Saturday, May 2, 2009

Abbasso il primitivismo! #1

Sembra incredibile che idee come il primitivismo possano ancora trovare un seguito ai giorni nostri, eppure pare proprio che il piccolo esercito di indottrinatori che popola i licei e le università abbia fatto un ottimo lavoro nell'inculcare nelle giovani menti questa patetica ma pericolosa variante del collettivismo. Anzi, ad un'osservazione attenta non sfugge il ruolo di primo piano che la retorica della capanna di fango ha assunto negli sforzi dei nuovi collettivisti per dissolvere l'individuo nell'acido della loro fantastica “nuova società”: l'ambientalismo radicale è la vera nuova frontiera del socialismo, che incapace di risolvere le proprie contraddizioni si traveste da stregone e vende fiabe e pozioni magiche.

Questa critica di Rothbard al libro La grande trasformazione di Polanyi, uno dei principali sostenitori del ritorno alla società tribale, è stata scritta come appunto privato al Volker Fund nel giugno 1961. In tre parti, questa è la prima.
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Una critica approfondita al pensiero di Polanyi

Di Murray N. Rothbard


La grande trasformazione di Karl Polanyi è una congerie di confusioni, assurdità, errori e distorti attacchi al libero mercato. La tentazione è di dedicarvi una critica quasi riga per riga. Ci rinuncerò per evidenziare innanzitutto alcuni dei difetti filosofici ed economici di base, prima di passare ad alcune delle critiche dettagliate.

Un difetto filosofico di base in Polanyi è un difetto comune degli intellettuali moderni – un difetto che è stato rampante sin da Rousseau e dal movimento romantico: il Culto del Primitivo. Ad un certo punto, (trattando dei Kaffiri), Polanyi usa effettivamente la stucchevole frase “nobile selvaggio,” ma questa idea pervade comunque il libro (per una eccellente discussione su Rousseau, sul primitivismo e sul movimento romantico, vedi Rousseau and Romanticism, di Irving Babbitt). Il rousseauismo moderno ha ricevuto una spinta importante dagli antropologi culturali, come Ruth Benedict, Margaret Mead, Franz Boas, e simili (molti dei quali erano comunisti e il resto molto a sinistra), che sono andati a visitare entusiasticamente le tribù primitive esistenti ed hanno raccontato della vita gaia e felice della tribù X che non ha proprietà privata né inibizioni imposte dal matrimonio monogamo.

Ci sono parecchie cose da dire riguardo questo culto del primitivo. In primo luogo, è assolutamente illegittimo arguire, come fa Polanyi, la storia della civiltà pre-occidentale dall'analisi delle tribù primitive esistenti. Non dobbiamo mai dimenticare che le attuali tribù primitive sono precisamente quelle che non sono progredite: che sono rimaste nella loro condizione primitiva. Arguire dall'osservazione di esse che questo è il modo in cui agivano i nostri antenati è un'assurdità – e tende ad essere il contrario della verità, dato che i nostri antenati agirono presumibilmente in modo tale da farli rapidamente progredire migliaia di anni fa oltre la fase primitiva. Farsi beffe, dunque, dell'idea che i nostri antenati fra le tribù primitive si dedicarono al baratto, poi allo scambio monetario, ecc., in base alla magia ed ai giochi in cui indulgono gli odierni primitivi, è un errore dei più grossolani.

In secondo luogo, è implicitamente e perfino esplicitamente assunto che il modo in cui le tribù primitive agiscono sia più “naturale,” sia in qualche modo più adatto all'uomo degli “artifici” della civilizzazione. Questo è alla radice del rousseauismo. Il modo in cui agiscono dei selvaggi ignoranti, timorosi e quasi-animalistici è in qualche modo più naturale, perché presumibilmente più “istintivo,” dei modi della civilizzazione. Questa è la radice della visione di Rousseau e di molti altri pensatori della sinistra, che l'uomo sia “naturalmente buono,” ma è corrotto dalle sue istituzioni. Questa idea di base è fondamentalmente e radicalmente anti-umana, perché nega i fatti basilari circa la natura umana e il modo in cui gli esseri umani devono necessariamente operare. Gli animali nascono con gli “istinti”; questi istinti sono, essenzialmente, risposte determinate dai sensi. Gli animali non possiedono un libero arbitrio, una coscienza razionale; quindi, possono adattarsi soltanto, in modo sensoriale, al loro ambiente. L'uomo, al contrario, può modificare il suo ambiente dato per mezzo della sua ragione e del suo libero arbitrio.

L'uomo nasce come tabula rasa; deve imparare, e imparare come scegliere i fini per lui adeguati ed i mezzi che deve adottare per raggiungerli. Tutto questo deve essere fatto dalla sua ragione.

La civiltà è precisamente la cronaca di come l'uomo ha usato la sua ragione, per scoprire le leggi naturali su cui si basa il suo ambiente e per usare queste leggi per alterarlo così che possa essere adeguato e gli permetta di soddisfare i suoi bisogni e desideri. Di conseguenza, il culto del primitivo è necessariamente corollario, ed è basato su, di un attacco all'intelletto. È questo profondo “anti-intellettualismo” che conduce queste persone ad affermare che la civiltà “si oppone alla natura” e che le tribù primitive sono più vicine ad essa. . . . E perché l'uomo è il supremo “animale razionale,” come Aristotele lo ha definito, questo culto del primitivo è una dottrina profondamente anti-umana.

Questa dottrina anti-umana e anti-razionale, allora, si rivolge ardentemente ai primitivi illetterati, selvaggi, timorosi come persone che noi – gli eredi di 2000 anni dei migliori prodotti della civiltà e della razza umana – si suppone dovremmo prendere a modello. Se un'attuale tribù primitiva non ha proprietà privata, o si dedica alla promiscuità indiscriminata, dovrebbe per noi essere un motivo in più per fare tutto il contrario.

È così coniato il mito del “selvaggio felice,” che questi primitivi sono davvero felici e soddisfatti. Questo mito pervade il volume di Polanyi. Liberiamoci delle vestigia della mitologia romantica e guardiamo a questi selvaggi così come sono. Sono, in primo luogo, completi schiavi del loro ambiente. Quando l'albero fruttifica, possono forse sussistere cogliendo i frutti dall'albero; ma supponiamo che un anno ci sia una ruggine sugli alberi da frutto: cosa accade a questa tribù “spensierata”? Muore, en masse. Non meraviglia che le tribù primitive sono tutte piccole di numero.

In secondo luogo, la vita del primitivo è una vita di terrore quasi costante. Terrore del mondo attorno a lui, che non capisce e non può capire, dal momento che non si è dedicato ad alcun tipo di indagine scientifica e razionale del suo funzionamento. Noi sappiamo cos'è un temporale, e per questo motivo non li temiamo e possiamo approntare misure razionali contro i fulmini; il selvaggio non lo sa e quindi la sua congettura è che il Dio del Tuono sia arrabbiato con lui e che quindi quel dio deve essere propiziato con offerte e sacrifici votivi (sacrifici a volte umani). Poiché il selvaggio non ha il concetto di un mondo tenuto insieme dalla legge naturale (un concetto che impiega la ragione e la scienza), crede che il mondo sia governato da una miriade di spiriti e demoni capricciosi, ciascuno dei quali può soltanto essere propiziato – con solo parziale “successo” – con i rituali, la magia e dagli stregoni specializzati in questo compito. Così timoroso è il selvaggio che non può far niente da solo, che la sua individualità è virtualmente del tutto sottosviluppata – perché il selvaggio individualmente non fa quasi uso della sua ragione e della sua mente. Di conseguenza, virtualmente tutto ciò che il selvaggio fa è governato da tabù o comandamenti immutabili, assolutamente irrazionali: dall'abitudine.

E questa sarebbe la creatura spaventata, appena umana, che noi, che abbiamo usato il nostro intelletto per “conquistare” la natura, dovremmo emulare, che Polanyi esalta come davvero “sociale,” e come felicemente libera dal dispotismo “inumano” del libero mercato.

Inoltre, la vita del selvaggio, come Hobbes l'ha definita, è “difficile, brutale e breve.” La sua speranza di vita è molto breve e la sua vita è devastata da ogni genere di malattie, malattie contro cui nulla può fare tranne dare del cibo a degli stregoni perché facciano delle magie. La crescente sconfitta delle malattie è stata permessa soltanto dal progresso della civiltà: con l'uso della ragione, del capitalismo e del mercato.

Polanyi ammira le società tribali ed altre società di casta, perché “nessuno muore di fame.” Evidentemente è possibile che tutti siano ad un livello di sussistenza, concede, ma nessun individuo muore di fame. È di così grande conforto che muoiano di fame tutti insieme? Questa è un'affermazione grottesca. Il mondo primitivo – in effetti tutti i mondi prima della Rivoluzione Industriale – è costantemente tormentato dalla carestia e dalla peste. La “carestia” era un avvenimento continuo prima della Rivoluzione Industriale; da essa in poi non abbiamo più sentito parlare di carestia (le uniche carestie recenti sono state nella Cina comunista e, prima, nella Russia sovietica). La carestia emerge da una mancanza di commercio inter-locale; quando un raccolto per uso alimentare di una località viene a mancare, dato che non c'è virtualmente commercio con altre località la massa delle persone muoiono di fame. È precisamente per il fatto che il mercato libero ha permeato il mondo intero, consentendo il commercio fra aree diverse, che questo flagello della carestia è virtualmente finito. È questo mercato che Polanyi castiga come il portatore di virtualmente tutti mali.

Polanyi ammira tutte le società di casta e status: tribali, mercantiliste, o cose simili. Una società di casta, sostiene, fornisce “sicurezza.” Carestie e pesti: è questa la “sicurezza”? Nessuna quantità di restrizionismo può fornire quella produzione da cui qualsiasi “sicurezza” economica deve venire; infatti, è proprio l'opposto, perché ogni limitazione di casta, ogni limitazione del mercato, semplicemente danneggia e limita la produzione, mantenendo così tutti vicino o al livello di sussistenza. Infatti, il sistema asiatico della “famiglia allargata” ha mantenuto la Cina, l'Indonesia, ecc. nella povertà e nella miseria primitive per secoli. Questo costume della “condivisione,” che Polanyi indubbiamente ammira, decreta che non appena un individuo fa un po' più di soldi, deve distribuirli proporzionalmente in un intero gruppo di parenti vicini e lontani. Come conseguenza di questo “nobile” sistema non c'è incentivo per un qualsiasi singolo cinese a guadagnare ed a produrre di più e quindi, i cinesi non l'hanno fatto (prima del comunismo) e non sono progrediti. A Giava, il sistema del del villaggio comune, decisamente Polanyi-esco, significa che una Giava morta di fame e massicciamente sovrappopolata sta sfruttando e tirannizzando le isole molto più progredite e più capitaliste dell'Indonesia (per esempio Sumatra).

La “sicurezza” del sistema di casta è la sicurezza della casa-prigione (a proposito, chiunque voglia la “sicurezza” in un'economia di mercato può sempre commettere un crimine e finire in prigione, dove la Polanyi-esca sicurezza gli sarà fornita). In una società di casta questa “sicurezza” significa una mancanza di speranza del tutto pervasiva. Il figlio di un panettiere dovrà sempre essere un panettiere, anche se i suoi interessi ed abilità sono completamente diversi. Nessuno può sollevarsi, nessuno può cambiare la sua occupazione o fare qualche cosa di diverso dai suoi antenati. Questo è l'annientamento di tutto ciò che c'è di più vitale, più utile, più vivo, nella vita di ogni individuo.
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Link alla seconda parte.
Link alla terza parte.

10 comments:

guru2012 said...

Non conosco gli scritti di Polanyi, né avevo mai sentito parlare del Culto del Primitivo e devo dire che leggendo il Gongoro mi sto facendo un po' di cultura.

L'articolo di Rothbard ha gioco facile nello smontare pezzo per pezzo il libro in questione, contrapponendo l'istinto animale al libero arbitrio umano.

Il tutto, però, appare basato su concetti ormai datati, anche se devo dire ancora molto di moda, che di fatto impediscono lo sviluppo della nostra società.

Frasi come

"La civiltà è precisamente la cronaca di come l'uomo ha usato la sua ragione, per scoprire le leggi naturali su cui si basa il suo ambiente e per usare queste leggi per alterarlo così che possa essere adeguato e gli permetta di soddisfare i suoi bisogni e desideri."

rivelano un egoismo cieco e a dire il vero supponente, del tutto fuori luogo visto i disastri prodotti dalla nostra "civiltà".

Se poi Polanyi sostiene che bisogna tornare a vivere come le tribu primitive, è libero di farlo, ammesso che i Kaffiri lo accettino con loro.

E poi, i castori sono tendenzialmente monogami, socievoli, vivono in comunità di numerose famiglie e con il loro istinto costruiscono delle ottime dighe a impatto ambientale zero.

Questo lo sa Rothbard?

PS: non ti preoccupare paxtibi, mi stancherò presto.

Pippo said...

Che le dighe dei castori siano ad impatto ambientale 0 non ci scommetterei molto. (anzi modificano pesantemente l'ambiente)

E' un luogo comune che cio che fanno gli animali è naturale e ciò che fa l'uomo no. Anche l'uomo è un animale e quello che fa' è naturale per definizione.

Si crede spesso che cio' che è bene è naturale mentre quello che è male non lo è.

Peccato che anche i terremoti, i vulcani e gli uragani siano naturali.

In un regime di libero mercato le carestie e la diminuzione di risorse vengono gestite in maniera molto più efficiente che in un sistema socialista e su questo non ci piove. Non è detto che la maggiore efficienza sia una garanzia per una distribuzione più corretta.

Paxtibi said...

Be' Guru, finché mantieni un tono pacato non c'è problema, e se ho tempo ti rispondo.

Però ti consiglierei di aspettare l'articolo intero, questa è solo la prima parte di tre: avresti letto, ad esempio, che anche Rothbard consiglia a Polanyi e a chi la pensa come lui di darsi alla macchia, senza pretendere di imporre la loro visione a tutti.

Per quanto riguarda la tua obiezione, devo dire che non è molto centrata: che l'uomo debba modificare l'ambiente per poter sopravvivere al meglio è fuori discussione. Che in molti casi tale modifica non sia andata a buon fine, è vero, ma non è l'argomento dibattuto nell'articolo.

Lo stesso Rothbard, per esempio, si occupa del problema dell'inquinamento da un punto di vista libertario in altri scritti, ma non mi pare proprio che lo si possa considerare un argomento contro la civiltà e il progresso: semmai, se riusciremo ad affrontare e risolvere questi problemi sarà proprio grazie alla nostra ragione ed alle nostre conoscenze.

Infine, dici di non conoscere Polanyi, ma le tue considerazioni dimostrano l'influenza e la pervasività che esse hanno nella nostra cultura: addirittura laddove lui vorrebbe farci tornare tra i kaffiri tu ci porteresti tra i castori!

(Che tutto sommato avrebbe i suoi vantaggi: tra le simaptiche bestiole sicuramente non ci toccherebbe leggere libri come quelli di Polanyi.)

guru2012 said...

@ Pippo

"In un regime di libero mercato le carestie e la diminuzione di risorse vengono gestite in maniera molto più efficiente che in un sistema socialista e su questo non ci piove."

Può essere, ma userei il verbo al condizionale, visto che non abbiamo prova di quel che sostieni.

Non è una critica al "libero mercato" la mia, è solo l'invito a riflettere sul fatto che il pianeta sul quale viviamo non è che si possa gestire come "il giardino di casa nostra".

Siamo quì di passaggio, cerchiamo di ricordarcelo e sarebbe carino lasciare pulito quando ce ne andremo.

Il socialismo, ha fatto la sua storia.

@ Paxtibi

Il mio tono è pacato perché so di parlare di cose che non conosco abbastanza, ma se solo riuscissi a portarti sul mio terreno...

Pippo said...

@guru

veramente Mises ha già ampiamente dimostrato come il socialismo non sia in grado proprio di gestire un sistema economico che vada oltre la tribù come complessità (figuriamoci a farlo in maniera efficiente), quindi il condizionale non serve. Ad oggi non conosciamo un sistema migliore (dal punto di vista del'efficienza)... però non è mica detto che l'unico parametro deve essere l'efficienza... anzi... se consideriamo il paradosso di Jevons forse è meglio non essere troppo efficienti per la nostra amata terra.

guru2012 said...

@ Pippo

Il link sul paradosso di Jevons che hai segnalato cade proprio a fagiolo: tutto il discorso sulla domanda e l'offerta (portava a esempio il petrolio), non prende neanche in considerazione il fatto che la disponibilità di tale risorsa sia destinata, prima o poi, a essere pari allo zero.

Questo intendo dire: che i concetti espressi da questi economisti sono in realtà basati su un'idea di sviluppo che oramai ha fatto il suo tempo.

Pippo said...

@guru

non è così semplice.
In realtà anche la diminuzione di una risorsa è gestita meglio da un economia di libero mercato.
Se in caso di penuria il prezzo di una risorsa viene lasciato libero e non viene imposto, naturalmente salirà. In questo modo la risorsa verrà impiegata solo dove serve realmente e sarà più facile l'emergere di risorse alternative. Il petrolio a 150 $ è l'esempio eclatante. Probabilmente è stato il vero innesco che ha causato lo scoppio della bolla immobiliare (negli USA ha inciso molto più che da noi). Ora i consumi di petrolio sono drasticamente ridotti in tutto il mondo a causa della crisi... ma nel momento che ci sarà una nuova ripresa, se non saremo in grado di sostituire il petrolio con qualcos'altro il prezzo del petrolio schizzerà nuovamente alle stelle... e si andrà così fino a quando non si troverà una risorsa alternativa o ci sarà un ridimensionamento della popolazione mondiale.
Un economia pianificata non è in grado di affrontare una crisi in maniera più efficiente... e le scelte di Obama e company servono solo ad allungarla.

Anonymous said...

Il link sul paradosso di Jevons che hai segnalato cade proprio a fagiolo: tutto il discorso sulla domanda e l'offerta (portava a esempio il petrolio), non prende neanche in considerazione il fatto che la disponibilità di tale risorsa sia destinata, prima o poi, a essere pari allo zero.Così come il sole potrebbe un bel giorno spegnersi. Nel frattempo resta da spiegare come mai in presenza di Peak Oil Imminente (C) il prezzo del petrolio ogni tanto scende (sempre che quello sia effettivamente il prezzo del petrolio...)

E poi, i castori sono tendenzialmente monogami, socievoli, vivono in comunità di numerose famiglie e con il loro istinto costruiscono delle ottime dighe a impatto ambientale zero.Fico: come i mormoni, però laici!

Potremmo spedire qualche castoro in Africa, magari è la volta buona che qualcuno spiega a Mugabe cos'è la moneta...

(oy!)

Anonymous said...

Un economia pianificata non è in grado di affrontare una crisi in maniera più efficiente...Beh! Morti tutti, finita la crisi...

Paxtibi said...

Vedo che Linucs è tornato sano e salvo dalla sua gita in obita. Ti hanno dato un passaggio i... nigeriani? :-D