Monday, December 31, 2007

Piccolo Glossario della Neolingua #22

“It is nonsense to place the blame on "money" for the tendencies of some people to value exchangeable goods highly as compared to some nonexchangeable goods. There is no force in the existence of the money economy that compels men to make such choices; money simply enables men to expand enormously their acquisition of exchangeable goods.”
(Murray N. Rothbard)
Anche questa volta il De Mauro ci tradisce, accontentandosi di una definizione di consumismo che, benché largamente accettata, non spiega affatto da cosa nasca tale fenomeno.
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Consumismo
Significato originario:
tendenza delle società capitalistiche a incrementare nuovi consumi ed esigenze, spec. per influsso dei mass–media


Che il consumismo sia un effetto collaterale e deleterio del capitalismo è un assunto largamente accettato. Peccato che, ancora una volta, si tratti di un astuto depistaggio operato dalla propaganda statalista: il capitalismo, infatti, si fonda sul risparmio e l'investimento dei beni capitali, ed è proprio la retorica dello stato sociale a spostare l'attenzione su produzione e consumo. Scriveva Keynes, l'ispiratore – forse involontario – delle politiche economiche degli ultimi decenni:
Due piramidi, due mausolei per i morti, sono due volte meglio di una; ma non così due ferrovie da Londra a York. Siamo così ragionevoli, ci siamo istruiti così da sembrare dei prudenti finanzieri, considerando attentamente prima di aumentare le difficoltà finanziarie dei posteri costruendogli case per viverci dentro, che non abbiamo una tale facile fuga dalle sofferenze della disoccupazione.
Non dovrebbe sfuggire il particolare che già di per sé, la “produzione” di opere inutili, giustificata dalla necessità di mantenere la piena occupazione, è una spinta ad un consumo di risorse irrazionale. Tenendo a mente le parole di Bastiat, dovremmo chiederci: cos'altro avrebbe potuto essere realizzato con i capitali investiti in gigantesche quanto inutili opere?

Ma soprattutto, non bisogna sottovalutare il fatto che il deficit spending dello stato è in gran parte finanziato non già dalle sole tasse, quanto dalla possibilità di stampare denaro dal nulla creando inflazione: la perdita progressiva di valore della moneta spinge così i consumatori a spenderla il più in fretta possibile. Senza bisogno di ricorrere ad esempi del passato, quali la Repubblica di Weimar, possiamo guardare allo Zimbabwe attuale, la cui inflazione è ormai fuori controllo e gli abitanti assaltano i negozi per disfarsi delle banconote velocemente svalutate. Nulla del genere è previsto nel sistema capitalista, in cui il denaro dovrebbe correttamente essere una merce accettata da tutti e non può essere creato a costo zero.

Ma non basta: oltre all'inflazione, il sistema attuale permette un'altra operazione inaccettabile in un sistema autenticamente capitalista: la moltiplicazione del credito ad opera delle banche. La banca non è più infatti un semplice luogo in cui depositare i propri beni capitali per ritrovarli intonsi nel momento del bisogno, ma un organismo che si può permettere di prestare più denaro di quello che ha in cassa. La moltiplicazione avviene nel momento in cui il prestito viene erogato a favore di un altro istituto bancario che, a sua volta, può prestare un ulteriore quantità di valuta, mantenendone nei propri forzieri solo una frazione dell'importo totale.

È il sistema del credito facile, quello che ha portato all'attuale crisi dei mutui subprime. Le banche si sovraespongono, sicure dell'intervento salvifico della banca centrale che, in caso di bisogno, inietterà liquido nel sistema, ovvero stamperà altro denaro per coprirne l'insolvenza, ovviamente creando altra inflazione. Questo ingegnoso sistema – ingegnoso finché i nodi non arrivano al pettine, cioè quando il valore del denaro tocca livelli così bassi che diventa impossibile per i consumatori far fronte alle loro esigenze basilari – è in realtà la vera sorgente del consumismo: non è altro che la logica risposta dei consumatori di fronte al valore percepito dei beni. Un bene di consumo, per quanto frivolo o effimero che possa essere, viene percepito, e non a torto, di valore superiore rispetto alla banconota a corso legale, il cui valore sa essere in costante calo.

In un sistema autenticamente capitalista la percezioen del valore sarebbe ben diversa. La moneta merce, ad esempio garantita dall'oro, manterrebbe inalterato il suo valore nel tempo, senza generare quindi l'urgenza alla spesa immediata: ad essere incentivato è quindi il risparmio, in altre parole posso rinunciare all'uovo di oggi sapendo di poter comprare una gallina domani. A differenza del sistema attuale, in cui se non compro l'uovo subito, è possibile che non sia più in grado di comprarlo al calar della sera.

E vorrei chiudere con le parole di Mises:
Osserviamo che sono i popoli impoveriti delle economie arretrate a dedicare la maggior parte del loro tempo e fatica all'aquisizione dei beni materiali e non gli abitanti ricchi delle economie avanzate. Non sono i poveri a professare così ferventemente il loro desiderio per una maggiore “soddisfazione spirituale” e a denigrare la malvagità del “materialismo” e del “consumismo.” Non perseguono i beni immateriali con lo stesso fervore. Non prendono lezioni in poesia francese per puro divertimento – anche quando è nelle loro possibilità. Non leggono la letteratura New Age né praticano yoga.

La sensibilità verso il “consumismo” è un affettazione in gran parte presente nei ricchi paesi occidentali. Questo parzialmente perché c'è più ricchezza materiale e consumo in questi paesi. Ma anche all'interno dei paesi occidentali, l'apprensione per il “materialismo” ed il “consumismo” è più prevalente fra l'intelligentsia relativamente ricca che fra i poveri o la classe media.

2 comments:

Giannizt said...

In queste analisi è appena accennata la dinamica temporale e spaziale.

Si può spendere il denaro dei nostri avi o si può far debito per i nostri figli.

Si può depredare il vicino o si può essere depredati da terze parti.

Gli economisti si limitano ad analisi molto limitate.

Non siamo ancora d'accordo se la costruzione delle Piramidi sia stato un affare positivo.

Ciao Gianni Pesce

Paxtibi said...

Non siamo ancora d'accordo se la costruzione delle Piramidi sia stato un affare positivo.

Forse perché io non ho figli né prevedo di potermeli mai permettere, e non riesco semplicemente ad accettare questo sacrificio come necessario per la (dubbia) prosperità dei figli altrui.

Se proprio vogliamo prendere per buono il principio che stampare denaro dal nulla è lecito, allora il diritto di farlo a piacimento lo voglio anch'io.

Non accetterò mai una situazione in cui alcuni hanno diritti che io non ho.