Friday, September 21, 2007

Demonocrazia

I demòni sono usciti dall'uomo russo e sono entrati nel branco dei porci, e cioè nei Necàev, nei Serno-Solov'ëvic e così via. Quelli sono affogati, o affogheranno senza dubbio, e l'uomo ormai guarito, da cui sono usciti i demòni, siede ai piedi di Gesù"
(F. M. Dostoevski, lettera a Màjkov a proposito de I Demòni)
C'è qualcosa di pernicioso nella brama di potere, qualcosa che tutti percepiscono come sbagliato, eppure sono tanto pronti ad abbandonarvisi se solo ne avessero l'opportunità. Non a caso la retorica dello stato continua a ripetere il mantra del servizio, dello stato siamo noi, tanto che persino gli oppositori più estremi obbediscono alla stessa logica, quella dei governanti “dipendenti”. E il gioco funziona, perché aveva ragione Goebbels, le cose basta ripeterle, non c'è bisogno che siano vere, e nemmeno plausibili: quanto lo è il credere che un uomo, conquistato il potere, si metta al servizio degli altri? Allora davvero, non è l'anarchia ad imporre l'avvento dell'Uomo Nuovo, liberato dal peccato e dalla tentazione, è la democrazia ad averlo già proclamato. È il trionfo del pensiero circolare: l'uomo è una bestia feroce, pronta ad aggredire i suoi simili alla prima occasione, con in testa solo il suo interesse personale; ma si trasfigura accogliendo su di sé l'investitura del potere, diventa un benefattore la cui unica preoccupazione è l'interesse collettivo.

Invero, già nelle sue radici hobbesiane la dottrina statalista mostrava la sua natura mitologica, con lo stato a rappresentare il corpo unico della collettività come organismo semidivino, il Leviatano. Poco è cambiato da allora. Anzi, i tentacoli della creatura si sono allargati fino a permeare totalmente la società. Se si accetta il dogma per cui lo stato ha il potere di risolvere i problemi che gli uomini, lasciati liberi, non sarebbero in grado di risolvere da soli, non ci sono più ostacoli alla sua espansione. Ma se gli uomini non avessero in sé, nella loro natura, la capacità di comprendere, preferire, ed esercitare la collaborazione, la prima cosa da evitare sarebbe proprio l'assegnare il potere a qualcuno di questi esseri antisociali ed aggressivi. Perché il potere regala l'impunità, rende l'uomo un ubermensch come in un vero e proprio patto col demonio; con la conquista del potere l'uomo ottiene una libertà assoluta e nefasta, e di conseguenza la schiavitù per tutti gli altri.

Guardate al passato, nominateli uno per uno, gli uomini di potere: tutti hanno mentito, rubato, ucciso, imprigionato altri uomini. Quanti hanno pagato? Così pochi che se ne scrive sui libri di storia: sono i capri espiatori del potere, il sacrificio rituale del capo che serve a perpetuare il loro dominio, provando il buon funzionamento del sistema. La democrazia non è che questo, è il mondo della tentazione, costruito per sfruttare la doppia natura dell'animo umano e far prevalere il lato oscuro, quello che gli fa preferire le lusinghe della prevaricazione alla sicurezza della collaborazione.

Le civiltà fioriscono finché tra gli uomini la collaborazione prevale, decadono e precipitano nel caos quando a vincere è il desiderio di prevaricare, di vivere sulle spalle altrui, di godere privilegi. Allora l'uomo cambia se stesso e con lui cambia la società. L'istinto del massimo risultato col minimo sforzo, che in condizioni normali non è che uno strumento, non viene più controllato dal raziocinio, dalla previdenza e come uno scalpello comincia a erodere la pietra angolare della società: la fiducia. L'uomo diventa demoniaco, ovvero lavora alla propria distruzione: si sottrae e sottrae risorse necessarie alla società, diventa parassita, contro natura, quindi destinato all'estinzione.
Lo aveva ben chiaro Dostoevski, quando scriveva ne “I Demoni”:
"Voi pensate, forse, che io dubiti ancora che il personaggio che mi appare nell'allucinazione sia io stesso e non sia davvero il diavolo"
"E... lo vedete realmente? Vedete realmente una figura ben definita?"
"Sì lo vedo, lo vedo così, come vedo ora voi... e talvolta lo vedo e non sono persuaso di vederlo, benché lo veda... talvolta non so chi dei due realmente esista: io o lui..."
È la presa di coscienza del nichilista Stavrogin che, assaporata l'ebbrezza della distruzione e del potere vede il demone che lo possiede, l'ombra del se stesso libero dai vincoli naturali, senza limiti, che come il diavolo chiede molto all'uomo in cambio del sogno della superiorità: la sua parte migliore. quella che agli altri vuole offrire e non sottrarre, perché solo così gli sarà offerto alla stessa maniera spontaneamente, e solo così la società umana potrà renderlo felice. Ed è triste pensare invece all'infelicità che la società infligge agli uomini, proprio la società così necessaria alla loro vita. Per questo il confronto tra potere e anarchia non è un problema politico. È un problema biologico. È in gioco la sopravvivenza.

10 comments:

Anonymous said...

sigh
Bellissimo post. Mi viene da piangere.

Anonymous said...

Deep state ---- Doppio State--- Double speaking




E’ tutto doppio. Il Bene ed il Male, Inferno e Paradiso, Ego e SuperEgo,Stato e Doppio Stato(o Deep State).

Sia a livello individuale che a livello pubblico.

Dice Hegel che quello che è importante è la terza cosa: la gestione dei due stati.

Se uno riesce a gestire lo scontro di civiltà tra i due stati, alimentando il differente potenziale
tra i due, allora diventa il direttore del terzo stato e vedrà cose neanche immaginabili.

Il dolore per quello che ho visto e ho capito mi rende più forte e mi isola da gente stupida, ambiziosa.

Fighter non piangere!

Ciao Gianni

H.I.M. said...

As usual, concordo su tutto e aggiungo che hai fatto benissimo a citare Dostoevsky. Non so se lo sapevi, ma qui in Italia, qualche empo fa ci fu chi tento di strumentalizzarlo per fini diametralmente opposti, cioè per dire che il nichilismo va combattuto con la spada (a.k.a lo stato).

Ciao

Paxtibi said...

Certa gente Dostoevsky può solo cercare di strumentalizzarlo, ma non lo capirà mai, ahiloro! Il nichilismo di Verchovenskij, Kirillov e Stavrogin è lo stesso dei nostri governanti, ubriachi di potere e privi ormai del senso della misura.

Cristo resistette 40 giorni alle tentazioni del demonio, ma quanto può resistervi un uomo?
Perché quindi sottoporsi alla tentazione, quando poi la vita di tutti ne subirà le conseguenze?

E’ tutto doppio. Il Bene ed il Male, Inferno e Paradiso, Ego e SuperEgo,Stato e Doppio Stato(o Deep State).

In Dostoevsky è chiarissima questa dualità fonte della lotta interiore. La natura dell'uomo tende all'equilibrio di queste due forze, il potere lavora invece sempre per aumentarne lo squilibrio, come giustamente dici. La divisione che crea è prima di tutto dentro ciascuno di noi, e si riflette, moltiplicandosi, nella società tutta (Particolarmente satanici sono infatti i sostenitori di Oneness, che negano la dualità in nome dell'uno).

Fighter non piangere!

Lo dico anch'io! In fondo nel tuo ultimo post hai scritto le stesse cose, solo in maniera diversa.
Io ho solo cercato di ricollegare ciò che osservo al mito, che non è altro che un manuale che attraverso i secoli ci ricorda di questa battaglia con noi stessi e di come vincerla. E il potere si è impossessato anche di questo manuale e ne ha fatto uno strumento di ulteriore divisione!

Anonymous said...

- “con la conquista del potere l'uomo ottiene una libertà assoluta e nefasta, e di conseguenza la schiavitù per tutti gli altri.”

Un bellissimo “pezzo”, Pax. Che non si limita all’osservazione dei fatti, ma stimola profonde riflessioni sulle dinamiche che sono a monte dell’uso del potere e della sua instaurazione (e conservazione).

La tematica di una dualità interna all’individuo è affascinante, e credo che sia necessario affrontarla in un tempo, il nostro, in cui il concetto di “democrazia” soccombe alle stesse leggi che ne hanno imposto l’uso strumentale del termine, svelandolo. Ed è estremamente utile sottolineare che con esso si nasconde l’articolazione di un unico potere in diversi apparati dietro parole come “partecipazione”.

Se la condizione ottimale, per gli uomini, è una dimensione collaborativa di tipo anarchico (nel senso di rifiuto del potere, e su questo sono più che d’accordo) credo sia fondamentale interrogarsi su dinamiche meno dibattute e più di fondo per spiegarsi come, ad esempio, l’individuo abbia operato una sorta di “autosuperamento” solo in direzione dell’accettazione di uno stato sociale gestito dal potere, e non invece in chiave “anarchica”. E come si è riusciti, per contro, a stroncare ogni tentativo umano che andasse in direzione di imboccare quel cammino.

Spesso sono arrivata alla conclusione che il Potere è la vittoria del Male sul Bene, dove con i due termini intendo lo stadio umano interiormente meno “evoluto” (e l’induzione a credere che l’individuo sia perennemente destinato a questo) e la coscienza del potenziale liberatorio della collaborazione e del rifiuto alla cieca obbedienza.

E se “la natura tende all’equilibrio di queste due forze”, interne agli individui, quali sono i motivi per cui, qui ed ora, ha preso il sopravvento la peggiore delle due (se non la meno funzionale alla sopravvivenza)?

- “persino gli oppositori più estremi obbediscono alla stessa logica, quella dei governanti “dipendenti”.”

Mi ricorda qualcosa…

- “Per questo il confronto tra potere e anarchia non è un problema politico. È un problema biologico. È in gioco la sopravvivenza.”

Solo per questa affermazione, meriteresti la Home Page di parecchi siti.

Un abbraccio libertario.

flo.

Paxtibi said...

E se “la natura tende all’equilibrio di queste due forze”, interne agli individui, quali sono i motivi per cui, qui ed ora, ha preso il sopravvento la peggiore delle due (se non la meno funzionale alla sopravvivenza)?

Perché la via "oscura" è la più facile, è immediata: non devi lavorare per percorrerla, lavorano gli altri per te. Collaborare invece significa innanzitutto lavorare, e lavorare, si sa, stanca.

Inoltre, solo guardando in profondità si riesce a vedere dove conducono le due strade, ma questa capacità è sistematicamente annullata dal sistema educativo statale: modificando la storia, controlli il presente.

Pensa alla versione della storia che lo stato impone, dimmi se è possibile ricavarne un senso logico, capire gli eventi e le loro cause. Con tutti gli eroi alla Garibaldi "liberatori" di popolazioni che popolano i libri di storia, come vuoi che si educhi la capacità di vedere in prospettiva, di prevedere le conseguenze future delle nostre azioni?

Lo stato ci trasforma in eterni bambini, bloccati in un continuo presente, fuori dalla storia, schiavi di ogni tentazione che prometta la soddisfazione di qualsiasi desiderio immediato. Quello che chiamiamo consumismo, insomma, e che non si limita al mondo materiale ma permea ormai anche la sfera dei sentimenti.

spiegarsi come, ad esempio, l’individuo abbia operato una sorta di “autosuperamento” solo in direzione dell’accettazione di uno stato sociale gestito dal potere

Il potere promette il superamento dei limiti – infilandoti in realtà in una gabbia sempre più stretta – la libertà invece impone di crescere. Crescere significa apprendere dalle esperienze, proprie e altrui. Lo stato impedisce alle seconde di essere recepite, alle prime di essere vissute, e in questo modo condiziona la scelta: si finisce per scegliere il sogno perché non si riesce a comprendere il valore dell'alternativa.

Paxtibi said...

Piccola appendice.
Naturalmente tutto ciò non è farina del mio sacco: stava già tutto scritto nei “manuali”...

:-)

(Credo che tirerò fuori un altro post da questo scambio di idee. Se ne avete altre... accomodatevi!)

Anonymous said...

[i]Lo stato ci trasforma in eterni bambini, bloccati in un continuo presente, fuori dalla storia, schiavi di ogni tentazione che prometta la soddisfazione di qualsiasi desiderio immediato. Quello che chiamiamo consumismo, insomma, e che non si limita al mondo materiale ma permea ormai anche la sfera dei sentimenti.
[/i]

Seguendo questa analisi, è intuibile la ragione per cui le leggi degli stati si riducono sempre più a provvedimenti "contingenti", atte apparentemente a "lenire" le angosce che lo stesso potere genera.

flo

Anonymous said...

Grazie delle parole consolatorie :-)
E' vero, tu,io e anche H.I.M. abbiamo affrontato lo stesso problema.
Il pianto mi viene instillato dalla difficoltà che si ha nel far recepire alla gente cose che noi troviamo piuttosto semplici. E nel vedere migliaia di persone che lottano, animate da buone intenzioni, solo per perpetrare l'esistenza dello Stato e cambiare un governo con un altro.
E nel farlo invocano quella libertà alla quale implicitamente rinunciano.

Paxtibi said...

Il pianto mi viene instillato dalla difficoltà che si ha nel far recepire alla gente cose che noi troviamo piuttosto semplici.

Se vuoi renderti conto di quanto, davvero, è difficile, da' un'occhiata alla discussione su Luogocomune dove è stato pubblicato questo articolo:

http://tinyurl.com/2ec4ka

Però non ti rimettere a piangere, eh! :-)