“It is in war that the State really comes into its own: swelling in power, in number, in pride, in absolute dominion over the economy and the society.”
(Murray N. Rothbard)
C'è una lezione importante da imparare nell'attacco a Gaza di cui dovremmo esser grati ad Israele: una lezione sull'essenza della democrazia terminale, di cui le bombe di Tsahal sono una perfetta e tragica dimostrazione.
Per comprendere la lezione è sufficiente osservare la correlazione tra il conto dei morti e delle distruzioni e la distribuzione dei seggi alla Knesset, il parlamento israeliano, alle prossime elezioni, che si terranno tra poco più di un mese.
Il bombardamento di Gaza, per buona parte dei più attenti osservatori, risponde alla necessità del partito laburista al governo, afflitto da una cronica emorragia di voti a favore del più aggressivo Likud di Netanyahu, di dare una dimostrazione di forza.
Per Israele non si tratta di una novità: i precedenti storici, come la campagna in Libano del '96, che causò la morte di 150 civili che avevano cercato riparo in una base ONU, mostrano la tendenza dei politici israeliani a diventare aggressivi intorno alle elezioni, per un chiaro calcolo politico.
Questo comportamento è certamente un'estremizzazione, ma come tale è se non altro un'ottima illustrazione della vera sostanza della democrazia: un sistema in cui anche la morte diventa un mero strumento politico, una leva per spostare voti ed equilibri.
Rispondono alla stessa logica gli interventi economici promessi da Obama o quelli operati da Bush, che si traducono nello spostare arbitrariamente, secondo un calcolo di convenienza politica, la ricchezza prodotta da alcuni nelle tasche di altri.
Gli effetti di simili interventi, seppur meno immediatamente visibili, sono altrettanto distruttivi delle più spettacolari bombe lanciate dai caccia israeliani, perché recidono il legame tra cause ed effetto dell'azione economica, creano incentivi per l'azzardo morale, e demoliscono le motivazioni di lavoratori e imprenditori.
Nella democrazia terminale, tutto è subordinato al calcolo politico di breve termine: vita, morte, lavoro, diritti, libertà. Perché nessun individuo, tantomeno un politico, avrà mai come priorità altro interesse che non sia il suo personale.
Un'attitudine comune a tutti gli uomini, che permette la diffusione di un certo benessere quando si esprime nella libera interazione del mercato, si traduce in un incubo totalitario quando a un gruppo di individui è concesso il potere di governare tutti gli altri.
Per comprendere la lezione è sufficiente osservare la correlazione tra il conto dei morti e delle distruzioni e la distribuzione dei seggi alla Knesset, il parlamento israeliano, alle prossime elezioni, che si terranno tra poco più di un mese.
Il bombardamento di Gaza, per buona parte dei più attenti osservatori, risponde alla necessità del partito laburista al governo, afflitto da una cronica emorragia di voti a favore del più aggressivo Likud di Netanyahu, di dare una dimostrazione di forza.
Per Israele non si tratta di una novità: i precedenti storici, come la campagna in Libano del '96, che causò la morte di 150 civili che avevano cercato riparo in una base ONU, mostrano la tendenza dei politici israeliani a diventare aggressivi intorno alle elezioni, per un chiaro calcolo politico.
Questo comportamento è certamente un'estremizzazione, ma come tale è se non altro un'ottima illustrazione della vera sostanza della democrazia: un sistema in cui anche la morte diventa un mero strumento politico, una leva per spostare voti ed equilibri.
Rispondono alla stessa logica gli interventi economici promessi da Obama o quelli operati da Bush, che si traducono nello spostare arbitrariamente, secondo un calcolo di convenienza politica, la ricchezza prodotta da alcuni nelle tasche di altri.
Gli effetti di simili interventi, seppur meno immediatamente visibili, sono altrettanto distruttivi delle più spettacolari bombe lanciate dai caccia israeliani, perché recidono il legame tra cause ed effetto dell'azione economica, creano incentivi per l'azzardo morale, e demoliscono le motivazioni di lavoratori e imprenditori.
Nella democrazia terminale, tutto è subordinato al calcolo politico di breve termine: vita, morte, lavoro, diritti, libertà. Perché nessun individuo, tantomeno un politico, avrà mai come priorità altro interesse che non sia il suo personale.
Un'attitudine comune a tutti gli uomini, che permette la diffusione di un certo benessere quando si esprime nella libera interazione del mercato, si traduce in un incubo totalitario quando a un gruppo di individui è concesso il potere di governare tutti gli altri.
No comments:
Post a Comment