Monday, September 17, 2007

Celebrate conformity

Se qualcuno avesse ancora dei dubbi sul carattere profondamente religioso dello Stato, provi a confrontare i due brani che seguono. Il primo è la prima parte dell'intervento di Nicolas Sarkozy, presidente della repubblica francese, in occasione del ricevimento (= cerimonia) in suo onore all'Hôtel de ville de Paris. Non l'ho tradotto per non rischiare di perderne la cadenza e la forma esatta, che sono le cose più importanti insieme all'uso di determinati vocaboli chiave.

Il secondo brano è tratto dall'Angelus recitato da papa Benedetto XVI ad Assisi in occasione dell'ottavo centenario della conversione di S. Francesco. La similitudine nello stile, nella terminologia e nei concetti è lampante. Qui non si tratta soltanto del ricorso – sfrenato – alla retorica, ma si riconosce una forma cerimoniale che rivela la celebrazione di un rituale. Siamo nel 2007 e ancora siamo governati dai sacerdoti.

Non mancano i sacrifici umani, anche se vengono eseguiti a migliaia di chilometri di distanza, lontano dagli occhi dei fedeli: per il momento, la religione laica ci tiene a presentarsi ancora come religione d'amore, così va in missione.

Ovviamente, di Pace.
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Hôtel de ville de Paris, le jeudi 24 mai 2007

Monsieur le Maire de Paris, Mesdames et Messieurs les élus parisiens, Mesdames et Messieurs, Je vous remercie, Monsieur le Maire, pour les mots que vous venez de prononcer. En venant ici aujourd'hui, je ne sacrifie pas seulement à une tradition républicaine qui voulait qu'à son entrée en fonction le Chef de l'Etat nouvellement élu se rende à l'Hôtel de Ville de Paris pour y saluer son Maire, son Conseil municipal, et à travers eux, naturellement tous les parisiens. Cette tradition a une signification pour moi très profonde, une signification qu'elle doit à l'histoire. Sans Paris, la France n'eût peut-être jamais existé. Car pour qu'il y eût la France il a fallu qu'il y eût une volonté française et, longtemps ce fut de Paris que s'exprima cette volonté.

Paris n'est pas un centre, Paris c'est un commencement et c'est un aboutissement. Tout part d'ici et y revient. Paris c'est le foyer autour duquel se sont unis les peuples et les provinces françaises. Paris c'est le réceptacle de toutes les énergies, de toutes les intelligences, de tous les talents. C'est à Paris, c'est Paris qui a regroupé les provinces et ce sont les provinces qui ont peuplé Paris. C'est cela Paris. Il y a dans la prééminence de Paris quelque chose qui ne dépend pas seulement de la volonté humaine mais qui est consubstantiel à la façon dont la France s'est construite. [...]

Et quand on préside aux destinées de la France, on se doit de connaître l'histoire de France. Le peuple de Paris parla au nom du droit des peuples à disposer d'eux-mêmes. Le peuple de Paris parla au nom de la liberté. Il parla au nom de la fraternité humaine. Et quand Paris se taisait, c'était la France qui devenait muette. Et quand Paris s'exprimait, c'était la France qui prenait la parole. Et cette parole fut entendue dans le monde entier. Et cette parole fut comprise par tous les hommes.
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Piazza Inferiore della Basilica di San Francesco, domenica, 17 giugno 2007

Cari Fratelli e Sorelle!

Otto secoli or sono, difficilmente la città di Assisi avrebbe potuto immaginare il ruolo che la Provvidenza le assegnava, un ruolo che la rende oggi una città così rinomata nel mondo, un vero "luogo dell’anima". A darle questo carattere fu l’evento che qui accadde, e che le impresse un segno indelebile. Mi riferisco alla conversione del giovane Francesco, che dopo venticinque anni di vita mediocre e sognatrice, improntata alla ricerca di gioie e successi mondani, si aprì alla grazia, rientrò in se stesso e gradualmente riconobbe in Cristo l’ideale della sua vita. Il mio pellegrinaggio oggi in Assisi vuole richiamare alla memoria quell’evento per riviverne il significato e la portata. [...]

Da questa Città della pace desidero inviare un saluto agli esponenti delle altre confessioni cristiane e delle altre religioni che nel 1986 accolsero l’invito del mio venerato Predecessore a vivere qui, nella patria di San Francesco, una Giornata Mondiale di Preghiera per la Pace. Considero mio dovere lanciare da qui un pressante e accorato appello affinché cessino tutti i conflitti armati che insanguinano la terra, tacciano le armi e dovunque l’odio ceda all’amore, l’offesa al perdono e la discordia all’unione! Sentiamo spiritualmente qui presenti tutti coloro che piangono, soffrono e muoiono a causa della guerra e delle sue tragiche conseguenze, in qualunque parte del mondo. Il nostro pensiero va particolarmente alla Terra Santa, tanto amata da San Francesco, all’Iraq, al Libano, all’intero Medio Oriente. Le popolazioni di quei Paesi conoscono, ormai da troppo tempo, gli orrori dei combattimenti, del terrorismo, della cieca violenza, l’illusione che la forza possa risolvere i conflitti, il rifiuto di ascoltare le ragioni dell’altro e di rendergli giustizia. Solo un dialogo responsabile e sincero, sostenuto dal generoso sostegno della Comunità internazionale, potrà mettere fine a tanto dolore e ridare vita e dignità a persone, istituzioni e popoli.

Voglia San Francesco, uomo di pace, ottenerci dal Signore che si moltiplichino coloro che accettano di farsi "strumenti della sua pace", attraverso i mille piccoli atti della vita quotidiana; che quanti hanno ruoli di responsabilità siano animati da un amore appassionato per la pace e da una volontà indomita di raggiungerla, scegliendo mezzi adeguati per ottenerla. La Vergine Santa, che il Poverello amò con cuore tenero e cantò con accenti ispirati, ci aiuti a scoprire il segreto della pace nel miracolo d’amore che si compì nel suo grembo con l’incarnazione del Figlio di Dio.


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