Thursday, February 11, 2010

L'infezione letale

Pochi autori riescono a descrivere il collasso del sistema con la stessa lucidità e chiarezza d'espressione di Butler Shaffer, sempre tra i miei preferiti. In particolare il seguente pezzo, che rivela la natura del male – probabilmente incurabile – che affligge la nostra civiltà, è un piccolo capolavoro di sintesi e analisi razionale che, purtroppo, lascia ben poco spazio alla speranza.
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Di Butler Shaffer


“Poco importa quale sistema io decida di seguire; hanno tutti lo stesso carattere.”
~ Jacques Ellul


L'altro giorno mi sono imbattuto in uno dei miei ex studenti. Mi ha detto: “avevate ragione; dicevate che l'intero sistema istituzionale stava andando in pezzi ed era vero.” “E scommetto che, quando lo dissi, ti facesti beffe di me con i tuoi compagni di classe,” ho risposto. “Ammetto di averlo fatto, ma ammetto anche che avevate ragione.” Allora gli ho detto che non era necessario essere dei chiaroveggenti per sapere ciò che stava arrivando; che la natura autodistruttiva dell'istituzionalismo è implicita nelle premesse su cui è organizzata la società moderna.

Alla domanda di un reporter, “che ne pensate della civiltà occidentale,” il Mahatma Gandhi si dice abbia risposto: “mi pare una buona idea!” Le parole di Gandhi riflettono la lotta storica – ma troppo spesso trascurata – fra le forze creative, pacifiche e favorevoli alla vita della civiltà e il carattere violento e distruttivo dei sistemi centrati sulle istituzioni, in particolar modo quelli organizzati intorno allo stato. Basandosi sullo studio delle civiltà passate, c'è un senso quasi deterministico che la civiltà occidentale sia destinata a crollare, come se le culture attraversassero cicli di nascita-vita-morte paragonabili a quelli dei sistemi organici.

Parte del dilemma in cui l'umanità da lungo tempo si trova deriva dalla nostra natura dualistica: siamo non solo degli individui unici – ciascuno con un DNA diverso da tutti gli altri – ma anche esseri sociali che necessitano della cooperazione e della compagnia di altri. Nessuno di noi sarebbe sopravvissuto per più di poche ore se le nostre madri, dopo la nostra nascita, ci avessero abbandonati sul ciglio della strada e se ne fossero andate. Abbiamo bisogno dell'assistenza costante e amorosa degli adulti finché non arriviamo al punto in cui possiamo sostenerci da soli. Come adulti, scopriamo i vantaggi di una divisione del lavoro che ci permette di scambiare i nostri sforzi con altri e, grazie a ciò, di vivere bene, non solo materialmente ma anche psicologicamente.

Ci sono delle implicazioni a tali verità fondamentali che si sono dimostrate distruttive per la nostra capacità di vivere vite produttive e personalmente soddisfacenti. Se la cooperazione sociale è essenziale alla nostra stessa esistenza sia come individui che come civilizzazioni, quali forme organizzative sono di sostegno a tale scopo, e quali sono invece nocive?

Una tale domanda è cruciale per il benessere a lungo termine di una società a causa della storia del declino e caduta delle passate civiltà. Per tutti benefici creativi e vitali che si presentano all'interno delle civiltà, ci sono forze interne che contraddicono tali vantaggi. Queste influenze distruttive si possono paragonare ad un virus che, se lasciato senza controllo per disattenzione, può riprodursi per metastasi e sopraffare il sistema immunitario. Questo virus è l'istituzionalismo, la trasformazione dei sistemi organizzativi da comodi strumenti in un fine in sé stessi, un fenomeno che ho indagato più dettagliatamente in Calculated Chaos.

Ho paragonato il corso della storia a ciò che è noto come funzione “di erosione e sedimentazione” di un fiume. Sul lato esterno del fiume – dove la pressione è più forte – il fiume erode gli argini, trascinando nella corrente terra, limo, ghiaia e piante. Sul lato interno, dove la forza del fiume è minore, i residui si accumulano, eseguendo il ruolo della sedimentazione. Alla maggior parte di noi piace immaginare di essere laddove il fiume scava il suo corso, “sul filo della lama” degli eventi, ma dobbiamo ricordare che è sul lato della sedimentazione che avviene la nuova crescita – sotto forma di vita vegetale.

Il corso del fiume – quando le sue funzioni di erosione e sedimentazione si completano a vicenda – esprime i processi del continuo cambiamento essenziali alla salute di ogni sistema vivente. La nostra vita economica, per esempio, è stata caratterizzata da Joseph Schumpeter come “distruzione creativa,” in cui ciò che è stabilito viene alterato o sostituito dal nuovo. Schumpeter lo vedeva come un “processo di mutazione industriale di che rivoluziona incessantemente le strutture economiche dall'interno, distruggendo incessantemente quelle vecchie, creandone incessantemente di nuove.”

Il problema è che molti di coloro che sono riusciti a stabilire le loro posizioni sugli argini non gradiscono questa incessante interazione fra distruzione e creatività che è il processo produttivo. Possono allora tentare di bloccare tale processo, un tema che ho esplorato più completamente nel mio libro In Restraint of Trade. Cominciano solitamente con sforzi volontari per limitare la concorrenza. Ma, non potendo tenere il passo con le dinamiche che affrontano, si rivolgono allo stato, che – godendo di un monopolio sull'uso della violenza – può ridurre con la forza tali minacce creative contro lo status quo.

Qui si trovano i sintomi iniziali del virus che può attaccare e distruggere una società altrimenti in buona salute. A causa della sua potente energia, il fiume può erodere le rive su cui gli interessi costituiti hanno stabilito le loro fondamenta attendendosi di goderne permanentemente.

Quando ci occupiamo delle malattie del nostro corpo, siamo soliti concentrare le nostre attenzioni sui sintomi, e immaginiamo che siano essi a renderci indisposti. Diamo troppo spesso per scontato che se potessimo sopprimere i sintomi potremmo ristabilire la nostra salute. Applichiamo tale pensiero non solo alle preoccupazioni per la nostra personale salute, ma anche ai problemi politici. Quindi, mentre i conflitti e le contraddizioni del nostro pensiero generano crescente violenza sociale, molti trovano facile immaginare che la causa delle nostre difficoltà siano le armi, e promuovono leggi per criminalizzarne la proprietà. Se un bambino – non riuscendo a trovare ispirazione nei metodi di insegnamento meccanicistici e regolamentati dell'educazione scolastica – si dedica ai suoi interessi, può essere sottoposto a farmaci o altre pratiche di modifica comportamentale. Così, con l'ampliarsi della militarizzazione dello stato corporativo americano nel mondo intero, le reazioni rabbiose degli stranieri sono definite “terrorismo” inerente delle culture non occidentali.

Così come un medico competente guarda oltre le manifestazioni di una malattia alla ricerca delle sue cause, anche noi – i membri di una civiltà – dobbiamo imparare a scoprire cause per la condizione terminale della nostra cultura più profonde di quelle spiegazioni superficiali che intrattengono più che informare. La mia lettura della storia indica che il virus mortale è l'istituzionalismo. L'infezione sembra prendere vigore nel momento in cui un'organizzazione diventa ripetutamente efficace, così che i suoi membri vogliono renderla permanente. Nella mente dei suoi sostenitori, il sistema si trasforma dall'essere un utile strumento per la realizzazione di obiettivi condivisi e si trasforma in in un'astrazione; un fine in sé.

La salute di un sistema dipende dalla sua capacità di resistere ed adattarsi a condizioni in via di trasformazione. Un'organizzazione di affari che affronta una nuova fonte di concorrenza deve, in un mercato libero, o rispondere efficacemente al prezzo e/o alla qualità di un prodotto del concorrente, o soffrire perdite di reddito che possono alla fine spingerla fuori dal mercato. Accettare la premessa istituzionalista che diventare un potere costituito dà diritto ad uno status permanente equivale, come gli storici ci avvertono, ad aprire le porte al crollo di una civiltà produttiva.

Con la credenza in istituzionalismo che infetta completamente le nostre menti, consideriamo la conservazione dei sistemi costituiti più importante del mantenere le condizioni che hanno portato alla creazione di tali organizzazioni in primo luogo. La libertà e la spontaneità finiscono per essere considerare come minacce contro uno status quo che deve essere mantenuto a tutti i costi. La prova per questo atteggiamento mentale paralizzato si trova nella pratica corrente in cui ora si sta impegnando il governo federale concedendo incalcolabili centinaia di miliardi di dollari alle banche, alle società di assicurazioni, ai costruttori di macchine e ad altri importanti interessi corporativi chiamati – con parole che riflettono l'istituzionalismo – “troppo grandi per fallire.”

Microsoft e la rivista Time – i cui interessi economici costituiti sono sfidati da Internet – hanno proposto recentemente che l'accesso alla rete sia soggetto all'autorizzazione del governo. Questa è la stessa proposta fatta da Hillary Clinton, un certo numero di anni fa, con la proposta di un “guardiano” del governo che impedisca a chiunque di diffondere le proprie opinioni nel mondo. Il flusso libero di informazioni è piuttosto liberatorio, come rivelarono le conseguenze dell'invenzione di Gutenberg nel XV secolo.

Le licenze hanno sostituito le inquisizioni come mezzi principali per la protezione degli interessi istituzionali costituiti dallo spettro di una concorrenza senza freni. I medici, gli avvocati, i dentisti, i ragionieri e numerosi altri commerci e professioni hanno utilizzato questo dispositivo auto-protettivo. La logica rimane la stessa in ogni caso: viene istituita una commissione statale per le licenze formato da persone già nel mercato per decidere a chi sarà o non sarà consentito di far loro concorrenza!

Sia che consideriamo le licenze, l'istituzione di tariffe, o l'apertura del tesoro federale per saccheggiarlo a vantaggio degli amici di coloro che ne posseggono le chiavi, ad essere chiamata a trasmettere il virus dell'istituzionalismo è sempre la forza governativa. La nazione-stato – che è diventata l'untore di tutto ciò – continua ad esporre tessuti altrimenti sani alla malsana influenza che ha ridotto la civiltà occidentale in una condizione terminale.

4 comments:

Pike Bishop said...

E' inevitabile: le civilta' nascono, crescono, si ammalano e muoiono.
L'unica differenza, questa volta, e' che' ci avevano venduto questa come "la fine della Storia", il che si sta rivelando inesatto.
Niente da preoccuparsi, tutto prosegue come sempre, basta guardare il mondo come un qualsiasi buon padre di famiglia dell'Asia Centrale e rilassarsi: non vi sentite gia' meglio?

Paxtibi said...

Io ho invece l'impressione che questa cosa della "fine della storia" l'abbiano spacciata anche le volte precedenti... e dopo tutto la "storia" è finita davvero! ;-)

Gatto rognoso said...

"schifosamente" bello ma mai quanto l'avatar da "grande vecchio" ;P

Paxtibi said...

It's restyling time!