Se non capite la vignetta, ordinate il libro consigliato nel post precedente.
Friday, December 24, 2010
Buon Natale (anche a Bernanke)!
Posted by Paxtibi at 12/24/2010 05:15:00 PM 8 comments
Monday, December 20, 2010
A Natale regalate Cosa è il Denaro!
E buon Natale a tutti!
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Di Francesco Carbone
Nel mio libro uscito a dicembre 2008, giusto in tempo per essere comprato e regalato, consigliavo tra le righe di comprare metalli, comprare qualche titolo azionario a prezzi stracciati, e conservare cash per poter fare buoni affari al momento giusto. Con 15 neuri, oltre a tanta cultura economica, tre consigli pratici che hanno reso sicuramente bene.
Chi lo regalò all'epoca fece sicuramente un gran figurone. In quei giorni si presentavano infatti le ultime occasioni per comprare oro a meno di 600 euro l'oncia e, mentre sui mercati tutti si scagazzavano addosso dalla paura, le borse offrivano prezzi da saldi su veramente tanti titoli, alcuni dei quali da allora hanno registrato anche performance del 1000%.
Forse i consigli contenuti in Cosa è il Denaro sono meno pratici e diretti ma il libro, in quanto a contenuti economici, è imperdibile. Trovo veramente inconcepibile per chiunque, oramai, giungere nuovamente alla vigilia di una prossima enorme crisi finanziaria economica che a mio avviso spazzerà via almeno la metà della ricchezza finanziaria mondiale, e non sapere ancora bene, in dettaglio, in profondità, cosa davvero sia il Denaro.
Tutti i mali economici di questo ultimo secolo dipendono direttamente o indirettamente da questa drammatica confusione teorica e pratica intorno al denaro. Il libro fa totale chiarezza, toglie ogni confusione. Se a qualcuno restasse della confusione dopo averlo letto, lo rilegga. E lo rilegga ancora. E poi magari si legga Inflazione Malattia Primaria e il mio Prevedibile e Inevitabile.
Io credo davvero che un libro così andrebbe regalato a chiunque si conosca. Al diavolo tutti gli altri superflui regali di Natale. Se avete conosciuto questo sito, se soprattutto avete avuto anche la fortuna di conoscerlo anni addietro, parandovi discretamente bene dall'antipasto 2008 di questa lunga crisi, non potete non regalarlo.
Credo sia vostro dovere morale contribuire a diffondere il messaggio di una moneta sana e onesta a tutte le persone che conoscete, lo stesso dovere morale che ha spinto me a spendere così tanto tempo intorno a questo sito, senza praticamente guadagnarci mai niente, se non rogne e sacrifici.
Che poi la gente a cui lo regalate lo leggerà o meno è un problema loro. Voi avrete la coscienza a posto sia nei loro confronti, sia nei confronti di chi si è dato da fare tutti questi anni per scrivere su questo sito, aggiornarlo, difenderlo e tenerlo in vita.
In ogni caso, un libro come Cosa è il Denaro dovrebbe trovarsi in ogni scaffale della propria personale libreria e in più copie, di modo da poterne regalare una alle persone speciali in visita. Il suo contenuto dovrebbe essere insegnato già a partire dall'asilo e dalle elementari. Bisognerebbe anche farci un cartone animato che possa sostituire degnamente quello divulgato dalla banca centrale europea, una roba indecente di pura disinformazione su cosa sia l'inflazione, il denaro, la politica monetaria. Chi ha prodotto quel video meriterebbe la condanna per frode intellettuale, se non che il potere di certificare le frodi intellettuali è tutto nelle mani dei loro amici.
E' dalla diffusione di libri come Cosa è il Denaro che dipende quel lumicino di speranza da tenere sempre acceso, per poter riprendere un domani la strada della libertà e della prosperità, anche in paesi culturalmente devastati (perlomeno dal punto di vista economico) come questo qua.
Oramai restano ancora pochi giorni per poter ordinare e ricevere il libro per tempo, prima di Natale. Quindi datevi da fare: più ne comprate, più risparmiate, più bene fate alla cultura economica di questo paese.
Posted by Paxtibi at 12/20/2010 01:25:00 PM 13 comments
Wednesday, July 28, 2010
Pagina 33
(La pagina è – ovviamente – la 33...)
Le disastrose avventure dei burocrati dello spazio
Alcune strisce tratte dal fumetto “Collective Hope. Burocrati Nello spazio” (pp72, euro 9,99), firmato da Flavio Tibaldi, pubblicato sull'inserto settimanale “9” allegato a uno dei più prestigiosi quotidiani greci, Eleftherotypia, e ora diffuso in Italia dall'editore Leonardo Facco attraverso i siti www.movimentolibertario.it e www.usemlab.com. Il genere è quello, classico, della distopia che descrive società in cui l'individuo è solo un piccolo ingranaggio da sfruttare. Qui a dominare la scena è un governo mondiale guidato da un imprecisato leader che tutto controlla e tutto sorveglia. Ai suoi piedi vivacchia uno stuolo di funzionari baciapile adepti della “tecno-democrazia”. Un giorno questo super-Stato planetario tenta l'impresa immane di costruire un'astronave gigantesca a immagine e somiglianza del “Grande Leader” e della sua truppa, appunto la Collective Hope, per poi lanciarla alla ricerca di un nuovo pianeta dopo che la Terra è stata devastata da una guerra. Inutile dire che, invece di mettere in salvo l'umanità, l'utopia centralista infila una bêtise statalista dietro l'altra. Vuole prevedere tutto e non vede nulla. Per l'autunno è annunciato il secondo volume.
Infine, sul blog dell'autore dell'articolo, Marco Respinti, la versione “extended” del testo:
Il pensiero libertarian, anche a fumetti
Posted by Paxtibi at 7/28/2010 12:33:00 PM 21 comments
Saturday, July 3, 2010
Giuseppe, ministro dell’agricoltura
Come si dice, la storia insegna ma nessuno la sta a sentire, proprio come accade nelle aule dei centri d'indottrinamento statale.
E dire che, come ben illustra in questo brano Frank Chodorov, gli errori economici che finiscono inevitabilmente per rendere schiavi gli uomini li ripetiamo ormai da migliaia di anni, e stanno pure scritti nel libro più letto al mondo...
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Di Frank Chodorov
Molto, molto tempo prima di Freud, un uomo chiamato Giuseppe si costruì la reputazione di saper interpretare i sogni; il Faraone lo chiamò per spiegare ciò che il suo subconscio aveva prodotto – qualcosa che riguardava sette vacche grasse e sette vacche magre.
Precisiamo delle note biografiche sul personaggio: Giuseppe aveva già mostrato di possedere doti speciali, che gli avevano garantito la preferenza del padre sui fratelli; ciò creò attorno a lui l’invidia di coloro i quali non tollerano violazioni al principio che tutti gli uomini sono uguali, e costoro tentarono di ristabilire condizioni di parità eliminandolo dalla circolazione.
Circostanze strane lo posero al servizio di Potiphar, un potente egiziano presso cui fece rapidamente carriera grazie alla sue doti, finchè la moglie di Potiphar tentò senza successo di sedurlo e, scornata dal rifiuto del giovane, lo accusò di averla voluta sedurre, ciò che portò Giuseppe in prigione. Qui mostrò le sue capacità di divinazione ai compagni di cella, uno dei quali fu preso a servizio dal Faraone e, sapendo che il suo padrone voleva interpretare i sogni dai quali era angosciato, suggerì di ricorrere al parere del nostro eroe.
Giuseppe fu chiamato a palazzo e offrì rapidamente la risposta al Faraone: l’Egitto avrebbe presto affrontato l’esperienza del ciclo economico, spesso chiamato “boom and bust cycle”. Come poteva saperlo ? Per mezzo della Divinazione, uno strumento più potente delle capacità dell'attuale Harvard School of Economics.
A questo punto, ricevuto il favore del Faraone, Giuseppe elaborò un piano: il boom sarebbe sicuramente accaduto, ma il bust forse non si sarebbe verificato con certezza: si poteva aggirare il volere di Jehova costruendo delle riserve durante gli anni di boom. Un ministro dell’agricoltura avrebbe curato l’attuazione del piano, e Giuseppe si offrì per il ruolo. Il Faraone, senza il consenso del Senato, che all’epoca non era necessario, approvò questa decisione; invece di giurare sulla Bibbia o sulla Costituzione, gli diede un anello ed un catena d’oro; invece di un’automobile, una biga; inoltre possiamo pensare che Giuseppe avesse molti assistenti, segretarie e un ufficio spazioso.
A questo punto Giuseppe non aveva più bisogno di interpretare i sogni: era l’amministratore del principale settore dell’economia. La prima cosa che fece fu approvare una legge, che naturalmente fu una legge sulla tassazione: un quinto della produzione durante gli anni di boom doveva essere sottratto agli agricoltori per essere messo da parte; questa tassa sul reddito doveva essere imponente, se è scritto che il grano fu accumulato come la sabbia sulla spiaggia.
Poi, come previsto, arrivò la depressione; non è chiaro se fu provocata dalla sovrapproduzione o dal sottoconsumo, e a quel tempo i professori non avevano scoperto le teorie economiche moderne. Si racconta che ci fu carestia, senza specificare quale incidente la causò, se pestilenza, siccità, oppure il sabotaggio dell’economia dovuto a sette anni di pesante tassazione. Ma da come il racconto si conclude possiamo pensare che il nostro pianificatore avesse idee chiare su come sarebbe finita la vicenda: con la schiavitù della classe produttiva dell’Egitto.
La fame colpiva il regno del Faraone, che chiese al ministro dell’agricoltura di utilizzare il grano immagazzinato per sfamare il popolo; Giuseppe ovviamente eseguì l’ordine, ma ad un prezzo: quando il popolo aveva la ricchezza, si era preso i suoi soldi, ora che il popolo non aveva i soldi si prese il bestiame in cambio del grano accumulato. “ E Giuseppe diede loro pane in cambio dei cavalli, e delle greggi, e delle mandrie”.
Ma la fame continuò a colpire il popolo come è ovvio, poichè il loro capitale era scomparso, e senza capitale non c’è produzione. Quindi il popolo, per sopravvivere nel capitalismo di stato di Giuseppe, chiese allo stato di trovargli un lavoro, allo stipendio stabilito dallo stato, che era pari alla mera sussistenza; si offrirono al Faraone come servi in cambio di pane. “E Giuseppe disse al popolo: vi ho guidato fino a questo punto e ho dato la vostra terra al Faraone, e voi la coltiverete”. Il che equivale a dire che nazionalizzò la terra ed il mercato del lavoro.
Il piano funzionò alla perfezione per il Faraone e Giuseppe, ma c’è da credere che qualcuno fosse colpito da un fatto: la perdita del diritto di proprietà. La cronaca degli eventi non cita questo fatto, ma solamente le migrazioni di contadini da una terra all’altra agli ordini di Giuseppe. Gli schiavi si rivoltarono ? Giuseppe utilizzò il noto strumento delle purghe per eliminare i migranti in eccesso ? Non lo sappiamo, ma in assenza di spiegazioni lo possiamo pensare.
D'altra parte, si racconta che una delegazione di egiziani andò da Giuseppe e disse: “Tu hai salvato le nostre vite: fai che troviamo il favore del nostro Padrone, e saremo gli schiavi del Faraone”. Erano ormai scesi a patti col collettivismo e si adattavano a qualunque proposta arrivasse dal burocrate.
Giuseppe dovette comunque fare concessioni alla proprietà provata, probabilmente per incoraggiare l’incremento di produzione tassabile; affittò ad alcuni egiziani la terra che prima essi possedevano. L’ammontare dell’affitto era un quinto della produzione annuale. Mediante questa ulteriore decisione, come ci informa lo storico Flavio, Giuseppe stabilì la sua autorità sull’Egitto ed incrementò i profitti dei monarchi che vennero dopo il Faraone.
Ma il morale delle forze produttive si ridusse tanto che, quando conquistatori esterni invasero l’Egitto, non incontrarono resistenza; chi non aveva niente da perdere decise di non combattere, ed anche i monarchi dovettero pregare i vincitori di garantirgli lavori nella nuova amministrazione. E scese la polvere sulla civiltà dei Faraoni.
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Traduzione di Massimiliano “El Pasador” Belloni
Posted by Paxtibi at 7/03/2010 11:19:00 AM 9 comments
Tuesday, June 29, 2010
La politica oppio dei popoli
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La politica oppio dei popoli
(e i politicanti imbonitori furfanti)
Di Gian Piero de Bellis
Passato. Nei secoli passati la trasmissione della cultura nell’Europa Occidentale ha avuto come protagonista la Chiesa Cattolica che aveva saputo preservare il patrimonio classico (greco e latino) e l’aveva diffuso durante il MedioEvo. Questa attività culturale diede vita anche alla formazione di università e scuole che si moltiplicarono in tutta Europa e permisero alla Chiesa di avere un dominio quasi esclusivo sui processi di formazione dell’individuo. Questo monopolio culturale della Chiesa, come tutti i monopoli, portò inesorabilmente, nel corso del tempo, ad un crescente oscurantismo che si manifestò come incapacità ad accettare il metodo scientifico e la libera ricerca. La riproposizione pura e semplice del passato e l’uso della fede come sostegno del potere (ecclesiastico e non), hanno generato guasti enormi per la religione intesa come spiritualità e hanno condotto all’emergere della religione come una ideologia che giustificava lo sfruttamento e i patimenti subiti sulla terra in vista di una ipotetica ricompensa ultraterrena.
È quindi più che comprensibile che tutti coloro che, nell’epoca moderna, si sono pronunciati a favore del rinnovamento (ad es. liberi pensatori, socialisti, anarchici, radicali, ecc.) hanno sviluppato un forte anti-clericalismo e un acceso sentimento contrario alla religione. Nel 1843 Marx espresse chiaramente questa posizione di rigetto della religione come manipolazione affermando nella sua Critica della filosofia del diritto di Hegel: “La religione è il singhiozzo di una creatura oppressa, il sentimento di un mondo senza cuore, lo spirito di una condizione priva di spirito. È l'oppio dei popoli.” Da allora, almeno negli ambienti progressisti e illuminati, la religione è stata considerata, puramente e semplicemente, come “l’oppio dei popoli”.
Presente. L’emergere dello stato nazionale (dopo la Rivoluzione Francese), l’esproprio di buona parte delle proprietà della Chiesa in tutti i paesi d’Europa, la fine del potere temporale del Papato, la secolarizzazione delle società moderne, l’istituzione della scuola di stato, questi e molti altri accadimenti storici hanno minato il potere della Chiesa e ne hanno distrutto il monopolio culturale. Di certo a partire quanto meno dalla Prima Guerra Mondiale, lo scontro di idee e di gruppi ha avuto poco o nulla a che fare con la religione e quasi tutto a che vedere con un nuovo fenomeno culturale di massa: la politica.
Nell’epoca contemporanea la politica ha rimpiazzato del tutto la religione come tema di discussione e molla per l’azione delle masse. Mentre in passato si manifestava lo scontro tra cattolici e protestanti per l’affermazione (e imposizione) del proprio credo religioso, nel corso del XX secolo si è assistito alla lotta tra destra e sinistra per affermare (e imporre) la propria visione politica.
Queste due fazioni rivali, la destra e la sinistra, non solo hanno sostenuto due modelli di organizzazione sociale apparentemente diversi ma hanno anche presentato la politica in due modi apparentemente diversi.
Per gli esponenti della sinistra, la politica è una cosa sublime; tutto è o deve essere politica e quindi anche il personale è politico. In sostanza la sinistra esprime una visione totalizzante della politica.
Per gli esponenti della Destra, la politica è una cosa sporca (secondo la presunta affermazione di Mussolini) e in quanto cosa sporca va lasciata fare alle persone pure, cioè a loro. In sostanza la destra abbraccia una visione totalitaria della politica.
Tenendo conto delle vicende storiche, tra visione totalizzante e visione totalitaria le differenze sono risultate poi praticamente inesistenti, con gli uni che proclamavano e proclamano tuttora: morte ai fascisti, e gli altri che proclamano e continuano a proclamare: morte ai comunisti. Forse non più con la stessa foga e le stesse parole, ma sempre con la stessa voglia di esclusività nell’occupazione del potere.
Da queste contrapposizioni fasulle, da queste diatribe prive di senso, se ne esce solo attraverso una analisi fattuale di che cos'è stata e di cos'è tuttora la politica. A questo riguardo ci aiutano alcune affermazioni di commentatori e critici acuti della società occidentale.
Ambrose Bierce nel suo The Devil’s Dictionary (Il Dizionario del Diavolo) offre due definizioni di politica:
- “A means of livelihood affected by the more degraded portion of our criminal class.” [Un mezzo per guadagnarsi da vivere utilizzato dalla parte più spregevole della nostra classe criminale].
- “A strife of interests masquerading as a contest of principles. The conduct of public affairs for private advantage.” [Un conflitto di interessi mascherato da contesa per l’affermazione di principi. Conduzione di affari pubblici per guadagni privati].
Un altro giornalista americano, H. L. Mencken ha qualificato gli uomini politici come "men who, at some time or other, have compromised with their honour, either by swallowing their convictions or by whooping for what they believe to be untrue." [persone che, prima o poi, sono venute a patti con il loro onore, o abbandonando le loro convinzioni o dichiarandosi a favore di quello che esse sanno essere falso].
In Europa, Paul Valéry nella sua raccolta di scritti Regards sur le monde actuel, 1931, ha giustamente rimarcato che “La politique fut d’abord l’art d’empêcher les gens de se mêler dans ce qui le regarde.” [La politica fu fin dal principio l’artifizio di impedire che le persone si occupassero di ciò che li riguarda].
Ciò richiama molto bene un altro modo di vedere la politica che dobbiamo alla lingua tagliente di Groucho Marx: “La politica è l'arte di cercare un problema, trovarlo dappertutto, diagnosticarlo in modo errato e applicargli i rimedi sbagliati” (da una segnalazione di Tobia Cavalli).
E si potrebbe proseguire con citazioni ancora più dissacranti e devastanti in cui la politica appare come uno strumento per generare l’odio tra le persone e per spingerle a commettere azioni efferate (genocidi, persecuzioni, espulsioni di massa, ecc.).
Se tutto ciò è stato ed è tuttora vero, allora come spiegare e giustificare il fatto che molti, soprattutto tra coloro che si dichiarano progressisti e illuminati, continuano ancora ad avere una visione miracolistica della politica, a voler fare politica e incoraggiano tutti a occuparsi di politica come se questa fosse davvero un impegno indispensabile ed utile e non una attività criminale e una presa in giro colossale? Forse perché, anche le persone sensate non hanno ben chiaro che cosa è davvero la politica. Se è così allora c’è bisogno (a) di produrre una definizione più esatta e più penetrante della “politica” e (b) per coloro che vogliono impegnarsi in un movimento di rinnovamento occorre prospettare un impegno personale e sociale più entusiasmante, convincente e soprattutto sensato che li porti al superamento della politica.
Futuro. Per inventare un futuro di rinnovamento è necessario conoscere a fondo il passato e il passato ci fa scoprire parallelismi interessanti e al tempo stesso inquietanti che mostrano il ricorrere di alcuni fenomeni storici indesiderabili. Questa ripetizione delle vicende storiche più negative è possibile solo in quanto, coloro che ignorano la storia, finiscono per commettere sempre gli stessi errori.
Le sette religiose che si combattevano per l’affermazione della vera fede, non sono scomparse, hanno solo cambiato nome, si chiamano partiti politici. Il monopolio culturale che manipolava i cervelli e promuoveva l’oscurantismo non è finito con la Chiesa Cattolica, è solo passato di mano: adesso è appannaggio dello Stato nazionale e del suo Ministero della (D)Istruzione (dei cervelli). Le cosiddette guerre di religione in cui si voleva imporre a tutti la propria visione di fede e di vita non sono finite, anzi si sono moltiplicate, come guerre mondiali, lotte tribali, conflitti nazionali, in altre parole, guerre politiche.
Per farla breve, siamo passati dal clericume al laicume, dall’altare in chiesa all’altare della patria, dalle illusioni create dalla religione alle illusioni create dalla politica. Chi ha notato tutto ciò non può arrivare che alla seguente conclusione-constatazione che aggiorna una vecchia formulazione e offre al tempo stesso una lucida definizione della politica: La politica è l’oppio dei popoli.
Lasciate perdere il calcio, la televisione, i divertimenti; questi sono spesso solo strumenti subordinati e manipolati dalla politica la quale, attraverso i politicanti, veri imbonitori furfanti, agisce come un gas invisibile e inodore che circola dappertutto e annebbia il cervello degli individui (illudendo, corrompendo, sviando, snervando, offuscando e così via).
Per questo la costruzione del futuro sarà opera di movimenti che vanno al di là della politica e già fin d’ora non solo si pongono contro la politica come pretesa al monopolio dei cervelli e dei comportamenti di tutti ma prefigurano già un modello sociale post-politico.
Un movimento di liberazione degli individui deve andare quindi necessariamente contro la politica (ed essere quindi post-politico) perché, se fosse un movimento politico e avesse successo, sarebbe destinato quasi inevitabilmente a trasformarsi in partito politico riproponendo così tutta il vecchio sudiciume e i soliti imbrogli.
Per questo, la lotta contro l’oppressione dello stato, cioè contro il massimo esponente della politica, non è una battaglia politica ma un conflitto per l’affermazione dei propri diritti civili (alla libertà, all’autonomia, all’autodeterminazione, all’autogestione o comunque si voglia caratterizzare la libertà di decisione della persona). La lotta di liberazione dallo statismo ha bisogno quindi non di un movimento politico ma di un movimento o di una rete per i diritti civili in vista del superamento della politica, cioè delle contrapposizioni fasulle che si risolvono poi nella subordinazione materiale di tutti a un potere e a una ideologia dominanti (lo stato o qualunque altra sia la denominazione o forma che assume il potere monopolistico).
Al posto delle contrapposizioni inventate occorre fare emergere la varietà, volontariamente scelta per sé e rispettata negli altri, degli stili di vita. In sostanza, l’obiettivo del movimento per i diritti civili sono le società parallele volontarie nello spazio aperto (al posto degli stati territoriali oppressivi nei pollai o recinti nazionali).
Ma questo è un altro discorso che non si può affrontare qui in poche parole; e forse è meglio lasciare che ognuno scopra per conto suo il nuovo e se lo inventi giorno per giorno nella sua vita.
Posted by Paxtibi at 6/29/2010 01:01:00 PM 11 comments
Saturday, June 26, 2010
Insegnante in Sei Lezioni
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Di John Taylor Gatto
Chiamatemi Mr. Gatto, grazie. Ventisei anni fa, non avendo niente di meglio da fare, mi sono messo alla prova con l'insegnamento. La mia licenza mi certifica come istruttore di inglese e letteratura lingua, ma non è affatto quello che faccio. Ciò che insegno è la scuola, e vinco dei premi facendolo.
L'insegnamento significa molte cose diverse, ma sei sono le lezioni comuni da Harlem a Hollywood. Pagate queste lezioni in più modi di quelli che potete immaginare, quindi dovreste pure sapere cosa sono:
La prima lezione che insegno è: “Rimanete nella classe a cui appartenete.” Non so chi decide dove i miei ragazzi appartengono ma non è affar mio. I bambini sono numerati di modo che se uno dovesse sfuggire lo si possa riportare alla giusta classe. Nel corso degli anni la varietà di maniere con cui i bambini vengono numerati è aumentata drammaticamente, fino al punto che è difficile vedere l'essere umano sotto il carico di numeri che ciascuno si porta addosso. La numerazione dei bambini è un grande affare di molto profitto, benché lo scopo per cui è progettato sia evasivo.
Comunque, ancora, non è affar mio. Il mio lavoro è di farlo piacere ai ragazzi – l'essere chiusi dentro insieme, intendo – o come minimo, di farglielo sopportare. Se le cose vanno bene, i ragazzi non riescono ad immaginarsi in qualsiasi altro luogo; invidiano e temono le classi migliori ed hanno disprezzo per le classi più stupide. Così la classe mantiene generalmente un buon ordine di marcia. Questa è la vera lezione di tutte le competizioni truccate come la scuola. Arrivi a capire qual è il tuo posto.
Tuttavia, nonostante il modello generale, faccio lo sforzo per spingere i bambini ai livelli più alti di successo nei test, promettendo loro il trasferimento finale dalle classi di livello più basso come ricompensa. Insinuo che verrà il giorno in cui un datore di lavoro li assumerà in base alle valutazioni del test, anche se la mia propria esperienza è che i datori di lavoro sono (giustamente) indifferenti di fronte a cose simili. Non mento mai spudoratamente, ma sono giunto a capire che la verità e l'insegnamento [scolastico] sono incompatibili.
La lezione delle classi numerate è che non c'è via d'uscita dalla vostra classe a se non con la magia. Senza di essa dovrete rimanere dove vi mettono.
La seconda lezione che insegno ai ragazzi è di accendersi e spegnersi come un interruttore. Chiedo che si lascino coinvolgere completamente nelle mie lezioni, saltando su e giù nei loro banchi con entusiasmo, competendo vigorosamente tra loro per ottenere il mio favore. Ma quando la campanella suona insisto che lascino il lavoro immediatamente e procedo rapidamente al seguente posto di lavoro. Niente di importante viene mai finito nella mia classe né, che io sappia, in qualunque altra classe.
La lezione della campanella è che non vale la pena di finire nessun lavoro, così perché curarsi troppo a fondo di qualcosa? La campanella è la logica segreta del tempo a scuola; il suo argomento è inesorabile; la campanella distrugge il passato e il futuro, convertendo ogni intervallo in routine, come una mappa astratta rende identici ogni fiume o montagna reali anche se non lo sono. La campanella inocula l'indifferenza in ogni impresa.
La terza lezione che insegno è di cedere la vostra volontà ad una predestinata catena di comando. I diritti possono essere dati o tolti, per autorità, senza appello. Come insegnante io intervengo in molte decisioni personali, concedendo un pass per quelle che ritengo legittime, o avviando un confronto disciplinare per i comportamenti che minacciano il mio controllo. I miei giudizi sono duri e saldi, perché l'individualità tenta costantemente di affermarsi nella mia aula. L'individualità è una maledizione per tutti i sistemi di classificazione, una contraddizione della teoria delle classi.
Questi sono alcuni dei modi più comuni con cui si rivela: i bambini sgattaiolano nei bagni per stare un momento da soli con il pretesto di svuotare la vescica; mi ingannano con la scusa che hanno bisogno di un po' d'acqua per avere un momento privato nel corridoio. A volte il libero arbitrio mi appare davanti in bambini arrabbiati, depressi o eccitati da cose fuori dalla mia comprensione. Diritti per cose simili per gli insegnanti non possono esistere; esistono soltanto privilegi, che possono essere ritirati.
La quarta lezione che insegno è che solo io decido il programma che studierete (o meglio, faccio rispettare decisioni trasmesse da chi mi paga). Questo potere mi fa separare immediatamente i bambini buoni da quelli cattivi. Quelli buoni eseguono le mansioni che assegno con un minimo di conflitto e una rispettabile esposizione di entusiasmo. Dei milioni di cose che vale la pena imparare, io decido quelle poche per le quali abbiamo il tempo da dedicarvi. Le scelte sono mie. La curiosità non ha un posto importante nel mio lavoro, la conformità sì.
Quelli cattivi, naturalmente, combattono questo fatto, cercando apertamente o di nascosto di prendere loro le decisioni riguardo cosa imparare. Come potremmo permetterlo e sopravvivere come insegnanti? Fortunatamente ci sono procedure per spezzare la volontà di coloro che resistono.
Questo è un altro modo con cui insegno la lezione della dipendenza. I buoni aspettano che un insegnante dica loro cosa fare. Questa è la lezione più importante di tutte, che dobbiamo aspettare qualcun altro, più preparato di noi, che dia un significato alla nostra vita. Non è un'esagerazione dire che l'intera nostra economia dipende dall'imparare questa lezione. Pensate alle cose che crollerebbero se i ragazzi non fossero istruiti con la lezione della dipendenza: I servizi sociali difficilmente potrebbero sopravvivere, compresa la fiorente industria dell'assistenza; l'intrattenimento commerciale di ogni specie, compresa la televisione, appassirebbe se la gente si ricordasse come divertirsi per conto loro; i servizi di ristoro, i ristoranti ed i fornitori di cibi pronti si ridurrebbero se la gente tornasse a cucinarsi i propri pasti piuttosto che dipendere da sconosciuti che lo fanno per loro. Gran parte della legge, della medicina e dell'ingegneria moderne scomparirebbe allo stesso modo – il commercio dell'abbigliamento pure – se non si riversasse ogni anno fuori dalle nostre scuole un rifornimento garantito di gente impotente. Abbiamo costruito un modo di vivere che dipende dal fatto che le persone facciano ciò che viene detto loro perché non conoscono altra maniera. Per l'amor d'Iddio, non facciamo rovesciare questa barca!
Nella lezione cinque insegno che il vostro amor proprio dovrebbe dipendere dalla misura del vostro valore da parte di un osservatore. I miei ragazzi vengono costantemente valutati e giudicati. Un rapporto mensile, impressionante nella sua precisione, viene spedito alle case degli allievi per diffondere approvazione o segnalare esattamente – fino ad un singolo punto percentuale – quanto i genitori dovrebbero essere insoddisfatti dei loro bambini. Anche se qualcuno potrebbe essere sorpreso da quanto poco tempo o riflessione viene speso per compilare queste annotazioni, il peso cumulativo degli apparentemente obiettivi documenti stabilisce un profilo del difetto che costringe un bambino ad arrivare a determinate decisioni su di sé e sul suo futuro basandosi sul giudizio casuale di sconosciuti.
L'auto-valutazione – l'ingrediente base di tutti i principali sistemi filosofici apparsi sul pianeta – non è mai un fattore in queste cose. La lezione delle pagelle, dei voti e dei test è che i bambini non devono fidarsi di sé stessi o dei loro genitori, ma contare sulla valutazione dei funzionari autorizzati. Alle persone dev'essere detto quel che valgono.
Nella lezione sei insegno ai bambini che sono osservati. Mantengo ogni allievo sotto costante sorveglianza e così fanno i miei colleghi. Non ci sono spazi privati per i bambini; non c'è tempo privato. Il cambiamento di classe dura 300 secondi per mantenere la fraternizzazione promiscua a bassi livelli. Gli allievi sono incoraggiati a sparlare l'uno dell'altro, a sparlare anche dei loro genitori. Naturalmente incoraggio anche i genitori a limare l'indocilità dei loro figli.
Assegno i “compiti a casa” in modo che questa sorveglianza si estenda in seno alla famiglia, dove gli allievi potrebbero altrimenti usare il tempo per imparare qualcosa di non autorizzato, forse da un padre o da una madre, o ascoltando qualche persona più saggia nel vicinato.
La lezione della sorveglianza costante è che nessuno può fidarsi di nessuno, che la segretezza non è legittima. La sorveglianza è un'antica urgenza fra certi influenti pensatori; era una prescrizione fondamentale stabilita da Calvino negli Istituti, da Platone nella Repubblica, da Hobbes, da Comte, da Francis Bacon. Tutti questi uomini senza figli scoprirono la stessa cosa: i bambini devono essere osservati molto attentamente se volete mantenere una società sotto un controllo centrale.
È il grande trionfo dell'istruzione che persino tra i migliori dei miei colleghi insegnanti, e persino tra i migliori genitori, ce ne sia solo un piccolo numero in grado di immaginare un modo diverso di fare le cose. Eppure solo poche generazioni fa le cose erano diverse negli Stati Uniti: l'originalità e la varietà erano valuta comune; la nostra libertà dall'inquadramento aveva fatto di noi il miracolo del mondo; i confini delle classi sociali erano relativamente facili da attraversare; i nostri cittadini erano meravigliosamente sicuri di sé, inventivi e capaci di fare molte cose indipendentemente, di pensare con la propria testa. Eravamo qualcosa come individui, e tutto grazie alle nostre forze.
Bastano soltanto circa 50 ore a contatto per trasmettere il saper leggere e scrivere e far di conto abbastanza bene perché i bambini possano auto-istruirsi da quel momento in poi. I proclami per le “conoscenze di base” è una cortina fumogena dietro cui le scuole si appropriano del tempo dei bambini per dodici anni ed insegnano loro le sei lezioni che vi ho appena insegnato.
Abbiamo avuto una società sempre più sotto controllo centrale negli Stati Uniti fin da appena prima la Guerra Civile: le vite che conduciamo, i vestiti che indossiamo, i cibi che mangiamo ed i segnali verdi delle autostrade che percorriamo da costa a costa sono prodotti di questo controllo centrale. Così anche, io credo, lo sono le epidemie di droga, di suicidi, di divorzi, di violenza, di crudeltà, e la trasformazione delle classi in caste negli Stati Uniti, prodotti della disumanizzazione delle nostre vite, della diminuzione dell'importanza dell'individuo e della famiglia che il controllo centrale impone.
Senza un ruolo del tutto attivo nella vita della comunità non ci si può sviluppare in un essere umano completo. Lo insegnò Aristotele. Aveva sicuramente ragione; guardatevi intorno o guardatevi nello specchio: quella è la dimostrazione.
La “scuola” è un sistema di supporto essenziale per una visione di ingegneria sociale che condanna la maggior parte delle persone ad essere pietre secondarie in una piramide che si riduce ad un punto di controllo mentre sale. La “scuola” è un artificio che fa sembrare inevitabile un tale ordine sociale piramidale (anche se una tale premessa è un fondamentale tradimento della Rivoluzione Americana). Ai tempi delle Colonie e nel primo periodo della Repubblica non avevamo scuole di sorta. Eppure la promessa della democrazia stava cominciando ad essere realizzata. Abbiamo voltato le spalle a questa promessa riportando in vita l'antico sogno dell'Egitto: addestramento obbligatorio alla subordinazione per tutti. La scuola dell'obbligo era il segreto che Platone inserì riluttante nella Repubblica quando stabilì i piani per il totale controllo statale della vita umana.
Il dibattito corrente circa l'opportunità di avere un programma di studi nazionale è falso; ne abbiamo già uno, fissato nelle sei lezioni di cui vi ho parlato più qualcuna che vi ho risparmiato. Questo programma di studi produce paralisi morale ed intellettuale e nessun programma di studi sarà sufficiente per invertire i suoi effetti maligni. Ciò di cui si sta discutendo è del tutto irrilevante.
Niente di tutto ciò è inevitabile, sapete. Niente di tutto ciò è impermeabile al cambiamento. Abbiamo una scelta su come far crescere i giovani; non c'è un modo giusto. Non c'è “competizione internazionale” che costringa la nostra esistenza, per quanto sia difficile persino pensarlo a fronte del costante sbarramento dei media del mito contrario. Per quanto concerne ogni importante aspetto materiale la nostra nazione è autosufficiente. Se avessimo una filosofia non materiale che trova il significato dove è davvero situato – nella famiglia, negli amici, nel passaggio delle stagioni, nella natura, nelle semplici cerimonie e rituali, nella curiosità, nella generosità, nella pietà e nel servizio agli altri, in un'indipendenza ed in una sfera privata rispettabili – allora noi saremmo davvero autosufficienti.
Come hanno fatto ad apparire questi posti terribili, queste “scuole”? Come li conosciamo, sono un prodotto dei due “Terrori Rossi” del 1848 e del 1919, quando interessi potenti temevano una rivoluzione tra i nostri poveri delle industrie e sono parzialmente il risultato della repulsione con cui le famiglie di antico lignaggio vedevano le ondate di immigrazione celtica, slava e latina – e la religione cattolica – dopo il 1845. E certamente una terza causa che ha contributo si può trovare nella repulsione con cui queste stesse famiglie vedevano la libera circolazione degli africani nella società dopo la Guerra Civile.
Riguardate le sei lezioni della scuola. È un addestramento per sottoclassi permanenti, gente che dev'essere privata per sempre della capacità di individuare il centro del proprio genio particolare. Ed è un addestramento tratto dalla sua logica originale: regolamentare i poveri. Dagli anni 20 la crescita della ben articolata burocrazia scolastica, e quella meno visibile di un'orda delle industrie che profittano dall'istruzione esattamente com'è, ha allargato la stretta originaria dell'istruzione per sequestrare anche i figli e le figlie della classe media.
Dovrebbe meravigliare che Socrates si sentì oltraggiato dall'accusa di aver preso dei soldi per insegnare? Anche allora, i filosofi vedevano chiaramente il corso inevitabile che il professionalizzare l'insegnamento avrebbe preso, appropriandosi della funzione dell'istruzione che in una comunità in buona salute appartiene a tutti; appartiene, in effetti, soprattutto a noi stessi, dato che nessun altro si preoccupa tanto del nostro destino. L'insegnamento professionistico tende ad un altro grave errore. Rende difficili cose che sono di per sé facili da imparare, come la lettura, la scrittura e l'aritmetica – insistendo che vengano insegnate con procedure pedagogiche.
Con le lezioni come quelle che io insegno giorno dopo giorno, dovrebbe meravigliare se oggi abbiamo la crisi nazionale che affrontiamo? Giovani indifferenti al mondo adulto ed al futuro; indifferenti a quasi tutto tranne la diversione dei giocattoli e della violenza? Ricchi o poveri, gli scolari non possono concentrarsi su qualcosa per troppo a lungo. Hanno poco senso del tempo passato e futuro; diffidano dell'intimità (come i figli di divorziati che sono in realtà); odiano la solitudine, sono crudeli, materialisti, dipendenti, passivi, violenti, timidi di fronte all'inatteso, dipendenti dalle distrazioni.
Tutte le tendenze periferiche dell'infanzia sono ingrandite in misura grottesca dall'istruzione, il cui programma di studi occulto impedisce l'efficace sviluppo della personalità. Effettivamente, senza sfruttare le paure, l'egoismo e l'inesperienza dei bambini le nostre scuole non potrebbero affatto sopravvivere, né potrei farlo io come insegnante certificato.
“Pensiero critico” è un termine che sentiamo frequentemente in questi giorni come forma di addestramento che annunzierà un nuovo giorno per la scuola di massa. Sarebbe certamente così, se mai dovesse succedere. Nessuna scuola comune che abbia davvero osato insegnare l'uso della dialettica, dell'euristica e di altri strumenti delle menti libere non è durata un anno senza essere fatta a pezzi.
Gli insegnanti istituzionali sono distruttivi per lo sviluppo dei bambini. Nessuno sopravvive indenne al programma di studi in Sei Lezioni, neppure gli istruttori. Il metodo è profondamente anti-educativo. Nessuna pezza potrà aggiustarlo. In una delle grandi ironie degli affari umani, la massiccia revisione che le scuole richiedono costerebbe così tanto di meno di quello che stiamo spendendo ora che non è probabile che accada. Prima di tutto, quello di cui faccio parte è un business di posti di lavoro e contratti d'affitto. Non possiamo permetterci di risparmiare soldi, neppure per aiutare i bambini.
Al passaggio a cui siamo giunti storicamente, e dopo 26 anni di insegnamento, devo concludere che una delle uniche alternative all'orizzonte per la maggior parte delle famiglie è di insegnare ai propri bambini in casa. Le scuole piccole, de-istituzionalizzate, sono un'altra. Qualche forma di sistema di mercato per l'istruzione pubblica è il luogo più probabile per cercare delle risposte. Ma la quasi impossibilità di queste cose per le famiglie spaccate dei poveri, e per troppe persone ai bordi della classe economica media, lascia prevedere che il disastro delle scuole delle Sei Lezioni probabilmente continuerà.
Dopo una vita adulta passata insegnando la scuola credo che il metodo di istruzione sia l'unico contenuto reale che abbia. Non fatevi ingannare dal pensiero che i buoni programmi di studi o i buoni insegnanti o le buone attrezzature siano i fattori determinanti nella giornata di scuola dei vostri figli. Tutte le patologie che abbiamo considerato si verificano in larga misura perché le lezioni scolastiche impediscono ai bambini di mantenere appuntamenti importanti con loro stessi e le loro famiglie, di imparare le lezioni dell'auto-motivazione, della perseveranza, della fiducia in sé stessi, del coraggio, della dignità e dell'amore – e, naturalmente, le lezioni del servizio agli altri, che sono fra le lezioni chiave della vita domestica.
Trent'anni fa queste cose potevano ancora essere imparate nel tempo lasciato dopo la scuola. Ma la televisione ha divorato la maggior parte di quel tempo, e una combinazione di televisione e degli sforzi peculiari delle famiglie a doppio reddito o con un solo genitore ha inghiottito la maggior parte del tempo della famiglia. Ai nostri ragazzi non rimane tempo per crescere come esseri umani completi, ed hanno soltanto terreni incolti dove farlo.
Un futuro sta scorrendo giù veloce sulla nostra coltura che richiederà che tutti noi impariamo la saggezza dell'esperienza non materiale; questo futuro richiederà, come prezzo della sopravvivenza, che seguiamo un ritmo di vita naturale economico nei suoi costi materiali. Queste lezioni non possono essere imparate nelle scuole così come sono. La scuola è come cominciare la vita con una sentenza di 12 anni di prigione in cui le cattive abitudini sono l'unico programma di studi davvero imparato. Insegno a scuola e vinco dei premi facendolo. Dovrei saperlo.
Posted by Paxtibi at 6/26/2010 05:40:00 PM 6 comments
Thursday, June 24, 2010
Collective Hope #154
Posted by Paxtibi at 6/24/2010 11:07:00 PM 10 comments
Collective Hope #153
Posted by Paxtibi at 6/24/2010 05:07:00 PM 8 comments
Collective Hope #152
Posted by Paxtibi at 6/24/2010 01:08:00 AM 2 comments
Tuesday, June 22, 2010
Il fallimento della riforma della contabilità
Dello stesso autore da non perdere il corso di economia pubblicato su usemlab.com.
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Di Jesus Huerta de Soto
Gli anni dell’esuberanza irrazionale che hanno caratterizzato l’attuale ciclo economico sono culminati in una profonda crisi del sistema bancario e finanziario, che minaccia di generare una acuta e globale recessione. Una delle principali caratteristiche del periodo di espansione è stata la corruzione dei principi tradizionali della contabilità praticati nei secoli precedenti.
Nello specifico, l’accettazione dello Standard Internazionale di Contabilità (IAS) e la sua incorporazione nelle leggi di diversi paesi ha significato l’abbandono del principio di prudenza ed il fatto che la valutazione degli asset a bilancio (soprattutto finanziari) viene basata sul valore di mercato e non sui costi effettivamente sostenuti.
La decisione di abbandonare il principio di prudenza è stata influenzata dall’azione di analisti, banche d’investimento, ed in generale di tutte le parti interessate a gonfiare i valori contabili per avvicinarli al valore di mercato, che era cresciuto notevolmente nel clima di generale euforia finanziaria degli ultimi tempi.
Infatti, negli ultimi anni della bolla speculativa, i valori crescenti delle azioni venivano subito registrati come attività, col risultato che i bilanci risultavano migliori di quanto fossero in realtà, il che spingeva ad un ulteriore aumento del valore di mercato delle azioni, nel più tipico processo di loop.
Questa corsa selvaggia all’abbandono dei principi tradizionali di contabilità in favore di principi più in linea coi tempi correnti, ha significato che le aziende sono state valutate secondo supposizioni e criteri soggettivi, che hanno sostituito il criterio tradizionale basato sui costi storici. Successivamente il collasso dei mercati finanziari e la perdita di fiducia nel sistema bancario e nelle sue nuove pratiche hanno reso evidenti gli errori creati dall’applicazione dello IAS e dall’applicazione dei criteri creativi di valutazione.
Stati Uniti ed Europa hanno intrapreso azioni correttive per ridurre l’impatto delle decisioni precedenti, ma le nuove misure, seppur indirizzate correttamente, sono di breve respiro e sono state prese per i motivi sbagliati.
E’ certo che si sta cercando di chiudere il recinto dopo che i buoi sono scappati: la caduta di valore dei titoli tossici o inesigibili ha danneggiato la solvenza di molte istituzioni; queste erano però felici di applicare il nuovo IAS, che negli anni nei quali i valori di azioni e prodotti finanziari erano sopravalutati ha permesso loro di ottenere profitti elevati, dai quali erano spinti a prendere decisioni sempre più rischiose con l’impressione di non correre rischio alcuno.
Quindi vediamo che i nuovi standard agiscono in modo da esagerare gli effetti positivi durante la fase di prosperità del ciclo economico, creando un effetto di falsa ricchezza che spinge gli investitori a prendere rischi troppo elevati; ma quando gli errori si presentano nella loro evidenza, la perdita di valore degli asset fa perdere capitalizzazione alle aziende, che sono obbligate a vendere le proprie risorse per ricapitalizzarsi; ciò avviene però nel momento peggiore, quello in cui gli asset hanno perduto valore ed il mercato finanziario è fermo, quindi molte aziende non possono rimediare alla situazione e rischiano il fallimento.
Principi come lo IAS sono così perniciosi che devono essere immediatamente abbandonati, non solo per risolvere il prima possibile la crisi attuale, ma soprattutto perchè, nei periodi di prosperità, ci si attenga al principio di prudenza, che è stato utilizzato dai tempi di Luca Pacioli all’inizio del XV° secolo fino all’adozione del falso idolo IAS.
In breve, il più grande errore della riforma della contabilità è stato buttare a mare centinaia di anni di esperienza e di sostituirlo con il principio di valore atteso, che è una valutazione basata su una situazione momentanea sottoposta a distorsioni di tipo finanziario. Questa rivoluzione copernicana minaccia le solide fondamenta dell’economia di mercato per diversi motivi:
1.
Violare il tradizionale principio di prudenza e basare la valutazione degli asset sul valore attuale di mercato genera, a secondo delle condizioni del ciclo economico in cui ci si trova, surplus nei bilanci che non hanno (e in molti casi non avranno mai) corrispondenza a beni reali; il conseguente effetto di falsa ricchezza produce, specialmente durante la fase di boom del ciclo economico, la creazione di profitti esistenti solo sulla carta, l’assunzione di rischi non giustificati, la generazione di errori decisionali da parte degli imprenditori ed il consumo del capitale di una nazione a spese della struttura produttiva e della crescita di lungo periodo.
2.
Bisogna che sia chiaro che lo scopo principale della contabilità non è di riflettere i valori reali, che sono comunque soggettivi ed in parte dipendenti dall’andamento del mercato. Lo scopo principale è di consentire una prudente gestione delle risorse aziendali e prevenire il consumo di capitale, applicando standard conservativi e rigorosi, che assicurino la distribuzione dei profitti e la futura capitalizzazione dell’azienda.
3.
Dobbiamo ricordare che il valore di mercato non è oggettivo: nel mercato non esistono prezzi di equilibrio determinati da osservatori esterni indipendenti; anzi, la realtà è l’opposto, cioè il valore di mercato varia continuamente ed anche in modo esteso, quindi utilizzare il valore di mercato nei bilanci aziendali significa eliminare la chiarezza delle informazioni garantite in passato. I bilanci attuali sono diventati incomprensibili ed inutili agli agenti economici. Inoltre la volatilità dei mercati non permette ai bilanci redatti secondo i nuovi principi di essere strumenti di guida per i dirigenti aziendali che rischiano di commettere più errori che in passato.
4.
Gli standard tradizionali riportavano già nelle note del report annuale il valore di mercato dei principali asset, senza che ciò influenzasse la valutazione complessiva delle varie voci del bilancio. Inoltre questi standard erano anticiclici e permettevano una visione più a lungo periodo di quella fornita dai nuovi standard. E' adesso più difficile per gli investitori, non solo per i dirigenti aziendali, interpretare i bilanci in maniera corretta e capire quali sono le imprese realmente in condizione di creare ricchezza.
Conclusione
Come la guerra è troppo seria per farla fare ai generali, la contabilità è troppo vitale perché sia lasciata ad esperti, siano essi professori visionari, analisti, investitori o membri di commissioni internazionali. Tutti costoro hanno difeso in modo arrogante la loro falsa scienza e hanno recitato il ruolo dell’apprendista stregone, provocando la più grave crisi finanziaria mondiale dal 1929.
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Traduzione di Massimiliano “El Pasador” Belloni
Posted by Paxtibi at 6/22/2010 01:21:00 PM 6 comments
Saturday, June 19, 2010
Tutto ciò che dovreste sapere sull’inflazione
Proviamoci allora con questo articolo tratto da What You Should Know About Inflation, libro scritto da Hazlitt nel 1964. La traduzione è di Massimiliano “El Pasador” Belloni, promettente nuovo acquisto della squadra del Gongoro.
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Di Henry Hazlitt
Cos’è l’inflazione
Nessun argomento è oggi tanto discusso nè tanto poco compreso quanto l’inflazione. I politici ne parlano come fosse un mostro da un altro mondo, sul quale non hanno controllo, come fosse un terremoto o una peste; promettono però di combatterla, se solo avessero il potere di farlo.
Tuttavia la verità è che sono le politiche monetarie a generare l'inflazione, e i politici promettono di combattere con la mano destra ciò che creano con la sinistra.
L’inflazione ha come causa primaria un incremento dell’emissione di moneta e un’espansione del credito; infatti, questa è la definizione di inflazione. Sull’American College Dictionary, per esempio, trovavate questa definizione:
espansione della moneta di una nazione, specialmente in forma cartacea non redimibile in Oro o Argento
Negli ultimi anni tuttavia il termine è stato usato in modo differente, questa è la definizione in un’edizione successive dell’American College Dictionary:
incremento dei prezzi generato da un’espansione della moneta e del credito
Ovviamente, un incremento dei prezzi generato da un’espansione della moneta non è la stessa cosa della stessa espansione della moneta. Una causa non è identica a una delle sue conseguenze. L’utilizzo del termine inflazione con i due differenti significati porta a notevole confusione.
La parola inflazione in origine si applicava solamente alla quantità di moneta: significava che la quantità di moneta era eccessiva; non è pedanteria insistere sull’utilizzo di questo significato, perché usarla nel senso di incremento dei prezzi vuol dire distogliere l’attenzione dalle reali cause e dalle possibili cure.
Vediamo cosa accade quando c’è inflazione e perchè. Quando si incrementa la quantità di moneta, le persone hanno più soldi da spendere; se la quantità di beni/servizi non aumenta (o non aumenta tanto quanto la quantità di moneta), i prezzi dei beni saliranno. Ogni dollaro vale meno perché ci sono più dollari. Un prezzo è il tasso di cambio tra un dollaro ed un’unità di merce. Quando le persone hanno più dollari, esse stesse danno meno valore a ogni singolo dollaro. I prezzi aumentano non perché ci sono meno beni in circolazione, ma perché ci sono più dollari.
Ai vecchi tempi, i governi inflazionavano diminuendo la quantità di metallo prezioso contenuto in ogni singola moneta. Poi hanno scoperto che possono inflazionare in modo più veloce stampando moneta non coperta. Ciò accadde durante la rivoluzione francese e durante la guerra di secessione. Oggi il metodo è un po’più particolare: il governo, per finanziare il debito pubblico, vende indirettamente bond governativi alle banche, che sulla base di questi bond effettuano prestiti ai clienti; le banche comprano i bond dalla Banca Centrale, che per acquistarli dal governo stampa moneta dal nulla; questo è il meccanismo di creazione della moneta.
La gran parte della moneta della nazione non è costituita dal circolante, ma da depositi creati da sulla base di bond. Nel dicembre 1963, la quantità totale di moneta è il 388% in più di quella del 1939, mentre i prezzi sono aumentati in media del 138%.
E’ una semplificazione eccessiva dire che il valore del dollaro dipende dalla quantità presente di moneta: se il pubblico pensa che la quantità di moneta futura supererà quella presente, il valore attuale del dollaro (misurato dal suo potere d’acquisto) sarà ancora più basso.
Inoltre, il valore di un’unità monetaria non dipende solo dalla sua quantità totale, ma anche dalla qualità: quando una valuta abbandona il Gold Standard, ciò significa che il potere di convertirla in Oro è stato perso, quindi il valore dell’unità monetaria diminuisce immediatamente, anche se non c’è ancora stato nessun incremento della quantità di moneta. Ciò perché le persone hanno in media più fiducia nell’Oro che nella capacità di giudizio dei ministri economici di un qualunque governo. In ogni caso non è mai accaduto che all’uscita dal Gold Standard non sia seguito un incremento della quantità di moneta e del credito bancario. Il valore di una moneta non è determinato da fattori interamente meccanicistici, ma soprattutto da fattori psicologici che sono spesso difficili da comprendere.
Ci sono altre questioni da tenere in considerazione: si dice spesso che il valore del dollaro dipende anche dalla velocità di circolazione della moneta (più alta è la velocità di circolazione, meno vale una valuta). Ma un incremento della velocità di circolazione non è una causa della perdita di valore di una valuta, è una delle conseguenze del timore che il valore della valuta diminuirà (o, detto in un altro modo, che i prezzi aumenteranno). Ciò fa credere alle persone che sia meglio scambiare dollari in cambio di merce prima che i dollari perdano valore, quindi l’aumento della velocità di circolazione della valuta è una conseguenza e non una causa della perdita di valore della valuta stessa.
Un altro vicolo cieco: in risposta a chi sostiene che l’espansione della moneta e del credito causino l’inflazione, alcuni fanno notare che l’incremento del prezzo delle commodities avviene prima dell’incremento della quantità di moneta. Ciò è vero, le materie prime strategiche aumentano di prezzo per il timore che possano diventare insufficienti; gli speculatori e gli imprenditori li comprano per tenerli fermi in vista di profitti ulteriori o come scorta di sicurezza, ma per fare ciò chiedono in prestito più soldi alle banche, quindi l’aumento dei prezzi delle commodities si accompagna ad un incremento del credito bancario. E’ quest’ultimo che garantisce al sistema l’incremento di moneta dal quale si genera l’incremento dei prezzi, che anche in questo caso è una conseguenza.
Alcune credenze popolari non corrette
Una delle assunzioni più sbagliate sull’inflazione è che sia causata dalla scarsità di beni sul mercato.
E’ vero che un aumento dei prezzi (che, come abbiamo visto, non è da identificare con l’inflazione) può essere causato sia da un incremento della quantità di moneta che da una carenza di beni sul mercato, come nel caso dei prodotti agricoli. Ma questa è un’eccezione che si verifica di rado anche nei periodi di guerra. Tuttavia questa credenza è talmente radicata che, anche durante l’iperinflazione nella Germania del 1923, dopo che i prezzi erano cresciuti nell’ordine delle miliardi di volte, milioni di tedeschi, anche nelle classi più alte, attribuivano il tutto alla scarsità di beni disponibili, mentre nello stesso tempo gli stranieri compravano direttamente in Germania i beni per mezzo dell’Oro o delle altre valute a prezzi risibili rispetto a quelli che avrebbero pagato nei rispettivi mercati domestici.
Anche l’aumento dei prezzi a partire dal 1939 negli USA è stato attribuito ad una carenza di beni. Ma anche se i beni civili fossero stati realmente scarsi, ciò non avrebbe comunque causato incremento dei prezzi, in quanto l’incremento della tassazione nel periodo di guerra ha tolto una parte elevata di reddito alle persone, che quindi avevano a disposizione meno soldi da spendere.
Un’altra fonte di confusione riguarda il deficit di bilancio: per molti, un deficit di bilancio è una causa necessaria e sufficiente di inflazione. Ma se il deficit è finanziato da bond governativi coperti da reali risparmi, non necessariamente genera inflazione, così come un avanzo di bilancio non è una garanzia contro l’insorgere dell’inflazione. Un deficit di bilancio è inflazionistico solamente nella misura in cui genera un incremento della quantità di moneta; l’inflazione può verificarsi anche in presenza di un avanzo di bilancio, se è accompagnato dall’incremento di moneta e di credito bancario.
Lo stesso ragionamento si applica alla cosiddetta pressione inflazionistica, in particolare alla spirale salari-prezzi. Un incremento dei salari oltre il livello di mercato non genera in sé inflazione se non è collegato ad un incremento della quantità di moneta, ma causa solo disoccupazione. Un incremento dei prezzi senza un corrispondente aumento dei soldi nelle tasche delle persone genera solo una diminuzione delle vendite. Salari e prezzi sono quindi una conseguenza dell’inflazione, e possono esserne una concausa solo se contribuiscono a generare un incremento della quantità di moneta.
Le cure contro l’inflazione
La cura contro l’inflazione consiste, come tutte le cure, nella rimozione della causa; per rimuovere l’inflazione bisogna semplicemente smettere di inflazionare!
Questo semplice principio implica difficili decisioni di dettaglio. Cominciamo dal bilancio dello stato: è quasi impossibile evitare l’inflazione se il bilancio è costantemente negativo, perché il deficit sarà quasi sicuramente finanziato ricorrendo a mezzi inflazionistici che portano, direttamente o indirettamente, a stampare più moneta. Le spese governative non sono inflazionistiche finchè sono coperte dalla pressione fiscale o da risparmi reali. Ma quando le spese si spingono oltre un certo livello questi mezzi si rivelano impraticabili e si ricorrerà a stampare moneta. Inoltre, anche se i ricavi governativi dalla tassazione non sono necessariamente inflazionistici, minano il sistema produttivo e di libera imprenditoria, quindi una riduzione della spesa pubblica va in senso contrario all’inflazione.
Il Tesoro (quindi il governo) e la Banca Centrale contribuiscono entrambi al processo inflativo, poiché mantengono bassi in maniera artificiale i tassi d’interesse, dai quali si genera l'aumento del credito bancario. Infatti un incremento nella richiesta di prestiti si accompagna ad un incremento della quantità di moneta, e a sua volta l’ incremento della quantità di moneta mantiene bassi i livelli dei tassi d’interesse. In particolare ciò si verifica quando la Banca Centrale compra i bond governativi alla pari (cioè a un tasso uguale a quello concesso alle singole banche): la Banca Centrale dovrebbe pagare tassi sui bond più alti di quelli che concede alle singole banche, specialmente in periodi di pesante inflazione, per evitare una eccessiva espansione del credito: in presenza di tassi sui bond governativi più elevati, è più costoso per le singole banche chiedere un prestito alla Banca Centrale, quindi le singole banche chiederanno meno prestiti alla Banca Centrale e ne concederanno meno ai propri clienti. Poichè la Banca Centrale paga questi bond (da cui si generano i prestiti) stampando nuova moneta (ciò è chiamato la Monetizzazione del debito pubblico), se i tassi pagati dalla Banca Centrale sono più alti il credito bancario diminuisce e di conseguenza diminuisce la quantità di nuova moneta stampata. La politica di mantenere bassi i tassi d’interesse ha perciò il suo corrispondente nella politica di autofinanziamento del debito pubblico mediante l'emissione di nuova moneta.
Il mondo non si libererà dall’inflazione se non ritornando al Gold Standard, che fornisce un controllo automatico e pratico contro un’eccessiva espansione creditizia; per questo motivo è stato abbandonato. Il Gold Standard è inoltre l’unico sistema che abbia mai fornito una moneta realmente adatta a favorire gli scambi internazionali.
Uno degli effetti dell’inflazione è di ridistribuire la ricchezza: all’inizio del processo inflativo, prima che le distorsioni diventino talmente consistenti da creare grossi problemi al sistema produttivo, alcuni gruppi di persone sono favoriti rispetto ad altri, quindi hanno interesse a mantenere in vigore un sistema inflativo. Tanti invece rimangono delusi quando scoprono di non poter battere l’inflazione, e che il costo della vita aumenta più del salario; l’ipocrisia corrente dice: che diminuiscano i prezzi praticati dagli altri, e aumentino i miei ricavi.
I governi guidano la via dell’ipocrisia, volendo mantenere una politica di piena occupazione combattendo allo stesso tempo l’inflazione mentre, come disse un accanito sostenitore delle politiche inflative “l’inflazione è i nove decimi della piena occupazione”. Ma si era dimenticato di dire che il risultato dell’inflazione è una recessione e, peggio ancora, la sfiducia del pubblico nel capitalismo, individuato erroneamente come la causa della recessione stessa.
L’inflazione ha tanti effetti negativi: diminuisce il valore della moneta, aumenta il costo della vita, reduce I risparmi, disincentiva gli investimenti, incoraggia la speculazione a spese del lavoro, mina la fiducia nel libero mercato.
Ma non è inevitabile, la possiamo fermare se vogliamo.
Posted by Paxtibi at 6/19/2010 03:21:00 PM 2 comments
Wednesday, June 16, 2010
Collective Hope #151
Posted by Paxtibi at 6/16/2010 07:56:00 PM 4 comments
Collective Hope #150
Posted by Paxtibi at 6/16/2010 04:35:00 PM 1 comments
Tuesday, June 15, 2010
Collective Hope #149
Posted by Paxtibi at 6/15/2010 05:51:00 PM 3 comments
Monday, June 14, 2010
Collective Hope Bonus #19
Posted by Paxtibi at 6/14/2010 12:11:00 AM 6 comments
Sunday, June 13, 2010
La costruzione dell'élite di governo
Curioso notare come in fondo, al di là di quelle che si possono considerare differenze di facciata, il sistema non sia poi cambiato così tanto, soprattutto per chi sta alla base della piramide...
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Di Murray N. Rothbard
Il sistema mercantilista non ebbe bisogno di una pretenziosa “teoria” per essere varato. Sorse spontaneamente tra le caste che governavano le nascenti nazioni stato. Il re, assecondato dalla nobiltà, prediligeva ingenti spese pubbliche, conquiste militari ed imposte elevate per aumentare potere e ricchezza comuni e individuali. Inoltre il re preferiva naturalmente le alleanze con i nobili e con i cartelli di gilde e compagnie monopoliste, poiché questi costituivano il suo potere politico per mezzo delle alleanze ed il suo reddito con le vendite e le tasse dei beneficiari.
Nemmeno le compagnie di cartello ebbero grande necessità di una teoria per giustificare il loro acquisto di privilegi monopolistici. Neanche i sussidi alle esportazioni, le barriere per le importazioni, ebbero bisogno di una teoria; né fu necessaria per aumentare la disponibilità di denaro e credito per i re, i nobili, e i gruppi di affari favoriti. E non fu necessario nemmeno per la famosa premura dei mercantilisti nell'accumulare lingotti nel paese: quell'accumulo in realtà era un aumento nel numero di lingotti che entrava nei forzieri dei re, dei nobili e delle compagnie esportatrici monopoliste. E chi non vuole che la scorta di denaro nelle sue tasche aumenti?
La teoria arrivò più tardi; la teoria arrivò per vendere alle masse illuse la necessità e la benevolenza del nuovo sistema, o per vendere al re il particolare schema promosso dai libellisti o dai suoi confratelli. La “teoria” mercantilista era un insieme di spiegazioni razionali destinate a sostenere o ampliare degli interessi economici particolari.
Molti storici del ventesimo secolo hanno lodato i mercantilisti per la loro preoccupazione proto-keynesiana per la “piena occupazione,” che si presume dimostrerebbe sorprendenti tendenze moderne. Si dovrebbe notare, tuttavia, che la preoccupazione mercantilista per la piena occupazione era ben poco umanitaria. Al contrario, il loro desiderio era di spazzare via l'ozio e di obbligare a lavorare gli oziosi, i vagabondi e i “mendicanti robusti.” In breve, per i mercantilisti, la “piena occupazione” implicava schiettamente un suo corollario logico: il lavoro forzoso. Così, nel 1545, i “mendicanti robusti” di Parigi furono costretti a lavorare per lunghi orari e due anni più tardi, “per eliminare ogni occasione d'ozio per i sani,” tutte le donne in grado ma poco disposte a lavorare furono frustate e cacciate da Parigi, mentre tutti gli uomini della stessa categoria vennero ficcati nei galeoni come schiavi.
Si dovrebbe immediatamente notare la base classista di questo orrore mercantilista verso l'ozio. La nobiltà ed il clero, per esempio, erano scarsamente preoccupati dal proprio ozio; era soltanto quello delle classi più basse che doveva essere estirpato con tutti i mezzi necessari. Lo stesso era vero per i commercianti privilegiati del terzo stato. La giustificazione sottilmente velata era la necessità di aumentare la “produttività della nazione,” ma queste classi costituivano l'élite di governo e tale estirpazione forzata dell'ozio, sia nelle opere pubbliche che nella produzione privata, beneficiava i governanti. Non solo aumentò la produzione a beneficio di questi ultimi; abbassò anche i tassi salariali aumentando l'offerta di forza lavoro con la coercizione.
Così, alla riunione degli stati generali, il corpo parlamentare della Francia, nel 1576, tutti i tre stati si unirono nella richiesta di lavoro forzoso. Il clero esortò a “non tollerare o permettere... che nessuno oziasse.” Il terzo stato voleva che i “mendicanti robusti” venissero o messi a lavorare, o frustati ed esiliati. I nobili incitarono a costringere al lavoro “mendicanti e fannulloni robusti” e a frustarli se si fossero rifiutati di obbedire.
Gli stessi Estates-General fecero la loro speciale perorazione fin troppo dolorosamente chiara in materia di tariffe protettive. Gli stati richiesero la proibizione delle importazioni di tutti i beni manifatturieri e dell'esportazione di tutte le materie prime. Lo scopo di entrambe le misure era di costruire una barriera di protezione monopolistica intorno alle manifatture nazionali e di obbligare i produttori di materie prime a vendere le loro merci a quelle aziende nazionali ad un prezzo artificialmente basso.
La giustificazione che tali misure erano necessarie per “mantenere i lingotti” o i soldi “nel paese” apparirà chiaramente assurda a qualsiasi persona obiettiva. Perché se ai consumatori francesi doveva essere impedito l'acquisto di beni importati per salvaguardare i “loro lingotti,” cosa sarebbe potuto accadere in caso contrario? C'era davvero il pericolo che i francesi trasferissero tutti i loro lingotti all'estero senza tenerne nessuno per sé? Chiaramente, un evento simile sarebbe assurdo, ma anche se fosse accaduto – il caso peggiore – c'è un evidente limite massimo ad ogni fuoriuscita dei lingotti dal paese. Perché dove otterrebbero altri lingotti i consumatori intenzionati ad acquistare sempre più prodotti d'importazione? Chiaramente, soltanto esportando altri prodotti all'estero.
Di conseguenza, l'argomento “mantenere i soldi nel paese” è palesemente fraudolento, sia nella Francia del XVII secolo che negli Stati Uniti del XX secolo. Gli Estates-General erano interessati alla protezione di determinate industrie francesi, punto.
L'argomento “mantenere i soldi nel paese” era inoltre un conveniente bastone per colpire gli imprenditori e i finanzieri stranieri che avrebbero potuto battere la concorrenza dei nativi. Così la prospettiva di veder fiorire in Francia banchieri tedeschi e finanzieri italiani provocò furiosi parossismi per i “profitti guadagnati disonestamente” degli stranieri, che sottraevano i soldi al paese, furia che naturalmente era alimentata dall'egregia “fallacia di Montaigne” tipicamente mercantilista secondo cui il guadagno di un uomo (o di una nazione) sul mercato era ipso facto la perdita di un altro uomo (o di un altra nazione). Questi francesi stizzati suggerirono spesso che i finanzieri stranieri venissero espulsi dal paese, ma i re in genere erano tipicamente troppo impantanati nei debiti per permettersi di seguire tale consiglio.
Posted by Paxtibi at 6/13/2010 02:11:00 AM 5 comments
Friday, June 11, 2010
Libri dal Gongoro
Ancora non ho capito bene come funzionano tutti questi aggeggi (nel widget centrale i titoli dovrebbero ruotare seguendo i contenuti del blog, ma per ora non accade), comunque sappiate che se acquistate passando da qui, per esempio entrando nel Gongoro Bookshop, Amazon mi girerà il 4% della vostra spesa.
Se siete in vena di acquisti, quindi, provate a farci un giro, e anch'io sarò più contento. Grazie.
Posted by Paxtibi at 6/11/2010 08:44:00 PM 11 comments
Thursday, June 10, 2010
La Collective Hope vola davvero!
Posted by Paxtibi at 6/10/2010 02:06:00 PM 16 comments
Wednesday, June 9, 2010
Collective Hope #148
Posted by Paxtibi at 6/09/2010 04:02:00 PM 3 comments
Collective Hope #147
Posted by Paxtibi at 6/09/2010 12:00:00 PM 1 comments
Tuesday, June 8, 2010
Collective Hope #146
Posted by Paxtibi at 6/08/2010 08:10:00 PM 1 comments
Monday, June 7, 2010
The Story of Your Enslavement
Posted by Paxtibi at 6/07/2010 09:18:00 AM 6 comments
Sunday, June 6, 2010
La generazione perduta
Ma la sua impietosa analisi è più chiara di qualsiasi altra possiate trovare su quelle raccolte di veline chiamate giornali, ed è ugualmente valida per illustrare la situazione di un'altra triste nazione: è sufficiente sostituire la parola Spagna con Italia.
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Di Jaime Levy Moreno
Negli ultimi due decenni nell'Europa mediterranea e particolarmente in Spagna, è emerso un nuovo gruppo sociale, chiamato jovenes (giovani). I membri di questo gruppo esibiscono parecchie caratteristiche specifiche. Per prima cosa, i jovenes sono solitamente maschi, tra i 25 e i 35 anni, anche se alcuni membri sono nei 40. Secondo, sono in una condizione perpetua fra la scuola ed il loro primo lavoro. Terzo, vivono solitamente con i loro genitori per risparmiare i soldi che gli permettono di uscire almeno tre volte la settimana. Quarto, lavorano occasionalmente part-time – se non altro per la pressione imposta loro dai genitori. Infine, la cosa più importante, ricevono sussidi di disoccupazione e rinnovano la loro iscrizione alla “lista di disoccupazione” di tanto in tanto, di modo che le sovvenzioni statali non si esauriscono durante il loro letargo “provvisorio.”
Sarebbe molto ingiusto dar loro tutta la colpa per la loro mancanza di iniziativa. Hanno una parte vitale in quella che è chiamata la “generazione di Atlante.” Hanno il peso del mondo sulle loro spalle, e saranno quelli che dovranno pagare i peccati economici dei loro genitori. È importante analizzare le ragioni per le quali è apparso questo gruppo sociale, qual è la situazione oggi e quali saranno le conseguenze di questo fenomeno in futuro.
Per gli ultimi dieci anni e particolarmente da quando la recente crisi finanziaria è cominciata, la disoccupazione spagnola è aumentata astronomicamente, raggiungendo il record di circa il 20 per cento. Questo, naturalmente, non comprende le migliaia di immigrati illegali, che non compaiono nelle statistiche ufficiali di stato.
Oltre all'ampio numero di disoccupati, un altro significativo gruppo di persone lavora part-time con “ contratti spazzatura” o stipendi molto bassi. I membri di questo gruppo sono chiamati mileuristas (coloro che guadagnano solo 1,000€/mese). Questo gruppo appare sopra i jovenes nella piramide sociale. I mileuristas normalmente vivono in casa dei genitori e sognano di diventare alla fine economicamente autosufficienti, o vivono in appartamenti in affitto poco costosi finanziati da soldi dello stato, che vengono direttamente dalle tasche dei contribuenti.
Infine, troviamo un gruppo più piccolo in cima alla piramide. Questo gruppo è costituito o da pochi fortunati, o in alcuni casi, da giovani laboriosi e in genere eccezionali. Questo gruppo ha impieghi molto rispettabili (normalmente con stipendi iniziali intorno ai 2,000€/mese) e sono i figli e le figlie di famiglie ricche che ricevono normalmente un'istruzione privata di qualità più o meno alta. Finiscono impiegati nell'azienda di famiglia o in qualche ditta con cui i loro genitori o familiari hanno dei contatti.
Al di fuori di questa piramide troveremo inoltre un gruppo di persone che decidono di studiare per un “oposición” (esame di stato) per lavorare per il governo. Secondo la complessità della loro formazione ed il loro successo all'esame, finiranno per lavorare per la prima volta fra i 26 e i 35 anni e saranno pagati decentemente, o persino molto bene, per il resto delle loro vite.
È inoltre molto importante prestare una particolare attenzione al numero di anni in cui si viene chiamati “studenti” in Spagna. La qualità di una laurea si è svalutata negli ultimi anni al punto in cui un datore di lavoro non sarà affatto impressionato da un diplomato in un'intervista di lavoro. Di conseguenza, è richiesta almeno una laurea o un certo genere di specializzazione accompagnato dalla competenza in almeno tre lingue. Questo, naturalmente, significa più anni da passare come studente e, per i più privilegiati, un anno o due per vivere e studiare le lingue straniere all'estero.
Non molto tempo fa in Spagna, era un onore avere un diploma e ancor più prestigioso l'avere una laurea, che soltanto poche persone poteva ottenere a causa del costo e del duro lavoro che comportavano. Ora studiare in un'università pubblica spagnola è quasi gratis. Questo è visto come un grande successo che offre opportunità alle persone delle classi più basse, che a volte finiscono per far parte del gruppo dei “giovani eccezionali e duri lavoratori.” Ma, per essere onesti, questo gruppo è abbastanza piccolo. Lo sforzo per rendere più facile essere uno studente è in gran parte un modo per il governo di abbassare il tasso di disoccupazione.
Per spiegare perché per i neo-laureati è così difficile ottenere un lavoro rispettabile in Spagna, è importante sapere che il costo della manodopera è molto alto per i datori di lavoro – una conseguenza delle leggi rigorose che proteggono i lavoratori. Una vacanza di quattro settimane l'anno è il minimo obbligatorio. Un salario minimo artificialmente alto pone un limite sotto l'offerta di lavoratori e la domanda di impieghi, generando uno squilibrio devastante. Ciò significa che c'è un'enorme domanda di lavoro e poca voglia da parte dei datori di lavoro di soddisfarla.
I motivi supplementari per la mancanza di offerte di lavoro in Spagna includono l'eccessivo finiquito, la paga finale a cui un lavoratore ha diritto per la legge spagnola una volta licenziato: 45 giorni di stipendio per ogni anno passato nell'azienda. Ancora, le tasse sui datori di lavoro sono molto alte – almeno il 50 per cento dello stipendio annuale di ogni lavoratore, il che significa che se qualcuno è pagato 20,000€ l'anno, ne costa al suo datore di lavoro almeno 30,000€. Tutto questo rende un datore di lavoro molto riluttante ad impiegare qualcuno, il che genera un tasso alto di disoccupazione ed un gran numero di “contratti spazzatura.” Queste tasse promuovono inoltre le attività del mercato nero, che o schivano le regole stabilite o le ignorano completamente.
Le tasse sugli stipendi degli impiegati sono anch'esse molto alte, il che ci riporta alla condizione sociale di mileurista. Queste tasse generano un effetto sostitutivo: le ditte cercano disperatamente di ridurre l'impatto del lavoro con le nuove tecnologie. Un esempio recente in Spagna è la mossa di McDonald's di cominciare a sostituire i lavoratori con delle nuove macchine che prendono gli ordini per il cliente, riducendo il numero degli operai. L'obiettivo è di lasciare soltanto due gruppi di impiegati: quelli in cucina e quelli che vi passano i cibi al banco.
Le sfortune della Spagna sono state complicate dall'entrata nell'eurozona. La possibilità di ottenere tassi d'interesse molto bassi per prendere soldi in prestito – gli stessi tassi d'interesse di economie più potenti e orientate al risparmio – come la Germania – ha incentivato le aziende a prendere prestiti per costruire alloggi e infrastrutture. Circa 800.000 case sono state costruite ogni anno in Spagna, più di Francia, Germania ed Inghilterra insieme. Questo si è trasformato in un impulso nell'offerta di lavoro nell'industria edilizia. Purtroppo, questa domanda di manodopera è stata soddisfatta principalmente da immigrati che ora si trovano disoccupati con poche possibilità. Gli enormi prestiti per finanziare questo boom immobiliare, in particolare delle “cajas” (casse di risparmio) spagnole, ora non possono essere ripagati e sono risultati in un enorme operazione di salvataggio del governo.
Di conseguenza, il governo spagnolo ha creato un debito sempre più grande, finanziato con l'emissione continua di nuovi bond. Questi prestiti ha spossato le finanze pubbliche spagnole, abbassato il suo rating, e ridotto la domanda degli investitori per continuare a finanziare questa spesa di deficit.
Allo stesso tempo, la crisi ha causato un severo declino negli introiti fiscali, particolarmente nelle tasse come l'IVA (imposta sul valore aggiunto). Di conseguenza lo stato ha ricevuto meno redditi ed in risposta ora sta aumentando le imposte sui consumi per coprire il deficit (effettivo il mese prossimo). Questo aumento delle tasse, alla fine, si tradurrà in minore spesa e profitti ridotti per tutti i produttori. Renderà inoltre la Spagna un posto non molto attraente per le aziende mondiali che volessero iniziare o continuare la loro attività.
Tutti questi effetti, infine, significheranno più disoccupazione, che ci riporta alla giovane “generazione di Atlante.” Ironicamente, molti membri di questa generazione hanno una fiducia totale che il governo si prenderà cura di tutte questi problemi per loro. Scelgono di stare a casa dei genitori fino alla mezza età e rimandano il matrimonio e il farsi una famiglia fino ad oltre i 30 anni. Inoltre hanno il problema di un debito sempre più enorme, di cui alla fine dovranno occuparsi.
Se le attuali tendenze continuano, entro pochi anni in Spagna ogni impiegato dovrà pagare un pensionato della previdenza sociale. Soltanto 40 anni fa, dieci impiegati si prendevano cura di un pensionato con i loro contributi della sicurezza sociale. La generazione di Atlante, rinviando matrimonio e figli, ha peggiorato questo squilibrio tra lavoratori e pensionati. Il tasso annuale di nascite per donna fertile in Spagna è soltanto l'1,2, uno dei più bassi nel mondo e probabilmente diminuirà durante gli anni venturi.
L'unico modo per risolvere questo problema sarebbe di abbassare drasticamente le tasse, in particolare le tasse sull'occupazione. Agire in tal modo incoraggerebbe i datori di lavoro ad offrire più posti di lavoro e gli impiegati ad avere famiglie più grandi. Purtroppo, questa opzione non interessa molto i politici spagnoli, che preferiscono mantenere lo status quo socialista a prescindere da quale partito politico è al potere.
Posted by Paxtibi at 6/06/2010 08:36:00 PM 2 comments