Thursday, May 15, 2008

Stato ex-machina #4

Riflettore sull'economia keynesiana

Di Murray N. Rothbard

  1. Sua Rilevanza
  2. Il Modello Spiegato
  3. Il Modello Criticato
  4. “L'Economia Matura”

“L'Economia Matura”

È importante ricordare che il keynesismo nacque e catturò il suo vasto seguito nell'impeto della Grande Depressione degli anni trenta, di una depressione unica per lunghezza e gravità e, in particolare, nella persistenza della disoccupazione su larga scala. Fu il suo tentativo di fornire una spiegazione per gli eventi degli anni trenta che guadagnarono al keynesismo il suo seguito popolare. Usando un modello con assunti che ne limitano l'applicazione ad un periodo di tempo molto breve, e completamente fallace nella sua dipendenza da semplici aggregati, tutti i keynesiani decretarono con sicurezza che la cura erano i deficit governativi.

Interpretando il significato della depressione, tuttavia, i keynesiani hanno compagnia. I “moderati” sostengono che si trattò semplicemente di una severa depressione nel familiare giro dei cicli congiunturali. I keynesiani “radicali”, guidati dal professor Hansen di Harvard, assericono che i trenta introdussero negli Stati Uniti un'era di “stagnazione secolare (di lunga durata).” Sostengono che l'economia americana è ora matura, che le occasioni per investimenti ed espansione sono in gran parte esaurite, tanto che si può prevedere che la spesa per investimenti rimarrà ad un livello permanente basso, ad un livello troppo basso per garantire la piena occupazione. La cura per questa situazione, secondo i keynes-hanseniti, è un programma permanente di governo di spesa di deficit su progetti a lungo termine e pesante tassazione del reddito progressiva per aumentare permanentemente il consumo e scoraggiare il risparmio.

Dove la tesi di ristagno di Hansen va oltre il modello di Keynes è nel suo tentativo di spiegare i fattori determinanti del livello di investimento. L'investimento si suppone sia determinato “dalla quantità di opportunità per gli investimenti” che, a loro volta, è determinata (1) dal miglioramento tecnologico, (2) dalla crescita della popolazione e (3) dalla disponibilità di nuovi territori. Gli hanseniti continuano a disegnare un'immagine tenebrosa delle opportunità per gli investimenti privati nel mondo moderno.

Il decennio dei trenta fu la prima nella storia americana con un declino nello sviluppo della popolazione e non ci sono nuovi territori da sviluppare – la “frontiera” è chiusa. Di conseguenza, possiamo contare soltanto sul progresso tecnologico per ottenere delle opportunità per gli investimenti, opportunità che devono essere molto più grandi di quanto lo fossero in passato per ammortizzare i cambiamenti sfavorevoli degli altri due fattori. Per quanto riguarda il progresso tecnologico, anch'esso sta rallentando. Dopo tutto, le ferrovie sono già state costruite e l'industria automobilistica ha raggiunto la maturità. Qualsiasi miglioramento secondario in essa con ogni probabilità potrebbe essere impedito dai “monopolisti reazionari,” ecc.

Esaminiamo ciascuno dei fattori determinanti l'investimento secondo Hansen. L'oscurità riguardo alla mancanza di nuove terre da sviluppare – la sparizione della “frontiera” – può essere dissipata rapidamente. La frontiera è sparita nel 1890 senza interessare sensibilmente il progresso e la veloce prosperità dell'America; ovviamente non può essere fonte di problemi adesso. Questo è confermato dal fatto che, dal 1890, l'investimento pro capite in America è stato maggiore nelle zone più antiche che nelle zone recenti della frontiera.

È difficile vedere come possa un declino nella crescita della popolazione influenzare avversamente gli investimenti. La crescita della popolazione non fornisce una fonte indipendente di opportunità per investimenti. Una calo del tasso di crescita della popolazione può influenzare avversamente l'investimento solo se
1. Tutti i desideri dei consumatori esistenti sono soddisfatti in modo completo. In quel caso, la crescita della popolazione sarebbe l'unica fonte supplementare di domanda di beni di consumo. Questa situazione chiaramente non esiste; c'è un numero infinito di desideri insoddisfatti.

2. Il declino conduce ad una ridotta domanda di beni di consumo. Non c'è ragione per la quale questo dovrebbe essere il caso. Le famiglie non useranno in modo diverso i soldi che avrebbero altrimenti speso per i loro bambini?
In particolare, Hansen sostiene che il calo catastrofico nell'edilizia negli anni trenta fu causato dal declino nella crescita della popolazione, che ridusse la domanda di nuovi alloggi. Il fattore rilevante a questo proposito, tuttavia, è il tasso di crescita nel numero di famiglie; che negli anni trenta non declinò. Ancora, Manhattan aveva avuto una popolazione totale declinante (non solo il tasso di crescita) dal 1911, tuttavia negli anni 20 a Manhattan si registrò il più grande boom edilizio residenziale della sua storia.

Per concludere, se il nostro male è la sottopopolazione, perchè nessuno ha suggerito la sovvenzione dell'immigrazione per curare la disoccupazione? Avrebbe lo stesso effetto dell'aumento nel tasso di crescita della popolazione. Il fatto che Hansen non abbia neppure suggerito questa soluzione è una dimostrazione conclusiva dell'assurdità dell'argomento della “crescita della popolazione”.

Il terzo fattore, il progresso tecnologico, è certamente importante; è una delle principali caratteristiche dinamiche di un'economia di libera impresa. Il progresso tecnologico, tuttavia, è un fattore decisamente favorevole. Ora sta continuando ad un tasso più veloce che mai, con le industrie che spendono somme senza precedenti sulla ricerca e sullo sviluppo di nuove tecniche. Nuove industrie già appaiono all'orizzonte. C'è certamente ogni motivo di essere euforici piuttosto che tetri sulle possibilità del progresso tecnologico.

Questo è quanto per la minaccia dell'economia matura. Abbiamo visto che dei tre presunti fattori determinanti l'investimento, uno solo è rilevante, e le sue prospettive sono molto favorevoli. La tesi dell'economia matura di Hansen è una spiegazione della realtà economica senza valore almeno quanto il resto dell'impianto keynesiano.

Così si conclude la nostra lunga analisi della bufala più riuscita e più perniciosa nella storia del pensiero economico: il keynesismo. Tutto il pensiero keynesiano è un intreccio di distorsioni, errori e di assunti drasticamente non realistici. Gli effetti politici viziosi del programma keynesiano sono stati considerati solo di sfuggita. Sono semplicemente fin troppo evidenti: legislatori di Stato impegnati nel furto diretto con la tassazione “progressiva”, che creano e spendono nuovi soldi in concorrenza con gli individui, dirigendo gli investimenti, “influenzando” il consumo – lo Stato onnipotente, l'individuo inerme e strozzato sotto il giogo. Tutto ciò in nome del “salvataggio della libera impresa.” (Raro è il Keynesian che ammette di essere un socialista.) Questo è il prezzo che ci viene richiesto di pagare per applicare una teoria completamente fallace!

Ma il problema della spiegazione della Grande Depressione ancora permane. È un problema che ha bisogno di una ricerca completa ed attenta; in questo contesto, possiamo indicare soltanto in breve quelle che sembrano essere promettenti linee d'indagine. Ecco alcuni dei fatti: durante il decennio dei trenta, i nuovi investimenti calarono rapidamente (specialmente nell'edilizia); la spesa dei consumatori aumentò; le tariffe erano al loro massimo livello; la disoccupazione rimase ad un livello anormalmente alto durante il decennio; i prezzi dei prodotti scesero; i tassi salariali aumentarono (in particolare nell'edilizia); le imposte sul reddito aumentarono notevolmente e diventarono molto più nettamente progressive; gli scioperi e gli associati ai sindacati crebbero notevolmente, in particolar modo nelle industrie delle merci capitale. Ci fu inoltre un enorme sviluppo della burocrazia federale, di una pesante “legislazione sociale,” e dell'atteggiamento anti-business estremamente ostile del governo del New Deal.

Questi fatti indicano che la depressione non fu il risultato di un'economia che era diventata improvvisamente “matura,” ma delle politiche del New Deal. Un'economia di libera impresa non può funzionare con successo sotto gli attacchi costanti di un potere di polizia coercitivo. L'investimento non viene deciso secondo una certa “mistica opportunità.” È determinato dalle prospettive per il profitto e dalle prospettive di mantenere quel profitto. Le prospettive per il profitto dipendono da costi più bassi rispetto ai prezzi previsti ed le prospettive per il mantenimento del profitto dipendono dal più basso livello possibile di tassazione.

L'effetto del New Deal fu di aumentare drasticamente i costi attraverso la costruzione di un movimento del sindacato monopolista, che causò direttamente l'aumento dei tassi salariali (anche quando i prezzi erano bassi e in caduta) ed all'abbassata efficienza per via di “picchetti,” rallentamenti, sciperi, privilegi di anzianità, ecc. La sicurezza della proprietà era compromessa dai continui assedi del governo del New Deal, in particolar modo tramite la tassazione confiscatoria che prosciugò il flusso necessario del risparmio e non lasciò alcun motivo per investire produttivamente il risparmio rimasto. Questo risparmio, invece, trovò la sua strada verso l'acquisto di titoli governativi per finanziare ogni tipo di progetti di nessuna utilità.

Il benessere economico, quindi, così come i principi di base della moralità e della giustizia, conduce allo stesso obiettivo politico necessario: il ristabilimento della sicurezza della proprietà privata da tutte le forme di coercizione, senza cui non ci può essere libertà individuale né prosperità economica durevole né progresso.

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Murray N. Rothbard (1926-1995) era un decano della scuola austriaca. Vedi il suo archivio. Commenta sul blog.


4 comments:

Santaruina said...

notevole... :-)

per par condicio però ora dovresti parlarci anche della visione di Bellia e di Schietti.

Paxtibi said...

"Buoni Statali per lo Svuotamento delle Palle."

Fatto.

Anonymous said...

Da ex-Keynesiano, ho un'opinione particolare sull'economia e sugli economisti.

Penso che questi ultimi costruiscano ad arte delle teorie di giustificazione di accadimenti passati o futuri, ben sapendo che la realtà è ben diversa dai loro schemi.

Keynes aveva partecipato alla conferenza di Versailles e agli accordi di Bretton Woods; in quelle covenctions si è stabilito il nuovo ordine del mondo.

E' sempre mia opinione che gli organizzatori di quegli incontri avessero chiesto a Maynard Keynes di produrre una teoria scientifica per giustificare le crisi del primo dopoguerra.
Esattamente come a Karl Mass è stato chiesto di scrivere un libro su un particolare aspetto di un nuovo ordine mondiale.

Le attività che fanno girare il mondo sono altre.

Anonymous said...

In realtà basterebbe semplicemente leggerselo Kayenes per dubitare un attimino...

in una sola pagina dello scritto "La fine del Laissez faire" piazza controllo della moneta, controllo del risparmio e "politiche riguardanti la popolazione" (intesa come numero).

L'economia, così come le scienza sociali in gnerale, dovrebbe dare una descrizione sistematica, non erigere e imporre un sistema.

Sick boy