Friday, January 9, 2009

Milton Friedman svelato #2

Di Murray N. Rothbard


MONETA E CICLO ECONOMICO

La terza importante caratteristica del programma del New Deal era proto-keynesiana: la pianificazione da parte del governo della sfera “macro” per appianare il ciclo economico. Nel suo approccio al campo generale della moneta e del ciclo economico – un campo in cui Friedman ha purtroppo concentrato la gran parte dei suoi sforzi – Friedman dà credito non solo ai vecchi Chicago Boys, ma anche, come loro, all'economista di Yale Irving Fisher, che era l'economista per eccellenza dell'Establishment dal 1900 fino agli anni 20. Friedman, effettivamente, ha acclamato apertamente Fisher come “il più grande economista del ventesimo secolo,” e leggendo i testi di Friedman, si ha spesso l'impressione di rileggere Fisher, addobbato, naturalmente, con molta più fuffa matematica e statistica. Gli economisti e la stampa, per esempio, applaudono la recente “scoperta” di Friedman che i tassi d'interesse tendono a salire quando i prezzi aumentano, aggiungendo un premio di inflazione per mantenere lo stesso tasso d'interesse “reale”; questo ignora il fatto che Fisher lo aveva già notato alla fine del ventesimo secolo.

Ma il problema chiave con l'approccio fisheriano di Friedman è la stessa separazione ortodossa delle sfere micro e macro già devastante nella sua visione della tassazione. Perché Fisher credeva, ancora, che da un lato ci fosse un mondo di prezzi individuali determinato dalla domanda e dall'offerta, ma che dall'altro ci fosse un “livello dei prezzi” aggregato determinato dalla disponibilità di moneta e dalla sua velocità di circolazione, e che i due non si incontrassero mai. La sfera macro, aggregata, si suppone sia l'adeguato soggetto della pianificazione e manipolazione di governo, ancora una volta senza presumibilmente interessare o interferire con l'area micro dei prezzi individuali.

Fisher sulla moneta

In accordo con questa concezione, Irving Fisher scrisse un famoso articolo nel 1923, “Il ciclo economico è soprattutto una ‘danza del dollaro’” – recentemente citato favorevolmente da Friedman – che stabiliva il modello per la teoria del ciclo economico “puramente monetaria” di Chicago. In questa vista semplicistica, il ciclo economico si suppone essere soltanto una “danza,” cioè una serie essenzialmente casuale e causalmente disgiunta di alti e bassi nel “livello dei prezzi.” Il ciclo economico, in breve, è la serie di variazioni casuali ed inutili nel livello aggregato dei prezzi. Di conseguenza, dal momento che il mercato libero provoca questa “danza casuale,” la cura per il ciclo economico è che il governo appronti delle misure per stabilizzare il livello dei prezzi, per mantenere quel livello costante. Questo diventò lo scopo della scuola di Chicago degli anni 30 e rimane anche l'obiettivo di Milton Friedman.

Perché un livello di prezzi stabile si suppone sia un'idea etica, da raggiungersi anche mediante l'uso della coercizione governativa? I friedmaniani assumono semplicemente l'obiettivo come manifesto ed a malapena necessitante di discussione ragionata. Ma le basi originali di Fisher erano un malinteso totale della natura della moneta, e dei nomi delle diverse unità monetarie. In realtà, come la maggior parte degli economisti del diciannovesimo secolo sapevano bene, questi nomi (dollaro, sterlina, franco, ecc.) non erano in qualche maniera delle realtà di per sé, ma erano semplicemente dei nomi per delle unità di peso d'oro o d'argento. Erano queste merci, emergenti dal mercato libero, ad essere la vera moneta; i nomi e i soldi di carta e la moneta bancaria, erano semplicemente richieste di pagamento in oro o argento. Ma Irving Fisher si rifiutò di riconoscere sia vera natura della moneta che l'appropriata funzione della parità aurea, o il nome di una valuta come unità di peso in oro. Invece, considerava questi nomi di sostituti cartacei emessi dai vari governi come assoluti, come se fossero moneta. La funzione di questa “ moneta” era di “misurare” i valori. Di conseguenza, Fisher riteneva necessario mantenere il potere d'acquisto della valuta, o il livello dei prezzi, costante.

Questo obiettivo donchisciottesco di un livello di prezzi stabile contrasta con la visione economica del diciannovesimo secolo – e con la successiva scuola austriaca. Esse hanno acclamato i risultati del mercato non ostacolato, del capitalismo laissez faire, nel determinare invariabilmente un livello dei prezzi in calo costante. Perché senza l'intervento del governo, la produttività e l'offerta delle merci tende sempre ad aumentare, causando un declino nei prezzi. Quindi, nella prima metà del diciannovesimo secolo – “la Rivoluzione Industriale” – i prezzi tendevano a scendere costantemente, aumentando così il salario reale pur senza un aumento degli stipendi in termini monetari. Possiamo osservare come questa costante riduzione dei prezzi porti i benefici di livelli di vita più elevati a tutti i consumatori, in esempi quali gli apparecchi televisivi che sono scesi dai 2000 dollari del loro primo ingresso sul mercato a circa 100 per un apparecchio ben migliore. E questo in un periodo di inflazione galoppante.

Fu Irving Fisher, con le sue dottrine e la sua influenza, ad essere in larga parte responsabile delle disastrose politiche inflazionistiche del sistema della Riserva Federale durante gli anni 20 e quindi per il successivo olocausto del 1929. Uno degli obiettivi principali di Benjamin Strong, capo della Federal Reserve Bank (Fed) di New York e virtuale dittatore della Fed durante gli anni 20, era, sotto l'influenza della dottrina di Fisher, di mantenere il livello dei prezzi costante. E poiché i prezzi all'ingrosso erano costanti o effettivamente in calo durante gli anni 20, Fisher, Strong ed il resto dell'Establishment economico si rifiutarono di riconoscere che fosse mai esistito un problema d'inflazione. Così, di conseguenza, Strong, Fisher e la Fed si rifiutarono di ascoltare economisti eterodossi quali Ludwig von Mises e H. Parker Willis che durante gli anni 20 avvertivano che una malsana inflazione del credito bancario stava conducendo ad un inevitabile crollo economico.

Così ostinati erano questi personaggi che, ancora nel 1930, Fisher, nel suo canto del cigno come profeta economico, scrisse che la depressione non c'era e che il crollo del mercato azionario era soltanto temporaneo. 13

Friedman sulla moneta

Ed ora, nella sua molto pubblicizzata Storia monetaria degli Stati Uniti, Friedman ha dimostrato la sua inclinazione fisheriana nell'interpretazione della storia economica americana. 14 Benjamin Strong, indubbiamente la più disastrosa singola influenza nell'economia degli anni 20, viene celebrato da Friedman precisamente per la sua stabilizzazione dell'inflazione e del livello dei prezzi durante quel decennio. 15 Infatti, Friedman attribuisce la depressione del 1929 non al boom inflazionistico precedente ma al fallimento della Riserva Federale del dopo Strong nel gonfiare a sufficienza la massa monetaria prima e durante la depressione.

In breve, anche se Milton Friedman ha prestato un servizio nel riportare all'attenzione della professione economica l'importante influenza della moneta e della massa monetaria sui cicli economici, dobbiamo riconoscere che questo approccio “puramente monetarista” è quasi l'esatto opposto della solida – e davvero di libero mercato – visione austriaca. Perché mentre gli austriaci sostengono che l'espansione monetaria di Strong ha reso il successivo crollo del 1929 inevitabile, Fisher-Friedman crede che tutto ciò che la Fed doveva fare fosse di pompare più soldi per contrastare ogni recessione. Credendo che non ci sia influenza causale che colleghi il boom dal crollo, credendo nella semplicistica teoria della “Danza del Dollaro,” i Chicago Boys vogliono semplicemente che il governo manipoli quella danza, specificamente per aumentare la massa monetaria per controbilanciare la recessione.

Durante gli anni 30, quindi, la posizione Fisher-Chicago era che, per curare la depressione, il livello dei prezzi avrebbe dovuto essere “reflazionato” ai livelli degli anni 20 e che la reflazione avrebbe dovuto essere compiuta mediante:
  1. l'ampliamento della massa monetaria da parte della Fed e
  2. la spesa di deficit e i programmi di lavori pubblici su larga scala da parte del governo federale.
In breve, durante gli anni 30, Fisher e la scuola di Chicago erano “keynesiani pre-Keynes” e, per quel motivo, erano considerati piuttosto radicali e socialisti – e a ragione. Come i successivi keynesiani, i Chicago Boys favorirono una politica monetaria e fiscale “compensativa,” comunque sempre con maggior attenzione sul ramo monetario.

Alcuni potrebbero obiettare che Milton Friedman non crede così tanto in una politica monetaria e fiscale manipolativa come in un aumento “automatico” della Riserva Federale ad un tasso del 3-4 per cento annuo. Ma questa modifica della vecchia Scuola di Chicago è puramente tecnica, e proviene dalla realizzazione di Friedman che le manipolazioni giornaliere e a breve termine della Fed soffrirebbero di inevitabili ritardi, e sarebbero quindi destinate ad aggravare piuttosto che a migliorare il ciclo. Ma dobbiamo renderci conto che la politica inflazionista automatica di Friedman è semplicemente un'altra variante nell'inseguimento dello stesso vecchio scopo Chicago-fisheriano: la stabilizzazione del livello dei prezzi – in questo caso, stabilizzazione nel lungo termine. Quindi, Milton Friedman è, puramente e semplicemente, uno statalista-inflazionista, anche se un inflazionista più moderato della maggior parte dei keynesiani. Ma questa è in effetti una piccola consolazione e difficilmente qualifica Friedman come economista di mercato in questo campo vitale.

Fisher, Friedman e la fine della parità aurea

A partire dai suoi primi giorni, Irving Fisher fu – correttamente – considerato come un radicale monetario ed uno statalista per il suo desiderio di eliminare la parità aurea. Fisher capì che la parità aurea – sotto la quale la moneta di base è una merce estratta sul mercato libero piuttosto che creata dal governo – era incompatibile con la sua ossessionante volontà di stabilizzare il livello dei prezzi. Quindi, Fisher fu uno dei primi economisti moderni a richiedere l'abolizione della parità aurea e la sua sostituzione con il corso legale.

Con un sistema di corso legale, il nome della valuta – dollaro, franco, marco, ecc. – diventa il definitivo standard monetario, ed il controllo assoluto della fornitura e dell'uso di queste unità è necessariamente conferito al governo centrale. In breve, la moneta inconvertibile è inerentemente la moneta dello statalismo assoluto. La moneta è il prodotto centrale, il centro nervoso, per così dire, dell'economia di mercato moderna, ed ogni sistema che conferisca il controllo assoluto di quel prodotto nelle mani dello Stato è disperatamente incompatibile con un'economia di mercato o, alla fine, con la libertà individuale in sé.

Tuttavia, Milton Friedman è un fautore radicale del taglio di tutti gli attuali legami, per quanto deboli, con l'oro, e del passaggio ad uno standard totale ed assoluto di dollaro a corso legale, con tutto il controllo conferito al Sistema della Riserva Federale.* Naturalmente, a quel punto Friedman raccomanderebbe alla Fed di usare saggiamente quel potere assoluto, ma nessun libertario degno di questo nome può provare altro che disgusto per l'idea stessa di conferire potere coercitivo a qualsiasi gruppo e quindi sperare che tale gruppo non usi il proprio potere al massimo grado. La ragione per cui Friedman è completamente cieco alle implicazioni tiranniche e despotiche del suo schema di moneta a corso legale è, ancora una volta, la separazione arbitraria della Scuola di Chicago fra micro e macro, la speranza inutile e chimerica che possiamo avere un controllo totalitario della sfera macro conservando il “mercato libero” nel micro. Dovrebbe essere ormai chiaro che questo genere di “micro-libero mercato” alla Chicago è “libero” soltanto nel senso più ingannevole e ironico: assomiglia molto alla “libertà” orwelliana di “la Schiavitù è Libertà”

Un ritorno alla parità aurea

È indiscutibile il fatto che il sistema monetario internazionale attuale sia un'irrazionale ed abortiva mostruosità ed ha bisogno di una drastica riforma. Ma la riforma proposta da Friedman, di tagliare tutti i legami con l'oro, renderebbe la situazione ben peggiore, dato che lascerebbe tutto alla misericordia completa del suo Stato emettente denaro a corso legale. Dobbiamo andare precisamente nella direzione opposta: ad una parità aurea internazionale che ristabilisca la moneta-merce ovunque e tolga ogni manipolazione monetaria statale dalla schiena dei popoli del mondo.

Inoltre, l'oro, o una qualche altra merce, è vitale per la fornitura di una moneta internazionale – una moneta di base con cui tutte le nazioni possono vendere e depositare i loro conti. L'assurdità filosofica del piano di Friedman con ogni governo che fornisce liberamente la propria moneta a corso legale, separatamente da tutti gli altri, può essere vista chiaramente se consideriamo che cosa accadrebbe se ogni regione, ogni provincia, ogni stato, no ogni città, contea, paese, villaggio, isolato, casa, o individuo emettesse la propria moneta, e quindi avessimo, come Friedman prevede, tassi di cambio liberamente fluttuanti fra tutti questi milioni di valute. Il caos seguente sorgerebbe dalla distruzione del concetto stesso di moneta – l'entità che serve da mezzo generale per tutti gli scambi sul mercato. Filosoficamente, il friedmanismo distruggerebbe la moneta in sé e ci ridurrebbe al caos ed al primitivismo del sistema del baratto.

Uno degli errori cruciali di Friedman nel suo piano per consegnare tutto il potere monetario allo Stato è che non riesce a capire che questo schema sarebbe inerentemente inflazionistico. Perché lo Stato avrebbe allora in suo totale potere di emettere la quantità di moneta che vuole. Il consiglio di Friedman di limitare questo potere ad un'espansione del 3-4% l'anno ignora il fatto cruciale che qualsiasi gruppo, entrando in possesso del potere assoluto di “stampare i soldi,” tenderà a... stamparli! Supponete che a John Jones sia assegnato dal governo il potere assoluto, il monopolio compulsivo, sul torchio tipografico, e gli sia permesso di emettere tutti i soldi che vuole, e di utilizzarli come vuole. Non è forse cristallino che Jones userà questo potere di contraffazione legalizzata al massimo grado, e che quindi il suo governo sulla moneta tenderà ad essere inflazionistico? Alla stessa maniera, lo Stato si è da lungo tempo arrogato il monopolio compulsivo della contraffazione legalizzata, ed in tal modo ha avuto la tendenza ad usarlo: quindi, lo Stato è inerentemente inflazionistico, come sarebbe qualsiasi gruppo con il potere unico di creare i soldi. Lo schema di Friedman intensificherebbe soltanto quel potere e quell'inflazione.

L'unica soluzione libertaria, al contrario, è di far restituire dallo Stato le sue scorte di moneta-merce. Franklin Roosevelt, con il pretesto di “un'emergenza della depressione,” ha confiscato tutto l'oro posseduto dal popolo americano nel 1933, e niente è stato detto per quasi quattro decenni circa la restituzione del nostro oro. Contrariamente a Friedman, il vero libertario deve chiedere al governo di ridare al popolo l'oro rubato, che il governo ci aveva sequestrato in cambio dei suoi dollari di carta.
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Note

13. Irving Fisher, The Stock Market Crash – And After (New York: Macmillan, 1930).
14. Milton Friedman e Anna Schwartz, A Monetary History of the United States, 1867–1960 (Princeton, N.J.: Princeton University Press, 1963).
15. Vedi Murray N. Rothbard, America’s Great Depression (Princeton, N.J.: D. Van Nostrand, 1963), per una visione contrastante degli anni 20. Altro sulla visione del ciclo economico friedmaniana contro quella austriaca si può trovare in Murray N. Rothbard, “The Great Inflationary Recession Issue: ‘Nixonomics’ Explained,” The Individualist (June 1970), pp. 1–5.

*Questo è, in effetti, esattamente ciò che è accaduto a pochi anni dall'originale pubblicazione di questo articolo. Vedi Murray N. Rothbard, What Has Government Done To Our Money? (Auburn, Ala.: Ludwig von Mises Institute, 1990). – Ed.
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