Discorso di Hoppe in cui si spiega l'utilità della moneta e del risparmio come protezione dagli imprevisti del futuro, pronunciato il 24 aprile 2009 alla Lezione in memoria di Franz Cuhel della Conferenza di Politica Economica di Praga (il video è disponibile a questo link).
In due parti, questa è la prima.
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Di Hans-Hermann Hoppe
Franz Cuhel occupa un posto d'onore nella storia del pensiero economico e della scuola di economia “viennese” o “austriaca” in particolare. Nel suo libro Zur Lehre von den Bedürfnissen (1907), Cuhel propose per la prima volta un'interpretazione rigorosamente ordinale dell'utilità marginale contribuendo così ad un progresso sistematico della teoria economica pura. Dal momento che questa conferenza è stata così chiamata in onore di Cuhel, ho ritenuto appropriato parlare anch'io, qui, di un problema di economia puramente teorico. Il mio oggetto, tuttavia, non è la teoria generale del valore ma, più specificamente, la teoria della moneta.
Per il titolo della mia conferenza mi sono ispirato ad un famoso articolo di William H. Hutt, “Il rendimento patrimoniale.” [1] Come Hutt, voglio attaccare il seguente concetto: che il denaro tenuto tra saldi di cassa e conti di deposito sia in qualche modo “improduttivo,” “infruttuoso,” o “sterile,” che offre un “rendimento pari a zero;” che solo i beni di consumo ed i beni di produzione (d'investimento) producono benessere; che l'unico uso produttivo della moneta si trova nella sua “circolazione,” ovvero, nello spenderlo in beni di produzione o di consumo; e che il tenersi i soldi, ovvero il non spenderli, diminuisce il consumo e la produzione futuri.
Questa idea è estremamente popolare all'interno e fuori dalla professione economica. Hutt offre molti esempi dei suoi propugnatori. Qui ne riporterò soltanto due. Il primo è John Maynard Keynes. Una citazione famosa dalla sua Teoria Generale sarà sufficiente per il mio scopo: “Un atto di risparmio individuale,” con cui Keynes intende giacenza monetaria o “tesaurizzazione” al posto di consumo o spesa d'investimento,
Il secondo esempio proviene da più vicino, ovvero dai fautori del “free banking” come Lawrence White, George Selgin e Roger Garrison. Secondo loro, un aumento (imprevisto) nella domanda di moneta “spinge l'economia sotto il suo potenziale,” (Garrison) e richiede un'iniezione compensativa di spesa monetaria da parte del sistema bancario.
Eccoci di nuovo: “una domanda di moneta in eccesso” (Selgin & White) non ha rendimento positivo o è persino nociva; quindi, è necessario un aiuto. Per i free bankers l'aiuto non è previsto che venga dal governo e dalla sua banca centrale, ma da un sistema di banche a riserva frazionaria in libera concorrenza. Tuttavia, l'idea in questione è la stessa: tenersi i soldi (alcuni o “in eccesso”) è improduttivo e richiede un rimedio. [3]
Non voglio qui impegnarmi in una critica testuale di Keynes o dei “free bankers.” Li ho menzionati solo per chiarire ulteriormente l'idea che voglio attaccare e per mostrare quanto è diffusa – e consequenziale – la sua accettazione all'interno della professione di economia, sia all'interno che all'esterno delle cerchie keynesiane. Diversamente da Hutt, che procede “criticamente” nel suo articolo, ovvero attraverso un esame testuale di vari autori, ed arriva ad un suo opposto punto di vista del rendimento (positivo) dei soldi tenuti in un modo piuttosto indiretto e circostanziale, voglio procedere “apoditticamente”: attraverso una dimostrazione positiva della produttività esclusiva della moneta. [4]
La prima risposta naturale alla tesi che i soldi tenuti o aggiunti ai saldi di cassa sono improduttivi è di controbattere, perché, allora, se tenersi i soldi o aggiungerli ai patrimoni è improduttivo per il benessere umano, la gente lo fa? Se le giacenze monetarie sono effettivamente “buone a niente,” nessuno le terrebbe o accumulerebbe – ma quasi tutti agiscono così in continuazione! E poiché tutta la moneta è sempre tenuta o accumulata da qualcuno – quando “circola,” lascia soltanto una mano per passare in un altra – essa dev'essere continuamente “buona per qualcosa” mentre viene tenuta (il che è sempre).
Per capire cos'è questo “buona per qualcosa” della moneta, è meglio chiedere, quando, in che circostanze, non ci sarebbe domanda di giacenze monetarie? È interessante notare che esiste ampio accordo sulla risposta all'interno della professione di economia. È stato affermato nel modo più lucido da Ludwig von Mises. Non esisterebbe nessuna moneta e nessuna domanda di contanti in condizioni di “generale equilibrio,” o come la chiama Mises, all'interno della costruzione immaginaria di “un'economia che gira uniformemente.” In questa costruzione, ogni incertezza è rimossa dall'azione umana per assunto. Tutti conoscono precisamente i termini, i tempi e i luoghi di ogni azione futura e tutti gli scambi possono di conseguenza essere predisposti e prendere la forma di scambi diretti.
Scrive Mises,
In realtà, al di fuori della costruzione immaginaria di un'economia che gira uniformemente, l'incertezza esiste. I termini, i tempi e i luoghi di tutte le azioni e tutti gli scambi futuri non possono essere previsti perfettamente (con certezza). L'azione è per natura speculativa e soggetta all'errore. Sorprese imprevedibili possono accadere a breve. Ogni volta che delle doppie coincidenze di desideri fra coppie di futuri compratori e venditori sono assenti, per esempio, ovvero quando uno non vuole ciò che l'altro vuole vendere o viceversa, ogni commercio diretto (scambio) diventa impossibile. A fronte di questa sfida di contingenze imprevedibili, l'uomo può giungere a valutare i beni a seconda del loro grado di negoziabilità (piuttosto che per il loro valore d'uso per lui come beni di produzione o di consumo) ed a studiare anche la possibilità di vendere ogni volta che un bene acquistabile è più commerciabile di quello da cedere, così che il suo possesso faciliterebbe direttamente o indirettamente l'aquisizione futura di altri beni e servizi utili. In altre parole, può presentarsi una domanda per i mezzi di scambio, cioè, una domanda per i beni stimati per la loro negoziabilità o rivendibilità.
E dal momento che un bene più facilmente ed ampiamente rivendibile è preferibile al meno facilmente ed ampiamente rivendibile come mezzo di scambio, “ci sarà,” come scrive Mises,
Note
[1] William H. Hutt, “The Yield from Money Held,” in: Freedom and Free Enterprise: Essays in Honor of Ludwig von Mises, ed. M. Sennholz, Chicago: Van Nostrand, 1956, pp. 196-216.
[2] John Maynard Keynes, Teoria generale dell'occupazione, dell'interesse e della moneta, UTET, 2006.
[3] Roger Garrison,“Central Banking, Free Banking, and Financial Crises,” Review of Austrian Economics 9, no.2, 1996, p. 117; George Selgin & Lawrence White, “In Defense of Fiduciary Media,” Review of Austrian Economics 9, no. 2, 1996, p. 100/01.
[4] Per una critica dettagliata di Keynes vedi Hans-Hermann Hoppe, “Theory of Employment, Money, Interest, and the Capitalist Process: The Misesian Case Against Keynes” ; per una critica dettagliata della dottrina del free banking vedi idem, “How is Fiat Money Possible?” Review of Austrian Economics 7, no. 2, 1994 e idem, “Against Fiduciary Media,” Quarterly Journal of Austrian Economics 1, no.1, 1998.
Questi articoli sono raccolti in The Economics and Ethics of Private Property di Hans-Hermann Hoppe, 2nd Edition, Auburn, Al.: Ludwig von Mises Institute, 2006.
[5] Ludwig von Mises, Human Action, Chicago: Regnery, 1966, P. 249.
[6] Ludwig von Mises, Theory of Money and Credit, Irvington, N.Y.: Foundation for Economic Education, 1971, pp. 32–33.
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Link alla seconda parte.
In due parti, questa è la prima.
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Di Hans-Hermann Hoppe
Franz Cuhel occupa un posto d'onore nella storia del pensiero economico e della scuola di economia “viennese” o “austriaca” in particolare. Nel suo libro Zur Lehre von den Bedürfnissen (1907), Cuhel propose per la prima volta un'interpretazione rigorosamente ordinale dell'utilità marginale contribuendo così ad un progresso sistematico della teoria economica pura. Dal momento che questa conferenza è stata così chiamata in onore di Cuhel, ho ritenuto appropriato parlare anch'io, qui, di un problema di economia puramente teorico. Il mio oggetto, tuttavia, non è la teoria generale del valore ma, più specificamente, la teoria della moneta.
Per il titolo della mia conferenza mi sono ispirato ad un famoso articolo di William H. Hutt, “Il rendimento patrimoniale.” [1] Come Hutt, voglio attaccare il seguente concetto: che il denaro tenuto tra saldi di cassa e conti di deposito sia in qualche modo “improduttivo,” “infruttuoso,” o “sterile,” che offre un “rendimento pari a zero;” che solo i beni di consumo ed i beni di produzione (d'investimento) producono benessere; che l'unico uso produttivo della moneta si trova nella sua “circolazione,” ovvero, nello spenderlo in beni di produzione o di consumo; e che il tenersi i soldi, ovvero il non spenderli, diminuisce il consumo e la produzione futuri.
Questa idea è estremamente popolare all'interno e fuori dalla professione economica. Hutt offre molti esempi dei suoi propugnatori. Qui ne riporterò soltanto due. Il primo è John Maynard Keynes. Una citazione famosa dalla sua Teoria Generale sarà sufficiente per il mio scopo: “Un atto di risparmio individuale,” con cui Keynes intende giacenza monetaria o “tesaurizzazione” al posto di consumo o spesa d'investimento,
equivale – per così dire – ad una decisione di non pranzare oggi. Ma non implica una decisione di pranzare o comprare un paio di stivali tra una settimana o un anno o per consumare una qualsiasi cosa specifica ad una qualsiasi data specifica. Quindi deprime il commercio di preparare il pranzo oggi senza stimolare il commercio di prepararsi per un certo atto futuro di consumo. Non è una sostituzione di futuro consumo-domanda per presente consumo-domanda – è una diminuzione netta di tale domanda. [2]Ecco qua: tenersi i soldi, ovvero, non spenderli in beni d'investimento o di consumo, è improduttivo, effettivamente nocivo. Secondo Keynes, il governo o la sua banca centrale deve creare e quindi spendere la moneta che i “risparmiatori,” ovvero, i possessori di contanti, stanno tenendo improduttivamente ferma, in modo da stimolare sia il consumo che l'investimento (inutile a dirsi, questo è precisamente quello che i governi e le banche centrali stanno attualmente facendo, apparentemente per rettificare la presente crisi economica).
Il secondo esempio proviene da più vicino, ovvero dai fautori del “free banking” come Lawrence White, George Selgin e Roger Garrison. Secondo loro, un aumento (imprevisto) nella domanda di moneta “spinge l'economia sotto il suo potenziale,” (Garrison) e richiede un'iniezione compensativa di spesa monetaria da parte del sistema bancario.
Eccoci di nuovo: “una domanda di moneta in eccesso” (Selgin & White) non ha rendimento positivo o è persino nociva; quindi, è necessario un aiuto. Per i free bankers l'aiuto non è previsto che venga dal governo e dalla sua banca centrale, ma da un sistema di banche a riserva frazionaria in libera concorrenza. Tuttavia, l'idea in questione è la stessa: tenersi i soldi (alcuni o “in eccesso”) è improduttivo e richiede un rimedio. [3]
Non voglio qui impegnarmi in una critica testuale di Keynes o dei “free bankers.” Li ho menzionati solo per chiarire ulteriormente l'idea che voglio attaccare e per mostrare quanto è diffusa – e consequenziale – la sua accettazione all'interno della professione di economia, sia all'interno che all'esterno delle cerchie keynesiane. Diversamente da Hutt, che procede “criticamente” nel suo articolo, ovvero attraverso un esame testuale di vari autori, ed arriva ad un suo opposto punto di vista del rendimento (positivo) dei soldi tenuti in un modo piuttosto indiretto e circostanziale, voglio procedere “apoditticamente”: attraverso una dimostrazione positiva della produttività esclusiva della moneta. [4]
La prima risposta naturale alla tesi che i soldi tenuti o aggiunti ai saldi di cassa sono improduttivi è di controbattere, perché, allora, se tenersi i soldi o aggiungerli ai patrimoni è improduttivo per il benessere umano, la gente lo fa? Se le giacenze monetarie sono effettivamente “buone a niente,” nessuno le terrebbe o accumulerebbe – ma quasi tutti agiscono così in continuazione! E poiché tutta la moneta è sempre tenuta o accumulata da qualcuno – quando “circola,” lascia soltanto una mano per passare in un altra – essa dev'essere continuamente “buona per qualcosa” mentre viene tenuta (il che è sempre).
Per capire cos'è questo “buona per qualcosa” della moneta, è meglio chiedere, quando, in che circostanze, non ci sarebbe domanda di giacenze monetarie? È interessante notare che esiste ampio accordo sulla risposta all'interno della professione di economia. È stato affermato nel modo più lucido da Ludwig von Mises. Non esisterebbe nessuna moneta e nessuna domanda di contanti in condizioni di “generale equilibrio,” o come la chiama Mises, all'interno della costruzione immaginaria di “un'economia che gira uniformemente.” In questa costruzione, ogni incertezza è rimossa dall'azione umana per assunto. Tutti conoscono precisamente i termini, i tempi e i luoghi di ogni azione futura e tutti gli scambi possono di conseguenza essere predisposti e prendere la forma di scambi diretti.
Scrive Mises,
In un sistema senza cambiamento in cui non c'è incertezza alcuna per il futuro, nessuno ha bisogno di tenere i contanti. Ogni individuo conosce precisamente di quale somma di denaro avrà bisogno in qualsiasi data futura. È quindi nella posizione di prestare tutti i fondi che riceve dacché i prestiti saranno resi alla data in cui ne avrà bisogno. [5]Sulla base di questa fondamentale intuizione, possiamo dichiarare come prima conclusione provvisoria riguardo alla teoria positiva della moneta che la moneta ed i risparmi scomparirebbero con la scomparsa dell'incertezza (mai) e, mutatis mutandis, che l'investimento nei contanti deve essere immaginato come investimento nella certezza o un investimento nella riduzione di ciò che, soggettivamente, è avvertito come un disagio provocato dall'incertezza.
In realtà, al di fuori della costruzione immaginaria di un'economia che gira uniformemente, l'incertezza esiste. I termini, i tempi e i luoghi di tutte le azioni e tutti gli scambi futuri non possono essere previsti perfettamente (con certezza). L'azione è per natura speculativa e soggetta all'errore. Sorprese imprevedibili possono accadere a breve. Ogni volta che delle doppie coincidenze di desideri fra coppie di futuri compratori e venditori sono assenti, per esempio, ovvero quando uno non vuole ciò che l'altro vuole vendere o viceversa, ogni commercio diretto (scambio) diventa impossibile. A fronte di questa sfida di contingenze imprevedibili, l'uomo può giungere a valutare i beni a seconda del loro grado di negoziabilità (piuttosto che per il loro valore d'uso per lui come beni di produzione o di consumo) ed a studiare anche la possibilità di vendere ogni volta che un bene acquistabile è più commerciabile di quello da cedere, così che il suo possesso faciliterebbe direttamente o indirettamente l'aquisizione futura di altri beni e servizi utili. In altre parole, può presentarsi una domanda per i mezzi di scambio, cioè, una domanda per i beni stimati per la loro negoziabilità o rivendibilità.
E dal momento che un bene più facilmente ed ampiamente rivendibile è preferibile al meno facilmente ed ampiamente rivendibile come mezzo di scambio, “ci sarà,” come scrive Mises,
per i meno commerciabili di una serie di beni usati come mezzi di scambio, una tendenza inevitabile ad essere uno per uno rifiutati finché non rimarrà un solo prodotto, che era stato impiegato universalmente come mezzo di scambio; in una parola, la moneta. [6]___________________________
Note
[1] William H. Hutt, “The Yield from Money Held,” in: Freedom and Free Enterprise: Essays in Honor of Ludwig von Mises, ed. M. Sennholz, Chicago: Van Nostrand, 1956, pp. 196-216.
[2] John Maynard Keynes, Teoria generale dell'occupazione, dell'interesse e della moneta, UTET, 2006.
[3] Roger Garrison,“Central Banking, Free Banking, and Financial Crises,” Review of Austrian Economics 9, no.2, 1996, p. 117; George Selgin & Lawrence White, “In Defense of Fiduciary Media,” Review of Austrian Economics 9, no. 2, 1996, p. 100/01.
[4] Per una critica dettagliata di Keynes vedi Hans-Hermann Hoppe, “Theory of Employment, Money, Interest, and the Capitalist Process: The Misesian Case Against Keynes” ; per una critica dettagliata della dottrina del free banking vedi idem, “How is Fiat Money Possible?” Review of Austrian Economics 7, no. 2, 1994 e idem, “Against Fiduciary Media,” Quarterly Journal of Austrian Economics 1, no.1, 1998.
Questi articoli sono raccolti in The Economics and Ethics of Private Property di Hans-Hermann Hoppe, 2nd Edition, Auburn, Al.: Ludwig von Mises Institute, 2006.
[5] Ludwig von Mises, Human Action, Chicago: Regnery, 1966, P. 249.
[6] Ludwig von Mises, Theory of Money and Credit, Irvington, N.Y.: Foundation for Economic Education, 1971, pp. 32–33.
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Link alla seconda parte.
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