Thursday, February 28, 2008

Piove, governo ladro!

Bell'articolo di Jeffrey A. Tucker sulla siccità, la pioggia, l'emergenza e la proprietà pubblica dell'acqua. Posti di fronte alla privatizzazione che l'autore suggerisce, i fans dello statalismo sollevano in genere l'automatica obiezione: e se i privati decidessero di razionare l'acqua, o di alzare eccessivamente i prezzi, o di venderla solo a chi vogliono loro? Beh, innanzitutto bisognerebbe dire che lo scopo dell'azienda privata è, in genere, di vendere i suoi prodotti al maggior numero possibile di persone, ma ammesso e non concesso che una simile condizione si verificasse, non può forse fare la stessa cosa un governo – meglio ancora, non lo fa effettivamente ogni volta che lo ritiene utile?

La differenza non trascurabile è che lo stato può imporre le sue decisioni proteggendosi con le enormi forze militari e di polizia pagate dallo stesso contribuente, laddove il privato dovrebbe provvedere con mezzi suoi, rendendo il gioco economicamente svantaggioso.
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Di Jeffrey A. Tucker


Ancora una volta, l'ennesima in questo mese, arrivo al lavoro completamente inzuppato. Uscire dall'automobile e raggiungere il portone del Mises Institute è come fare il ciclo del risciacquo – e gli ombrelli semplicemente non fanno per me. Quello che colpisce è che questo tipo di tempo arriva dopo un anno di pressanti avvertimenti dei funzionari governativi sulla letale siccità che starebbe distruggendo la regione, come potete vedere facilmente dalle mappe di accertamento della siccità del governo degli Stati Uniti.

In effetti, queste mappe sono interessanti. Danno l'impressione che l'intera nazione sia un territorio inaridito che vacilla fra la siccità persistente e le siccità in miglioramento. Nessuna zona è segnata come “fradicia” o “solo la giusta quantità di pioggia.” E se riflettete sugli annunci di governo su queste cose, ogni luogo sembra cadere in una di queste tre categorie: alluvione catastrofica, siccità catastrofica, trascurabile.

Alcuni anni fa, il capo della burocrazia locale incaricata della distribuzione di acqua è stato citato nel giornale: “se queste circostanze persistono, razionare diventerà sicuramente necessario.” Se queste circostanze persistono? Questa è bella davvero. Potremmo quindi dire durante la prossima pioggia: “se queste circostanze persistono, diventerà necessario che tutti costruiscano un'arca.” Le circostanze non persistono mai. Cambiano. E i burocrati non lo sopportano.

Si sospetta che queste stesse persone amino la siccità. La siccità dà loro il potere, non solo sull'uso generale dell'acqua. Gli piace fare pressione sulla gente su ogni minimo particolare della vita. Gli permette di dirvi che dovete fare docce più brevi. Vi dicono che dovete irrigare di meno. Vi impongono un profondo senso di colpa per l'innaffiamento del basilico che cresce sul vostro davanzale.

La siccità può trasformare il più candido impiegato pubblico nell'equivalente morale di un agente della Gestapo, che pubblica editti e impone indennità, che stana i ladri di acqua, tutto in nome dell'interesse pubblico.

La siccità mette il vicino contro al vicino e trasforma tutti in una classe criminale, ridotti a strisciare di notte per bagnare le piante di pomodori. La siccità rende tutti dipendenti dallo stato. Dobbiamo leggere le loro regole, tipo, “le case pari possono innaffiare il prato dalle 4 alle 6, lunedì, giovedì e domenica.”

Così pioggia, pioggia, vattene via. Questo è il loro ritornello.

Il burocrate internazionale ha una caratteristica comune: detesta il “consumismo.” Laddove la gente desidera avere la scelta su come spendere i suoi soldi, i burocrati ci vogliono far soffrire costantemente e sono intensamente informati su cosa usiamo, non fidandosi del sistema dei prezzi per determinare i nostri modelli di consumo ma piuttosto l'obbedienza a regolamenti e restrizioni.

Si noti che nessuna siccità si conclude mai ufficialmente. Le carte sono piene di avvertimenti sull'imminente rovina nel momento peggiore. Ma quando arrivano i torrenti di pioggia – come invariabilmente alla fine accade – non c'è nessun comunicato stampa che dica qualcosa tipo: “grazie a dio, la siccità è finita. Usate tutta l'acqua che siete disposti a pagare!”

Mai, mai, mai. Non lo dicono mai. Preferirebbero piuttosto che rimanessimo con la sensazione che la siccità non sia mai realmente finita, poiché, dopo tutto, potrebbe sempre ritornare.

Il nucleo del problema qui ha niente a che fare con la pioggia ed i cambiamenti del tempo. Il tempo in effetti sta cambiando dall'alba del tempo. Ciò che genera il problema è la proprietà pubblica dei mezzi di produzione e del sistema assolutamente irrazionale per cui il prezzo rimane invariato qualunque sia la disponibilità. Non c'è reale profitto. Né ci sono perdite. Così non c'è alcun calcolo economico. I prezzi sono determinati da indicatori extra-mercato.

Pensate alla differenza con il sistema di mercato. Ogni giorno siamo spinti a consumare ogni prodotto si possa immaginare: automobili, sedano, computer, qualsiasi cosa. C'è una calibratura costante di domanda ed offerta. Se qualcuno tenta di sovrapprezzare un prodotto e realizzare profitti, arriva un altro imprenditore che offre lo stesso prodotto a prezzo minore e si porta via i profitti. L'innovazione è ovunque, di modo che i fornitori sono obbligati a rinnovarsi per rimanere a galla. Non ci sono profitti permanenti. Sempre e dappertutto sono minacciati. Attualmente, questo accade quasi da un giorno all'altro.

Ora pensate alla differenza con i mercati pubblici dell'acqua, in cui il tema è sempre: ne state usando troppa. Interessante, non è vero? Perché è così? Perché al mercato non viene permesso di funzionare. Questo non ha niente a che fare con il prodotto in questione. Se ne dubitate, andate alla vostra drogheria locale ed alla sezione dell'acqua in bottiglia in particolare. C'è una gran varietà di scelta, ed ogni fornitore vi prega di consumare. Ma nei mercati pubblici dell'acqua, vi chiedono di risparmiare. La proprietà statale e l'amministrazione dei mezzi di produzione è il motivo chiave. Privatizzate – privatizzate completamente – la fornitura d'acqua e un cambiamento avverrebbe il giorno dopo.

La gente immediatamente risponde che questa è un'idea pazzesca. I torrenti, i laghi, i serbatoi e le torrette dell'acqua non possono essere posseduti privatamente! Ma è realmente così? Ci sono molti casi di privatizzazione parziale, comunque come questa voce suggerisce, i mandati sono estremi. Non c'è dubbio che ci sono guadagni in efficienza che vengono con il subappalto ed i mercati privatizzati ma regolati. La soluzione migliore è la stessa che si applica a tutte le aree della vita che sono considerate merci pubbliche, dalla raccolta e l'eliminazione dei rifiuti alle scuole ed alla difesa: il governo dovrebbe uscire dal commercio interamente.

Parliamo dell'opposizione. I sindacati del lavoro vanno giù di testa quando gli si presenta l'idea. I burocrati anche. Ci si mettono anche i gruppi religiosi. Vedete, per esempio, il movimento crescente delle Suore Contro l'Acqua in Bottiglia. I Presbiteriani per il Ristabilimento della Creazione stanno facendo circolare petizioni affinchè la gente firmi il giuramento di rinunciare a bere l'acqua in bottiglia. Questa gente sostiene che non dovremmo pagare quello che dovrebbe essere un regalo di Dio. Ma stranamente, questa stessa gente non sembra avere un problema con il pagamento della bolletta dell'acqua governativa.

Guardate, non è complicato: siccità è un altro nome per scarsità. Il governo è capace di generare scarsità per qualsiasi merce attraverso l'amministrazione burocratica. I prezzi non rispondono alla domanda e all'offerta e una mancanza di innovazione caratterizza la produzione. Lo vediamo nell'istruzione, nelle poste, nella difesa, nei tribunali ed in ogni altra area in cui il governo goda di un monopolio. Non dovrebbe sorprendere che lo stesso è vero nella provvigione dell'acqua. Invece di incolpare Madre Natura ed i consumatori, i commissari dell'acqua dovrebbero osservare più vicino a casa loro per vedere perché ognuno è tenuto a vivere nel timore ed è ridotto a fare la danza della pioggia per accontentare gli dèi dell'acqua.
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Jeffrey Tucker è editore di Mises.org. Vedi il suo archivio. Mandagli una mail. Commenta sul blog.

Link all'articolo originale.

3 comments:

Santaruina said...

spero che il "movimento delle suore contro l'acqua in bottiglia" esista davvero.
c'è bisogno di buonumore in questo mondo...

Paxtibi said...

Mi ero dimenticato di aggiungere i link, ora ho rimediato: c'è anche quello delle suore contro l'acqua imbottigliata, per la gioia di grandi e piccini.

:-D

Anonymous said...

della serie: alla faccia del liberismo e del capitalismo sfrenato, anche in america interventi "dirigisti" per salvare il culo


DA www.effedieffe.com:

Bernanke alla banche: condonare i mutui

STATI UNITI: I pignoramenti di case gravate da mutui che i proprietari non riescono più a pagare toccheranno quest’anno i due milioni.

Una tragedia per due milioni di famiglie buttate sul marciapiede; ma un dramma anche per le banche prestatrici, che si troveranno con due milioni di immobili da vendere su un mercato che sta crollando (i prezzi delle case esistenti sono scesi in USA per la prima volta dalla Grande Depressione), e probabilmente resteranno invendute.

Per questo Ben Bernanke, parlando ad una riunione di uomini d’affari a Orlando in Florida, ha invitato i prestatori a condonare ai debitori una parte del capitale.
«Questo può essere il mezzo relativamente più efficace per scongiurare insolvenze e pignoramenti», ha detto, che rinegoziare i tassi d’interesse (1).

Ogni rata di mutuo, come si sa, è composta di due parti: una parte è la restituzione del capitale, un’altra gli interessi.
Il segretario al Tesoro USA Hank Paulson ha finora esortato i banchieri a rinegoziare gli interessi (a tasso variabile, nodo scorsoio per i debitori), prolungano la durata del mutuo.

Ben Bernanke l’ha scavalcato in «socialità», con una proposta rivoluzionaria per un banchiere centrale: condonare parte del capitale significa, anzitutto, ammettere che non è più tempo di lasciar agire la mano invisibile del mercato, ossia la legge della domanda-offerta; significa anche che le banche devono riconoscere che una casa che hanno ipotecato per un valore 100, oggi - dopo il collasso della bolla immobiliare subprime - vale 80 o 60.
E che il debitore ha il diritto morale di pagare il mutuo su 80 (o 60), non su 100.

Il che è la pura verità, nel senso che rispecchia la realtà di fatto.
A preoccupare Bernanke sono appunto i milioni di debitori il cui mutuo supera il valore, agli attuali prezzi di mercato, della casa su cui il mutuo grava.

Questi disgraziati hanno un perverso incentivo a non pagare, rendersi insolventi (stanno pagando troppo un attivo svalutato), e persino a farsi pignorare la casa, che ormai è un nodo scorsoio di ratei crescenti.

Gli effetti a catena sull’economia generale di 2 milioni di immobili buttati su un mercato che non compra, e venduti all’incanto in piena crisi, sarebbero spaventosi sull’intera economia; i prezzi degli immobili, già calanti, precipiterebbero nell’abisso, volatilizzando trilioni di dollari di «valore»; l’attività edilizia sarebbe paralizzata per anni; le banche e in generale i prestatori ne soffrirebbero per la diminuzione generale dei «valori» su cui hanno concesso mutui e prestiti.
Un avvitamento in un circolo vizioso dalle conseguenze esplosive sulla società intera.

Giustamente Bernanke ha detto che «un più ampio uso dei condoni di capitale sarebbe nell’interesse sia dei creditori che dei debitori», specie se - ha aggiunto – «con una valutazione condivisa».
I banchieri e i debitori dovrebbero accordarsi sul valore attuale e minore del bene immobile.

Dal punto di vista dell’ideologia liberista, la proposta di Bernanke è un’inaudita eresia (2).
Il capitalismo iper-speculativo si è già sollevato contro come un sol uomo: chi ha comprato a man bassa le varie obbligazioni «garantite da mutuo», ora teme che il valore di quelle obbligazioni, già precipitato obbligando le banche a confessare miliardi di dollari di perdite di crediti, cali a zero e sottozero.

I creditori non hanno mai accettato di riconoscere la svalutazione della quota-capitale, perché è su quel «valore» che essi costruiscono i loro trucchi finanziari, e devono continuare a far credere che quel valore sia solido e fisso; preferiscono concedere rinegoziazioni sulla quota-interessi.

Le proposte del segretario al tesoro Hank Paulson risponde appunto alle preoccupazioni della finanza speculativa e virtuale.

L’idea di Bernanke invece - e questo è rivoluzionario - intende rispondere alle preoccupazioni delle famiglie reali che abitano nelle case reali: lasciarli abitare in quelle case svalutate - e svalutate in modo che le rate del mutuo diventino miti e pagabili - è sempre meglio che aver due milioni di senzatetto.
Inoltre, i «valori» del «capitale» a cui le banche tengono tanto, sono già svalutati nella realtà.

Le banche stesse praticano la riduzione del capitale quando, alle prese con crediti difficili da esigere, li vendono ad agenzie di recupero al 40% del «valore», avendo comunque realizzato un guadagno netto una volta detratte le loro spese.

Perché dunque non fare alle famiglie debitrici lo sconto che fanno alle agenzie di recupero-crediti?
Certo per la speculazione questa svalutazione degli immobili reali sarebbe «napalm sul fuoco», come ha detto Julian Mans, gestore del fondo First Pacific Advisory (che ha minacciato: «Se il capitale collaterale è diminuito, io chiederò interessi altissimi per comprare debito da mutui»).
Ma per l’economia reale, sarebbe una guarigione.

Ribassati i valori degli immobili a termini più realistici, per esempio l’industria edilizia - parte notevole del PIL di ogni Paese - potrebbe riprendere a costruire, attività che ora è bloccata; le banche stesse, imbarcate le loro perdite, potrebbero passare oltre, in un’economia che riprende e non quella di oggi, paralizzata da montagne di debiti inconfessabili.

Basta ricordare che il rifiuto di svalutare e condonare i debiti, con le banche che si tenevano crediti ormai inesigibili scritti a valori irreali sui loro libri contabili, è stata la causa della decennale recessione-deflazione giapponese.

L’idea di Bernanke segnala la fine del capitalismo senza freni, e l’inizio dell’intervento pubblico nella finanza.
Ogni tanto, gli usurai hanno bisogno che lo Stato indìca un giubileo: per il loro stesso bene.