Allontaniamoci per un attimo dai massacri di civili in Medio Oriente per occuparci di un altro massacro, quello della scienza economica per mano di insospettabili economisti di grido e Premi Nobel, un massacro che magari – almeno a prima vista – non produce lo stesso numero di morti e mutilati di quelli eseguiti con le bombe “intelligenti” ma sicuramente ha la capacità di spargere per il mondo copiose quantità di miseria.
Occupiamocene con questa godibilissima lezione del professor Murphy, autore del libro The Politically Incorrect Guide to Capitalism.
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L'importanza della teoria del capitale
Di Robert P. Murphy
Avendo letto innumerevoli analisti, compresi degli economisti professionisti, che offrono “soluzioni” alla crisi finanziaria, sono sempre più convinto dell'importanza della teoria del capitale. Lo potete vedere con la dicotomia che la gente continua a dipingere fra mercati finanziari ed “economia reale,” una distinzione che è utile per alcuni scopi ma che in questo contesto rinforza spesso l'idea che il mercato azionario sia in realtà soltanto un casinò.
Quando è stato inizialmente dibattuto il piano di Paulson, persino alcuni acuti pensatori libero-mercatisti in altre occasioni molto saldi suggerivano invece che la “ricapitalizzazione bancaria” fosse il modo per aggiustare le cose. Ma se le nostre difficoltà provengono da una diversione di risorse reali nel settore immobiliare – se troppo e troppo grandi case sono state costruite a scapito di altri usi possibili per quegli input – allora i trasferimenti finanziari del governo di per sé non faranno altro che ridistribuire le perdite.
Una volta compreso che i nostri attuali problemi sono dovuti ad una distorsione indotta dalla Fed nella struttura del capitale, è evidente che la peggior raccomandazione sia che la Fed tagli i tassi di interesse e pompi sempre più “liquidità.” È stato in primo luogo il credito artificialmente poco costoso ad alimentare il boom immobiliare. Greenspan ha abbassato il tasso dei fondi federali ad un ridicolo un per cento – il che significa che il tasso d'interesse era in realtà negativo, una volta aggiustato all'inflazione dei prezzi – e l'ha mantenuto laggiù per un anno. Ha fatto questo per (apparentemente) prevenire l'esigenza di una dura recessione nell'“economia reale” dopo che il crollo delle dot com. Ma in effetti ha sparso i semi per la nostra attuale crisi. Se Bernanke continua a spargere centinaia di miliardi a banchieri bisognosi, in cinque anni da oggi gli americani (ed il resto del mondo) potrebbero guardare al nostro presente con la stessa tenerezza con cui la flessione del 2001 ora ci appare come un piccolo inconveniente.
Krugman e Cowen ridicolizzano la teoria austriaca dei “postumi della sbornia”
Piuttosto che iniziare da zero, in questo articolo illustrerò l'importanza di una solida teoria del capitale mostrando come economisti molto intelligenti – uno dei quali è ora un Premio Nobel – fanno errori elementari nella loro valutazione della teoria austriaca del ciclo economico (ABCT). Per brevità, non ricapitolerò qui la teoria; nei collegamenti sopra potete leggere le mie moderate esposizioni, o andate qui per la meravigliosa presentazione in PowerPoint di Roger Garrison, o qui per un'introduzione più completa. Allora, assumendo che il lettore capisca la teoria austriaca di base, citiamo la recente discussione di Tyler Cowen sulla critica su Slate della ABCT scritta da Paul Krugman:
La storia austriaca di base è che durante il boom artificiale, la forza lavoro ed altre risorse vengono incanalate in progetti d'investimento non compatibili con il livello generale del risparmio reale. Prima o poi, la realtà alza la sua brutta testa ed i progetti insostenibili devono essere abbandonati prima del completamento. Gli imprenditori realizzano di essersi orribilmente sbagliati durante il boom, ognuno si sente più povero e riduce drasticamente i consumi, e molti lavoratori vengono licenziati finché la struttura produttiva può essere modificata alla luce della rivelazione.
Allora, Krugman dice che questa storia non ha senso. Possiamo stipulare che certi produttori (come i costruttori) si siano espansi troppo aggressivamente in un boom, e che quindi scoprano improvvisamente che i loro clienti non vogliono più comprare i loro prodotti (gli edifici per uffici urbani, per esempio). Ma, spiega Krugman, la gente nell'economia deve spendere il proprio reddito da qualche parte. Se il reddito non va verso gli edifici per uffici da 10 milioni di dollari, dev'essere incanalato in biglietti del cinema, o in generatori elettrici, o in copie del libro di Peter Schiff. Così non è per niente ovvio, conclude Krugman, perché una vasta disoccupazione dovrebbe accompagnare l'inizio dei “postumi della sbornia” dell'orgia del credito. I posti di lavoro distrutti nelle fasi di “più alto ordine” (nel gergo austriaco) devono essere compensati da impieghi di recente creazione nelle fasi di ordine più basso.
L'obiezione di Tyler Cowen è simile, ma come ho detto, non è esattamente la stessa. Cowen vuole sapere perché la gente dovrebbe sentirsi ricca durante il boom indotto dalla Fed, come adducono gli austriaci. Infatti, poiché operai e materiali si sono spostati nella produzione di beni di più alto ordine come i rimorchi da trattore ed i coni arancioni per le squadre stradali, il fatto della penuria implica che dovrebbero essere sfornati meno beni di consumo (TV, pranzi a base di bistecca, automobili sportive) quando il boom farà la sua apparizione. Se sono prodotti meno beni di consumo, allora il reddito reale pro capite deve diminuire, che di nuovo è l'opposto di ciò che affermano gli austriaci.
Ho fatto del mio meglio per parafrasare ciò che capisco degli argomenti di Cowen e di Krugman. Devo confessare che persino battendo a macchina quanto sopra, il non sequitur in ogni obiezione mi è saltato agli occhi. Per quanto riguarda Krugman, la sua discussione si basa su una concezione statica di reddito e spesa. Semplicemente usando quella tautologia contabile – senza indicizzare nel tempo – Krugman potrebbe anche sostenere che il reddito reale potrebbe non cambiare mai in un'economia, anche se il governo annunciasse che il 10% più produttivo degli operai in ogni ditta sarà licenziato (dopo tutto, il reddito totale sarebbe ancora uguale alla spesa totale).
Per quanto riguarda Cowen, sembra supporre che il “reddito reale” sia equivalente al “consumo reale.” Non so cos'altro dire a parte che, “no, non lo è.” Se un operaio ottiene un lavoro in una miniera d'argento ed viene pagato in once d'argento che immagazzina nel suo scantinato, può avere un “salario effettivo” molto alto anche se il suo consumo è molto basso. Per essere corretti, Cowen ha sfornato quanto sopra sul suo blog, non in un articolo di qualche pubblicazione referenziata; odierei vedere una raccolta delle cose più stupide che io abbia mai detto sul mio blog. Così supponiamo che abbia inteso dire che la ABCT ci spinge ad attenderci che il consumo reale (non il reddito) cali durante il periodo del boom. Il punto di Cowen è che questo non coincide con i dati. Durante il boom, li vediamo un aumento di investimenti in nuovi (e più “indiretti” in gergo austriaco) progetti, e vediamo che gli operai vengono pagati di più e quindi comprano più beni di consumo. Ma non dovrebbe essere impossibile, si chiede Cowen, se, come affermano gli austriaci, durante il boom, le risorse sono allontanate dai beni di consumo (come gli iPhone) e spostate invece alla produzione di beni d'investimento (come i rimorchi da trattore)? Nella sezione seguente vedremo che cosa Cowen sta trascurando.
Un modello sushi del consumo di capitale
Sopra ho indicato alcuni dei difetti di base negli argomenti di Cowen e di Krugman (altri Austriaci hanno risposto a Krugman in passato. Vedi le risposte di Garrison e di Cochran). Più generalmente, essi ignorano l'importantissima nozione di consumo di capitale. Ecco perché è necessario comprendere la teoria del capitale, come scoperta da Carl Menger e Eugen von Böhm-Bawerk, per poter capire il senso di ciò che è appena accaduto nell'economia degli Stati Uniti. Qualsiasi testa parlante della CNBC che non capisca il consumo di capitale darà orribili raccomandazioni di politica.
Nel pensare a questo articolo, sono andato avanti e indietro. Ho deciso che avrei dovuto usare un “modello” di complessità intermedia, perché se l'avessi semplificata troppo, avrebbe in effetti potuto non fare clic nella mente del lettore, ma se avessi esagerato, nessuno sano di mente avrebbe finito l'articolo. Senza ulteriore indugi, andiamo a esaminare l'ipotetica economia di un'isola composta di 100 persone, in cui l'unico bene di consumo sono i rotolini di sushi.
L'isola comincia in un equilibrio iniziale indefinitamente sostenibile. Ogni giorno, 25 persone portano delle barche al largo e usano delle reti per pescare. Altri 25 isolani si recano alle risaie per raccogliere il riso. Ancora altri 25 prendono il riso ed i pesci (raccolti durante il giorno precedente, naturalmente) e fanno allettanti rotolini di sushi. Per concludere, i 25 isolani rimasti dedicano i loro giorni alla manutenzione delle barche e delle reti. In questo modo, giornalmente sono prodotti complessivamente (diciamo) 500 rotolini di sushi, che permettono ad ogni isolano di mangiare 5 rotolini al giorno, ogni giorno. Non una brutta vita, davvero, soprattutto considerando la vista sull'oceano e l'assenza di Jim Cramer.
Ma ahimè, un bel giorno Paul Krugman approda sulla spiaggia. Dopo esser stato rianimato, egli esamina l'umile economia e comincia a consigliare gli isolani su come alzare il loro tenore di vita ai livelli americani. Mostra loro il motore fuoribordo (ancora pieno di carburante) del suo relitto, ed essi sono intrigati. Non avendo preparazione economica, trovano i suoi argomenti irresistibili ed acconsentono a seguire le sue raccomandazioni.
Di conseguenza, lo schieramento originale e sostenibile dei lavoratori dell'isola è alterato. Sotto il programma di Krugman per la prosperità, 30 isolani prendono le barche (una con un motore) e le reti per andare a pescare. Altri 30 raccolgono riso nelle risaie. I terzi 30 usano i pesci ed il riso per fare i rotolini di sushi. E ancora, 5 degli isolani setacciano l'isola in cerca dei materiali necessari per la manutenzione del motore; dopo tutto, ogni giorno brucia benzina e il suo olio diventa più sporco. Ma naturalmente, tutto ciò lascia soltanto 5 isolani per manutenere le barche e le reti, cosa che continuano a fare ogni giorno (se il lettore è curioso, Krugman non lavora nella produzione di sushi. Passa i suoi giorni su un'amaca, vergando saggi che danno la colpa della povertà degli isolani alla spilorceria degli alberi di cocco.)
Per alcuni mesi, gli isolani sono convinti che il Premio Nobel dal viso pallido sia un genio. 606 rotolini di sushi sono prodotti giornalmente, il che significa che tutti (Krugman compreso) possono mangiare 6 rotolini al giorno, anziché i 5 a cui erano abituati. Gli isolani credono che questo aumento sia dovuto all'uso del motore, ma in realtà è dovuto principalmente alla riorganizzazione delle mansioni. Prima, soltanto 25 persone si dedicavano alla pesca, alla raccolta del riso ed alla preparazione del sushi. Ma ora, 30 persone si dedicano a ciascuna di queste attività. Così, anche senza il motore, la produzione totale quotidiana di sushi sarebbe aumentata del 20%, presupponendo che gli isolani fossero ugualmente capaci nei vari lavori e che ci fosse abbondanza di pesce e riso forniti dalla natura (infatti, il contributo del motore è in realtà soltanto i 6 rotolini supplementari necessari per nutrire Krugman).
Ma ahimè, alla fine la riduzione della manutenzione delle barche e delle reti comincia ad incidere sulla produzione. Con soltanto 5 isolani dedicati a questa operazione, anziché i 25 originali, qualcosa deve succedere. Le reti sono sempre più sfilacciate col passare del tempo e nelle barche si aprono piccole falle. Ciò significa che i 30 pescatori non ritornano ogni giorno con altrettanti pesci, perché il loro equipaggiamento non è buono quanto usava essere. I 30 isolani che producono i sushi sono allora in difficoltà, perché ora hanno uno squilibrio fra riso e pesci. Cominciano a truffare, mettendo pezzi di pesce più piccoli in ogni rotolino. Gli isolani continuano ad ottenere 6 rotolini al giorno, ma ora ogni rotolino contiene meno pesce. Gli isolani sono furiosi – tranne quelli che sono disgustati dall'idea di ingerire pesce crudo.
Essendo un economista esperto, Krugman sa cosa fare. Suggerisce che 2 dei lavoratori del riso e 2 dei rotolini di sushi si imbarchino per aiutare i pescatori. Ora, con 34 operai, gli isolani possono pescare quasi tanti pesci al giorno dei mesi precedenti, anche se ora utilizzano delle reti stracciate e delle barche in sfacelo. Krugman – essendo molto acuto con i numeri – ha spostato appena tanti operai da far coincidere perfettamente i pesci pescati dai 34 isolani con il riso raccolto dai rimanenti 28 isolani che vanno alle risaie giornalmente. Con questa quantità di pesci e di riso, i 28 operai impegnati nell'arrotolamento possono produrre 556 rotolini di sushi al giorno. Ciò permette che tutti consumino circa 5 rotolini e mezzo al giorno, con un rotolino come bonus per Krugman.
Gli isolani sono un po' preoccupati. Quando hanno seguito la prima volta il consiglio di Krugman, il loro consumo è balzato da 5 a 6 rotolini al giorno. Poi, quando le cose sembravano essersi incasinate, Krugman è riuscito a rimediare al peggio della cattiva coordinazione, ma nonostante ciò il consumo è caduto a 5,5 rotolini al giorno. Krugman ha ricordato loro che 5,5 è meglio di 5. Infine ha convinto la folla a disperdersi parlando delle “funzioni di produzione Cobb-Douglas” e disegnando le curve IS-LM nella sabbia.
Siccome questo è un sito per famiglie, finiremo la nostra storia qui. Inutile a dirsi, ad un certo punto i 5 isolani dedicati alla produzione di barche e reti decideranno che devono tagliare le loro perdite. Piuttosto che provare a mantenere l'originale flotta di barche e l'originale scorta di reti con soltanto 5 operai anziché 25, concentreranno invece i loro sforzi sul migliore 20% di barche e reti e le manterranno in ottime condizioni. A quel punto, per gli isolani sarà fisicamente impossibile aumentare la produzione quotidiana di sushi. Per tornare semplicemente al loro livello originale e sostenibile di 5 rotolini di sushi al giorno per persona, gli isolani dovranno soffrire un periodo di privazione in cui molti di loro si dedicheranno alla produzione di reti e barche (possiamo solo sperare che nel frattempo il professor Krugman venga salvato dagli svedesi).
Le 5 persone che cercano il sistema di sintetizzare l'olio motore e la benzina dovranno abbandonare quell'attività, perché non è mai stata adeguata alla primitiva struttura del capitale degli isolani. Gli isolani naturalmente scarteranno il motore portato sull'isola da Krugman una volta finito il carburante.
Per concludere, prevediamo che, durante il periodo di transizione, alcuni isolani non avranno niente da fare. Dopo tutto, ce ne saranno già il massimo necessario per pescare con le barche e le reti disponibili e ci sarà già il numero corrispondente di isolani dedicati alla raccolta del riso e all'arrotolamento del sushi, data la piccola quantità quotidiana di pesci. Non avrebbe senso aggiungere degli isolani supplementari alla produzione di barche e di reti, perché allora terminerebbero la costruzione di più di quanto potrebbe essere sostenuto a lungo termine. Quindi, gli anziani turnano 10 persone ogni giorno, alle quali è permesso di bighellonare. Potrebbero naturalmente provare a pescare a mani nude, o a raccogliere del riso da mangiare da solo, ma tutti decidono che sarebbe una perdita di tempo. Data la situazione, viene deciso che durante la transizione, 10 persone ottengono un giorno libero, anche se tutti hanno fame. Ecco quanto è stato dannoso il consiglio di Krugman.
Conclusione
Come ha illustrato la nostra semplice storia, nelle economie moderne i lavoratori usano i beni d'investimento per aumentare il loro lavoro mentre trasformano i doni della natura in beni di consumo. A causa della struttura temporale della produzione, è possibile amplificare temporaneamenteil consumo di tutti, ma soltanto a scapito del mantenimento dei beni d'investimento (le barche e le reti), che vengono così “consumati.” Ad un certo punto, la costruzione della realtà fa la sua comparsa, e nessuna politica di “stimolo” può impedire una sensibile diminuzione nel consumo.
Anche se la storia dell'economia sushi era semplicistica, spero che abbia illustrato le caratteristiche essenziali di un ciclo boom-bust. Quando gli isolani hanno inizialmente messo in pratica il consiglio di Krugman, tutti si sono sentiti più ricchi. Dopo tutto, stavano davvero mangiando 6 rotolini al giorno anziché 5; non c'è discussione con i risultati. E nemmeno avrebbero avuto motivo di sospettare una ristrutturazione insostenibile: dopo tutto, stavano utilizzando un nuovo motore fuoribordo. Questo è analogo alle discussioni sulla “Nuova Economia” durante il boom delle dot com, o alla fiducia riposta nei nuovi strumenti finanziari utilizzati durante il boom immobiliare. Durante ogni boom, la gente può sempre trovare le ragioni per cui “questa volta è differente.”
Nell'economia del sushi, questa prosperità iniziale era illusoria. Anche se c'erano effettivamente benefici portati dalla nuova tecnologia, la massa del consumo supplementare veniva finanziata attraverso il consumo del capitale, ovvero permettendo che le barche e le reti si deteriorassero. Questo è analogo all'enorme quantità di beni di consumo importate che gli americani hanno consumato durante il boom immobiliare, perché pensavano erroneamente che il valore crescente delle loro case l'avrebbe più che compensata. In altre parole, se gli americani si fossero resi conto che i loro valori immobili sarebbero calati in pochi anni, non avrebbero consumato così tanto. Stavano consumando il capitale senza capirlo, proprio come gli isolani non hanno non avevano capito che il loro consumo supplementare di sushi era finanziato in gran parte dall'incuria delle loro barche e reti.
Notate anche che questo aspetto della storia risponde all'obiezione di Cowen: la gente consuma di più durante il boom – ovvero, i paesani mangiano più sushi al giorno – persino mentre vengono intrapresi nuovi, insostenibili progetti d'investimento (nella nostra economia sushi, il progetto insostenibile era la ricerca della benzina per lo stravagante motore fuoribordo). Cowen ha ragione quando dice che un allungamento sostenibile della struttura del capitale inizialmente richiede una riduzione del consumo; quello che accade è che gli investitori rinunciano al consumo e mettono il loro risparmio nei nuovi progetti. Ma durante un boom indotto dalla banca centrale, non c'è stato un risparmio reale per finanziare i nuovi investimenti. È per questo che il boom è insostenibile, ma spiega inoltre perché allo stesso tempo il consumo aumenti. È vero che questo è impossibile a lungo termine, ma a breve scadenza è possibile aumentare l'investimento nei nuovi progetti ed aumentare il consumo al contempo. Quello che fate è tagliare la manutenzione dei cruciali beni intermedi, proprio come hanno fatto i nostri isolani per tirare avanti per pochi mesi. Un'economia moderna è molto complessa e possono passare diversi anni prima che una struttura insostenibile venga riconosciuta come tale.
Infine, la nostra economia sushi ha mostrato perché la disoccupazione aumenta durante la riduzione. Alla gente non piace lavorare; preferisce rilassarsi. Perché sia interessante rinunciare allo svago, il profitto del lavoro dev'essere abbastanza alto. Durante il periodo di “recessione„” quando gli isolani hanno dovuto tagliare la produzione dai “settori” del pesce, del riso e del sushi, non c'erano 100 compiti diversi che valesse la pena di eseguire. Nella nostra storia, abbiamo stipulato che soltanto 90 persone potrebbero essere utilmente integrate nella struttura della produzione, almeno finché la flotta delle barche e la scorta di reti cominciano ad essere ristabilite, permettendo che più isolani “disoccupati” abbiano di nuovo qualcosa di utile da fare.
Anche nel mondo reale accade questo: durante la recessione dopo il periodo del boom artificiale, le risorse devono essere riorganizzate; determinati progetti devono essere abbandonati (come la ricerca della benzina nell'economia del sushi); e i cruciali beni intermedi (come le barche e le reti) devono essere riprodotti dal momento che durante il boom sono stati ignorati. Ci vuole tempo perché tutti i milioni e di diversi materiali, attrezzi e attrezzature tornino disponibili per riprendere lo sviluppo normale. Durante quella transizione, il contributo del lavoro di qualche persona è così basso che non vale la pena di impiegarlo (in particolare con le leggi del salario minimo ed altre regolazioni).
Il difetto elementare nell'obiezione di Krugman è che ignora la struttura temporale della produzione. Quando gli operai vengono licenziati nelle industrie che producono beni d'investimento, non possono passare semplicemente a sfornare TV e pasti a base di bistecca. Questo perché la produzione di TV e di pasti a base di bistecca dipendono da beni d'investimento che devono già essere prodotti. Nella nostra economia del sushi, gli isolani disoccupati non avrebbero potuto passare all'arrotolamento del sushi, perché non c'erano ancora abbastanza pesci già pescati. E non avrebbero potuto passare alla produzione di pesci, perché non c'erano abbastanza barche e reti per rendere utili i loro sforzi. E in conclusione, non avrebbero potuto passare alla produzione di barche e reti, perché c'erano già abbastanza isolani che lavoravano in quel campo per riportare la flotta e la scorta di reti di nuovo al loro livello sostenibile di lungo termine.
Dei laureandi a volte mi chiedono perché mi occupo di una scuola di pensiero “obsoleta.” Non mi metto a citare il soggettivismo, la teoria monetaria, o persino l'attività imprenditoriale, benché queste siano tutti campi in cui la scuola austriaca è superiore alla corrente neoclassica. No, dico sempre, “la loro teoria del capitale e la teoria del ciclo economico sono il meglio che abbia trovato.” La nostra attuale crisi economica – e il fatto che i Premi Nobel non capiscono neppure cosa sta succedendo – indica che ho scelto saggiamente.
Occupiamocene con questa godibilissima lezione del professor Murphy, autore del libro The Politically Incorrect Guide to Capitalism.
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L'importanza della teoria del capitale
Di Robert P. Murphy
Avendo letto innumerevoli analisti, compresi degli economisti professionisti, che offrono “soluzioni” alla crisi finanziaria, sono sempre più convinto dell'importanza della teoria del capitale. Lo potete vedere con la dicotomia che la gente continua a dipingere fra mercati finanziari ed “economia reale,” una distinzione che è utile per alcuni scopi ma che in questo contesto rinforza spesso l'idea che il mercato azionario sia in realtà soltanto un casinò.
Quando è stato inizialmente dibattuto il piano di Paulson, persino alcuni acuti pensatori libero-mercatisti in altre occasioni molto saldi suggerivano invece che la “ricapitalizzazione bancaria” fosse il modo per aggiustare le cose. Ma se le nostre difficoltà provengono da una diversione di risorse reali nel settore immobiliare – se troppo e troppo grandi case sono state costruite a scapito di altri usi possibili per quegli input – allora i trasferimenti finanziari del governo di per sé non faranno altro che ridistribuire le perdite.
Una volta compreso che i nostri attuali problemi sono dovuti ad una distorsione indotta dalla Fed nella struttura del capitale, è evidente che la peggior raccomandazione sia che la Fed tagli i tassi di interesse e pompi sempre più “liquidità.” È stato in primo luogo il credito artificialmente poco costoso ad alimentare il boom immobiliare. Greenspan ha abbassato il tasso dei fondi federali ad un ridicolo un per cento – il che significa che il tasso d'interesse era in realtà negativo, una volta aggiustato all'inflazione dei prezzi – e l'ha mantenuto laggiù per un anno. Ha fatto questo per (apparentemente) prevenire l'esigenza di una dura recessione nell'“economia reale” dopo che il crollo delle dot com. Ma in effetti ha sparso i semi per la nostra attuale crisi. Se Bernanke continua a spargere centinaia di miliardi a banchieri bisognosi, in cinque anni da oggi gli americani (ed il resto del mondo) potrebbero guardare al nostro presente con la stessa tenerezza con cui la flessione del 2001 ora ci appare come un piccolo inconveniente.
Krugman e Cowen ridicolizzano la teoria austriaca dei “postumi della sbornia”
Piuttosto che iniziare da zero, in questo articolo illustrerò l'importanza di una solida teoria del capitale mostrando come economisti molto intelligenti – uno dei quali è ora un Premio Nobel – fanno errori elementari nella loro valutazione della teoria austriaca del ciclo economico (ABCT). Per brevità, non ricapitolerò qui la teoria; nei collegamenti sopra potete leggere le mie moderate esposizioni, o andate qui per la meravigliosa presentazione in PowerPoint di Roger Garrison, o qui per un'introduzione più completa. Allora, assumendo che il lettore capisca la teoria austriaca di base, citiamo la recente discussione di Tyler Cowen sulla critica su Slate della ABCT scritta da Paul Krugman:
[Paul Krugman:] Ecco il problema: come questione di semplice aritmetica, la spesa totale nell'economia è necessariamente uguale al reddito totale (ogni vendita è anche un acquisto, e viceversa). Così se la gente decide di spendere meno nei beni d'investimento, non vuol forse dire che dovranno decidere di spendere di più in beni di consumo – implicando che un crollo degli investimenti dovrebbe sempre essere accompagnato da un corrispondente boom dei consumi? Ed in caso affermativo perché dovrebbe esserci un aumento nella disoccupazione?Questi sono in realtà due punti distinti; ovvero, Cowen ha fatto qualcosa di più che “rovesciare” semplicemente la questione, ha un po' cambiato il punto. Per aiutare il lettore a capire la mia risposta, lasciatemi parafrasare (quelle che intendo essere) le simili (ma distinte) obiezioni di Cowen e di Krugman alla teoria di Mises-Hayek.
[Tyler Cowen a commento della citazione di cui sopra:] Ma penso che il punto sia più efficace al contrario. Perché il boom dovrebbe essere un boom in primo luogo? Lo spostamento verso i beni d'investimento, e quindi via dalla produzione di beni di consumo, dovrebbe significare un calo dei salari reali, salari reali che non aumentano. In latre parole, la teoria austriaca non genera l'altissimo livello di comovimento trovato nei dati.
La storia austriaca di base è che durante il boom artificiale, la forza lavoro ed altre risorse vengono incanalate in progetti d'investimento non compatibili con il livello generale del risparmio reale. Prima o poi, la realtà alza la sua brutta testa ed i progetti insostenibili devono essere abbandonati prima del completamento. Gli imprenditori realizzano di essersi orribilmente sbagliati durante il boom, ognuno si sente più povero e riduce drasticamente i consumi, e molti lavoratori vengono licenziati finché la struttura produttiva può essere modificata alla luce della rivelazione.
Allora, Krugman dice che questa storia non ha senso. Possiamo stipulare che certi produttori (come i costruttori) si siano espansi troppo aggressivamente in un boom, e che quindi scoprano improvvisamente che i loro clienti non vogliono più comprare i loro prodotti (gli edifici per uffici urbani, per esempio). Ma, spiega Krugman, la gente nell'economia deve spendere il proprio reddito da qualche parte. Se il reddito non va verso gli edifici per uffici da 10 milioni di dollari, dev'essere incanalato in biglietti del cinema, o in generatori elettrici, o in copie del libro di Peter Schiff. Così non è per niente ovvio, conclude Krugman, perché una vasta disoccupazione dovrebbe accompagnare l'inizio dei “postumi della sbornia” dell'orgia del credito. I posti di lavoro distrutti nelle fasi di “più alto ordine” (nel gergo austriaco) devono essere compensati da impieghi di recente creazione nelle fasi di ordine più basso.
L'obiezione di Tyler Cowen è simile, ma come ho detto, non è esattamente la stessa. Cowen vuole sapere perché la gente dovrebbe sentirsi ricca durante il boom indotto dalla Fed, come adducono gli austriaci. Infatti, poiché operai e materiali si sono spostati nella produzione di beni di più alto ordine come i rimorchi da trattore ed i coni arancioni per le squadre stradali, il fatto della penuria implica che dovrebbero essere sfornati meno beni di consumo (TV, pranzi a base di bistecca, automobili sportive) quando il boom farà la sua apparizione. Se sono prodotti meno beni di consumo, allora il reddito reale pro capite deve diminuire, che di nuovo è l'opposto di ciò che affermano gli austriaci.
Ho fatto del mio meglio per parafrasare ciò che capisco degli argomenti di Cowen e di Krugman. Devo confessare che persino battendo a macchina quanto sopra, il non sequitur in ogni obiezione mi è saltato agli occhi. Per quanto riguarda Krugman, la sua discussione si basa su una concezione statica di reddito e spesa. Semplicemente usando quella tautologia contabile – senza indicizzare nel tempo – Krugman potrebbe anche sostenere che il reddito reale potrebbe non cambiare mai in un'economia, anche se il governo annunciasse che il 10% più produttivo degli operai in ogni ditta sarà licenziato (dopo tutto, il reddito totale sarebbe ancora uguale alla spesa totale).
Per quanto riguarda Cowen, sembra supporre che il “reddito reale” sia equivalente al “consumo reale.” Non so cos'altro dire a parte che, “no, non lo è.” Se un operaio ottiene un lavoro in una miniera d'argento ed viene pagato in once d'argento che immagazzina nel suo scantinato, può avere un “salario effettivo” molto alto anche se il suo consumo è molto basso. Per essere corretti, Cowen ha sfornato quanto sopra sul suo blog, non in un articolo di qualche pubblicazione referenziata; odierei vedere una raccolta delle cose più stupide che io abbia mai detto sul mio blog. Così supponiamo che abbia inteso dire che la ABCT ci spinge ad attenderci che il consumo reale (non il reddito) cali durante il periodo del boom. Il punto di Cowen è che questo non coincide con i dati. Durante il boom, li vediamo un aumento di investimenti in nuovi (e più “indiretti” in gergo austriaco) progetti, e vediamo che gli operai vengono pagati di più e quindi comprano più beni di consumo. Ma non dovrebbe essere impossibile, si chiede Cowen, se, come affermano gli austriaci, durante il boom, le risorse sono allontanate dai beni di consumo (come gli iPhone) e spostate invece alla produzione di beni d'investimento (come i rimorchi da trattore)? Nella sezione seguente vedremo che cosa Cowen sta trascurando.
Un modello sushi del consumo di capitale
Sopra ho indicato alcuni dei difetti di base negli argomenti di Cowen e di Krugman (altri Austriaci hanno risposto a Krugman in passato. Vedi le risposte di Garrison e di Cochran). Più generalmente, essi ignorano l'importantissima nozione di consumo di capitale. Ecco perché è necessario comprendere la teoria del capitale, come scoperta da Carl Menger e Eugen von Böhm-Bawerk, per poter capire il senso di ciò che è appena accaduto nell'economia degli Stati Uniti. Qualsiasi testa parlante della CNBC che non capisca il consumo di capitale darà orribili raccomandazioni di politica.
Nel pensare a questo articolo, sono andato avanti e indietro. Ho deciso che avrei dovuto usare un “modello” di complessità intermedia, perché se l'avessi semplificata troppo, avrebbe in effetti potuto non fare clic nella mente del lettore, ma se avessi esagerato, nessuno sano di mente avrebbe finito l'articolo. Senza ulteriore indugi, andiamo a esaminare l'ipotetica economia di un'isola composta di 100 persone, in cui l'unico bene di consumo sono i rotolini di sushi.
L'isola comincia in un equilibrio iniziale indefinitamente sostenibile. Ogni giorno, 25 persone portano delle barche al largo e usano delle reti per pescare. Altri 25 isolani si recano alle risaie per raccogliere il riso. Ancora altri 25 prendono il riso ed i pesci (raccolti durante il giorno precedente, naturalmente) e fanno allettanti rotolini di sushi. Per concludere, i 25 isolani rimasti dedicano i loro giorni alla manutenzione delle barche e delle reti. In questo modo, giornalmente sono prodotti complessivamente (diciamo) 500 rotolini di sushi, che permettono ad ogni isolano di mangiare 5 rotolini al giorno, ogni giorno. Non una brutta vita, davvero, soprattutto considerando la vista sull'oceano e l'assenza di Jim Cramer.
Ma ahimè, un bel giorno Paul Krugman approda sulla spiaggia. Dopo esser stato rianimato, egli esamina l'umile economia e comincia a consigliare gli isolani su come alzare il loro tenore di vita ai livelli americani. Mostra loro il motore fuoribordo (ancora pieno di carburante) del suo relitto, ed essi sono intrigati. Non avendo preparazione economica, trovano i suoi argomenti irresistibili ed acconsentono a seguire le sue raccomandazioni.
Di conseguenza, lo schieramento originale e sostenibile dei lavoratori dell'isola è alterato. Sotto il programma di Krugman per la prosperità, 30 isolani prendono le barche (una con un motore) e le reti per andare a pescare. Altri 30 raccolgono riso nelle risaie. I terzi 30 usano i pesci ed il riso per fare i rotolini di sushi. E ancora, 5 degli isolani setacciano l'isola in cerca dei materiali necessari per la manutenzione del motore; dopo tutto, ogni giorno brucia benzina e il suo olio diventa più sporco. Ma naturalmente, tutto ciò lascia soltanto 5 isolani per manutenere le barche e le reti, cosa che continuano a fare ogni giorno (se il lettore è curioso, Krugman non lavora nella produzione di sushi. Passa i suoi giorni su un'amaca, vergando saggi che danno la colpa della povertà degli isolani alla spilorceria degli alberi di cocco.)
Per alcuni mesi, gli isolani sono convinti che il Premio Nobel dal viso pallido sia un genio. 606 rotolini di sushi sono prodotti giornalmente, il che significa che tutti (Krugman compreso) possono mangiare 6 rotolini al giorno, anziché i 5 a cui erano abituati. Gli isolani credono che questo aumento sia dovuto all'uso del motore, ma in realtà è dovuto principalmente alla riorganizzazione delle mansioni. Prima, soltanto 25 persone si dedicavano alla pesca, alla raccolta del riso ed alla preparazione del sushi. Ma ora, 30 persone si dedicano a ciascuna di queste attività. Così, anche senza il motore, la produzione totale quotidiana di sushi sarebbe aumentata del 20%, presupponendo che gli isolani fossero ugualmente capaci nei vari lavori e che ci fosse abbondanza di pesce e riso forniti dalla natura (infatti, il contributo del motore è in realtà soltanto i 6 rotolini supplementari necessari per nutrire Krugman).
Ma ahimè, alla fine la riduzione della manutenzione delle barche e delle reti comincia ad incidere sulla produzione. Con soltanto 5 isolani dedicati a questa operazione, anziché i 25 originali, qualcosa deve succedere. Le reti sono sempre più sfilacciate col passare del tempo e nelle barche si aprono piccole falle. Ciò significa che i 30 pescatori non ritornano ogni giorno con altrettanti pesci, perché il loro equipaggiamento non è buono quanto usava essere. I 30 isolani che producono i sushi sono allora in difficoltà, perché ora hanno uno squilibrio fra riso e pesci. Cominciano a truffare, mettendo pezzi di pesce più piccoli in ogni rotolino. Gli isolani continuano ad ottenere 6 rotolini al giorno, ma ora ogni rotolino contiene meno pesce. Gli isolani sono furiosi – tranne quelli che sono disgustati dall'idea di ingerire pesce crudo.
Essendo un economista esperto, Krugman sa cosa fare. Suggerisce che 2 dei lavoratori del riso e 2 dei rotolini di sushi si imbarchino per aiutare i pescatori. Ora, con 34 operai, gli isolani possono pescare quasi tanti pesci al giorno dei mesi precedenti, anche se ora utilizzano delle reti stracciate e delle barche in sfacelo. Krugman – essendo molto acuto con i numeri – ha spostato appena tanti operai da far coincidere perfettamente i pesci pescati dai 34 isolani con il riso raccolto dai rimanenti 28 isolani che vanno alle risaie giornalmente. Con questa quantità di pesci e di riso, i 28 operai impegnati nell'arrotolamento possono produrre 556 rotolini di sushi al giorno. Ciò permette che tutti consumino circa 5 rotolini e mezzo al giorno, con un rotolino come bonus per Krugman.
Gli isolani sono un po' preoccupati. Quando hanno seguito la prima volta il consiglio di Krugman, il loro consumo è balzato da 5 a 6 rotolini al giorno. Poi, quando le cose sembravano essersi incasinate, Krugman è riuscito a rimediare al peggio della cattiva coordinazione, ma nonostante ciò il consumo è caduto a 5,5 rotolini al giorno. Krugman ha ricordato loro che 5,5 è meglio di 5. Infine ha convinto la folla a disperdersi parlando delle “funzioni di produzione Cobb-Douglas” e disegnando le curve IS-LM nella sabbia.
Siccome questo è un sito per famiglie, finiremo la nostra storia qui. Inutile a dirsi, ad un certo punto i 5 isolani dedicati alla produzione di barche e reti decideranno che devono tagliare le loro perdite. Piuttosto che provare a mantenere l'originale flotta di barche e l'originale scorta di reti con soltanto 5 operai anziché 25, concentreranno invece i loro sforzi sul migliore 20% di barche e reti e le manterranno in ottime condizioni. A quel punto, per gli isolani sarà fisicamente impossibile aumentare la produzione quotidiana di sushi. Per tornare semplicemente al loro livello originale e sostenibile di 5 rotolini di sushi al giorno per persona, gli isolani dovranno soffrire un periodo di privazione in cui molti di loro si dedicheranno alla produzione di reti e barche (possiamo solo sperare che nel frattempo il professor Krugman venga salvato dagli svedesi).
Le 5 persone che cercano il sistema di sintetizzare l'olio motore e la benzina dovranno abbandonare quell'attività, perché non è mai stata adeguata alla primitiva struttura del capitale degli isolani. Gli isolani naturalmente scarteranno il motore portato sull'isola da Krugman una volta finito il carburante.
Per concludere, prevediamo che, durante il periodo di transizione, alcuni isolani non avranno niente da fare. Dopo tutto, ce ne saranno già il massimo necessario per pescare con le barche e le reti disponibili e ci sarà già il numero corrispondente di isolani dedicati alla raccolta del riso e all'arrotolamento del sushi, data la piccola quantità quotidiana di pesci. Non avrebbe senso aggiungere degli isolani supplementari alla produzione di barche e di reti, perché allora terminerebbero la costruzione di più di quanto potrebbe essere sostenuto a lungo termine. Quindi, gli anziani turnano 10 persone ogni giorno, alle quali è permesso di bighellonare. Potrebbero naturalmente provare a pescare a mani nude, o a raccogliere del riso da mangiare da solo, ma tutti decidono che sarebbe una perdita di tempo. Data la situazione, viene deciso che durante la transizione, 10 persone ottengono un giorno libero, anche se tutti hanno fame. Ecco quanto è stato dannoso il consiglio di Krugman.
Conclusione
Come ha illustrato la nostra semplice storia, nelle economie moderne i lavoratori usano i beni d'investimento per aumentare il loro lavoro mentre trasformano i doni della natura in beni di consumo. A causa della struttura temporale della produzione, è possibile amplificare temporaneamenteil consumo di tutti, ma soltanto a scapito del mantenimento dei beni d'investimento (le barche e le reti), che vengono così “consumati.” Ad un certo punto, la costruzione della realtà fa la sua comparsa, e nessuna politica di “stimolo” può impedire una sensibile diminuzione nel consumo.
Anche se la storia dell'economia sushi era semplicistica, spero che abbia illustrato le caratteristiche essenziali di un ciclo boom-bust. Quando gli isolani hanno inizialmente messo in pratica il consiglio di Krugman, tutti si sono sentiti più ricchi. Dopo tutto, stavano davvero mangiando 6 rotolini al giorno anziché 5; non c'è discussione con i risultati. E nemmeno avrebbero avuto motivo di sospettare una ristrutturazione insostenibile: dopo tutto, stavano utilizzando un nuovo motore fuoribordo. Questo è analogo alle discussioni sulla “Nuova Economia” durante il boom delle dot com, o alla fiducia riposta nei nuovi strumenti finanziari utilizzati durante il boom immobiliare. Durante ogni boom, la gente può sempre trovare le ragioni per cui “questa volta è differente.”
Nell'economia del sushi, questa prosperità iniziale era illusoria. Anche se c'erano effettivamente benefici portati dalla nuova tecnologia, la massa del consumo supplementare veniva finanziata attraverso il consumo del capitale, ovvero permettendo che le barche e le reti si deteriorassero. Questo è analogo all'enorme quantità di beni di consumo importate che gli americani hanno consumato durante il boom immobiliare, perché pensavano erroneamente che il valore crescente delle loro case l'avrebbe più che compensata. In altre parole, se gli americani si fossero resi conto che i loro valori immobili sarebbero calati in pochi anni, non avrebbero consumato così tanto. Stavano consumando il capitale senza capirlo, proprio come gli isolani non hanno non avevano capito che il loro consumo supplementare di sushi era finanziato in gran parte dall'incuria delle loro barche e reti.
Notate anche che questo aspetto della storia risponde all'obiezione di Cowen: la gente consuma di più durante il boom – ovvero, i paesani mangiano più sushi al giorno – persino mentre vengono intrapresi nuovi, insostenibili progetti d'investimento (nella nostra economia sushi, il progetto insostenibile era la ricerca della benzina per lo stravagante motore fuoribordo). Cowen ha ragione quando dice che un allungamento sostenibile della struttura del capitale inizialmente richiede una riduzione del consumo; quello che accade è che gli investitori rinunciano al consumo e mettono il loro risparmio nei nuovi progetti. Ma durante un boom indotto dalla banca centrale, non c'è stato un risparmio reale per finanziare i nuovi investimenti. È per questo che il boom è insostenibile, ma spiega inoltre perché allo stesso tempo il consumo aumenti. È vero che questo è impossibile a lungo termine, ma a breve scadenza è possibile aumentare l'investimento nei nuovi progetti ed aumentare il consumo al contempo. Quello che fate è tagliare la manutenzione dei cruciali beni intermedi, proprio come hanno fatto i nostri isolani per tirare avanti per pochi mesi. Un'economia moderna è molto complessa e possono passare diversi anni prima che una struttura insostenibile venga riconosciuta come tale.
Infine, la nostra economia sushi ha mostrato perché la disoccupazione aumenta durante la riduzione. Alla gente non piace lavorare; preferisce rilassarsi. Perché sia interessante rinunciare allo svago, il profitto del lavoro dev'essere abbastanza alto. Durante il periodo di “recessione„” quando gli isolani hanno dovuto tagliare la produzione dai “settori” del pesce, del riso e del sushi, non c'erano 100 compiti diversi che valesse la pena di eseguire. Nella nostra storia, abbiamo stipulato che soltanto 90 persone potrebbero essere utilmente integrate nella struttura della produzione, almeno finché la flotta delle barche e la scorta di reti cominciano ad essere ristabilite, permettendo che più isolani “disoccupati” abbiano di nuovo qualcosa di utile da fare.
Anche nel mondo reale accade questo: durante la recessione dopo il periodo del boom artificiale, le risorse devono essere riorganizzate; determinati progetti devono essere abbandonati (come la ricerca della benzina nell'economia del sushi); e i cruciali beni intermedi (come le barche e le reti) devono essere riprodotti dal momento che durante il boom sono stati ignorati. Ci vuole tempo perché tutti i milioni e di diversi materiali, attrezzi e attrezzature tornino disponibili per riprendere lo sviluppo normale. Durante quella transizione, il contributo del lavoro di qualche persona è così basso che non vale la pena di impiegarlo (in particolare con le leggi del salario minimo ed altre regolazioni).
Il difetto elementare nell'obiezione di Krugman è che ignora la struttura temporale della produzione. Quando gli operai vengono licenziati nelle industrie che producono beni d'investimento, non possono passare semplicemente a sfornare TV e pasti a base di bistecca. Questo perché la produzione di TV e di pasti a base di bistecca dipendono da beni d'investimento che devono già essere prodotti. Nella nostra economia del sushi, gli isolani disoccupati non avrebbero potuto passare all'arrotolamento del sushi, perché non c'erano ancora abbastanza pesci già pescati. E non avrebbero potuto passare alla produzione di pesci, perché non c'erano abbastanza barche e reti per rendere utili i loro sforzi. E in conclusione, non avrebbero potuto passare alla produzione di barche e reti, perché c'erano già abbastanza isolani che lavoravano in quel campo per riportare la flotta e la scorta di reti di nuovo al loro livello sostenibile di lungo termine.
Dei laureandi a volte mi chiedono perché mi occupo di una scuola di pensiero “obsoleta.” Non mi metto a citare il soggettivismo, la teoria monetaria, o persino l'attività imprenditoriale, benché queste siano tutti campi in cui la scuola austriaca è superiore alla corrente neoclassica. No, dico sempre, “la loro teoria del capitale e la teoria del ciclo economico sono il meglio che abbia trovato.” La nostra attuale crisi economica – e il fatto che i Premi Nobel non capiscono neppure cosa sta succedendo – indica che ho scelto saggiamente.
11 comments:
un massacro che magari non produce lo stesso numero di morti e mutilati di quelli eseguiti con le bombe “intelligenti”
Eppure genera il denaro usato per comprarle...
Hai ragione, ci aggiungo un “a prima vista.”
Sempre notevoli Pax i tuoi contributi.
Io continuo a leggere ed intanto imparo qualcosina.
La storiella che racconta Murphy mi ha fatto tornare in mente la discussione che ebbi con alcuni amici alcuni anni or sono, una sera al kafenio in Grecia.
Eravamo in 4, io, all'epoca studente full time, un mio amico poliziotto, un altro contadino, ed un altro "dipendente pubblico".
Al che mi era venuta una immagine in testa, e dissi
-"ragazzi, siamo una rappresentazione in piccolo della Grecia: uno che lavora la terra, uno che studia, uno che amministra il bene pubblico ed uno che controlla che nessuno sgarri.
In pratica, c'è uno solo che produce per dar da mangiare agli altri tre."
Che poi all'epoca mi sembrava una battuta simpatica, ma forse non si era così lontani dalla realtà...
A presto
Mmmh... nella parabola del sushi, basterebbe cambiare qualche variabile per ottenere risultati completamente diversi, e più favoreli a Krugman.
Santa, in effetti sembra proprio la Grecia. L'unica differenza è che il poliziotto avrebbe dovuto menare lo studente e il contadino... :-)
Mmmmh... Thomas, sei sicuro di averla compresa bene, la parabola del sushi? Perché le variabili, i numeri, sono semplicemente indicativi: il senso è che si parte da un'organizzazione ottimale e si operano delle modifiche nella divisione del lavoro.
Questa fissazione con la matematica è davvero la rovina dell'economia.
1)indebitarsi è prelevare energia dal futuro.
2) con i derivati,si è potuto aumentare l'indebitamento enormemente.
3)l'energia prelevata dal futuro è stata enorme.
4) c'è un limite all'indebitamento.
5)è stato raggiunto.
6)non si può più prelevare ,dal futuro.
7) l'energia che disponiamo nel presente è insufficiente a far si che si continui come al solito
8)i consumi crollano
9)la produzione crolla
10)i consumi crollano di più
11)la produzione ancora di più
12)se vogliamo vivere nel presente,si deve rinunciare al DEBITO,
13)probabilmente è tardi.
Mmmmh... Thomas, sei sicuro di averla compresa bene, la parabola del sushi?
No, ma vediamo un po'. La parabola per essere dimostrativa dovrebbe condurre sempre allo stesso esito qualunque siano le variabili in gioco, altrimenti dimostra solo che se l'apporto della barca a motore è di soli 6 pesci, non conviene riorganizzare la divisione del lavoro in vista di questo vantaggio, pena perdite successive.
Così come viene raccontata, la morale sembrerebbe essere che il progresso tecnologico è una cazzata ed è meglio attenersi alle usanze dei padri.
Attento: le barche e le reti (e il motore) rappresentano i beni d'investimento, il pesce e il riso i beni intermedi, il sushi i beni di consumo.
Nell'esempio il motore ha solo la funzione di rappresentare un'attività sproporzionata rispetto all'economia dell'isola e che drena una certa quantità di risorse per il suo mantenimento.
Se, per pura ipotesi, questo drenaggio non ci fosse, e l'uso del motore aumentasse di per sé la quantità del pescato, gli isolani otterrebbero un vantaggio netto, ma sarebbe dovuto soltanto al fatto di possedere una nuova, miracolosa tecnologia, non certo per la riorganizzazione di Krugman, che non ci sarebbe stata.
Anche in quel caso, però, la maggiore quantità di pesci si rivelerebbe inutile, perché ci vorrebbero più riso e più addetti alla cucina per poterla sfruttare, oltre al fatto, ovviamente, di aver introdotto il concetto di un motore che non necessita né di benzina né di manutenzione.
Il senso di tutto questo continua a sfuggirmi, ma pensandoci bene credo che sia dovuto al fatto che manca il vero protagonista della storia: il denaro.
Mah, forse ti manca solo qualche lettura in più, sia detto senza acrimonia...
“Il senso di tutto questo continua a sfuggirmi, ma pensandoci bene credo che sia dovuto al fatto che manca il vero protagonista della storia: il denaro.”
Sì e no…
L’esempio mostra come un cambio di struttura produttiva produttiva agisca su una struttura economica che inizialmente si trovava in quel famoso equilibrio economico di cui si parla tanto nei libri di scuola.
Quando arriva Krugman sull’isola e modifica la struttura produttiva accadono due cose:
- Da una parte aumentano i consumi a la struttura produttiva che produce il “bene finale”. Nel nostro caso aumentano gli occupati nel settore della pesca e del riso.
- Dall’altra vengono impiegate risorse in progetti a lungo termine (sintesi del carburante per la barca) senza che vi sia stato un risparmio effettivo di capitale.
In pratica aumentano sia i consumi che gli investimenti senza che vi siano stati prima dei risparmi (tutto il pesce viene consumato). Questo meccanismo è insostenibile (per sostenere l’aumento dei consumi e l’investimento ne ha fatto le spese il settore “riparazione barche e reti”) e se anche all’inizio si è percepito un aumento della ricchezza della popolazione (c’è più sushi per tutti) questo, dopo un certo tempo, si tramuta nella crisi descritta dall’esempio.
Cosa c’entra la tecnologia? Se gli isolani si fossero limitati ad impiegarla senza modificare la struttura produttiva avrebbero avuto un aumento netto di produzione, quindi la tecnologia in sé è ovviamente un bene. Il problema è la percezione che gli isolani hanno della stessa e che dire loro: “Non ci sarà un boom e poi una crisi, questa volta sarà diverso”.
Più che il denaro in questa storia manca il tasso di interesse. Lo shift nella struttura produttiva è fatto da Krugman e quindi è il risultato di una pianificazione centrale più che di una politica monetaria espansiva ma in un’economia monetaria quest’ultima avrebbe avuto effetti simili.
Se vuoi puoi dare un’occhiata a questa presentazione di Roger Garrison (http://www.auburn.edu/~garriro/cbm2006.ppt). E’ una versione semplificata (e po’ “adattata” ai termini macroeconomici accademici ) dell’Austrian Business Cycle Theory.
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