Thursday, October 4, 2007

L'altra realtà di Norman Podhoretz

Riporto e traduco la recensione (o meglio, la stroncatura) di David Gordon del libro di Norman Podhoretz La IV Guerra Mondiale pubblicata dal Mises Institute.

Esponente di spicco della cricca neocon ed irriducibile sostenitore della guerra globale al terrorismo, Podhoretz è stato consulente del U.S. Information Agency dal 1981 al 1987 ed è membro del Council on Foreign Relations, oltre che firmatario del PNAC. Nel 2004 è stato insignito della Presidential Medal of Freedom, il più alto onore che il presidente USA può assegnare ad un civile, mentre nel 2007 ha ricevuto il Guardian of Zion Award.
___________________________

Di David Gordon

[World War IV: The Long Struggle Against Islamofascism. Di Norman Podhoretz. Doubleday, 2007. 230 pages.]

Norman Podhoretz, un'eminente autorità sui romanzi di Norman Mailer, si è per decenni presentato come esperto in politica estera. Allora non è troppo, si potrebbe supporre, attendersi che possieda una conoscenza elementare della storia europea. Ma qualsiasi aspettativa del genere è destinata ad essere presto delusa. Troviamo nel suo ultimo sforzo questa sorprendente osservazione:
A seguire da questo [desiderio di stabilità attraverso un equilibrio di forze] vi era un principio molto vecchio, risalente agli accordi del sedicesimo secolo che si svilupparono dal Trattato di Vestfalia permettendo una coesistenza più o meno pacifica fra principati cattolici e protestanti perennemente in guerra fra loro. Nella sua forma originale questo principio fu espresso dal motto latino cuius regio eius religio (la religione del capo è la religione della regione). (p.132)
Podhoretz ha preso un granchio clamoroso. Ha confuso gli accordi presi nella Pace di Augusta (1555) con il Trattato di Vestfalia (1648), che confermò il principio del cuius regio e lo estese al Calvinismo. Ma che cosa è mai un misero secolo per il nostro colto autore?

Ma sto giudicando Podhoretz su un metro ingiusto. Come egli stesso rende abbondantemente chiaro in questo libro, il suo campo non è il fatto storico ma piuttosto la fantasia e la propaganda. Lo vediamo immediatamente nel titolo che ha scelto per il suo libro. Il quale presuppone due falsità: che siamo impegnati in una guerra mondiale e che qualcosa chiamato “Islamofascismo” esista.

Gli Stati Uniti hanno invaso l'Iraq nel marzo del 2003 e da allora ci sono rimasti, ma questo difficilmente è sufficiente per parlare di una guerra globale. Né gli argomenti cambiano se a questo si aggiungono i maldestri tentativi dell'amministrazione Bush di uccidere Osama Bin Laden. Come potrebbe, persino qualcuno incapace quanto Podhoretz di ragionamento storico, non riuscire a vedere che non c'è una IV guerra mondiale? (La III guerra mondiale fu la Guerra Fredda. Ancora una volta, Podhoretz sbaglia: anche se si è trattato di un conflitto prolungato fra Stati Uniti e Russia sovietica, non c'era una guerra mondiale, nonostante James Burnham sostenesse il contrario.)

Per capire il ragionamento del nostro autore, dobbiamo procedere alla seconda falsità, l'esistenza dell'Islamofascismo. Podhoretz evoca nell'esistenza questa minacciosa ed enorme entità collegando un certo numero di fenomeni autentici. In primo luogo, ricorda diversi eventi terroristici che risalgono agli anni '70:
La documentazione parla tristemente da sola. Dal 1970 al 1975, durante le amministrazioni Nixon e Ford, diversi diplomatici americani sono stati assassinati in Sudan e in Libano mentre altri sono stati rapiti. I perpetratori erano tutti agenti di una o dell'altra fazione dell'Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP). (p. 27)
Questi li raggruppa insieme alle azioni terroristiche degli anni '80 che coinvolgono Muammar Qaddafi in alcuni casi e Hezbollah in altri. [1] Negli anni '90 si uniscono Osama Bin Laden e Al-Qaeda con gli attacchi alle ambasciate e l'attacco alla USS Cole. Gli attentati naturalmente culminano con gli attacchi del 9/11. Questi vari avvenimenti sono naturalmente deplorabili, ma senza addurre alcuna prova, Podhoretz li considera tutti parte di una guerra concordata lunga decenni dei terroristi contro gli Stati Uniti.

Anche se Podhoretz avesse ragione sul fatto che i vari attacchi terroristici sono collegati, questo difficilmente costituirebbe una guerra mondiale. Ma il nostro distinto esperto di fiction ha appena cominciato a confabulare. Il nostro nemico non è solo qualche gruppo di terroristi ma una parte sostanziale dell'Islam, una religione con oltre un miliardo di fedeli. A seguito di Daniel Pipes, Podhoretz avverte di
un'ideologia capace di fare appello ai musulmani di ogni forma e formato… [con] un gran numero di cellule collegate. Se gli islamisti costituiscono dal 10 al 15 per cento della popolazione musulmana nel mondo, si tratta di circa 125 - 200 milioni di persone … l'obiettivo degli islamofascisti non è soltanto di schierare queste risorse per assassinare quanti di noi sia possibile. Come i nazisti ed i comunisti prima di loro, sono dediti alla distruzione delle libertà che proteggiamo e per le quali l'America si erge a baluardo. (p.14)
Podhoretz confonde due cose molto diverse. Molti musulmani affermano abbastanza aggressivamente la convinzione che la loro religione sia destinata trionfare e vedono il mondo occidentale secolare con disprezzo. Ma come può Podhoretz da questo arrivare ad un complotto che coinvolge milioni di persone per distruggere l'America?

Non ci offre nulla di più che aneddoti. “Diversamente dall'Europa, in cui l'attacco del 9/11 ha causato un fugace momento di simpatia per gli Stati Uniti … nel mondo islamico le notizie del 9/11 hanno spinto a ballare nelle vie ed a gridare di giubilo” (P. 99).

Quali persone, e quante, erano giubilanti? Podhoretz non lo dice, né riferisce, per esempio, della veglia a lume di candela per le vittime del 9/11 in Iran. Ma supponiamo che Podhoretz abbia ragione. Sarebbe la prova di qualcosa di più del fatto che qualcuno è felice di assistere alle disgrazie di una potenza ostile? Saltare da questo ad una cospirazione in tutto il mondo per distruggere l'America è un passaggio perlomeno temerario. Non sto insinuando che tutto il discorso su una minaccia islamica sia insensato. Il mio problema è Podhoretz, non l'Islam: non riesce assolutamente a fornire prove per le sue accuse principali.

A questo punto una difficoltà minaccia il nostro autore. Come abbiamo visto, egli afferma che milioni di musulmani professano una versione radicale dell'Islam che mira al collasso dell'America. Sollecita una guerra per combattere questa “dottrina armata” e ha sostenuto entusiasticamente l'invasione dell'Iraq come parte della crociata anti-terrorismo. Ma Saddam Hussein, benchè fosse naturalmente musulmano, governava uno stato in gran parte secolare. Inoltre, non era coinvolto negli attacchi del 9/11. Anche se Podhoretz fosse nel giusto circa il complotto islamico, per quale motivo la guerra in Iraq dovrebbe far parte della lotta anti-islamica? Non è piuttosto una diversione da quella lotta?

Ma un fattore minore come la logica non ferma il nostro autore. È sufficiente per lui che Bush abbia dichiarato l'Iraq parte dell'“asse del male.” Non è necessaria alcuna prova che Saddam avesse progettato un qualsiasi attacco contro l'America, né importa che l'invasione dell'Iraq abbia provocato “un'esplosione furiosa di anti-americanismo” nel mondo arabo (p. 100). La distruzione di Saddam non ha indebolito il potere dell'Islam radicale che Podhoretz teme, poiché l'Iraq non era governato con questa ideologia. Piuttosto, l'invasione ha ulteriormente infiammato l'ostilità degli islamisti radicali. Podhoretz, come appena menzionato, nota questa reazione ma la vede soltanto come illustrazione della malvagità araba piuttosto che come prova che la politica che favorisce ha fallito.

Temo che ancora non abbiamo finito con l'immagine dipinta dal Podhoretz del nemico che affrontiamo. Anche se tutto ciò che Podhoretz ha detto circa i suoi antagonisti fosse vero, perchè li chiama fascisti? Cita Bernard Lewis a proposito dell'influenza dei nazisti nella formazione del partito Baath negli anni '40. Questo partito, tuttavia, era e rimane un movimento nazionalista secolare; cosa avrebbe a che fare con la pressione islamica contro l'occidente temuta dal nostro autore? Il suo “argomento” sembra essere che i radicali religiosi islamici sono fascisti perché alcuni arabi secolari sessant'anni fa hanno guardato ai nazisti con simpatia.

Mettiamo tutto questo da parte, comunque, e supponiamo che milioni di musulmani mirino a distruggerci. Cosa dovremmo fare? Per Podhoretz, la risposta è diretta: dobbiamo installare la democrazia in tutto il Medio Oriente.
Il “nuovo metodo” di Bush è mirato (nella mia [di Podhoretz] versione preferita) a rendere sicuro per l'America il Medio Oriente rendendolo sicuro per la democrazia” (p. 144).
Questa non è un'idea utopica, poiché gli stati di quella regione
furono creati tutti meno di cento anni fa dalle rovine dello sconfitto Impero Ottomano dopo la prima guerra mondiale…. Essendo questo il caso, non c'era niente di “utopico” nell'idea che tali regimi – che erano stati piantati con radici poco profonde da due potenze occidentali [la Gran Bretagna e la Francia] e la cui legittimità era sfidata costantemente dalle forze interne sia religiose che secolari – potrebbero essere sradicati con l'aiuto di una terza potenza occidentale e che un sistema politico migliore potrebbe essere messo al loro posto. (pp. 144-45)
Naturalmente il ragionamento del Podhoretz è errato: non consegue dall'instabilità di un governo che un successivo regime possa essere stabilito facilmente, ma questo non è il problema sul quale desidero ora fissare l'attenzione. Se dobbiamo credere a Podhoretz, milioni di musulmani mirano a distruggerci. In democrazia, questa gente non voterà forse per i governi che tenteranno di mettere in atto i loro programmi radicali? Dato il loro numero (una volta di più, se Podhoretz ha ragione su di loro) è probabile che avrebbero spesso un peso decisivo nelle elezioni. L'effetto del rimedio democratico del Podhoretz è probabile che sarebbe un'intensificazione del problema che dovrebbe curare. Podhoretz pensa che le opinioni islamiche radicali che teme fioriscano soltanto nei regimi non democratici? In caso affermativo, ancora una volta non offre niente che possa supportare la sua posizione.

Accenna al problema in un punto: “sì, le elezioni hanno portato Hamas al potere nell'Autorità Palestinese, hanno dato ai terroristi di Hezbollah un posto nel governo libanese ed hanno assegnato seggi ai terroristi della Fratellanza Musulmana nel Parlamento egiziano” (p. 211). La sua risposta consiste nel citare due scrittori mediorientali che elogiano le elezioni come segno che l'urna elettorale ha sostituito la tirannia. In altre parole, la risposta al problema che gli elettori possano eleggere regimi ostili è che la Democrazia è una Buona Cosa.

Una volta di più, tuttavia, concediamo il beneficio del dubbio al nostro distinto esperto di Medio Oriente. Supponiamo che, prima del 2003, si fosse propensi a vedere del merito nella nozione della democrazia come cura per i problemi di quella regione. Un osservatore razionale non dovrebbe concludere che, applicata all'Iraq, tale politica abbia fallito miseramente?

Per niente, dice Podhoretz: la guerra sta andando piuttosto bene. È vero, degli errori sono stati commessi, ma che problema c'è? Questi ammontano a “spiccioli una volta confrontati agli errori fatti nella seconda guerra mondiale – una guerra condotta da giganti riconosciuti come Franklin D. Roosevelt e Winston Churchill” (p. 115). Il “ragionamento” del Podhoretz, se l'ho capito bene, è che se gli errori della guerra in Iraq sono meno di quelli di un'altra guerra da lui ritenuta un successo, allora la guerra in Iraq non è un fallimento. È probabilmente normale che Podhoretz non tenti di argomentare le sue affermazioni.

Podhoretz fa un certo numero di altre notevoli asserzioni. I prigionieri a Guantánamo non sarebbero maltrattati. Anzi, al contrario, ricevono cure mediche avanzate e il loro regime è così salutare che hanno guadagnato in media diciotto libbre ciascuno durante la loro prigionia (p. 93). Leggendo questo, sono stato tentato di fare domanda per l'ammissione alla struttura. Prima di spedire il mio modulo di iscrizione, tuttavia, la cautela mi ha fermato. Altrove Podhoretz ci dice che “il fattore chiave nel combattere un'insurrezione terroristica” sta nella quantità di informazioni che si possono ottenere e che un metodo per assicurarsele è attraverso gli interrogatori dei prigionieri. Podhoretz si lamenta degli sforzi per “definirli 'tortura' fino al punto in cui diventerebbe illegale persino il sottoporre un terrorista catturato a metodi di interrogatorio generalmente accettati” (p. 114). Podhoretz ha un'idea piuttosto aberrante di buon trattamento e di conseguenza dovrò abbandonare i miei programmi di vacanza a Guantánamo.

La politica americana in Iraq, allora, è un magnifico successo. Di conseguenza, allora, l'autore di tale politica non si dovrebbe qualificare per la sua grandezza? “Io [Podhoretz] credo che il primo degli aspetti per i quali [Bush] già assomiglia a Harry Truman sia il suo riconoscimento in ritardo come grande presidente” (p. 205).

Le critiche sulle politiche interne di Bush lasciano intatta la sua grandezza: “chi si ricorda o si preoccupa oggi per le politiche interne di Truman?” (p. 205). Eric Voegelin, seguendo il romanziere austriaco Heimito von Doderer, parlò di una seconda realtà abitata da coloro che soffrono di un disordine dello spirito. Non posso pensare ad un'immagine più esatta di ciò che intendeva della IV Guerra Mondiale del Podhoretz. [2]
___________________________


David Gordon recensisce i nuovi libri d'economia, politica, filosofia e legge per The Mises Review, la rivista trimestrale di letteratura nelle scienze sociali, pubblicata dal 1995 dal Mises Institute. È autore de The Essential Rothbard, disponibile nel Mises Store. Consulta il suo archivio. Mandagli una mail. Commenta sul blog.

Questa recensione è stata pubblicata originariamente ne The Mises Review, autunno 2007.

Note

[1] Per un resoconto scettico di alcune delle accuse contro la Libia, vedere John Quigley, The Ruses for War (Prometheus Books, 2007).

[2] Podhoretz scrive con una prosa solida per quanto indistinguibile; ma non penso che i suoi maestri Lionel Trilling e F. R. Leavis avrebbero approvato il suo uso costante di “e/o” – una locuzione più adatta ad una lettera di affari che ad un saggio o ad un libro.

No comments: