Di Murray N. Rothbard
Nell'edizione aggiornata del 1962 del suo History of Historical Writing, Barnes critica brevemente la storiografia della Guerra Fredda. Lo storico inglese revisionista A. J. P. Taylor è citato in un duro, e giustamente meritato, attacco agli storici di Corte. Scrivendo nel Manchester Guardian, il 19 gennaio 1961, Taylor dichiarava che: “Gli storici accademici occidentali possono asserire la loro indipendenza da studiosi anche quando lavorano per un ministero del governo; ma sono ‘coinvolti’ come se indossassero le belle uniformi progettate per i professori tedeschi dal dott. Goebbels.” Barnes afferma che la Guerra Fredda è responsabile della mancanza di una storia sufficientemente obiettiva, dopo la Seconda Guerra Mondiale, per permettere ai Russi di ottenere un equo ascolto. “Il malanimo degli storici si è esteso rapidamente dalla Germania e dall'Italia alla Russia, la Cina e ad altre nazioni comuniste.” Ancora, nei suoi copiosi riferimenti storiografici, Barnes elenca appena un libro sulla Guerra Fredda, ed è la monumentale opera di D. F. Fleming, The Cold War and Its Origins (2 vols., 1961). [xiv]
Barnes tornò a fare una argomentazione completa sulla Guerra Fredda nell'edizione aggiornata (1965) del suo Intellectual and Cultural History of the Western World, pubblicato la prima volta nel 1937. Mentre assegna le colpe per il mantenimento della pericolosa Guerra Fredda a ciascuna delle Grandi Potenze, Barnes nota “un atteggiamento più conciliante” da parte di Khrushchev e dai più tardi successori di Stalin, così come le richieste successive di alcune delle potenze dell'Europa occidentale per un allentamento della Guerra Fredda. Quindi, Barnes nota che:
Barnes trova un'accelerazione delle tendenze orwelliane nella vita americana, e cita The Power Elite di C. Wright Mills come “la migliore descrizione del progresso fatto verso un ordine sociale alla 1984 negli Stati Uniti.” Nota inoltre l'avvertimento espresso dal presidente Eisenhower alla fine del suo mandato contro il complesso militar-industriale che consiste dei poteri saldati “dei manager di corporation, dei capi del Pentagono e della Difesa, dei più importanti scienziati e tecnici militari, e dei magnati della pubblicità,” tutti sempre più alla guida della nostra società. È stato precisato prima che Barnes era molto impressionato dai fatti presentati da Philip Abelson in Saturday Review del 1° gennaio 1966, dove avvertiva nel suo articolo “I gatti domestici al comando: presagi di Orwell” che gli aspetti spaziali e nucleari della Guerra Fredda stanno deviando sempre più una parte pericolosamente grande dei nostri migliori scienziati al servizio del complesso militar-industriale, un sintomo molto allarmante della crescita delle tendenze orwelliane all'interno del sistema della Guerra Fredda. Più recentemente, Barnes è rimasto molto impressionato da un altro ponderato articolo di uno scienziato, l'autorità nella fisica nucleare Hans Trilling, in Saturday Review del 28 ottobre 1967, intitolato “Può uno scienziato essere un ottimista?” per la sua asserzione, sostenuta da prove convincenti, che il revisionismo offra l'unica speranza ragionevole di por fine alla Guerra Fredda e di preservare la civiltà.
Le minacciose tendenze orwelliane si possono inoltre trovare nell'incitamento intenzionale da parte del governo della paura pubblica del nemico; effettivamente, il ministro John Foster Dulles ha ammesso francamente che i cittadini americani hanno dovuto essere “allarmati artificialmente,” per evitare qualsiasi possibile rilassamento delle paure pubbliche. Un esempio particolarmente minaccioso di “neolingua” orwelliana è un concetto come l'“overkill” (la capacità di distruggere più di quanto necessario, NdT), sotto il quale l'America accatasta abbastanza armi nucleari da distruggere tutta la vita umana più volte, ma tuttavia prosegue a costruire sempre più armi. “Il chiaro aspetto orwelliano della questione è che la dimostrazione e il vanto di questa capacità di annientamento sono stati seguiti dall'offerta e dall'approvazione del più grande preventivo nell'intera storia della Guerra Fredda.” [xvii]
Per questo capitolo finale dell'edizione aggiornata del suo Intellectual and Cultural History of the Western World, le letture suggerite da Barnes comprendono libri supplementari allora disponibili che erano critici della Guerra Fredda. Oltre a Fleming e Ingram citati sopra, questi includono A History of the Cold War di John Lukacs (1961), The Abolition of War di Walter Millis and James Real (1963), The Cold War di Frederick L. Schuman (1962), e Disarmament: Its Politics and Economics di Seymour Melman ed. (1963). Rileggendo questa lista più di recente, Barnes ha osservato che avrebbe potuto aggiungervi Cold War Diplomacy, 1945–1960 di N. A. Graebner (1962); Collective Security and American Foreign Policy di R. N. Stromberg (1963); e The Tragedy of American Diplomacy di W. A. Williams (1962). I primi due di questi libri erano opere storiche notevoli e fra i primi ad offrire osservazioni leggermente critiche verso la nostra politica estera della Guerra Fredda. Il libro di Williams era una critica vigorosa e probabilmente più influente su questa politica.
Un'espressione più recente delle opinioni di Barnes sul revisionismo si può trovare in un'edizione speciale sul revisionismo del giornale Rampart Journal, un'edizione che Barnes ha contribuito a pubblicare ed organizzare. L'articolo di Barnes, “Revisionismo: una chiave per la pace” offre un sommario completo ed aggiornato dei suoi punti di vista sul revisionismo in generale e sul revisionismo della Seconda Guerra Mondiale in particolare. [xviii] Nell'articolo, Barnes nota come un esempio del pensiero orwelliano della Guerra Fredda l'inclusione nel novero delle “nazioni libere” dei più disgustosi regimi totalitari, a condizione che si schierassero con gli Stati Uniti negli affari mondiali. Ma Barnes inoltre precisa con forza che la negligenza del revisionismo della Seconda Guerra Mondiale dalla fine della guerra può essere considerata responsabile della mortale conformità intellettuale imposta dal sistema della Guerra Fredda. In contrasto con il pensiero coraggioso ed indipendente che pervadeva l'America durante gli anni 20, Barnes scrive, “dopo il 1945, siamo entrati in un periodo di conformità intellettuale forse insuperata dal tempo del supremo potere ed unità della chiesa cattolica nel Medioevo. Fra le pressioni esercitate dagli aspetti militari del sistema orwelliano della Guerra Fredda e quelle ugualmente potenti nel mondo civile o commerciale, l'individualità e l'indipendenza intellettuale sono del tutto spariti.” La Guerra Fredda ha avuta uguale effetto sul mondo dell'educazione:
Secondo Barnes, una presentazione molto valida del concetto che gli Stati Uniti e gran parte del mondo, non solo stanno funzionando su un'economia militare ma sono basati su un ordine sociale completamente legato ad una struttura di riferimento e ad un modello di vita militari, è apparso verso la fine dell'autunno del 1967. Era intitolato Report from Iron Mountain (Dial Press), e pretendeva di essere il rapporto di un gruppo di studio speciale “sulla possibilità e sull'opportunità della pace.” È finora un lavoro anonimo attribuito ad uno stimato giornalista, Leonard C. Lewin, il quale suggerisce che possa avere ispirazione e iniziale promozione governative. Un grande, differenziato e quasi ideale gruppo di esperti sono rappresentati come gli autori dello studio. Chiunque sia l'autore, e sia che fosse stato progettato come un'opera seria o come una satira informata, Barnes lo considera come di gran lunga la più impressionante dichiarazione della dominazione della nostra società da parte del complesso militare-scientifico-tecnologico-industriale-economico-politico che finora abbia raggiunto la stampa. È davvero Orwell, molto più informato, aggiornato e applicato negli Stati Uniti e nel mondo due decenni più tardi di quello che scrisse Orwell.
A seguito dei libri dei primi anni 60 ce n'è stata una quantità dedicata alla storia della nostra politica di Guerra Fredda, molti dei quali fortemente critici. Atomic Diplomacy di Gar Alperowitz (1965) è un'analisi critica dello sfruttamento della superiorità atomica americana per lanciare la Guerra Fredda. The Free World Colossus (1965) di David Horowitz è la critica più diretta delle operazioni americane di Guerra Fredda dalla pubblicazione del libro di Fleming. Horowitz ha anche recentemente pubblicato una raccolta di opinioni, dal titolo Containment and Revolution, che comprende contributi riguardanti la maggior parte degli aspetti del revisionismo generale. Ronald Radosh si è occupato di una fase importante dell'impatto della guerra del Vietnam sulla vita accademica americana nel suo Teach-ins, USA: Reports, Opinions, Documents (1967) che espone il tipo di materiale presentato nella descrizione e nella critica dell'intervento americano nel Vietnam.
La ferma opposizione di Barnes alla guerra americana in Vietnam è espressa in una lettera che loda il cronista Emmet J. Hughes per i suoi articoli di critica della guerra su Newsweek. [xxi] Nella lettera, Barnes sottolinea la filiazione storica della guerra del Vietnam dalle “assurdità” di Henry L. Stimson su “aggressione” e “aggressori” giù fino al devoto discepolo di Stimson McGeorge Bundy, il cui padre “usava portarlo per mano da bambino nelle sue visite al grand'uomo.” Barnes nota che il ricorrente leitmotif della guerra da Stimson fino a Bundy “è stato trascurato in tutti i commenti che abbia visto sullo scandalo del Vietnam.” Indica inoltre il ruolo di Dean Rusk come rappresentante dell'Establishment “dei cartelli del petrolio, dei minerali e delle banche orientali consacrati a mantenerci coinvolti ovunque in nome della ‘protezione delle nazioni libere.’” Ha dichiarato di credere che l'Establishment orientale fosse una vera e propria “chiesa” per Rusk, che la serve con una devozione davvero religiosa. La sua teologia è stata rinnovata da Walt W. Rostow e da Bundy. Barnes considera Rusk come un onesto e sincero fondamentalista della Guerra Fredda. Il suo “Discorso della Montagna” fu pronunciato nella sua intransigente conferenza stampa del 12 ottobre 1967 che Walter Lippmann, come dice Barnes, smontò nel Newsweek del 6 novembre in una maniera che ricordava il trattamento di Bryan da parte di Darrow nel processo a Scopes.
Barnes conclude l'edizione aggiornata della sua Intellectual and Cultural History of the Western World su una nota comprensibilmente pessimistica, tenuto conto della pervasività della guerra e della mentalità guerriera nel mondo attuale. indica correttamente come i liberal e molti socialisti, ideologicamente all'avanguardia nell'opposizione alla guerra, hanno rapidamente capitolato alla parata della guerra in tutte le grandi guerre del secolo attuale; in effetti, in tutte le guerre della storia americana eccetto il furto della Guerra Messicana. Negli Stati Uniti, effettivamente, le due guerre mondiali e la Guerra di Corea sono state guerre preminentemente di sinistra.
Nell'anno trascorso, Barnes ha notato ottimisticamente che, per la prima volta in questo secolo, tantissimi liberal, in particolare della generazione più giovane, stavano reagendo con veemenza contro una guerra americana oltremare e perfino intensificando la loro opposizione mentre la guerra del Vietnam continua e si aggrava. Sempre più, i membri giovani della “New Left” stanno cominciando a rendersi conto che il liberalismo guerriero dei loro vecchi è stato, per dirla con Barnes, un “liberalismo totalitario.” Come Barnes ha scritto nel titolo di un opuscolo dopo la Seconda Guerra Mondiale: I polli degli interventisti liberal sono tornati a casa a dormire [“Chickens back home to roost” è una frase idiomatica che significa che le conseguenze di azioni passate cominciano a palesarsi, NdT] e, sempre più, la giovane generazione sta rifiutando attivamente e radicalmente, l'amara eredità della società guerriera. La caratteristica di questo approccio New Left alla politica estera americana è Containment and Change (1967) di Carl Oglesby e Richard Shaull, che presenta la futilità della politica di Guerra Fredda trattando le tendenze rivoluzionarie dell'era del dopoguerra, e chiede un nuovo schieramento tra i rappresentanti della Old Right come hanno mantenuto il loro anti-interventismo con quelli della New Left che hanno ripudiato l'interventismo e la Guerra Fredda.
Un esperto in Scienze Politiche che è stato molto attivo e costante nell'opporsi alla Guerra Fredda e nell'appoggiare il revisionismo generale è Neal D. Houghton dell'Università dell'Arizona, che è stato impegnato in questo lavoro per un decennio. [xxii] Ha scritto e parlato estesamente ed ha organizzato notevoli congressi con personalità eccezionali per occuparsi della situazione del mondo. Houghton è stato interessato soprattutto dalla dimostrazione del carattere sostanzialmente rivoluzionario dell'era del dopoguerra e della futilità assoluta del pensare che la strategia o la mania della Guerra Fredda possano occuparsi con efficacia dei problemi del periodo più fluido e dinamico nella storia dell'umanità. Gli elementi essenziali della sua posizione, esposti in numerosi articoli, saranno riuniti in un'antologia che ha pubblicato e che apparirà nel maggio 1968. Si intitola molto appropriatamente La lotta contro la storia: la politica estera americana in un'era rivoluzionaria.
Un altro istruttivo esempio dell'opposizione alla Guerra Fredda è apparso nei libri dell'eminente critico e pubblicista Edmund Wilson, che si è rivelato essere un perfetto revisionista generale nei suoi Patriotic Gore e The Cold War and the Income Tax. [xxiii] Un exploit significativa per il revisionismo della Guerra Fredda è apparso recentemente nelle auguste pagine dell'inserto domenicale del New York Times. In esso il giovane storico Christopher Lasch, ha descritto in modo devastante l'apologeta della Guerra Fredda Arthur M. Schlesinger Jr. ed ha applaudito William Appleman Williams come il miglior revisionista della Guerra Fredda, affermando che la critica anti-imperialista di Williams della politica estera americana è sempre più giustificata. [xxiv]
V. Barnes e lo spettro ideologico
Alla luce dell'approfondito revisionismo di Harry Elmer Barnes, dove lo si può collocare nello spettro ideologico degli affari esteri? Albert Jay Nock scrisse una volta del suo divertimento ironico nell'essere maledetto come “radicale” negli anni 20, e quindi come “reazionario” negli anni 30 anche se la sua filosofia politica non era cambiata di una virgola. Qualcosa di simile è accaduto a Barnes. Tutta la sua vita è rimasto il campione risoluto ed indomito della pace e della ragione. Per questo è stato considerato un “liberale di sinistra” negli anni 20 e nei primi anni 30, e un “isolazionista reazionario” verso la fine degli anni 30 e negli anni 40. Se fu in gran parte la sinistra a diventare sua alleata nel primo periodo, e la destra nell'ultimo, questo è perché erano loro che continuavano a cambiare posizione, e non Barnes.
Barnes ha dovuto resistere due volte nella sua vita alle totali diserzioni dal principio di amici e colleghi. Se avesse scelto, come loro, di fare “inversione di marcia” a favore della guerra intorno al 1940 – o almeno rimanere in silenzio – starebbe indubbiamente ancora ricevendo tutti gli onori e il prestigio che la nostra società può concedere. Mai più, senza dubbio, i libri di Barnes saranno recensiti sull'ambita prima pagina del New York Sunday Times Book Review. Ma Barnes sapeva bene che ci sono cose in questo mondo più importanti degli effimeri onori; cosa ci guadagna un uomo, se conquista il mondo intero e perde la propria anima? Sarà detto sempre di Harry Elmer Barnes che la sua anima era sua propria, che lui mai s'inginocchiò davanti al Potere; e che quello spirito raro e prezioso, quell'alto coraggio, dovrebbero essere onorati ovunque e ogni volta che gli uomini premiano e rendono omaggio al meglio che l'uomo ha in sé.
Per la fine degli anni 30, gli alleati di Barnes per la pace e la neutralità erano pricipalmente di destra, e questo è continuato fino all'inizio degli anni cinquanta. Quanta gente oggi si ricorda che non fu la sinistra, ma i repubblicani “dell'estrema destra” ad opporsi alla coscrizione, all'aiuto Greco-Turco, alla NATO e perfino alla Guerra di Corea? In breve, che gli eccezionali avversari della Guerra Fredda erano gli uomini della destra? La Guerra di Corea, per esempio, mobilitò l'ardente supporto persino di compagni di viaggio di sinistra di lunga data (con eccezioni onorevoli come I. F. Stone) – nel sacro nome dell'ONU e della “sicurezza collettiva contro l'aggressione.” Soltanto gli “isolazionisti” della destra si opposero fermamente. Ma presto anche questo schieramento è cambiato nettamente, e la destra si è spostata in blocco, quasi senza accorgersene, su un'estrema posizione pro-Guerra Fredda.
È evidente che nessuna semplice etichetta di “destra” o “sinistra” può essere appuntata su Barnes; effettivamente, i recenti riallineamenti hanno reso queste categorie ingannevoli ed obsolete – un vero ritardo culturale. Con l'associazione alla Guerra Fredda di molti della sinistra e gran parte della destra, un movimento contrario ha recentemente preso il via. Emerso fin da circa il 1959, questo movimento offre la prospettiva di un riallineamento di base per la pace, un raggruppamento che trascende completamente i vecchi stereotipi di “destra” e “sinistra.” A sinistra, è emerso il vasto movimento pacifista giovanile della New Left, mentre a destra, critiche dure e fondamentali dell'impulso bellico sono state espresse da autori capaci come l'ultimo Howard Buffett, William R. Mathews, Felix Morley, Ronald Hamowy, Robert LeFevre e, in misura più limitata, da figure pubbliche quali Hamilton Fish, Marriner S. Eccles, e l'ultimo Bruce Barton.
Ogni volta che un uomo si leva per la pace, sarà accusato dai suoi più fanatici avversari di essere uno “sciocco” o un “agente” del terribile Nemico. In tutta la sua vita, Harry Elmer Barnes è stato indubbiamente accusato a turno di essere uno strumento degli stati maggiori prussiani, “pro-Hitler,” ed ora forse “filocomunista” militante. L'assurdità dell'ultima accusa si può vedere nel seguente passaggio dal suo più recente capitolo su Orwell e sulla Guerra Fredda:
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Note
[xiv] Barnes, A History of Historical Writing (2nd ed., New York: Dover Publishers, 1962) pp. 290, 397 ff.
[xv] Barnes, An Intellectual and Cultural History of the Western World (3rd rev. ed., New York: Dover Publishers, 1965), p. 1329.
[xvi] Ibid., p. 1340. Vedi anche ibid., pp. 1094, 1339.
[xvii] Ibid., p. 1330. Vedi anche ibid., p. 1328.
[xviii] Barnes, “Revisionism: A Key to Peace,” Rampart Journal (primavera 1966), pp. 8–74.
[xix] Ibid., pp. 36-37.
[xx] Ibid., p. 67. Nella stessa edizione del Rampart Journal, il prof. James J. Martin precisa che la Guerra Fredda “era un'estensione logica della politica della Seconda Guerra Mondiale,” con la propaganda che riadattava il ritornello ‘Hitler-vuole-conquistare-il-mondo' per assegnare quel ruolo a Stalin ed ai russi.” Egli sostiene inoltre che la Guerra Fredda cominciò in realtà fin dal novembre 1944, quando Churchill entrò in Grecia per reprimervi un trionfo comunista. James J. Martin, “Revisionism and the Cold War, 1946–1966,” Rampart Journal (primavera 1966), pp. 91, 96, 101.
[xxi] Barnes a Emmet John Hughes, 8 marzo 1966.
[xxii] Gli scritti di Houghton, in particolare, sono state ingiustamente trascurate. Vedi in particolare, Neal D. Houghton, “Perspective for Foreign Policy Objectives in Areas – and in an Era – of Rapid Social Change,” Western Political Quarterly (dicembre 1963), pp. 844–884.
[xxiii] Edmund Wilson, Patriotic Gore (New York: Oxford University Press, 1962); e Wilson, The Cold War and the Income Tax (New York: Farrar, Straus and Co., 1963). Un critico confuso potrebbe vedere nella posizione di Wilson soltanto “un'unione dell'estrema destra e dell'estrema sinistra.”
[xxiv] Lasch, “The Cold War Revisited and Revisioned,” New York Times Sunday Magazine, 14 gennaio 1968.
[xxv] Randolph Bourne,“Unfinished Fragment on the State,” Untimely Papers (New York: B. W. Huebsch, 1919), pp. 229–230.
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Link all'articolo originale.
Link alla prima parte.
Link alla seconda parte.
Nell'edizione aggiornata del 1962 del suo History of Historical Writing, Barnes critica brevemente la storiografia della Guerra Fredda. Lo storico inglese revisionista A. J. P. Taylor è citato in un duro, e giustamente meritato, attacco agli storici di Corte. Scrivendo nel Manchester Guardian, il 19 gennaio 1961, Taylor dichiarava che: “Gli storici accademici occidentali possono asserire la loro indipendenza da studiosi anche quando lavorano per un ministero del governo; ma sono ‘coinvolti’ come se indossassero le belle uniformi progettate per i professori tedeschi dal dott. Goebbels.” Barnes afferma che la Guerra Fredda è responsabile della mancanza di una storia sufficientemente obiettiva, dopo la Seconda Guerra Mondiale, per permettere ai Russi di ottenere un equo ascolto. “Il malanimo degli storici si è esteso rapidamente dalla Germania e dall'Italia alla Russia, la Cina e ad altre nazioni comuniste.” Ancora, nei suoi copiosi riferimenti storiografici, Barnes elenca appena un libro sulla Guerra Fredda, ed è la monumentale opera di D. F. Fleming, The Cold War and Its Origins (2 vols., 1961). [xiv]
Barnes tornò a fare una argomentazione completa sulla Guerra Fredda nell'edizione aggiornata (1965) del suo Intellectual and Cultural History of the Western World, pubblicato la prima volta nel 1937. Mentre assegna le colpe per il mantenimento della pericolosa Guerra Fredda a ciascuna delle Grandi Potenze, Barnes nota “un atteggiamento più conciliante” da parte di Khrushchev e dai più tardi successori di Stalin, così come le richieste successive di alcune delle potenze dell'Europa occidentale per un allentamento della Guerra Fredda. Quindi, Barnes nota che:
Non sembra irragionevole supporre che la Russia sia oggi più disponibile degli Stati Uniti ad attenuare la Guerra Fredda, per ragioni pratiche piuttosto che idealistiche. La Russia può sopportare meno il grande peso degli armamenti in questione; non ha bisogno dell'industria delle armi per far funzionare la sua economia…. Non potendo stornare grandi spese pubbliche dagli armamenti al welafare, che non è ovviamente possibile nell'attuale stato d'animo del paese, non ci sono incentivi paragonabili per indurre gli Stati Uniti a voler ridurre la struttura della Guerra Fredda. [xv]Barnes vede correttamente l'economia politica degli Stati Uniti fin dal New Deal come “capitalismo di stato,” i cui esempi estremi sono stati il fascismo in Italia ed il nazionalsocialismo in Germania. Dalla Seconda Guerra Mondiale, questo sistema è diventato “capitalismo militare di stato,” che la Guerra Fredda “ha fissato… come modello permanente di vita economica, per un periodo indefinito.” La prosperità dell'economia americana ora dipende dalla spesa militare, anche se il drenaggio delle risorse per la Guerra Fredda carica ovviamente una grande peso sull'economia civile. Barnes attribuisce la recessione del 1959 in gran parte ad una precedente leggera riduzione nell'aeronautica militare, un presagio di cosa accadrebbe se gli Stati Uniti provassero ad abbandonare l'apparato militare. [xvi]
Barnes trova un'accelerazione delle tendenze orwelliane nella vita americana, e cita The Power Elite di C. Wright Mills come “la migliore descrizione del progresso fatto verso un ordine sociale alla 1984 negli Stati Uniti.” Nota inoltre l'avvertimento espresso dal presidente Eisenhower alla fine del suo mandato contro il complesso militar-industriale che consiste dei poteri saldati “dei manager di corporation, dei capi del Pentagono e della Difesa, dei più importanti scienziati e tecnici militari, e dei magnati della pubblicità,” tutti sempre più alla guida della nostra società. È stato precisato prima che Barnes era molto impressionato dai fatti presentati da Philip Abelson in Saturday Review del 1° gennaio 1966, dove avvertiva nel suo articolo “I gatti domestici al comando: presagi di Orwell” che gli aspetti spaziali e nucleari della Guerra Fredda stanno deviando sempre più una parte pericolosamente grande dei nostri migliori scienziati al servizio del complesso militar-industriale, un sintomo molto allarmante della crescita delle tendenze orwelliane all'interno del sistema della Guerra Fredda. Più recentemente, Barnes è rimasto molto impressionato da un altro ponderato articolo di uno scienziato, l'autorità nella fisica nucleare Hans Trilling, in Saturday Review del 28 ottobre 1967, intitolato “Può uno scienziato essere un ottimista?” per la sua asserzione, sostenuta da prove convincenti, che il revisionismo offra l'unica speranza ragionevole di por fine alla Guerra Fredda e di preservare la civiltà.
Le minacciose tendenze orwelliane si possono inoltre trovare nell'incitamento intenzionale da parte del governo della paura pubblica del nemico; effettivamente, il ministro John Foster Dulles ha ammesso francamente che i cittadini americani hanno dovuto essere “allarmati artificialmente,” per evitare qualsiasi possibile rilassamento delle paure pubbliche. Un esempio particolarmente minaccioso di “neolingua” orwelliana è un concetto come l'“overkill” (la capacità di distruggere più di quanto necessario, NdT), sotto il quale l'America accatasta abbastanza armi nucleari da distruggere tutta la vita umana più volte, ma tuttavia prosegue a costruire sempre più armi. “Il chiaro aspetto orwelliano della questione è che la dimostrazione e il vanto di questa capacità di annientamento sono stati seguiti dall'offerta e dall'approvazione del più grande preventivo nell'intera storia della Guerra Fredda.” [xvii]
Per questo capitolo finale dell'edizione aggiornata del suo Intellectual and Cultural History of the Western World, le letture suggerite da Barnes comprendono libri supplementari allora disponibili che erano critici della Guerra Fredda. Oltre a Fleming e Ingram citati sopra, questi includono A History of the Cold War di John Lukacs (1961), The Abolition of War di Walter Millis and James Real (1963), The Cold War di Frederick L. Schuman (1962), e Disarmament: Its Politics and Economics di Seymour Melman ed. (1963). Rileggendo questa lista più di recente, Barnes ha osservato che avrebbe potuto aggiungervi Cold War Diplomacy, 1945–1960 di N. A. Graebner (1962); Collective Security and American Foreign Policy di R. N. Stromberg (1963); e The Tragedy of American Diplomacy di W. A. Williams (1962). I primi due di questi libri erano opere storiche notevoli e fra i primi ad offrire osservazioni leggermente critiche verso la nostra politica estera della Guerra Fredda. Il libro di Williams era una critica vigorosa e probabilmente più influente su questa politica.
Un'espressione più recente delle opinioni di Barnes sul revisionismo si può trovare in un'edizione speciale sul revisionismo del giornale Rampart Journal, un'edizione che Barnes ha contribuito a pubblicare ed organizzare. L'articolo di Barnes, “Revisionismo: una chiave per la pace” offre un sommario completo ed aggiornato dei suoi punti di vista sul revisionismo in generale e sul revisionismo della Seconda Guerra Mondiale in particolare. [xviii] Nell'articolo, Barnes nota come un esempio del pensiero orwelliano della Guerra Fredda l'inclusione nel novero delle “nazioni libere” dei più disgustosi regimi totalitari, a condizione che si schierassero con gli Stati Uniti negli affari mondiali. Ma Barnes inoltre precisa con forza che la negligenza del revisionismo della Seconda Guerra Mondiale dalla fine della guerra può essere considerata responsabile della mortale conformità intellettuale imposta dal sistema della Guerra Fredda. In contrasto con il pensiero coraggioso ed indipendente che pervadeva l'America durante gli anni 20, Barnes scrive, “dopo il 1945, siamo entrati in un periodo di conformità intellettuale forse insuperata dal tempo del supremo potere ed unità della chiesa cattolica nel Medioevo. Fra le pressioni esercitate dagli aspetti militari del sistema orwelliano della Guerra Fredda e quelle ugualmente potenti nel mondo civile o commerciale, l'individualità e l'indipendenza intellettuale sono del tutto spariti.” La Guerra Fredda ha avuta uguale effetto sul mondo dell'educazione:
In questa era di 1984, “gli Uomini dell'Organizzazione,” “l'Uomo nel Vestito Grigio di Flanella,” “i Persuasori Occulti,” e “Madison Avenue,” persino il medio laureato americano è diventato poco più propenso al pensiero indipendente di un contadino cattolico durante il papato di Innocenzo III. Come Irving Howell ha sottolineato su Atlantic del novembre 1965, l'istruzione superiore americana si è conformata al sistema orwelliano della Guerra Fredda tanto confortevolmente quanto il Pentagono o il mondo degli affari americano. Quando, a metà degli anni 60, una piccola minoranza di studenti ha cominciato a mostrare segni di irrequietezza, questo causò sorpresa ed allarme diffusi e leader pubblici come il senatore Thomas I. Dodd del Connecticut suggerì procedure che avrebbero conquistato il plauso di Hitler. [xix]In questo articolo, Barnes non dimentica la serie di guerre calde locali in via di sviluppo che sono ora diventate una parte fondamentale del sistema della Guerra Fredda: “la serie di minori ‘guerre calde’ tattiche o rivoluzionarie in Corea, nel Vietnam del Sud, in Congo ed altrove, che sono così necessarie per alimentare il fuoco della nostra economia capitalista militare di stato. Effettivamente, nel Time del 25 settembre 1965, è stato suggerito in un lungo e ben informato editoriale che potremmo pure adattarci a questa situazione di guerra mondiale non nucleare come permanente fino a quando l'annientamento atomico finale non arriverà.” [xx]
Secondo Barnes, una presentazione molto valida del concetto che gli Stati Uniti e gran parte del mondo, non solo stanno funzionando su un'economia militare ma sono basati su un ordine sociale completamente legato ad una struttura di riferimento e ad un modello di vita militari, è apparso verso la fine dell'autunno del 1967. Era intitolato Report from Iron Mountain (Dial Press), e pretendeva di essere il rapporto di un gruppo di studio speciale “sulla possibilità e sull'opportunità della pace.” È finora un lavoro anonimo attribuito ad uno stimato giornalista, Leonard C. Lewin, il quale suggerisce che possa avere ispirazione e iniziale promozione governative. Un grande, differenziato e quasi ideale gruppo di esperti sono rappresentati come gli autori dello studio. Chiunque sia l'autore, e sia che fosse stato progettato come un'opera seria o come una satira informata, Barnes lo considera come di gran lunga la più impressionante dichiarazione della dominazione della nostra società da parte del complesso militare-scientifico-tecnologico-industriale-economico-politico che finora abbia raggiunto la stampa. È davvero Orwell, molto più informato, aggiornato e applicato negli Stati Uniti e nel mondo due decenni più tardi di quello che scrisse Orwell.
A seguito dei libri dei primi anni 60 ce n'è stata una quantità dedicata alla storia della nostra politica di Guerra Fredda, molti dei quali fortemente critici. Atomic Diplomacy di Gar Alperowitz (1965) è un'analisi critica dello sfruttamento della superiorità atomica americana per lanciare la Guerra Fredda. The Free World Colossus (1965) di David Horowitz è la critica più diretta delle operazioni americane di Guerra Fredda dalla pubblicazione del libro di Fleming. Horowitz ha anche recentemente pubblicato una raccolta di opinioni, dal titolo Containment and Revolution, che comprende contributi riguardanti la maggior parte degli aspetti del revisionismo generale. Ronald Radosh si è occupato di una fase importante dell'impatto della guerra del Vietnam sulla vita accademica americana nel suo Teach-ins, USA: Reports, Opinions, Documents (1967) che espone il tipo di materiale presentato nella descrizione e nella critica dell'intervento americano nel Vietnam.
La ferma opposizione di Barnes alla guerra americana in Vietnam è espressa in una lettera che loda il cronista Emmet J. Hughes per i suoi articoli di critica della guerra su Newsweek. [xxi] Nella lettera, Barnes sottolinea la filiazione storica della guerra del Vietnam dalle “assurdità” di Henry L. Stimson su “aggressione” e “aggressori” giù fino al devoto discepolo di Stimson McGeorge Bundy, il cui padre “usava portarlo per mano da bambino nelle sue visite al grand'uomo.” Barnes nota che il ricorrente leitmotif della guerra da Stimson fino a Bundy “è stato trascurato in tutti i commenti che abbia visto sullo scandalo del Vietnam.” Indica inoltre il ruolo di Dean Rusk come rappresentante dell'Establishment “dei cartelli del petrolio, dei minerali e delle banche orientali consacrati a mantenerci coinvolti ovunque in nome della ‘protezione delle nazioni libere.’” Ha dichiarato di credere che l'Establishment orientale fosse una vera e propria “chiesa” per Rusk, che la serve con una devozione davvero religiosa. La sua teologia è stata rinnovata da Walt W. Rostow e da Bundy. Barnes considera Rusk come un onesto e sincero fondamentalista della Guerra Fredda. Il suo “Discorso della Montagna” fu pronunciato nella sua intransigente conferenza stampa del 12 ottobre 1967 che Walter Lippmann, come dice Barnes, smontò nel Newsweek del 6 novembre in una maniera che ricordava il trattamento di Bryan da parte di Darrow nel processo a Scopes.
Barnes conclude l'edizione aggiornata della sua Intellectual and Cultural History of the Western World su una nota comprensibilmente pessimistica, tenuto conto della pervasività della guerra e della mentalità guerriera nel mondo attuale. indica correttamente come i liberal e molti socialisti, ideologicamente all'avanguardia nell'opposizione alla guerra, hanno rapidamente capitolato alla parata della guerra in tutte le grandi guerre del secolo attuale; in effetti, in tutte le guerre della storia americana eccetto il furto della Guerra Messicana. Negli Stati Uniti, effettivamente, le due guerre mondiali e la Guerra di Corea sono state guerre preminentemente di sinistra.
Nell'anno trascorso, Barnes ha notato ottimisticamente che, per la prima volta in questo secolo, tantissimi liberal, in particolare della generazione più giovane, stavano reagendo con veemenza contro una guerra americana oltremare e perfino intensificando la loro opposizione mentre la guerra del Vietnam continua e si aggrava. Sempre più, i membri giovani della “New Left” stanno cominciando a rendersi conto che il liberalismo guerriero dei loro vecchi è stato, per dirla con Barnes, un “liberalismo totalitario.” Come Barnes ha scritto nel titolo di un opuscolo dopo la Seconda Guerra Mondiale: I polli degli interventisti liberal sono tornati a casa a dormire [“Chickens back home to roost” è una frase idiomatica che significa che le conseguenze di azioni passate cominciano a palesarsi, NdT] e, sempre più, la giovane generazione sta rifiutando attivamente e radicalmente, l'amara eredità della società guerriera. La caratteristica di questo approccio New Left alla politica estera americana è Containment and Change (1967) di Carl Oglesby e Richard Shaull, che presenta la futilità della politica di Guerra Fredda trattando le tendenze rivoluzionarie dell'era del dopoguerra, e chiede un nuovo schieramento tra i rappresentanti della Old Right come hanno mantenuto il loro anti-interventismo con quelli della New Left che hanno ripudiato l'interventismo e la Guerra Fredda.
Un esperto in Scienze Politiche che è stato molto attivo e costante nell'opporsi alla Guerra Fredda e nell'appoggiare il revisionismo generale è Neal D. Houghton dell'Università dell'Arizona, che è stato impegnato in questo lavoro per un decennio. [xxii] Ha scritto e parlato estesamente ed ha organizzato notevoli congressi con personalità eccezionali per occuparsi della situazione del mondo. Houghton è stato interessato soprattutto dalla dimostrazione del carattere sostanzialmente rivoluzionario dell'era del dopoguerra e della futilità assoluta del pensare che la strategia o la mania della Guerra Fredda possano occuparsi con efficacia dei problemi del periodo più fluido e dinamico nella storia dell'umanità. Gli elementi essenziali della sua posizione, esposti in numerosi articoli, saranno riuniti in un'antologia che ha pubblicato e che apparirà nel maggio 1968. Si intitola molto appropriatamente La lotta contro la storia: la politica estera americana in un'era rivoluzionaria.
Un altro istruttivo esempio dell'opposizione alla Guerra Fredda è apparso nei libri dell'eminente critico e pubblicista Edmund Wilson, che si è rivelato essere un perfetto revisionista generale nei suoi Patriotic Gore e The Cold War and the Income Tax. [xxiii] Un exploit significativa per il revisionismo della Guerra Fredda è apparso recentemente nelle auguste pagine dell'inserto domenicale del New York Times. In esso il giovane storico Christopher Lasch, ha descritto in modo devastante l'apologeta della Guerra Fredda Arthur M. Schlesinger Jr. ed ha applaudito William Appleman Williams come il miglior revisionista della Guerra Fredda, affermando che la critica anti-imperialista di Williams della politica estera americana è sempre più giustificata. [xxiv]
V. Barnes e lo spettro ideologico
Alla luce dell'approfondito revisionismo di Harry Elmer Barnes, dove lo si può collocare nello spettro ideologico degli affari esteri? Albert Jay Nock scrisse una volta del suo divertimento ironico nell'essere maledetto come “radicale” negli anni 20, e quindi come “reazionario” negli anni 30 anche se la sua filosofia politica non era cambiata di una virgola. Qualcosa di simile è accaduto a Barnes. Tutta la sua vita è rimasto il campione risoluto ed indomito della pace e della ragione. Per questo è stato considerato un “liberale di sinistra” negli anni 20 e nei primi anni 30, e un “isolazionista reazionario” verso la fine degli anni 30 e negli anni 40. Se fu in gran parte la sinistra a diventare sua alleata nel primo periodo, e la destra nell'ultimo, questo è perché erano loro che continuavano a cambiare posizione, e non Barnes.
Barnes ha dovuto resistere due volte nella sua vita alle totali diserzioni dal principio di amici e colleghi. Se avesse scelto, come loro, di fare “inversione di marcia” a favore della guerra intorno al 1940 – o almeno rimanere in silenzio – starebbe indubbiamente ancora ricevendo tutti gli onori e il prestigio che la nostra società può concedere. Mai più, senza dubbio, i libri di Barnes saranno recensiti sull'ambita prima pagina del New York Sunday Times Book Review. Ma Barnes sapeva bene che ci sono cose in questo mondo più importanti degli effimeri onori; cosa ci guadagna un uomo, se conquista il mondo intero e perde la propria anima? Sarà detto sempre di Harry Elmer Barnes che la sua anima era sua propria, che lui mai s'inginocchiò davanti al Potere; e che quello spirito raro e prezioso, quell'alto coraggio, dovrebbero essere onorati ovunque e ogni volta che gli uomini premiano e rendono omaggio al meglio che l'uomo ha in sé.
Per la fine degli anni 30, gli alleati di Barnes per la pace e la neutralità erano pricipalmente di destra, e questo è continuato fino all'inizio degli anni cinquanta. Quanta gente oggi si ricorda che non fu la sinistra, ma i repubblicani “dell'estrema destra” ad opporsi alla coscrizione, all'aiuto Greco-Turco, alla NATO e perfino alla Guerra di Corea? In breve, che gli eccezionali avversari della Guerra Fredda erano gli uomini della destra? La Guerra di Corea, per esempio, mobilitò l'ardente supporto persino di compagni di viaggio di sinistra di lunga data (con eccezioni onorevoli come I. F. Stone) – nel sacro nome dell'ONU e della “sicurezza collettiva contro l'aggressione.” Soltanto gli “isolazionisti” della destra si opposero fermamente. Ma presto anche questo schieramento è cambiato nettamente, e la destra si è spostata in blocco, quasi senza accorgersene, su un'estrema posizione pro-Guerra Fredda.
È evidente che nessuna semplice etichetta di “destra” o “sinistra” può essere appuntata su Barnes; effettivamente, i recenti riallineamenti hanno reso queste categorie ingannevoli ed obsolete – un vero ritardo culturale. Con l'associazione alla Guerra Fredda di molti della sinistra e gran parte della destra, un movimento contrario ha recentemente preso il via. Emerso fin da circa il 1959, questo movimento offre la prospettiva di un riallineamento di base per la pace, un raggruppamento che trascende completamente i vecchi stereotipi di “destra” e “sinistra.” A sinistra, è emerso il vasto movimento pacifista giovanile della New Left, mentre a destra, critiche dure e fondamentali dell'impulso bellico sono state espresse da autori capaci come l'ultimo Howard Buffett, William R. Mathews, Felix Morley, Ronald Hamowy, Robert LeFevre e, in misura più limitata, da figure pubbliche quali Hamilton Fish, Marriner S. Eccles, e l'ultimo Bruce Barton.
Ogni volta che un uomo si leva per la pace, sarà accusato dai suoi più fanatici avversari di essere uno “sciocco” o un “agente” del terribile Nemico. In tutta la sua vita, Harry Elmer Barnes è stato indubbiamente accusato a turno di essere uno strumento degli stati maggiori prussiani, “pro-Hitler,” ed ora forse “filocomunista” militante. L'assurdità dell'ultima accusa si può vedere nel seguente passaggio dal suo più recente capitolo su Orwell e sulla Guerra Fredda:
Stalin ed i suoi successori erano soddisfatti dalla Guerra Fredda perché la guerra spaventa e la presunta minaccia dell'attacco capitalista ha permesso al Politburo di mantenere l'unità ed impedire qualsiasi minaccia di guerra civile nella Russia sovietica, nonostante molto schiavismo e bassi standard di vita….È molto giusto e appropriato onorare Harry Elmer Barnes in questo Festschrift. Per tutta la sua vita, sia che fosse circondato dai più luminosi personaggi del suo tempo, sia che combattesse da solo, ricoperto di allori o di ingiurie, Harry Barnes ha lottato senza compromessi per la verità e la giustizia, per la ragione e la pace. In un secolo di vile “trasformismo,” è sempre rimasto fedele a sé stesso. Se non può ragionevolmente essere accusato di essere “filonazista” o “filocomunista,” “filotedesco” o “filorusso,” forse qualcuno potrebbe insinuare che, alla fine, è stato “antiamericano,” perché effettivamente ha avuto il grande coraggio di opporsi ad alcune delle politiche estere più acclamate dell'America del secolo attuale. Ma questa è, forse, la più grande calunnia di tutte. Perché Barnes sa, come sapeva quello spirito nobile, Randolph Bourne, che ci sono due Americhe, e che la storia degli affari esteri è stata una continua lotta fra esse. Egli stesso un martire virtuale della Prima Crociata Americana, le ultime, immortali parole di Bourne furono queste:
L'antagonismo delle Potenze Occidentali e della Guerra di Corea ha aiutato [i comunisti cinesi] ad istituire un regno del terrore nel paese e ad eliminare i loro nemici sotto le spoglie delle necessità della difesa e della sicurezza nazionale.
La nazione è un concetto di pace, di tolleranza, di vivere e di lasciar vivere. Ma lo Stato è essenzialmente un concetto di potere… che indica un gruppo nei suoi aspetti aggressivi….Siamo qui riuniti per onorare Harry Elmer Barnes, una degna personificazione dell'America migliore, e speriamo, anche più vera.
La storia dell'America come nazione è abbastanza diverso da quella dell'America come Stato. In un caso è il dramma della conquista pionieristica della terra, della crescita della ricchezza, e il sostegno di ideali spirituali…. Ma come Stato, la sua storia è quella di svolgere un ruolo nel mondo, facendo la guerra, ostruendo il commercio internazionale… punendo quei cittadini che la società concorda nel ritenere offensivi, e raccogliendo i soldi per pagare tutto ciò… [xxv]
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Note
[xiv] Barnes, A History of Historical Writing (2nd ed., New York: Dover Publishers, 1962) pp. 290, 397 ff.
[xv] Barnes, An Intellectual and Cultural History of the Western World (3rd rev. ed., New York: Dover Publishers, 1965), p. 1329.
[xvi] Ibid., p. 1340. Vedi anche ibid., pp. 1094, 1339.
[xvii] Ibid., p. 1330. Vedi anche ibid., p. 1328.
[xviii] Barnes, “Revisionism: A Key to Peace,” Rampart Journal (primavera 1966), pp. 8–74.
[xix] Ibid., pp. 36-37.
[xx] Ibid., p. 67. Nella stessa edizione del Rampart Journal, il prof. James J. Martin precisa che la Guerra Fredda “era un'estensione logica della politica della Seconda Guerra Mondiale,” con la propaganda che riadattava il ritornello ‘Hitler-vuole-conquistare-il-mondo' per assegnare quel ruolo a Stalin ed ai russi.” Egli sostiene inoltre che la Guerra Fredda cominciò in realtà fin dal novembre 1944, quando Churchill entrò in Grecia per reprimervi un trionfo comunista. James J. Martin, “Revisionism and the Cold War, 1946–1966,” Rampart Journal (primavera 1966), pp. 91, 96, 101.
[xxi] Barnes a Emmet John Hughes, 8 marzo 1966.
[xxii] Gli scritti di Houghton, in particolare, sono state ingiustamente trascurate. Vedi in particolare, Neal D. Houghton, “Perspective for Foreign Policy Objectives in Areas – and in an Era – of Rapid Social Change,” Western Political Quarterly (dicembre 1963), pp. 844–884.
[xxiii] Edmund Wilson, Patriotic Gore (New York: Oxford University Press, 1962); e Wilson, The Cold War and the Income Tax (New York: Farrar, Straus and Co., 1963). Un critico confuso potrebbe vedere nella posizione di Wilson soltanto “un'unione dell'estrema destra e dell'estrema sinistra.”
[xxiv] Lasch, “The Cold War Revisited and Revisioned,” New York Times Sunday Magazine, 14 gennaio 1968.
[xxv] Randolph Bourne,“Unfinished Fragment on the State,” Untimely Papers (New York: B. W. Huebsch, 1919), pp. 229–230.
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Link alla prima parte.
Link alla seconda parte.
1 comment:
Non ho letto tutto Pax.
Volevo precisare che l'uniformità intelletuale è diversa dall'unità intelletuale.Una negativa, l'altra no.
Come il Medioevo potrebbe esser stato un'epoca razionalmente insana. così questa potrebbe esser sana.Non voglio quindi sancire una perfezione da qualche parte, dove chiaramente il sistema attuale è quello più falso e coartante tra i due, ma ribaidre che l'unità intelletuale si basa su quei Principi che il libertarismo ribadisce, e l'uniformità deriva chiaramente dalle alienazioni indotte dal potete per suo uso.
Possono convivere, qeust credo del medioevo. Oggi convino ugualmente, altrimenti non ci sarebbero intelletuali come coloro che citi e che ho avuto il piacere di conoscere.Certo che a proporzione è drastica ad oggi.
Un caro saluto.
D.
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