Tuesday, September 15, 2009

Cos'è la giustizia?

Il problema di tutti i monopoli è che chi li dirige ha un potere assoluto sulla “merce” che producono: non c'è limite a quanto si possa adulterare il prodotto, lo si può trasformare anche in qualcosa di diverso, perché non c'è concorrenza che possa offrire un'alternativa.

Ed è infatti proprio ciò che è successo alla giustizia, fornita in regime di monopolio dallo stato, che è stata trasformata nel suo contrario, in uno strumento per creare nuove ingiustizie, sulla base di torti passati.


Butler Shaffer analizza per noi questo perverso meccanismo per cui al monopolio della giustizia si accompagna sempre una società ingiusta.
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Di Butler Shaffer

A tutti piace la giustizia a spese degli altri.
~ Anonimo

Una delle parole più vuote nella nostra cultura è “giustizia.” La sua vacua qualità è ciò che la rende così popolare: bastano poche spiegazioni focalizzate e intelligenti per impiegarla. Per chi fa parte della “sinistra” politica, la “giustizia” si traduce nel chiedere che del denaro sia preso da qualcuno e consegnato ad altri. Quelli della “destra politica” la usano come pretesto per la costruzione di più prigioni e l'assunzione di più agenti di polizia che scovino più persone per riempirle. Quando la gente mi dice “voglio giustizia,” la mia risposta è avvertirli che moderino la loro insistenza, perché potrebbero ottenerla!

Se proprio devo dare una definizione, rispondo che la giustizia è la ridistribuzione della violenza. Nella sua forma più semplice, X commette un torto su Y, per cui Y chiede una rappresaglia contro X. Nella sua forma più complessa nel nostro mondo collettivizzato, quindici sauditi, due uomini degli Emirati Arabi Uniti, un egiziano ed un libanese commettono gli attacchi del 9/11 ai palazzi del World Trade Center. Mentre questi uomini sono riamasti uccisi nell'operazione, le richieste di “giustizia” hanno portato la maggior parte degli americani ad accettare il bombardamento e l'uccisione di uomini, donne e bambini innocenti in luoghi non correlati come l'Afghanistan e l'Iraq! La giustizia e la razionalità hanno poco in comune.

La morte di Robert McNamara ha rivelato la natura insignificante di questo concetto. Questo criminale di guerra – come tanti altri del tipo nostrano – era responsabile, forse più di chiunque altro, della morte di più di un milione di vittime innocenti durante la guerra del Vietnam. Sapeva che la guerra era finta e impossibile da vincere, tuttavia continuò ad insistere perché sempre più vite venissero investite in questo schema maligno. Il suo co-cospiratore, Lyndon Johnson, aiutò ad occultare le loro opere malvagie premiando McNamara con una Medal of Freedom. Se gli americani fossero stati altrettanto severi nel punire i crimini dei loro capi come continuano ad esserlo con i mostri stranieri, entrambi avrebbero concluso le loro carriere sul patibolo.

Lo stesso destino avrebbe atteso i Churchill, i Truman, gli Stalin ed altri esecutori di crimini “alleati.” Il capo del comando britannico dei bombardieri della RAF nella seconda metà della Seconda Guerra Mondiale era Arthur “Bomber” Harris (anche conosciuto come “macellaio” Harris persino all'interno della RAF). Harris – più tardi premiato con un cavalierato – fu responsabile dei bombardamenti a saturazione di città tedesche che non avevano la minima importanza militare; essendo il suo scopo, piuttosto, di infliggere morte di massa come fine in sé. Il bombardamento incendiario della bella città di Dresda – immortalato così bene in Mattatoio numero cinque di Kurt Vonnegut – venne giustificato con il fatto che non erano rimaste altre città tedesche da bombardare. Harris, con Churchill, avrebbe certamente penzolato da una forca se la “giustizia” avesse significato qualcosa di diverso da un'ipocrita vendetta inflitta sul perdente, o ciò che altri hanno chiamato “giustizia del vincitore.”

La decisione di Harry Truman di lanciare le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki allo scopo di mostrare all'Unione Sovietica lo stato della capacità distruttiva americana, valeva un suo viaggio al patibolo. Gli ottuagenari – con i loro berretti da baseball della “U.S.S. Missouri” – continuano a blaterare la storia secondo cui questo atto di macelleria inflitto su una popolazione civile era necessario per terminare la guerra e risparmiare delle vite americane. Il fatto che il Giappone stesse provando ad arrendersi prima che queste città fossero attaccate, e che dei prigionieri di guerra americani fossero fra le migliaia di vittime di questo attacco, confuta la menzogna.

Un appuntamento con il boia dovrebbe spettare anche a Henry Kissinger, Madeleine Albright, George W. Bush, Dick Cheney e... be', cominciate a vedere lo schema: la morte inflitta su uomini, donne e bambini di altri paesi dev'essere scusata, persino onorata, se portata a compimento dai capi politici americani.

Durante questi anni post-Bush, ci sono stati dei tentativi, da parte di alcuni, di “portare davanti alla giustizia” i criminali di guerra responsabili degli attacchi non provocati contro il popolo afgano ed iracheno. Per quanto malvagi fossero gli esecutori di questi crimini, io mi oppongo con forza a tali tentativi. Dal mio punto di vista, attendere fino a dopo che questi vermi morali hanno lasciato le poltrone per infliggere la punizione è un atto di pura codardia morale. Sarebbe come se le vittime di un bullo di quartiere attendessero fino a quando il tormentatore non avrà rotto loro una gamba e zoppicheranno con delle grucce prima di opporre una qualche resistenza ai suoi torti. Dov'erano queste proteste negli anni pre-2008, quando il potere stesso avrebbe dovuto essere chiamato a rispondere dei suoi misfatti? D'altro canto, attendere fino a che i criminali avranno lasciato la carica per pronunciare obiezioni morali contro le loro azioni, non imbarazza la carica in sé, non è così? Come con la prassi di punire subalterni – come i torturatori di Abu Ghraib anziché quelli in cima alla piramide – questo modo di trovare capri espiatori è pensato per salvare la faccia del sistema politico, una cosa richiesta da tutti gli adoratori del potere di stato.

È possibile prendere un'efficace ma pacifica posizione contro il male, mettere fine a tali pratiche e giudicare gli esecutori responsabili senza, nel processo, ricadere nello stesso genere di violenza vendicativa che ha definito il crimine stesso? Questa è la sfida per i libertari: vivere con integrità; in cui i principi di ciascuno sono sufficienti per tutte le circostanze, senza la necessità di razionalizzare il loro abbandono perché non si è pensato ad alternative pacifiche.

Uno dei miei film preferiti è Il testimone di Peter Weir. Nella scena chiave ci sono agenti di polizia assassini e corrotti che hanno seguito un poliziotto onesto – intento a cercar di portarli “davanti alla giustizia” – in una comunità di Amish dove sta riprendendosi dalle ferite inflittegli da uno dei criminali. Alla fine del film, il cattivo sopravvissuto – e l'unica persona con una pistola – affronta l'eroe in presenza di un certo numero di Amish. Gli Amish sono pacifisti e probabilmente non prenderebbero provvedimenti violenti contro il poliziotto corrotto, che è effettivamente disarmato da ciò che ho sempre considerato il doppio-senso del titolo del film: il loro essere “testimoni” del misfatto.

Una parte così grande dell'umanità è presa in sforzi frenetici per rettificare torti storici, non contro degli esecutori in vita per conto delle vittime sopravvissute, ma negli abissi della storia. Il genocidio degli armeni opera del governo turco nella Prima Guerra Mondiale continua ad infiammare persone di discendenza armena. Risalendo la cronologia, il senato degli Stati Uniti ha recentemente passato una risoluzione per chiedere scusa della schiavitù. Ascolteremo presto richieste per far chiedere scusa al governo italiano per aver gettato i cristiani tra i leoni?

Voi ed io siamo responsabili – e giudicabili – per quello che noi facciamo, per un motivo fondamentale: voi e io, soli, controlliamo le nostre energie e scegliamo come impiegarle. I miei figli e nipoti non hanno responsabilità alcuna delle mie azioni a cui non hanno partecipato. Pensarla diversamente è indossare il più primitivo degli abiti mentali: il collettivismo. È popolare fra molti neri chiedere risarcimenti (cioè, soldi) per ripagarli dei danni della schiavitù nel diciannovesimo secolo. Chi dovrebbe essere tassato per pagare queste riparazioni e chi dovrebbero essere i destinatari? Non è chiaro che la razza, da sola – questa volgarissima espressione del collettivismo – risponde a tali domande?

Mio nonno e tre dei suoi fratelli hanno combattuto per il Nord nella Guerra Civile. I tre fratelli sono morti in guerra. Se una misura per dei risarcimenti dovesse venire promulgata in legge, sarò forse io – con i miei figli e nipoti – esentato dalle tasse considerando che siamo i discendenti di uno chi ha combattuto per il presunto scopo di porre fine alla schiavitù? Ancora, avremo diritto ad un risarcimento? La morte di questi tre zii – prima che avessero avuto la possibilità di avere figli loro – ci ha privati di un gran numero di cugini con i quali avremmo altrimenti condiviso i nostri geni.

Più indietro si torna nel tentativo di rettificare una percepita ingiustizia, più problematico diventa il processo. Se voi o io dovessimo provare a seguire la nostra ascendenza fino a duemila anni fa – sessantasette generazioni – considerando soltanto i nostri predecessori diretti (ovvero, genitori, nonni, bisnonni, ecc.) non potremmo trovare più di una piccola manciata di persone. La matematica ci informa che ciascuno di noi ha precisamente 147.573.952.589.676.412.928 antenati diretti in questo breve lasso di tempo.

Questo numero ci ricorda che tutti siamo collegati l'uno con l'altro. Ciascuno di noi è un discendente sia dei malfattori che delle vittime. Possiamo essere ragionevolmente certi che uno dei nostri antenati abbia violentato un'altra delle nostre antenate, producendo ancora un altro dei nostri predecessori biologici. Un atto simile è sia criminale che immorale, ma voi ed io non saremmo vivi oggi se esso non fosse avvenuto. C'è buonsenso in un moderno sforzo per rettificare questo antico torto? Dovrei condannarmi per le azioni di uno dei miei antenati? Dovrei io, quindi, chiedere scusa a me stesso come discendente della vittima di questa violenza? Dovrei forse io togliere del denaro dalla mia tasca destra e riporlo in quella sinistra come “risarcimento” per questo atto malvagio?

Come possiamo osservare dai resoconti delle notizie attuali, il nostro modo di pensare – come pure l'omissione di pensare – può portare il caos nelle nostre vite. Piuttosto che provare a riparare torti antichi sarebbe molto meglio imparare dalla nostra storia ed applicare le sue lezioni al nostro comportamento presente. Nei nostri sforzi per intonare mea culpa collettivi, dimentichiamo troppo facilmente l'effetto che un'ingiustizia irrisolta può avere sulla nostra coscienza; una smemoratezza che ci consente di ripetere gli stessi torti nel presente. Mi si ricorda di una misura di risarcimento di alcuni anni fa, quando il congresso offrì una compensazione simbolica ai nippo-americani che erano stati incarcerati, a causa della loro razza, dal governo degli Stati Uniti durante la Seconda Guerra Mondiale. Ricordo la risposta di una vittima di questa pratica, che rifiutò di accettare i soldi. Il suo ragionamento era che, accettando dei soldi, il torto sarebbe stato cancellato; sarebbe stato compensato per i suoi tormenti. Tale misfatto dovrebbe rimanere nelle nostre menti, non allo scopo di generare un senso di colpa collettivo – che produrrebbe soltanto ulteriori conflitti al servizio dello stato – ma come avvertimento della storia per i pericoli inerenti nell'identificarsi con i sistemi politici. Molto meglio lasciare che tali atti malvagi rimangano una macchia sul governo che li mette in pratica.

8 comments:

Nibelunga said...

A proposito di giustizia e dei casi
da te citati,mi permetto di ricordare
un episodio infame della seconda guerra mondiale per cui nessuno e' mai stato processato e che viene spesso dimenticato,ora piu' che mai in nome del revisionismo storico che vuole i tedeschi in fondo non cosi'
cattivi e non cosi' colpevoli:mi
riferisco allo sterminio della nostra
divisione Acqui a Cefalonia ad opera
della Wehrmacht.L'esercito tedesco
passo' per le armi un'intera divisione italiana dopo averla presa prigioniera e,notare bene,senza che i due stati fossero in guerra il che accadeva un mese dopo circa i fatti in questione.
Nessun procuratore militare ha mai
nemmeno tentato un processo contro
questi infami aguzzini che non erano ss ma normali soldati della
Wehrmacht e nessuno ha mai protestato,ne' a destra ne' a sinistra,per questo:le vittime non hanno tutte pari dignita' purtroppo,se i trucidati fossero stati ebrei,americani o russi i responsabili sarebbero gia' stati appesi ad una forca.Giustizia dove sei?

GianniPesce said...

Per la Divisione Acqui penso che i punti fondamentali siano:

1) Mancata copertura militare e politica (Abbandono a se stessi ndr) da parte del Governo Italiano.

2)Statistica dei deceduti per:
a) fatti bellici
b) fucilati dai tedeschi
c) annegati per affondamento nave.

Mancando una dichiarazione di guerra i militari erano paragonati ad una banda armata.

Anche il Governo Alleato ha le sue responsabilità, impedendo l'invio di navi ed aerei.
Un pilota della Regia, abbattuto sull'isola, fu fucilato come se fosse un brigante.

Nibelunga said...

Mancando una dichiarazione di guerra appunto non si possono prendere prigionieri i soldati di un altro esercito che oltretutto si sarebbero ritirati senza dar noia alcuna ai tedeschi per rientrare in patria,tantomeno,ancora piu' grave,si possono passare per le armi dei soldati catturati con la loro divisa.L'Italia,visto che la guerra era ormai chiaramente persa,aveva anche secondo il diritto internazionale la possibilita' di arrendersi senza condizioni come ha fatto.Le responsabilita' della corona e di Badoglio per aver gestito male i giorni dell'armistizio non leniscono le colpe degli infami tedeschi che si comportarono in modo barbaro contro il diritto,contro la morale e contro la decenza:gli ufficiali responsabili andavano processati perche' questo episodio e' piu' grave delle fosse ardeatine dove fu applicata la rappresaglia che invece il diritto internazionele tuttora consente,li' i responsabili furono processati per averne uccisi 5 in piu',335 invece che 330 nella proporzione di 10 a 1 per i 33 soldati tedeschi uccisi.

GianniPesce said...

L'accordo tra la Corona italiana e Hitler prevedeva:

1) Sbando dell'esercito italiano

2) Consegna ai tedeschi di Roma come Città Aperta

3) Consegna ai tedeschi dell'oro della Banca d'Italia

in cambio i tedeschi facilitarono la fuga del re e del governo a Brindisi.

Indizi su questo accordo sono:

Il mancato scontro tra Skorzeny e Vittorio Emanuele in piazza a Chieti la mattina del 9 Settembre 1943: il re con il suo codazzo vi è transitato tre volte davanti agli uomini di Skorzeny.

Accompagnamento di uno Ju 88 della corvetta Baionetta con il re a bordo.

e altri..

Nibelunga said...

Tale accordo prevedeva anche probabilmente il fatto che gli italiani avrebbero lasciato liberare
Mussolini dai paracadutisti tedeschi
sul Gran Sasso senza opporre resistenza:quella che fu raccontata
come un'audace impresa degli uomini
di Student fu in realta' poco piu'
che una scampagnata con gli aggrediti pronti a festeggiare con gli aggressori al termine.
Ma proprio perche' i tedeschi,che si preparavano alla defezione italiana dal 25 luglio,avevano avuto tutto cio' che avevano chiesto nell'accordo,l'eccidio dei
nostri soldati in grecia appare ancora piu' inspiegabile e feroce.
Per fortuna a Norimberga un minimo
di giustizia e' stata fatta,mentre
De Gasperi e Adenauer di comune accordo insabbiarono il caso Cefalonia nel nome di una nuova amicizia italo tedesca:che schifo

GianniPesce said...

Skorzeny e Student sono praticamente la stessa cosa.

Pernottavano a Palazzo Mezzanotte nella piazza principale di Chieti, dove il re è passato (3) tre volte.

Avevano un collegamento radio diretto con Hitler e non fecero nulla!

Mussolini era stato promesso agli Alleati (rinchiuso a Ponza), poi ritirato in una zona più arretrata (La Maddalena) in attesa di sviluppi; poi messo a disposizione dei tedeschi (Gran Sasso).

L'accordo del re con i tedeschi prevedeva "lo sbando" dell'esercito, quindi le unità che non volevano sbandare(Cefalonia) se la dovevano sbrigare da sole.

Il re timoroso di una rappresaglia tedesca rispettò l'accordo, non inviando nè una squadra navale, anzi facendo rientrare una squadra navale uscita da Taranto.
Furono inviati 4 aeroplani dei quali due furono abbattuti

Nibelunga said...

Peccato che alle unita' che dovevano sbandare fosse stato detto anche nel testo dell'armistizio diramato radiofonicamente dalla sgradevole e gracchiante voce di Badoglio di resistere ad attacchi da qualunque altra provenienza che non fosse alleata,in pratica i tedeschi.Il comportamento della corona e di Badoglio fu ignobile,basti pensare che il re preferi' lasciar catturare una sua figlia dai tedeschi piuttosto che rischiare che il suo piano venisse scoperto.Un nano politicamente e fisicamente.Ma,ripeto,l'eccidio di Cefalonia una volta che l'unita' si era arresa fu inutile,crudele e barbaro,mentre fu omertoso e criminale il silenzio e l'inazione dei procuratori militari italiani nel dopoguerra.

Anonymous said...

Mafalda!

Come è morta Mafalda:

1) in un campo di concentramento tedesco?

2) Per un bombardamento americano?

3) In un "casa particolare" tedesca?

4) Per mancanza di assistenza medica?