Saturday, August 16, 2008

L'imperatore è nudo

Il 17 ottobre 2004 un anonimo assistente di George W. Bush, parlando con lo scrittore Ron Suskind, disse:
“Ora siamo un impero, e quando agiamo, creiamo la nostra realtà. E mentre voi studiate questa realtà – giudiziosamente, come fate sempre – noi agiremo ancora, creando nuove realtà, che voi potrete nuovamente studiare, ed è così che le cose funzioneranno. Noi siamo attori della storia... e a voi, a tutti voi, non rimarrà che studiare ciò che facciamo.”
La prassi derivata da questa teoria l'abbiamo vista all'opera ripetutamente: l'undici settembre, le armi di distruzione di massa di Saddam, e prima ancora, quando ancora il trono imperiale era occupato da Clinton, negli eventi che portarono all'aggressione contro la Serbia.

In questa continua creazione di realtà “ufficiali” – potremmo anche chiamarla revisionismo preventivo – così aderente alla descrizione che ne fece Orwell nel suo 1984, un ruolo chiave è ovviamente quello dei media, ai quali è affidato il doppio compito di diffondere il verbo governativo e di impedire alle voci discordanti di essere udite. I due recenti esempi di questa sordida propaganda che vado a presentarvi riguardano la crisi georgiana.

Nel primo, il collegamento con una conferenza stampa della Rice viene bruscamente troncato – apparentemente per “problemi tecnici” non appena un reporter, nel porre la sua domanda, traccia un parallelo tra la risposta russa all'aggressione georgiana e quella americana dopo l'undici settembre.

Nel secondo, l'intervista ad una ragazzina di 12 anni fuggita dall'Ossezia viene interrotta dalla pubblicità quando la stessa rivela di essere scappata dai soldati georgiani e ringrazia i russi per averla aiutata. Dopo gli spot, l'intervistatore “concede” ancora 30 secondi, che interrompe in realtà ancora prima che finiscano.

L'imperatore è nudo, ma a nessuno è concesso dirlo.





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