Monday, March 30, 2009

Il mito del Laissez Faire come responsabile della nostra attuale crisi #3

Il mito del laissez faire ed il marxismo dei media


Il mito che il laissez faire esista negli odierni Stati Uniti e sia responsabile della nostra attuale crisi economica è promulgato da persone che non conoscono praticamente niente della teoria economica solida e razionale o della natura reale del capitalismo laissez faire. Lo sposano a dispetto, o piuttosto a causa, della loro formazione nei principali college ed università del paese. Quando si tratta di questioni economiche, la loro formazione li ha immersi completamente nelle dottrine del tutto errate e perniciose di Marx e di Keynes. Sostenendo di vedere l'esistenza del laissez faire in mezzo a tale massiccia interferenza di governo a costituire il preciso opposto del laissez faire, tentano di riscrivere la realtà per farla conformare ai loro preconcetti ed alla loro visione del mondo marxista.

Essi assorbono le dottrine di Marx più nelle classi di storia, filosofia, sociologia e letteratura che in quelle di economia. Le classi di economia, pur se solitamente non marxisti essi stessi, offrono soltanto un rifiuto altamente insufficiente delle dottrine marxiste e dedicano quasi tutto il loro tempo a sposare il keynesismo ed altre, meno note dottrine anticapitaliste, come la dottrina della concorrenza pura e perfetta.

Pochissimi tra i professori ed i loro allievi hanno letto almeno una singola pagina dei testi di Ludwig von Mises, che del capitalismo è stato il principale teorico e conoscere quei testi è essenziale per comprenderlo. Quasi tutti sono quindi essenzialmente ignoranti riguardo all'economia solida.

Quando mi riferisco al sistema educativo ed ai media come marxisti, non intendo implicare che i loro membri favoriscano qualunque genere di rovesciamento violento del governo degli Stati Uniti o siano necessariamente persino fautori del socialismo. Ciò che intendo è che sono marxisti finché accettano le idee di Marx riguardo alla natura ed al funzionamento del capitalismo laissez faire.

Accettano la dottrina marxista secondo cui, in assenza di intervento governativo, l'interesse personale, il motivo del profitto – “l'ingordigia senza briglie” – degli uomini d'affari e dei capitalisti servirebbero a portare i salari al livello di minima sussistenza estendendo al contempo le ore di lavoro fino il massimo umanemente sopportabile, imporrebbero condizioni di lavoro sconvolgenti e spingerebbero i bambini piccoli a lavorare nelle fabbriche e nelle miniere. Indicano il tenore di vita miserabilmente basso e le terribili condizioni dei salariati durante i primi anni del capitalismo, particolarmente in Gran Bretagna, e credono che questo dimostri la loro ipotesi. Continuano argomentando che soltanto l'intervento governativo sotto forma di leggi pro-sindacati e salario minimo, leggi sull'orario massimo, proibizione legale del lavoro infantile e di mandati di governo riguardo alle condizioni di lavoro, abbia aiutato a migliorare la parte del salariato. Credono che l'abrogazione di questa legislazione determinerebbe un ritorno alle misere condizioni economiche dell'inizio del diciannovesimo secolo.

Vedono i profitti e l'interesse degli uomini d'affari e dei capitalisti come guadagni ingiusti e immeritati, estorti ai salariati – i presunti veri produttori – con l'equivalente della forza fisica, e quindi considerano i salariati come se fossero nella posizione degli schiavi virtuali (“schiavi del salario”) ed i capitalisti “sfruttatori” come fossero nella posizione di padroni virtuali di schiavi. A corollario di tutto ciò, considerano la tassazione di uomini d'affari e capitalisti per utilizzare i ricavati a favore dei salariati, in forme come la previdenza sociale, la medicina socializzata, la pubblica istruzione e l'edilizia popolare, come una politica che serve semplicemente a restituire ai salariati una certa parte del presunto bottino rubato nel corso del loro “sfruttamento.”

In completo accordo con Marx e la sua dottrina che sotto il capitalismo laissez faire i capitalisti espropriano tutta produzione del salariato oltre a quanto è loro necessario per il minimo vitale, essi assumono che l'intervento del governo non nuoccia che agli uomini d'affari ed ai capitalisti immorali, mai i salariati. Così non solo le tasse da pagare per i programmi sociali ma anche i più alti stipendi imposti dalla legislazione del salario minimo e pro-sindacati si suppone semplicemente che vengano sottratti dai profitti, senza un qualsiasi effetto negativo sui salariati, come la disoccupazione. Similmente per l'effetto dell'orario più breve imposto dal governo, delle condizioni di lavoro migliori e dell'abolizione del lavoro infantile: i più alti costi che ne risultano si suppone semplicemente che escano dal “surplus di valore” dei capitalisti, mai dal tenore di vita dei salariati stessi.

Questo è l'atteggiamento mentale dell'intera sinistra ed in particolare dei membri del sistema educativo e dei media. È una visione del motivo del profitto e dell'inseguimento dell'interesse materiale personale come inerentemente letali se non contrastati con la forza e controllati rigidamente tramite l'intervento del governo. Come dichiarato, è una visione che vede il ruolo degli uomini d'affari e dei capitalisti come paragonabile a quello dei padroni di schiavi, malgrado il fatto che gli uomini d'affari ed i capitalisti non impieghino e non possano impiegare pistole, fruste, o catene per trovare e tenere i loro operai ma soltanto l'offerta di migliori stipendi e condizioni di quelli che quegli operai possono trovare altrove.

Secondo le aspettative, il sistema educativo ed i media condividono il punto di vista di Marx secondo cui il capitalismo laissez faire è “un'anarchia della produzione,” nella quale gli uomini d'affari ed i capitalisti corrono in tondo come polli senza teste. Nella loro visione, la razionalità, l'ordine e la pianificazione emanano dal governo, non dai partecipanti al mercato.

Come dico, questa, e solo questa, è la struttura intellettuale della grande maggioranza dei professori di oggi e di diverse generazioni di loro predecessori. È ugualmente la struttura intellettuale dei loro allievi, che rispettosamente hanno assorbito i loro insegnamenti mal indirizzati ed alcuni dei quali sono poi diventati reporter e redattori di pubblicazioni come New York Times, Washington Post, Newsweek, Time e la stragrande maggioranza di tutti i altri giornali e periodici. È la struttura intellettuale dei loro allievi che ora sono i commentatori ed i redattori di praticamente tutte le principali reti televisive, come CBS, NBC, ABC e CNN. [9] Ed è all'interno di questa struttura intellettuale che i media ora tentano di capire ed informare sulla nostra crisi finanziaria.

Nella loro visione, il capitalismo laissez faire e la libertà economica sono una formula per l'ingiustizia e il caos, mentre il governo è la voce e l'agente della giustizia e della razionalità negli affari economici. Così saldamente sono attaccati a questa credenza, che quando vedono ciò che pensano essere la prova dell'ingiustizia e del caos su grande scala nel sistema economico, come nell'attuale crisi finanziaria, presumono automaticamente che sia il risultato del perseguimento dell'interesse personale e della libertà economica che permette di perseguirlo. Dato questo atteggiamento di base, il principio che guida i cosiddetti giornalisti contemporanei è che il loro lavoro sia di trovare gli uomini d'affari ed i capitalisti responsabili del male ed i funzionari di governo che hanno permesso loro di commetterlo e, infine, di identificare e sostenere le politiche di intervento e controllo governativo che si presume elimineranno la malvagità ed impediranno la sua ricorrenza in futuro.

I loro timore ed odio della libertà economica e del capitalismo laissez faire e la loro necessità di poterli denunciare come cause di tutto il male economico, sono così grandi che fingono, per loro stessi e per il loro pubblico, che esistano nel mondo di oggi, in cui è chiaro che non esistano neppure lontanamente. Proclamando che il laissez faire esiste e che è responsabile del problema, possono rivolgere l'intera forza del loro odio per la vera libertà economica ed il vero capitalismo laissez faire contro ogni frammento di libertà economica che riesca in qualche modo ad esistere, e che decidono di designare come bersaglio. Quel frammento, essi prospettano, è parte integrale della fame degli operai nell'inumano sfruttamento del lavoro che, nella loro ignoranza, danno per scontato che sia imposto dai capitalisti sotto il laissez faire. Il loro indottrinato pubblico – prodotto del sistema educativo contemporaneo come loro stessi – rapidamente li segue ed obbliga i loro sforzi a destare l'odio.

Il risultato è riassunto in parole come queste, comparse in uno degli stessi articoli del New York Times che ho citato prima:
“Abbiamo ora una rabbia e una repulsione collettiva, verso il nostro intero sistema finanziario ed è evidente che stiamo per avere un contraccolpo regolatore…” [con] un effetto straripamento verso altre industrie perché gli elettori hanno la percezione che “le grandi aziende sono animali che devono essere messi nelle loro gabbie.” [10]
In questo modo i nemici del capitalismo e della libertà economica possono continuare nella loro campagna di distruzione e devastazione economica. Usano l'accusa del “laissez faire” come una specie di leva per aumentare il potere del governo. Per esempio, all'inizio degli anni 30 accusarono il presidente Hoover di seguire una politica di laissez faire, proprio mentre interveniva nel sistema economico per impedire la caduta nei tassi salariali che era essenziale per arrestare il calo della domanda di manodopera con conseguente disoccupazione di massa. In base alla disoccupazione di massa che quindi risultò dall'intervento di Hoover, che riuscirono a ritrarre come “laissez faire,” hanno ingannato il paese convincendolo ad appoggiare gli ulteriori massicci interventi del New Deal.

Oggi, continuano a giocare lo stesso gioco. Denunciano sempre il laissez faire ed i suoi presunti fallimenti che esigono la necessità di essere superati con ancora più regolamentazioni e controlli del governo. Oggi, i massicci interventi non solo del New Deal, ma anche del Fair Deal, della New Frontier, della Great Society e di tutte le amministrazioni da allora, si sono aggiunti agli interventi molto importanti esistente fin dagli anni 20 ed ai quali Hoover aveva aggiunto molta sostanza. Ma ancora si presume che abbiamo il laissez faire. Sembra, a condizione che ognuno possa muoversi o persino respirare senza essere sotto il controllo del governo, che il laissez faire continui ad esistere, il che rende necessari ancora più controlli statali.

Il punto d'arrivo logico di questo processo è che un giorno tutti finiranno incatenati ad una parete, o per lo meno costretti a fare qualcosa di paragonabile a vivere in un codice di postale che si abbini con il suo numero della previdenza sociale. Allora il governo saprà di chiunque chi è, dov'è e che non può fare assolutamente niente senza la sua approvazione e permesso. E allora il mondo sarà sicuro contro chiunque tentasse di fare qualcosa che possa avvantaggiarlo e che quindi si presume debba nuocere ad altri. A quel punto, il mondo godrà di tutta la prosperità che deriva dalla paralisi totale.
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Note

[9] Per una confutazione completa di tutti gli aspetti di questa struttura intellettuale, vedi George Reisman, Capitalism: A Treatise on Economics (Ottawa, Illinois: Jameson Books, 1996), capitoli 11, 14 e passim.

[10] Jackie Calmes, loc.. cit.
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Link alla prima parte.
Link alla seconda parte.
Link all'articolo originale.

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