Friday, August 17, 2007

L'unione fa la forza

Dal mondo animale una illuminante lezione di vita. Un video fantastico che ha collezionato più di tredici milioni di visite su YouTube nel giro di dieci mesi.

USA: la Guardia rivoluzionaria iraniana organizzazione terroristica

Riporto da RaiNews24 una notizia grave, seppur affatto sorprendente: le modalità con cui gli stati creano e demonizzano un nemico esterno per rafforzare la presa sulle popolazioni che infestano dovrebbe essere chiara a tutti. In caso contrario, subito a ripassare 1984!
___________________________

L'amministrazione Bush sta valutando la possibilità di dichiarare la Guardia rivoluzionaria iraniana un'organizzazione terroristica. Lo scrivono oggi Washington Post e New York Times, che cita fonti dell'amministrazione. Se cià avverrà, scrive ancora il quotidiano, ci sara' un ulteriore irrigidimento della posizione americana nei confronti dell'Iran, e sarebbe anche la prima volta che una forza armata di un Paese sovrano viene inserita nella lista statunitense delle organizzazioni terroristiche.

Thursday, August 16, 2007

Quale volontà?

Questo era in origine un commento postato in un forum di Luogocomune, che ho in parte rivisto per adattarlo al blog. L'argomento è stimolante, si tratta di uno dei fondamenti dell'illusione collettivista, il cui rifiuto attira solitamente accuse di asocialità lanciate dai suoi sostenitori: la volontà collettiva.

Esiste la volontà collettiva?
La volontà collettiva è, letteralmente, un desiderio che si traduce in azione, condiviso da tutto il gruppo o comunità che lo esprime: potrebbe riguardare il raggiungimento del paradiso, se si trattasse di una comunità religiosa, o la conclusione di un buon affare, nel caso di un'impresa commerciale. Inutile dire che in altre forme di comunità, a cui non si aderisce operando una scelta, come la città o il villaggio in cui si vive, tale unità di intenti non esiste, perché non esiste una meta comune di tutti gli abitanti: esistono piuttosto, al suo interno, molti diversi scopi particolari, per raggiungere i quali gli individui si riuniscono in gruppi per affinità di intenti. Anche in questi casi, limitatamente ai componenti di questi gruppi, di queste comunità, si può parlare propriamente di volontà collettiva: perché preesistente come volontà individuale ed in un secondo momento condivisa con altri.

Addirittura, non è nemmeno necessario che i componenti di un gruppo creatosi per il raggiungimento di uno scopo condividano tradizioni, linguaggio o altro (premessa invece indispensabile per definire comunità un gruppo di persone che pur privo di motivazioni comuni si trova riunito da coincidenze di spazio e di tempo), basta leggere la formazione dell'Inter per rendersene conto. È invece proprio in virtù della scoperta in altri delle stesse nostre aspirazioni che si può formare una comunità capace di una volontà collettiva relativamente agli obiettivi condivisi. Per esempio, possiamo dire che i libertari e gli anarchici di tutto il mondo formano una comunità che, per quanto dispersa, esprime la volontà comune di togliere lo stato di mezzo.

“Comunità” europea
Entità invece prettamente geografiche, come l'Unione Europea, della comunità hanno soltanto il nome (da inserire nella lista della neolingua), perché è ovvio che Helga la norvegese e Zorbas il greco non avranno mai alcun interesse o volontà in comune (per dirla tutta, neanche tradizioni o linguaggio) per il semplice fatto di vivere all'interno dei confini di una determinata zona: lo potrebbero avere se fossero per esempio entrambi cattolici, se si sposassero (perché crescere dei figli è uno scopo comune), se fossero ricercatori nello stesso campo, ma in quei casi l'appartenenza alla "comunità europea" non avrebbe più il minimo peso. Di fatto, più una comunità si allarga, più diminuisce la possibilità di avere interessi ed obiettivi comuni, e più si annacqua l'identità che è appunto il frutto di tradizioni, storia, abitudini ed esperienze condivise (se allargassimo il concetto di comunità a tutto il mondo, l'unica identità comune possibile sarebbe mangiare, bere e andare di corpo, almeno su questo dovremmo essere d'accordo). E senza identità, non si può neanche più parlare di comunità, figuriamoci di volontà collettiva!

Non è un caso se sono stati proprio gli stati totalitari – compresi gli USA degli straussiani neocon – a promuovere l'idea della nazione come comunità resa coesa da una meta ideale verso cui rivolgere la comune volontà del popolo: il mondo perfetto del comunismo, la razza superiore, l'esportazione della democrazia (coming soon: salvare Gaia). Ovviamente nessuno di questi miraggi è mai stato il frutto di una volontà comune, l'unica volontà comune è sempre quella di gruppi relativamente limitati di persone e gli unici scopi sono i loro, particolarissimi. La visione utilizzata di volta in volta è stata calata sul popolo dalle mani dei leader, e fatta accettare con le buone (=propaganda) e con le cattive (=terrore). E qui entra in gioco il dissenso: non contrapposto ad una fantomatica volontà condivisa da tutti, non contro la comunità, ma opposto alla volontà di alcuni che l'hanno dichiarata universale.

Adesione volontaria

Al di fuori di un gruppo a cui i membri abbiano aderito volontariamente e con uno scopo condiviso e dichiarato, la volontà collettiva non esiste. Non esiste, per definizione, nel momento stesso in cui uno o più membri della comunità non ne condividono la sostanza, se della comunità in questione si è parte per semplice coincidenza geografica o imposizione burocratica. In questo caso, possono legarci tradizioni, storia, abitudini ed esperienze, ma nessuna di queste cose potrà mai essere l'oggetto di una volontà comune: non le dobbiamo “conquistare,” le abbiamo già!

Nel caso invece di un gruppo o comunità riunitasi sulla base di un ideale o di uno scopo condiviso, chi questo ideale o scopo non lo condividesse più – per esempio, perché ha perso la fede in dio, oppure non gli interessa più il progetto a cui stava lavorando – automaticamente ne rimarrebbe escluso, e non si vede perché non dovrebbe essere così dal momento che è egli stesso a tirarsene fuori, a cambiare la sua decisione iniziale.
Da quando dimettersi è asociale?

Libertarismo e Islam

Non è facile trovare delle voci dal mondo musulmano che non siano quelle false e deliranti dei video di Al Qaeda, o quelle vere ma altrettanto deliranti dei vari leader arabi. Ho recuperato quindi questa vecchia intervista della rivista Reason a Imad A. Ahmad, professore di astronomia americano di origini palestinesi. Musulmano, studioso dell'Islam, libertario e sostenitore del libero mercato, qualunque cosa si possa pensare delle sue idee una cosa è certa: non rientra esattamente nello stereotipo del tipico musulmano.
___________________________

Tim Cavanaugh | July 28, 2003



L'idea che la devozione alla fede musulmana, l'aderenza rigorosa alla shari'ah e perfino la politica islamica possano essere compatibili con le idee libertarie sarebbe stata dura da vendere anche prima degli attacchi dell'11 settembre. Da allora, il mondo islamico e l'occidente liberale si sono osservati con scetticismo e orrore. Tuttavia, l'Istituto Minareto della Libertà cerca di gettare un ponte sulla divisione fra le due civiltà – o piuttosto, di mostrare il ponte che, afferma, c'è sempre stato.

Imad A. Ahmad è il presidente e direttore del Minareto della Libertà. Nei libri, nelle conferenze e nelle classi dell'università del Maryland, passa dall'astronomia alla storia medievale alle teorie economiche di Murray Rothbard per indicare che l'Islam è non solo compatibile con ma correlato intimamente alla libertà di parola, al libero esercizio religioso ed ai mercati liberi. Anche se il Minareto della Libertà, fondato nel 1993, è ancora un'organizzazione molto piccola con un budget minuscolo, per Ahmad l'organizzazione ed i suoi principi stanno attraendo un numero crescere di seguaci. Ha parlato con Reason dal suo ufficio a Baltimora.

Qual è la missione dell'Istituto Minareto della Libertà?

Abbiamo una quadruplice missione: contrastare le distorsioni comuni sull'Islam; mostrare l'origine di determinati valori moderni che sono usciti dalla civiltà islamica; per istruire sia i musulmani che i non-musulmani sul valore della libertà e del libero mercato; e per provare a migliorare la condizione dei musulmani, sia che vivano nell'oriente oppressivo, sia nell'occidente ostile.


Quanto è difficile vendere ad un pubblico musulmano le idee libertarie e del libero-mercato?


Dipende dall'idea in questione. Per la maggior parte delle idee del mercato libero il pubblicio musulmano è facile da persaudere. Molte sono promosse dagli insegnamenti e dalla storia islamici. Un esempio: il valore del commercio e dei commercianti è facile perché il profeta Maometto era egli stesso un commerciante. D'altra parte c'è un'idea del mercato libero che è molto dura e quasi impossible da vendere ai musulmani. È la possibilità di caricare un interesse sui prestiti.

Per altre idee libertarie oltre le idee del mercato, dipende realmente da cos'è la questione e a chi state parlando. Per esempio, la maggior parte dei immigranti musulmani negli Stati Uniti sono conservatori sociali. La maggior parte dei convertiti afro-americani ha avuto membri della famiglia con tali esperienze di droga che di questo è molto difficile parlare.

D'altra parte, quando parlate delle libertà civili, non è difficile come potreste pensare considerando le cattive condizioni delle libertà civili nella maggior parte del mondo musulmano. Al contrario, uno può indicare le pratiche di quei paesi musulmani e contrapporle con determinati insegnamenti islamici per illustrare le differenze.

Nel vostro articolo su Murray Rothbard e sugli economisti medievali, speculate che Ibn Khaldun è stato il pioniere delle teorie del valore relativo e della tassazione dinamica e potrebbe persino aver influenzato gli economisti scolastici trattati da Rothbard. Ma quello che ha attirato la mia attenzione è stato il vostro commento negativo sulla proibizione coranica del prestito ad interesse; sembrate persino parlare contro di esso. Sosterreste l'eliminazione della proibizione dell'usura? In caso affermativo, come ha potuto un tal cambiamento accordarsi con la legge islamica?

Ho un altro articolo sul riba e l'interesse che potrebbe rispondere a queste domande. Fondamentalmente, questa cosiddetta proibizione coranica è un po' più complessa di quanto sembri, in quanto il Corano definitivamente proibisce il riba, che è l'usura. La domanda è: è qualsiasi interesse usura? Anche se il 99 per cento di tutti gli eruditi islamici hanno detto di sì, io credo semplicemente che si siano sbagliati. E faccio questo discorso usando non solo l'economia ma l'esempio del Profeta e dei suoi compagni. Anche la maggior parte degli eruditi islamici, contrariamente all'affermazione che qualsiasi interesse è usura, permetterà determinate forme di interesse. Per esempio, permetteranno che un fornitore offra uno sconto per i contanti o un sovrapprezzo per il credito. Questo è interesse; inutile girarci intorno. Questo ci dice che l'interesse non è intrinsecamente proibito.


Così nasce la domanda: cos'è l'usura? L'usura è qualcosa di analogo ad un qualsiasi aumento ingiustificato di prezzo. Cito un certo Hadiths in cui è chiaro che il Profeta era contro qualsiasi tale aumento. Per esempio, disse di un mediatore che se, trattando con qualcuno da fuori città, lo imbrogliasse sui prezzi di acquisto e vendita dei prodotti che stanno trattando, questo sarebbe riba. Chiaramente, quel genere di aumento non è interesse, ma è proibito. Così il mio argomento è che aumenti ingiustificati di questo genere sono proibiti ai musulmani. Un musulmano deve occuparsi di affari onestamente.


Avete fatto alcun progresso con questo argomento?

Molto poco. È stupefacente. È il punto su cui incontro le maggiori difficoltà. Penso che sia perché è così diffusa nelle menti dei musulmani l'idea che l'interesse è proibito che il popolo non è disposto a guardarla razionalmente. Inoltre, non ho ottenuto molto aiuto dagli economisti non-musulmani; tendono a scrollare le spalle perché in fondo la proibizione dell'interesse è facile da aggirare.


Ma posso pensare a due zone dove non potete aggirarla. La prima, sono le obbligazioni del governo, che in realtà può essere una buona cosa. Purtroppo, ce n'è un altra dove non posso trovare la maniera di aggirarla ed è quando avete un'idea imprenditoriale così radicale che non potete convincere nessuno che ci possa mai essere un profitto da dividere. Credo che questo possa essere perchè l'Islam non ha avuto mai una rivoluzione industriale. Se guardate la storia dell'Islam, abbiamo avuto commercio forte, abbiamo avuto scambi internazionali, abbiamo avuto fabbriche, scienza, innovazione. Tuttavia per qualche motivo non abbiamo mai fatto il salto finale di una rivoluzione industriale. E quando io guardo al fatto che il motore a vapore fu chiamato Fulton's Folly, non posso evitare di domandarmi, fino a che punto la disponibilità di interesse ha svolto un ruolo nella commercializzazione del motore a vapore? Ed è possibile che la proibizione islamica dell'interesse non sta a significare che, semplicemente, questo non sarebbe potuto succedere nel mondo musulmano?

Vediamo pochissimo nei movimenti politici islamici contemporanei che sembri voler espandere il raggio della libertà umana ed anche meno che indichi un interesse nell'economia del libero mercato. (Appena l'altro giorno, per esempio, c'è stata una protesta in Spagna dei vari gruppi islamici che invocano la fine del capitalismo). C'è speranza che qualcuna delle attuali tendenze dell'Islam politico possa condurre ad una maggiore libertà?

Penso che ci siano problemi di terminologia. Sono appena tornato dalla conferenza della Società Internazionale per la Libertà Individuale a Vilnius, dove il filosofo libertario Jan Narveson ha notato che ci sono almeno tre definizioni di capitalismo. Quello a cui pensiamo di solito, naturalmente, è il sistema del libero mercato. D'altra parte, è inteso da molti come capitalismo corporativo. E per qualcuno significa l'acquisizione della ricchezza attraverso ogni mezzo, comprese la forza e la frode.


Avete accennato alla conferenza in Spagna. Quello può essere un esempio di questa confusione. I testi di Umar Ibrahim Vadillo, che ha tenuto quella conferenza, mi sono abbastanza familiari. E la sua missione numero uno è ristabilire la parità aurea. Può denominarlo anti-capitalismo, ma Ayn Rand era per la parità aurea, e per delle buone ragioni. La sua speranza – e ovviamente arriva da un'opposizione all'interesse – è che se reinstallate la parità aurea, impedirete ai banchieri di saccheggiare la ricchezza degli imprenditori con la manipolazione della riserva monetaria. Si può non essere d'accordo con le sue premesse e nonostante tutto essere d'accordo con la sua conclusione che ci dovremmo liberare delle banche centrali.


Cosa ci dice sui temi non economici?

Il pensiero musulmano non è monolitico. Se leggete il mio libro Islam and the West, un Dialogo, vedrete che la gente ha punti di vista diversi.

Ed i punti di vista della gente si evolvono. Per esempio, guardate all'Algeria, ed alle opinioni di Anwar Haddam, che era una delle islamisti che sarebbe dovuto salire al potere nelle elezioni del 1991. Quali fossero i suoi punti di vista quando fu arrestato io non lo so, ma l'esperienza che ha passato lo ha condotto a delle opinioni più mature, molto più vicine alla libertà d'espressione. Poiché ha capito dalla sua esperienza a che livello i governi possono usare degli obiettivi che suonano nobili per fare tacere gli avversari. Il mio punto di vista è che c'è più potenziale per maggiore libertà che contro di essa nel movimento islamico. Quello che dovremmo fare, quelli di noi che siamo nell'occidente pro-libertà, è di impegnarci in un dialogo costruttivo.


L'attuale politica americana lo sta incoraggiando o scoraggiando?


Con poche possibili eccezioni, direi che l'attuale politica americana lo sta scoraggiando.


Quali eccezioni?

Benchè non sia per l'invasione dell'Iraq, noto che ci sono alcuni sviluppi nelle conseguenze, nel processo di nation-buiding, che potrebbero davvero provare a creare proprietà privata e liberi mercati. La difficoltà è che, facendo parte dell'avventura neo-imperiale, non so quanto successo potrebbero avere. Può essere un caso di buone intenzioni, ma che a causa dei mezzi che sono stati scelti, non possono essere realizzate.


Come commenta i vari tipi di accordi che implicano fondamentalmente la distribuzione di denaro, come in Giordania e in Egitto o persino, in misura minore, all'autorità palestinese?


Considero tutta questa roba controproducente. È come il programma petrolio per cibo per Saddam Hussein. Finisce per puntellare gli elementi più oppressivi della società. Non penso che i soldi che vanno all'Autorità Palestinese – benché piccola – stiano aiutando il palestinese medio. Lo stesso in Egitto, ed io inoltre direi che con i soldi che vanno in Israele, tutte queste cose sono controproducenti.


Olivier Roy traccia una distinzione fra la precedente generazione di islamisti, che, benchè siano stati degli estremisti, offrirono occasioni alle donne e si agganciarono ad un certo grado con la moderna teoria economica e politica, e l'attuale generazione (esemplificata da ciò che vediamo oggi in Pakistan), la cui ideologia è quasi interamente sterile. Vedete nell'Islam politico di oggi delle tendenze verso un approccio più fondato sulla libertà?


Di nuovo, l'Islam politico non è un monolite. Oltre al mio libro potete anche dare un'occhiata al nuovo libro di Noah Feldman After Jihad. Penso che il potenziale positivo ecceda di molto il potenziale negativo. Il problema non è l'assenza di una tendenza pro-libertà nell'Islam. Il problema è che i liberali occidentali – e sto usando “liberale” in senso europeo – si sono allontanati dalle loro potenziali controparti musulmane abbandonando l'anti-imperialismo che giustamente fa parte della tradizione liberale. Quando sono stato, recentemente, ad un congresso di economia del libero mercato in Turchia, gli allievi mai, non una volta, hanno sfidato le opinioni economiche presentate dai relatori. Ma erano stati spenti dall'apparente indifferenza dei relatori verso il fatto che i tiranni che governano la maggior parte del mondo musulmano sono sostenuti da una o più delle potenze occidentali. Stiamo confondendo la questione perché le nostre azioni non si accordano con le nostre parole. E dal loro punto di vista è molto difficile per loro vedere al di là di ciò che hanno di fronte al momento.

Il wahhabismo oggi tende ad essere incolpato di tutti i peggiori eccessi dell'islamismo. È una valutazione giusta?

Penso che sia una semplificazione
esagerata, ma è comprensibile, perché c'è un senso in cui è vero. I wahhabiti hanno usato i loro soldi del petrolio per influenzare se non dominare il movimento islamico in tutto il mondo. Quello sforzo è stato molto dannoso ed ha sostenuto gli elementi più reazionari nella lotta per tracciare una direzione per il movimento islamico. Hanno molto danneggiato l'esigenza di una rinascita del pensiero originario dell'Islam imponendo la loro propria forma di taqlid, o imitazione cieca. È ironico che il movimento di Wahhabi è stato fondato da un uomo che si opponeva all'imitazione cieca che aveva conquistato il mondo musulmano. Ma non appena ebbe presentato le sue idee, i suoi seguaci provarono ad imporli tramite un processo di imitazione cieca.

Il caso di Hashem Aghajari in Iran è stato descritto come richiesta per un “protestantesimo islamico.” Questo probabilmente potrebbe avere un qualche significato in Iran, in cui c'è una vera gerarchia clericale, ma altrove è come se i movimenti islamici – i movimenti wahhabiti in particolare – rispecchiassero il protestantesimo su punti importanti: sono iconoclastici e puritani, ostili al clero tradizionale, opposti ai culti dei santi e così via. E sono guidati dall'espansione dell'alfabetizzazione e da una rinnovata enfasi sulla lettura dei testi originali. C'è un piano d'azione per cui i movimenti islamici potrebbero finalmente (e perfino involontariamente) condurre ad una maggiore enfasi sulla coscienza individuale, come il protestantesimo ha fatto in occidente?

Sono un po' riluttante ad usare termini presi dalla storia occidentale ed applicarli ad eventi nel mondo musulmano, così lasciatemi rivolgere la vostra domanda usando invece alcuni termini musulmani: l'opposto di taqlid è ijtihad. La lotta dell'individuo studioso per capire. Durante i primissimi cento anni di storia islamica, era uno degli strumenti della giurisprudenza. Tuttavia, a cominciare nel dodicesimo secolo circa e, almeno nel mondo sunnita, nel sedicesimo secolo, fu sostituito dal taqlid, l'imitazione cieca di qualunque cosa la precedente generazione di studiosi avesse concluso. Credo che questo processo di ijtihad debba essere fatto rinascere nel mondo musulmano. E sta rinascendo. Abbiamo bisogno di pensiero originale, razionale, critico. Al livello che lo abbiamo, sarei ottimista su ciò che denominereste protestantesimo islamico.


Non mi preoccupo specialmente per il termine “protestantesimo islamico.” Se guardate la storia occidentale, l'istituzione del cristianesimo atanasiano in Europa ha coinciso con l'avvento dell'età oscura. Il protestantesimo faceva parte della transizione fuori dall'età oscura e verso la modernità. È stato l'Islam ad aver avuto lo stesso effetto sul mondo arabo, che aveva attraversato un'età di ignoranza. Quando l'Islam arrivò diede vita al movimento delle traduzioni degli antichi lavori greci, l'aumento dei filosofi razionalisti come Ibn Rushd, che ha avuto un profondo effetto sui filosofi scolastici e Ibn Tufayl, che ha avuto un'influenza su John Locke. Lo sviluppo della scienza moderna: tutte queste cose sono avvenute nella civiltà islamica classica.

L'apologia islamica sembra sempre implicare il ritorno a lontani tempi passati per trovare grandi esempi di civilizzazione nella storia: “c'era un'università a Bagdad mentre i vostri antenati si verniciavano di blu e vivevano nelle caverne,” questo tipo di cose. È il vostro tipo di lavoro storico una versione di quello?

Non mi pare di star facendo dell'apologia. Sto mettendo in luce la testimonianza storica. Tutto quello che dovete fare è guardare al numero di gente che sta chiedendo all'Iraq di adottare i “valori occidentali.” È una visione completamente ignara della storia. L'idea è che la gente musulmana è sempre stata irrazionale, mistica, pigri, qualunque cosa. La gente che fa queste affermazioni, che sono presumibilmente ammiratori di Aristotele, non avrebbero mai sentito parlare di Aristotele se non per i filosofi musulmani che hanno mantenuto viva la filosofia greca. Così il mio punto non è di entrare in questo tipo di polemica ma di contrastarla.

Certo, ma se qualcuno obiettasse che oggi i valori occidentali non sono rispettati nel mondo musulmano, io non lo discuterei. Anche se questi valori furono tenuti un tempo in alta considerazione, è davvero importante dopo che sono stati morti per secoli?

La domanda è influenzata riferendosi ai valori universali come valori occidentali. Non sono solo valori occidentali e quello è il punto. Ecco perché dico che dovreste notare che durante questo periodo di tempo i musulmani sono stati impegnati nella ricerca empirica. Perché è importante questo? Perché la gente sta dicendo che soltanto l'occidente faceva ricerca empirica; fino all'occidente moderno, nessuno sapeva che fosse di qualche importanza. È davvero un genere di assurdo etnocentrismo.

Ma stiamo valutando i problemi contemporanei nel mondo musulmano. In che misura, quindi, questo è rilevante nella realtà contemporanea?

C'è una rilevanza che potrebbe non essere ciò a cui state pensando. Quando parlo di queste cose, non è solo per istruire gli occidentali non-musulmani su una parte di storia che potrebbero non conoscere, ma anche per fare una specie di predica o di sermone ai musulmani, per dire che quello odierno non è il mondo musulmano. E penso, per tornare alla vostra domanda originale, che il mio scopo sia l'opposto dell'apologia. Non sto provando a rendere più comodi i musulmani, ma più scomodi, ed a convincerli a cambiare la loro strada. Non potete ritrovare quella gloria perduta rimembrando. Dovete riabilitarvi.

Dite che c'è del potenziale positivo nell'Islam politico, ma dov'è? Certamente non sembra uscire niente di incoraggiante dal Pakistan, dall'Arabia Saudita, o persino dall'Egitto.

L'Egitto è in effetti un caso misto. Dia un'occhiata al libro di Carlyle Murphy Passion for Islam. Non è quello che ci piacerebbe vedere, ma lì ci sono segni di speranza. Dove vediamo più segni di progresso è in Turchia. Il movimento islamico in Turchia cominciò come movimento neo-ottomano. Erano persone che guardavano alla grande posizione che l'impero ottomano aveva nel mondo e che desideravano riprenderselo. Ma nel corso della lotta contro i militari turchi che li hanno ripetutamente deposti malgrado il loro successo nelle elezioni, sono diventati più sofisticati e stanno abbracciando più sinceramente le idee liberali moderne. Il partito Giustizia e Sviluppo ha come politica principale i diritti umani piuttosto che il reclamo di un'antica gloria. Versioni precedenti del partito islamico parlavano solo di diritti dei musulmani. Ora stanno parlando dei diritti di tutti i cittadini turchi.

Nella vostra recensione del libro di Bernard Lewis What Went Wrong, notate un punto interessante: che le società islamiche hanno mal interpretato la rivoluzione francese come movimento anti-cristiano piuttosto che come smantellamento della religione di stato. Vediamo qualcosa del genere oggi, nell'idea sbagliata che la separazione americana di chiesa e stato renda gli Stati Uniti una società irreligiosa; Bin Laden stesso ha commentato a tal proposito. Dove vi posizionate in materia di separazione di chiesa e stato, di moschea e stato?

In primo luogo dobbiamo definire il termine secolarismo. Ci sono due versioni differenti di secolarismo: una versione americana e una versione francese. La versione americana è l'idea che lo stato deve mantenere l'assoluta neutralità sulle questioni di fede religiosa. Nel sistema americano questo si manifesta nelle due parti della clausola sulla libertà di religione: libero esercizio e de-istituzionalizzazione.

La versione francese è diversa, in quanto dice che non ci deve essere un ruolo per la religione nella vita pubblica. Lo trovo un concetto molto non-libertario ed oppressivo.

Per quanto mi riguarda, preferisco la versione americana, anche se ne tollererei una che ha stabilito soltanto il libero esercizio della religione ed ha ignorato la de-istituzionalizzazione. È quello che avete in Inghilterra, in cui la chiesa anglicana è stabilita come la religione di stato. Penso che il sistema americano sia migliore del sistema britannico, ma non imporrei il sistema americano ai britannici. Di conseguenza penso che sia obbligatorio che i musulmani insistano che i loro governi permettano l'esercizio totalmente libero della religione. Non insisto che i paesi musulmani non stabiliscano l'Islam come religione di stato, anche se penso che sarebbe meglio per loro non farlo. Perché penso che tutta la storia abbia mostrato come nella misura in cui lo stato entra in rapporti con la religione, è dannoso per la religione.

Avete scritto che la nozione che la democrazia permetta che la gente scriva le proprie leggi non è islamica perché la legge è divina piuttosto che umana; citate i filosofi della legge naturale in occidente come correlati a questa visione. Ma per quanto posso vedere, la legge naturale è una teoria completamente screditata: neppure leggi apparentemente naturali come la proibizione della schiavitù e l'uguale protezione sotto la legge non sono state ottenute naturalmente ma hanno dovuto essere aggiunte come correzioni costituzionali. In pratica, come può un qualsiasi approccio di tipo “legge naturale” essere compatibile con una società libera in cui, tra l'altro, la gente è libera di non credere affatto in Dio?

Il modo di farlo è con il metodo che fu applicato nell'entità politica islamica più antica. Quello era il compatto di Medina, abbozzato dal Profeta e nel quale alle minoranze di non-musulmani è permessa la pratica delle proprie leggi al punto che non provochi conflitti con la popolazione musulmana. Per esempio, come probabilmente sapete, l'Islam proibisce l'alcool. Tuttavia, il vino è usato sia dagli ebrei che dai cristiani nelle cerimonie religiose. Di conseguenza non è mai stato proibito per gli ebrei ed i cristiani. Questo è un principio che potrebbe facilmente essere esteso a tutte le minoranze religiose e lo è stato molte volte nella storia islamica. Finchè obbediscono a quella che potreste chiamare legge civile, la legge che governa le generali interazioni nella società, sono esenti da tutta la legge che non le interessa.


Ma in pratica, questo non la rende de facto una cittadinanza di seconda classe? Voglio dire, qualunque fosse l'accordo a Medina ai tempi di Maometto, oggi ai non-musulmani non è neppure concesso di appoggiare il piede nelle città sante, e in tutta l'Arabia Saudita ai non-musulmani non è permesso di pregare nelle proprie case.


Queste sono due domande differenti. Non vedo il problema se i non-musulmani non entrano nei luoghi di pellegrinaggio. Tutti i gruppi religiosi hanno luoghi sacri dedicati a scopi precisi. Perchè un non-musulmano desidererebbe entrare in quei luoghi?

Ma è una domanda diversa dalla legge saudita che proibisce la pratica aperta di qualunque altra religione in Arabia Saudita. Non penso che sia consistente con la legge islamica. E non è certamente consistente con i principi libertari.

Molte delle vostre posizioni politiche – in difesa dei palestinesi, in difesa dei diritti civili dei musulmani – tendono a mettervi sullo stesso lato con gente della sinistra americana ancora legata a modelli di economia dirigista e ad altre povere nozioni politiche e fiscali. C'è un posto per il vostro modo di pensare nel clima politico attuale?

Non penso che sia vero che queste opinioni attraggano solo la gente a sinistra. L'ala di destra negli Stati Uniti può suddividersi in tre gruppi: avete i libertari, i paleo-conservatori e i neo-conservatori. E la mia esperienza è stata che la maggior parte dei libertari, essendo anti-interventista, non sono a favore del sostegno ad Israele. Anche i paleo-conservatori ho scoperto essere critici delle politiche israeliane. Sono soltanto i neo-conservatori il problema della destra americana.

Per esser più precisi: se uno guarda alle politiche israeliane ed effettivamente alle origini del movimento sionista, non sono in alcun modo compatibili con ciò che penso intendiate e certamente che io intendo pensiero della destra. Il movimento sionista ha avuto due ali. L'ala di maggioranza era socialista e quella di minoranza era fascista. Nessuna delle due appoggiava le politiche liberali classiche. Gli ebrei europei che più sono stati impegnati nel liberalismo classico non facevano parte del movimento sionista. Se guardate oggi Israele, vedete che è caratterizzato principalmente come entità socialista, militarista e razzista. Non penso che questo sia compatibile con gli ideali libertari.

Ma durante gli ultimi 25 anni, il partito laburista ha perso la sua presa sul potere. Allo stesso tempo, molti dei nuovi storici di Israele, nel mettere in discussione l'immagine del sionismo laburista, hanno contribuito a riabilitare figure precedentemente intoccabili a destra – soprattutto Ze'ev Jabotinsky, il cui pensiero economico era in modo piuttosto deciso pro-mercato. L'ascesa del Likud ha invertito almeno alcune delle tendenze di cui state parlando?

Non sono impressionato. Il Likud ha abbracciato delle idee del mercato negli ultimi anni, mi sembra per due motivi. Il primo è un motivo pragmatico. Non posso biasimarli per il loro pragmatismo. Le politiche socialiste di Israele erano ovviamente nocive per Israele; così non si può biasimarli per aver voluto eliminarle. Ma penso che non vada abbastanza in profondità, perché ancora abbracciano fondamentalmente il sistema della segregazione, il concetto che gli unici che possono avere diritti di proprietà in Israele sono gli ebrei. Anche se rifiutano la premessa collettivista che la terra di Israele è collettivamente la proprietà del popolo ebreo – e sto ancora aspettando che dicano di essere pronti a rifiutarle – sto anche aspettando che dicano che sono pronti ad accettare i diritti di proprietà dei palestinesi che possedevano la maggior parte della terra nel 1948, della quale quantità trascurabili sono state trasferite attraverso mezzi legittimi.

Per esempio, il pezzo di terra su cui il Likud desidera installare l'ambasciata degli Stati Uniti a Gerusalemme è stato espropriato ai proprietari originari di quella terra. La maggior parte era proprietà di un waqf islamico, o organizzazione caritatevole, ed il resto era tutta proprietà di diversi palestinesi. Hanno persino rintracciato gli eredi di quei proprietari e, caso abbastanza interessante, 94 di loro sono cittadini americani. È comprensibile che il Likud non desideri parlarne, ma vorrei che uscissero allo scoperto e dicessero, sono pro o contro i diritti di proprietà? E se sono a favore, li prego di rivolgere la loro attenzione al problema di questa gente a cui è stata sottratta la proprietà. Per non parlare di tutta l'altra gente a cui la proprietà è stata sottratta, compreso mia madre e mio padre.


Parlando dei diritti di proprietà, avete sostenuto che deve essere messa un'enfasi sui diritti di proprietà assegnati in Iraq nel dopoguerra, conformemente alla tradizione islamica, piuttosto che alla specie di socialismo corporativo verso cui credete che l'amministrazione stia avviandosi. Poiché la guerra è inerentemente irrispettosa dei diritti di proprietà, ed il lavoro di pacificare il paese appare molto lungo, pensate che potrebbe essere possibile qualche tipo di protezione sistematica dei diritti di proprietà?

Sarà complicato perché sospettano di noi come esercito d'occupazione. Tuttavia, poiché i diritti di proprietà sarebbero nell'interesse del popolo iracheno e poiché alcuni se non molti degli imam della Shi'a credono nei diritti di proprietà e poiché abbiamo un certo peso con i curdi, anche se possono non essere così impegnati nei diritti di proprietà, ci può essere un'occasione se possiamo farlo nel modo giusto. La sfida reale sarà tattica e non di principio. C'era un articolo interessante nel Washington Post dell'altro giorno: quando un gruppo di ingegneri che era stato soppresso da Saddam ha voluto essere coinvolto nella ricostruzione delle infrastrutture irachene, non sono andate dalle forze armate americane ma dagli imam della Shi'a, chiedere il loro supporto. E gli imam, secondo il Post, hanno detto che li avrebbero sostenuti a tre condizioni: che gli ingegneri non costruissero prigioni, che non costruissero nessun bar e che non confiscassero alcuna proprietà.

C'è davvero una possibilità che l'Iraq scavalchi gli Stati Uniti nell'aumento delle protezioni contro l'esproprio pubblico?

Sì, lo spero. Temo che la capacità di corrompere del potere è tale che una volta che avete un governo, non abbandonerà il potere dell'esproprio pubblico. Che cosa potrebbero fare è mettere vincoli al punto in cui diventa quasi impossibile. Questa sarebbe la mia speranza. Questo è ciò che intendo come forza della motivazione religiosa: se potete convincere la gente che è moralmente inaccettabile, allora c'è una probabilità di impedirlo.

Avete fatto alcune osservazioni provocatorie sui buoni scolastici e sui loro potenziali trabocchetti. Durante il ventesimo secolo, la chiesa cattolica ha sviluppato un sistema scolastico parrocchiale enorme senza il genere di incentivi che i buoni forniscono. Sarebbe possibile sviluppare un simile sistema scolastico islamico?

Questa non è una domanda difficile. È possibile e la grande domanda è come competete contro un sistema sovvenzionato dalle tasse. Il motivo per cui i cattolici potevano competere è francamente che erano così discriminati. Hanno avuto una doppia motivazione nel mettere su il loro sistema. Ne avrebbero creato uno che fosse non solo intellettualmente superiore, ma dove non venissero discriminati. Fino all'11 settembre questo non era il caso con i musulmani. Non voglio dire che i musulmani non sono stati discriminati, ma la discriminazione contro i musulmani non era abbastanza potente per motivarli a pagare il costo supplementare necessario a sviluppare un proprio sistema scolastico. Tuttavia, ultimamente la discriminazione contro i musulmani è diventata molto più pesante e se rimane così, possono trovarsi proprio nella stessa posizione in cui i cattolici erano quando hanno creato il loro sistema.

Spero che non suoni come se volessi sostenere la discriminazione contro i musulmani.


Qual è il posto adeguato per la religione nella vita pubblica?

Il sistema americano è sulla strada giusta. Il governo non ha alcun posto per la religione, ma le persone pubbliche – persino se sono funzionari di governo – hanno un posto per la loro fede religiosa. Se George W. Bush desidera avere Billy Graham o persino Franklin Graham ad invocare una benedizione sulla sua inaugurazione, ha il diritto di farlo. E lo rispetto perché so che se in qualche modo un musulmano venisse eletto ed volesse un Imam per dare un benedizione musulmana, sarebbe accettato. Finchè il governo non dice alla gente che cosa credere, non sovvenziona od ostacola credenze religiose, va benissimo. Penso che siamo esseri morali e per la gente che è religiosa, la loro religione articola i loro valori morali, così per loro è piuttosto giusto essere aperti sulla loro fede religiosa. È meglio essere aperti che troppo riservati.


Cosa hanno da dire la legge e l'economia islamica ai libertari secolari, agnostici o atei?

Proprio come quando alcuni occidentali parlano dei “valori occidentali” quando in realtà stanno parlando di valori universali, penso che alcuni musulmani vadano in giro parlando di valori islamici quando in realtà stanno parlando di valori universali. Sono valori universali che sono stati articolati dall'Islam, ma sono valori per ognuno che siano musulmani oppure no. Penso che la cosa più importante che i libertari agnostici o atei possono imparare dalla legge e dall'economia islamiche sia come l'esperienza della civiltà musulmana conferma la nostra teoria libertaria. Infatti, quando vedo gente che prova a negare il ruolo degli insegnamenti islamici nel successo della civiltà islamica, propongo un esperimento di pensiero: chiedetevi, come libertari, se voi realmente credete che il mercato libero e la libertà siano necessari al progresso umano, allora com'è stato possibile per le civiltà islamiche avere così tanto successo per così tante centinaia di anni? O sono stati stabiliti su principi simili e quindi dimostrano la nostra posizione, o sono stati stabiliti su principi diversi e confutano la nostra posizione. Come uno che crede saldamente che siamo nel giusto su queste cose, trovo importante notare che la civiltà islamica fu stata costruita su quei principi.


Link all'articolo originale.

Wednesday, August 15, 2007

«Language has to be purified»

Aldous Huxley, autore de Il Mondo Nuovo, parla di linguaggio, scienza, cultura.
Interessantissimo.

Tuesday, August 14, 2007

Piccolo Glossario della Neolingua #5


Il nostro sistema di istruzione pubblica distrugge sia la mente che il carattere. Impedisce la formazione della risorsa più preziosa di tutti: una personalità.

(John Taylor Gatto, The Problem of Schooling)
L'Istruzione è il primo termine per importanza di questo glossario, in quanto è dalla scuola che parte il programma di modificazione del linguaggio. In tutti i regimi, lo sforzo più importante è sempre quello per la conquista dei cuori dei bambini, il legame di dipendenza dallo stato deve sostituirsi a tutti gli altri. La scuola pubblica esiste per questo.
___________________________

Istruzione
Significato originario:
1a
attività volta a comunicare nozioni e a fornire capacità lavorative e professionali attraverso l’insegnamento: provvedere all’i. di un fanciullo, attuare l’i. degli apprendisti
1b
ammaestramento di un animale: i. dei cani guida per ciechi
1c
milit., insieme delle esercitazioni teoriche e pratiche cui si sottopone la truppa: i. delle reclute
1d
lett., predicazione, catechesi

Quello dell'istruzione è forse il caso in cui maggiormente si può osservare come, a partire da un'esigenza reale e legittima – migliorare le proprie conoscenze – la distorsione operata dai pianificatori provochi una catena di eventi distruttivi che finiscono per minare le fondamenta della società. Infatti, se da un lato, con l'istituzione dell'istruzione pubblica obbligatoria si offre l'illusione di una futura occupazione proporzionata alle conoscenze, dall'altro le immutabili leggi dell'economia impediscono la realizzazione del miracolo: non basta un pezzo di carta a creare un posto di lavoro (come non può essere sufficiente per pagarlo, detto per inciso).

Anche qui l'intervento dall'alto del απó μηχανῆς θεóς statale si scontra, con risultati devastanti, con la legge della domanda e dell'offerta del mercato del lavoro. Moltitudini di fisici nucleari, antropologi e ingegneri finiscono per riempire i call-center, mentre occupazioni più soddisfacenti e redditizie vengono svolte da persone teoricamente “meno istruite”: i famosi lavori che noi non vogliamo fare, che ormai comprendono anche l'imprenditore.

Il fatto è che l'istruzione pubblica è molto meglio descritta dai 3 punti secondari del vocabolario che dal primo. Non è più, l'istruzione, un'attività volta a comunicare nozioni e a fornire capacità lavorative e professionali, quanto piuttosto un corso d'ammaestramento, un inquadramento di tipo militare (votato all'obbedienza), un catechismo. Scrive Allan Carlson:
L'ascesa del welfare state può essere tradotto con il trasferimento costante della funzione di “dipendenza” dalla famiglia allo stato; dai legami di sangue, matrimonio o adozione al legame con gli impiegati pubblici. Il processo è cominciato in Svezia a metà del 19° secolo, per mezzo di progetti burocratici che cominciarono a smantellare i legami fra i genitori ed i loro figli. Nel modello classico, la prima asserzione del controllo dello stato sui bambini è arrivato negli anni 40 di quel secolo, con l'approvazione di una legge per la scolarità obbligatoria. Giustificata come misura per migliorare la conoscenza ed il benessere del popolo, la dinamica più profonda era la socializzazione del tempo dei bambini, attraverso l'assunto secondo cui i funzionari di stato – i burocrati del regno svedese – saprebbero meglio dei genitori come dovrebbe essere speso il loro tempo e che non ci si può fidare e aspettarsi dai genitori che siano in grado di proteggere i loro bambini dallo sfruttamento…”
In altre parole, la scuola pubblica è innanzitutto un luogo in cui tenere i giovani, possibilmente fino a ben oltre i vent'anni, inculcandogli da un lato l'obbedienza allo stato e l'accettazione dogmatica delle sue regole, dall'altro fornendogli conoscenze che nella maggior parte dei casi non avranno mai occasione di utilizzare aumentando il loro benessere, fondamentalmente creando un ambiente artificiale separato da quello dei genitori, che è poi il mondo reale e, ovviamente, anche la loro destinazione. Dove incontreranno situazioni che non sono minimamente preparati ad affrontare, se non aspettandosi interventi dall'alto, come sono stati addestrati a fare. Non dovrebbe sorprendere quindi se tra i maggiori promotori della scuola pubblica negli USA troviamo personaggi come Andrew Carnegie and John D. Rockefeller. Notava J.T. Gatto: “dividi i bambini per soggetto, età, con graduatorie costanti sui test ed in molti altri modi più subdoli e sarebbe stato improbabile che la massa ignorante dell'umanità, separata nell'infanzia, si sarebbe mai reintegrata in una pericolosa unità.”

Come era lecito aspettarsi, la particolare interpretazione statale dell'istruzione ha finito per occupare l'intero significato della parola, che si identifica ormai con il pezzo di carta approvato dallo stato, in un certo senso proprio come accade per il denaro: lo stato decide chi è istruito e chi no come decide il valore delle cose, e tali decisioni non possono essere messe in discussione. Poco importa se in questo modo nega la stessa essenza dell'istruzione, i fondamenti dell'apprendimento: la capacità di giudizio, il senso critico sono comunque stati sterilizzati in partenza dal sistema scolastico, rivelando così la sua vera natura.

Nonostante tutti gli sforzi dello stato per identificare il suo catechismo come unica possibile fonte di apprendimento, molti sono gli esempi di istruzione al di fuori del sistema scolastico, anche ai nostri giorni. Ancora J.T. Gatto:
Gli uomini di scuola vi diranno che che non possiamo entrare nel futuro tecnologico senza l'istruzione obbligatoria di massa ma l'enorme rivoluzione del computer che ha reso 45 milioni di noi competenti in materia d'informatica in questi ultimi 20 anni non deve niente di niente all'istruzione convenzionale! La gente si è istruita leggendo le istruzioni, guardando altri, chiedendo consigli, sperimentando, provando e sbagliando, collegandosi in reti, acquistando lezioni da migliaia di piccoli imprenditori. Così abbiamo imparato ad essere competenti in informatica - la scuola con questo non ha avuto niente a che fare!
Forse anche perché la scuola era impegnata su altri fronti, come l'indottrinamento politico: il parlamento europeo, infatti, “ritiene che tutti i sistemi di istruzione debbano garantire che al termine del ciclo di studi secondari gli allievi possiedano le conoscenze e le competenze, definite dalla rispettive autorità scolastiche, necessarie ad assumere il ruolo di cittadini e di membri dell'Unione europea”. Oppure, l'ingegneria sociale, come nella provincia canadese della Columbia Britannica, dove il governo ha stabilito che lo studio di problemi inerenti a omosessuali, bisessuali e transessuali sia incluso nei programmi scolastici dei licei.

Il primo fronte della propaganda è sempre stato la scuola, il luogo dove si plasmano le menti delle nuove generazioni, dove si pongono le basi della trasformazione dell'uomo e della società. A partire, ovviamente, da quella del linguaggio.

Monday, August 13, 2007

Pancratium maritimum

Eccomi di ritorno dalla tradizionale settimana d'allenamento alla capanna di fango, altrimenti detta "free camping". Ovviamente, quando sarà il momento, la disponibilità di capanne in suggestive spiagge elleniche immagino sarà limitata, in compenso spero in una dotazione di toilette chimiche, vista la riluttanza dei più a scavare almeno una misera buca per terra. L'accettazione del ritorno alla civiltà dello sterco passa a quanto pare anche da queste piccole cose.

Ma bando ai sentimentalismi, eccovi il risultato di tanto allenamento. Per una volta, un post vagamente intimista, con tendenza alla lacrimuccia nostalgica. Sarà l'effetto della mezza insolazione che mi sono beccato, chissà...

Dune selvagge punteggiate di gigli di mare, acque di zaffiro, spettacolari tramonti mediterranei. Scenario ideale per lunghe conversazioni con un vecchio amico. Il comune pensiero che i concetti basilari di ogni cultura convergono sugli stessi comun denominatori: i legami familiari e con la propria comunità, la non aggressione, il rispetto, il rifiuto dell'invidia, del vizio. Il prossimo, colui che ci sta vicino: lui deve essere la nostra prima preoccupazione. Essere sempre pronto ad aiutare, in prima persona. Giudicare con la propria testa, essere umili senza sentirsi inferiori: la dignità. I temi che sono la vera, unica motivazione del gongoro.

Ma anche la coscienza di una malefica costante: l'intervento di avventurieri e opportunisti di ogni risma a seguito delle massime conquiste del pensiero. La creazione di una casta sacerdotale (sì, come no: anche "laica"), con delega all'istituzione di leggi e regole – ispirate dalla stessa fonte di sapere, ci dicono – la stessa casta di cui le stesse guide spirituali di ogni cultura consigliano di diffidare quando non si schierano apertamente contro di essa, contrapponendogli l'insostituibilità della partecipazione e della responsabilità individuale, valori che non emanano dall'autorità autoproclamata ma originano dall'animo di ciascuno.
Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, onora il padre e la madre, ama il prossimo tuo come te stesso. (Gesù)

Se vedi un affamato non dargli del riso: insegnagli a coltivarlo.
(Confucio)

Per l'uomo, essere libero significa essere riconosciuto e trattato come tale da un altro uomo, da tutti gli uomini che lo circondano.
(Bakunin)

È facile essere abbondantemente "compassionevoli" se altri sono obbligati a pagarne il costo.
(Rothbard)
Quanto è lontana la decadenza, la corruzione attuale da questi semplici concetti. Eppure: giochi di parole, giochi di prestigio, i vertici del pensiero umano – o meglio: le sue fondamenta – piegati al servizio dei più smaliziati, dei più lesti nel cogliere l'occasione, dei malintenzionati. È una costante. Poco lascia sperare nella possibilità di un cambiamento, la piallatura delle giovani menti ad opera del ministero della d/istruzione si perfeziona ogni giorno, la famosa collettività dimostra la maturità generale di una classe d'asilo infantile, e questo è sicuramente un segno che annuncia la fine della civiltà. L'ideale è davvero condannato a diventare l'arma migliore di chi ne è la negazione? Come si arresta la mutazione degli individui in cellule massificate, sempre che sia possibile?

Non ho risposte per ora. O almeno: non una risposta che sia disposto ad accettare. Ma anche i gigli di mare spuntano freschi e profumati là dove mai te li aspetteresti.

Comunque vada, non so voi ma io per la capanna di fango mi sento abbastanza pronto.

Monday, August 6, 2007

Where could I be?

È arrivato il momento anche per il gongoro di andare a perdersi per pochi giorni in qualche angolo di Mediterraneo.
Tenda e sacco pronti, giusto il tempo di inserire la segreteria telefonica...



... και καλό ταξίδι!

Sunday, August 5, 2007

Bollocks

Giusto per rimanere in tema con l'articolo precedente, un altro selezionato esempio di perfetto umorismo inglese: cpt. Blackadder spiega come è scoppiata la 1a Guerra Mondiale nell'ultimo episodio della quarta serie.
(Le matite nel naso e le mutande in testa sono il cunning plan di Rowan Atkinson per sfuggire al massacro: farsi dichiarare pazzo ed essere congedato).

Saturday, August 4, 2007

L'eroe dei due mondi

Il 31 luglio il nuovo Primo Ministro inglese Gordon Brown ha parlato per la prima volta all'ONU. Il suo è stato un vero e proprio manifesto programmatico: ci ha avvertito che il mondo è “milioni di miglia lontano” dal mantenere le sue promesse di alleviare la povertà, l'AIDS e l'analfabetismo nei paesi poveri. Il “mondo“, che promette e, nel caso, mantiene. Il mondo decide, il mondo deve provvedere: l'impressione è che si tratti di due mondi diversi, se non altro. E che la soluzione proposta sia la solita paccata di dollari e di grano ultra-sovvenzionato utile solo ad ingrassare ulteriormente le corrottissime burocrazie del mondo in via di sviluppo e a spargere altra morte e miseria.
Leggiamo infatti dal Guardian:

Mr. Brown si è impegnato a riunire 12 leader mondiali e 20 personaggi del mondo degli affari per firmare un nuovo impegno per raggiungere gli otto obiettivi di MDG - che variano dalla mortalità materna alla diffusione della malaria.
I 12 leader mondiali (come gli apostoli, giusto per quel tocco di misticismo messianico che non ci sta mai male), più venti pescecani della finanza, più Gordon Brown: questo è il mondo che decide e promette. Non ci vuole un gran fantasia per capire qual è il mondo che dovrà mantenere. Per rendere gradevole l'indigesta pietanza, lo chef Gordon non manca di insaporirla con le ben note spezie neolinguistiche:
In linguaggio fortemente morale l'ha denominata “una coalizione della coscienza” e “una coalizione per la giustizia” in grado di alla fine rendere “la globalizzazione una forza per la giustizia su scala globale”.
È proprio quel gusto agrodolce di famosi piatti come la “coalizione dei volenterosi” e “Enduring Freedom”, serviti dagli chef neocon! Come sorprendersi, del resto, se lo stesso Brown insieme al capocuoco Blair parteciparono con entusiasmo ai grandi banchetti in Iraq ed Afghanistan. Stranamente, il neo-Primo Ministro pare essersene dimenticato:
Anche se nel discorso di 30 minuti non ha accennato all'Iraq o all'Afghanistan e si è concentrato preferibilmente sull'assistenza al mondo in via di sviluppo, Brown ha parlato del Darfur, come previsto.
Da vero maestro del bispensiero, ha fatto sparire le crisi più gravi di questi anni, quelle in cui è personalmente coinvolto come responsabile, e si presenta ripulito come paladino della pace. E siccome si vis pacem para bellum, ecco come si risolve la crisi nel Darfur: una nuova risoluzione ONU che vedrebbe una forza di peacekeeping di 20.000 uomini – la più grande al mondo – in Sudan entro il 1° ottobre.

I cosiddetti “mercanti di morte” e i “signori della guerra” stanno sicuramente già tremando all'idea di questa imponente offensiva delle forze della pace.

Friday, August 3, 2007

Delitto perfetto

Ovvero: come uccidere un uomo e farla franca. Un'altra storia semi-dimenticata, uno squarcio nel tessuto della realtà virtuale da cui si intravede sinistramente la vera realtà, quella “che non esiste ma se esistesse non dovrebbe esistere.” La storia di un elettricista brasiliano a Londra, finito ammazzato come un animale con otto (!) hollow-point nella testa, e dei suoi assassini che circolano liberi e intoccabili. Perché in realtà la guerra infinita contro il terrore non è altro che la guerra che diffonde il suo terrore nella vita di tutti i giorni, creando inquietudine, oscurando il futuro, indebolendo la nostra volontà, giorno dopo giorno.

___________________________

David Mills, 1 Agosto, 2007

La relazione finale della IPCC, resa pubblica oggi, sull'esecuzione di Jean Charles de Menezes conferma che tutti gli ufficiali di polizia coinvolti devono essere scagionati. L'ufficiale capo dell'anti-terrorismo, Andy Hayman, è “criticato pesantemente” per non aver riferito al suo superiore cos'era realmente accaduto il 22 luglio 2005. Sir Ian Blair, anch'egli scagionato, apparentemente non è giunto a conoscenza della vera storia fino al giorno seguente, malgrado i due avessero avuto un incontro a poche ore dalla sparatoria. Ciò contraddice le smentite di sir Ian che sarebbe stato tenuto all'oscuro quando parlò nella trasmissione Today nel dicembre del 2005. Ma in fondo questa intera saga è tempestata di contraddizioni, poichè la polizia ha vergognosamente tentato di dissimulare ciò che davvero è accaduto e di ripulirsi da ogni colpa.

Siamo stati portati a credere che De Menezes stesse portando un giubbotto rigonfio contenente esplosivi, che saltò sopra le barriere alla stazione della metropolitana di Stockwell e che corse giù per le scale mobili ignorando le intimazioni della polizia a fermarsi. In realtà non avrebbe potuto comportarsi più normalmente, facendo persino una sosta per prendere un giornale, prima di usare il suo biglietto per passare le barriere.

Sir Ian disse quel giorno: “per come ho compreso la situazione, l'uomo è stato affrontato e ha rifiutato di obbedire alle istruzioni della polizia” e una dichiarazione di Scotland Yard aggiunse: “i suoi vestiti ed il suo comportamento alla stazione si sono aggiunti ai loro sospetti.” Naturalmente, è risultato che la comprensione di sir Ian era un'incomprensione totale ed assoluta e che i sospetti della polizia erano semplicemente errati. I tentativi di giustificare se stessi appellandosi “alle sfide senza precedenti” che hanno affrontato con quattro attentatori suicidi in libertà, non erano abbastanza validi.

Per la scoperta di cosa è realmente accaduto dobbiamo ringraziare Lana Vandenberghe, che ha pagato il prezzo di rivelare la verità, dato che la sua soffiata ha costituito la base di un'investigazione di ITV sull'esecuzione di De Menezes. Ha perso il suo lavoro alla IPCC, è stata sfrattata dalla sua padrona di casa, è stata arrestata e trattata rudemente dalla polizia. Le difficoltà causate dall'intera faccenda l'ha trasformata in una reclusa. Non è stata l'unica. Il produttore Neil Garrett delle news di ITV e la sua ragazza – il collegamento fra Vandenberghe e Garrett – sono stati arrestati.

Entrambi hanno passato ore in una cella e sono stati messi in libertà provvisoria in alcune occasioni. Mentre erano dentro, la ragazza di Garrett, incinta, è stato privata di cibo e acqua e le è stata data una coperta piena di pidocchi. Al momento non lo sapeva ancora, ma nell'appartamento di Garrett ci fu un'irruzione e tutto fu messo a soqquadro. Ma i grazie a questi individui e malgrado i tentativi di insabbiamento della polizia, il pubblico ora sa che De Menezes sembrava tutto meno che un terrorista ed era soltanto un uomo innocente come chiunque di noi, incappato in un'azione irresponsabile della polizia.

Gli altri 11 agenti di polizia coinvolti sono stati discolpati nel maggio di quest'anno. Tre ufficiali si sono assicurati che questa relazione finale fosse rielaborata dalla IPCC, rimuovendo le critiche fatte contro di loro, dopo i reclami sulla IPCC “che apre un varco nelle regole procedurali.”I poliziotti coinvolti hanno anche riveduto e corretto il registro ufficiale, ma la CPS non presenterà accuse. Una fonte della polizia ha detto: “c'è l'impressione che la IPCC, non riuscendo a raccomandare alcuna azione contro nessuno degli agenti coinvolti nella sparatoria, avesse avuto bisogno anch'essa di un capro espiatorio.”

Provino a dirlo alla madre ed al padre di Jean Charles de Menezes. L'idea che non ci fosse un capro espiatorio per il 22 luglio è ancora un altro esempio della polizia che si sottrae alle sue responsabilità in questo caso. Provino a dirgli che le critiche di tre agenti hanno dovuto essere ritirate perché la IPCC non aveva seguito correttamente la procedura. Quale procedura ha seguito la polizia quella mattina del 22 luglio e nella situazione che ne è seguita? Quale procedura hanno seguito con Vandenberghe, con Garrett e con la sua ragazza?

Questi errori giudiziari svaniranno presto, una volta che la polvere, rapidamente, si sarà depositata su questa relazione finale. La stele a De Menezes alla stazione della metropolitana di Stockwell deve rimanere, così che la gente non dimentichi mai come è stato ucciso un uomo innocente e che i responsabili continuano a pattugliare le vie di Londra.

Tagliare i ponti

Questa è la classica notizia che, per la drammaticità dell'evento e delle immagini, conquista le prime pagine e i titoli dei telegiornali, per venir presto dimenticata e sostituita con nuove tragedie. Eppure, mai come in questo caso è evidente il valore simbolico del ponte che crolla a causa dell'inettitudine, del menefreghismo e dell'inefficienza dolosa della burocrazia di stato: la casta di parassiti che taglia i ponti con l'organismo che li ha nutriti, convinti di sopravvivergli e della propria raggiunta superiorità. I famosi “servizi” pagati a caro prezzo che si trasformano in trappole mortali, in efficientissime ghigliottine di questa rivoluzione al contrario, del padrone contro gli schiavi. Di chi si è arricchito alle spalle degli altri e ora li chiude nella nave che affonda.
Da ABC News:
I funzionari del Minnesota erano stati avvertiti fin dal 1990 che il ponte crollato sul fiume Mississippi era “strutturalmente carente,” tuttavia scelsero una strategia di rammendi e di controlli più frequenti. Durante gli anni '90, controlli successivi rivelarono crepe da affaticamento e corrosione dell'acciaio intorno ai giunti del ponte. Quei problemi furono riparati. A partire dal 1993, secondo lo Stato, il ponte è stato controllato annualmente anziché ogni due anni. Un controllo federale nel 2005 valutò il ponte carente anche strutturalmente, assegnandogli 50 su una scala di 100 per la stabilità strutturale. [...] Il governatore Tim Pawlenty ha risposto giovedì ordinando un controllo immediato di tutti i ponti dello stato con disegni simili, ma ha detto che lo Stato non fu mai avvertito che il ponte avesse bisogno di essere chiuso o riparato immediatamente.
Notare qui il difficile esercizio di contorsionismo linguistico del governatore:
“C'era l'opinione che per il ponte infine e finalmente stesse arrivando il momento della sostituzione,” ha detto. “Ma sembra dalle informazioni che abbiamo a disposizione che la timeline per questo non fosse immediata o imminente, ma più nel futuro.”
Nel dubbio ha preferito rinviare, confidando probabilmente che il ponte avrebbe retto almeno fino al termine del suo mandato. Leggiamo anche Repubblica, che riprende lo Star Tribune:
"Non significa che il ponte non fosse sicuro" - ha detto poi il segretario ai Trasporti Mary Peters - "Nessuno di quegli indicatori segnalava che ci fosse alcun tipo di rischio". E il governatore, Tim Pawlenty, ha ricordato che negli Stati Uniti sono circa 80mila i ponti inseriti nell'elenco di quelli con problemi strutturali.
Infatti, anche di governatori stronzi ce ne sono tanti, mica solo tu.
Le procedure per iniziare i lavori sarebbero dovute partite nei prossimi mesi, ma poi all'interno del dipartimento prevalse una linea diversa per paura che l'intervento potesse invece indebolire ancora di più il ponte e tutto venne bloccato. "Decidemmo di continuare invece con le ispezioni, iniziate a maggio" ha detto allo Star Tribune Dan Dorgan, ingegnere. "Credevamo di aver fatto tutto il possibile, ma ovviamente qualcosa è andato terribilmente storto".
Che sfiga, eh?

«Sir, I have a plan!»

Mitica scena del Dottor Stranamore di Kubrick (Dr. Strangelove, '64), pezzo di bravura di un Peter Sellers fantastico.

Thursday, August 2, 2007

Piccolo Glossario della Neolingua #4


Legato strettamente al lemma precedente, questo verbo è una delle maschere con cui il potere dissimula se stesso e la sua natura.
___________________________

Contribuire
Significato originario:
1
v.intr. (avere) collaborare al conseguimento di un determinato risultato, concorrere: c. al successo del progetto, il suo atteggiamento ha contribuito a modificare la situazione
2
v.intr. (avere) partecipare a una spesa: c. alle spese condominiali, c. con una piccola cifra; anche ass.: contate anche me, contribuisco anch’io
3
v.tr. OB dare, offrire come contributo

Cominciamo col dire da subito che, se da un lato nella vita ciascuno affronta molteplici situazioni nelle quali condivide con altri uno scopo (da un progetto di lavoro alla convivenza in un condominio), dall'altro la vita non ha un fine comune, se non quello che deriva naturalmente dalla somma di tutti gli scopi particolari. In questo senso, il benessere comune è il benessere di ciascuno, e ciascuno vi contribuisce naturalmente cercando di vivere al meglio delle sue possibilità. Ed è qui che interviene l'ingegnere sociale, introducendo il concetto secondo cui chi migliora le proprie condizioni lo fa a scapito di altri (fingendo peraltro di non accorgersi di aver appena descritto la cosca dei politici).

Questo singolare assunto crea le condizioni per sancire il dogma del benessere che viene distribuito da un'entità superiore, dai poteri soprannaturali: lo Stato, appunto. Lo Stato che conosce la meta futura a cui tendere, che più o meno è identificabile con una società perfetta in cui tutti sono ugualmente ricchi e felici, e al raggiungimento della quale ciascuno è tenuto a contribuire. Come in tutte le religioni la ricompensa verrà, per il momento in cambio di metà del sudato guadagno delle nostre vite riceviamo la versione imperfetta, ancora incompleta di tale prodigiosa comunione d'intenti: un po' di assistenza sanitaria scadente, un programma di indottrinamento denominato buffamente istruzione (segnatevela), qualche spicciolo per il caffellatte sulla via del tramonto e qualche manganellata quando serve.

In compenso però, avremo la grande soddisfazione di aver contribuito all'inesorabile marcia dell'organismo sociale verso il paradiso terrestre (oltre che ai sollazzi sex&drug&Rock'nRolex degli esponenti della cosca: ma nel paradiso del Leviatano il sesso è libero, basta che qualcuno paghi). Che importa quindi se dal significato di contribuire è stato eliminato il concetto di volontarietà? In fondo l'ingegnere sociale, anche qui, ha agito per il nostro bene: l'intervento si è reso necessario per bypassare la riluttanza figlia del deprecabile egoismo dell'individuo, che alleggerito così del peso della scelta (=peccato) può finalmente sciogliersi nel caldo, amoroso abbraccio dell'organismo sociale.

Amen!

Wednesday, August 1, 2007

Sensi di colpa

È apparso ieri su Repubblica l'articolo di uno scrittore africano, Uzodinma Iweala, sul tema degli aiuti all'Africa. Non sorprendentemente, le sue conclusioni sono le stesse dell'economista James Shikwati nell'intervista di Spiegel:
Il mese scorso, il Vertice degli 8 Paesi industrializzati si è incontrato in Germania con un gruppo di celebrità per discutere, tra l'altro, su come salvare l'Africa. Io mi auguro che prima del prossimo incontro di quest'organizzazione ci si renda conto di una cosa: l'Africa non vuol essere salvata. Ciò che l'Africa chiede al mondo è il riconoscimento della sua capacità di avviare una crescita senza precedenti, sulla base di un vero e leale partenariato con gli altri membri della comunità globale.
Se davvero vogliamo aiutare l'Africa, forse sarebbe il caso di cominciare ad ascoltare gli africani, e possibilmente non quelli che grazie alla politica degli aiuti
occupano posizioni di potere. Nello stesso articolo ci sono anche altre osservazioni degne di nota, un'analisi delle motivazioni occidentali che nell'intervista a Shikwati era assente:
A quanto pare, in questi ultimi tempi l'Occidente, oppresso dai sensi di colpa per la crisi che ha creato in Medio Oriente, si rivolge all'Africa per redimersi. Studenti idealisti, celebrità come Bob Geldof e politici come Tony Blair si sentono investiti della missione di portare la luce nel Continente Nero. E atterrano qui per partecipare a seminari e programmi di ricerca, o per raccogliere bambini da adottare - un po' come i miei amici di New York quando prendono la metropolitana per andare al canile municipale a cercare un randagio da portarsi a casa.
Ritratto impietoso quanto realistico, ha il pregio di indicare quale sia il motore psicologico che fa muovere la macchina degli aiuti: il
senso di colpa, il peccato originale che ci viene assegnato alla nascita, per cui ci dobbiamo fare carico di tutti i mali del mondo, nella percentuale che ci spetta. Poco importa se non mi sono macchiato di colonialismo, di genocidio, di saccheggio e strage, in quanto occidentale ne porto la responsabilità.

È la stessa logica per cui, sempre alla nascita, ci viene assegnata la nostra personale parte di debito pubblico, la stessa logica per cui nei nostri confronti lo stato è sempre in credito, la stessa logica che sta dietro a una famosa frase di un famosissimo presidente degli Stati Uniti: “and so, my fellow Americans, ask not what your country can do for you; ask what you can do for your country.” Logica ribaltata, ovviamente, visto che l'unica ragion d'essere dello stato sono – così ci è stato assicurato – le necessità degli individui.


Senso di colpa
e paura, queste le armi con cui lo stato mantiene il potere.

Tuesday, July 31, 2007

Ritorno agli anni '30

Premetto che non condivido tutto l'entusiasmo di Rockwell per Ron Paul, per quanto possa sottoscrivere buona parte del suo pensiero, ma questo articolo mi è parso degno di nota per il parallelo storico e l'ottima sintesi, quasi visiva, del momento che stiamo vivendo. Per quanto riguarda Paul, è l'unico che riporterebbe a casa i soldati e già solo per questo bisognerebbe sperare. Ma a parte il fatto che – tocchiamo ferro – se davvero venisse eletto e si provasse a fare la metà di quel che dice durerebbe meno di papa Luciani, il mio dubbio è: se il problema è il governo federale, come ci si può attendere da esso, o tramite esso, la soluzione? Comunque sia, mando anch'io il mio augurio a Ron Paul, sperando non si riveli anche lui un “uomo forte”.
___________________________

Llewellyn H. Rockwell, Jr.


Mercati azionari nevrotici, un'economia ubriaca di credito e politici che reclamano vari tipi di dittatura: ché senso di déjà vu! Ricordiamoci che allora il mondo andò via di testa per circa dieci anni. Il mercato azionario crollò nel 1929, grazie alla Federal Reserve e con esso caddero gli ultimi resti della vecchia ideologia liberale secondo cui il governo dovrebbe lasciare la società e l'economia da sole per farle fiorire. Dopo che la Grande Depressione federale ebbe colpito, negli Stati Uniti e in Europa circolava l'idea che la libertà non aveva funzionato. Ciò di cui avevamo bisogno erano uomini forti che controllassero e pianificassero economie e società.

E come sono stati adorati. Dall'altro lato del mondo c'erano Stalin, Hitler e Mussolini, ma anche negli Stati Uniti non ci siamo fatti mancare niente. Qui abbiamo avuto FDR, che si immaginava capace di fantastiche abilità di regolazione dei prezzi e di spinta all'economia. Ovviamente usò dei vecchi trucchi: stampare soldi e minacciare la gente con le pistole. Non era altro che l'antico dispotismo recuperato in veste pseudo-scientifica.

Le cose non tornarono alla normalità che fino a dopo alla guerra. Questi “grandi uomini” dalla storia furono alla fine travolti, ma guardate cosa ci hanno lasciato: previdenza sociale, sistemi bancari inflazionistici, imposte elevate, debito enorme, regole sul commercio e regimi con una tendenza ad intromettersi al primo segnale di difficoltà. L'ebbero vinta loro anche se la loro assurda ostentazione passò più tardi di moda.

È strano tornare a leggere articoli di opinione di quei tempi. È come se tutti avessero semplicemente deciso che dovevamo avere o il fascismo o il socialismo e che l'opzione da eliminare fosse il "laissez faire". La gente come Mises e Hayek dovette combattere con le unghie e con i denti per ottenere un'audizione. Tra gli americani ci furono alcuni giornalisti che sembravano capire, ma erano pochi e isolati.

Così, qual era la giustificazione per un periodo così misero nella storia ideologica? Perchè il mondo impazzì? Era la Grande Depressione, come dire: la spiegazione abituale. La gente soffriva ed era in cerca di risposte. Si rivolsero ad un uomo forte per tirarli fuori dai guai. C'era una fascinazione per la pianificazione scientifica e la sofferenza dell'economia (causata dal governo, naturalmente) sembrava confermare tale razionale.

Tutto ciò mi porta ad una strana osservazione: quando si arriva alla politica, oggi non siamo messi molto meglio. È vero che non abbiamo gente in giro per gli uffici in ridicole uniformi militari. Non ci gridano in faccia, non fanno sdolcinate chiacchierate del focolare e non pretendono di essere la mente sociale incarnata. I toni sono leggermente cambiati, ma le note ed i ritmi sono gli stessi.

Avete ascoltato con attenzione cosa stanno proponendo i democratici sulla strada verso le elezioni presidenziali? È disgustoso proprio come qualcosa sentito negli anni '30: infiniti programmi di governo per risolvere tutti i mali dell'uomo. È come se non potessero pensare in altra maniera, come se la loro intera visione del mondo dovesse collassare se si accorgessero del fatto che il governo non può fare una cosa giusta.

Ma sembra inoltre che stiano vivendo su un altro pianeta. Il mercato azionario può cadere a lungo prima che raggiunga un punto che potremmo denominare basso. Gli interessi sui mutui stanno strisciando ai più bassi tassi possibili. La disoccupazione è vicina al 4%, più bassa di quanto persino i vecchi keynesiani potrebbero immaginare nei loro sogni più sfrenati.

Il settore privato sta creando un miracolo al giorno, nonostante i tentativi del governo falliscano a destra e a manca. Le burocrazie sono dispendiose ed inutili come mai sono state, la spesa è già insanamente alta, il debito sfreccia nel cielo e non c'è modo di trovare un americano che creda di essere sotto-tassato.

I democratici, nel frattempo, continuano il loro allegro lavoro come se le “scuole pubbliche” fossero un modello per tutta la società. Oh, e non dimentichiamo la loro brillante idea di bloccare l'economia industriale e la prosperità degli uomini in modo che il governo possa progettare il tempo per 100 anni da oggi. Possiamo soltanto sperare che ci sia abbastanza gente seria a sinistra per mettere un freno a questa stramba idea.

Ma prima di lasciarci deviare dai democratici, diciamo alcune parole sui repubblicani assetati di sangue, che pensano alla guerra non come a qualcosa di cui rammaricarsi, ma piuttosto come alla vera vita morale della nazione. Per loro, giustizia è uguale a Guantánamo Bay e politiche pubbliche significa una nuova guerra ogni mese e ampie sovvenzioni al complesso militar-industriale ed altre simili imprese amiche dei repubblicani come le grandi farmaceutiche. Certo, mostrano rispetto formale alla libera impresa, ma per loro è giusto uno slogan, usato ogni volta che temono di perdere il supporto della classe mercantile borghese.

Così ecco cosa abbiamo. I nostri tempi sono buoni, ma affrontiamo una scelta fra due forme di pianificazione centrale. Sono varietà di socialismo e fascismo, ma non palesi: travestono le loro convinzioni ideologiche così da non farci riconoscere che loro e il loro genere hanno certi predecessori nella storia dell'economia politica.

In questo intreccio avanza Ron Paul, con un messaggio che ha stupito milioni. Ripete ancora e ancora che il governo non è la via d'uscita. E anche se la sua vita politica non manca di eroismo, non crede che la sua candidatura abbia a che fare con lui e con le sue ambizioni personali. Parla di Bastiat, di Hazlitt, di Mises, di Hayek e di Rothbard – nei discorsi pubblici della campagna! E non lasciate che nessuno creda che è solo retorica. Date un'occhiata alle registrazioni dei suoi voti se ne dubitate. Anche il New York Times è stupito di scoprire che c'è un uomo di principi nella politica.

È impressionante come le masse siano pressate a non essere d'accordo con lui. Quanto bene sta facendo? È impossibile esagerarlo. Riporta la speranza quando ne abbiamo più bisogno. Vedete, l'economia americana può sembrare buona in superficie ma sotto, le fondamenta stanno cedendo. Il debito è insostenibile. Il risparmio è quasi inesistente. La creazione di massa monetaria sta diventando spaventosa. L'economia dei soldi di carta non può durare e non durerà. Si percepisce come il minimo cambiamento potrebbe causare un crollo imprevisto.

Che cosa accadrebbe se dovesse crollare il fondo? Terribile pensiero. Abbiamo bisogno di più portavoce pubblici che mai per la nostra causa. In molti sensi, il Mises Institute porta una pesante responsabilità come prima voce istituzionale del mondo per la pace e la libertà economica. E stiamo lavorando in ogni maniera possibile per assicurarci che la fiaccola della libertà non si estingua, anche di fronte alle legioni dei ciarlatani e dei potenti. Anche se la politica del nostro periodo è quanto mai oscura, ci sono delle luci che brillano all'orizzonte.
[Speriamo non sia un camion, NdT]

___________________________

Link all'articolo originale.

Llewellyn H. Rockwell, Jr. è il presidente del Ludwig von Mises Institute di Auburn, in Alabama, redattore di LewRockwell.com ed autore di Speaking of Liberty. Vedi il suo archivio su Mises.org. Mandagli una mail. Commenta sul blog.