Tuesday, June 23, 2009

Cosa ghignano a fare?

Il mondo di oggi è un Titanic la cui orchestra non suona ma ride. E se non sarà una risata a seppellirci, poco ma sicuro sarà quel suono beffardo ad accompagnarci nell'abisso. Butler Shaffer ci spiega perché.
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Di Butler Shaffer



Nessuno è più triste dell'uomo che ride troppo.

~ Jean Paul Richter


Guardare i video delle apparizioni televisive di Peter Schiff è una cosa curiosa. Fin da tre anni fa, Schiff predice le conseguenze avverse che è probabile si verifichino come risultato delle politiche economiche del governo. Alcuni degli economisti e degli esperti finanziari nelle stesse trasmissioni ai suoi pronostici non sanno rispondere altro che con delle risatine. Anche dopo che le sue previsioni si sono dimostrate giuste, quando Schiff prevede conseguenze ancora peggiori in trasmissioni più recenti si producono nuovamente gli stessi sghignazzi.

Perché questo? Perché un uomo che ha previsto così tante delle disfunzioni economiche mondiali – e che ha fornito della sana analisi economica per esplicare il suo pensiero – viene apertamente deriso da da altri che, in alcune di queste stesse trasmissioni, raccomandavano investimenti nel settore bancario? Quello che è ancora peggio, perché Schiff viene ricoperto di così tante invettive per essere stato nel giusto? Ancora, com'è che questi altri esperti finanziari riescono a rimanere nel giro, dopo che i loro consigli si sono dimostrati essere così fondamentalmente sbagliati?

Incontro questa stessa sindrome in un certo numero di miei colleghi ed allievi. Ricordo una conversazione con un collega a seguito delle atrocità inflitte dal governo federale ai Branch Davidians. Dopo aver spiegato a quest'uomo la trasgressione sia legale che morale in questo attacco, per tutta risposta non ho ricevuto altro che una risata. “Ghignare è tutto quello che i vostri anni di educazione scolastica ti hanno preparato a fare?,” ho chiesto.

In più recenti discussioni sulla natura distruttiva della regolamentazione governativa del mercato, o della natura diabolica del sistema bellico, o degli sforzi degli statisti per sottomettere virtualmente ogni forma di attività umana al controllo politico per “salvare il pianeta,” vengo accolto con gli stessi risolini. Non è che queste persone abbiano solo una diversa prospettiva su tali questioni, e cerchi di discuterne con me. In tal caso potremmo ottenere il genere di indagine intelligente che potrebbe condurci entrambi a riconsiderare le posizioni dell'altro. Piuttosto, la loro fin troppo comune risposta è di usare il riso come lo fa un bambino piccolo per evitare la paura.

“La gente che promuove questi programmi di governo,„ continuo, “sta distruggendo il mondo in cui i vostri figlie nipoti vivranno. Perché ne ridete come degli sciocchi?„

La risposta, sospetto, si deve trovare nella nostra abitudine condizionata di identificare il nostro senso dell'essere con le istituzioni (mi sono occupato di questo soggetto nel mio primo libro, Calculated Chaos: Institutional Threats to Peace and Human Survival). Con le scuole, le chiese, i media, le società, i nostri genitori e varie altre influenze durante la nostra crescita, ci addestriamo a cercare il significato nelle nostre vite non in noi stessi, ma nei sistemi organizzati esterni che hanno un interesse certo nel farci elevare i loro scopi al di sopra dei nostri. È questa abitudine la levatrice di tutte le forme di collettivismo.

Un'istituzione è un'organizzazione che è diventata un fine in sé, una condizione che può presentarsi soltanto attraverso il nostro pensiero; soltanto considerando la collettività come più importante di noi stessi. Lo facciamo imparando ad identificarci con ciò che Fritz Perls ha chiamato i “confini dell'ego,” che possono abbracciare la nostra nazionalità, la razza, il genere, l'ideologia, o altri sistemi di fede. Identificando così il nostro senso di scopo e significato in queste astrazioni, ci prepariamo ad essere dominati dalle istituzioni che, ci viene detto, rappresentano tali raggruppamenti. Qualsiasi individualità avremmo potuto invece avere è subordinata e compresa nelle istituzioni che diventano così la nostra identità collettiva.

Principale beneficiaria di tale pensiero è stata la nazione stato. In anni di attento condizionamento – condotto attraverso agenzie come le scuole statali e l'industria dello spettacolo – ci è stato insegnato a considerare lo stato non solo come il principio d'organizzazione fondamentale, ma anche la raison d’etre sia per gli esseri umani che per la società. Abbiamo imparato a recitare il nostro quotidiano catechismo dello scopo delle nostre vite sotto forma di un “impegno di fedeltà” ad una bandiera che era il simbolo onnipresente e dominante dello stato nella nostra aula (avete mai sezionato il significato letterale di questo impegno, ovvero che state facendo voto di diventare e rimanere subordinato all'autorità statale?).

I media ed il resto dell'industria dello spettacolo uniscono le forze con le scuole per fornirci un indottrinamento costante nella centralità dello statalismo.

Impariamo a considerare l'obbedienza all'autorità costituita come la nostra più grande virtù; per sostituire la moralità con la legalità come nostro personale standard di comportamento. Film di guerra – interpretati da star come John Wayne, che riuscì a tenersi lontano dalla Seconda Guerra Mondiale – ci fanno il lavaggio del cervello per convincerci che morire per la gloria dello stato sia la nostra gloria; il significato concreto della pubblicità dell'esercito degli Stati Uniti “siate tutto ciò che potete essere, nell'esercito.”

La tristezza come pure la malvagità assoluta di tali pratiche si riflette nei volti dei veterani della Seconda Guerra Mondiale, che vengono tirati fuori per ogni festa – ciascuna delle quali è stato convertita in una scusa in più per altre celebrazioni della guerra e per altri film di John Wayne -– perché parlino dei sacrifici che loro e altri hanno fatto. Da tali uomini – identificabili dai loro berretti della “U.S.S. Missouri„” o dai loro distintivi della “Quinta Armata” – qualsiasi allusione che quella guerra fosse stata progettata con attenzione dagli interessi politici e corporativi e che FDR avesse manipolato l'attacco a Pearl Harbor, si scontra con la collera, ed è naturale che sia così. Essendo stati condizionati ad identificarsi con lo stato, a vedere il proprio senso dell'essere legato all'obbedienza ed al servizio allo stato, il minimo sospetto che le forze politiche potessero aver cospirato per sfruttarli non è solo mettere in dubbio l'integrità dello stato: la cosa più importante è che crea incertezza sulla statura morale di ciascuno.

Immaginate che, dall'inizio degli anni 40 ad oggi, vi siate considerato soprattutto come un guerriero vittorioso in nome degli Stati Uniti d'America, con i quali avete identificato la vostra vita. Alcune volte ogni anno, siete invitato ad indossare la vostra vecchia uniforme della marina o dell'esercito – con le vostre numerose medaglie – ed a recarvi in un cimitero o in una sala per celebrare la storia “gloriosa” di cui siete stato partecipe. Tom Brokaw nutre il vostro ego definendovi “la più grande generazione d'America.” Gli storici allora cominciano a presentare le prove della natura inventata e corrotta di quella guerra che è, nel senso più letterale, la vostra guerra; l'espressione del senso della vostra vita.

Per voi mettere in discussione non solo la legittimità della Seconda Guerra Mondiale, ma dell'intero sistema bellico con cui vi siete associati, distruggerebbe quello che siete diventato. Se, elevando lo stato sopra di voi, creando lo stato come vostro super-ego, foste aperto alle sfide sollevate dai critici della guerra, l'intero significato della vostra vita potrebbe essere compromesso. Se il vostro stato può fare del male – sia promuovendo guerre, dedicandosi alla tortura, o bombardando popolazioni civili in posti come Amburgo, Dresda, Hiroshima e Nagasaki, allora questo male macchia inevitabilmente la vostra stessa anima. I vostri 80 e più anni da eroe di guerra si volatilizzano, e piuttosto che vedere la virtù di poter spendere il resto della vostra vita con una coscienza trasformata, reagite con rabbia o, nel caso di chi ha collegamenti più stretti con lo stato, con sciocchi risolini.

Riformare interamente la base esistenziale del pensiero di un uomo può essere un'impresa molto difficile, complicata dal “principio dell'incertezza di Heisenberg,” che ci ricorda che quello da cambiare è chi guida il cambiamento. Trovo i miei studenti più disposti ad intraprendere questo processo di molti dei miei colleghi: i miei studenti hanno meno bagaglio di cui liberarsi e come minimo ascoltano le questioni che sollevo. Piuttosto che sottoporsi ad un'operazione così impegnativa, molti dei miei colleghi tentano di spazzar via le domande ridendo.

Ricordo che, durante gli anni della guerra nel Vietnam, un certo numero di padri espressero disprezzo per i loro figli che scelsero di andare in Canada o in Svezia piuttosto che partecipare a quella guerra. Ricordo di aver chiesto ad uno di questi genitori se davvero amava il sistema politico più del proprio figlio. All'epoca avevo una minor comprensione dei fattori psicologici all'opera nella mente di coloro che si identificano con lo stato. Oggi, tuttavia, dovrei riconoscere che sì, tali padri amavano lo stato più dei loro figli o nipoti. E perché no? Tali adulti avevano imparato ad amare lo stato più di loro stessi; perché avremmo dovuto aspettarci che si fossero curati più della loro prole che di loro stessi?

È molto incoraggiante che tanti veterani delle guerre in Iraq ed in Vietnam siano diventati aperti critici di tali atrocità. Sospetto che, negli anni a venire – con l'esaurirsi della scorta di veterani della Seconda Guerra Mondiale – il Giorno dei Caduti, il 4 di luglio, il Giorno della Bandiera ed in altre celebrazioni militaristiche, ci saranno ben pochi veterani disposti ad indossare i loro costumi ed a unirsi con i politici – che nella maggior parte riescono a tenersi lontani dal rumore degli spari – per rinforzare il fervore patriottico da cui lo stato dipende per la sua sopravvivenza.

Su un tono più triste, in un momento in cui si stanno suicidando più soldati di quanti ne stiano morendo nella battaglia, è bene ricordarsi che, non importa quanto siamo completamente indottrinati a credere nella superiorità di un'astrazione, rimane in ciascuno di noi una forza vitale potente che non può mai essere repressa del tutto. Quella che Gandhi chiamava Satyagraha – una “Forza della verità” o una “Forza dell'anima” – rimane nel nostro profondo come, forse, il più grande potere che opera in ciascuno di noi. Lo stato – e la civiltà che sta contribuendo a far crollare – continueranno a combattere questa forza vitale in ogni modo immaginabile, non semplicemente nel sistema bellico, ma negli sforzi per regolare persino i più minuscoli dettagli delle espressioni della vita.

Quando le menti e gli spiriti degli uomini e delle donne si uniranno per occuparsi, con intelligenza, di cosa abbiamo fatto a noi stessi – e stiamo facendo ai nostri figli e nipoti – potremo forse liberarci dei nostri ruoli come servo-meccanismi dello stato e degli interessi del potere corporativo e scoprire come vivere secondo quella forza vitale all'interno di ciascuno di noi. Per chi non ne sarà capace o per i poco disposti ad affrontare la malvagità implicita nelle loro esistenze da robot, non ci sarà altro che una rabbia confusa e degli sciocchi risolini ad accompagnarli nel loro viaggio nel buco nero che li attende.

9 comments:

Gatto rognoso said...

Dal mio piccolo pulpito, "benvenuto nel club", verrebbe da dire...
Intervento illuminate, se solo non fosse che i diretti interessati son troppo impegnati a ridere (dietro le spalle, solitamente)...

Emanuele said...

Quant'è vero ... ed il brutto - a parte i fastidiosi risolini - è il senso di colpa di molti genitori a voler più bene ai loro figli che allo Stato (non volendoli vedere partire in missione)! Anche da noi, ora che non c'è più "l'obbligo" di prestare servizio militare, ci si sente dire che siamo una generazione fortunata, ma non durerà per sempre ... Come fosse naturale quanto accadeva prima, ovvero essere schiavizzati per un anno!!?

Anonymous said...

Succederà sicuramente: se non per la guerra, per "forgiare una nuova coesione sociale facendo lavorare i nostri giovani di tutte le nazionalità gomito a gomito", ovvero infilandoci in culo i soliti maghrebini sbarcati il giorno prima con la scusa di pulire i cessi gratis per lo stato tutti insieme.

Hiei said...

Tieni presente che i maghrebini non sono più contenti di te.

Paxtibi said...

Mal comune mezzo gaudio, quindi.

Hiei said...

Se lo dici tu...io invece non riesco a trovare le parole per bestemmiare le banche centrali e la loro manipolazione occulta di valute e metalli preziosi.

Nemmeno il miglior Calderoli mi pare lontanamente sufficiente.

Gatto rognoso said...

"Miglior Calderoli"....

Ma cosa vi ha fatto di male, l'ossimoro, da abusarne in cotal misura... ?? :P

z3ruel said...

Pezzo stupendo. E' più o meno quello che mi succede quando parlo col 99% della gente. Quando ho voglia di incazzarmi, perché il più delle volte, purtroppo, evito di esprimere giudizi. Non è che sia vigliaccheria, è che io perdo la pazienza con più rapidità rispetto all'autore dell'articolo ;-)

PS Comunque sto cercando di darmi una regolata.
PPS A proposito di moneta, su Snow Crash potete trovare gran parte del capitolo sulla FED del libro di Ron Paul.

libertyfighter said...

Fate conto che ho copiaincollato il commento di z3ruel :)