Il Gongoro è convinto di fare cosa gradita contribuendo all'istruzione dei suoi lettori con le lezioni di filologia di Hotforwords. Buona lezione a tutti. :-)

Thursday, November 22, 2007
Educate yourself!
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Paxtibi
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11/22/2007 08:43:00 PM
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USAbomber?
È della scorsa settimana, invece, una notizia arrivata dalla base di Aviano, che guarda caso si trova al centro della zona in cui opera Unabomber, e guarda caso, trattandosi di base militare, è ben fornita di materiali esplosivi e di giovani scavezzacolli.
Tale notizia, guarda caso, non si trova quasi da nessuna parte, io l'ho scovata su Il Meridiano, incuriosito dalla segnalazione su Noreporter di Gabriele Adinolfi, del quale condivido le parole con cui conclude l'articolo:
Non vogliamo affermare con ciò che vi sia necessariamente un nesso tra gli artificieri di Aviano feritisi la scorsa settimana e le gesta di Unabomber. Ci piacerebbe però che sulla vicenda ci dessero informazione e trasparenza.Ecco l'articolo originale.
Troppo pretendere da una colonia asservita e china da sessantadue anni e mezzo?
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ESPLODE ORDIGNO
Feriti due avieri Usa
Pordenone | Due avieri di stanza alla base militare Usaf di Aviano sono rimasti gravemente feriti a causa dell’esplosione di un ordigno che stavano confezionando in un prato a Coltura di Polcenigo, in provincia di Pordenone. Uno dei militari ha perso una mano e rischia l’amputazione anche di parte del braccio. Anche il commilitone ha subito gravi ferite agli arti. Gli avieri americani, di 21 e 22 anni, sono stati ricoverati nell’ospedale di Pordenone.
Dalla ricostruzione fornita dai carabinieri di Sacile, i due militari statunitensi avevano confezionato il rudimentale ordigno, poco più grande di una palla da tennis, lo hanno acceso e sono stati travolti dall’esplosione. A chiamare il 118 è stato un terzo militare americano, che era con i due e che non aveva voluto partecipare alla bravata, allontanandosi e così salvandosi dall’esplosione.
Uno dei militari ha perso una mano e rischia l’amputazione anche di parte del braccio, mentre l’altro commilitone ha subito gravi feriti agli arti.
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Paxtibi
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11/22/2007 07:15:00 PM
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Ordo ab chao
Pensate, giusto per fare degli esempi, alle versioni ufficiali sulla moneta, sulla guerra in Iraq, sull'11 settembre e, per restare in Italia, sull'annessione del Regno delle due Sicilie, e su tutti i misteri che ne sono seguiti. Ma c'è una versione ufficiale per la scienza, anzi, per la “regina delle scienze,” la cosmologia?
Prendetevi un'ora di tempo – ne vale la pena – e gustatevi questo documentario, poi lasciate che a decidere sia la vostra ragione.
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Eccone un breve assaggio:
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Paxtibi
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11/22/2007 02:14:00 AM
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Wednesday, November 21, 2007
La segreta dei servizi
When all our liberties are gone, there will be nothing left to protect.
(Andrew Napolitano)
Un episodio inquietante riporta alla ribalta uno dei tanti "misteri italiani", quello legato al disastro del Moby Prince. Nella notte tra venerdì e sabato sera a Marina di Pisa è stato aggredito un consulente tecnico che si stava occupando della tragedia, in cui morirono 140 persone, il 10 aprile 1991, dopo una collisione con la petroliera Agip Abruzzo. Quattro persone a volto coperto hanno drogato l'uomo, ex paracadutista di 39 anni e l'hanno chiuso nella sua auto, alla quale hanno poi dato fuoco. L'uomo ha ripreso subito i sensi, ed è riuscito a mettersi in salvo.Non è mia intenzione inoltrarmi nell'indagine su quella tragedia, su quelle 140 (o 144?) vite sacrificate, su quel “porto delle nebbie” in cui la nebbia non c'era. È evidente che da quell'intreccio oscuro di omissioni, menzogne, coperture e doppie lealtà non potremmo mai estrarre la storia vera del rogo della Moby Prince. Nel manifesto del film Tideland, la bambina protagonista siede sulle ramificazioni delle radici di un albero: ma la terra è rovesciata, e il cielo sta in basso: così stiamo noi, “come sugli alberi le foglie”, senza più sapere se il nostro mondo sia sotto il cielo, o sottoterra; senza sapere qual è la realtà.
Preferisco allora riflettere su questo, sull'uomo che ha ceduto la propria libertà credendo di ottenere in cambio la sicurezza, ricevendo invece solo schiavitù e morte. Sull'uomo che, diabolicamente ingannato, ha accettato di rinunciare alla sua individualità, alla possibilità di condurre la propria vita ed alla propria coscienza, lasciandosi ridurre a semplice cellula indistinta nel magmatico corpo dello stato. Esiste, sì, l'organismo sociale, e non come concetto astratto: esso vive, agisce, distrugge, è la bestia apocalittica delle antiche profezie che imperversa nel mondo che un tempo fu dell'uomo. È Cthulhu, il mostro ancestrale nato nei nostri incubi, evocato e liberato dal desiderio di potenza e sopraffazione.
E come noi un tempo possiede una sua volontà, e un inconscio. Una zona grigia sterminata di qui nulla possiamo sapere noi povere cellule, la cui conoscenza è riservata a chi ne occupa i centri nervosi e di controllo, un ricettacolo di orrori nascosti che ogni tanto affiorano con una fiammata assassina, per poi sprofondare di nuovo nell'oscurità di quell'inconscio refrattario ad ogni analisi, ad ogni indagine. Per noi, povere insignificanti monadi del Leviatano, questo inconscio ha un suo nome politicamente corretto: servizi segreti.
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Paxtibi
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11/21/2007 02:31:00 PM
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Tuesday, November 20, 2007
Voti sinistri
Condivido la sua rabbia per i milioni di refurtiva fiscale che saranno spesi in armamenti, non altrettanto, è ovvio, la sua sorpresa, spero anzi che l'accaduto gli serva da sveglia e si renda conto di chi sono in realtà i compagni di strada che si è scelto.
Magari capirà anche che ad aver promosso a divinità potere e denaro sono gli stessi che predicano la religione laica dello stato onnipotente, e che i voti che lui ha preso sono scarsamente compatibili con quelli che alimentano tale mortifero culto.
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FINANZIARIA, ARMI e POLITICA: CHE VERGOGNA!
Rimango esterrefatto che la Sinistra radicale (la cosiddetta Cosa Rossa) abbia votato, il 12 novembre con il Pd e tutta la destra, per finanziare i Centri di permanenza temporanea (Cpt), le missioni militari e il riarmo del nostro paese. Questo nel silenzio generale di tutta la stampa e i media. Ma anche nel quasi totale silenzio del “mondo della pace”.
Ero venuto a conoscenza di tutto questo poche ore prima del voto. Ho lanciato subito un appello via Internet: era già troppo tardi. La “frittata” era già fatta. Ne sono rimasto talmente male, da non avere neanche voglia di riprendere la penna.
Oggi sento che devo esternare la mia delusione, la mia rabbia. Delusione profonda verso la Sinistra Critica che in piazza chiede la chiusura dei “lager per gli immigrati”, parla contro le guerre e l’imperialismo e poi vota con la destra per rifinanziarli. E sono fior di quattrini! Non ne troviamo per la scuola, per i servizi sociali, ma per le armi sì! E tanti!
Infatti la Difesa per il 2008, avrà a disposizione 23,5 miliardi di euro: un aumento di risorse dell’11% rispetto alla finanziaria del 2007, che già aveva aumentato il bilancio militare del 12%. Il governo Prodi in due anni ha già aumentato le spese militari del 23%!
Ancora più grave per me è il fatto dei soldi investiti in armi pesanti. Due esempi sono gli F35 e le fregate FREMM. Gli F35 (i cosiddetti Joint Strike Fighter) sono i nuovi aerei da combattimento (costano circa 110 milioni di euro ciascuno). Il sottosegretario alla Difesa Forcieri ne aveva sottoscritto, a Washington, lo scorso febbraio, il protocollo di intesa. In Senato, alcuni (solo 33) hanno votato a favore dell’emendamento Turigliatto contro il finanziamento degli Eurofighters, ma subito dopo hanno tutti votato a favore dell’articolo 31 che prevede anche il finanziamento ai satelliti spia militari e le fregate da combattimento FREMM.
Per gli Eurofighters sono stati stanziati 318 milioni di Euro per il 2008, 468 per il 2009, 918 milioni per il 2010, 1.100 milioni per ciascuno degli anni 2011 e 2012! Altrettanto è avvenuto per le fregate FREMM e per i satelliti spia.
È grave che la Sinistra, anche la Critica, abbia votato massicciamente per tutto questo, con la sola eccezione di Turigliatto e Rossi e altri due astenuti o favorevoli. Purtroppo il voto non è stato registrato nominativamente! Noi vogliamo sapere come ogni senatore vota!
Tutto questo è di una gravità estrema! Il nostro paese entra così nella grande corsa al riarmo che ci porterà dritti all’attacco all’Iran e alla guerra atomica. Trovo gravissimo il silenzio della stampa su tutto questo: una stampa sempre più appiattita!
Ma ancora più grave è il nostro silenzio: il mondo della pace che dorme sonni tranquilli. È questo silenzio assordante che mi fa male. Dobbiamo reagire, protestare, urlare! Il nostro silenzio, il silenzio del movimento per la pace significa la morte di milioni di persone e dello stesso pianeta. La nostra è follia collettiva, pazzia eretta a Sistema. È il trionfo di “O Sistema”. Dobbiamo riunire i nostri fili per legare il Gigante, l’Impero del denaro. Come cittadini attivi nonviolenti dobbiamo formare la nuova rete per dire 'No' a questo Sistema di Morte e un 'Sì' perché vinca la Vita.
Alex Zanotelli
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11/20/2007 08:59:00 PM
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«You provide the prose poems. I'll provide the war.»
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11/20/2007 01:57:00 AM
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Monday, November 19, 2007
Canali in secca
Per la prima volta, i giovani tra i 16 e i 24 anni di età accedono a Internet più spesso di quanto guardino la televisione – l’82% di questo gruppo utilizza Internet tra 5 e 7 giorni alla settimana, mentre solo il 77% guarda la televisione con la stessa regolarità (5% meno dell’anno scorso). I giovani tra i 16 e i 24 anni passano 10% del tempo in più navigando su Internet che non sedendo davanti alla TV e quasi la metà di loro (48%) dichiara di guardare meno la TV proprio perché c’è Internet.A conferma di un trend ormai sempre più accentuato, anche la notizia che non solo i giovani abbandonano la TV a favore di internet:
Internet è sempre più popolare anche tra gli anziani e tra le donne: sono questi i fattori che hanno determinato la crescita dell’online. Dal 2006, infatti, il numero degli over 55 che usano Internet ogni settimana è aumentato del 12%, mentre il numero delle donne è aumentato dell’8%.Intanto anche negli Stati Uniti sempre più utenti abbandonano anche la carta stampata, preferendo l'informazione gratuita ma di qualità su internet. Secondo i dati dell’Audit Bureau of Circulations, la vendita dei giornali è calata del tre per cento in un anno. Insomma, aumenta il numero di persone che hanno ormai abbandonato l'idea di informarsi sui mezzi tradizionali, logica conseguenza della continua produzione di panzane di questi strumenti di propaganda.
Logico quindi che si cerchi di correre goffamente ai ripari bollando come terroristi i liberi fornitori di informazione indipendente, sempre più spesso in aperto contrasto con quella ufficiale. Altrettanto logica sarebbe da parte di TV e carta stampata un'inversione di rotta nel tentativo di recuperare il pubblico perduto, provando a fare il loro lavoro così come lo fanno le migliaia di siti indipendenti in rete: in una logica di libero mercato, sarebbe l'unica mossa capace di salvarli dalla cosiddetta distruzione creativa.
Purtroppo, il mercato attuale è tutt'altro che libero e, forti del salvagente finanziario fornito gentilmente dallo stato, i media mainstream continueranno a tediarci con le loro leggende sui terroristi con le scarpe esplosive e le bombe al Gatorade, per non parlare dell'inflazione da combattere con iniezioni di liquidità.
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11/19/2007 05:37:00 PM
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Tra cielo e terra c'è di mezzo Xiaodong
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11/19/2007 03:09:00 AM
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Sunday, November 18, 2007
La minaccia anarco-cospirazionista

The end may justify the means as longSarà perché l'ispiratore dell'ideologia neocon è Leon Trotsky, ma gli Stati Uniti stanno assomigliando ogni giorno di più all'URSS dei bei tempi: come allora, infatti, il dissenso è dipinto come minaccia, e i dissidenti come nemici dello stato, che di nemici, si sa, ha sempre un gran bisogno.
as there is something that justifies the end.
(Leon Trotsky)
La settimana scorsa è stato fatto un altro passo verso la limitazione della libertà d'espressione: in un'udienza del sottocomitato di Homeland Security della Camera su “Terrorismo e Internet” diffusa da C-Span, un gruppo di “esperti,” tra cui ex-rappresentanti della RAND Corporation e del Simon Wiesenthal Center, hanno presentato siti di ricerca sull'undici settembre fianco a fianco di siti che celebrano gli attacchi e propagandano la jihad e la pratica di tattiche terroristiche.
L'udienza è stata presieduta dalla democratica Jane Harman e ha presenziato anche il repubblicano Dave Reichert, ed è interamente visionabile online su C-Span.
Con la scusa di illustrare l'uso di internet da parte degli "home grown terrorist recruiters" è servita in realtà ad equiparare il movimento per la verità sul 9/11 con i cosiddetti “jihadisti” radicali, come ben illustrano le parole di Mark Weitzman del Simon Wiesenthal Center, che ha dichiarato:
Alcune di queste sono teorie della cospirazione che presentano una visione chiusa del mondo, come il definire 9/11 come “lavoro esterno” [testualmente, “outside job!”] o incolpando gruppi esterni come il governo degli Stati Uniti, o gli ebrei etc, alcuni di questi sono video pro-resistenza irachena, alcuni sono portali media a cui la gente può partecipare…Sotto il titolo "Internet: Incubator of 9/11 Conspiracies and Disinformation" Weiztman ha mostrato video del WTC7 che crolla come postato sui vari siti di ricerca sul 9/11, e screenshots da Architects and Engineers for 9/11 Truth e Killtown.
Dubitare quindi delle versioni ufficiali forniteci dal governo ed esprimere tali dubbi su un blog ci rende automaticamente terroristi: bene faremo a prendere esempio dai mass media che mai misero in dubbio non solo la versione ufficiale sull'undici settembre, ma anche simpatiche storielle come le WMD in Iraq o il Gatorade esplosivo.
In altre parole, possiamo dire che lo stato ammette pubblicamente che il suo nemico peggiore – insieme al terrorismo, s'intende – è il senso critico del contribuente.
Ma che sorpresa!
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11/18/2007 03:19:00 AM
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Saturday, November 17, 2007
Sheeple
Se stai giocando a poker e non riesci a scoprire chi sia il pollo seduto a quel tavolo, vuol dire che il pollo sei tu.(Anonimo)
Buon week-end a tutti, e... cercate di non addormentarvi, leggendo il pezzo di questa settimana!
«Beeeh!»
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Di Giovanni Pesce
Dopo il naufragio del Gigantic, sulla via di ritorno a Laputa, ci rifugiammo per qualche tempo in un’isola nebbiosa non riportata sulle mappe.
Quest’isola, battuta dal vento mediatico, venne ribattezzata dai miei colleghi naufraghi con il nome di Beehlandia per via del fatto di essere popolata da sheeple.
La parola sheeple è composta dalle parole inglesi sheep + people; in pratica in italiano sarebbe traducibile con il termine “gregge umano”.
Nella società umana siamo abituati a vedere il gregge come qualcosa di più basso grado evolutivo rispetto agli umani; quindi chi parla di gregge umano sottolinea una valenza negativa degli uomini di cui si sta parlando e, per la forza di reazione, di una valenza positiva del proprio gruppo sociale.
Infatti i miei colleghi naufraghi appartengono tutti come censo all’upper class di Lower Manhattan.
I punti salienti della vita del gregge sono la nascita, le relazioni sociali e la morte delle pecore; i pastori conoscono benissimo questi fatti e li sanno “gestire” con maestria.
Nella tradizione cristiana era tipica la figura del “Buon Pastore” che curava il gregge; ma i cristiani si sono dimenticati di illustrarci nell’iconografia ufficiale alcuni particolari delle attività del buon pastore quando, ad esempio, era il tempo di portare le greggi al macello.
Il pastore sa benissimo che la composizione numerica del gregge va limitata e così opera sul gregge una riduzione numerica (in altre parole una decimazione).
Non so se anche in quel caso il pastore sia definibile, dal punto di vista “pecorile”, buono.
Nell’occasione della transumanza, invece, occorre pianificare la gestione delle pecore e la tradizione consiglia di suddividerle in due gruppi: i leader ed i follower; ed una tecnica di comando sul gregge prevede di forzare il comportamento dei leader in maniera tale che tutti i followers si adattino alla nuova condizione.
La gestione pastorale della vita pecorile non offre molte possibilità: prima la mungitura poi la tosatura e infine per concludere la morte per sgozzamento.
Da quello che si legge in giro per la rete, sembra che le regole di guida di un gruppo sociale siano valide anche per le greggi: con un paio di latrati di un cane pastore messo in posizione anteriore sinistra il gregge si muove a destra, se il cane si sposta a destra il gregge va a sinistra; abbastanza semplice.
Insomma basta una minaccia operata “in bella vista” sui leader e si riesce a far muovere il gregge dove il buon pastore ha deciso.
Più o meno quello che l’istituto Tavistock ha studiato per il gregge umano.
L’istituto in questione studiava il comportamento delle masse ed aveva concluso che “sotto stress” o “con una minaccia” le cose, per il pastore, andavano meglio. In pratica con un caos ben gestito, ci si poteva impossessare delle volontà dello sheeple a tal punto che sarebbero stati loro a richiedere un cane da guardia più “efficace” ed un maggiore ordine sociale.
Con l’andare del tempo all’istituto si sono accorti che la quantità di terrore da inserire nel latrato del cane pastore poteva essere ridotta, pur garantendo però il medesimo risultato scenografico. Così si è passati alla strategia della tensione vera e propria ad una tensione virtuale più teatrale; infatti, la teatralità della tensione, propugnata dalla Bland Corporation, afferma “terrorismo è teatro”.
La dottrina ipotizzata dalla Corporation prevede anche la de-escalation dell’azione tecnica in favore della visibilità.
In un articolo famoso del 1975 … omissis …. affermava che il terrorismo non mirava ad uccidere, ma a dimostrare qualcosa. L'esperto concludeva che se dovesse esistere un'escalation possibile nel terrorismo, essa non si sarebbe espressa in termini di mezzi attuativi o di importanza delle distruzioni causate, ma soltanto in termini di visibilità.Quando vedete, sui media, dei fatti che vi emozionano molto, allora pensate a quale potrebbe essere la sceneggiatura che li ha generati, ed immedesimatevi nei panni del pastore che “cura” il gregge.
Strani eventi cruenti, pensionati ladri nei supermercatini e pianisti smemorati senza saper suonare il piano ed altre delizie mediatiche simili sono strumenti “standard” per l’applicazione della dottrina descritta dalla Corporation.
L’esperto citato, nel passo sopra riportato, è stato “special advisor” del Vaticano su argomenti particolari e preferisco lasciare ai lettori del Gongoro il piacere della scoperta individuale.
Questo buon pastore con i suoi consiglieri “gajardi” (“che ce pijano” [traduzione per i non-vaticani – ndr]), non mi garba tanto, specialmente quando si gira dalla mia parte e mi guarda con attenzione.
Non vedo l’ora di rientrare assieme ai i miei compagni al centro di igiene mentale di Laputa; saranno pure dementi, ma il dialogare con loro rende meno pesante il mio mestiere di vivere la vita.
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11/17/2007 01:11:00 AM
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Friday, November 16, 2007
Dad's vacation
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Paxtibi
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11/16/2007 01:37:00 PM
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Thursday, November 15, 2007
Piccolo Glossario della Neolingua #17
We cannot doubt that self-interest is the mainspring of human nature. It must be clearly understood that this word is used here to designate a universal, incontestable fact, resulting from the nature of man, and not an adverse judgment, as would be the word selfishness.
(Bastiat, Harmonies)
Interesse
Significato originario:
1 fin., banc., somma dovuta da un debitore per la concessione di un credito, proporzionale all’ammontare del credito stesso e alla sua scadenza: un i. del 7% annuo, prestare denaro all’i. del 10%, interessi bassi, alti, pagare, riscuotere gli interessi, dovere sei mesi di interessi, gli interessi di questi titoli maturano mensilmente
2a al pl., l’insieme delle attività di amministrazione dei propri beni o di gestione di affari in cui si abbia in qualche modo un utile o un vantaggio: badare ai propri interessi, agli interessi dell’azienda, della famiglia, affidare i propri interessi a un notaio, l’amministratore cura gli interessi dello stabile
2b econ., dir., non com. ⇒cointeressenza
3a guadagno, vantaggio economico personale, tornaconto: agire per i., guardare solo al proprio i., litigare per ragioni di i., sposarsi per i. | sentimento che spinge a cercare il proprio utile, desiderio di guadagno: essere mosso, dominato dall’i.
3b vantaggio non economico, convenienza, utilità: che i. hai a non volerlo incontrare?, lo dico nel tuo i., è nel mio stesso i. evitare discussioni, agire nell’i. pubblico, della comunità
4a attenzione, attrazione, curiosità nei confronti di qcs.: avere, provare, prendere, mostrare i. per qcs., leggere, ascoltare qcs. con grande i., suscitare, destare, risvegliare l’i. di qcn. | attenzione, sollecitudine nei confronti di qcn.: mostrare i. per il prossimo; attrazione amorosa: provare i. per una ragazza
4b attività cui si è interessati, cui ci si dedica, spec. come passatempo o per arricchimento culturale e spirituale: avere molti interessi, essere privo di interessi, coltivare i propri interessi, il cinema è il suo principale i.
5 capacità di interessare: una notizia priva di i., ciò che dici ha per me molto i. | importanza, rilevanza: una scoperta di enorme i.
6 dir., esigenza di soddisfare un bisogno, tutelata dal diritto
7 psic., in psicoanalisi, impulso di autoconservazione proprio dell’Io
Ma per la dottrina statalista, ovviamente, questo è un particolare di nessuna importanza, ovvero: "lo stato sa meglio" di chiunque altro cos'è bene e cos'è male, e in base a questa conoscenza definisce ciò che deve essere il "bene comune", l'interesse generale, e di conseguenza in quale direzione spostare le risorse prodotte dagli individui, azione questa il cui logico risultato è di non soddisfare più le esigenze degli individui, o almeno di alcuni di essi. L'aveva già capito perfettamente Bastiat, e come scrive James A. Dorn:
Bastiat critica certi teorici politici (socialisti francesi in particolare) per il loro tentativo di cambiare la natura dell'uomo asserendo che l'interesse personale è socialmente distruttivo e dovrebbe essere sostituito dalla spinta di sacrificio personale “per il bene comune.” Una simile “completa trasformazione del cuore umano” non è realistica ed è pericolosa, secondo Bastiat. Ogni tentativo di distruggere l'interesse personale, a suo parere, distruggerà l'umanità. La virtù non può essere forzata sugli individui dal governo; deve essere spontanea e consistente con l'autoconservazione.L'idea che l'interesse individuale sia in contrasto con quello generale è ancora oggi uno degli assunti più propagandati dallo stato, che sfrutta ogni occasione per contrapporre il “pubblico” al “privato” caricando quest'ultimo di connotazioni negative. La cosiddetta logica del profitto, ad esempio, logica alla base del libero mercato, viene presentata come causa di ingiustizie sociali che sarebbero invece da ascrivere proprio all'inferenza dello stato nelle relazioni umane. Sempre Bastiat:
In un sistema di libero mercato, l'interesse personale spingerebbe gli individui a dare la priorità ai loro desideri ed obiettivi in modo logico. Non vedremmo povere famiglie cercare l'istruzione letteraria prima di avere il pane. Non vedremmo le città popolate a spese dei distretti rurali, né i distretti rurali a scapito delle città. Non vedremmo i grandi spostamenti di capitali, di lavoro e popolazioni causati dalle decisioni legislative.Con largo anticipo, Bastiat aveva intuito a quali distorsioni della società avrebbe condotto il potere che lo stato si è arrogato, distorsioni che astiutamente vediamo oggi attribuite senza ulteriori spiegazioni alla “globalizzazione.” Quasi che la libera circolazione di uomini e merci dovesse forzatamente condurre, per qualche misterioso motivo, all'iniqua distribuzione di risorse a cui stiamo assistendo.
La verità è che, se è naturale per l'uomo dare la priorità al suo interesse personale, è anche evidente che questo interesse nella maggior parte dei casi è meglio perseguibile in un contesto di collaborazione con gli altri: tra rubare e scambiare ciò che ci serve, ciascuno è portato spontaneamente a scegliere la seconda soluzione, che evita il pericolo di ritorsioni violente e assicura nel tempo la possibilità di ottenere ciò di cui abbiamo bisogno. L'unica condizione che rende più conveniente il furto è quella in cui sappiamo di non dover pagare le conseguenze delle nostre azioni: questa condizione è garantita nella società, guarda caso, solo occupando una posizione di governo: in altre parole, ciò che viene negato al privato – la possibilità di perseguire il proprio interesse liberamente – viene invece concesso al pubblico, anche se in entrambi i casi abbiamo si tratta di individui. Secondo Hoppe:
Un custode democratico non incontra ostacoli logici alla ridistribuzione della proprietà privata. Piuttosto che occuparsi della conservazione e del miglioramento dei valori capitali, si preoccuperà soprattutto della protezione e dell'avanzamento della propria posizione… Questo tipo di legittimità del custode non riposa nella legittimità della proprietà privata. Ma nella legittimità “della proprietà sociale” o “pubblica”. Quindi, se sottrae la proprietà a una persona e la dà ad un altro, come custode lui non contraddice il proprio fondamento ideologico. Piuttosto, afferma la supremazia del diverso principio della proprietà sociale.Inutile sottolineare l'inconsistenza del concetto di proprietà pubblica, dal momento che tale proprietà può essere gestita e controllata non certo da ogni individuo, ma solo da quelli che si trovassero ad occupare la posizione di custode democratico.
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Paxtibi
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11/15/2007 06:45:00 PM
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Wednesday, November 14, 2007
La povera morte
“... And therefore never send to know for whom the bell tolls.
It tolls for thee”.
(John Donne)
Qual è il limite oltre il quale si può parlare di genocidio? Chissà. La mia idea è che questo limite sia già stato superato, e da tempo. Ma forse genocidio è un termine inadeguato, visto che il massacro che si svolge quasi sotto traccia in questi tempi oscuri non distingue più tra un popolo ed un altro, non conosce confini né limiti temporali, falcia le sue vittime ancor prima che siano nate. È una morte da poveri, povere vittime innocenti, poveri ingannati e partiti soldati, bambini poveri mai nati.
È una morte scatenata dai nostri demoni peggiori, che svolazza tranquilla accanto a noi, che è già dentro di noi, e continuerà ad esserlo nei secoli dei secoli, amen.
E se chiudiamo gli occhi per non vederla, insieme alla nostra vita, essa si prenderà anche la nostra anima.
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L'uranio impoverito minaccia di causare un'epidemia di cancro nei Balcani
Di Alex Kirby (BBC)
Uno scienziato britannico, Roger Coghill, afferma di aspettarsi che l'uranio impoverito (DU) usato nelle bombe degli aerei sul Kosovo causerà più di 10.000 cancri mortali. Coghill, che porta avanti la sua ricerca nel proprio laboratorio nel sud del Galles, ha parlato ad una conferenza indetta a Londra per dicutere sugli effetti dell'uso di uranio impoverito in Iraq nella Guerra del Golfo del 1991.
Alti livelli di radiazione
Coghill afferma che si è manifestato un incremento del livello di radiazioni in altre parti dei Balcani durante e subito dopo la guerra contro la Yugoslavia. A metà giugno scienziati di Kozani, nel nord della Grecia, hanno riportato un aumento del livello di radiazioni pari al 25% rispetto al normale quando il vento soffiava dalla direzione del Kosovo. Dei ricercatori bulgari, inoltre, hanno trovato livelli otto volte superiori al normale in Bulgaria, e trenta volte in Yugoslavia.
Secondo i documenti dei Pentagono si può affermare che un quinto dei proiettili sganciati dai caccia sul Kosovo erano composti da uranio impoverito (DU), per cui, secondo Coghill, più di 500.000 proiettili con uranio impoverito sono stati sparati, di cui la metà scoppiati effettivamente. Coghill afferma che questo dovrebbe corrispondere a circa il trenta per mille delle radiazioni rilasciate a Chernobyl nel 1986. “Ma quelle erano in forma di cesio sul terreno. Questa è invece una materia che fluttua liberamente.”
Effetti sul lungo periodo
Fra sei mesi e un anno si vedranno gli effetti, i tumori – probabilmente leucemie – fra un anno. “In tutta la regione balcanica ho calcolato si verificheranno 10.150 morti per cancro a causa dell'uso del DU. Tutti saranno esposti: personale KFOR, personale umanitario e popolazione locale.” Ammette che comunque rimangono dubbi sugli effetti del DU ed afferma che è importante ascoltare le critiche di chi afferma che la massima percentuale di tumori rilevati in Iraq sono dovuti all'uso di armi chimiche. Coghill fa notare però che in Bosnia, dove i proiettili all'uranio impoverito sono stati usati nel 1995, non sono state impiegate armi chimiche come in Iraq.
“E' comunque evidente che il DU è la causa della Sindrome del Golfo, ed ha incrementato la percentuale di disturbi in Iraq ed in Bosnia. Le deformazioni alla nascita viste nel Golfo sono identiche a quelle viste in Bosnia, e nei bambini di alcune persone del personale di servizio americano nel Golfo che erano state esposte al DU.” Coghill ha concluso il suo intervento che mai l'uranio impoverito (DU) dovrebbe essere usato nelle guerre a causa della sua grande pericolosità per la salute.
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La radioattività in Iraq: l'equivalente di circa 250.000 bombe nucleari
Di Bob Nichols
Tutto quello che abbiamo impiegato nella nostra guerra contro di loro contiene uranio (molto uranio): pallottole, struttura protettiva dei carri di 120 mm, bombe di tutti i tipi, comprese quelle intelligenti, bombe da 225 a 900 Kg, missili cruise, ecc. Nel caso di un missile cruise, si è inviato ben 360 Kg di materiale. Quest'articolo tratterà di quanto uranio radioattivo i nostri ragazzi, che rappresentano noi, noi cittadini americani, hanno lasciato cadere in Iraq. Senza fare molti discorsi, essi hanno lasciato cadere sull'Iraq circa 1.800.000 chili di materiale.
Ora, la maggior parte di noi non ha la più pallida idea di cosa rappresentino 1,8 MILIONI DI CHILI di qualcosa, molto meno della polvere di uranio, che questo materiale produce quando viene sparato e esplode. Come paragone si può dire che questa cifra è uguale a 1.333 auto che pesano circa 1350 Kg l'una. Sono molte auto; possiamo immaginarci quanto esteso sia un parcheggio che contiene mille e trecento trentatrè auto. Il punto è: questa è stata ed è un'operazione di grandezza industriale. E sta ancora andando avanti.
Mettere 1,8 milioni di Kg di polvere d'uranio radioattiva sul terreno in Iraq è stata una cosa chiaramente deliberata. Non è stato un incidente. Noi, cittadini americani, attraverso i nostri ragazzi nell'esercito, lo abbiamo fatto di proposito.
Quando le pallottole, le bombe o i missili all'uranio colpiscono qualcosa o esplodono la maggior parte dell'uranio immediatamente si trasforma in particelle di polvere molto, molto piccole, troppo fini da poter essere viste. Quando i soldati americani o gli iracheni ne respirano solo una piccola quantità nei loro polmoni, piccola quanto un grammo, è come se fossero sottoposti ad una radiografia ogni ora per il resto della loro breve vita.
L'uranio non può essere rimosso, non c'è alcuna terapia, non ci sono cure. L'uranio sopravviverà più a lungo dei corpi dei Veterani e degli iracheni; perché esso dura praticamente per sempre.
Ma c'è di peggio. Sembra che un Ammiraglio, ex capo di stato maggiore della marina indiana, si sia domandato quanta radiazione esso rappresenti. Egli inoltre voleva tradurre quella cifra in una immagine che il mondo, ma specialmente il mondo non americano, poteva facilmente capire. L'Ammiraglio decise di calcolare quante Bombe Atomiche di Nagasaki si devono far esplodere per ottenere la quantità totale di radioattività dispiegata in Iraq nel 2003 (1,8 milioni di Kg di uranio).
L'Ammiraglio inoltre voleva calcolare quanta radioattività le forze militari americane avevano impiegato nelle ultime 5 guerre americane, le cosiddette 5 guerre nucleari. Questo è un obiettivo abbastanza semplice per una persona come un capo di stato maggiore della marina di un paese che è membro del Club Nucleare. Usare la bomba di Nagasaki come unità di misura è una svolta particolarmente raccapricciante. Per coloro che negli Stati Uniti non la conoscono, si ricorda che le Forze Militari Americane gettarono due bombe nucleari sul Giappone alla fine della II Guerra Mondiale. Tutto il mondo lo ricorda.
Una bomba atomica venne gettata sulla città di Hiroshima, l'altra sulla città di Nagasaki tre giorni dopo. Circa 170.000 persone furono immediatamente incenerite. Fu veramente un grosso regalo. È un'unità di misura che può essere compresa nel resto del mondo; ma non molto bene da Fox News o dal resto dei media americani simil-Fox. Il Dipartimento dell'Energia infatti parla ancora delle esplosioni di Hiroshima e Nagasaki adoperando il termine “test”. L'Ammiraglio ha rilasciato i suoi dati mesi fa ad una conferenza scientifica in India. Questo articolo è il primo resoconto fornito negli Stati Uniti. Ed è stato dapprima rilasciato su Internet.
L'ammiraglio ha calcolato il numero di atomi radioattivi nella bomba di Nagasaki e lo ha comparato con il numero di atomi presenti nei 1,8 milioni di Kg di uranio lanciato sull' Iraq dalla guerra del 2003. Ora, credetemi, è molto più complesso di come lo sto dicendo; ma, essenzialmente, è ciò che gli esperti in India hanno fatto.
Quante bombe nucleari tipo Nagasaki occorrono per raggiungere la radioattività dispersa nella Guerra irachena del 2003? Risposta: a circa 250.000 bombe nucleari. Quante bombe nucleari tipo Nagasaki occorrono per raggiungere la radioattività dispersa nelle ultime 5 guerre nucleari americane? Risposta: Circa 400.000 bombe nucleari.
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L'orrore dell'uranio impoverito americano in Iraq minaccia il mondo
Di James Denver
Secondo una stima eseguita da medici in Iraq i difetti alla nascita sono aumentati di 2-6 volte e i bambini che hanno sviluppato cancro o leucemia di 3-12 volte dal 1991. Inoltre, un rapporto pubblicato da Lancet nel 1998 ha detto che almeno 500 bambini al giorno stanno morendo a causa di queste conseguenze della guerra e delle sanzioni e che il tasso di mortalità per i bambini iracheni sotto 5 anni è aumentato da 23 su mille nel 1989 a 166 nel 1993. In generale, i casi della leucemia linfoblastica sono più che quadruplicati mentre anche altri tipi di cancro sono aumentati “ad un tasso allarmante.” Negli uomini, i cancri ai polmoni, vescica, bronchi, pelle e stomaco hanno mostrato l'aumento maggiore. Nelle donne, gli aumenti più alti si sono verificati nel cancro della vescica e del seno, e nel linfoma non-Hodgkin.
Venuta a conoscenza del fatto che il DU era stato usato nel Golfo nel 1991, l'autorità britannica per l'energia atomica ha trasmesso al Ministero della Difesa un rapporto speciale sui danni potenziali alla salute ed all'ambiente. Ha detto che in 10 anni potrebbe causare mezzo milione di morti supplementari per cancro in Iraq. In quella guerra le autorità hanno ammesso soltanto di aver utilizzato 320 tonnellate di DU – anche se l'istituto di carità olandese LAKA ha stimato che la cifra reale è più vicina a 800 tonnellate. [...]
La radioattività persiste per oltre 4.500.000.000 di anni uccidendo milioni di persone di ogni età per i secoli a venire. Questo è un crimine contro l'umanità che può entrare a far parte delle peggiori atrocità di tutti i tempi.
Dovremmo anche contare le incalcolabili migliaia di aborti spontanei. Nessuno sa quanti iracheni sono morti nell'utero da quando il DU ha contaminato il loro mondo. Ma è stato suggerito che le truppe che sono state esposte al DU soltanto per il breve periodo della guerra stavano ancora espellendo l'uranio nel loro sperma 8 anni più tardi ed alcuni avevano 100 volte il cosiddetto “limite sicuro” di uranio nelle loro urine. La mancanza di interesse del governo nella difficile situazione dei veterani della guerra del 1991 è riflessa in una mancanza di ricerca accademica sull'effetto del DU ma la ricerca informale ha trovato un'alta incidenza di difetti di nascita nei loro bambini e che le mogli degli uomini che hanno servito in Iraq hanno tre volte più aborti spontanei delle mogli dei militari che non ci sono andati.
Da quando il DU ha annerito la terra l'Iraq ha visto difetti di nascita che spezzerebbero un cuore di pietra: bambini con terribili menomazioni, con gli intestini fuori dai loro corpi, con enormi tumori rigonfi al posto degli occhi, o con un singolo occhio come i ciclopi o senza occhi, senza membra e perfino senza testa. Significativamente, alcuni dei difetti sono quasi sconosciuti al di fuori dei libri che mostrano bambini nati vicino alle zone dei test atomici nel Pacifico.
I medici segnalano che molte donne non chiedono più “è una femmina o un maschio?” ma semplicemente, “è normale, dottore?” Inoltre questa terribile eredità non avrà fine. I geni dei loro genitori possono essere danneggiati per sempre e la letale polvere di DU è sempre presente.
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Uranio impoverito: una storia
Di Gianni Avvantaggiato
Capitano elicotterista dell’aviazione leggera dell’esercito, Carlo Calcagno arriva in Bosnia nel gennaio del ’96, “Le vaccinazioni me le hanno fatte una settimana prima di partire”, dice Calcagno all’epoca tenente. Vi giunge subito dopo i bombardamenti americani con il munizionamento all’uranio impoverito. E rimane per tutta la durata della sua missione, fino a luglio dello stesso anno.
È inquadrato nella Brigata multinazionale “Sarajevo nord”, alloggiato nell’ex ospedale della capitale, ormai ridotto ad un ammasso di macerie dai bombardamenti. “Mancavano le pareti. Noi abbiamo sistemato teloni e assi di legno per farci un riparo. E ti mettevi nel sacco a pelo vestito. La notte si stava anche a 20° sotto zero”.
A fianco dell’ospedale c’erano dei capannoni che i commilitoni chiamavano “la Volkswagen“, tutt’altro che una fabbrica di automobili: era, invece, una delle più grandi polveriere dell’ex Jugoslavia, protetta dalle montagne circostanti, in una posizione strategica. Evidentemente uno dei bersagli più colpiti dagli americani.
Prende servizio al reparto con il compito di pianificare le operazioni: dalle ricognizioni, all’acquisizione di un obiettivo, al recupero dei feriti. Il supporto aereo è a carico dei francesi, perché il nostro contingente non ha inviato elicotteri sul posto. In volo, però, Calcagno è seduto dietro, a cassone come si dice in gergo. “E proprio per questo che spesso mi sono trovato a dover aiutare, a mani nude, i feriti. Il più delle volte erano civili, gente saltata sulle mine, che è stata presa e messa di peso sull’elicottero, mentre ci sparavano addosso. Sono stato a contatto con sangue, urine e feci dei feriti, ma l’ho fatto volentieri, altrimenti non avrei scelto questa vita”.
Carlo Calcagno porta a termine la sua missione in Bosnia e quindi rientra in Italia. “A me, i controlli previsti al rientro dalla Bosnia, non sono stati mai fatti”. Contrariamente a quanto previsto dal regolamento, il servizio sanitario militare non effettua nessun accertamento sui soldati rientrati dalle missioni all’estero. Passano alcuni mesi e da Salerno l’ufficiale pilota è richiesto a Viterbo come istruttore di volo. Lì si sposa e prende casa. È uno sportivo. Ama la bicicletta. È uno che va forte. Vince tantissimi trofei, anche un mondiale in Austria con la squadra. Un atleta serio che allo sport sacrifica molto anche della sua vita privata. “Qualche settimana prima di partire per la Bosnia ho fatto delle analisi alla medicina dello sport: negativo”.
Scoprire di essere malato gravemente, senza sospettare nulla, gli stravolge la vita per sempre. Le cure sono costosissime, anche trecento euro a dose. In convalescenza lo stipendio è ridotto perché perdi tutte le indennità. Dopo un anno te lo riducono al 50 percento. Dopo 18 mesi non ti danno più niente. “Dopo due anni ti riformano. Vai a casa. E se non hai ottenuto la causa di servizio, arrivederci e grazie”.
A proposito della sua missione nei Balcani, Carlo Calcagno racconta: “Dal 29 marzo al 27 giugno del ’96 ho svolto un totale di 50 ore di volo effettivo in zone di guerra. Se consideriamo che in Italia un pilota in media riesce a farne 60 in un anno, sono tante. La cosa che mi ha fatto rabbrividire”, aggiunge, “è quando Leggiero – responsabile dell’Osservatorio Militare - mi ha detto ma lo sai che di quei piloti francesi della Brigata Salamandra, che sono stati con te in Bosnia, il 65% si sono ammalati?”. Di solito un reparto di elicotteri è composto da una dozzina di piloti, che può arrivare a quindici. Il 65% equivale a dieci persone su quindici. “Però - dice - a loro è stata riconosciuta la causa di servizio e sono stati risarciti con l’equivalente di cinque miliardi di vecchie lire ciascuno. Resta che sono malati”, accentua. “Probabilmente, noi piloti eravamo sicuramente quelli che giravano più di tutti e il fatto stesso che l’elicottero durante il decollo e l’atterraggio alza un polverone, sicuramente anche questo ha influito”.
La bioingegnere Antonietta Gatti, coordinatore della Comunità Europea degli studi sulle nano-patologie, rende evidente la presenza di un’elevata quantità di particelle uniformi, della misura di un manometro cioè un milionesimo di millimetro, di materiale estraneo al corpo umano e non bio-compatibile, presente nei tessuti fatti analizzare. Per esempio, nano-particelle di metalli pesanti come ferro, mercurio, cadmio, stronzio e zinco e altri, normalmente non si trovano nell’ambiente. “La presenza di queste particelle in certe aree del corpo umano e la forma sferica delle stesse – afferma la dottoressa Gatti -, lascia desumere che si tratta di ingestione o di inalazione, che deriva dall’esposizione dei militari a zone bombardate”.
Ora, il capitano Carlo Calcagno è assegnato alla Scuola di Cavalleria dell’Esercito a Lecce. Convalescente. È stato il primo al quale hanno riconosciuto la causa di servizio e lo status di vittima del dovere, ma lui continua a battersi per indurre i legislatori ad introdurre in finanziaria la parificazione delle vittime del dovere alle vittime del terrorismo e far rientrare nel ricorso tutti quanti i colleghi ammalati e i parenti delle vittime. “Mi sono chiesto – dice Calcagno - come hanno fatto a risarcire i familiari delle vittime di Nassirya nel giro di poche ore? Con l’indennizzo di 200mila euro e poi anche altro? Intanto subito hanno ricevuto d’ufficio questa cosiddetta speciale elargizione. Come hanno fatto? Sono andato a vedere e guarda caso è la stessa legge che è prevista per noi”. Il capitano Calcagno non si arrende. La sua pratica giunge sul tavolo del Capo di Stato Maggiore dell’Esercito che ne prende atto e manda a Lecce rappresentanti del COCER, il consiglio centrale di rappresentanza dell’esercito, per un’audizione dell’ufficiale. È la prima volta che succede in Italia. All’incontro hanno partecipato anche rappresentanti e genitori di militari vittime della cosiddetta sindrome dei Balcani, “non siamo stati ufficialmente invitati ad essere ascoltati – lamenta Salvatore Antonaci, papà di Andrea, sergente maggiore dell’esercito deceduto il 12 dicembre 2000 - , ma ci siamo rivolti al Prefetto per essere ascoltati anche noi”. L’interessamento dello Stato Maggiore dell’Esercito avvia la pratica per il riconoscimento della causa di servizio che si conclude il 12 aprile scorso con la firma del decreto legge. La quale legge impone che questo provvedimento deve essere chiuso entro quattro mesi dall’emissione.
Ma la vertenza è tutt’altro che chiusa per i circa trecento soldati malati di tumore e per i famigliari dei trentasette che non sono sopravvissuti alla malattia. Infatti, agli aventi diritto riconosciuti, il risarcimento non è ancora arrivato e c’è chi lamenta ogni sorta di difficoltà al riconoscimento dello status di vittima del dovere. Altri, infine, secondo lo Stato Maggiore dell’Esercito, non rientrerebbero nelle condizioni di aventi diritto alla causa di servizio: “Prima ho avuto il rigetto della domanda della speciale elargizione,” dice Guido il papà di Corrado Di Giacobbe, di Vico del Gargano (FG), caporalmaggiore degli Alpini, deceduto, “e poi della causa di servizio. Perché loro non accettano!” La legge consente al signor Di Giacobbe di fare ricorso al Presidente della Repubblica. “Ho fatto ricorso anche al Capo dello Stato e la pratica è passata al Consiglio di Stato, dal Consiglio di Stato al Ministero, il Ministero ha risposto al Consiglio di Stato e poi non ho saputo più niente.”
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11/14/2007 05:38:00 PM
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Tuesday, November 13, 2007
Strategia libertaria

Ottenere cento vittorie su cento battaglie non è il massimo dell’abilità: vincere il nemico senza bisogno di combattere, quello è il trionfo massimo.
(Sun Tzu, L'arte della guerra)
Devo confessare una cosa: quando sento dei sedicenti libertari appoggiare l'attuale guerra al terrore la mia mano corre veloce alla pistola. A meno di non voler trasformare anche il libertarismo con le note tecniche neolinguistiche, infatti, per esso l'unica guerra che non infrange il principio di non aggressione è la guerra di difesa. E questo a prescindere dal giudizio sulle guerre attuali, la cui legittimità il rispetto che ho per me stesso mi impedisce anche solo di prendere in considerazione: sono tali e tante le ridicole menzogne che la propaganda bellica ha posto alla base della costruzione ideologica a loro giustificazione che mi sembra inutile perderci altro tempo.
Mi preme però chiarire la distinzione tra la legittima difesa e la guerra d'aggressione, già ben esplicata da Rothbard del resto, ma che ad alcuni "libertari" sembra ancora sfuggire. Leggiamo:
Supponiamo che, in questo mondo, Jones scopra che lui o la sua proprietà stanno subendo un'aggressione da parte di Smith. È legittimo, come abbiamo visto, che Jones respinga questa invasione tramite l'uso della violenza difensiva. Ma, ora dobbiamo chiederci: è nel diritto di Jones usare aggressivamente violenza contro terzi innocenti nel corso della sua legittima difesa contro Smith? Chiaramente la risposta deve essere “no.” Poiché la regola che proibisce la violenza contro la persona o la proprietà di uomini non colpevoli è assoluta; vale a prescindere dai motivi soggettivi per l'aggressione. È sbagliato e criminale violare la proprietà o la persona altrui, anche se uno è un Robin Hood, o è affamato, o sta difendendosi contro l'attacco di un terzo uomo. Possiamo capire e simpatizzare con i motivi in molti di questi casi e situazioni estreme. Noi (o, piuttosto, la vittima o i suoi eredi) possiamo più tardi attenuare la colpa quando il criminale verrà processato, ma non possiamo eludere il giudizio che questa aggressione è comunque un atto criminale, che la vittima ha ogni diritto di respingere, con la violenza se necessario.Ora, è ovvio che in una situazione di conflitto “shit happens”, ovvero è possibile, con tutta la buona volontà, che qualche innocente ci vada di mezzo. È altrettanto evidente, però, che un libertario dovrebbe prendere ogni precauzione possibile per evitare che questo accada, pena la sua caratterizzazione come aggressore a sua volta, e prima ancora dovrebbe esser certo della colpevolezza di colui contro il quale mette in atto la sua ritorsione:
Supponiamo, allora, che il McCoy sopravvissuto trova quello che crede essere il colpevole Hatfield e lo uccide a sua volta? Cosa succederebbe allora? Va benissimo, salvo che McCoy può dover preoccuparsi per le accuse portate contro di lui da un Hatfield sopravvissuto. Qui si deve enfatizzare che nella legge della società anarchica basata sulla difesa contro l'aggressione, le corti non potrebbero procedere contro McCoy se in effetti uccidesse il giusto Hatfield. Il problema si presenterebbe se le corti trovano che ha fatto un grave errore e ha ucciso l'uomo sbagliato; in quel caso sarebbe a sua volta trovato colpevole di omicidio. Certamente, nella maggior parte dei casi, gli individui vorranno prevenire tali problemi presentando il loro caso di fronte ad una corte e guadagnare quindi l'accettazione sociale per la loro rappresaglia difensiva – non per l'atto della rappresaglia ma per la correttezza di decidere chi potrebbe essere il criminale in ogni dato caso.Non credo ci sia molto altro da aggiungere alle parole di Rothbard, del resto un principio o è valido sempre o non lo è, e in questo caso dovremmo concludere che il libertarismo non può essere messo in pratica: una legge che consenta eccezioni comporta automaticamente la necessità di un'autorità superiore che decida in quali casi tale principio possa essere infranto. L'eccezione che si vorrebbe presentare è, nientemeno, la pratica di utilizzare scudi umani per proteggersi durante un'aggressione.
Non sfuggirà ai più attenti il particolare che questo degli scudi umani è un mantra ripetuto ossessivamente dai vertici di stati piuttosto aggressivi, quali gli Stati Uniti e Israele, ma non mi interessa, in questa sede, smentire tale propaganda (per quanto mi sorprenda il vederla accettata acriticamente anche da chi dovrebbe aver ben chiara la natura menzognera dello stato), quanto ribadire come anche in questo caso il principio di non aggressione rimanga uno strumento di valutazione valido.
Prendiamo quindi in esame il caso di un aggressore che si faccia scudo con il corpo di un innocente. L'aggredito ha il diritto di difendersi? Ovviamente sì. Ha il diritto di nuocere allo “scudo umano”? Ovviamente no. Nel momento in cui lo facesse, sarebbe a sua volta un aggressore, e come tale colpevole e perseguibile. Un'eventuale ritorsione della vittima o dei suoi familiari nei suoi confronti sarebbe di conseguenza perfettamente legittima.
L'usuale obiezione in questo caso è che, nel mondo reale, non è possibile garantire l'incolumità di terzi innocenti senza inficiare l'efficacia della propria legittima difesa. Intanto precisiamo subito che tale obiezione non giustifica in alcun modo l'aggressione costituita dal danno subito dall'innocente preso in mezzo, ma può solo essere considerata un'attenuante (e un'aggravante per chi l'ha usato come scudo). Ancora Rothbard:
In breve, A aggredisce B perché C sta minacciando, o aggredendo, A. Possiamo considerare la maggiore colpevolezza di C in questa procedura, ma ancora identifichiamo questa aggressione da parte di A come atto criminale che B ha ogni diritto di respingere con la violenza.Come regolarsi quindi, dovendo difendersi in questo caso particolare? Il problema che ci si presenta è di natura strategica. La strategia del campo di battaglia non è diversa da quella sul mercato: in quest'ultimo le risorse sono le merci e i mezzi di produzione, in guerra si traducono in quantità di energia distruttiva. L'abilità dello stratega sta nell'impiegare tali risorse – per definizione limitate – meglio del suo concorrente o nemico. Per esempio, un imprenditore che costruisse una fabbrica, impiegando un certo numero di operai, per alla fine riuscire a vendere una sola automobile, è chiaramente destinato alla bancarotta. Le possibilità di successo infatti dipendono dalla capacità di impiegare il minimo delle risorse per ottenere il massimo risultato, nel mercato come sul campo di battaglia.
In breve, una buona strategia si può distinguere da una fallimentare dalla quantità di risorse impiegate per raggiungere uno stesso risultato. Per difendermi dall'aggressore che si ripara dietro un innocente posso usare un fucile di precisione e colpirlo con un solo colpo in mezzo agli occhi, o tirargli una bomba: in entrambi i casi la mia difesa ha successo, ma nel secondo ho sprecato una gran quantità di energia distruttiva (la quale ha un costo, ricordiamolo) oltre a rendermi colpevole di aggressione nei confronti della vittima innocente.
L'essenza della strategia non è altro che la capacità di operare delle scelte. Nel caso limite in cui ci si trovasse di fronte ad una situazione priva di alternative, rimane la scelta di ritirarsi ed evitare il confronto in attesa di poterlo affrontare in condizioni più vantaggiose: da un punto di vista strategico, l'eventuale situazione in cui anche la possibilità di ritirarsi fosse preclusa dal nemico equivale già alla sconfitta. Secondo Sun Tzu, infatti:
L'arte di usare le truppe è questa:Ed effettivamente possiamo osservare un cattivo uso delle risorse a disposizione in ogni guerra o battaglia risoltasi con una dura sconfitta, anche ad opera di forze tecnologicamente se non numericamente inferiori: dal Vietnam, all'Iraq, al Libano, eserciti tra i più potenti di sempre sono stati sconfitti da forze irregolari, confermando la decisiva importanza dell'abilità strategica rispetto alla quantità di risorse a disposizione.
Quando dieci a uno rispetto al nemico, circondalo;
Quando cinque volte la sua forza, attaccalo;
Se il doppio della sua forza, dividilo;
Se della stessa forza lo puoi attaccare;
Se più debole numericamente, sii capace di ritirarti;
E se sotto tutti gli aspetti inferiore, sii capace di evitarlo,
dato che una piccola forza non è che una preda per una più potente.
Osservando nei servizi televisivi le colonne di mezzi pesanti di Tzahal arrancare a passo d'uomo sulle stradine dissestate del Libano del sud, ad esempio, già si poteva prevedere l'umiliante sconfitta che sarebbe poi puntualmente arrivata ad opera degli "straccioni" di Hezbollah, che al contrario hanno utilizzato con il massimo profitto risorse senza dubbio più limitate sfruttando al meglio le condizioni ambientali. Allo stesso modo, nel suo Memorie e battaglie, il generale Zhukov notava come non fosse stato il "generale Inverno" a fermare le truppe naziste davanti a Mosca – il freddo era lo stesso anche per i russi – ma la sua decisione di impiegare parte delle risorse a sua disposizione per equipaggiare al meglio i suoi soldati, ottenendo così un vantaggio decisivo.
Per non parlare del tracollo americano in Iraq (“quando l’esercito nemico s’impegna troppo a lungo, le risorse dello Stato non saranno più sufficienti”), ampiamente prevedibile e previsto da molti analisti ed ex generali, anche grazie alla consegna del comando a generali promossi più per il loro allineamento sulle posizioni dell'amministrazione: più che dei generali, dei politici, che operano quindi scelte politiche e non strategiche, con risultati tragici per l'esercito che comandano. A questo proposito, leggiamo un'altra preziosa massima di Sun Tzu:
L'arte della guerra ci insegna a contare non sulla probabilità che il nemico non arrivi, ma sulla nostra preparazione a riceverlo; non sulla probabilità che non ci attacchi, ma piuttosto sul fatto che abbiamo reso la nostra posizione inattaccabile.Con tanti saluti alla dottrina della “guerra preventiva” predicata dall'amministrazione Bush e dal governo israeliano.
Tornando al nostro caso particolare, il “dilemma dello scudo umano,” concludo con una interessante domanda: ma quando l'ostaggio dovesse essere un parente stretto di chi sostiene la legittimità di eliminarlo insieme all'aggressore, la sua decisione sarebbe la stessa? Per coerenza dovrebbe essere così, e certamente non si dovrebbe lamentare se qualcun altro agisse in tal senso, per “garantire la sua sicurezza.”
Ma di libertario, in tutto ciò, non c'è davvero nulla.
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11/13/2007 06:55:00 PM
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Monday, November 12, 2007
Uccidere

Godetevi questo suo dialogo con il protagonista, nello stile essenziale e inconfondibile di Hemingway.
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«E vinceremo.»
«Dobbiamo vincere.»
«Sì. E quando avremo vinto, tu devi venire a caccia.»
«A caccia di che cosa?»
«Cinghiali, orsi, stambecchi...»
«Ti piace andare a caccia?»
«Sì, hombre. Più di qualsiasi altra cosa. Nel mio villaggio siamo tutti cacciatori. E a te piace la caccia?»
«No» disse Robert Jordan. «Non ammazzo volentieri gli animali.»
«Per me è il contrario» disse il vecchio. «Io non ammazzo volentieri gli uomini.»
«Nessuno lo fa volentieri, a meno che non sia un pazzo» disse Robert Jordan. «Ma se è proprio necessario, io non ho niente in contrario. Se è per la causa.»
«La caccia è un'altra cosa» disse Anselmo. «A casa mia, quando avevo ancora una casa, ora non l'ho più, c'erano le zanne dei cinghiali che avevo ucciso nel sottobosco. C'erano anche le pelli dei lupi che avevo uccisi l'inverno inseguendoli nella neve. Uno, grosso più degli altri, l'ammazzai al tramonto, alle porte del villaggio, una sera di novembre, mentre rincasavo. Sul pavimento della mia casa c'erano quattro pelli di lupo: a furia di camminarci sopra si erano logorate ma erano pelli di lupo. E c'erano le corna di uno stambecco che avevo ucciso su, nella sierra alta, e un'aquila che mi aveva preparato un imbalsamatore di Avila, con le ali aperte e gli occhi gialli e veri come quelli di un'aquila viva. Era bellissima. Provavo molto piacere a guardare tutte quelle cose.»
«Sì» disse Robert Jordan.
«Sulla porta della chiesa del mio villaggio era inchiodata la branca di un orso che avevo ucciso in primavera, nella neve, sul fianco di un monte, mentre con quella stessa branca lui faceva rotolare un tronco d'albero.»
«Quando è stato?»
«Sei anni fa. E ogni volta che vedevo quella branca che sembrava una mano d'uomo, ma con certi unghioni lunghi, quando la vedevo, secca e inchiodata sulla porta della chiesa, mi rallegravo molto.»
«Per orgoglio?»
«Sì, pensavo all'incontro con l'orso, su quella collina, in primavera. Ma quando si uccide un uomo, che è un uomo come noi, non ne rimane niente di buono.»
«Non se ne può inchiodare la branca sulla porta della chiesa» disse Robert Jordan.
«No. Una barbarie simile sarebbe inconcepibile. Eppure una mano d'uomo assomiglia molto ad una branca d'orso.»
«E il petto di un uomo è come il petto di un orso» disse Robert Jordan. Se togli la pelle all'orso, trovi anche molta somiglianza nella muscolatura.»
«Sì» disse Anselmo. «gli zingari credono che l'orso sia il fratello dell'uomo.»
«Anche gli indiani d'America» disse Robert Jordan. «E quando uccidono un orso, si scusano con lui e gli chiedono perdono.»
«Gli zingari credono che l'orso sia un fratello dell'uomo perché ha sotto la pelle lo stesso corpo, perché beve birra, perché ama la musica e perché balla volentieri.»
«Così credono anche gli indiani.»
«Allora gl'indiani sono zingari?»
«No. Ma credono le stesse cose riguardo all'orso.»
«Certo. Gli zingari credono anche che l'orso è un fratello, perché ruba per divertimento.»
«Tu hai sangue di zingari?»
«No. Ma ne ho conosciuti molti e, dopo il movimento, ancora di più. Per loro, uccidere fuori della tribù non è peccato. Lo negano, ma è vero.»
«Come i mori.»
«Già. Ma gli zingari hanno molte leggi che non vogliono ammettere di avere. Da quando c'è la guerra molti zingari sono diventati cattivi come nei tempi antichi.»
«Non capiscono perché si fa questa guerra. non sanno perché combattiamo.»
«No» disse Anselmo. «Sanno solo che ora c'è una guerra e si può uccidere di nuovo, come nei tempi antichi, senza essere puniti.»
«E tu, hai ucciso?» chiese Robert Jordan, nella confidenza del buio e della giornata passata insieme.
«Sì. Più di una volta. Ma senza piacere. Per me è un peccato uccidere un uomo. Perfino i fascisti, che abbiamo il dovere di uccidere. Per me c'è una grande differenza tra l'orso e l'uomo, e non credo alle stregonerie degli zingari sulla fraternità con gli animali. No: sono contrario ad ogni uccisione di uomini.»
«Eppure ne hai uccisi.»
«Sì. E ne ucciderò di nuovo. Ma se rimarrò vivo voglio cercar di vivere senza far male a nessuno, in modo da meritare il perdono.»
«Da chi?»
«E chi lo sa? Da quando non abbiamo più Dio e nemmeno suo Figlio, e nemmeno lo Spirito Santo, chi ci perdona? Io non lo so.»
«Tu non hai più Dio?»
«No, hombre. No, certo. Se ci fosse un Dio, non avrebbe permesso mai quello che ho visto con i miei occhi. Lasciamolo a quegli altri, Dio.»
«Quelli sostengono di averne il monopolio.»
«Evidentemente sento la mancanza di Dio perché sono stato educato religiosamente. Ma oggi un uomo deve rispondere a se stesso.»
Allora ti perdonerai da te stesso di aver ucciso?»
«Credo di sì.» disse Anselmo. «Visto che metti la cosa in tal modo, così nettamente, credo proprio che sia così. Ma con o senza Dio, sono convinto che è proprio peccato uccidere. Togliere la vita ad un altro, è per me una cosa molto seria. Lo faccio, se è proprio necessario, ma non appartengo alla razza di Pablo.»
«Per vincere la guerra dobbiamo uccidere i nostri nemici. È stato sempre così.»
«Certo. In guerra bisogna uccidere. Ma io ho delle idee molto strane» disse Anselmo.
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11/12/2007 11:35:00 PM
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«Nobody fucks with the Jesus!»
Cast eccezionale – Jeff Bridges, John Goodman, Steve Buscemi, un incredibile John Turturro – per The big Lebowski (Il grande Lebowski, '97) dei fratelli Cohen: la migliore commedia di tutti i tempi!
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11/12/2007 02:20:00 PM
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Sunday, November 11, 2007
L'economista di Voghera
La parola all'esperto.
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L'economista
In Borsa si perde. Gli immobili sono troppo cari. Un amico mi ha suggerito di investire i risparmi in oro. Che cosa ne pensa? R. B. - Modena
di Giuseppe Turani
Mentre le Borse di tutto il mondo scendevano a rotta di collo, l'oro ha conosciuto una stagione straordinaria e, forse, irripetibile. Nel giro di un paio d'anni è infatti passato da 250 dollari l'oncia a quasi 400 dollari l'oncia (adesso è sceso a 350). A che cosa si deve questa fortuna? A niente di particolare, se non al fiuto di alcuni operatori e di una certa parte del mercato. L'oro, infatti, ha la caratteristica di essere l'investimento più inutile del mondo. Non solo non rende una lira, ovviamente: non ci sono dividendi sull'oro, e nemmeno guadagni o profitti. L'oro lo si mette in un posto e lì rimane. L'unica sua qualità è che non arrugginisce. Ma non basta. In realtà, investire nell'oro costa. Se uno ne ha un certo quantitativo è evidente che può essere imprudente conservarlo in casa, e quindi va messo in un deposito sicuro. Se i quantitativi sono rilevanti può non bastare una cassetta di sicurezza, ma occorre rivolgersi a una struttura adeguata, fornita di personale specializzato e di sistemi di sicurezza. Insomma, non solo l'oro non rende niente, ma di solito comporta anche un certo costo per la sua custodia. E infatti quasi nessuno consiglia ai risparmiatori di investire in oro, proprio perché è una specie di non-investimento: non rende niente e bisogna pure fargli la guardia. Eppure, chi in questi anni ha messo soldi nell'oro ha guadagnato, e anche tanto, soprattutto fino a qualche settimana fa: una crescita da 250 a quasi 400 dollari l'oncia è tanto. Non è il raddoppio, ma quasi. E questo, la crescita di prezzo, è in realtà l'unico guadagno che si può fare sull'oro: non si investe nel metallo giallo perché "rende", ma perché, se si è fortunati, aumenta di valore. E chi ne ha comprato tanto può guadagnarci. Ma come mai nel periodo considerato, gli ultimi due-tre anni, l'oro è aumentato così tanto di prezzo? La ragione è una sola, e sempre la stessa da secoli: l'insicurezza generale. Quando l'economia va male, le Borse crollano, la politica è poco rassicurante e, soprattutto quando spirano venti di guerra, l'oro riemerge dalle profondità della nostra storia, diventa di colpo attuale e svolge la funzione per la quale si direbbe che è stato creato: rassicura. Non a caso in questi anni è esploso, come prezzo, proprio mentre le Borse andavano giù. I risparmiatori (non tutti, una parte) delusi si sono rivolti all'oro, considerato come il re dei beni rifugio, stabile nel prezzo e non in preda a manager visionari. In un certo senso, il pregio dell'oro è proprio che nessuno deve fare niente. Un'azienda rende se i suoi manager sono bravi. L'oro non ha bisogno di manager. Se in giro i tempi sono incerti e pericolosi si può stare quasi sicuri che l'oro (poco o tanto) andrà su di valore e, insisto, senza che nessuno faccia alcunché. Al massimo lo si può spolverare ogni tanto, giusto per il piacere di toccarlo. Ma allora conviene comperare oro quando le Borse sono incerte? In teoria sì, e molti lo hanno fatto. In pratica, conviene ricordare che quello dell'oro è un mercato molto sofisticato e difficile, molto professionale, si sarebbe detto una volta. Ma allora (e la domanda è sempre la stessa) su che cosa conviene investire in tempi difficili come questi? Bisogna avere la pazienza (e l'intelligenza) di fare come hanno fatto molti broker anche di livello internazionale che i "loro" soldi li hanno messi semplicemente sul conto corrente. Quelli dei clienti li hanno variamente investiti (e persi, in parte), ma i loro li hanno tenuti nel portafoglio. Non hanno guadagnato niente, certo. Ma hanno evitato di perdere il 30 o il 50 per cento. E l'oro? Lasciatelo agli esperti, anche se fa gola.
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11/11/2007 01:27:00 PM
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Saturday, November 10, 2007
Metro di paragone
Confronto tra il costo della guerra in Iraq e la spesa per la ricerca in diverse fonti di energia. Grafico tratto da solarpowerrocks.com (le cifre sono in milioni di dollari):
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Paxtibi
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11/10/2007 02:51:00 PM
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Villa Wolkonsky

È normale che nazioni in guerra tra loro si scambino ville e palazzi? Se pensate di sì, beh, allora potete anche credere che i dispacci da Laputa mi arrivino davvero telepaticamente!
Buona lettura e buon fine settimana, come sempre.
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Di Giovanni Pesce
Nelle scorse settimane avevamo stuzzicato i lettori del Gongoro sul tema dei diavoli dell‘800 russo e, quasi contemporaneamente, alcuni amici romani mi hanno ricordato la simpatia occultistica di Gogol, che a Roma compose la novella Le anime morte.
A Roma Gogol frequentava una la casa della principessa russa Zenaide Wolkonskaja, moglie di un aiutante di campo dello Zar Alessandro I (Estratto da un volume di Aventino. Po sledam Gogolja v Rime [Sulle tracce di Gogol a Roma]. Moskva: Universitetskaja tipografija, 1902: «Proprio a ridosso della Basilica di S. Giovanni in Laterano, in una delle periferie piu' pittoresche dell'antica Roma, si trova la famosa villa dei principi Volkonskij. La meravigliosa vista sulla campagna romana e i resti ricoperti d'edera dei secolari acquedotti che si protendono attraverso il suo giardino, rendono questa villa veramente affascinante»).
Così spinto da curiosità, ho trovato su un opuscolo di invito la storia di Villa Wolkonsky:
Nel 1830 la principessa ricevette in dono dal padre una vasta estensione di terreno nei pressi di San Giovanni in Laterano. L’appezzamento comprendeva 36 campate dell’acquedottoInsomma questi erano i Wolkonsky di Roma, ma nella Grande Russia una principessa Marija Wolkonskaja era stata la madre di Lev Tolstoj, pietra miliare della letteratura russa.
Neroniano, costruito dall’imperatore come diramazione dell’acquedotto Claudio per alimentare la Domus Aurea e il ninfeo del Divo Claudio.
La principessa costruì una villa in cui erano comprese tre campate dell’acquedotto e creò uno splendido giardino nel quale volle raccogliere ricordi legati alla sua romantica esistenza e la propria collezione di opere d’arte antica e moderna: nei cosiddetti Viale delle Memorie e Via dei Morti radunò infatti busti e memorie delle persone a lei care, dallo Zar Alessandro I ai domestici della famiglia.
Dopo la morte della principessa Zenaide avvenuta nel 1862, suo figlio Alessandro abitò nella villa e scoprì il Colombario di Tiberio Claudio Vitale e il Sepolcro dei Servilii, tombe romane di tufo a cui conduce l’antico tracciato della via Celimontana, che attraversa la villa, chiaramente indicato dalle arcate dell’acquedotto.
Nel periodo della rapida espansione di Roma dopo il 1870, parte della proprietà fu venduta. Questa vendita permise ai discendenti della principessa, i Campanari, di costruire in loco una nuova maestosa villa.
Nel 1922 la villa fu venduta dalla famiglia Campanari al governo tedesco che eseguì grossi lavori di ampliamento, aggiungendovi due ali ed un quarto piano; al tempo stesso, venne ingrandita anche la villa originale della principessa Zenaide. Con la liberazione di Roma nel 1944 la villa tornò al governo italiano e dal 1947 Villa Wolkonsky è la residenza dell’Ambasciatore britannico.
Il giardino della principessa Zenaide costituisce un’oasi verde in un’area al centro di Roma, dove l’acquedotto e gli stagni fanno da perfetto sfondo ai prati circondati da siepi ed ai roseti, mentre le enormi magnolie ed i pini mediterranei fanno da cornice alla villa; dalle terrazze più alte della villa si possono ammirare i colli albani e sabini.
Lo scrittore aveva ricambiato il favore proponendo come eroe positivo in “Guerra e Pace” il personaggio di Andrej Wolkonsky, aiutante di campo dello Czar Alexander I.
Veramente piccolo il mondo! Ma non è finita qui…
Infatti, uno degli episodi più strani della WWII a Roma è stato il passaggio dell’ambasciata Tedesca (Villa Wolkonsky) ad Ambasciata Inglese in piena guerra (WWII) con annessi e connessi (casseforti, ipogei, tombe, colombari, segreti ed “anime morte”).
Per i non romani, si può far presente che gli appartamenti della famigerata Via Tasso (luogo di tortura per prigionieri politici) erano lì vicino ed erano ufficialmente durante la guerra la dependance a disposizione dell’addetto culturale tedesco, quindi protetti da una certa immunità diplomatica.
Un’ipotesi proposta dal comandante partigiano Franco Napoli nel suo libro Villa Wolkonsky è molto forte; lui sospetta che nel giardino sia rimasto qualcosa di non “raccontabile” che deve rimanere protetto nel tempo da un'immunità diplomatica.
Infatti Franco Napoli era stato preso prigioniero durante l’occupazione tedesca a Roma e, portato nel giardino di Villa Wolkonsky, aveva assistito a scene indescrivibili.
E’ difficile trovare riscontri alla tesi di Franco Napoli, però il passaggio da un’amministrazione all’altra è assolutamente vero; Franco Napoli ha addirittura nel suo libro la copia del certificato catastale con la data di voltura.
Anche questo fatto costituisce uno dei tasselli di conferma del “fair play” che governava i rapporti tra diplomazie tedesche ed inglese.
Al fronte si scambiavano colpi di Sten, di MP40 e di Thompson e nelle stanze del potere si scambiavano i palazzi.
Quindi ci troviamo davanti ad un “simple twist of fate” o un altro pezzo di Komische Krieg/Strange War?
E’ mia opinione che anche la WWII, o perlomeno una sua parte, sia stata una phoney war, e ritengo che questa mia opinione sia ormai incontrovertibile.
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Paxtibi
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11/10/2007 01:25:00 AM
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