di un progetto di formazione finanziato dal contribuente.

I responsabili del progetto si sono date l'obiettivo di “creare delle classi elementari in cui la sessualità omosessuale sia affermata e celebrata.”

L'ambizione è stata rivelata dai documenti preparati per il progetto No Outsiders condotto da ricercatori universitari e finanziato con 600.000 sterline di soldi pubblici forniti dal Consiglio di Ricerca Economico e Sociale.

Lo scopo dichiarato del progetto – operativo in 14 scuole primarie – è di bloccare il bullismo e il pregiudizio verso gli omosessuali.

Tuttavia, ad un seminario all'università di Exeter, i sostenitori del gruppo andranno oltre l'ordine del giorno anti-bullismo e discuteranno il “piacere e il desiderio in contesti educativi.”

Un documento preparato per il seminario e redatto in complicato gergo accademico recita: “Il gruppo è interessato ad affrontare la desessualizazione del corpo dei bambini, la negazione del piacere e del desiderio nei contesti educativi e la tendenza ad evitare per vergogna la discussione sull'attività corporea (sessuale) del progetto di lavoro No Outsiders.”

“Il pericolo di essere accusati di corrompere bambini innocenti ha spinto i membri del gruppo a precisare ripetutamente che questo progetto non si occupa del sesso o del desiderio – e quindi dei corpi.”

“Tuttavia, ad un livello molto significativo, questo è esattamente ciò di cui si occupa, e negarlo può avere implicazioni negative significative per i bambini e i giovani.”

No Outsiders è condotto dai ricercatori dall'università di Sunderland e coinvolge inoltre accademici dell'Istituto dell'Educazione dell'Università di Exeter. Libri, spettacoli di burattini e giochi sono usati per insegnare ai bambini i rapporti dello stesso sesso.

Durante il progetto, dice il documento del seminario, i suoi membri si sono “sfidati l'un l'altro nell'andare oltre ogni possibile immaginazione nelle pratiche omosessuali.”

Il seminario “esaminerà il presunto dato scontato delle classi elementari senza sesso, senza corpo e senza desiderio” e lo spazio dato ai corpi, i desideri ed i piaceri degli stessi membri del gruppo di ricerca in questa ricerca.”

Le discussioni hanno provocato una furiosa reazione dai critici dell'agenda dei diritti degli omosessuali. Simon Calvert dell'Istituto Cristiano ha detto: “Quando un adulto che sta lavorando in una scuola primaria suggerisce che i bambini dovrebbero esplorare la loro sessualità, questo dovrebbe provocare un reclamo alla polizia.”

Patricia Morgan, autrice di studi sulla vita familiare e sull'adozione gay, ha detto: “La proposta è che le aule della scuola primaria dovrebbero trasformarsi in saune gay. Questa è pratica omosessuale nelle scuole minori. Gli idioti che hanno abrogato la Sezione 28 dovrebbero considerare che questo è il punto in cui ci ha portato.

La dott. Elizabeth Atkinson, direttrice del progetto, ha detto che il seminario non aveva collegamento con il lavoro di No Outsiders nelle aule. “Il seminario fa parte di un dibattito accademico di vecchia data e non ha niente a che fare con le scuole,” ha detto. “Non ha collegamento con l'educazione sessuale.”

La Sezione 28, la legge che vietava la promozione dell'omosessualità nelle scuole pubbliche, è stata abrogata cinque anni fa. Il consiglio corrente sull'educazione sessuale dice che non si dovrebbe promuovere l'orientamento o l'attività sessuale.

___________________________

Pochi limiti proposti per Paulson all'indomani del 9/11 economico


Se l'amministrazione Bush avrà il via libera, chiunque fosse danneggiato dall'uso del ministero del Tesoro dei prestiti da 700 miliardi di dollari per il salvataggio di Wall Street potrebbe non avere rimedio.

Il progetto di legge propone ampi poteri per il Segretario del Tesoro Henry Paulson di comprare e vendere titoli legati a mutui secondo il suo giudizio. Al di là dal richiedere rapporti periodici al Congresso, la legge non fornisce supervisione dell'amministrazione dei prestiti – e specificamente esclude ogni corte o agenzia dall'esaminarla.

I democratici del Congresso hanno detto che sono coscienti di passare ad un'amministrazione a fine mandato ciò che un assistente ha chiamato “un assegno in bianco.”

Il presidente del Comitato Giudiziario della Camera John Conyers Jr. (dem., Michigan) “è molto preoccupato dalla larghezza del testo della bozza, e stiamo lavorando per assicurare che limiti ragionevoli siano inclusi,” ha detto un membro del comitato.

Lo sforzo per bloccare la revisione della corte ha ricordato ad alcuni funzionari del Congresso la risposta dell'amministrazione Bush agli attacchi terroristici dell'11 settembre 200, quando ha intrapreso azioni per mantenere i giudici lontani dall'intervenire sulle decisioni sulle intercettazioni telefoniche e la detenzione di sospetti agenti nemici.

In quella crisi, ed apparentemente in questa, l'amministrazione ha sostenuto che esporre alla revisione della corte le azioni decise sul momento avrebbe dissuaso i funzionari dall'assumersi responsabilità e rispondere rapidamente.

Un portavoce del dipartimento del Tesoro, citando le intense trattative con Capitol Hill, ha rifiutato di dire perché il testo è stato inserito o se l'amministrazione avrebbe considerato forme alternative di supervisione. “Non commenteremo una bozza che ancora potrebbe cambiare” né forniremo le ultime proposte, ha detto il portavoce Brookly McLaughlin.

Wednesday, August 13, 2008

Povera, piccola Georgia?

I mezzi di informazione di massa, così come non a caso il partito della guerra, non sono interessati dal riportare i fatti. La loro preoccupazione è la “narrativa,” una narrativa non necessariamente basata sulla realtà, destinata a convincere il pubblico che ciò che i nostri governanti stanno facendo o progettando di fare è niente di meno che buono e giusto. La descrizione della povera, piccola Georgia filo-occidentale non è altro che un racconto. La “democrazia del mercato libero” georgiana esiste solo nello stesso universo alternativo in cui si trovano le famose “armi di distruzione di massa” irachene e l'uomo di Piltdown, ma non sentirete molti altri mezzi di comunicazione dirlo.

Per questo ho tradotto questo nuovo articolo di Justin Raimondo sull'argomento, tratto dal sito Antiwar.com, per il quale l'autore sollecita, per quanto possibile, a fornire un contributo volontario, così che possa sopravvivere una voce indipendente tra le più importanti dei nostri tempi.
___________________________

Bill Kristol ed il mito menscevico della Georgia democratica

Di Justin Raimondo


Sul comandante in capo dei bombardieri da tastiera americani, il redattore di Weekly Standard Bill Kristol, si può sempre contare se si vuole sapere quale sia non solo il contenuto della linea del partito neoconservatore, ma anche, nel dettaglio, l'impulso che la motiva. Nella sua ultima perorazione dalla sua colonna sul New York Times, l'architetto intellettuale della nostra disastrosa guerra in Iraq presenta una spiegazione razionale per un altro catastrofico errore nel regno della politica estera, questa volta nel Caucaso:
“Nell'agosto 1924, la piccola nazione della Georgia, occupata dalla Russia sovietica dal 1921, insorse contro il dominio sovietico. Il 16 settembre 1924, il Times di Londra riportò un appello del presidente della Repubblica Georgiana alla Lega delle Nazioni. Anche se nell'Assemblea ‘è stato fatto un riferimento simpatetico agli sforzi del suo paese,’ scrisse il Times, ‘si è concluso che la Lega non è in grado di offrire aiuto materiale, e che l'influenza morale che può essere una forza potente con i paesi civilizzati è improbabile che faccia una qualsiasi impressione sulla Russia sovietica.’

‘Improbabile’ era un eufemismo. I georgiani non poterono godere della libertà fino al 1991.”
Vi siete fatti un'idea: nel mondo di Kristol, la Russia di Putin è l'URSS di Stalin e la povera, piccola, tenera Georgia – un bastione della libertà – corre il pericolo di essere divorata dall'insaziabile orso russo. Nel frattempo, il mondo si ferma, impotente, mentre appelli vengono elevati ad una nazione impermeabile al concetto stesso di moralità.

Per cominciare, l'analogia storica di Kristol è ingannevole: la Georgia nel 1924 era molto lontana dall'essere una democrazia. Quello che non ci dice è che era sotto il controllo dei menscevichi, una fazione dei Social-democratici Russi (successivamente rinominati come Partito Comunista) sconfitti dai bolscevichi di Lenin ma in effetti pochissimo differenti dai loro rivali di fazione. Lo scrittore britannico Carl Bechhofer ha così descritto il regime menscevico georgiano:
“Lo Stato Social-Democratico Libero ed Indipendente della Georgia rimarrà sempre nella mia memoria come un classico esempio di ‘piccola nazione’ imperialista. Sia nell'appropriazione territoriale all'esterno che nella tirannia burocratica all'interno, il suo sciovinismo era oltre ogni limite.”
George Hewitt, un professore di lingue circasse all'Università di Londra, cita il variopinto e cosmopolita Bechhofer in un illuminante saggio che espone il grave errore che permea la politica americana nella regione:
“Nella speranza di prevenire la proliferazione di un numero imprevedibile di piccoli stati, la comunità internazionale nella sua saggezza collettiva decretò che avrebbe riconosciuto soltanto le repubbliche unioniste costituenti dell'URSS e, così, non avrebbe dato alcun incoraggiamento al desiderio di autodeterminazione che caratterizza alcune minoranze etniche che vivono nelle regioni dotate di autonomia solo di basso livello secondo il sistema amministrativo sovietico (come la Repubblica Autonoma di Abcazia e la Regione Autonoma dell'Ossezia del Sud, entrambe entità di basso livello all'interno della repubblica unionista della Georgia sovietica). Fu un'enorme ironia che, nell'adozione di questa posizione, l'occidente stesse efficacemente suggellando le divisioni create per il suo feudo da nientemeno che il dittatore sovietico Iosep Besarionis-dze Dzhughashvili, un georgiano meglio conosciuto nel mondo come Joseph Vissarionovich Stalin.”
Oltre a rammentare la politica stalinista di imprigionare le minoranze etniche all'interno di più grandi entità amministrative, rifiutare di riconoscere l'Ossezia del Sud e l'Abcazia come stati indipendenti permette agli Stati Uniti ed alla Comunità Europea di mantenere la fiction dell'“espansionismo” russo. Secondo Washington, i russi hanno invaso la “Georgia”; l'invasione da parte di Saakashvili dell'Ossezia del Sud non si qualifica come aggressione, dal momento che non si può invadere il proprio paese. Vedete, l'Ossezia del Sud e l'Abcazia fanno parte della Georgia. Proprio come un piccolo mammifero fa parte dell'anaconda che lo ha inghiottito intero.

Hewitt continua precisando:
“Se l'Unione Sovietica fosse crollata durante il primo decennio della sua esistenza negli anni 20, prima che lo status dell'Abcazia venisse ridotto per volontà di Stalin nel febbraio del 1931 da vera e propria repubblica, che aderì alla Federazione Transcaucasica il 13 dicembre 1922 alleata con la Georgia, a quello di repubblica autonoma all'interno della Georgia, e se la Lega delle Nazioni di allora avesse adottato lo stesso principio di riconoscimento successivamente esercitato dal suo successore, le Nazioni Unite, allora l'Abcazia avrebbe goduto per decenni dell'indipendenza e dell'appartenenza di diritto alla cosiddetta comunità internazionale.”
Così per l'Ossezia, che oggi è divisa in Nord e Sud, con quest'ultima sotto il tallone– georgiano – come disposto dal mezzo Osseto (dal lato paterno) e mezzo georgiano Stalin .

I lettori del libro del 1998 di Hewitt, The Abkhazians: A Handbook, noteranno quanto efficacemente distrugge il mito di Kristol della povera, piccola Georgia, la cui presunta storia “democratica” riflette il suo attuale orientamento “pro-occidentale” ed il suo valore generale:
“La politica aggressiva del governo della Georgia verso l'Abcazia ha provocato estremo fastidio fra i locali abcazi, armeni, russi, greci e una percentuale significativa di kartveli, che in effetti contribuì a facilitare l'istituzione del potere sovietico nella regione il 4 marzo del 1921.”
Il crollo del comunismo menscevico in Georgia venne celebrata dalle mini-nazioni prigioniere della regione “come una liberazione dalla repressione e dall'intromissione della Repubblica Georgiana.” Le cose sono rimaste praticamente immutate dal– 1921 – anche se non nel senso che Kristol vorrebbe farci credere.

Kristol fa del sentimentalismo sulla vecchia Repubblica Georgiana, ma i suoi leader e fondatori menscevichi erano, come nota Hewitt, autoritari impenitenti:
“La politica di questo stato è stata caratterizzata abbastanza accuratamente da uno dei suoi eminenti attivisti, il giurista-internazionalista Zurab Avalov (Avalishvili). Nel suo libro L'indipendenza della Georgia nella politica internazionale, 1918-1921 (Parigi, 1924), segnalava: 'all'inizio del 1921, la Georgia ha avuto nella persona del proprio governo e sotto forma dell'Assemblea Costituente una semplice creatura dell'organizzazione di partito ... la democrazia georgiana dal 1917 al 1921, una forma di dittatura social-democratica (cioè, della destra del marxismo), fu un periodo di preparazione per il trionfo della dittatura sovietica in Georgia.”
Questa tradizione dittatoriale è oggi continuata dal presidente Mikheil Saakashvili che, durante le fortemente contestate elezioni, ha usato la polizia contro i dimostranti ferendo 500 persone, ed ha chiuso i media indipendenti con la stessa alacrità mostrata dai suoi predecessori menscevichi. È ben poco sorprendente se Kristol considera questo servile regime di gangster insignificanti con grandi ambizioni regionali come un certo tipo di modello, l'alleato ideale degli Stati Uniti per il cui destino potremmo persino andare a combattere.

La Georgia, nella visione di Kristol, è degna non solo del supporto degli Stati Uniti, ma di essere membro di una immaginaria “Lega delle Democrazie,” un progetto neocon sollecitato da John McCain e spinto dall'ala del GOP dominata dai neoconservatori come la risposta “conservatrice” alle Nazioni Unite. In breve, una NATO allargata, anche se con una patinatura ideologica come solo Kristol (o un marxista) potrebbe fornire.

No, non è un errore di stampa: ho scritto marxista con intenzione. La tirata di Kristol che richiede il supporto degli Stati Uniti alla Georgia, con i suoi appelli all'emozione intrecciata con false analogie storiche, trasuda appiccicosa retorica ideologica. È come un piccolo Lenin, che ci esorta a seguire la luminosa bandiera dell'internazionalismo “democratico” fino all'altra parte della terra, che è certamente dove è situata l'Ossezia del Sud, almeno per quanto riguarda gli americani. Si sente, nelle esortazioni di Kristol, il tono opprimente del vecchio commissario sovietico, anche se della varietà menscevica piuttosto che di quella bolscevica, e questo ci riporta in mente un appunto fatto dall'ultimo Murray N. Rothbard nel suo discorso giustamente famoso del 1992 al John Randolph Club:
“Crescendo, scoprii che l'argomento principale contro il laissez-faire, e a favore del socialismo, era che il socialismo ed il comunismo erano inevitabili: ‘Non potete rimettere indietro l'orologio!’ salmodiavano, ‘non potete rimettere indietro l'orologio.’ Ma l'orologio dell'un tempo potente Unione Sovietica, l'orologio del marxismo-leninismo, una dottrina che dominava un tempo metà del mondo, non solo è tornato indietro, ma giace a terra guasto e rotto per sempre. Ma non dobbiamo riposare soddisfatti di questa vittoria. Perché anche se il marxismo-bolscevismo è finito per sempre, ancora rimane, affliggendoci ovunque, il suo malvagio cugino: chiamatelo ‘marxismo morbido,’ ‘marxismo-umanesimo,’ ‘marxismo-bernsteinismo,’ ‘marxismo-trotskyismo,’ ‘marxismo-freudianismo,’ insomma, chiamiamolo semplicemente ‘menscevismo,’ o ‘ social-democrazia.’

La social-democrazia è ancora qui in tutte le sue varianti, definisce tutto il nostro rispettabile spettro politico, dalla vittimologia e dal femminismo avanzati a sinistra fino al neoconservatorismo a destra. Ora siamo intrappolati, in America, all'interno di una fantasia menscevica, con gli stretti confini del rispettabile dibattito decisi per noi dalle varie marche di marxisti. Ora è nostro compito, il compito della rinascente destra, del movimento paleo, di rompere quei legami, di finire il lavoro, finire per sempre il marxismo.”
Naturalmente, i neoconservatori, dei quali Kristol è il capobanda, arrivano dalla sinistra dello schieramento e i loro antecedenti storici risalgono fino alle sette scismatiche marxiste degli anni 30 ed alle epiche battaglie fra Trotsky e Stalin (erano sostenitori del primo). Erano, in breve, i menscevichi americani del loro tempo. Nella loro egira dall'estrema sinistra alla destra neocon – solo quella intrapresa da Ulisse è un'odissea meglio documentata – hanno mantenuto tuttavia le caratteristiche rivelatrici della loro eredità menscevica, che Kristol sostiene fieramente fino ad oggi.

In un momento in cui la gente sta perdendo la propria casa e gli economisti stanno cominciando a parlare di un'altra Grande Depressione, la proposta di Kristol di spedire più milioni in “aiuti” alla Georgia è oscena. Questo è il vero anti-americanismo – spedire i dollari dei contribuenti ad un despota georgiano mentre la gente in questo paese sta soffrendo. È inoltre un suicidio politico per i repubblicani la prospettiva di intervenire nei problemi interni della Georgia mentre siamo già impantanati nella palude irachena, da cui sembrano esserci poche speranze di liberarsi in fretta. Eccolo qua Kristol, il grande stratega del GOP. Lui ed i suoi colleghi neocon stanno trascinando giù il Partito Repubblicano insieme alla loro declinante credibilità.

Il mito della povera, piccola Georgia, una neonata e di promettente “democrazia” minacciata, oppressa e battuta da Putin-la-reincarnazione-di-Stalin è falsa dall'inizio alla fine. È una versione Bizarro World di ciò che sta realmente accadendo in Ossezia del Sud e più in generale nella regione: ovvero, la versione stranamente e consistentemente invertita della realtà in cui sopra è sotto, il nero è bianco, e i georgiani non hanno invaso l'Ossezia del Sud, uccidendo migliaia di persone e spingendone molte di più verso nord.

Secondo i nostri media “liberi,” i georgiani non hanno invaso la terra degli Osseti – hanno soltanto provato a “riprendersela,” come un bambino senza spargimenti di sangue e perfino abbastanza allegramente riprenderebbe una palla da un compagno di giochi. Quei cattivi Russkies, d'altra parte, hanno invaso, affondato ed intensificato il loro attacco alla Georgia. Almeno, queste sono le parole che i nostri “reporter” stanno usando. Come George Orwell sottolineò, la corruzione della lingua è una forma di controllo ed i media americani collusi con il governo sono esperti in questo, particolarmente nei loro resoconti di guerra.