Monday, September 29, 2008

La psicanalisi come arma

Quante volte, esprimendo idee radicali e contrarie allo status quo ed agli assunti comunemente accettati ci si vede affibbiare il marchio del “malato mentale”, della persona “con dei problemi,” in altre parole di veder squalificare dall'interlocutore le idee di cui ci si è fatti portatori come il frutto di una personalità disturbata, interlocutore che eviterà così di contrastarle nel merito? Molto spesso, sicuramente, in questi tempi di grandi inganni politici e mediatici, di grandi menzogne accettate supinamente purché diffuse con la forza dell'autorità.

In questo quadro piuttosto triste sono di grande conforto le considerazioni sempre centrate e mai prive di arguta ironia di Murray Rothbard. In questo articolo tratto dal suo discorso programmatico al congresso dal titolo Asclepius a Siracusa: Thomas Szasz, umanista libertario, Rothbard sferza impietoso i fanatici della psicanalisi usata come arma per neutralizzare subdolamente le voci del dissenso.

(Il seguente brano è stralciato dalle pp. 333-350 degli atti del congresso. Questo saggio è riprodotto dal sito di Ludwig von Mises, con il permesso di Jeffrey A. Schaler, editore e proprietario del sito di Szasz, www.szasz.com.)
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Di Murray N. Rothbard


Thomas Szasz è giustamente onorato per la sua battaglia prode e coraggiosa contro l'internamento obbligatorio di innocenti in nome della “terapia” e dell'umanitarismo.

Ma mi vorrei concentrare stasera su una battaglia meno nota benché complementare di Szasz: contro l'uso della psicanalisi come arma per allontanare e disumanizzare la gente, le idee ed i gruppi che l'analista non gradisce. Piuttosto che criticare o disputare le idee o azioni delle persone sul loro merito, corretto o errato, giusto o sbagliato, buono o cattivo, queste sono spiegate dall'analista come causate da una certa forma di nevrosi. Sono idee o azioni di persone nevrotiche, o “malate:” così se le persone stesse non devono essere incarcerate in istituti come “malati di mente,” le loro idee o attitudini possono essere trattate in questo modo.

Il presupposto non proferito, naturalmente, è che le idee o le azioni congeniali all'analista non necessitano di “spiegazione” con teorie psicanalitiche o altre psicodinamiche. Dal momento che non hanno bisogno di “spiegazione,” l'implicazione è che siano normali, corrette e buone, benché naturalmente nessun analista, nel suo ruolo di personificazione della ”scienza libera da giudizi di valore,” sia stato mai beccato a usare tali termini. Perché se lo facesse, dovrebbe prendere seriamente le idee o le azioni dei suoi avversari, ed esporre così facendo una teoria morale esplicita. Non potrebbe allontanarlo come “malato” o come persona che ha unicamente la necessità di essere “spiegata.”

Nella sua eccellente critica della nuova disciplina della “psico-storia,” specializzata in questo tipo di metodologia, l'eminente storico Jacques Barzun usa il concetto “ psicologizzare,” che recisamente definisce come
la pratica di prendere un discorso o un'azione non nel suo valore nominale come espressione di desiderio o di scopo diretti, ma come sintomo involontario che, una volta interpretato correttamente, rileva un significato nascosto dall'agente e dagli osservatori comuni. [1]
Non è un caso se lo psicologizzare degli psico-storici è stato usato pricipalmente contro persone e gruppi non congeniali. Nel ventesimo secolo, Adolf Hitler è stato il più soggetto a questo trattamento, così tanto che fino agli anni recenti era difficile trovare uno storico americano che non lo ha accantonato come nevrotico, psicopatico, o psicotico. Uno dei problemi di questa analisi, naturalmente, è che non solo Hitler ed i suoi immediati seguaci, ma anche l'intera nazione tedesca deve allora essere trattata come nevrotica o psicotica. Questo non solo forza i limiti della credulità, ma si deve allora spiegare perché i tedeschi diventarono improvvisamente nevrotici nel 1933 per poi sgusciar fuori dalla loro presunta nevrosi collettiva piuttosto rapidamente dodici anni più tardi. Presumibilmente i loro metodi per crescere i bambini, o qualunque altra cosa, non sono cambiati radicalmente prima o dopo questo periodo di tempo. Tre decenni fa, ci fu un'eruzione di “spiegazioni” antropologiche psicanalitiche del presunto carattere totalitario di tutti i russi e giapponesi, che le “spiegavano” con il loro addestramento alla toilette o con le restrizioni subite nella prima infanzia; ma da allora, almeno i giapponesi sembrano aver recuperato notevolmente il loro addestramento alla toilette.

Come esempio delle tecniche psicanalitiche utilizzate per “spiegare” Adolf Hitler, abbiamo il distinto psicanalista Walter Langer, fratello del principale campione degli psico-storici. Langer parla del
... fatto che da bambino [Hitler] deve aver scoperto i suoi genitori durante un rapporto. Un esame dei dati rende questa conclusione quasi inevitabile [qui Barzun nota che i dati “sono alcune osservazioni che neppure suggeriscono un simile evento“] e dalla nostra conoscenza del carattere e della storia passata di suo padre, non è per niente improbabile. Sembrerebbe che i suoi sentimenti in questa occasione fossero molto scombussolati. [2]
È sicuro che, senza il mantello dello pseudo-scienza della psicanalisi al suo ordine, qualsiasi simile uso di prova storica sarebbe stato rapidamente e allegramente scartato da un tribunale.

Nell'America del ventesimo secolo, Richard Nixon è stato il più soggetto al trattamento degli psico-storici. Esaminando un libro psico-storico su Nixon, Christopher Lehmann-Haupt – che non è affatto un ammiratore del Presidente – ha scritto nel New York Times:
E per quanto riguarda l'importanza del [letta nel] fatto che, dopo che la chiacchierata serale con gli studenti pacifisti al Lincoln Memorial, il sig. Nixon ha mangiato “pasticcio di corned beef con un uovo sopra” per la prima volta in cinque anni (“dopo la catarsi, un'accettabile breve regressione nell'oralità”) – un tale discernimento è sufficiente per obbligare ad una pausa persino i veri credenti nella psico-storia. [3]
La dissezione di Woodrow Wilson da parte di Freud fu così selvaggia che persino i devoti freudiani e psico-storici sbiancano in grande imbarazzo. [4] E attualmente, possiamo vedere l'arma psicodinamica al lavoro nei resoconti della stampa e dei media sui musulmani in Iran e Afghanistan. Notiamo che l'ayatollah Khomeini ed i suoi seguaci sono respinti uniformemente come “fanatici” pazzi ed estremisti; tuttavia musulmani “fanatici” molto simili e vicini in Afghanistan sono trattati come “ eroici combattenti per la libertà” che lottano a mani nude contro i carri armati sovietici. Chiaramente, tutto dipende se si tratta dei “nostri” fanatici o dei “loro.” I “nostri” fanatici sono eroi; i “loro,” psicopatici.

Mi affretto ad aggiungere che neanch'io trovo qualcuna di queste persone congeniale; sono certo che non troverei neanche in Hitler, Wilson, Nixon, o nell'ayatollah dei compagni charmant per un pranzo o un cocktail party. Ma certamente non mi dev'essere consentito di trasformare questi giudizi estetici in una “scienza libera da giudizi di valore” che li accantona tutti come semplicemente questa o quest'altra specie di nevrotico o di psicotico. In fin dei conti, perché mai dovrebbero piacermi tutti?

La psico-storia è stata molto spesso utilizzata come arma contro i gruppi radicali nel passato. Qualsiasi gruppo radicale abbia sfidato lo status quo si assume ipso facto che debba essere composto di pazzi o nevrotici, gente le cui idee e il cui comportamento devono essere “spiegati.” La “spiegazione,” naturalmente, non è mai che avevano percepito qualcosa che consideravano come una grave ingiustizia nella società e stavano provando a ripararla. Che la loro teoria di giustizia fosse corretta o meno non è davvero la cosa importante. La cosa importante è che lo psico-storico ha sempre assunto implicitamente che lo status quo, qualunque esso sia, è normale, così che opporsi ad esso è nevrotico e anormale, e ha bisogno di essere “spiegato.”

L'esempio principale di questa diffamazione dei radicali per mezzo della psicologizzazione è stato il trattamento degli abolizionisti da parte degli storici convenzionali, un trattamento che è stato modificato soltanto negli ultimi anni. Nella porsi decisamente ed apertamente contro ciò che consideravano l'ingiustizia enorme della schiavitù, gli abolizionisti, particolarmente l'ala militante dei garrisoniani, si sono esposti all'abuso psico-storico così come al vilipendio durante il corso della loro vita. Così, il popolare libello di Hofstadter, Miller ed Aaron si riferisce a William Lloyd Garrison come ad un “ribelle” e “nevrotico.” Hazel C. Wolf, nel suo lavoro intitolato in modo rivelatore Sull'altare della libertà, il complesso del martire nel Movimento per l'Abolizione, descrive l'abolizionista Theodore Weld come qualcuno che “ha trovato la gloria nella persecuzione che ha sofferto,” e che “amorosamente ha portato la corona di spine del martire.” Per quanto riguarda il povero Garrison, “aveva una mania per l'unicità e l'attenzione.” Forse la retorica più spregevole – per usare il termine emozionante di Szasz – fu l'asserzione ingiuriosa e chiaramente falsa di David Donald che gli abolizionisti furono delusi dalla liberazione degli schiavi perché concludeva una crociata che aveva portato loro “uno scopo e la gioia”; Lincoln come emancipatore fu per loro “l'assassino del sogno.” Ciliegina sulla torta, il professor Donald riesce a calunniare l'abolizionista e sostenitore del “laissez faire,” il senatore Charles Sumner, come impotente ed omosessuale latente, e a concludere che “questo martire santo e beato ha prosperato sui suoi tormenti.” [5]

Il messaggio di base in tutto questo è chiaro. I radicali che vedono l'ingiustizia nello status quo sono nevrotici; se sono perseguitati, chi se ne frega, dopotutto è quello che volevano davvero; e che abbiano realizzato i loro obiettivi o meno non importa, perché si preoccupavano non per l'obiettivo, ma soltanto per la lotta problematica in sé. [6]

Incolpare i radicali della loro stessa persecuzione è analogo ad un'altra tattica di inversione esercitata frequentemente da Freud. Quindi, in uno dei miei lavori favoriti di Tom Szasz – il purtroppo trascurato Karl Kraus e i medici dell'anima – Szasz scrive della risposta di Freud quando uno del suo entourage, Fritz Wittels, eseguì un “assassinio di carattere” psicanalitico (come Szasz correttamente lo chiama) del brillante critico di Freud, Karl Kraus. La reazione di Freud fu che “abbiamo motivo di essere riconoscenti a Wittels per aver fatto così tanti sacrifici.” Su cui Szasz commenta:
Questo è uno dei trucchi verbali caratteristici di Freud, che ha applicato spesso anche ai propri attacchi ad altri; non è Kraus che è stato sacrificato da Wittels, ma Wittels stesso che si è sacrificato! È una buona tattica se si può farla accettare e, generalmente, Freud ci riusciva. [7]
Di tutti gli abolizionisti, il più odiato e denunciato come nevrotico o psicotico dagli psico-storici era più il radicale del gruppo, John Brown. Brown non solo denunciò la schiavitù, ma prese le armi contro di essa; in tal modo, ha ucciso delle persone. Denunciare la guerra o l'omicidio come nevrotico o psicotico per se avrebbe condannato una grande parte della razza umana, passata e presente. Inoltre, Brown era torvo e non aveva senso dell'umorismo. Parlava della schiavitù come di un peccato, e della necessità di “purificare questa terra col sangue.” Ma d'altra parte, tutti i pietisti evangelici del tempo parlavano in simili termini. Essi – e questo significa la massa delle sette protestanti negli Stati Uniti del Nord dal 1830 circa in poi – erano profondamente religiosi e credevano che il loro dovere per la loro propria salvezza fosse di fare del loro meglio per “ santificare la società” e “ purificare questa terra dal peccato.”

La maggior parte dei pietisti evangelici erano gente torva e priva di umorismo, e la loro definizione del peccato sfortunatamente andava molto al di là di un'ostilità libertaria alla schiavitù; Il rum del demonio, il gioco, violare il Sabbath, e l'essere membri della chiesa cattolica romana erano, ai loro occhi, cose peccaminose quasi come la schiavitù, ed una volta che la schiavitù fu scomparsa, la maggior parte di loro era determinata ad usare la forza, se necessario, per purificare la terra anche da queste attività. Così, come ho detto prima, nessuna di queste persone, non Garrison e certamente non John Brown, sarebbero stati compagni charmant per un cocktail party. Ma questo non li rende “nevrotici” o “malati”; solo uomini appassionati e risoluti che avevano trovato il peccato e l'ingiustizia, alcuni in zone su cui concorderei ed altri dove sarei enfaticamente in disaccordo.

Nemmeno l'incursione di John Brown sul traghetto di Harper lo qualifica come pazzo perché l'incursione fallì chiaramente. L'incursione di Brown era basata su valide teorie della guerriglia, e specialmente su un piano preparato un anno prima dal libertario Lysander Spooner. L'idea era di ottenere le armi in un'incursione drammatica e molto-pubblicizzata, e quindi fuggire sulle colline per formare nel Sud ciò che ora chiameremmo guerrilla foco, che attrarrebbe gli schiavi in fuga e che potrebbe essere usata come base per i raid dei guerriglieri agli schiavisti, sia liberando quantità di schiavi che tenendo i padroni come ostaggi ed obbligandoli a liberare gli schiavi. [8]

Generalmente, i radicali sono accantonati dagli psico-storici come gente con dei problemi edipici, gente che, nella loro ostilità insoluta “verso il padre,” si ribellano allo Stato, o alle istituzioni contemporanee. Fortunatamente, tuttavia, la psicanalisi ci fornisce anche un'arma tu quoque, o “eccone un altro,” per il contrattacco. Perché i radicali possono sempre replicare: “No. Tu, difendendo lo Stato e l'attuale status quo, sei nevroticamente attaccato a tuo padre!” Entrambi gli insiemi di assurdità, mi pare, si annullano, e possiamo quindi rivolgerci tutti agli argomenti sostanziali.

La disponibilità di questo contropiede è parte della debolezza metodologica che la psicanalisi condivide con altre dottrine deterministe. Perché tutti i credo deterministi assumono implicitamente che il determinista è magicamente esente dal sistema determinato e che, come minimo, possiede il libero arbitrio e la capacità di apprendere la verità.

Come precisa Jacques Barzun:
gli psico-storici vedono gli altri mossi da forze inconscie che distorcono la visione e costringono a strani comportamenti, ma assumono di essere liberi portatori di luce e di giudizio. Perché la loro visione delle persone e degli eventi non è anch'essa offuscata e distorta, e le loro interpretazioni forzate su di loro da oscure necessità piuttosto che sulla ragione dell'evidenza? [9]
O, con le parole ispirate di Kraus: “Sarei soddisfatto se potessi convincere una persona che afferma qualcosa sulla psicologia che, nel suo incoscio, egli intende in realtà qualcosa del tutto diverso da quel che dice.” [10]

La diffamazione riduttiva psicanalitica non è stata usata soltanto contro individui particolarmente non congeniali o contro persone e gruppi radicali. È stata usata spesso come virtualmente un assalto cosmico e sistematico all'arte ed alla creatività in sé. Karl Kraus chiama appropriatamente questo processo chiamare ed usare urne per urinali.

Quindi, Norman O. Brown ha condotto la masnada psicanalitica nel ridurre letteralmente la famosa intuizione rivelatrice di Martin Lutero sul significato della “rettitudine” di Dio all'istantaneo sollievo di tutta una vita di costipazione. Tra le altre cose, questo illustra l'errore di ridurre i pensieri e le azioni di innumerevoli milioni di individui unici alle permutazioni e combinazioni di una piccola manciata di presunte nevrosi infantili. Dopo tutto, nella storia dell'umanità ci sono stati molti milioni di persone costipate; ma c'è stato soltanto un Martin Lutero. Ancora, risulta che Lutero in effetti raggiunse questa rivelazione non nella latrina ma seduto alla sua scrivania nella stanza di una torre mentre preparava le note della sua predica. [11] Ma sono sicuro che un particolare così insignificante come un fatto reale non incrinerà quella che potremmo, con una punta di nero umorismo, chiamare la “romantica” visione freudiana dell'intuizione di Lutero.

Similmente, ci sono critiche di Karl Kraus contro il dictum psicanalitico che l'Olandese Volante di Wagner è stato creato “dal suo desiderio, come ragazzino, di… essere grande quanto suo padre, per fare ciò che suo padre aveva fatto….” Kraus commenta che “gli psicologi insistono che questi stessi desideri spuntino nelle menti di tutti i ragazzini,” ma che, “dopo tutto, di tutti i maschi nel mondo, solo uno, vale a dire Wagner, ha creato questa opera.” Kraus insiste sardonico: “la maggior parte degli altri sono diventati, dai loro desideri di essere come il loro padre, agenti di cambio o avvocati, conducenti di tram o critici di musica. Naturalmente, quelli che sognavano di diventare degli eroi sono diventati psicologi.” [12]

Di tutte le sue opere, Freud provava la più grande tenerezza per il suo ben noto saggio su Leonardo Da Vinci. [13] Come Barzun precisa, la dissezione di Leonardo di Freud “è citata spesso… come modello di ciò che l'interpretazione psicanalitica può mettere in evidenza che nessun'altro aveva visto.”

Ma, come osserva Barzun, appare dubbio
(1) che Leonardo fosse un omosessuale perché suo padre lo aveva abbandonato alla madre procurando così un rapporto unilaterale (ma l'abbandono del padre è stato disputato ed un incidente diagnostico è stato esposto come falso, a causa di una traduzione errata di una parola chiave italiana); e (2) che le abitudini di Leonardo come artista – e.g. che non finiva il lavoro cominciato – derivassero da questo sviluppo sessuale ora in discussione. Qui il determinismo si infrange al primo caso contrario, per esempio Goethe, che a sua volta trovava la rifinitura difficile, benché fosse cresciuto con due genitori e fosse stato un energico eterosessuale. [14]
Parlando di Goethe, abbiamo la riduzione di Freud della raccolta di opere di questo grande uomo a meri “mezzi di auto-dissimulazione” della sua pulsione per la masturbazione. Denunciando un freudiano che aveva destituito l'Apprendista Stregone di Goethe come prova di una pulsione masturbatoria, Kraus attaccò duramente la “spregevolezza morale” di tale dichiarazione, e continuò dicendo “che uno capisce, con un senso di disperazione, che anche se tutti si masturbassero, nessun Apprendista Stregone verrebbe necessariamente creato.”

Kraus causticamente applaude questa tattica psicanalitica per la “tranquillizzazione spirituale” per i “deboli” che “possono continuare a masturbarsi, ma con prospettive notevolmente migliori; perché ora sanno che questa è la cura per l'Apprendista Stregone di Goethe.” [15]

Il commento di Kraus circa la “ tranquillizzazione spirituale” mi ricorda un punto su cui ho a lungo ruminato. Gli psicoanalisti ci assicurano tutti che le persone vanagloriose ed arroganti in modo insopportabile sembrano soltanto sfacciate e sicure di sé: giù in profondità, ci informano rassicuranti, questa arroganza è soltanto una maschera per sentimenti profondi di timidezza e inferiorità. Similmente, le persone magre e infelici, o che soffrono per le diete, sono rassicurate dagli analisti che i grassi sembrano soltanto allegri e felici; che questa allegria è soltanto una copertura per la tristezza e la disperazione.

Ma, perché questo principio di inversione, questo interruttore fra apparenza e realtà, non può funzionare in entrambi i sensi? Ovvero, perché non possiamo dire allo stesso modo che l'apparente timidezza dei presunti timorosi e titubanti è soltanto una copertura per la loro grande sicurezza di sé? O persino, che l'apparente tristezza e infelicità di molti magri è soltanto una copertura che maschera la loro gioia ed il loro benessere?

L'eminente filosofo Donald Williams fa un simile appunto nel corso della sua brillante e feroce critica del tentativo del filosofo psicanaliticamente orientato Morris Lazerowitz di ridurre in macerie tutte le filosofie ed i filosofi che non gradisce o non comprende. Lazerowitz aveva sostenuto che i filosofi dell'idealismo assoluto erano soltanto persone che si ritenevano inadeguate e stavano provando “sia a celare che ad esprimere il desiderio” di essere morti.

Osservazioni di Williams:
L'ultima qualità che uno storico avrebbe attribuito all'età del neo-hegelianismo vittoriano sarebbe stata l'auto-sfiducia suicida; e gli idealisti assoluti in generale, compresi gli eleatici, gli stoici, i vedantisti, gli spinoziani, gli hegeliani, i transcendentalisti e gli scienziati cristiani, sono sempre sembrati un gruppo compiacente e solenne quasi in modo offensivo, che consideravano essere morti molto meno un vantaggio che uno svantaggio. È possibile per i partigiani del sig. Lazerowitz dire che un'apparenza solenne può nascondere un senso d'inferiorità, ma la nemesi di ogni simile metodologia di dissimulazione è che consente ugualmente alla nostra parte di insistere che la condizione interna degli idealisti assoluti sia in effetti mille volte più compiacente del loro contegno esteriore. [16]
Le tattiche di Lazerowitz sono istruttive. Così, nella sua demolizione di Spinoza, mette un grande sforzo nella visione di Spinoza che il concetto che ogni evento abbia una causa è una verità necessaria. Ignorando convenientemente il fatto che Spinoza era in una grande tradizione filosofica e scientifica da Aristotele in poi, Lazerowitz attribuisce con confidenza questa credenza ad una presunta ansia – un'ansia non arguita da una qualsiasi evidenza storica indipendente – per il sospetto ruolo di suo padre nella sua procreazione. Ma, come Williams precisa, Spinoza precedentemente aveva adottato una metafisica differente, e aveva scelto questa visione soltanto nella lettura di un filosofo particolare, H. Crescas.

Come Williams dichiara, “una cosa sicura dei fatti dell'infanzia dello Spinoza è che non sono cambiati quando ha cambiato la sua metafisica.” [17] o, come Sidney Hook precisa, filosofi quali Bertrand Russell e John Dewey “hanno profondamente cambiato i loro punti di vista filosofici nel corso delle loro vite…. [Ma] poiché hanno avuto soltanto un'infanzia e poiché non c'è prova che i loro modelli di personalità sono cambiati, la psicologia e specialmente la psicanalisi, sembra tanto irrilevante per spiegare qualsiasi loro dottrina filosofica quanto il latte che trangugiarono da infanti.” [18]

Per tornare a Spinoza, Williams fa un appunto affascinante paragonando Spinoza al contrapposto arci-scettico David Hume:
Una considerazione generale delle differenze fra le famiglie degli ebrei ispano-olandesi e dei piccoli proprietari terrieri scozzesi non fornisce chiara assicurazione che Hume, che negò vigorosamente la necessità della legge causale, abbia avuto meno curiosità insoddisfatte sui principi e la pratica della procreazione umana che Spinoza…. Ma se dobbiamo imporre una certa interpretazione freudiana alla dottrina di Spinoza della causa lineare, dovremmo osservare che la sua Proposizione XXXVI, immediatamente precedente la citazione principale del sig. Lazerowitz, dichiara, non che gli eventi devono avere cause, ma che devono avere effetti, di modo che è molto meno probabile che Spinoza si stesse domandando se aveva avuto un padre piuttosto che se stesse per avere un bambino. [19]
Sidney Hook precisa ulteriormente, in un appunto applicabile alle psico-storie dei gruppi radicali così come dei filosofi, che “tutti i tentativi di correlare o spiegare la credenza filosofica con il carattere psicologico e/o le esperienze dell'infanzia” sono sconfitti dal fatto che “ogni sistema filosofico è stato creduto ardentemente da individui dai caratteri e dalle storie psicologiche più vari.” Ma forse Donald Williams dice tutto quando, dopo la sua dettagliata dissezione di Lazerowitz, conclude che
la psicanalisi… per quanto il lettore può dire, fornisce una regola di analogia o una regola di contrari come confà allo scopo ulteriore; accetterà ogni brano di biografia come testimone di qualunque specie di nevrosi ed ogni specie di nevrosi come fonte di qualunque specie di filosofia, consentendo a nevrosi differenti di essere abbinata con la stessa filosofia e, per contro, non soltanto in diverse occasioni ma nella stessa occasione; e come se questo non fosse abbastanza, permette al fautore di inventare i sintomi, le nevrosi, o le filosofie a sua volontà. [20]
E possiamo concludere la nostra discussione sulla psico-storia con il resoconto di Jacques Barzun della dichiarazione rilasciata da The History of Childhood Quarterly – il principale giornale di psico-storia – che il suo articolo, “L'infanzia e la Bibbia” … sostiene che la Bibbia è una storia coerente della lotta intra-familiare e si chiede se la storia dell'occidente non può essere descritta più utilmente come parte della storia dell'infanzia piuttosto che il contrario.” Barzun risponde che una tale sommario della civilizzazione occidentale “elimina il significato dell'infanzia (eliminando quello dell'adulto) e distrugge sia l'importanza religiosa che quella storica della Bibbia (riducendo i suoi contenuti agli effetti collaterali del letto e della culla).” Come Barzun conclude, gli sforzi degli psico-storici “sono evidentemente per disporre della storia e della civilizzazione, degli errori e dei successi dell'uomo, piuttosto che per contemplarli.” [21]

Sull'arte e sulla letteratura, Karl Kraus non è lontano dal bersaglio quando conclude che “l'ultimo scopo della psicanalisi è di attribuire l'arte alla debolezza mentale, e quindi di far risalire la debolezza di nuovo al punto in cui, secondo il dogma analitico, è originata: letteralmente, al gabinetto.” [22] E c'è il rimedio più generale e piuttosto stimolante di Kraus alla piaga degli psicoanalisti: “I medici dei nervi che patologizzano il genio dovrebbero essere colpiti in testa con le opere complete dei geni.” [23]

Concludo notando che, come economista, io sono addestrato a guardare alle influenze economiche, che a loro modo sono spesso così completamente mascherate come i presunti messaggi dall'incoscio freudiano. Per me il momento più perspicace nel famoso scandalo del Watergate è stato quando Woodward, sconcertato e abbattuto, tutti i suoi indizi e le sue tracce sterili, è andato dalla sua guida “Gola Profonda” per quella che pareva l'ultima volta ed ha supplicato per aiuto. “Tieni gli occhi sui soldi,” è stata la risposta magistrale che ha aperto la porta nascosta. Nel nostro mondo a volte disorientante in cui il paziente ed il terapista sembrano essere tutti mischiati dentro e fuori in un mucchio gigante, è spesso utile mantenere i nostri occhi sulla domanda “da chi-a chi,” che sarebbe: “dalla tasca di chi e nella tasca di chi scorrono i soldi?”

La psicanalisi come arma può essere usata spesso per ottenere un sacco di verdoni. L'ultimo Eugene Burdick ha scritto una volta su come ha fatto buon uso della sua fascinazione per la psicanalisi all'università. Chiedeva al suo compagno di camera di prestargli dei soldi, il compagno di camera rifiutava, e quindi Burdick estraeva il suo armamentarium psicanalitico, “spiegando” il rifiuto del suo compagno di camera nell'abituale modo volgare.

Quando il compagno di camera negava caldamente queste allegazioni psicanalitiche, Burdick lo colpiva con la famosa arma freudiana della “resistenza.”

“Aha! L'intensità stessa della tua smentita dimostra che ho ragione!”

Questo è ciò che potremmo denominare tattica “testa--vinco-io-croce-perdi-tu.” E quando il suo sfortunato amico pensava di controbattere negando la calunnia psicanalitica tranquillamente anziché con passione, Burdick ribatteva trionfante: “Ahh, questo è ciò che chiamiamo “controllo,” che è ancora peggio della resistenza.”

Inutile dirlo, il compagno di camera sganciava sempre la grana.

Affinché questo non sia considerato un caso isolato, chiudo il mio caso con un articolo recente:
Lo psicanalista William Sulzer ha liberato dalla colpa i suoi pazienti – liberandoli dei loro soldi. Si presume che abbia preso in prestito almeno 275.000 dollari da 15 pazienti in tranches fino a 91.000 dollari… Sulzer ha aperto la sua attività nel 1970 ma ha cominciato avere problemi di soldi dopo tre anni, secondo il reclamo…. “Aveva un livello di vita molto alto,” ha detto l'Assistente Procuratore Generale Melvyn Leventhal. “Aveva uno stile di vita elaborato ed emozionante.” Il terapista da 50 dollari l'ora ha apparentemente deciso che la soluzione alle sue emicranie dei soldi passava per la porta del suo studio.

Come ha persauso i pazienti a prestare migliaia di dollari, occasionalmente esenti da interessi?

“Questo è uno di grandi misteri,” ha detto Leventhal. “Uno o due avevano problemi nel trattare con i soldi e li ha convinti che prestarli a lui fosse una buona terapia.” I clienti hanno speso spesso le loro intere sessioni di terapia mercanteggiando sui prestiti e provando a riavere i loro soldi, il reclamo ha addotto. È stato necessario per alcuni pazienti un trattamento altrove per diminuire “l'ansia e lo sforzo risultante dalle transazioni…” Leventhal ha detto che il problema, anche se non comune, è “persistente.” Anche se Sulzer ha negato il misfatto, può essere citato per infamia e possibilmente imprigionato, se ci riprova, ha dichiarato Leventhal. Ma può però essere ancora un terapista? Certo, ha risposto il procuratore. [24]
Certo.
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Note

[1] Jacques Barzun, Clio and the Doctors: Psycho-history, Quanto-History, and History, (Chicago: University of Chicago Press, 1974), p. 7n.

[2] Walter C. Langer, The Mind of Adolf Hitler (New York, 1972), p. 151.

[3] Christopher Lehmann-Haupt, The New York Times, 11 Maggio, 1972; citato in Barzun, Clio, p. 84n.

[4] Quindi, vedi Paul Rozen, “Freud and Woodrow Wilson,” in P. Rozen ed. Sigmund Freud, (Englewood Cliffs, New Jersey, 1973), pp. 168ff.

[5] Richard Hofstadter, William Miller e Daniel Aaron, The American Republic (Englewood Cliffs, N.J., 1959), I, 463; Hazel C. Wolf, On Freedom's Altar, the Martyr Complex in the Abolition Movement (Madison Wisc., 1952), pp. 3-4; David Donald, Lincoln Reconsidered (New York, 1956), pp. 36,61; David Donald, Charles Sumner and the Coming of the Civil War (New York, 1961), pp. 176, 290, 295, 336. In particolare, vedi la discussione in Fawn M. Brodie, "Who Defends the Abolitionist?" in M. Duberman, ed., The Antislavery Vanguard: New Essays on the Abolitionists (Princeton: Princeton university Press, 1965), pp. 63-67; e Bertram Wyatt-Brown, "William Lloyd Garrison and Antislavery Unity: A Reappraisal," in R. Swierenga, ed., Beyond the Civil War Synthesis: Political Essays of the Civil War Era (Westport, Conn.: Greenwood Press, 1975), pp. 309-310.

[6] Nel tentativo di difendere gli abolizionisti dalla diffamazione degli psico-storici, il professor Duberman, egli stesso un radicale ma storico di orientamento psicanalitico, si impiglia in una propria psicologizzazione riduttiva contro gli abolizionisti. Quindi, vedi Martin Duberman, "The Northern Response to Slavery," in Duberman, Anti-Slavery Vanguard, pp. 407ff.

[7] Thomas Szasz, Karl Kraus and the Soul-Doctors: A Pioneer Critic and His Criticism of Psychiatry and Psychoanalysis (Baton Rouge, la.: Louisiana State University Press, 1976), p. 35. La risposta di Freud è registrata in H. Nunberg e E. Federn, ed. Minutes of the Vienna Psychoanalytic Society (New York: International Universities Press, 1967), II, 391.

[8] Quindi, vedi Wyatt-Brown, “William Lloyd Garrison,” pp. 321-322.

[9] Barzun, Clio, p. 48.

[10] Szasz, Karl Kraus, p. 114.

[11] Quentin Skinner, The Foundations of Modern Political Thought (Cambridge: Cambridge University Press, 1978), II, 7.

[12] In Szasz, Karl Kraus, pp. 112-13.

[13] Ibid., p. 45.

[14] Barzun, Clio, p. 51.

[15] Ibid., pp. 113-14.

[16] Donald C. Williams, "Philosophy and Psychoanalysis," in S. Hood, ed., Psychoanalysis, Scientific Method, and Philosophy (New York: Grove Press, 1959), pp. 175-76. Per una critica eccellente di Lazerowitz in parte usando il tu quoque, vedi K. Daya, "Some Considerations on Morris Lazerowitz's The Structure of Metaphysics" Mind, XXVII (1958), pp. 236-243.

[17]Williams, "Psychoanalysis," pp. 176-77.

[18] Sidney Hook, "Science and Mythology in Psychoanalysis," in Hook, Psychoanalysis, p. 223.

[19] Williams, "Psychoanalysis," p. 177.

[20] Ibid., pp. 177-178.

[21] Barzun, Clio, P. 84.

[22] Szasz, Karl Kraus, P. 114.

[23] Ibid., P. 113.

[24] Hal Davis, "The Shrink Who Left His Patients Short," The New York Post, (April 2, 1980), p. 8.

3 comments:

Santaruina said...

Articolo davvero gustoso e ricco di ironia.

Mette bene in evidenza gli estremi a cui la scienza psicanalitica ha portato.

Per quanto riguarda la "psicopatia", ho dovuto usare anche io questo termine negli ultimi post.

Perchè è davvero infinitamente ridicolo cercare di spiegare la ferocia di un Hitler sostenendo che sia dovuta al fatto che abbia visto da bambino i genitori fare sesso, oppure tacciare di insanità mentale coloro che hanno pensieri diversi da quelli "corretti".

Eppure, è indubbio che esiste una categoria di persone che sostanzialmente ha una struttura emotiva diversa da quella del resto degli uomini.

La psicologia moderna li chiama "psicopatici", e personalmente per me un termine vale l'altro.
Quel che conta è che queste persone mancano di quello che si usa chiamare coscienza, e ignorano i concetti di bene e male.

Si possono chiamare in qualsiasi modo, l'importante è ricordarsi che esistono :-)

Blessed be

Paxtibi said...

Quel che conta è che queste persone mancano di quello che si usa chiamare coscienza, e ignorano i concetti di bene e male.

Sono, in genere, quelli che danno del pazzo a chiunque si opponga loro. :-)

Comunque, penso sia meglio giudicare gli uomini dalle loro azioni, e non per quello che “potrebbero” significare. Di un pazzo omicida mi preoccupa il fatto che mi voglia uccidere, non la sua follia.

Tra l'altro, da un cristiano come te mi sarei aspettato una terminologia diversa, tipo: “abitudine al peccato.” Mi sembra anche più precisa di quella psicanalitica... ;-)

Santaruina said...

Il tuo è un appunto fondato Pax.
E' che per farmi capire tendo ad usare il linguaggio moderno, a volte anche quando è palesemente fallace.

Magari torno a parlare di demoni e di possessioni :-)

A presto