Monday, November 10, 2008

Cookies and lemonade

Suvvia, apriamo la settimana con un sorriso...

Dilbert.com

3 comments:

L'agliuto said...

Caro Pax,
ho riflettuto a lungo sugli ultimi post (in particolare a questo su Bastiat, a quello di Rockwell, a quello di Ron Paul ed a quello di Rothbard sulla FED). Per mia comodità, sperando di non annoiarti, ho condensato il tutto nei versi seguenti.
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Il cosiddetto «liberalismo» (o «liberismo»)
è tutto, fuorché liberale (o libero),
perché si basa su una normativa
così ossessiva, così cavillosa e, per giunta,
così mutevole,
che solo i legulei delle multinazionali
sanno districarvisi (e usarla a loro vantaggio).
L'ingenuo può pensare
quest'iper-regolamentazione elaborata
per prevenire ogni eventualità di sopruso
del forte sul debole e, in tal caso, s'arrabatta,
come può, a rispettarla,
se non altro per la flebile eco del sacro
di cui erano investiti imperatori e re.
Ma non è che un ingenuo. In verità
era quello tradizionale, il liberalismo
del laissez faire:
"Lasciatelo stare in pace, il mio popolo,
'ché gliene bastano dieci, di comandamenti".


È vero. Le caste sono scomparse
e non senza motivo,
tutti noi meticci moderni essendone fuori.
Va comunque detto che la loro abolizione,
pur permessa dai tempi,
la si deve a chi sagacemente ha fomentato
l'orgoglio (e perciò la disobbedienza)
di chi, in una struttura normalmente gerarchica,
paragonabile a quella di un corpo,
doveva sottostare, come il fegato al cuore.
Così nasce lo stato moderno, democratico
in verbis, ma totalitario in factis
(controgerarchico, cioè, non antigerarchico,
in questa gerarchia rovesciata l'inferiore
trovandosi al posto del superiore),
e così prospera.
Il Leviatano è astuto: arrogandosi il diritto
di tutelare i deboli, i poveri e gli oppressi
(ovvero mettendo la moglie contro il marito,
i figli contro il padre e i servi contro il padrone),
lo sottrae a colui per il quale questo diritto
era un dovere.
La Bestia è scaltra: con l'esca dei «diritti umani»
distrugge la compagine sociale
e della collettività e del singolo.
Che cos'è il cancro, se non insubordinazione?


Quando un moderno parla di anteporre
il collettivo al singolo,
l'interesse generale a quello individuale
e insomma un'astrazione ad una realtà concreta,
costui pensa esclusivamente al proprio interesse.
Per gli antichi, la subordinazione del singolo
ad una collettività che, a cerchi concentrici,
s'allargava dalla famiglia fino allo Stato
(tribù, repubblica o impero che fosse)
era scontata, quand'anche avesse comportato
l'estremo sacrificio.
Ma c'era il sacrum facere, appunto, a cementare,
col vincolo della lealtà, della dedizione
e dell'obbligo d'onore, l'intera piramide,
concretizzandone l'astrattezza nel rapporto
tra figlio e padre, tra moglie e marito,
tra suddito e sovrano, tra creatura e Creatore.

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Ciò premesso, penso che se il tuo argomentare contro lo stato [moderno], oltre a prender le mosse in chiave - diciamo - antimarxista dagli illustri pensatori più recenti (ivi compresi Bastiat, von Mises, ecc.), si riallacci anche al passato meno prossimo, ne trarrebbe maggior autorevolezza.
Penso, ad esempio, ai versi immortali del Tao-te-king (che già ti segnalai tempo addietro): "Governare un paese è come friggere pesciolini [che meno li tocchi, meglio è]". O ai passi del Chuang-tze sull'immobilità e sul silenzio del sovrano perfetto, che lascia i suoi sudditi autoregolarsi e che interviene solo, quando occorre, per ristabilire l'equilibrio turbato (e allora interviene con mano pesante, paterna, ma pesante). O ai passi del Corano, che approvano ed anzi favoriscono il commercio, regolamentando soltanto i casi in cui l'interesse può trasformarsi in usura (e lì sono pignolissimi, i commentatori islamici; tuttavia pensa che la condicio sine qua c'è usura è l'accordo vicendevole tra finanziatore e finanziato).
Purtroppo il Vangelo, nel suo splendido disinteresse per le faccende di Cesare, in questa evenienza non è utilizzabile. Anzi, si potrebbe addirittura affermare che la sua attenzione, finallora inedita, verso i poveri, i semplici, i deboli e gli oppressi, sia stata sagacemente utilizzata per giustificare l'interventismo statale ("non siamo insensibili al grido di dolore").

Paxtibi said...

penso che se il tuo argomentare contro lo stato [moderno], oltre a prender le mosse in chiave - diciamo - antimarxista dagli illustri pensatori più recenti (ivi compresi Bastiat, von Mises, ecc.), si riallacci anche al passato meno prossimo, ne trarrebbe maggior autorevolezza.

Probabilmente sì, ma in fondo faccio quel che posso e scrivo di quel che conosco.
Che poi, non ho mica bisogno di essere autorevole per rifiutare l'autorità di un altro uomo su di me: io non la riconosco e basta, e non esiste nulla, nessun valore o ideologia assoluta che possa cambiare questo semplice fatto, ché nessun essere mortale ha il diritto di dirmi cosa fare.

Per il resto, quello che hai scritto è molto bello e molto giusto, complimenti a te!
:-)

L'agliuto said...

È vero. Solo adesso mi rendo conto d'aver detto una fesseria. Tutti noi scriviamo solo di quel che conosciamo. Quel che volevo dire, magari, è che come uno trae conforto dallo scoprire che un pensatore moderno (e soprattutto non dichiaratamente religioso) afferma le stesse cose di uno antico, cosi un altro si rallegra nel trovare compagni di viaggio vecchi di mille e più anni.
Grazie per i complimenti, tanto graditi quanto immeritati.