Thursday, July 17, 2008

Ghiaccio bollente

Pensate che strano, una spedizione scientifica scopre decine di vulcani sottomarini sotto l'Artico, ma di tale notizia non si trova traccia nei quotidiani. Leggete con attenzione:
“Lo scarico volatile esplosivo è stato chiaramente un processo diffuso e continuo,” secondo una squadra internazionale che ha utilizzato delle sonde senza equipaggio nello sconosciuto mondo infuocato sotto il ghiaccio artico.

Sono tornati con dati ed immagini che mostrano che il magma rovente è salito dalle profondità della terra facendo saltare le sommità di dozzine di vulcani sottomarini, quattro chilometri sotto il ghiaccio. “I getti o le fontane di materiale probabilmente hanno raggiunto l'altezza di uno, forse persino due chilometri nelle acque,” dice il geofisico Robert Sohn della Woods Hole Oceanographic Institution, che ha guidato la spedizione.

Lui ed i suoi colleghi, che descrivono oggi la scena subacquea nella rivista Nature, valutano che le miscele esplosive di lava e gas sono fuoriuscite dai vulcani alla velocità di più di 500 metri al secondo. Sohn spiega che, quando il materiale ha colpito la gelida acqua marina, avrebbe formato nubi enormi dalle quali il materiale vulcanico è caduto sul fondo del mare, generando il tappeto di cocci e di spuntoni vetrosi che possono essere osservati per chilometri.

La squadra ha esplorato l'estate scorsa i vulcani mentre i Russi piantavano una bandiera sul fondale vicino innescando una contesa internazionale sulla proprietà del fondo marino.

In un'intervista, Sohn ha detto mercoledì che la sua squadra di 30 ricercatori dagli Stati Uniti, dall'Europa e dal Giappone ha sorriso di tanta “pomposità” mentre i Russi irrompevano sulle loro rompighiaccio. Ma sono rimasti concentrati sull'intrigante sito sul Gakkel Ridge che erano venuti ad esplorare. La cresta lunga 1.800 chilometri, che attraversa l'Artide dalla Groenlandia alla Siberia, è in acque internazionali. È una delle creste di “diffusione” del pianeta in cui la roccia fusa sale dall'interno della terra generando la nuova crosta. [...]

“La scala e la grandezza dell'attività esplosiva che stiamo vedendo qui sminuiscono qualsiasi cosa vediamo su altre dorsali medio-oceaniche,” dice Sohn, che studia le creste intorno al mondo. Il volume di gas e di lava che sembra essere stato espulso dai vulcani di Gakkel è “molto, molto più in alto” di quanto osservato in altre creste.

Sohn dice che sarebbe stato “spettacolare assistere” alle eruzioni, ma che è una buona cosa che ci siano quattro chilometri di acqua di mare in cima al Gakkel Ridge poiché le eruzioni sarebbero state “altamente problematiche” se si fossero presentate su terra asciutta.
Ovviamente, non poteva mancare la prudente precisazione:
Gli scienziati dicono che il calore liberato dalle esplosioni non sta contribuendo alla fusione del ghiaccio artico, [non sono mica dei SUV!] ma Sohn dice che gli enormi volumi di gas CO2 eruttati dai vulcani subacquei hanno probabilmente contribuito all'aumento della concentrazione di gas serra nell'atmosfera. Quanto, non sa dirlo.

Non ci sono vulcani che esplodono nella zona ora, ma secondo gli scienziati sembra che molto stia ancora accadendo sul fondo del mare. “Ho avuto l'impressione che questa intera zona centrale del vulcano stesse stillando del liquido caldo” [senza sciogliere il ghiaccio, mi raccomando], dice Henrietta Edmonds dell'Università del Texas, che nella spedizione seguiva i flussi di acque calde che salgono dalla cresta di diffusione. Dice che indicano la presenza “getti di fumo nero” così come forme microbiche ed altre forme di vita che possono prosperare nelle bollenti acque ricche di minerali che filtrano dalle creste di diffusione.

Wednesday, July 16, 2008

«Police activity»

Il cattivo tenente (Bad lieutenant, '92) di Abel Ferrara è un film duro, disperato, un pugno nello stomaco. È un viaggio all'inferno, l'inferno di un uomo al quale l'autorità e l'impunità regalatagli dal distintivo diventa una condanna alla perdizione. È un film che svela il carattere corruttivo del potere, e l'invincibile debolezza di chi ne è investito. Sicuramente la migliore interpretazione di Harvey Keitel, che raggiunge vette difficilmente ripetibili. Da non perdere.

Tuesday, July 15, 2008

Contro lo Stato

Sono da sempre convinto che tra anarchici, quale che sia il suffisso caratterizzante preferito, si dovrebbe sempre essere in grado di trovare un accordo. Se ciò che più si desidera, infatti è la possibilità di ciascuno di vivere la propria vita seguendo le personali aspirazioni liberi da imposizioni, il dialogo tra anarchici – tra coloro cioè che hanno individuato nello Stato il nemico, l'ostacolo principale alla pace e all'evoluzione stessa dell'uomo – dovrebbe essere una priorità. In una società libera, chiunque è libero, appunto, di scegliere il tipo di sistema economico in cui preferisce vivere, senza per questo avere il diritto di imporlo agli altri: questo è il senso vero del libertarismo. Lo Stato è il muro che ci impedisce di approdare a questa “terra promessa,” ed è assurdo dividersi in fazioni per chi ha lo scopo primario l'abbattimento di quel muro.

Per questo motivo pubblico questo articolo di Giuseppe Genna a commento della vergognosa sentenza sui fatti della Bolzaneto, autore del quale non condivido molte posizioni, ma che sicuramente prova la mia stessa lucida rabbia verso questa letale organizzazione criminale chiamata Stato.
___________________________

di Giuseppe Genna


[Le opinioni qui espresse sono da considerarsi di responsabilità oggettiva solo e unicamente dello scrivente e non includono alcun coinvolgimento editoriale di chiunque altro scriva su questo blog. gg]

Il primo commento alla indegna sentenza che riduce la tragedia della scuola Diaz a una rissa in cui qualcuno ha alzato un po' troppo il gomito (col gomito fracassando calotte craniche e lacerando tessuti) sarebbe che ha ragione Berlusconi. La Magistratura è da riformare. Ogni sentenza risulta disomogenea rispetto alle altre emanate per vicende consimili. Sui fatti nodali della storia italiana, i giudici non hanno giudicato niente. Sul passato devastato di questa nazione, i magistrati sono forcaioli in attesa di incrementare l'intensità con cui il passato non è devastato ma devastante. Avrebbe ragione Berlusconi e, di conseguenza, avrebbe ragione quello che non so più come definire (centro, pallida socialdemocrazia cristiana, incrocio genetico dell'a-politica...), insomma, quella roba rosa pallido lì: si dovrebbe riformare la Giustizia, ma finché c'è Berlusconi non lo si può fare.

E sarebbero giudizi sbagliati. Perché la sentenza sui fatti di Bolzaneto evidenzia che è lo Stato tutto, in qualunque sua funzione, a risultare compromesso, purulento, contaminante. Il giudizio va tracciato oltre ogni tentazione ideologica. Si ha da essere contro lo Stato. Poiché, dopo giorni di scontro istituzionale sull'indipendenza del potere legislativo da quello esecutivo, garantito dalla Costituzione, tra i cui Padri non c'è quel figlio di puttana di Benjamin Franklin bensì quell'anima santa di Giulio Andreotti - dopo una battaglia all'ultimo finto sangue, poiché quello vero scorse alla Diaz, ecco come questa mascherata si risolve: con i poteri che si tutelano a vicenda e non smentiscono le lucide previsioni di chi, vivendo in stato statale, sapeva già da tempo che, al momento decisivo, lo Stato si sarebbe rinsaldato tutto di un colpo, escludendo il diritto alla verità di chi lo Stato rappresenta e di chi ne è a fondamento: cioè noi tutti.

Potrei dissertare filosoficamente all'infinito sulle teorie politiche che giustificano quanto sto affermando, e cioè che lo Stato è contro la natura della civiltà, dell'umanità, dei valori, della convivenza, dell'empatia e dell'amore. Altrettante teorie potrebbero essere scagliate contro questo personalissimo giudizio. Poiché, tuttavia, l'immediatezza del momento, con questa evidenza dell'indegnità del potere giudiziario a fronte di una patente violazione dei diritti personali e collettivi, solleva emozioni, risponderò con una citazione che mi sta a cuore, di cui non sto a enunciare né l'autore né l'opera - tanto, chi ha occhi per vedere vedrà e chi ha orecchi per ascoltare ascolterà:

Noi, rivoluzionari-anarchici, fautori dell’istruzione generale del popolo, dell’emancipazione e del piú vasto sviluppo della vita sociale e di conseguenza nemici dello Stato e di ogni statalizzazione, affermiamo, in opposizione a tutti i metafisici, ai positivisti e a tutti gli adoratori scienziati o non della scienza deificata, che la vita naturale precede sempre il pensiero, il quale è solo una delle sue funzioni, ma non sarà mai il risultato del pensiero; che essa si sviluppa a partire dalla sua propria insondabile profondità attraverso una successione di fatti diversi e mai con una serie di riflessi astratti e che a questi ultimi, prodotti sempre dalla vita, che a sua volta non ne è mai prodotta, indicano soltanto come pietre miliari la sua direzione e le varie fasi della sua evoluzione propria e indipendente.

In conformità con questa convinzioni noi non solo non abbiamo l’intenzione né la minima velleità d’imporre al nostro popolo, o a qualunque altro popolo, un qualsiasi ideale di organizzazione sociale tratto dai libri o inventato da noi stessi ma, persuasi che le masse popolari portano in se stesse, negli istinti piú o meno sviluppati dalla loro storia, nelle loro necessità quotidiane e nelle loro aspirazioni coscienti o inconsce, tutti gli elementi della loro futura organizzazione naturale, noi cerchiamo questo ideale nel popolo stesso; e siccome ogni potere di Stato, ogni governo deve, per la sua medesima essenza e per la sua posizione fuori del popolo o sopra di esso, deve necessariamente mirare a subordinarlo a un’organizzazione e a fini che gli sono estranei noi ci dichiariamo nemici di ogni governo, di ogni potere di Stato, nemici di un’organizzazione di Stato in generale e siamo convinti che il popolo potrà essere felice e libero solo quando, organizzandosi dal basso in alto per mezzo di associazioni indipendenti e assolutamente libere e al di fuori di ogni tutela ufficiale, ma non fuori delle influenze diverse e ugualmente libere di uomini e di partiti, creerà esso stesso la propria vita.

Queste sono le convinzioni dei socialisti rivoluzionari e per questo ci chiamano anarchici. Noi non protestiamo contro questa definizione perché siamo realmente nemici di ogni autorità, perché sappiamo che il potere corrompe sia coloro che ne sono investiti che coloro i quali devono soggiacervi. Sotto la sua nefasta influenza gli uni si trasformano in despoti ambiziosi e avidi, in sfruttatori della società in favore della propria persona o casta, gli altri in schiavi.

È chiaro allora perché i rivoluzionari dottrinari che si sono assunta la missione di distruggere i poteri e gli ordini esistenti per creare sulle loro rovine la propria dittatura, non sono mai stati e non saranno mai i nemici ma, al contrario sono stati e saranno sempre i difensori piú ardenti dello Stato. Sono nemici dei poteri attuali solo perché vogliono impadronirsene; nemici delle istituzioni politiche attuali solo perché escludono la possibilità della loro dittatura; ma sono tuttavia i piú ardenti amici del potere di Stato che dev’essere mantenuto, senza di che la rivoluzione, dopo aver liberato sul serio le masse popolari, toglierebbe a questa minoranza pseudorivoluzionaria ogni speranza di riuscire a riaggiogarle a un nuovo carro e di gratificarle dei suoi provvedimenti governativi.

Ciò è tanto vero che oggi, quando in tutta l’Europa trionfa la reazione, quando tutti gli Stati ossessionati dallo spirito piú frenetico di conservazione e di oppressione popolare, armati da capo a piedi di una triplice corazza, militare, politica e finanziaria e si apprestano sotto la direzione del principe Bismarck a una lotta implacabile contro la Rivoluzione Sociale; oggi, quando si sarebbe dovuto pensare che tutti i sinceri rivoluzionari s’unissero per respingere l’attacco disperato della reazione internazionale, noi vediamo al contrario che i rivoluzionari dottrinari sotto la guida del signor Marx prendono dappertutto il partito dello statalismo e degli statalisti contro la rivoluzione del popolo.
Ora, mi sia permesso aggiungere qualche breve nota personale. E cioè che io mi vergogno non soltanto di vivere in uno Stato la mia esistenza che forzosamente è resa miseranda dalla struttura statuale stessa, ma mi vergogno maggiormente a vivere in questo Stato; mi repelle qualunque istituzione, che si forma per necessità tutt'altro che naturali e popolari, ma per imposizione non contestabile da chiunque, che si ritrova immerso in questo habitat da quando è demilienizzato a un giorno dalla nascita e, anche se poi si mette a contestare questo condizionamento totalizzante (che è tale poiché lo Stato è un ente totalitario), comunque finirà a morire in un ospedale senza avere sortito nulla, e chi rimane dovrà pure essere grato perché lo Stato garantisce un posto di merda dove morire; sono orripilato quotidianamente dalla visione delle cosiddette Forze dell'Ordine, che con l'Arma dei Carabinieri sortiscono il massimo gradimento e fiducia dei miei concittadini, e si stanno visibilmente moltiplicando sotto i miei occhi, godendo di leggi fatte all'impromptu per permettere loro un controllo ancora più serrato sulle persone, non bastando il fatto che, trascorsa la stagione di Piombo, non sono state ancora abrogate le leggi restrittive emanate ai tempi da Francesco Cossiga, cosicché senza accorgersi i miei concittadini vivono in uno stato di guerra legislativo, senza che ci sia più quella guerra; mi viene da vomitare al pensiero che si sorveglino militarmente inesistenze e astrazioni dette "confini", purissimi atti di volontà di potenza che nessun geomorfismo giustifica; sono angosciato dal fatto che lo Stato permetta a difensori e pm e giudici di trattare donne violate come le tratta in quelle enclave che sono le aule giudiziarie; sono sconvolto dall'aberrazione dell'ideologia trionfante (quintessenziale all'idea di Stato stesso) della pena, questo protocollo per cui, anziché arrivare a una civiltà, si invera in forma legislativa l'occhio per occhio e il dente per dente, appalesando con somma serenità e assenza di opposizione qualunque la reale natura vendicativa dell'istituzione stessa, che condiziona chiunque; sono sconcertato dall'assoluta assenza di reazione coscienziale di chi abita con me in questo che, prima che uno Stato, è un luogo, puramente e semplicemente un luogo, dove si è sviluppata una lingua comune e peraltro la lingua più poetica del mondo moderno.

Il mio pensiero va agli ultimi tra i calpestati dallo Stato, che sono i massacrati della Diaz. Si aggiungono a una teoria infinita di persone, non di cittadini, per cui non c'è stata la tanto vantata tutela dello Stato, perché non può esserci, e dunque sarebbe anche inutile aspettarsela o berciare, come sto facendo, perché non c'è. E dico le vittime e i colpevoli tutti, tutti gli abitanti di questo luogo, che ha una storia cangiante e multiforme, che non si trova nei manuali di storia statale che vengono comminati nelle scuole, per l'attuale disinteresse delle giovani generazioni, le più condizionate che abbiano calcato questa penisola e vissuto in questa civiltà, erettasi su fondamenti etruschi e cioè asiatici, greci, mediorientali, ebrei, arabi, normanni, tedeschi, francesi, spagnoli, africani, cinesi e, purtroppo, sì, anche vaticani.

Concludo citando quello di prima, perché si comprenda che non a caso ho citato il connubio vomitevole di cui l'Italia è attuale avanguardia residuale (un paradosso che da solo qualifica questo posto in cui stiamo) - quello tra Stato e Chiesa, cioè tra Idea dello Stato e Dio. Buon futuro a tutti, concittadini, ovverosia voi che vi sentite cittadini...
Dio appare, l’uomo si annienta; e più la Divinità si fa grande, più l’umanità diventa miserabile. Ecco la storia di tutte le religioni: ecco l’effetto di tutte le ispirazioni e di tutte le legislazioni divine. Nella storia, il nome di Dio è la terribile vera clava con la quale tutti gli uomini divinamente ispirati, i "grandi geni virtuosi", hanno abbattuto la libertà, la dignità, la ragione e la prosperità degli uomini.

Abbiamo avuto prima la caduta di Dio. Abbiamo ora una caduta che c’interessa assai più: quella dell’uomo, causata dalla sola apparizione di Dio o manifestazione sulla terra. Vedete dunque in quale orrore profondo si trovano i nostri cari ed illustri idealisti. Parlandoci di Dio, essi credono e vogliono elevarci, emanciparci, nobilitarci, ed al contrario ci schiacciano e ci avviliscono. Col nome di Dio, essi immaginano di poter edificare la fratellanza fra gli uomini, ed invece creano l’orgoglio e il disprezzo, seminano la discordia, l’odio, la guerra, fondano la schiavitù.

Perché con Dio vengono necessariamente i diversi gradi d’ispirazione divina; l’umanità si divide in uomini ispiratissimi, meno ispirati, non ispirati.
Tutti sono egualmente nulla davanti a Dio, è vero, ma confrontati, gli uni agli altri, alcuni sono più grandi degli altri; non solamente di fatto, ciò che non avrebbe importanza perché una ineguaglianza di fatto si perde da se stessa nella collettività quando non può afferrarsi ad alcuna finzione o istituzione legale; ma alcuni sono più grandi degli altri per volere del diritto divino dell’ispirazione: il che costituisce subito una in eguaglianza fissa, costante, pietrificata.
I più ispirati devono essere ascoltati ed obbediti dai meno ispirati e questi dai non ispirati.

Ecco il principio di autorità ben stabilito e con esso le due istituzioni fondamentali della schiavitù: la Chiesa e lo Stato.

Monday, July 14, 2008

Nero su bianco

“There is no nonsense so arrant that it cannot be made the creed of the vast majority by adequate governmental action”
(Bertrand Russell)

Se c'è qualcosa che può rivelare la sostanziale identità di intenti dei due candidati alla successione di Giorgio II l'Osceno, lo troviamo senza dubbio nelle loro originali idee sulle guerre in corso. John McCain, ad esempio, durante il suo discorso a Columbus, Ohio, probabilmente in preda ad un delirio mistico da far impallidire il mago Otelma, prevede il futuro forse leggendolo nelle interiora dei GI americani sparse per le strade polverose di Bagdad.
Leggiamo:

“Entro il gennaio 2013, l'America saluterà il ritorno a casa della maggior parte dei soldati e soldatesse che si sono sacrificati terribilmente perché l'America potesse essere sicura nella sua libertà. La guerra in Iraq sarà stata vinta.”
E ancora:
“Non è un programma; è la vittoria. È la vittoria, come ho sempre predetto. Non sapevo quando avremmo vinto la Seconda Guerra Mondiale; sapevo semplicemente che l'avremmo vinta.”
Tra cinque anni avremmo dunque il piacere di scoprire se gli USA avranno vinto la guerra in Iraq, qualsiasi cosa possa significare, e se la previsione si rivelerà azzeccata. Per il momento dobbiamo accontentarci di sapere che, in caso di vittoria elettorale, questo demente ha intenzione di trascorrere il mandato guerreggiando allegramente in Mesopotamia.

Ma che dire del contendente nero (“...alle falde del Kilimangiaro”), speranza delle sinistre “pacifiste”? Ah be', lui le truppe le vuole portar via. Dall'Iraq. Per spostarle in Afghanistan.
Settemila soldati americani in più sul fronte dell'Afghanistan. E' la promessa del senatore di Chicago Barack Obama, il candidato democratico alle presidenziali di novembre, convinto che Washington debba smobilitare al più presto dall'Iraq e rafforzare l'impegno contro i talebani sul confine tra Afghanistan e Pakistan, la nuova roccaforte di al Qaida.

Obama, che ha dedicato alla questione un intervento nella pagina degli editoriali del New York Times oggi, ha precisato cosa ha in mente per l'Afghanistan. Parla di due brigate da combattimento in più, per un totale di circa settemila uomini, tanto per cominciare.

“Se sarò presidente, ci sarà un cambio di strategia. Cominceremo con l'inviare almeno due brigate da combattimento in più a sostegno delle forze che si trovano già sul campo”. Obama è convinto che “servano più soldati, più elicotteri, più agenti di intelligence e più personale di appoggio per completare con successo la missione. Non resteremo ostaggi della necessità di garantire basi in Iraq a difendere una politica sbagliata”.
Eccola qua la “politica sbagliata”: non il fatto di condurre guerre di aggressione imperialiste per trasferire i soldi del taxpayer nelle capienti tasche del complesso militar-industriale. Quello è giusto. Bisogna solo scegliere meglio le vittime, e lui è qui per questo.

Morale della favola: che si scelga il bianco o il nero non ha la minima importanza, se la scelta è solo per il colore del sudario.

Non fidarsi è meglio

Mentre Bush l'osceno si prepara a chiudere il suo secondo mandato con una nuova guerra, un sondaggio condotto dalla World Public Opinion (WPO) ha rivelato che più del 60% delle popolazioni di Gran Bretagna e Stati Uniti non ha fiducia nel proprio governo:
Il sondaggio ha indicato che il 67% dei britannici ha un basso livello di fiducia nel governo Labour mentre il 60% degli americani nutre lo stesso sentimento verso l'amministrazione Bush.

Il malcontento generale per il comportamento del governo è ancora più alto con il 77% dei britannici e una percentuale ancora più alta, 83%, per gli americani.

Ogni anno che passa, vediamo i governi occidentali mentire sempre più sfacciatamente e imporre limiti sulle nostre libertà e privacy.

Il sondaggio ha inoltre chiesto “a beneficio di chi è governato il paese?

Prevedibilmente, il 60% dei britannici percepiscono il loro governo come al servizio di potenti interessi particolari piuttosto che dell'interesse del popolo, e anche l'80% degli Americani ha risposto alla stessa maniera.

La contrarietà per l'influenza corporativa sui governi è chiara, ma forse la mancanza di fiducia nel governo va ancora più a fondo. Ha ovviamente avuto la sua importanza la fabbricazione di prove e la diffusione di menzogne tra la popolazione per ottenere il consenso all'invasione ed all'occupazione illegali di altre nazioni.
Appare evidente come a Londra e soprattutto a Washington il consenso della popolazione viene ormai considerato un inutile optional, che in caso di necessità può comunque essere facilmente ottenuto con l'uso della forza.

La società orwelliana è ormai una realtà.

Sunday, July 13, 2008

«Happy birthday to meee!»

È passato un anno dal primo post del Gongoro. Brindo alla salute di tutti gli affezionati lettori:
Total page views: 47.124
Total visitors 27.693
Sono tanti? Sono pochi? Non ne ho idea, ma spero che tutti abbiano trovato la lettura fruttuosa e interessante.

Saturday, July 12, 2008

Il Grande Black-Out

Nemmeno l'isola volante di Laputa è immune agli effetti del caro energia, e il nostro inviato ha pensato bene di risparmiare il carburante della sua capsula temporale limitandosi ad un viaggetto di soli cinque anni. L'occasione è la Notte Bianca a Roma, illuminata idea dell'allora sindaco oggi leader della come-si-dice, dell'opposizione.

Notte che, come da legge di Murphy, finì per essere piuttosto scura. Ma a Laputa la legge di Murphy viene interpretata in modo un po' diverso da come l'intendiamo noi, e chissà che non abbiano ragione loro. Del resto, se la sfiga ci vede benissimo, si suppone che debba avere almeno un occhio, da qualche parte.

E con questo sibillino commento vi lascio al dispaccio telepatico della settimana, con il consueto augurio di una buona e – si spera luminosa domenica.
___________________________

Di Giovanni Pesce


Eravate rimasti elettrizzati dal racconto inerente gli arcani misteri? Bene, ora discuteremo il problema opposto: il black-out di cinque anni fa.

Correva l’anno 2003 D.C. ed il sindaco della Città Eterna si recò a New York per la gita “fuori porta” di Ferragosto ed al momento del ritorno dovette sperimentare i disagi derivanti da un black-out che bloccò New York in quei giorni: in particolare i mezzi di trasporto, aerei compresi, restarono fermi.

Il ritorno a Roma fu difficoltoso; dopo pochi giorni furono organizzate tra Comune, Metro, Azienda Elettrica delle riunioni per decidere cosa/come fare se, per mera contingenza, un black-out elettrico avesse colpito la Capitale.

Inoltre l’Amministrazione Capitolina decise di anticipare la Grande Festa Notturna (Notte Bianca) al 27 Settembre, nonostante la proteste della comunità ebraica sulla scelta di quella data, coincidente con la festa di Rosh Ha-Shanà.
Sul fronte elettrico, i giornali prepararono articoli sul cosa fare e su cosa no fare durante un black-out.

Meno male perché alle ore 3.15 circa del 28 Settembre un provvidenziale pino svizzero fece saltare l’intera distribuzione di energia elettrica dalle Alpi alla Sicilia, Sardegna esclusa, la Grande Festa Notturna si fermò e nessuno capì dove finiva lo scherzo e dove iniziava il dramma.

Non si capì sul momento che cosa fosse avvenuto e quali dovessero essere i rimedi e le commissioni d’inchiesta non furono molto convincenti relativamente alle cause vere dell’incidente.

Il Pino Svizzero (Giuseppe da Bellinzona) fu incolpato come unico criminale, perché cadendo verso l’alto (sic!) aveva interrotto il flusso elettromagnetico dalle Alpi a Lampedusa.
Come soluzione finale si decise di costruire altri 19 centrali elettriche, una per regione, così il problema non si sarebbe più ripresentato; la tecnologia sarebbe stata quella basata sul petrolio. Penso che attualmente si stia pensando, per alcune centrali elettriche, all’uso di tecnologia nucleare.

Ma sarà vero?
Mio nonno diceva che la corrente elettrica non saltava neanche durante i bombardamenti dell’ultima guerra eppure quel giorno saltò tutto.

Cui prodest?

Petrolieri, Governanti e Riciclatori di materiale fissile! Non sono persone che meritano fiducia.
Il Grande piano di demolizione e svenduta degli stati-nazione prevede la seguente tempificazione:
  1. Le grandi aziende che gestiscono l’energia;
  2. Le grandi aziende alimentari;
  3. Le grandi aziende dei servizi.
Controllate la storia economica di Enel, Eni, Cirio, Bertolli, De Rica, Ferrarelle, Peroni, Ferrovie e Poste e poi, con un processo di “reverse engineering”, sarete in grado di ricostruire il Master Plan.

Per gustare il Master Plan lo chef consiglia un grandissimo vino dai sapori “elettrici”: l’Amarone.

Wednesday, July 9, 2008

Il Comitato Reece

Quando leggo notizie come questa, o come quest'altra, mi tornano in mente alcuni lontani ricordi. Ad esempio, che la scuola pubblica è prima di tutto uno strumento di ingegneria sociale.

Godetevi questo articolo.

___________________________

Il Comitato Reece: le scienze sociali come strumento di controllo

Di Daniel Taylor


Nel 1954 il Comitato Reece, presieduto da Carroll B. Reece, presentò i suoi risultati per quanto riguarda l'influenza delle fondazioni esenti da tasse nel campo dell'educazione.* Il rapporto accenna inoltre brevemente alla loro influenza nella politica, nella propaganda, nelle scienze sociali e negli affari internazionali. La Fondazione Rockefeller, la Fondazione Ford, la Fondazione Carnegie ed altre sono stati esaminate durante le udienze del Comitato.

Il Comitato Reece venne denigrato dai media e dallo stesso John D. Rockefeller III come completamente sbagliato, ma il giudizio storico retrospettivo ci offre una prospettiva da cui vediamo che ciò che il comitato scoprì è molto più vicino alla verità di quanto Rockefeller vorrebbe farvi credere.

Un tema predominante nei risultati del Comitato è il desiderio delle fondazioni e delle persone dietro di esse di generare un sistema di controllo mondiale. L'uso della propaganda e dell'ingegneria sociale fu identificato come il mezzo per realizzare questo obiettivo. Nel 1932, il presidente della Fondazione Rockefeller, Max Mason, dichiarò che “le scienze sociali… si occuperanno della razionalizzazione del controllo sociale…”

Il comitato citava un rapporto della Commissione Presidenziale sull'Istruzione Superiore, pubblicata nel 1947, che descrive gli obiettivi dei programmi di ingegneria sociale; la realizzazione da parte del popolo della necessità di un governo mondiale “… psicologicamente, socialmente e… politicamente.” Il rapporto citato dichiara,
“Nella velocità dei trasporti e della comunicazione e nell'interdipendenza economica, le nazioni del globo sono già un unico mondo; il compito è di assicurare il riconoscimento e l'accettazione di questa unità (oneness, ndt) nel pensiero della gente, giacché il concetto di un mondo può essere realizzato psicologicamente, socialmente ed in tempo utile politicamente.

È questo compito in particolare che sfida i nostri studiosi ed insegnanti ad aprire la via verso un nuovo modo di pensare. C'è un'esigenza urgente di un programma per la cittadinanza mondiale che può diventare parte dell'istruzione generale di ogni persona.

Saranno necessarie la scienza sociale e l'ingegneria sociale per risolvere i problemi dei rapporti umani. La nostra gente deve imparare a rispettare l'esigenza di una conoscenza speciale e di un addestramento tecnico in questo campo come fanno con gli esperti in fisica, chimica, medicina ed in altre scienze.” [enfasi aggiunta] (P. 483)
Rene A. Wormser, autore del libro Foundations: Their Power and Influence, prestò servizio come consulente legale per il Comitato. Wormser discusse l'indagine delle scienze sociali da parte delle fondazioni – come le fondazioni Carnegie e Rockefeller - e l'influenza che esercitano.
“Mr. WORMSER. Professore, tornando a questo termine, “l'ingegneria sociale,” ancora, non c'è una certa presunzione, o arroganza, da parte dei sociologi, nel considerarsi l'unico gruppo dell'elite ad essere in grado – e a cui dovrebbe venir offerta l'opportunità – di guidarci nel nostro sviluppo sociale? Essi escludono per deduzione, suppongo, i leader religiosi e quelli che potreste chiamare leader umanistici. Combinano la tendenza verso il concetto auto-generato di ingegneria sociale con un'alta concentrazione di potere in quell'intreccio di fondazioni ed agenzie e mi sembra che potrebbe essere qualcosa piuttosto pericoloso.” [enfasi aggiunta] (P. 579)
Il comitato elencava le varie organizzazioni che erano coinvolte con l'indagine sulle scienze sociali della Fondazione Rockefeller. Erano inoltre identificate altre organizzazioni come il Council on Foreign Relations, che sono state strumentali nell'elaborazione della politica globalista.
“Quando la Fondazione Rockefeller si rivolse alle scienze sociali ed agli studi umanistici come mezzi per migliorare il “benessere” dell'umanità, la sezione intitolata “Scienze Sociali” nel rapporto annuale venne ripartita nei seguenti titoli, che sono rimasti identici fino al 1935:

Progetti di Scienza Sociale Generale: Impegni Cooperativi.
Ricerca nelle Discipline Fondamentali.
Studi Internazionali e Interrazziali.
Studi Sociali Correnti.
Ricerca nel Campo della Pubblica Amministrazione.
Ricerca Fondamentale e Promozione di Determinati Tipi di Organizzazioni.
Associazioni nelle Scienze Sociali.

Il rapporto dichiara che tale ripartizione era ai fini di “semplificare e per dare risalto allo scopo per cui sono stati fatti gli stanziamenti.”

Nel decennio dal 1929 al 1938 gli stanziamenti delle fondazioni ai progetti di scienze sociali ammontavano a 31,4 milioni di dollari e sono stati fatti ad agenzie come la Brookings Institution, il Social Science Research Council, il National Research Council, la Foreign Policy Association, il Council on Foreign Relations, e l'Institute of Pacific Relations in questo paese così come ad un dozzina o più in altri paesi, ed al Fiscal Committee of the League of Nations. “(P. 879)
Una campagna per denigrare il Comitato Reece ebbe inizio poco tempo dopo la sua pubblicazione. Lo stesso John D. Rockefeller III rispose ai risultati del Comitato, negando recisamente che la Fondazione Rockefeller o qualsiasi delle organizzazioni a cui aveva dato del denaro avesse mai sostenuto il governo mondiale. Rockefeller dichiarò,
“Se l'espressione “teorie del governo unico mondiale” significa qualcosa, significa governo mondiale. Nessun brandello di prova è stato presentato nel rapporto per indicare che la Fondazione Rockefeller o qualsiasi delle organizzazioni che ha finanziato abbia sostenuto il governo mondiale.” (P. 1104)
Con il vantaggio del giudizio storico retrospettivo, questa affermazione di Rockefeller può essere facilmente smentita. In realtà, la famiglia Rockefeller – a partire da antica data – ha promosso il governo mondiale ed il globalismo, che oggi è quasi una realtà. Il seguenti sono alcuni esempi dell'influenza dei Rockefeller durante i vari decenni passati. Programmi di ingegneria sociale progettati per preparare la gente alla politica e gli obiettivi globalisti, insieme alle pressioni per il controllo globale sono stati imposti sul popolo americano per quasi 100 anni.

Il Movimento Interecclesiale Mondiale

Un progetto iniziale della famiglia Rockefeller fu il Movimento Interecclesiale Mondiale, nato nel 1919. Il MIM venne fondato da John D. Rockefeller Jr, figlio di John D. Rockefeller II. Charles E. Harvey, professore di storia all'Università dello Stato della California, ha scritto una storia del Movimento Interecclesiale Mondiale in un documento del 1982 chiamato John D. Rockefeller, Jr., and the Interchurch World Movement of 1919-1920: A Different Angle on the Ecumenical Movement. L'obiettivo del MIM era di consolidare le chiese in una singola organizzazione che avrebbe controllato la direzione delle chiese in generale. Il MIM, nelle parole dello stesso Rockefeller, aveva un'inclinazione globalista. Egli scrive,
“Non penso che possiamo sopravvalutare l'importanza di questo movimento. Come lo intendo, è in grado di avere un'influenza molto più ampia della Lega delle Nazioni nel determinare la pace, la soddisfazione, la benevolenza e la prosperità fra i popoli della terra.”
Una lettera rivelatrice scritta da Rockefeller stesso indicava che vedeva un potenziale per una sicura “stabilità” guadagnando il controllo sulle chiese.
“Non conosco migliore assicurazione per un uomo d'affari per la sicurezza dei suoi investimenti, la prosperità del paese e la stabilità futura del nostro governo di quella permessa da questo movimento…” [1]
Il Consiglio Federale delle Chiese

Un'organizzazione successiva, il Consiglio Federale delle Chiese, evidenzia inoltre l'investimento dei Rockefeller nelle organizzazioni che promuovono il governo mondiale.

Secondo le aspettative, il Consiglio Federale delle Chiese – che si fuse con il Consiglio Nazionale delle Chiese nel 1950 – ricevette finanziamenti significativi da John D. Rockefeller Jr. [1] Usando una struttura corporativa delle chiese simile a quella adottata dal Movimento Interecclesiale Mondiale in primo luogo, il programma sviluppò diverse linee guida per le chiese, con il governo mondiale come scopo finale. Come segnalato dalla rivista Time nel 1942,
“Questi sono i punti salienti del nuovo programma del protestantesimo organizzato degli Stati Uniti per una pace giusta e durevole dopo la seconda guerra mondiale:

In definitiva, “un governo mondiale dei poteri delegati.”

Totale abbandono dell'isolazionismo degli Stati Uniti.

Forti limitazioni immediate della sovranità nazionale.

Controllo di internazionale di tutti gli eserciti e marine.

“Un sistema monetario universale… progettato per prevenire l'inflazione e la deflazione.”

Libertà di immigrazione universale.

Eliminazione progressiva di tutte le tariffe e quote nel commercio mondiale.

“Autonomia per tutti i popoli assoggettati e delle colonie” (con un trattamento molto migliore per i negri negli Stati Uniti).

“Nessuna riparazione punitiva, nessun umiliante decreto di colpevolezza di guerra, nessuno smembramento arbitrario delle nazioni.”

Una banca internazionale “democraticamente controllata” “per mettere a disposizione il capitale per lo sviluppo ogni parte del mondo senza le conseguenze predatorie ed imperialistiche così caratteristiche dei prestiti privati e governativi su vasta scala.”

Questo programma è stato adottato la settimana scorsa da 375 rappresentanti nominati di 30 confessioni chiamate insieme all'Università Wesleyan dell'Ohio dal Consiglio Federale delle Chiese. Ogni chiesa protestante locale nel paese sarà ora invitata a seguire il programma. “Come cittadini cristiani,” i suoi promotori hanno affermato, “dobbiamo cercare di tradurre la nostra fede in realtà pratiche e di creare un'opinione pubblica che assicurerà che gli Stati Uniti sostengano pienamente la propria parte essenziale nella creazione di un senso morale della vita internazionale.” [2]
Le Nazioni Unite

Dopo la seconda guerra mondiale, John D. Rockefeller Jr. donò il terreno su cui sorge la sede delle Nazioni Unite a New York City con un regalo di 8,5 milioni di dollari. L'ONU è servita da sbocco per varie iniziative dei Rockefeller fin dalla sua fondazione. Steven C. Rockefeller, ex presidente del consiglio fiduciario della Rockefeller Brothers Fund, è stato intimamente coinvolto con la Carta della Terra delle Nazioni Unite. Durante i primi stadi della Carta della Terra, ha presieduto l'Earth Charter International Drafting Committee dal 1997 al 2000.

L'Unione Atlantica

Nelson Rockefeller fu un importante fautore dell'Unione Atlantica fra gli Stati Uniti e l'Europa. Oggi, questa visione è un passo più vicino alla realtà con la fondazione del Consiglio Economico Transatlantico nel 2007. Gary Allen documenta l'influenza di Rockefeller nella spinta per un'Unione Atlantica in The Rockefeller File (1976),
In The Future of Federalism, Noble Nelson ha affermato:

“Nessuna nazione oggi può difendere la sua libertà, o soddisfare i bisogni e le aspirazioni del proprio popolo, dall'interno dei propri confini o per mezzo soltanto delle proprie risorse…. E così la nazione-stato, restando da sola, minaccia, in molti sensi, di sembrare anacronistica come le città-stato greche diventarono alla fine nei tempi antichi.”

Capito? L'uomo che non poteva essere eletto alla Casa Bianca, ma che è riuscito comunque ad entrarci, dice che gli Stati Uniti liberi ed indipendenti sono ora anacronistici.

Webster definisce “l'anacronismo” come qualcosa da un'era precedente che è incongruente nel presente. Ogni efficace fautore di governo mondiale impara presto alcuni trucchi retorici, come chiamare il nero “bianco.” Nelson Rockefeller non fa eccezione. Nello stesso libro, suggerisce:

“L'idea federale, che i nostri padri fondatori applicarono nel loro atto storico della creazione politica nel XVIII secolo, possono applicarsi in questo ventesimo secolo nel più grande contesto mondiale delle nazioni libere – se vogliamo eguagliare i nostri antenati in coraggio e visione.” [1]
L'Alleanza delle Civiltà

Come esempio dell'impegno continuato della famiglia del Rockefeller nelle scienze sociali e nell'ingegneria sociale, il programma della Alliance of Civilizations (AoC) Media Fund per la valutazione delle risposte psicofisiche ai media è un buon posto per cominciare. La AoC fa parte del “Meccanismo di Risposta Rapida dei Media” dell'organizzazione dedicato a sorvegliare e tentare di guidare il contenuto di vari mezzi di comunicazione compreso Hollywood. Con l'obiettivo di creare “… il pluralismo religioso e culturale come valore globale,” la AoC sta sostenendo la ricerca “… sul processo tramite cui immagini di umiliazione e di violenza influenzano le risposte fisiologiche e del comportamento.” La ricerca investigherà inoltre,
“L'uso dei metodi psicofisici (conduttività della pelle, frequenza cardiaca ed impedenza, livelli ormonali, ecc.) e di risonanza magnetica cattura l'attivazione del cervello e del corpo mentre gli individui interagiscono con i media e/o i membri esterni al gruppo, facendo luce su come le emozioni e le convinzioni degli individui possono cambiare – anche senza esserne consapevoli.”
La ricerca, secondo la AoC “… sarà usata per generare le raccomandazioni politiche per le persone dei media ed i funzionari di governo.” La ricerca è un progetto speciale dei consiglieri di filantropia dei Rockefeller Philanthropy Advisors.

I metodi della Alleanza delle Civiltà sono simili a quelli di un'altra organizzazione dell'ONU, la United Nations Educational, Scientific and Cultural Organisation (UNESCO). L'Unesco riceve regolari finanziamenti dalla Fondazione Rockefeller. Nel documento fondante dell'organizzazione, Unesco, il suo scopo e la sua filosofia, sir Julian Huxley scrive,
“Prendere le tecniche di persuasione ed informazione e la vera propaganda che abbiamo imparato ad applicare nazionalmente in guerra, e deliberatamente piegarle alle mansioni internazionali della pace, se necessario utilizzandole, come Lenin concepì, “vincendo la resistenza di milioni” ad un desiderabile cambiamento. Usare il dramma per rivelare realtà ed arte come metodo con cui, nelle parole di sir Stephen Tallent, “la verità si trasforma in in principio di azione impressionante e vitale,” e mirare a produrre quello sforzo concordato che, per citare Grierson una volta di più, necessita di un background di fede e di un senso del destino. Questa dev'essere una filosofia totale, una dottrina religiosa totale e non potrà mai essere realizzata senza l'uso dei mezzi di comunicazione di massa. L'Unesco, nella stampa del proprio dettagliato lavoro, non deve dimenticare mai questo enorme fatto.”
Se ci sono dubbi quanto all'impegno della famiglia Rockefeller per il globalismo ed il governo mondiale, date un'occhiata alle parole di David Rockefeller alla pagina 405 delle sue memorie,
“Alcuni credono persino che facciamo parte di una congiura segreta che lavora contro gli interessi degli Stati Uniti, caratterizzando la mia famiglia e me come ‘internazionalisti’ e che cospiriamo con altri in tutto il mondo per costruire una struttura politica ed economica globale integrata – un unico mondo, se volete. Se questa è l'accusa, mi dichiaro colpevole e sono fiero di esserlo.”
___________________________

Citazioni:

*Vedi il documento completo del comitato di Reece: Parte 1, parte 2, parte 3, parte 4

Il Movimento Interecclesiale Mondiale

[1] Harvey, Charles E. John D. Rockefeller, Jr., and the Interchurch World Movement of 1919-1920: A Different Angle on the Ecumenical Movement. Church History, Vol. 51, No 2. (Jun., 1982), p. 198-209.

Consiglio Federale delle Chiese

[1] lbid, Harvey. p. 205.

[2] “American Malvern.” Time. 16 marzo 1942. Disponibile a: <>

L'Unione Atlantica

[1] Allen, Gary. The Rockefeller File. Seal Beach, California: '76 Press, 1976

Monday, July 7, 2008

McCain mi odia

Politici e libera espressione: praticamente il diavolo e l'acquasanta.

Saturday, July 5, 2008

La Compagnia degli Avventurieri d'Inghilterra

Riprendiamo la pubblicazione dei dispacci telepatici da Laputa che nonostante i ben noti problemi affrontati in questo periodo dal Gongoro hanno continuato ad arrivare puntuali.

Con il dispaccio di questa settimana il nostro inviato Giovanni Pesce – per gli amici il “Pesce Volante” – ci conduce in un vertiginoso viaggio attraverso i secoli e gli oceani, sulle orme delle compagnie commerciali di sua maestà britannica, in un tempo in cui i mercati erano monopoli delle case regnanti.


Un tempo a cui i nostri attuali governanti democratici guardano con nostalgia e desiderio, mentre in quel di Bruxelles cercano, producendo immense quantità di regole e divieti, di appropriarsi di ciò che rimane della nostra libertà.

Sperando che il bel tempo duri, sono felice di poter ancora una volta augurare a tutti una piacevole lettura e un sereno weekend.
___________________________


Il Governatore e la Compagnia degli Avventurieri d'Inghilterra Commercianti nella Baia di Hudson.


Di Giovanni Pesce


Nei mesi passati avevamo navigato verso i Mari della Cina con i clipper della Compagnia delle Indie Orientali entrando così in contatto con quel mondo composto da avventurieri, diplomatici e contrabbandieri dove le antiche arti del commercio mondiale si evolvevano con un tasso di crescita senza pari.

Se invece osserviamo ora l’altra sponda dell’Oceano Atlantico noteremo come anche questa abbia offerto a Sua Maestà Britannica un’occasione unica per costituire un’altra Compagnia: la HBC ovvero la Hudson Bay Company.

Per proseguire il viaggio e saperne di più, dovremo salpare virtualmente adattandoci ad una scomoda sistemazione su uno schooner a due alberi.

Prima della partenza ho preparato uno speciale briefing sulle nostre prossime destinazioni nelle Terre di Nord-Ovest.

Nel 1670, Carlo II d’Inghilterra offrì, come graziosa ricompensa per servizi prestati, le terre comprese tra il Nord Dakota e il Grande Mare Freddo ad un suo fedele servitore, il principe Rupert, e questi si industriò con i suoi avventurosi soci per ricavare, da quelle terre del Nuovo Mondo. i più significativi guadagni.

Se la Royal Society premeva molto affinché venisse trovato il Passaggio a Nord-Ovest, obiettivo geostrategico fondamentale, i Soci Fondatori avevano come obbiettivo primario il solo immediato ritorno sull’investimento economico; mentre la Chiesa Anglicana, grazieaddio, non propose alcuna opera di imposizione di pratiche religiose di tipo europeo.

Le attività locali del Nuovo Mondo erano limitate alla caccia ed alla pesca ma con questi soli punti di forza iniziale venne consolidata la più antica azienda britannica, integrando queste attività in uno dei primi tentativi di centri di commercio mondiale.

Pelli e carnagioni canadesi venivano scambiate con merci provenienti dal Vecchio Continente; in particolare whiskey e brandy venivano utilizzati come farmaci miracolosi ed i rapporti di scambio prevedevano che il ritorno sull’investimento fosse eccezionalmente favorevole alla HBC.

Il modello di organizzazione aziendale fu basato su quello della Royal Navy; giovani provenienti dalle Orcadi, le più sperdute isole scozzesi, venivano “spintaneamente” arruolati nella compagnia.

Nel corso degli anni la “Company” subì la concorrenza spietata, anche armata, della rivale “North-West Company”, azienda molto più “rampante” e decisa a trovare il mitico Passaggio a Nord-Ovest, ma con il passare del tempo, le due società si fusero conservando l’unico marchio HBC.

La vita, anche per le aziende trascontinentali, si è fatta dura ed ora l’HBC gestisce una serie di supermercati; vero core-business dell’azienda.

Il mitico obiettivo del Passaggio a Nord-Ovest che ha riscaldato i cuori di molti esploratori, è stato raggiunto da Roald Amudsen che nell’Agosto 1906, riuscì nell’impresa di raggiungere l’Oceano Pacifico dopo essere partito dall’Atlantico.

Dall’altra parte Pietro il Grande aveva organizzato spedizioni per scoprire cosa esistesse ad ovest della Kamchakhta e le Curili; nel 1762 il Capitano danese Vitus Johansen Bering, portò i suoi uomini a sbarcare in una nuova terra americana; rientrato naufragò si di un’isola poi denominata “Isola di Bering” che, per la sua vicinanza con la linea internazionale di cambio data, è conosciuta anche come “l’isola fluttuante” esattamente come Laputa.

Che tempi e che avventure!

Ma le avventure proseguono anche in Italia dove ha lavorato la Canada Northwest Spa utilizzando la concessione governativa per le miniere di salgemma di Scanzano Jonico, che, qualche anno dopo, sono state proposte come siti per lo stoccaggio del materiale atomico.

Penso che ora sia giunto il tempo di salpare verso Fort Bourbon, e con un doppio urrah alziamo i gomiti!


Friday, July 4, 2008

Sta succedendo qualcosa di grande

La seguente dichiarazione – allarmante, seppur non priva di speranza e fiducia nelle nuove generazioni – a proposito del disastro finanziario in arrivo è stata redatta dal membro del Congresso Ron Paul. La presenterà come ordine speciale e la inserirà nel registro congressuale la prossima settimana.

È possibile dibatterla in anteprima sul Campaign for Liberty blog.
___________________________

Di Ron Paul


Negli ultimi 35 anni ho espresso la mia grave preoccupazione per il futuro dell'America. Il corso che abbiamo assunto nel secolo passato ha minacciato le nostre libertà, sicurezza e prosperità. Nonostante queste preoccupazioni di lunga data, ci sono giorni – sempre più di frequente – in cui sono convinto che sia arrivato il tempo per alcuni Grandi Eventi di accadere. Questi eventi in rapido avvicinamento non passeranno inosservati. Interesseranno ciascuno di noi. Non saranno limitati soltanto ad alcune zone del nostro paese. L'economia mondiale ed il sistema politico si divideranno il caos che si libererà.

Benchè il mondo abbia sofferto lungamente per l'insensatezza di guerre che avrebbero dovuto essere evitate, il mio più grande timore è che il corso su cui ci troviamo porterà ancora maggiori conflitti e sofferenza economica agli innocenti popoli del mondo – a meno di cambiare rapidamente la nostra via.

L'America, con le sue tradizioni di mercati liberi e di diritti di proprietà, ha guidato la marcia verso una grande ricchezza ed il progresso nel mondo intero così come nel paese. Poiché abbiamo perso la nostra fiducia nei principi della libertà, della fiducia in se stessi, del duro lavoro e della parsimonia, preferendo intraprendere la costruzione di un impero finanziata con l'inflazione e il debito, tutto ciò è cambiato. È davvero spaventoso, ed è un evento storico.

Il problema che affrontiamo non è nuovo nella storia. L'autoritarismo è in circolazione da lungo tempo. Per secoli, l'inflazione ed il debito sono stati usati dai tiranni per avere il potere, promuovere l'aggressione e per fornire al popolo “panem et circenses”. La nozione che un paese possa permettersi “burro e cannoni” senza pagare un pegno significativo esisteva anche prima degli anni 60 in cui si è trasformato in in uno slogan popolare. Fu allora, tuttavia, che ci venne detto che la guerra del Vietnam e l'enorme espansione dello stato sociale non erano problemi. Gli anni settanta dimostrarono che quell'assunto era sbagliato.

Oggi le cose sono diverse dagli anni 70 o persino dai periodi antichi. Il fatto è che ora siamo un'economia globale. Il mondo ha più gente ed è più integrato grazie alle moderne tecnologia, comunicazioni, e ai viaggi. Se la tecnologia moderna fosse stata usata per promuovere le idee della libertà, dei mercati liberi, della valuta sana e del commercio, avrebbe introdotto una nuova età dell'oro – un globalismo che avremmo potuto accettare.

Invece, la ricchezza e la libertà di cui ora godiamo si stanno restringendo e poggiano su un'infrastruttura filosofica fragile. Non è diverso dagli argini e dai ponti nel nostro stesso paese che il nostro sistema di guerra e welfare ci ha indotti ad ignorare.

Temo che le mie preoccupazioni siano state legittime e potrebbe persino essere peggio di quanto pensassi all'inizio. Ora sono alla nostra porta. Il tempo è poco per correggere la rotta prima che questo grande esperimento di libertà entri in profonda ibernazione.

Ci sono ragioni per le quali questa crisi in arrivo è diversa e più grande di quanto il mondo abbia mai sperimentato. Invece di utilizzare il globalismo in modo positivo, è stato usato per globalizzare tutti errori dei politici, dei burocrati e dei banchieri centrali.

Essere la sola superpotenza incontestata non è stato da noi mai accettato con un senso di umiltà e di rispetto. La nostre arroganza ed aggressività sono state usate per promuovere un impero mondiale sostenuto dal più potente esercito della storia. Questo tipo di intervento globalista genera problemi per tutti i cittadini del mondo e non riesce a contribuire al benessere delle popolazioni mondiali. Pensate soltanto a come le nostre libertà personali sono state devastate qui nel paese nell'ultimo decennio.

La crisi finanziaria, ancora nelle sue fasi iniziali, è evidente per tutti: prezzo della benzina oltre 4 dollari al gallone; costo della sanità e dell'istruzione alle stelle; il collasso della bolla immobiliare; lo scoppio della bolla del Nasdaq; borse in caduta; aumento della disoccupazione; grave sottoccupazione; eccessivo debito di governo; debito personale incontrollabile. Ci sono pochi dubbi che avremo la stagflazione. La domanda che presto sarà chiesta è: quando la stagflazione si trasformerà in in una depressione inflazionistica?

Ci sono diverse ragioni per cui l'economia mondiale è stata globalizzata ed i problemi che affrontiamo sono in tutto il mondo. Non possiamo capire che cosa stiamo affrontando senza comprendere il fiat money e la bolla del dollaro che da lungo tempo sta gonfiandosi.

Ci sono state diverse fasi. Dall'inizio del sistema della Riserva Federale nel 1913 - 1933, la Banca Centrale si autoproclamò responsabile ufficiale del dollaro. Entro il 1933, gli americani non avrebbero più potuto possedere l'oro, rimuovendo così il freno alla possibilità della Riserva Federale di inflazionare per la guerra ed il welfare.

Entro il 1945, altri limitazioni sono state rimosse creando il sistema monetario di Bretton-Woods che rendeva il dollaro la valuta di riserva mondiale. Questo sistema è durato fino al 1971. Durante il periodo fra 1945 e 1971, alcune limitazioni sulla Fed sono rimaste al loro posto. Gli stranieri, ma non gli americani, potevano convertire i dollari in oro a 35$ l'oncia. A causa dell'eccesso di dollari che furono creati, quel sistema ebbe termine nel 1971.

È il sistema post-Bretton-Woods il responsabile della globalizzazione dell'inflazione e dei mercati e della generazione della gigantesca bolla mondiale del dollaro. Quella bolla ora sta scoppiando e stiamo vedendo cosa significa soffrire le conseguenze dei molti errori economici precedenti.

Ironicamente durante questi 35 anni trascorsi, abbiamo tratto giovamento da questo sistema molto difettoso. Dal momento che il mondo ha accettato i dollari come se fossero oro, abbiamo dovuto soltanto contraffare più dollari, spenderli oltreoceano (incoraggiando indirettamente anche i nostri posti di lavoro ad andare oltreoceano) e godere di una immeritata prosperità. Coloro che hanno preso i nostri dollari e ci hanno dato beni e servizi erano fin troppo ansiosi di prestarci nuovamente quei dollari. Questo ci ha permesso di esportare la nostra inflazione e di ritardare le conseguenze che ora stiamo cominciando vedere.

Ma non è mai stata destinata a durare ed ora che dobbiamo pagare il pifferaio. Il nostro enorme debito con l'estero deve essere pagato o liquidato. Ci viene chiesto di pagare i nostri debiti poiché il mondo è diventato più riluttante a tenere i dollari. La conseguenza di questa decisione è l'inflazione dei prezzi in questa paese – ed è ciò che stiamo osservando oggi. Già l'inflazione dei prezzi oltreoceano è persino superiore a quella qui in patria a conseguenza della volontà delle banche centrali estere di monetizzare il nostro debito.

La stampa di dollari per lunghi periodi di tempo può non spingere su i prezzi immediatamente – ma col tempo lo farà sempre. Adesso stiamo vedendo il recupero per la passata inflazione della massa monetaria. Per quanto brutta sia la situazione oggi con la benzina a 4$ il gallone, questo è appena l'inizio. È una grande distrazione ripetere “trivella, trivella, trivella” come soluzione alla crisi del dollaro ed ai prezzi elevati della benzina. Lasciare che il mercato aumenti le riserve e le trivellazioni va bene, ma quella questione è una grossa distrazione dai peccati dei deficit e delle truffe monetarie della Riserva Federale.

Questa bolla è diversa e più grande per un altro motivo. Le banche centrali del mondo colludono in segreto per pianificare centralmente l'economia mondiale. Sono convinto che gli accordi fra le banche centrali per “monetizzare” il debito degli Stati Uniti negli ultimi 15 anni siano esistiti, anche se in segreto e lontano dagli occhi di tutti – in particolare del Congresso degli Stati Uniti che non se ne preoccupa, o semplicemente non capisce. Con la fine di questo “regalo” che ci è stato fatto, i nostri problemi peggiorano. Le banche centrali ed i vari governi sono molto potenti, ma alla fine i mercati hanno la meglio quando la gente rimasta con il sacchetto (di cattivi dollari) in mano comincia a spendere dollari nell'economia con zelo impressionante, accendendo così la febbre inflazionistica.

Questa volta – dal momento che ci sono tanti dollari e tanti paesi implicati – la Fed ha potuto “incartare” ogni crisi in avvicinamento per i 15 anni scorsi, in particolar modo con Alan Greenspan presidente della Riserva Federale, che ha permesso che la bolla si trasformasse nella più grande della storia.

Gli errori fatti con l'eccessivo credito a tassi artificialmente bassi sono enormi, e il mercato sta richiedendo una correzione. Questo coinvolge l'eccessivo debito, gli investimenti in direzioni sbagliate, gli eccessi di investimento e tutti gli altri problemi causati dal governo quando spende soldi che non avrebbe mai dovuto avere. Il militarismo all'estero, l'assistenza sociale e 80 trilioni di promesse di titoli stanno arrivando alla fine. Non abbiamo i soldi o la capacità di generazione di ricchezza per occuparci di tutti i bisogni che esistono perché abbiamo rifiutato l'economia di mercato, la valuta sana, la fiducia in se stessi ed i principi della libertà.

Poiché la correzione di tutta questa cattiva allocazione di risorse è necessaria e deve accadere, si può cercare qualcosa di buono che può arrivare con il dispiegarsi di questo “Grande Evento.”

Ci sono due scelte che la gente può fare. L'una, che non è a nostra disposizione, è di trascinarsi nello status quo e di pompare il sistema con più debito, inflazione e bugie. Questo non accadrà.

Una delle due scelte, quella scelta così spesso dal governo in passato è di rifiutare i principi della libertà e di ricorrere ad un governo ancora più grande e più autoritario. Alcuni sostengono che dare poteri dittatoriali al presidente, proprio come abbiamo permesso che governasse l'impero americano, è ciò che dovremmo fare. Questo è il grande pericolo, e in questa atmosfera post-911, troppi americani stanno preferendo la sicurezza alla libertà. Abbiamo già perso troppe delle nostre libertà personali. Il timore reale del crollo economico potrebbe spingere i pianificatori centrali ad agire in tal modo che il New Deal degli anni 30 potrebbe assomigliare alla Dichiarazione di Indipendenza di Jefferson.

Più al governo è permesso di assumere la direzione e la gestione dell'economia, più profonda è la depressione che si ottiene e più a lungo dura. Questa è la storia del '30 e dell'inizio degli anni 40 e gli stessi errori è probabile che vengano fatti ancora una volta se non ci svegliamo.

Ma la buona notizia è che non c'è bisogno che la situazione sia così brutta se facciamo la cosa giusta. Ho visto succedere “Qualcosa di Grande” nei 18 mesi trascorsi in campagna elettorale. Mi sono convinto che siamo capaci di svegliarci e di fare la cosa giusta. Ho incontrato letteralmente migliaia di ragazzi delle superiori e universitari ben disposti ad accettare la sfida e la responsabilità di una società libera ed a rifiutare il welfare dalla culla alla tomba che viene promesso loro da tanti politici buonisti.

Se più persone ascoltano il messaggio della libertà, altri si assoceranno in questo sforzo. Il fallimento della nostra politica estera, del sistema previdenziale e delle politiche monetarie e virtualmente di tutte le soluzioni di governo è così chiaramente palese, che non ci vuole molto per convincerli. Ma il messaggio positivo di come la libertà funziona e del perché è possibile è ciò di cui c'è urgente necessità.

Una delle parti migliori dell'accettare la fiducia in se stessi in una società libera è che può essere realizzata una vera soddisfazione personale nella propria vita. Ciò non accade quando il governo assume il ruolo del guardiano, del genitore o del provveditore, perché elimina il senso dell'orgoglio. Ma il problema reale è il governo non può fornire la sicurezza e la tranquillità economica come proclama. Il cosiddetto bene che il governo proclama di poter distribuire è realizzato sempre a scapito della libertà di qualcun altro. È un sistema fallato ed i giovani lo sanno.

Ristabilire la società libera non elimina la necessità di tenere la nostra casa in ordine e di pagare le spese stravaganti. Ma il dolore non sarebbe duraturo se facessimo le cose giuste, e soprattutto l'impero finirebbe per motivi finanziari. Le nostre guerre si arresterebbero, l'attacco alle libertà civili cesserebbe e la prosperità ritornerebbe. Le scelte sono chiare: non dovrebbe essere difficile, ma il grande evento che si sta palesando ci offre una grande opportunità di invertire la marea e di riprendere la veramente grande Rivoluzione Americana iniziata nel 1776. L'occasione bussa alla nostra porta nonostante l'urgenza ed i pericoli che affrontiamo.

Facciamo sì che “Sta Succedendo Qualcosa di Grande” sia la scoperta che la libertà funziona ed è popolare ed il grande evento economico e politico a cui stiamo assistendo sia una benedizione travestita.

Thursday, July 3, 2008

«It's part of our lifestyle»

A corollario del precedente post, la sintesi di una divertente puntata di Seinfeld in tema...

Lo stimolo

Questa è la più bella dell'anno. Un perfetto esempio dei sorprendenti risultati ottenibili quando lo Stato decide di “stimolare l'economia” dirottando risorse dalle tasche di alcuni in quelle di altri.
Da huffingtonpost.com:

Il pacchetto di stimolo per l'economia del presidente Bush, che appare finora inefficace nel ridare vita all'economia, sta invece avendo un inatteso effetto rinvigorente sull'industria pornografica.

Da un comunicato stampa dell'Adult Internet Market Research Company:

Un'agenzia indipendente di ricerca di mercato, la AIMRCo (Adult Internet Market Research Company), ha scoperto che molti website focalizzati sul materiale per adulti o erotico hanno sperimentato nelle recenti settimane un'espansione nelle vendite dal momento in cui gli assegni sono apparsi in milioni di cassette della posta americane in tutto il paese.

Secondo Kirk Mishkin, Consulente Capo per la ricerca per AIMRCo, “molti dei siti che abbiamo esaminato hanno segnalato un aumento del 20-30% nelle sottoscrizioni a partire da metà-maggio, quando è cominciata la spedizione degli assegni, e l'estate è tipicamente un periodo lento per questo mercato.”

Ed ecco servita la bolla delle pugnette.

Wednesday, July 2, 2008

Perché essere libertari?

Questo saggio, in cui Rothbard esprime quale dev'essere la motivazione primaria per l'impegno a favore della libertà, è il capitolo 15 di Egalitarianism As a Revolt Against Nature.

Una pagina appassionata e forse un po' malinconica, se letta alla luce delle condizioni attuali della libertà nel nostro triste mondo.
___________________________

Di Murray N. Rothbard


Perché essere libertari, alla fine? Con questo intendiamo, qual é il punto dell'intera questione? Perché dedicare la propria vita al profondo impegno per il principio e l'obiettivo della libertà individuale? Perché un simile impegno, nel nostro mondo in gran parte non libero, significa inevitabilmente un disaccordo radicale con lo status quo e l'alienazione da esso, un'alienazione che inevitabilmente impone molti sacrifici sia in denaro che in prestigio. Quando la vita è breve e il momento della vittoria lontano nel futuro, perché passare tutto questo?

Incredibilmente, abbiamo trovato fra il numero crescente di libertari in questo paese molte persone che pervengono all'impegno libertario da qualche punto di vista estremamente ristretto e personale. Molti sono attirati irresistibilmente verso la libertà come sistema intellettuale o come obiettivo estetico, ma la libertà rimane per loro un gioco di società puramente intellettuale, completamente divorziato da quelle che considerano come attività “reali” delle loro vite quotidiane. Altri sono motivati a rimanere libertari solo dalla loro anticipazione del proprio profitto finanziario personale. Avendo realizzato che un mercato libero offrirebbe agli uomini abili e indipendenti ben maggiori occasioni di raccogliere profitti imprenditoriali, diventano e rimangono libertari soltanto per trovare più grandi occasioni di profitto. Mentre è vero che le occasioni di profitto saranno ben maggiori e più diffuse in un mercato ed in una società liberi, porre l'enfasi primaria su questa motivazione per essere libertari può essere considerata semplicemente grottesca. Perché nel cammino spesso tortuoso, difficile e faticoso che deve essere percorso prima che la libertà possa essere raggiunta, le occasioni di profitto personale per il libertario saranno molto più spesso negative che abbondanti.

La conseguenza della visione ristretta e miope sia dei giocatori che dei potenziali creatori di profitto è che né l'uno né l'altro gruppo hanno il minimo interesse nel lavoro di sviluppo del movimento libertario. Ma è soltanto sviluppando un tale movimento che la libertà potrà infine essere realizzata. Le idee e particolarmente le idee radicali, non progrediscono nel mondo per conto loro, come se fossero nel vuoto; possono progredire soltanto tramite le persone e, pertanto, lo sviluppo ed il progresso di tali persone – e quindi di un “movimento” – diventa un compito primario per un libertario che sia realmente serio circa il raggiungimento dei suoi obiettivi.

Lasciando da parte questi uomini dalla visione ristretta, dobbiamo inoltre osservare come l'utilitarismo – il terreno comune degli economisti del libero mercato – è insoddisfacente per sviluppare un fiorente movimento libertario. Mentre è vero ed è utile sapere che un mercato libero porterebbe a tutti, sia ricchi che poveri, ben maggiore abbondanza ed un'economia più sana, un problema critico è se questa conoscenza sia sufficiente per convincere molti a dedicare la vita alla libertà.

In breve, quanti prenderanno posto sulle barricate e resisteranno ai molti sacrifici che una devozione costante alla libertà richiede, solo per fare in modo che una maggior numero di persone abbia vasche da bagno migliori? Non si cercheranno piuttosto una vita facile e non dimenticheranno il numero delle vasche da bagno? Infine, allora, l'economia utilitarista, anche se indispensabile nella sviluppata struttura di pensiero e di azione del libertario, è insoddisfacente come lavoro di base per il movimento quasi quanto quegli opportunisti che cercano semplicemente un profitto a breve termine.

È il nostro punto di vista che un fiorente movimento libertario, un impegno vitalizio per la libertà, possa essere fondato soltanto su una passione per la giustizia. Qui deve stare la molla principale del nostro ingranaggio, l'armatura che ci proteggerà in ogni futura tempesta, non la ricerca di un dollaro facile, i giochi intellettuali o il calcolo freddo dei guadagni economici in generale. E, per avere una passione per la giustizia, bisogna avere una teoria su ciò che la giustizia e l'ingiustizia sono – in breve, un insieme di principi etici della giustizia e dell'ingiustizia, che non possono essere forniti dall'economia utilitarista.

È perché vediamo il mondo trasudare ingiustizie accatastate una sull'altra fino al più alto dei cieli che siamo costretti a fare tutto quel che possiamo per cercare un mondo in cui queste ed altre ingiustizie saranno sradicate. Altri obiettivi radicali tradizionali – come “l'abolizione della povertà” – sono, contrariamente a questo, davvero utopici, perché l'uomo, semplicemente esercitando la sua volontà, non può abolire la povertà. La povertà può essere abolita soltanto con il funzionamento di determinati fattori economici – in particolar modo l'investimento del risparmio nel capitale – che possono operare soltanto trasformando la natura su un lungo periodo di tempo. In breve, la volontà umana è qui severamente limitata dal funzionamento – per usare un termine antiquato ma ancora valido – della legge naturale. Ma le ingiustizie sono atti inflitti da un insieme di uomini su un altro; sono precisamente azioni di uomini e, quindi, la loro eliminazione è soggetta all'istantanea volontà umana.

Facciamo un esempio: la secolare occupazione e l'oppressione brutale della gente irlandese da parte dell'Inghilterra. Ora, se nel 1900 avessimo esaminato la condizione dell'Irlanda ed avessimo considerato la povertà della gente irlandese, avremmo dovuto dire: la povertà potrebbe diminuire con l'allontanamento degli inglesi e la rimozione dei loro monopoli terrieri, ma la definitiva eliminazione della povertà in Irlanda, pur nelle migliori circostanze, richiederebbe tempo e sarebbe soggetta al funzionamento della legge economica. Ma l'obiettivo della conclusione dell'oppressione inglese potrebbe essere raggiunto mediante l'azione istantanea della volontà umana: degli inglesi che decidessero semplicemente di lasciare il paese.

Il fatto che naturalmente tali decisioni non avvengono istantaneamente non è il punto; il punto è che il vero fallimento è un'ingiustizia che è stata stabilita ed imposta dai perpetratori di ingiustizie: in questo caso, il governo inglese. Nel campo della giustizia, la volontà umana è tutto; gli uomini possono spostare le montagne, se solo lo decidono. Una passione per una giustizia istantanea – in breve, una passione radicale – è quindi non utopista, come può esserlo un desiderio per l'eliminazione istantanea della povertà o la trasformazione all'istante di ciascuno in un pianista da concerto. Perché una giustizia istantanea potrebbe venir realizzata se abbastanza persone lo volessero.

Una vera passione per la giustizia, allora, deve essere radicale – in breve, deve almeno desiderare di raggiungere radicalmente ed istantaneamente i propri obiettivi. Leonard E. Read, presidente e fondatore della Fondazione per l'Educazione Economica, ha espresso questo spirito radicale molto a proposito quando ha scritto l'opuscolo I'd Push the Button. Il problema era che fare con la rete di controlli di prezzi e salari allora imposti all'economia dall'Ufficio della Gestione dei Prezzi. La maggior parte dei liberali economici sostenevano timidamente o “realisticamente” l'una o l'altra forma di graduale o scaglionata abolizione dei controlli; a quel punto, il sig. Read ha preso una posizione inequivocabile e radicale sul principio: “se ci fosse un pulsante su questo palco, ” ha detto all'inizio del suo discorso, “premendo il quale si eliminerebbero istantaneamente tutti i controlli di prezzi e salari, ci poggerei il dito e lo premerei! ” [1]

La vera prova, allora, dello spirito radicale, è la prova del pulsante: se potessimo premerlo per l'abolizione istantanea delle invasioni ingiuste della libertà, lo faremmo? Se non lo facciamo, potremmo a malapena denominarci libertari, e la maggior parte di noi lo farebbe soltanto se guidata soprattutto dalla passione per la giustizia.

Il genuino libertario è quindi, in ogni senso, un “abolizionista”; se potesse, abolirebbe istantaneamente tutte le invasioni della libertà, sia che si tratti, nel significato originale del termine, di schiavitù, sia che si tratti dei molteplici altri casi di oppressione dello Stato. Si procurerebbe, con le parole di un altro libertario in una simile situazione, “delle vesciche sul pollice premendo quel pulsante!”

Il libertario deve per forza essere un “premi-pulsante” e un “abolizionista.” Animato dalla giustizia, egli non può essere spostato dalle amorali richieste utilitariste che la giustizia non venga stabilita finché i criminali saranno “indennizzati.” Di conseguenza, quando nacque il grande movimento abolizionista all'inizio del diciannovesimo secolo, subito si levarono voci di moderazione consigliando che sarebbe stato giusto abolire la schiavitù solo se i padroni degli schiavi fossero stati compensati finanziariamente per la loro perdita. In breve, dopo secoli di oppressione e sfruttamento, i padroni degli schiavi sarebbero stati ulteriormente ricompensati con una bella somma sottratta con la forza dalla massa di contribuenti innocenti! L'osservazione più adatta su questa proposta venne formulata dal filosofo inglese radicale Benjamin Pearson, che rilevò di aver “pensato che fossero gli schiavi che a dover essere indennizzati” ; chiaramente, tale indennizzo avrebbe potuto venire soltanto dai padroni degli schiavi stessi. [2]

Gli antilibertari e gli antiradicali in genere, sostengono tipicamente che tale “abolizionismo” sia “non realistico;” presentando una tale accusa confondono disperatamente l'obiettivo desiderato con una stima strategica del risultato probabile.

Inquadrando il principio, è della massima importanza non mischiare le stime strategiche con la definizione degli obiettivi voluti. In primo luogo, gli obiettivi devono essere formulati, che, in questo caso, sarebbe l'abolizione istantanea della schiavitù o di qualunque altra oppressione statuale vogliamo considerare. E dobbiamo in primo luogo inquadrare questi obiettivi senza considerare la probabilità del loro raggiungimento. Gli obiettivi del libertario sono “realistici” nel senso che potrebbero essere realizzati se abbastanza persone si accordassero sulla loro opportunità e che, se realizzati, determinerebbero un mondo di gran lunga migliore. Il “realismo” dell'obiettivo può essere sfidato soltanto da una valutazione dell'obiettivo in sé, non nel problema di come raggiungerlo. Allora, dopo aver deciso l'obiettivo, affronteremo la domanda strategica del tutto separata di come raggiungere quell'obiettivo al più presto possibile, come costruire un movimento per raggiungerlo, ecc.

Quindi, William Lloyd Garrison non era “non realista” quando, nei 30, alzò il glorioso vessillo dell'immediata emancipazione degli schiavi. Il suo obiettivo era quello adeguato ed il suo realismo strategico stava nel fatto che non si aspettava che il suo obiettivo venisse raggiunto rapidamente. O, come Garrison stesso sottolineò:
Per quanto sinceramente sollecitiamo l'abolizione immediata, alla fine, ahimè! avremo l'abolizione graduale. Non abbiamo mai detto che la schiavitù sarebbe stata rovesciata con un singolo colpo; che così dovrebbe essere, noi lo sosterremo sempre. [3]
In effetti, nel regno della strategia, alzare la bandiera del principio puro e radicale è generalmente il modo più veloce di arrivare ad obiettivi radicali. Perché se l'obiettivo puro non è mai portato avanti, non ci sarà mai alcuno slancio per muoversi verso di esso. La schiavitù non sarebbe mai stata abolita se gli abolizionisti non avessero alzato i toni e gridato trent'anni prima; e, come le cose si svilupparono, l'abolizione fu virtualmente un singolo colpo piuttosto che graduale o compensativa. [4]

Ma sopra ed oltre i requisiti della strategia stanno gli imperativi della giustizia. In un suo famoso editoriale lanciato da The Liberator all'inizio del 1831, William Lloyd Garrison si pentì della sua precedente approvazione della dottrina dell'abolizione graduale:
Uso questa opportunità per fare una ritrattazione completa ed inequivocabile e chiedere così pubblicamente il perdono del mio Dio, del mio paese, e dei miei fratelli, i poveri schiavi, per aver espresso un sentimento così pieno di timidezza, ingiustizia ed assurdità.
Biasimato per la severità ed il calore abituali del suo linguaggio, Garrison replicò: “ho bisogno di essere in fiamme, perché ho in me montagne di ghiaccio da sciogliere.”
È questo lo spirito che deve contrassegnare l'uomo sinceramente dedicato alla causa della libertà. [5]
___________________________

Note

[1] Leonard E. Read, I'd Push the Button (New York: Joseph D. McGuire, 1946), p. 3.

[2] William D. Grampp, The Manchester School of Economics (Stanford, Calif.: Stanford University Press, 1960), p. 59.

[3] Citato da William H. e Jane H. Pease, The Antislavery Argument (Indianapolis: Robbs-Merrill, 1965), p. xxxv.

[4] Alla conclusione di una brillante valutazione filosofica dell'accusa di “non-realismo” e la sua confusione tra il bene e l'attuale probabile, il professor Philbrook dichiara:
Solo un tipo di difesa seria di una politica è aperto ad un economista o a chiunque altro: deve sostenere che la politica è buona. Il vero ‘realismo' è la stessa cosa che gli uomini hanno da sempre inteso con la saggezza: decidere l'immediato alla luce del definitivo.
Clarence Philbrook, “'Realism' in Policy Espousal,” American Economic Review (dicembre 1953): 859.

[5] Per le citazioni di Garrison, vedi Louis Ruchames, ed., The Abolitionists (New York: Capricorn Books, 1964), p. 31, e Fawn M. Brodie, “Who Defends the Abolitionist?” in The Antislavery Vanguard, Martin Duberman, ed. (Princeton, N.J.: Princeton University Press, 1965), p. 67. Il lavoro di Duberman è un importante deposito di materiale, comprendente le confutazioni degli sforzi comuni dei facenti parte lo status quo nella diffamazione psicologica dei radicali in genere e degli abolizionisti in particolare. Vedi particolarmente Martin Duberman, “The Northern Response to Slavery,” in Ibid., pp. 406-13.


Link all'articolo originale.

Tuesday, July 1, 2008

Tempi duri...

... anche per il Gongoro. Tra problemi di lavoro e di connessione aggiornare il blog è diventato un'avventura. Me ne scuso con gli affezionati lettori. La tempesta di sfiga permane ma sono comunque previste schiarite nei prossimi giorni.