Hunt Tooley insegna storia all'Austin College, ed è l'autore di “The Hindenburg Program of 1916: A Central Experiment in Wartime Planning” (pdf). In questo breve saggio analizza uno dei prezzi più cari che l'umanità ha dovuto pagare per la Prima Guerra Mondiale, ovvero il passaggio della vita e della proprietà privata dalle mani dell'individuo a quelle dello stato.
Un prezzo che continuiamo a pagare ancora oggi, e che spiega almeno in parte, se non del tutto, il motivo per cui i governi sono sempre così prolifici nella produzione di giustificazioni per la guerra.
In tre parti, questa è la prima.
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I costi della Grande Guerra: la nazionalizzazione della vita privata
Di T. Hunt Tooley
I costi della Grande Guerra furono davvero astronomici. Come per il numero delle stelle, la contabilità finale è nelle mani di Dio. I massacri, il patrimonio, la fede in una certa specie di ordine della società: tutti questi sono stati costi della guerra. Come suggerì Wilfred Owen nella sua terribile poesia “Strange Meeting,” la cultura europea sembrava terribilmente determinata a migrare dal progresso verso qualcosa che lo storico letterario Paul Fussell più tardi chiamò il mondo dei trogloditi: una specie di visione hobbesiana, si potrebbe dire, dipinta con penna ed inchiostro da Otto Dix. [1] Un grande costo, davvero.
Tuttavia questo saggio ha meno a che fare con i numeri di vite finite rispetto a ciò che pertiene le vite alterate, o piuttosto, i cambiamenti nella condizione della vita privata dell'individuo moderno, della famiglia moderna, della comunità moderna. Questo saggio riguarda la proprietà privata, l'autonomia dell'individuo e la tendenza disastrosa dello stato, accelerata dalla Prima Guerra Mondiale, a rivendicare il diritto di prendere a piacere qualsiasi cosa si trovi all'interno del suo territorio.
Un tema secondario è che questo grande cambiamento nella vita privata era già in maturazione prima del 1914. L'agente reale del cambiamento non fu la guerra, ma lo stato ed i suoi appoggi e servi. Tuttavia la guerra come acceleratore del cambiamento fu dannosa a sufficienza. I leader politici ed intellettuali in tutti i paesi accolsero con favore la guerra per i cambiamenti collettivisti che avrebbe inevitabilmente portato. Negli Stati Uniti, una delle figure più importanti ad accogliere favorevolmente la guerra fu John Dewey, un vero dio nel pantheon della nostra moderna religione civile. Dewey vedeva la guerra, giustamente, come l'acceleratore della incombente società industriale: una società positivista gestita, che considerava come la democrazia stessa. (Più su questo sotto.)
Mere statistiche
Le mere statistiche non raccontano l'intera storia, ma possono cominciare a mostrarne i contorni. Cinquanta milioni di uomini in tutto il mondo furono mobilitati per il servizio militare in guerra. Poco più di un quinto di essi morì. [2] Le morti civili sono più difficili da calcolare, ma molti milioni morirono d'inedia (come nel caso della Germania, dove morì per malnutrizione un numero di civili fra il mezzo milione e 700.000), per omicidio di massa intenzionale, ed emigrazione forzata, mentre altri furono uccisi per rappresaglia o come spie, casualmente da fuoco amico o nemico, o vittime della violenza intenzionale di singoli soldati (amici o nemici), ecc. [3]
Oltre alla sua capacità di trasformare individui vivi in individui morti, durante la Prima Guerra Mondiale, lo stato riuscì anche ad inquinare, sconvolgere e distruggere gli ecosistemi delle campagne e delle città in Europa ed altrove – ecosistemi che si erano formati in millenni. L'area di distruzione lungo il Fronte Occidentale è, naturalmente, l'esempio più notevole. Ogni città o paese all'interno di quest'area venne danneggiata; un gran numero è scomparso. Alcune città sopravvissero soltanto come associazioni di raccolta per organizzare riunioni ufficiali degli ex residenti – riunioni tenute necessariamente altrove, poiché nei siti delle città la terra stessa era stata alterata fisicamente, inquinata e disseminata di esplosivi attivi. Effettivamente, le innaturali quantità di materiale organico in decomposizione ed un'enorme distribuzione di prodotti chimici tossici (metalli pesanti compresi), con la rottura semi-totale delle reti fognarie naturali ed artificiali nella maggior parte delle zone, hanno significato che alcuni di quei luoghi sono stati semplicemente irrecuperabili per gli ultimi novant'anni – e per quanto ancora in futuro possiamo soltanto immaginarlo. [4] Delle vite sono state ancora – negli ultimi anni – perdute o minacciate da questi esplosivi e da altri pericoli rimasti indietro. [5]
Su altri fronti, la distruzione tese ad essere meno intensa. Ma ancora, città dopo città furono bombardate e bruciate lungo tutta l'Europa centrale e sud-orientale, così come altrove. All'inizio della Prima Guerra Mondiale, le armate russe “ripulirono” le aree vicino al fronte di milioni di ebrei, tedeschi ed altre persone considerate probabilmente bendisposte verso l'esercito tedesco. Molte centinaia di migliaia morirono nel procedimento. [6] E ci fu il massacro turco degli armeni, degli assiri e dei greci quasi contemporaneamente. In effetti, questi casi di pulizia e omicidi etnici aprirono ancora un altro vaso di Pandora che trasformò la “tecnica” dell'emigrazione forzata violenta in uno dei motivi principali del mondo del ventesimo secolo.
Dovremmo anche pensare ai risultati a lungo termine: la miseria causata da queste morti e dalla brutalità, le vite produttive che il mondo ha perso, il lavoro mai compiuto, le tradizioni familiari che finirono e molto di più. E se estendiamo il nostro pensiero fino ai risultati geopolitici della guerra, vediamo ulteriori miserie scorrere dalle decisioni umane di quel tempo. La rivoluzione russa ed i conflitti che nacquero dal quasi inspiegabile congresso di pace di Parigi provocarono incalcolabile sofferenza, morte e disperazione in problemi che ancor oggi sembrano insolubili.
Civiltà europea e individui
Ma qui voglio concentrarmi non sul tema delle vite, ma della vita privata e della sua estensione, la proprietà privata. In primo luogo, uno degli enormi costi della guerra fu la percentuale di ricchezza o di capacità produttiva trasferita da mani private nei forzieri di stato. Anche il teorico originale del potere dello stato, Niccolò Machiavelli, raccomandò agli aspiranti assolutisti di tenere le mani lontane dalle proprietà (e dalle donne) dei loro contadini e di altri cittadini produttivi. [7]
In effetti, gli assolutisti di Machiavelli lottarono con l'Europa dell'individualismo e del costituzionalismo per trecento anni, fino a che le forze degli individualisti liberali non sembrarono aver conquistato la supremazia sia in Europa che nelle sue appendici. Ma dall'ultimo quarto del diciannovesimo secolo, l'Europa degli imperi, del nazionalismo e del crescente collettivismo voltò le spalle alle realizzazioni ed all'autonomia degli individui e delle famiglie. Nel periodo precedente la Prima Guerra Mondiale, gli europei sempre più cominciavano a definirsi per gruppi – nazionalità, sesso, o classe. Ogni gruppo sviluppò l'abitudine di chiedere al governo di confermarlo o sostenerlo o di dargli privilegi speciali – spesso con la minaccia implicita della violenza.
Tutto questo era in diretto contrasto sia con i valori conservatori che con quelli liberali del diciannovesimo secolo, ma i liberali in Europa e negli Stati Uniti subirono una trasformazione: nati come campioni dell'autonomia individuale, diventarono schiavi della sicurezza di gruppo. In questo scenario, la guerra diventò, come Murray Rothbard ed altri hanno osservato, adempimento. [8] Le politiche sono troppo familiari per enumerarle: intervento economico ovunque, pesante incoraggiamento per unirsi al “sistema” bellico, denuncia continua dei nemici interni, disprezzo della norma di legge, massiccio trasferimento di ricchezza dalle mani degli individui, delle famiglie e di altre fonti private allo stato. Non ultima tra queste tendenze fu la sopraffazione delle vite private e perfino della privacy. Dalla vacua propaganda esaltante il pensiero di gruppo in tutte le società dei belligeranti al disfacimento molto reale delle unità familiari ad opera dei bolscevichi, la guerra fu la copertura per le molteplici incursioni dell'interferenza dello stato nella vita privata.
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Note
[1] Paul Fussell, The Great War and Modern Memory (New York: Oxford University Press, 1975), ch. 2, “The Troglodyte World.”
[2] Leonard P. Ayers, The War With Germany: A Statistical Summary (Washington, D. C., 1919).
[3] In più, l'epidemia d'influenza del 1918-19 si portò via molti altri civili (e più persone universalmente dell'intero tributo di morte della Grande Guerra). Questa epidemia fu in un certo senso un evento naturale, ma completamente a carico della guerra: cominciò apparentemente con un virus che poteva adattarsi a causa del gran numero di uomini nei campi d'addestramento americani del Midwest, dove pare che trovò il mezzo in cui adattarsi e sfuggire da popolazione e forma originarie. In effetti, anche se gli Stati Uniti furono colpiti violentemente (con circa 675.000 morti, compresi 43.000 soldati e marinai), pare che il virus abbia fatto nell'agosto 1918 un altro adattamento che gli permise di muoversi intorno al globo. Gli europei morirono in numeri simili, ma l'enorme quantità di morti in India portò il totale in tutto il mondo a quaranta milioni, circa due o due volte e mezza il numero dei morti per tutte le altre cause nella Prima Guerra Mondiale. Per un breve sommario, vedi Pope e Wheal, Dictionary of the First World War, 104; vedi anche Fred R. Van Hartesveldt, The 1918–1919 Pandemic of Influenza: The Urban Impact in the Western World (New York, 1992); e per un recente studio scientifico, Jeffrey K. Taubenberger, “Seeking the 1918 Spanish Influenza Virus,” American Society for Microbiology News, 65, no. 7 (1999).
[4] Vedi Hunt Tooley, The Western Front: Battleground and Home Front in the First World War (Houdmills, Basingstoke: Palgrave, 2003), esp. Chapter VIII.
[5] Stephen Castle, “Great War explosives dump is unearthed by Belgian farmer,” The Independent, 20 marzo 2001.
[6] Vedi Peter Gattrell, A Whole Empire Walking: Refugees in Russia During World War I (Bloomington and Indianapolis, 1999); e Mark Levene, “Frontiers of Genocide: Jews in the Eastern War Zones, 1914–1920 and 1941,” in Minorities in Wartime, 83–117.
[7] Il principe, capitolo XVII.
[8] Murray N. Rothbard, “World War I as Fulfillment: Power and the Intellectuals,” Journal of Libertarian Studies 9 (Winter 1984): 81–125; e ristampato in John V. Denson (ed.), The Costs of War: America's Pyrrhic Victories, 2nd ed. (New Brunswick, NJ: Transaction Press, 1999).
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Link alla seconda parte.
Link alla terza parte.
Un prezzo che continuiamo a pagare ancora oggi, e che spiega almeno in parte, se non del tutto, il motivo per cui i governi sono sempre così prolifici nella produzione di giustificazioni per la guerra.
In tre parti, questa è la prima.
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I costi della Grande Guerra: la nazionalizzazione della vita privata
Di T. Hunt Tooley
I costi della Grande Guerra furono davvero astronomici. Come per il numero delle stelle, la contabilità finale è nelle mani di Dio. I massacri, il patrimonio, la fede in una certa specie di ordine della società: tutti questi sono stati costi della guerra. Come suggerì Wilfred Owen nella sua terribile poesia “Strange Meeting,” la cultura europea sembrava terribilmente determinata a migrare dal progresso verso qualcosa che lo storico letterario Paul Fussell più tardi chiamò il mondo dei trogloditi: una specie di visione hobbesiana, si potrebbe dire, dipinta con penna ed inchiostro da Otto Dix. [1] Un grande costo, davvero.
Tuttavia questo saggio ha meno a che fare con i numeri di vite finite rispetto a ciò che pertiene le vite alterate, o piuttosto, i cambiamenti nella condizione della vita privata dell'individuo moderno, della famiglia moderna, della comunità moderna. Questo saggio riguarda la proprietà privata, l'autonomia dell'individuo e la tendenza disastrosa dello stato, accelerata dalla Prima Guerra Mondiale, a rivendicare il diritto di prendere a piacere qualsiasi cosa si trovi all'interno del suo territorio.
Un tema secondario è che questo grande cambiamento nella vita privata era già in maturazione prima del 1914. L'agente reale del cambiamento non fu la guerra, ma lo stato ed i suoi appoggi e servi. Tuttavia la guerra come acceleratore del cambiamento fu dannosa a sufficienza. I leader politici ed intellettuali in tutti i paesi accolsero con favore la guerra per i cambiamenti collettivisti che avrebbe inevitabilmente portato. Negli Stati Uniti, una delle figure più importanti ad accogliere favorevolmente la guerra fu John Dewey, un vero dio nel pantheon della nostra moderna religione civile. Dewey vedeva la guerra, giustamente, come l'acceleratore della incombente società industriale: una società positivista gestita, che considerava come la democrazia stessa. (Più su questo sotto.)
Mere statistiche
Le mere statistiche non raccontano l'intera storia, ma possono cominciare a mostrarne i contorni. Cinquanta milioni di uomini in tutto il mondo furono mobilitati per il servizio militare in guerra. Poco più di un quinto di essi morì. [2] Le morti civili sono più difficili da calcolare, ma molti milioni morirono d'inedia (come nel caso della Germania, dove morì per malnutrizione un numero di civili fra il mezzo milione e 700.000), per omicidio di massa intenzionale, ed emigrazione forzata, mentre altri furono uccisi per rappresaglia o come spie, casualmente da fuoco amico o nemico, o vittime della violenza intenzionale di singoli soldati (amici o nemici), ecc. [3]
Oltre alla sua capacità di trasformare individui vivi in individui morti, durante la Prima Guerra Mondiale, lo stato riuscì anche ad inquinare, sconvolgere e distruggere gli ecosistemi delle campagne e delle città in Europa ed altrove – ecosistemi che si erano formati in millenni. L'area di distruzione lungo il Fronte Occidentale è, naturalmente, l'esempio più notevole. Ogni città o paese all'interno di quest'area venne danneggiata; un gran numero è scomparso. Alcune città sopravvissero soltanto come associazioni di raccolta per organizzare riunioni ufficiali degli ex residenti – riunioni tenute necessariamente altrove, poiché nei siti delle città la terra stessa era stata alterata fisicamente, inquinata e disseminata di esplosivi attivi. Effettivamente, le innaturali quantità di materiale organico in decomposizione ed un'enorme distribuzione di prodotti chimici tossici (metalli pesanti compresi), con la rottura semi-totale delle reti fognarie naturali ed artificiali nella maggior parte delle zone, hanno significato che alcuni di quei luoghi sono stati semplicemente irrecuperabili per gli ultimi novant'anni – e per quanto ancora in futuro possiamo soltanto immaginarlo. [4] Delle vite sono state ancora – negli ultimi anni – perdute o minacciate da questi esplosivi e da altri pericoli rimasti indietro. [5]
Su altri fronti, la distruzione tese ad essere meno intensa. Ma ancora, città dopo città furono bombardate e bruciate lungo tutta l'Europa centrale e sud-orientale, così come altrove. All'inizio della Prima Guerra Mondiale, le armate russe “ripulirono” le aree vicino al fronte di milioni di ebrei, tedeschi ed altre persone considerate probabilmente bendisposte verso l'esercito tedesco. Molte centinaia di migliaia morirono nel procedimento. [6] E ci fu il massacro turco degli armeni, degli assiri e dei greci quasi contemporaneamente. In effetti, questi casi di pulizia e omicidi etnici aprirono ancora un altro vaso di Pandora che trasformò la “tecnica” dell'emigrazione forzata violenta in uno dei motivi principali del mondo del ventesimo secolo.
Dovremmo anche pensare ai risultati a lungo termine: la miseria causata da queste morti e dalla brutalità, le vite produttive che il mondo ha perso, il lavoro mai compiuto, le tradizioni familiari che finirono e molto di più. E se estendiamo il nostro pensiero fino ai risultati geopolitici della guerra, vediamo ulteriori miserie scorrere dalle decisioni umane di quel tempo. La rivoluzione russa ed i conflitti che nacquero dal quasi inspiegabile congresso di pace di Parigi provocarono incalcolabile sofferenza, morte e disperazione in problemi che ancor oggi sembrano insolubili.
Civiltà europea e individui
Ma qui voglio concentrarmi non sul tema delle vite, ma della vita privata e della sua estensione, la proprietà privata. In primo luogo, uno degli enormi costi della guerra fu la percentuale di ricchezza o di capacità produttiva trasferita da mani private nei forzieri di stato. Anche il teorico originale del potere dello stato, Niccolò Machiavelli, raccomandò agli aspiranti assolutisti di tenere le mani lontane dalle proprietà (e dalle donne) dei loro contadini e di altri cittadini produttivi. [7]
In effetti, gli assolutisti di Machiavelli lottarono con l'Europa dell'individualismo e del costituzionalismo per trecento anni, fino a che le forze degli individualisti liberali non sembrarono aver conquistato la supremazia sia in Europa che nelle sue appendici. Ma dall'ultimo quarto del diciannovesimo secolo, l'Europa degli imperi, del nazionalismo e del crescente collettivismo voltò le spalle alle realizzazioni ed all'autonomia degli individui e delle famiglie. Nel periodo precedente la Prima Guerra Mondiale, gli europei sempre più cominciavano a definirsi per gruppi – nazionalità, sesso, o classe. Ogni gruppo sviluppò l'abitudine di chiedere al governo di confermarlo o sostenerlo o di dargli privilegi speciali – spesso con la minaccia implicita della violenza.
Tutto questo era in diretto contrasto sia con i valori conservatori che con quelli liberali del diciannovesimo secolo, ma i liberali in Europa e negli Stati Uniti subirono una trasformazione: nati come campioni dell'autonomia individuale, diventarono schiavi della sicurezza di gruppo. In questo scenario, la guerra diventò, come Murray Rothbard ed altri hanno osservato, adempimento. [8] Le politiche sono troppo familiari per enumerarle: intervento economico ovunque, pesante incoraggiamento per unirsi al “sistema” bellico, denuncia continua dei nemici interni, disprezzo della norma di legge, massiccio trasferimento di ricchezza dalle mani degli individui, delle famiglie e di altre fonti private allo stato. Non ultima tra queste tendenze fu la sopraffazione delle vite private e perfino della privacy. Dalla vacua propaganda esaltante il pensiero di gruppo in tutte le società dei belligeranti al disfacimento molto reale delle unità familiari ad opera dei bolscevichi, la guerra fu la copertura per le molteplici incursioni dell'interferenza dello stato nella vita privata.
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Note
[1] Paul Fussell, The Great War and Modern Memory (New York: Oxford University Press, 1975), ch. 2, “The Troglodyte World.”
[2] Leonard P. Ayers, The War With Germany: A Statistical Summary (Washington, D. C., 1919).
[3] In più, l'epidemia d'influenza del 1918-19 si portò via molti altri civili (e più persone universalmente dell'intero tributo di morte della Grande Guerra). Questa epidemia fu in un certo senso un evento naturale, ma completamente a carico della guerra: cominciò apparentemente con un virus che poteva adattarsi a causa del gran numero di uomini nei campi d'addestramento americani del Midwest, dove pare che trovò il mezzo in cui adattarsi e sfuggire da popolazione e forma originarie. In effetti, anche se gli Stati Uniti furono colpiti violentemente (con circa 675.000 morti, compresi 43.000 soldati e marinai), pare che il virus abbia fatto nell'agosto 1918 un altro adattamento che gli permise di muoversi intorno al globo. Gli europei morirono in numeri simili, ma l'enorme quantità di morti in India portò il totale in tutto il mondo a quaranta milioni, circa due o due volte e mezza il numero dei morti per tutte le altre cause nella Prima Guerra Mondiale. Per un breve sommario, vedi Pope e Wheal, Dictionary of the First World War, 104; vedi anche Fred R. Van Hartesveldt, The 1918–1919 Pandemic of Influenza: The Urban Impact in the Western World (New York, 1992); e per un recente studio scientifico, Jeffrey K. Taubenberger, “Seeking the 1918 Spanish Influenza Virus,” American Society for Microbiology News, 65, no. 7 (1999).
[4] Vedi Hunt Tooley, The Western Front: Battleground and Home Front in the First World War (Houdmills, Basingstoke: Palgrave, 2003), esp. Chapter VIII.
[5] Stephen Castle, “Great War explosives dump is unearthed by Belgian farmer,” The Independent, 20 marzo 2001.
[6] Vedi Peter Gattrell, A Whole Empire Walking: Refugees in Russia During World War I (Bloomington and Indianapolis, 1999); e Mark Levene, “Frontiers of Genocide: Jews in the Eastern War Zones, 1914–1920 and 1941,” in Minorities in Wartime, 83–117.
[7] Il principe, capitolo XVII.
[8] Murray N. Rothbard, “World War I as Fulfillment: Power and the Intellectuals,” Journal of Libertarian Studies 9 (Winter 1984): 81–125; e ristampato in John V. Denson (ed.), The Costs of War: America's Pyrrhic Victories, 2nd ed. (New Brunswick, NJ: Transaction Press, 1999).
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Link alla seconda parte.
Link alla terza parte.
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