Tuesday, June 10, 2008

Milton Friedman svelato

Di Murray N. Rothbard


Menzionate “l'economia del libero mercato” ad un membro del pubblico e ci sono alte probabilità che, sempre ammesso che lo conosca, lo identifichi completamente con il nome Milton Friedman. Per parecchi anni, il professor Friedman ha ottenuto continui onori in egual modo dalla stampa e dalla professione, e una scuola di friedmaniani e di “monetaristi” è emersa in un'apparente sfida all'ortodossia keynesiana.

Tuttavia, anziché con la comune reazione di riverenza e di rispetto per “uno dei nostri che ce l'ha fatta,” i libertari dovrebbero accogliere l'intera questione con profondo sospetto: “se è un libertario così devoto, com'è possibile che sia un favorito dell'Establishment?” Consigliere di Richard Nixon e amico e socio della maggior parte degli economisti dell'amministrazione, Friedman, infatti, ha lasciato il segno nella politica corrente, ed infatti ricambia il favore servendo come principale apologista ufficioso per le politiche di Nixon.

Infatti, in questo come in altri tali casi, il sospetto è precisamente la giusta reazione per il libertario, dato che la particolare varietà di’ “economia del libero mercato” del professor Friedman è difficile che riesca ad arruffare le piume dei poteri in essere. Milton Friedman è il Libertario di Corte dell'Establishment ed è ora che i libertari si sveglino di fronte a questa realtà.

LA SCUOLA DI CHICAGO

Il friedmanismo può essere completamente compreso soltanto nel contesto delle sue radici storiche e queste radici sono la cosiddetta “scuola di Chicago” dell'economia degli anni 20 e 30. Friedman, un professore dell'Università di Chicago, è ora il capo indiscusso della moderna, o di seconda generazione, scuola di Chicago, che ha aderenti in tutta la professione, con centri importanti a Chicago, alla UCLA ed all'università della Virginia.

I membri dell'originale, o di prima generazione, scuola di Chicago, erano considerati “sinistrorsi” ai loro tempi, come effettivamente erano secondo qualsiasi tipo di test di verifica del genuino libero mercato. E anche se Friedman ha modificato alcuni dei loro metodi, egli rimane un uomo della Chicago degli anni trenta. Il programma politico dei Chicago Boys originali è rivelato nel modo migliore nella famigerata opera di uno dei fondatori e principali mentori politici: A Positive Program for Laissez Faire di Henry C. Simons. 1 Il programma politico di Simons era laissez-faireista soltanto in senso inconsapevolmente satirico.

Consisteva di tre idee chiave:
  1. una politica drastica di antitrust per ridurre tutte le aziende ed i sindacati alla dimensione di una bottega di fabbro, per giungere ad una concorrenza “perfetta” e a ciò che Simons concepiva essere il “mercato libero”;
  2. un ampio programma di egualitarismo compulsivo, pareggiando i redditi attraverso la struttura dell'imposta sul reddito; e
  3. una politica proto-keynesiana di stabilizzazione del livello dei prezzi per mezzo di programmi fiscali e monetari espansionisti durante una recessione.
Antitrust, egualitarismo e keynesismo estremi: la scuola di Chicago conteneva al suo interno gran parte del programma del New Deal e, quindi, il suo status all'interno della professione economica dell'inizio degli anni 30 era quello di una frangia sinistrorsa. E seppur Friedman abbia modificato e ammorbidito l'inflessibile posizione di Simons, è ancora, essenzialmente, Simons redivivo; appare come un sostenitore del libero mercato solo perché, nel frattempo, il resto della professione si è spostato radicalmente verso sinistra e verso lo statalismo.

E, per alcuni versi, Friedman ha aggiunto deplorevoli elementi statalisti che non erano neppure presenti nella vecchia Scuola di Chicago. 2

La Scuola di Chicago sul monopolio e sulla concorrenza

Esaminiamo gli elementi principali del laissez faire collettivista simonsiano uno alla volta. Sul monopolio e sulla concorrenza, Friedman ed i suoi colleghi hanno felicemente fatto grandi passi verso la razionalità dall'antico ultra-antitrust di Simons. Friedman ora concede che la fonte principale di monopolio nell'economia è l'attività del governo, e si concentra nell'abrogazione di queste misure di monopolizzazione.

I Chicago Boys sono diventati progressivamente più amichevoli verso le grandi aziende operanti nel mercato libero, e friedmaniani come Lester Telser sono persino emersi con eccellenti argomenti a favore della pubblicità, precedentemente anatema per tutti i “perfetti concorrenzialisti.” Ma anche se in pratica Friedman è diventato più libertario sulla questione del monopolio, ancora mantiene la vecchia teoria di Chicago: che in qualche modo, l'irragionevole, irreale e infelice mondo della “concorrenza perfetta” (un mondo in cui ogni ditta è così minuscola che non può fare niente per influenzare la sua domanda ed il prezzo dei suoi prodotti) sia migliore del reale ed esistente mondo della concorrenza, che è definita “imperfetta.”

Una visione infinitamente superiore della concorrenza si trova nella totalmente trascurata scuola di “economia austriaca” che disprezza il modello della “concorrenza perfetta” e preferisce il mondo reale della concorrenza del libero mercato. 3 Così anche se la visione pratica di Friedman della concorrenza e del monopolio non è troppo male, la debolezza della sua teoria di fondo potrebbe consentire in qualunque momento un ritorno al forsennato antitrust dei Chicago Boys degli anni 30. Non è stato molto tempo fa, per esempio, che il socio più distinto di Friedman, il professor George J. Stigler, ha sostenuto di fronte al Congresso il disfacimento via antitrust della U.S. Steel in molte parti costituenti.

L'egualitarismo alla Chicago di Friedman

Se è vero che Friedman ha abbandonato l'appello di Simons per l'egualitarismo estremo attraverso la struttura dell'imposta sul reddito, i lineamenti di base dell'egualitarismo statalista ancora rimangono. Rimane un desiderio dei Chicago Boys il porre la massima importanza nella struttura fiscale sull'imposta sul reddito, indubbiamente la più totalitaria di tutte le tasse. I Chicago Boys preferiscono l'imposta sul reddito perché, nella loro teoria economica, seguono la disastrosa tradizione dell'economia anglo-americana ortodossa della netta separazione tra la sfera “microeconomica” e quella “macroeconomica„”

L'idea è che ci siano due mondi economici nettamente separati e indipendenti. Da un lato, c'è la sfera “micro,” il mondo di prezzi individuali determinati dalle forze della domanda e dell'offerta. Qui, concedono i Chicago Boys, è meglio lasciare l'economia al gioco non ostacolato del mercato libero. Ma, asseriscono, c'è anche la sfera separata e distinta della “macro” economia, degli aggregati economici del bilancio pubblico e della politica monetaria, dove non c'è possibilità o, persino, opportunità di un mercato libero.

In comune con i loro colleghi keynesiani, i friedmaniani desiderano consegnare al governo centrale il controllo assoluto su queste aree macro, per manipolare l'economia per fini sociali, mentre sostengono che il micro mondo può ancora rimanere libero. In breve, i friedmaniani così come i keynesiani concedono la vitale sfera macro allo Stato come struttura presumibilmente necessaria per la micro-libertà del libero mercato.

In realtà, le sfere macro e micro sono integrate ed intrecciate, come gli Austriaci hanno mostrato. È impossibile concedere la sfera macro allo Stato mentre si tenta di mantenere la libertà al livello micro. Ogni tipo di tassa, e non ultima l'imposta sul reddito, inietta furto e confisca sistematici nella micro sfera dell'individuo, ed ha effetti spiacevoli e distorsivi sull'intero sistema economico. È deplorevole che i friedmaniani, con il resto dell'economia anglo-americana, non abbia mai prestato attenzione al successo di Ludwig von Mises, fondatore della Scuola Austriaca moderna, nell'integrazione delle sfere micro e macro nella teoria economica fin dal 1912 nella sua classica Teoria della moneta e del credito. 4 Milton Friedman ha rivelato la sua essenziale posizione pro-imposta sul reddito e egualitaria in numerosi modi. Come in molte altre sfere, ha operato non come un avversario dello statalismo e sostenitore del libero mercato, ma come tecnico che consiglia lo Stato su come essere più efficiente nello svolgere il suo lavoro malvagio (dal punto di vista di un vero libertario, più inefficienti
sono
i meccanismi dello Stato, meglio è! 5). Si è opposto alle esenzioni fiscali ed alle “scappatoie” ed ha lavorato per rendere l'imposta sul reddito più uniforme.

Una delle imprese più disastrose di Friedman è stato l'importante ruolo che ha svolto fieramente, durante la Seconda Guerra Mondiale nel dipartimento del Tesoro, nel rifilare al pubblico americano sofferente il sistema della ritenuta d'imposta. Prima della Seconda Guerra Mondiale, quando le aliquote dell'imposta sul reddito erano ben più basse di adesso, non c'era un sistema di ritenuta; tutti pagavano la propria fattura annuale in una somma forfettaria, il 15 marzo. È evidente che con questo sistema, l'amministrazione fiscale non potrebbe avere mai la speranza di estrarre l'intera somma annuale, agli attuali tassi confiscatori, dalla massa della popolazione attiva. L'intero orrendo sistema sarebbe felicemente crollato molto prima di riuscirci. Soltanto la ritenuta d'imposta friedmaniana ha permesso al governo di usare ogni datore di lavoro come collettore d'imposta non pagato, estraendo le tasse tranquillamente e silenziosamente da ogni stipendio. Per molti versi, dobbiamo ringraziare Milton Friedman per l'attuale mostruoso Stato Leviatano americano.

In aggiunta alla stessa imposta sul reddito, l'egualitarismo di Friedman è rivelato nell'opuscolo Friedman-Stigler che attaccava i controlli degli affitti. “Per quelli che, come noi, gradirebbero ancora maggiore uguaglianza di quella attuale . . . è certamente meglio attaccare le diseguaglianze attuali nel reddito e nel patrimonio direttamente alla loro fonte” che limitare gli acquisti di prodotti particolari, come le abitazioni. 6 La singola, più disastrosa influenza di Milton Friedman è stata un'eredità del suo vecchio egualitarismo di Chicago: la proposta di un reddito annuo garantito a tutti attraverso il sistema di imposta sul reddito – un'idea presa ed intensificata da leftists come Robert Theobald, e che il presidente Nixon potrebbe indubbiamente mettere in pratica con il nuovo Congresso. 7 * In questo catastrofico programma, Milton Friedman ancora una volta è stato guidato dal suo desiderio devastante non di rimuovere lo Stato dalle nostre vite, ma di renderlo più efficiente. Vede intorno a sé il disordine rabberciato dei sistemi previdenziali statali e locali e conclude che tutto sarebbe più efficiente se l'intero programma fosse posto sotto il registro federale di imposta sul reddito e a tutti venisse garantito una determinata base di reddito. Più efficiente, forse, ma anche molto più disastroso, perché l'unica cosa che rende il nostro attuale sistema previdenziale appena tollerabile è precisamente la sua inefficienza, precisamente il fatto che per ottenere un sussidio di disoccupazione sia necessario aprirsi la via attraverso uno sgradevole e caotico groviglio burocratico. Il programma di Friedman renderebbe il sussidio di disoccupazione automatico, concedendo così a ciascuno una pretesa automatica sulla produzione.

“Funzione di offerta” del welfare

Dobbiamo realizzare che avere un sussidio non è, come la maggior parte della gente crede, un semplice atto di Dio o della natura, un dato assoluto come un'eruzione vulcanica. Avere un sussidio, come tutti gli altri atti economici umani, ha una “funzione di offerta”: in altre parole, se il welfare paga abbastanza, potete produrre tutti i clienti del welfare che volete. Pagateli sufficientemente poco e potrete ridurre il numero dei clienti a volontà. In breve, se il governo annuncia che chiunque firmi ad uno sportello del “welfare” ottiene un assegno annuale automatico di 40.000 dollari per tutto il tempo che vuole, troveremo abbastanza presto che quasi tutti sono diventati destinatari del welfare – ed inoltre, formeranno un'organizzazione per i “diritti del welfare” per aumentare il sussidio a 60.000 dollari per contrastare l'aumento nel costo della vita.

Più specificamente, la funzione di offerta dei clienti del welfare è inversamente proporzionale alla differenza fra il tasso salariale prevalente nella zona ed il livello degli emolumenti del welfare. Questa differenza è il “costo di opportunità” dell'affidarsi al welfare: l'importo che uno perde oziando invece di lavorare. Se, per esempio, lo stipendio prevalente in una zona aumenta e gli emolumenti del welfare rimangono gli stessi, il differenziale e il “costo di opportunità” dell'ozio aumentano e la gente tende a lasciare il sussidio di disoccupazione e ad andare a lavorare. Se accade l'opposto, più gente chiederà il sussidio di disoccupazione. Se l'avere un sussidio fosse un fatto assoluto della natura, allora non ci sarebbe rapporto fra questo differenziale ed il numero di chi si rivolge al welfare. 8

Secondariamente, l'offerta di clienti del welfare è inversamente proporzionale con un altro fattore estremamente importante: il disincentivo di valore o culturale di affidarsi al welfare. Se questo disincentivo è forte, se, per esempio, uno individuo o un gruppo credono fortemente che sia un male affidarsi al welfare, non lo faranno, punto. Se, d'altro canto, non si preoccupano per lo stigma del welfare, o se, peggio ancora, considerano i pagamenti dell'assistenza sociale come un loro diritto – un diritto ad esercitare una pretesa compulsiva e predatoria sulla produzione – allora il numero delle persone affidate al welfare aumenterà astronomicamente, come è accaduto negli ultimi anni.

Ci sono parecchi esempi recenti dell'“effetto stigma.” È stato mostrato che, dato lo stesso livello di reddito, più gente tende ad affidarsi al welfare nelle zone urbane che in quelle rurali, presumibilmente in ragione della maggior visibilità dei clienti dell'assistenza sociale e quindi del maggior stigma nelle aree più scarsamente popolate. Cosa più importante, è il fatto notevole che certi gruppi religiosi, anche quando significativamente più poveri del resto della popolazione, semplicemente non cerchino il welfare a causa del loro credo etico profondamente sostenuto. Quindi, i cinesi americani, seppur in gran parte poveri, non si rivolgono quasi mai al welfare. Un articolo recente sugli albanesi americani a New York City evidenzia lo stesso punto.

Questi albanesi sono abitanti invariabilmente poveri dei bassifondi, ma non c'è albanese-americano che riceva un sussidio. Perché? Poiché, ha detto uno dei loro leader, “gli albanesi non elemosinano e per gli albanesi, prendere un sussidio è come elemosinare per strada.” 9

Un altro esempio è la chiesa mormonica, dei cui membri molto pochi si rivolgono all'assistenza pubblica. Perché i mormoni non solo inculcano nei loro membri le virtù del risparmio, dell'autonomia e dell'indipendenza, si prendono anche cura dei loro bisognosi con programmi di carità della chiesa basati sul principio di aiutare le persone ad aiutarsi, e quindi di toglierli dalla carità il più rapidamente possibile. 10 Così, la chiesa mormonica suggerisce ai suoi membri che “cercare ed accettare l'aiuto pubblico diretto troppo spesso invita la maledizione dell'ozio e promuove l'altro male del sussidio di disoccupazione. Distrugge l'indipendenza, l'industriosità, il risparmio e l'amor proprio dell'uomo.” 11 Quindi, l'altamente riuscito programma privato di assistenza sociale della chiesa è basato sui principi che la chiesa ha incoraggiato i propri membri a stabilire per mantenere la propria indipendenza economica: ha incoraggiato il risparmio ed ha promosso l'istituzione delle industrie che creino occupazione; ed è sempre pronta ad aiutare i fedeli membri bisognosi.

E:
Il nostro scopo primario era di costruire, finchè potesse essere possibile, un sistema sotto cui la maledizione dell'ozio sarebbe stata eliminata, il male del sussidio di disoccupazione abolito e l'indipendenza, l'industria, il risparmio e l'amor proprio fossero una volta di più fondati fra la nostra gente. Lo scopo della chiesa è di aiutare la gente ad aiutarsi. Il lavoro dev'essere ristabilito come i principi guida delle vite della nostra comunità ecclesiale. Fedeli a questo principio, i lavoratori dell'assistenza insegneranno ed inviteranno sinceramente i membri della chiesa ad essere economicamente indipendenti al massimo dei loro poteri. Nessun vero Santo degli Ultimi Giorni, se fisicamente in grado, allontanerà volontariamente da sé la difficoltà del suo proprio sostegno. 12
Il metodo del libertario al problema dell'assistenza sociale, allora, è di abolire tutto il welfare coercitivo e pubblico e sostituirlo con la carità privata basata sul principio dell'incoraggiamento all'autonomia, sostenuta inoltre inculcando le virtù della fiducia in se stesso e dell'indipendenza nella società.

Incentivi nel Piano di Friedman

Ma il piano di Friedman, al contrario, si muove precisamente nel senso opposto, dato che stabilisce gli emolumenti dell'assistenza sociale come diritto automatico, una pretesa automatica e coercitiva sui produttori. Quindi rimuove del tutto l'effetto stigma, scoraggia disastrosamente il lavoro produttivo con tasse esorbitanti e stabilendo un reddito garantito per chi non lavora, il che incoraggia l'ozio. In più, stabilendo un minimo reddituale come “diritto” coercitivo, incoraggia i clienti del welfare a richiedere minimi più alti, aggravando così continuamente l'intero problema. Ma Friedman, intrappolato nella separazione anglo-americana di “micro” e “macro,” presta pochissima attenzione a questi effetti cataclismatici sugli incentivi.

Persino gli handicappati sono danneggiati dal piano di Friedman, dato che un sussidio di disoccupazione automatico rimuove l'incentivo marginale affinchè l'operaio handicappato investa nella propria riabilitazione professionale, poiché il ritorno monetario netto da tale investimento è ora notevolmente abbassato. Quindi, il reddito garantito tende a perpetuare questi handicap. Per concludere, il sussidio di disoccupazione di Friedman pagherebbe un più alto reddito per persona alle famiglie sotto assistenza sociale, sovvenzionando di conseguenza un aumento continuo nella popolazione di bambini fra i poveri – precisamente coloro che meno possono permettersi una tal crescita demografica. Senza unirsi all'isteria corrente per “l'esplosione demografica,” è certamente irragionevole sovvenzionare deliberatamente la nascita di più bambini indigenti, che è ciò che il piano di Friedman farebbe come diritto automatico.

MONETA E CICLO ECONOMICO

La terza importante caratteristica del programma del New Deal era proto-keynesiana: la pianificazione da parte del governo della sfera “macro” per appianare il ciclo economico. Nel suo approccio al campo generale della moneta e del ciclo economico – un campo in cui Friedman ha purtroppo concentrato la gran parte dei suoi sforzi – Friedman dà credito non solo ai vecchi Chicago Boys, ma anche, come loro, all'economista di Yale Irving Fisher, che era l'economista per eccellenza dell'Establishment dal 1900 fino agli anni 20. Friedman, effettivamente, ha acclamato apertamente Fisher come “il più grande economista del ventesimo secolo,” e leggendo i testi di Friedman, si ha spesso l'impressione di rileggere Fisher, addobbato, naturalmente, con molta più fuffa matematica e statistica. Gli economisti e la stampa, per esempio, applaudono la recente “scoperta” di Friedman che i tassi d'interesse tendono a salire quando i prezzi aumentano, aggiungendo un premio di inflazione per mantenere lo stesso tasso d'interesse “reale”; questo ignora il fatto che Fisher lo aveva già notato alla fine del ventesimo secolo.

Ma il problema chiave con l'approccio fisheriano di Friedman è la stessa separazione ortodossa delle sfere micro e macro già devastante nella sua visione della tassazione. Perché Fisher credeva, ancora, che da un lato ci fosse un mondo di prezzi individuali determinato dalla domanda e dall'offerta, ma che dall'altro ci fosse un “livello dei prezzi” aggregato determinato dalla disponibilità di moneta e dalla sua velocità di circolazione, e che i due non si incontrassero mai. La sfera macro, aggregata, si suppone sia l'adeguato soggetto della pianificazione e manipolazione di governo, ancora una volta senza presumibilmente interessare o interferire con l'area micro dei prezzi individuali.

Fisher sulla moneta

In accordo con questa concezione, Irving Fisher scrisse un famoso articolo nel 1923, “Il ciclo economico è soprattutto una ‘danza del dollaro’” – recentemente citato favorevolmente da Friedman – che stabiliva il modello per la teoria del ciclo economico “puramente monetaria” di Chicago. In questa vista semplicistica, il ciclo economico si suppone essere soltanto una “danza,” cioè una serie essenzialmente casuale e causalmente disgiunta di alti e bassi nel “livello dei prezzi.” Il ciclo economico, in breve, è la serie di variazioni casuali ed inutili nel livello aggregato dei prezzi. Di conseguenza, dal momento che il mercato libero provoca questa “danza casuale,” la cura per il ciclo economico è che il governo appronti delle misure per stabilizzare il livello dei prezzi, per mantenere quel livello costante. Questo diventò lo scopo della scuola di Chicago degli anni 30 e rimane anche l'obiettivo di Milton Friedman.

Perché un livello di prezzi stabile si suppone sia un'idea etica, da raggiungersi anche mediante l'uso della coercizione governativa? I friedmaniani assumono semplicemente l'obiettivo come manifesto ed a malapena necessitante di discussione ragionata. Ma le basi originali di Fisher erano un malinteso totale della natura della moneta, e dei nomi delle diverse unità monetarie. In realtà, come la maggior parte degli economisti del diciannovesimo secolo sapevano bene, questi nomi (dollaro, sterlina, franco, ecc.) non erano in qualche maniera delle realtà di per sé, ma erano semplicemente dei nomi per delle unità di peso d'oro o d'argento. Erano queste merci, emergenti dal mercato libero, ad essere la vera moneta; i nomi e i soldi di carta e la moneta bancaria, erano semplicemente richieste di pagamento in oro o argento. Ma Irving Fisher si rifiutò di riconoscere sia vera natura della moneta che l'appropriata funzione della parità aurea, o il nome di una valuta come unità di peso in oro. Invece, considerava questi nomi di sostituti cartacei emessi dai vari governi come assoluti, come se fossero moneta. La funzione di questa “ moneta” era di “misurare” i valori. Di conseguenza, Fisher riteneva necessario mantenere il potere d'acquisto della valuta, o il livello dei prezzi, costante.

Questo obiettivo donchisciottesco di un livello di prezzi stabile contrasta con la visione economica del diciannovesimo secolo – e con la successiva scuola austriaca. Esse hanno acclamato i risultati del mercato non ostacolato, del capitalismo laissez faire, nel determinare invariabilmente un livello dei prezzi in calo costante. Perché senza l'intervento del governo, la produttività e l'offerta delle merci tende sempre ad aumentare, causando un declino nei prezzi. Quindi, nella prima metà del diciannovesimo secolo – “la Rivoluzione Industriale” – i prezzi tendevano a scendere costantemente, aumentando così il salario reale pur senza un aumento degli stipendi in termini monetari. Possiamo osservare come questa costante riduzione dei prezzi porti i benefici di livelli di vita più elevati a tutti i consumatori, in esempi quali gli apparecchi televisivi che sono scesi dai 2000 dollari del loro primo ingresso sul mercato a circa 100 per un apparecchio ben migliore. E questo in un periodo di inflazione galoppante.

Fu Irving Fisher, con le sue dottrine e la sua influenza, ad essere in larga parte responsabile delle disastrose politiche inflazionistiche del sistema della Riserva Federale durante gli anni 20 e quindi per il successivo olocausto del 1929. Uno degli obiettivi principali di Benjamin Strong, capo della Federal Reserve Bank (Fed) di New York e virtuale dittatore della Fed durante gli anni 20, era, sotto l'influenza della dottrina di Fisher, di mantenere il livello dei prezzi costante. E poiché i prezzi all'ingrosso erano costanti o effettivamente in calo durante gli anni 20, Fisher, Strong ed il resto dell'Establishment economico si rifiutarono di riconoscere che fosse mai esistito un problema d'inflazione. Così, di conseguenza, Strong, Fisher e la Fed si rifiutarono di ascoltare economisti eterodossi quali Ludwig von Mises e H. Parker Willis che durante gli anni 20 avvertivano che una malsana inflazione del credito bancario stava conducendo ad un inevitabile crollo economico.

Così ostinati erano questi personaggi che, ancora nel 1930, Fisher, nel suo canto del cigno come profeta economico, scrisse che la depressione non c'era e che il crollo del mercato azionario era soltanto temporaneo. 13

Friedman sulla moneta

Ed ora, nella sua molto pubblicizzata Storia monetaria degli Stati Uniti, Friedman ha dimostrato la sua inclinazione fisheriana nell'interpretazione della storia economica americana. 14 Benjamin Strong, indubbiamente la più disastrosa singola influenza nell'economia degli anni 20, viene celebrato da Friedman precisamente per la sua stabilizzazione dell'inflazione e del livello dei prezzi durante quel decennio. 15 Infatti, Friedman attribuisce la depressione del 1929 non al boom inflazionistico precedente ma al fallimento della Riserva Federale del dopo Strong nel gonfiare a sufficienza la massa monetaria prima e durante la depressione.

In breve, anche se Milton Friedman ha prestato un servizio nel riportare all'attenzione della professione economica l'importante influenza della moneta e della massa monetaria sui cicli economici, dobbiamo riconoscere che questo approccio “puramente monetarista” è quasi l'esatto opposto della solida – e davvero di libero mercato – visione austriaca. Perché mentre gli austriaci sostengono che l'espansione monetaria di Strong ha reso il successivo crollo del 1929 inevitabile, Fisher-Friedman crede che tutto ciò che la Fed doveva fare fosse di pompare più soldi per contrastare ogni recessione. Credendo che non ci sia influenza causale che colleghi il boom dal crollo, credendo nella semplicistica teoria della “Danza del Dollaro,” i Chicago Boys vogliono semplicemente che il governo manipoli quella danza, specificamente per aumentare la massa monetaria per controbilanciare la recessione.

Durante gli anni 30, quindi, la posizione Fisher-Chicago era che, per curare la depressione, il livello dei prezzi avrebbe dovuto essere “reflazionato” ai livelli degli anni 20 e che la reflazione avrebbe dovuto essere compiuta mediante:
  1. l'ampliamento della massa monetaria da parte della Fed e
  2. la spesa di deficit e i programmi di lavori pubblici su larga scala da parte del governo federale.
In breve, durante gli anni 30, Fisher e la scuola di Chicago erano “keynesiani pre-Keynes” e, per quel motivo, erano considerati piuttosto radicali e socialisti – e a ragione. Come i successivi keynesiani, i Chicago Boys favorirono una politica monetaria e fiscale “compensativa,” comunque sempre con maggior attenzione sul ramo monetario.

Alcuni potrebbero obiettare che Milton Friedman non crede così tanto in una politica monetaria e fiscale manipolativa come in un aumento “automatico” della Riserva Federale ad un tasso del 3-4 per cento annuo. Ma questa modifica della vecchia Scuola di Chicago è puramente tecnica, e proviene dalla realizzazione di Friedman che le manipolazioni giornaliere e a breve termine della Fed soffrirebbero di inevitabili ritardi, e sarebbero quindi destinate ad aggravare piuttosto che a migliorare il ciclo. Ma dobbiamo renderci conto che la politica inflazionista automatica di Friedman è semplicemente un'altra variante nell'inseguimento dello stesso vecchio scopo Chicago-fisheriano: la stabilizzazione del livello dei prezzi – in questo caso, stabilizzazione nel lungo termine. Quindi, Milton Friedman è, puramente e semplicemente, uno statalista-inflazionista, anche se un inflazionista più moderato della maggior parte dei keynesiani. Ma questa è in effetti una piccola consolazione e difficilmente qualifica Friedman come economista di mercato in questo campo vitale.

Fisher, Friedman e la fine della parità aurea

A partire dai suoi primi giorni, Irving Fisher fu – correttamente – considerato come un radicale monetario ed uno statalista per il suo desiderio di eliminare la parità aurea. Fisher capì che la parità aurea – sotto la quale la moneta di base è una merce estratta sul mercato libero piuttosto che creata dal governo – era incompatibile con la sua ossessionante volontà di stabilizzare il livello dei prezzi. Quindi, Fisher fu uno dei primi economisti moderni a richiedere l'abolizione della parità aurea e la sua sostituzione con il corso legale.

Con un sistema di corso legale, il nome della valuta – dollaro, franco, marco, ecc. – diventa il definitivo standard monetario, ed il controllo assoluto della fornitura e dell'uso di queste unità è necessariamente conferito al governo centrale. In breve, la moneta inconvertibile è inerentemente la moneta dello statalismo assoluto. La moneta è il prodotto centrale, il centro nervoso, per così dire, dell'economia di mercato moderna, ed ogni sistema che conferisca il controllo assoluto di quel prodotto nelle mani dello Stato è disperatamente incompatibile con un'economia di mercato o, alla fine, con la libertà individuale in sé.

Tuttavia, Milton Friedman è un fautore radicale del taglio di tutti gli attuali legami, per quanto deboli, con l'oro, e del passaggio ad uno standard totale ed assoluto di dollaro a corso legale, con tutto il controllo conferito al Sistema della Riserva Federale.* Naturalmente, a quel punto Friedman raccomanderebbe alla Fed di usare saggiamente quel potere assoluto, ma nessun libertario degno di questo nome può provare altro che disgusto per l'idea stessa di conferire potere coercitivo a qualsiasi gruppo e quindi sperare che tale gruppo non usi il proprio potere al massimo grado. La ragione per cui Friedman è completamente cieco alle implicazioni tiranniche e despotiche del suo schema di moneta a corso legale è, ancora una volta, la separazione arbitraria della Scuola di Chicago fra micro e macro, la speranza inutile e chimerica che possiamo avere un controllo totalitario della sfera macro conservando il “mercato libero” nel micro. Dovrebbe essere ormai chiaro che questo genere di “micro-libero mercato” alla Chicago è “libero” soltanto nel senso più ingannevole e ironico: assomiglia molto alla “libertà” orwelliana di “la Schiavitù è Libertà”

Un ritorno alla parità aurea

È indiscutibile il fatto che il sistema monetario internazionale attuale sia un'irrazionale ed abortiva mostruosità ed ha bisogno di una drastica riforma. Ma la riforma proposta da Friedman, di tagliare tutti i legami con l'oro, renderebbe la situazione ben peggiore, dato che lascerebbe tutto alla misericordia completa del suo Stato emettente denaro a corso legale. Dobbiamo andare precisamente nella direzione opposta: ad una parità aurea internazionale che ristabilisca la moneta-merce ovunque e tolga ogni manipolazione monetaria statale dalla schiena dei popoli del mondo.

Inoltre, l'oro, o una qualche altra merce, è vitale per la fornitura di una moneta internazionale – una moneta di base con cui tutte le nazioni possono vendere e depositare i loro conti. L'assurdità filosofica del piano di Friedman con ogni governo che fornisce liberamente la propria moneta a corso legale, separatamente da tutti gli altri, può essere vista chiaramente se consideriamo che cosa accadrebbe se ogni regione, ogni provincia, ogni stato, no ogni città, contea, paese, villaggio, isolato, casa, o individuo emettesse la propria moneta, e quindi avessimo, come Friedman prevede, tassi di cambio liberamente fluttuanti fra tutti questi milioni di valute. Il caos seguente sorgerebbe dalla distruzione del concetto stesso di moneta – l'entità che serve da mezzo generale per tutti gli scambi sul mercato. Filosoficamente, il friedmanismo distruggerebbe la moneta in sé e ci ridurrebbe al caos ed al primitivismo del sistema del baratto.

Uno degli errori cruciali di Friedman nel suo piano per consegnare tutto il potere monetario allo Stato è che non riesce a capire che questo schema sarebbe inerentemente inflazionistico. Perché lo Stato avrebbe allora in suo totale potere di emettere la quantità di moneta che vuole. Il consiglio di Friedman di limitare questo potere ad un'espansione del 3-4% l'anno ignora il fatto cruciale che qualsiasi gruppo, entrando in possesso del potere assoluto di “stampare i soldi,” tenderà a... stamparli! Supponete che a John Jones sia assegnato dal governo il potere assoluto, il monopolio compulsivo, sul torchio tipografico, e gli sia permesso di emettere tutti i soldi che vuole, e di utilizzarli come vuole. Non è forse cristallino che Jones userà questo potere di contraffazione legalizzata al massimo grado, e che quindi il suo governo sulla moneta tenderà ad essere inflazionistico? Alla stessa maniera, lo Stato si è da lungo tempo arrogato il monopolio compulsivo della contraffazione legalizzata, ed in tal modo ha avuto la tendenza ad usarlo: quindi, lo Stato è inerentemente inflazionistico, come sarebbe qualsiasi gruppo con il potere unico di creare i soldi. Lo schema di Friedman intensificherebbe soltanto quel potere e quell'inflazione.

L'unica soluzione libertaria, al contrario, è di far restituire dallo Stato le sue scorte di moneta-merce. Franklin Roosevelt, con il pretesto di “un'emergenza della depressione,” ha confiscato tutto l'oro posseduto dal popolo americano nel 1933, e niente è stato detto per quasi quattro decenni circa la restituzione del nostro oro. Contrariamente a Friedman, il vero libertario deve chiedere al governo di ridare al popolo l'oro rubato, che il governo ci aveva sequestrato in cambio dei suoi dollari di carta.

EFFETTO VICINATO

Quindi, nei due vitali campi macro della tassazione e della moneta, l'influenza di Milton Friedman è stata enorme – ben più che in qualunque altro campo – e quasi uniformemente disastrosa dal punto di vista di un genuino libero mercato. Ma anche al livello micro, in cui la sua influenza è stata minore e solitamente più favorevole, Friedman ha fornito agli interventisti una scappatoia teorica larga quanto la porta di un granaio. Perché Friedman sostiene che è legittimo per il governo interferire con il mercato libero ogni qualvolta le azioni di qualcuno provochino un “effetto vicinato.” Quindi, se A fa qualcosa che beneficia B e B non la deve pagare, i Chicago Boys lo considerano un “difetto” nel libero mercato, e diventa quindi allora compito del governo “correggere” quel difetto tassando B per pagare A per questo “beneficio.”

È per questo motivo che Friedman firma la fornitura del governo di fondi per l'educazione di massa, per esempio; poiché l'educazione dei ragazzi si presume avvantaggi altre persone, allora il governo si presume sia giustificato nel tassare queste persone per pagare questi “benefici” (ancora una volta, in questo campo, l'influenza perniciosa di Friedman è stata nel tentativo di rendere un operazione statale inefficiente molto più efficiente; qui suggerisce di sostituire le insostenibili "scuole pubbliche” con pagamenti di buoni pubblici ai genitori – così lasciando intatto l'intero concetto di finanziamento fiscale per l'educazione di massa).

Oltre al regno estremamente importante dell'educazione, Friedman, in pratica, limiterebbe la discussione dell'effetto vicinato a misure quali i parchi urbani. Qui, Friedman è preoccupato che se i parchi fossero privati, qualcuno potrebbe godere della loro vista da lontano e non essere costretto a pagare questo beneficio psichico. Di conseguenza, egli sostiene soltanto i parchi pubblici urbani. I parchi rurali, egli ritiene, possono essere privati in quanto possono essere abbastanza appartati da obbligare tutti gli utenti a pagare per i servizi resi.

È di scarso conforto il fatto che Friedman stesso limiterebbe questo argomento dell'effetto vicinato a pochi casi, come l'educazione ed i parchi urbani. In realtà, questo argomento potrebbe essere usato per giustificare quasi ogni intervento, sovvenzione e programma di tassazione. Io, per esempio, ho letto l'Azione Umana di Mises; quindi ho assorbito maggiore saggezza e sono diventato una persona migliore; diventando una persona migliore, beneficio il mio prossimo; tuttavia, accidenti, non sono costretti a pagare quei benefici! Non dovrebbe forse il governo tassare questa gente e sovvenzionarmi per essere così degno da leggere l'Azione Umana?

O, per fare un altro esempio, che ai Liberatori delle Donne piaccia o meno, molti uomini ottengono moltissimo godimento dal guardare le ragazze in minigonna; tuttavia, questi uomini non pagano questo godimento. Ecco un altro effetto vicinato che rimane impunito! Non dovrebbero gli uomini di questo paese essere tassati per sovvenzionare le ragazze che indossano minigonne?

Non c'è ragione di moltiplicare gli esempi; proliferano quasi all'infinito ed espongono la totale assurdità e pervasività delle concessioni allo statalismo dell'effetto vicinato alla Chicago. L'unica risposta che i Chicago Boys hanno potuto dare a questa reductio ad absurdum è che essi non avrebbero portato l'intervento del governo fino a quel punto, seppur accettando la logica. Ma perché no? Secondo quale metro, secondo quale criterio, essi si fermano ai parchi ed alle scuole? Il punto è che non c'è tale criterio, e questo indica soltanto un fallimento intellettuale, una mancanza di rigore logico, al cuore della gran parte dell'attuale economia e scienza sociale – friedmanismo incluso.

L'IMPATTO DI FRIEDMAN

E così, esaminando le credenziali di Milton Friedman per essere il leader dell'economia di mercato, arriviamo alla raggelante conclusione che è difficile considerarlo un economista di mercato. Anche nella sfera micro, le concessioni teoriche di Friedman al grande ideale della “concorrenza perfetta” consentirebbero una gran quantità di antitrust governativo e la sua concessione dell'effetto vicinato all'intervento del governo potrebbe consentire un virtuale stato totalitario, anche se Friedman limita illogicamente la sua applicazione ad alcuni campi. Ma persino qui, Friedman usa questo argomento per giustificare la fornitura a tutti dell'educazione di massa da parte dello Stato.

Ma è nella sfera macro, sconsideratamente separata da quella micro da economisti che rimangono dopo sessant'anni ignari dell'impresa di integrarle di Ludwig von Mises, è qui che l'influenza di Friedman è stata la più funesta. Perché scopriamo che Friedman ha la pesante responsabilità sia del sistema di ritenuta fiscale che del disastroso reddito annuo garantito che appare all'orizzonte. Allo stesso tempo, scopriamo che Friedman richiede il controllo assoluto dello Stato sulla massa monetaria – una parte cruciale dell'economia di mercato. Ogni volta che il governo ha, irregolarmente e quasi per caso, smesso di aumentare la massa monetaria (come Nixon ha fatto per diversi mesi nella seconda metà del 1969), Milton Friedman era pronto ad issare nuovamente il vessillo dell'inflazione. E dovunque ci giriamo, troviamo Milton Friedman, che propone non misure in nome della libertà, non programmi per sminuzzare lo Stato Leviatano, ma misure per rendere il potere di quello Stato più efficiente e quindi, fondamentalmente, più terribile.

Il movimento libertario ha seguito fin troppo a lungo il pigro percorso intellettuale di non riuscire a fare distinzioni, o di non riuscire a discriminare, di non riuscire a fare una ricerca rigorosa per distinguere la verità dall'errore nei punti di vista di coloro che sostengono essere suoi membri o alleati. È quasi come se qualunque burlone di passaggio che borbotta poche parole sulla “libertà” dovessimo automaticamente stringerlo al nostro petto come membro dell'unica, grande famiglia libertaria. Con la crescita dell'influenza del nostro movimento, non possiamo più permetterci il lusso di questa pigrizia intellettuale. È ora di identificare Milton Friedman per quello che realmente è. È ora di chiamare una vanga vanga e uno statalista statalista.
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BIBLIOGRAFIA

* Brehm, C.T., and T.R. Saving. “The Demand for General Assistance Payments.” American Economic Review 54, no. 6 (dicembre 1964).
* Fisher, Irving. The Stock Market Crash – And After. New York: Macmillan, 1930.
* Friedman, Milton, e Anna Schwartz. A Monetary History of the United States, 1867–1960. Princeton, N.J.: Princeton University Press, 1963.
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* Rothbard, Murray N. America’s Great Depression. Princeton, N.J.: D. Van Nostrand, 1963.
* – – – . “The Great Inflationary Recession Issue: ‘Nixonomics’ Explained.” The Individualist (June 1970).
* – – – . “The Guaranteed Annual Income.” The Rational Individualist (September 1969).
* – – – . What Has Government Done To Our Money? Auburn, Ala.: Ludwig von Mises Institute, 1990.
* Simons, Henry C. A Positive Program for Laissez Faire: Some Proposals for a Liberal Economic Policy. Chicago: University of Chicago Press, 1934.
* Welfare Plan of the Church of Jesus Christ of Latter-Day Saints. The General Church Welfare Committee, 1960.
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Note

1. Henry C. Simons, A Positive Program for Laissez Faire: Some Proposals for a Liberal Economic Policy (Chicago: University of Chicago Press, 1934).
2. In questo articolo, limito la discussione al politico-economico e ometto i problemi tecnici della teoria economica e della metodologia. È in queste ultime che Friedman ha raggiunto il suo peggio, dato che Friedman è riuscito a cambiare la vecchia metodologia di Chicago, essenzialmente aristoteliana e razionalista, in una madornale ed estrema variante del positivismo.
3. Per un'eccellente introduzione alla visione austriaca, vedi Individualism and the Economic Order di F.A. Hayek (Chicago: University of Chicago Press, 1948), cap. 5.
4. Ludwig von Mises, Teoria della moneta e del credito.
5. C'è un aneddoto affascinante sul distinto industriale Charles F. Kettering. Visitando il letto d'ospedale di un amico che si stava lamentando della crescita del governo, Kettering gli ha detto “coraggio Jim. Ringrazia Dio che non otteniamo tanto governo quanto paghiamo!”
6. Milton Friedman e George J. Stigler, Roofs or Ceilings? (Irvington-on-Hudson, N.Y.: Foundation for Economic Education, 1946), p. 10.
7. Per un'ulteriore critica della dottrina di Friedman-Nixon del reddito garantito, vedi Murray N. Rothbard, “The Guaranteed Annual Income,” The Rational Individualist (September 1969); e Henry Hazlitt, Man vs. The Welfare State (New Rochelle, N.Y.: Arlington House, 1969), pp. 62–100. *Rothbard predisse correttamente che questa proposta di Friedman avrebbe fatto parte della campagna presidenziale del 1972. Interessante, e rivelatore, il fatto che fu proposta dall'avversario democratico di Nixon, il senatore George McGovern. Gli elettori lo considerarono come estremamente radicale e McGovern fu sconfitto in modo schiacciante. Ed.
8. Per una dimostrazione empirica di questo rapporto, vedi “The Demand for General Assistance Payments,” American Economic Review 54, no. 6 (dicembre 1964), pp. 1002–18.
9. New York Times (13 aprile 1970).
10. Questo era lo stesso principio di che guida la Charity Organization Society nell'Inghilterra del diciannovesimo secolo. Quell'organizzazione liberale classica “credeva che l'aspetto più serio della povertà fosse la degradazione del carattere dell'uomo o della donna indigenti. La carità indiscriminata rendeva soltanto le cose peggiori; demoralizzava. La vera carità richiedeva amicizia, pensiero, la specie di aiuto che avrebbe ristabilito l'amor proprio dell'uomo e la sua capacità di sostenere lui e la sua famiglia.” Charles Loch Mowat, The Charity Organization Society (London: Methuen, 1961), p. 2.
11. Welfare Plan of the Church of Jesus Christ of Latter-Day Saints (The General Church Welfare Committee, 1960), p. 48.
12. Welfare Plan, pp. 1-2.
13. Irving Fisher, The Stock Market Crash – And After (New York: Macmillan, 1930).
14. Milton Friedman e Anna Schwartz, A Monetary History of the United States, 1867–1960 (Princeton, N.J.: Princeton University Press, 1963).
15. Vedi Murray N. Rothbard, America’s Great Depression (Princeton, N.J.: D. Van Nostrand, 1963), per una visione contrastante degli anni 20. Altro sulla visione del ciclo economico friedmaniana contro quella austriaca si può trovare in Murray N. Rothbard, “The Great Inflationary Recession Issue: ‘Nixonomics’ Explained,” The Individualist (June 1970), pp. 1–5.

*Questo è, in effetti, esattamente ciò che è accaduto a pochi anni dall'originale pubblicazione di questo articolo. Vedi Murray N. Rothbard, What Has Government Done To Our Money? (Auburn, Ala.: Ludwig von Mises Institute, 1990). – Ed.
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Link all'articolo originale.

Monday, June 9, 2008

Perché i tedeschi sostennero Hitler

A 74 anni dalla sua decapitazione, Marinus van der Lubbe, il muratore disoccupato che fu condannato per l'incendio del Reichstag, ha ottenuto una qualche giustizia dal procuratore federale tedesco: la sua esecuzione fu illegittima in quanto risultante dalle leggi naziste “create per implementare il regime nazional-socialista permettendo abusi di concezioni basilari della giustizia”. La legge tedesca non prevedeva la condanna a morte per i piromani all'epoca, e solo un decreto d'emergenza approvato il giorno seguente e reso retroattivo condusse alla morte del muratore olandese.

Se per van der Lubbe è ormai troppo tardi per gioire della decisione, può, e deve comunque essere uno stimolo a riflettere sull'abitudine dello stato di creare emergenze per impadronirsi di poteri assoluti e perseguire i suoi scopi criminosi con il consenso del popolo, ed è al contempo un'occasione per ricordare quei pochi che ebbero il coraggio di opporsi al regime nazista mettendo in gioco la propria vita.

Per favorire tale riflessione, ricca di paralleli attualissimi, ho pensato di tradurre un ottimo articolo del marzo 2007 di
Jacob G. Hornberger (e-mail), fondatore e presidente della fondazione The Future of Freedom.
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Perché i tedeschi sostennero Hitler #1

Di Jacob G. Hornberger


A lungo mi ha intrigato il perché la gente tedesca avesse sostenuto Adolf Hitler ed il suo regime nazista. Dopo tutto, ad ogni scolaro in America viene insegnato che Hitler ed i suoi gruppi nazisti erano l'epitome stessa della malvagità. Come poterono i normali cittadini tedeschi sostenere gente di natura così ovviamente mostruosa?

Ci fu un gruppo notevole di giovani che si opposero alla marea nazista, conosciuti come la Rosa Bianca. Condotto da Hans e da Sophie Scholl, un fratello e una sorella tedeschi studenti all'università di Monaco di Baviera, la Rosa bianca era formata da studenti e da un professore universitari che rischiarono le loro vite per far circolare degli opuscoli anti-governativi durante la seconda guerra mondiale. Il loro arresto e processo sono stati descritti nel film tedesco Sophie Scholl - Gli ultimi giorni, che recentemente è stato distribuito su DVD negli Stati Uniti.

Di tutti i saggi sulla libertà che ho scritto durante gli scorsi 20 anni, il mio favorito è “La Rosa bianca: una lezione di dissenso”, che mi compiaccio di dire che più tardi è stata ristampata in Voices of the Holocaust, un'antologia sull'olocausto per gli allievi della scuola superiore. La storia della Rosa Bianca è il caso di coraggio più notevole che abbia mai incontrato. Mi ha persino ispirato a visitare l'università di Monaco di Baviera alcuni anni fa, dove alcune parti degli opuscoli della Rosa Bianca sono state incastonate permanentemente nel pavé della piazza all'entrata della scuola.

Un contrasto al film sui Scholl è un altro film tedesco recente, Downfall, che dettaglia gli ultimi giorni di Hitler nel bunker, in cui si suicidò quasi alla fine della guerra. Fra le persone vicine ad Hitler c'era la ventiduenne Traudl Junge, che diventò la sua segretaria nel 1942 e che lo servì fedelmente con tale qualifica fino alla fine. Per me, la parte più sbalorditiva della pellicola si è presentata alla fine, quando la vera Traudl Junge (cioè non l'attrice che la ritrae nella pellicola) dice,
Tutti questi orrori di cui sentii parlare… Mi riassicuravo con il pensiero di non essere personalmente colpevole. E che non sapevo nulla sulla loro enorme scala. Ma un giorno sono passata di fronte ad una piastra commemorativa di Sophie Scholl nella Franz-Joseph-Strasse…. Ed in quel momento realmente ho capito… che sarebbe stato possibile conoscere le cose.
Così ecco due strade separate prese dai cittadini tedeschi. La maggior parte dei tedeschi presero la stessa strada di Traudl Junge – sostenere il loro governo in tempi di profonda crisi. Alcuni tedeschi presero la strada di Hans e Sophie Scholl – opporsi al loro governo malgrado la profonda crisi che la loro nazione affrontava.

Perché questa differenza? Perchè alcuni tedeschi sostennero il regime di Hitler mentre altri vi si opposero?

Ciascun americano dovrebbe in primo luogo chiedersi che cosa avrebbe fatto se fosse stato un cittadino tedesco durante il regime di Hitler. Avreste sostenuto il vostro governo o vi sareste opposti, non solo durante gli anni '30 ma anche dopo lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale?

Dopo tutto, una cosa è osservare in modo retrospettivo la Germania nazista e dalla posizione vantaggiosa di un cittadino estero che ha sentito dall'infanzia dei campi di morte e della natura mostruosa di Hitler. Guardiamo quelle pellicole granulose su Hitler che riportano i suoi discorsi altisonanti e la nostra reazione automatica è che non avremmo mai sostenuto quell'uomo ed il suo partito politico. Ma è una cosa abbastanza diversa mettersi nei panni di un ordinario cittadino tedesco e chiedersi, “io che cosa avrei fatto?”

Quello che ci dimentichiamo spesso è che molti tedeschi non sostennero Hitler ed i nazisti all'inizio dei '30. Tenete presente che nelle elezioni presidenziali del 1932, Hitler ricevette soltanto il 30,1 per cento del voto nazionale. Nella seconda tornata elettorale, ricevette soltanto il 36,8 per cento del voto. Fu solo dopo che il presidente Hindenburg lo ebbe nominato cancelliere nel 1933 che Hitler cominciò a consolidare il potere.

Fra i fattori principali che motivarono i tedeschi a sostenere Hitler durante gli anni '30 ci fu la tremenda crisi economica conosciuta come la Grande Depressione, che aveva colpito duro la Germania così come gli Stati Uniti ed altre parti del mondo. Cosa fecero molti tedeschi in risposta alla Grande Depressione? La stessa cosa che fecero molti Americani: cercarono un capo forte che li tirasse fuori dalla crisi economica.

Hitler e Franklin Roosevelt

In effetti, c'è una notevole somiglianza fra le politiche economiche che Hitler effettuò e quelle promulgate da Franklin Roosevelt. Tenete presente, in primo luogo, che i socialisti nazionali tedeschi credevano fortemente nella previdenza sociale, che Roosevelt aveva introdotto negli Stati Uniti come componente del suo New Deal. Tenete presente inoltre che i nazisti credevano fortemente in altri simili schemi socialisti come l'istruzione pubblica (cioè, di governo) e la sanità nazionale. Infatti, la mia idea è che ben pochi americani si rendano conto che la previdenza sociale, l'istruzione pubblica, Medicare e Medicaid hanno le loro radici ideologiche nel socialismo tedesco.

Hitler e Roosevelt, inoltre, condividevano un comune impegno a programmi come le associazioni di governo-commercio. Infatti, finché la Corte Suprema non lo dichiarò inconstituzionale, il National Industrial Recovery Act (NIRA) di Roosevelt, che cartellizzava l'industria americana, insieme alla sua campagna di propaganda “Blue Eagle”, era il tipo di fascismo economico che Hitler stesso stava abbracciando in Germania (come anche il duce fascista Benito Mussolini stava facendo in Italia).

Come John Toland precisa nel suo libro Adolf Hitler, “Hitler nutriva un'ammirazione genuina per il modo decisivo con cui il presidente si era impadronito delle redini del governo. ‘Ho simpatia per il sig. Roosevelt,’ disse ad un corrispondente del New York Times due mesi più tardi, ‘perché marcia diritto verso i suoi obiettivi, al di sopra del congresso, delle lobby e della burocrazia.' Hitler continuò notando che era il solo capo in Europa ad esprimere ‘comprensione dei metodi e dei motivi del presidente Roosevelt.’”

Come ha dichiarato Srdja Trifkovic, redattore per gli affari esteri per la rivista Chronicles, nel suo articolo “FDR and Mussolini: A Tale of Two Fascists”, Roosevelt ed il suo ‘Brain Trust,’ gli architetti del New Deal, erano rimasti affascinati dal fascismo in Italia – un termine che all'epoca non era peggiorativo. In America, era visto come una forma di nazionalismo economico sviluppata intorno alla pianificazione del consenso dalle elite stabilite nel governo, negli affari e nel lavoro.

Sia Hitler che Roosevelt inoltre credevano nelle massicce iniezioni di spesa di governo sia nel settore del benessere sociale che nel settore militar-industriale come sistema per portare la prosperità economica alle loro rispettive nazioni. Come ha interpretato il famoso economista John Kenneth Galbraith,
Hitler inoltre anticipò la politica economica moderna… riconoscendo che un rapido approccio alla piena occupazione era possibile soltanto se combinato con il controllo dei prezzi e dei salari. Che una nazione oppressa dal timore economico risponda a Hitler come gli americani hanno fatto con F.D.R. non è sorprendente.
Una delle realizzazioni di cui Hitler era più fiero fu la costruzione del sistema nazionale di autobahn, un enorme progetto di opera pubblica socialista che infine si trasformerà nel modello per il sistema di autostrada inter-stato negli Stati Uniti.

Nell'ultima parte dei '30, molti tedeschi avevano la stessa percezione di Hitler che molti americani avevano di Roosevelt. Onestamente credevano che Hitler stesse portando la Germania fuori dalla Depressione. Per la prima volta dal Trattato di Versailles, il trattato che aveva concluso la Prima Guerra Mondiale con umilianti condizioni per la Germania, il popolo tedesco stava riguadagnando un senso di orgoglio per sé stesso e per la sua nazione e rendeva merito alla direzione forte di Hitler in tempi di profonda crisi nazionale.

Toland precisa nella sua biografia di Hitler che i tedeschi non erano gli unici ad aver ammirato Hitler durante gli anni '30:
Churchill spese una volta un riluttante complimento per il Führer in una lettera al Times: “Ho sempre detto di aver sperato che, se la Gran Bretagna fosse stata battuta in una guerra, avremmo dovuto trovare un Hitler capace di condurci nuovamente al nostro legittimo posto fra le nazioni.”
Hitler credeva fortemente nel servizio nazionale, particolarmente per i giovani tedeschi. Quello era il senso della Gioventù di Hitler: inculcare nei giovani la nozione che avevano il dovere di dedicare almeno una parte delle loro vite alla società. Era un'idea che risuonava anche nell'atmosfera collettivista che stava pervadendo gli Stati Uniti durante gli anni '30.

Hitler e l'anti-semitismo

Mentre i funzionari degli Stati Uniti oggi non cessano mai di ricordarci che Hitler era il diavolo incarnato, la domanda è: era così facilmente riconosciuto come tale durante gli anni '30, non solo dai cittadini tedeschi ma anche dagli altri popoli del mondo, particolarmente coloro che credevano nell'idea di un capo politico forte in tempo di crisi? Tenete presente che mentre Hitler ed i suoi gruppi aggredivano, abusavano e periodicamente arrestavano gli ebrei tedeschi mentre gli anni '30 progredivano, culminando nella Kristallnacht, “la notte dei cristalli”, quando decine di migliaia di ebrei sono stati picchiati e portati ai campi di concentramento, questa non era esattamente il tipo di cosa che destava grande oltraggio morale fra i funzionari degli Stati Uniti, molti dei quali nutrivano essi stessi un forte anti-semitismo.

Per esempio, quando Hitler offrì agli ebrei tedeschi il permesso di lasciare la Germania, il governo degli Stati Uniti usò i controlli dell'immigrazione per impedir loro di immigrare qui. Infatti, come Arthur D. Morse ha precisato nel suo libro While Six Million Died: A Chronicle of American Apathy, cinque giorni dopo la Kristallnacht, che avvenne nel novembre del 1938, ad una conferenza stampa della Casa Bianca, un reporter domandò a Roosevelt, “raccomandereste un rilassamento delle nostre limitazioni all'immigrazione in modo che i rifugiati ebrei possano essere accolti in questo paese?” Il presidente rispose, “questo non è contemplato. Noi abbiamo il sistema di quote.”

Non dimentichiamo anche l'infame “viaggio dei dannati” del 1939 (cioè, dopo la Kristallnacht), quando i funzionari degli Stati Uniti rifiutarono agli ebrei tedeschi il permesso di sbarcare dalla nave tedesca SS St. Louis al porto di Miami, sapendo che sarebbero stati riportati nelle grinfie di Hitler nella Germania nazista.

(Il Museo dell'Oolocausto a Washington, a suo credito, ha un'eccellente mostra sull'indifferenza del governo degli Stati Uniti per la difficile situazione degli ebrei sotto il controllo di Hitler, un periodo oscuro nella storia americana di cui troppi americani non vengono mai a conoscenza durante la loro istruzione alla scuola pubblica. Vedete anche il mio articolo su Freedom Daily del giugno 1991 “Locking Out the Immigrant”.)

Esaminate questo interessante sito, che dettaglia una descrizione pittorica molto piacevole della sede estiva di Hitler in Baviera, pubblicata da una prominente rivista inglese chiamata Home and Gardens nel novembre 1938. Ora chiedetevi: se fosse stato così evidente che Hitler era il diavolo incarnato durante gli anni '30, avrebbe mai messo a rischio il suo pubblico una prominente rivista inglese pubblicando un simile profilo? E non dimentichiamoci anche che fu la Germania di Hitler ad ospitare le Olimpiadi mondiali del 1936, giochi a cui gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e molti altri paesi parteciparono. Chiedetevi: perché l'avrebbero fatto?

La Grande Depressione non fu l'unico fattore a spingere la gente a sostenere Hitler. C'era anche il timore sempre presente del comunismo fra il popolo tedesco. Infatti, si potrebbe dire che, durante gli anni '30, la Germania stesse affrontando lo stesso tipo di guerra fredda contro l'Unione Sovietica che gli Stati Uniti hanno affrontato tra il 1945 ed il 1989. Da quando il caos della Prima Guerra Mondiale aveva dato il via alla rivoluzione russa, la Germania aveva affrontato la seria possibilità di essere sopraffatta dai comunisti (una minaccia diventata realtà per i tedeschi orientali alla conclusione della Seconda Guerra Mondiale). Era una minaccia che Hitler, come i successivi presidenti americani, usò come giustificazione per la spesa sempre crescente nel complesso militar-industriale. Il perenne pericolo del comunismo sovietico condusse molti tedeschi al supporto del loro governo, proprio come più tardi mosse molti americani a sostenere il grande governo ed un forte complesso militar-industriale nel loro paese durante la guerra fredda.

La guerra di Hitler contro il terrorismo

Uno dei più dammatici eventi nella storia tedesca accadde poco dopo la presa del potere di Hitler. Il 27 febbraio 1933, in quello che facilmente potrebbe essere chiamato l'attacco terroristico del 11/9 di quel tempo, i terroristi tedeschi dettero fuoco al palazzo del Parlamento tedesco. Non dovrebbe sorprendere nessuno che Adolf Hitler, uno dei capi politici più forti della storia, abbia dichiarato guerra al terrorismo ed abbia chiesto al Parlamento tedesco (il Reichstag) di dargli i poteri provvisori di emergenza per combattere i terroristi. Sostenendo appassionatamente che tali poteri erano necessari per proteggere la libertà ed il benessere del popolo tedesco, Hitler persuase i legislatori tedeschi a dargli i poteri di emergenza necessari per affrontare la crisi terroristica. Quello che diventò noto come Decreto dei Pieni Poteri, permise ad Hitler di sospendere le libertà civili “temporaneamente”, cioè fino a che la crisi non fosse passata. Non sorprendentemente, tuttavia, la minaccia di terrorismo non è mai cessata ed i poteri d'emergenza “provvisori” di Hitler, che furono rinnovati periodicamente dal Reichstag, erano ancora in vigore quando si tolse la vita circa 12 anni più tardi.

È così sorprendente che gli ordinari cittadini tedeschi fossero disposti a sostenere la sospensione delle libertà civili da parte del loro governo in risposta alla minaccia del
terrorismo, particolarmente dopo che l'attacco terroristico al Reichstag?

Durante gli anni '30, gli Stati Uniti affrontarono la Grande Depressione e molti americani erano disposti a concedere l'assunzione da parte di Roosevelt di ampi poteri d'emergenza, compreso il potere di controllare l'attività economica ed anche di nazionalizzare e confiscare l'oro della gente.

Durante la guerra fredda, il timore del comunismo indusse gli americani a consentire al loro governo di raccogliere enormi quantità di imposte sul reddito per costituire un fondo per il complesso militar-industriale ed a lasciare che i funzionari degli Stati Uniti mandassero alla morte più di 100.000 soldati americani nelle guerre non dichiarate in Corea e nel Vietnam.

Dagli attacchi del 11/9, gli americani sono stati più che disposti a lasciare che il loro governo infrangesse vitali libertà civili, compreso l'habeas corpus, che coinvolgesse la nazione in una guerra contro l'Iraq non dichiarata e non provocata, e che spendesse importi sempre crescenti di denaro nel complesso militar-industriale, tutto in nome della “guerra al terrorismo.”

Le crisi contro la libertà

Mentre il popolo americano ha affrontato queste tre crisi – la Grande Depressione, la minaccia comunista e la guerra al terrorismo – in tre momenti separati, durante il regime di Hitler il popolo tedesco affrontò le stesse tre crisi tutte all'interno di un breve periodo di tempo. Considerato questo, perchè sorprendersi se molti tedeschi furono attratti al sostegno del loro governo proprio come altrettanti americani sono stati attratti verso il sostegno del loro governo durante ciascuna di quelle crisi?

Anche Sophie Scholl e suo fratello Hans si unirono ardentemente alla Gioventù di Hitler quando erano alle superiori. Nell'ambiente di crisi sempre crescente degli anni '30, milioni di altri tedeschi ordinari finirono per sostenere il loro governo, entusiasticamente incoraggiando i loro capi, appoggiando le loro politiche e mandando i loro bambini nel servizio nazionale e guardando dall'altra parte quando il governo diventò abusivo. Fra il pochi che resistessero c'erano Robert e Magdalena Scholl, i genitori di Hans e di Sophie, che aprirono gradualmente le menti dei loro figli alla verità.

Le tre crisi principali affrontate dalla Germania negli anni '30 – depressione economica, comunismo e terrorismo – impallidiscono fino ad una relativa insignificanza paragonate alla crisi che la Germania affrontò durante gli anni '40: la Seconda Guerra Mondiale, la crisi che minacciò, almeno nelle menti di Hitler e dei suoi compari, l'esistenza stessa della Germania. Il fatto che Hans e Sophie Scholl ed altri studenti tedeschi cominciarono a far circolare gli opuscoli che invitavano i tedeschi ad opporsi al loro governo nel bel mezzo di una grande guerra, mentre i soldati tedeschi stavano morendo su due fronti, rende la storia della Rosa bianca ancor più notevole e forse anche un po' scomoda per alcuni americani.

La parte più notevole del film Sophie Scholl - Gli ultimi giorni è la scena dell'aula di tribunale, basata sugli archivi tedeschi recentemente scoperti. Sophie ed il suo fratello Hans, con il loro amico Christoph Probst, stanno in piedi davanti all'infame Roland Freisler, il giudice che presiedeva il Tribunale del Popolo, che Hitler aveva inviato immediatamente a Monaco di Baviera dopo l'arresto da parte della Gestapo degli Scholl e di Probst.

Il Tribunale del Popolo era stata stabilito da Hitler come componente della guerra del governo contro il terrorismo dopo l'incendio del Parlamento tedesco. Seccato dall'indipendenza dell'ordinamento giudiziario nei processi ai terroristi sospettati dell'attacco al Reichstag, Hitler aveva installato il Tribunale del Popolo per accertarsi che terroristi e traditori ricevessero verdetti e punizioni “adeguati”. Gli atti giudiziari vennero condotti nel segreto per motivi di sicurezza nazionale, motivo addotto da Freisler per espellere i genitori di Sophie e Hans dall'aula di tribunale quando provarono ad entrare.

Al processo, Freisler si scagliò contro i tre giovani di fronte a lui, accusandoli di essere traditori ingrati per essersi opposti al loro governo nel mezzo di una guerra. La sua invettiva centrò il perché del sostegno a Hitler da parte di molti tedeschi durante la Seconda Guerra Mondiale.

Dalle elementari nelle scuole pubbliche (cioè, di governo), veniva inculcato nei bambini tedeschi il concetto che, durante i periodi di guerra, fosse dovere di ogni tedesco offrire il proprio supporto al paese, che, nelle menti dei funzionari tedeschi, era sinonimo del governo tedesco. Una volta che una guerra fosse cominciata, il tempo per discutere e dibattere era finito, almeno fino alla fine della guerra. L'opposizione alla guerra avrebbe demoralizzato le truppe, si diceva, e di conseguenza sabotato lo sforzo bellico. Opporsi al governo (ed alle truppe) in tempo di guerra era quindi considerato tradimento.

Tenete presente che quando gli Scholl furono presi mentre distribuivano i loro opuscoli pacifisti ed anti-governativi – nel 1943 – la Germania stava combattendo una guerra per la sopravvivenza su due fronti: sul fronte orientale contro l'Unione Sovietica e su quello occidentale contro la Gran-Bretagna e gli Stati Uniti. Migliaia di soldati tedeschi stavano morendo sul campo di battaglia, specialmente in Unione Sovietica. Che acconsentisse con lo sforzo bellico o no, ci si aspettava che il popolo tedesco sostenesse le truppe, che significava sostenere lo sforzo bellico.

Menzogne e guerre di aggressione

Si potrebbe obiettare che, poiché la Germania era l'aggressore nel conflitto, il popolo tedesco avrebbe dovuto rifiutare di sostenere la guerra. Questa obiezione, tuttavia, ignora un punto importante: che nelle menti di molti tedeschi, la Germania non era l'aggressore nella Seconda Guerra Mondiale ma piuttosto la nazione che si difendeva. Dopo tutto, questo era stato detto loro dai funzionari del governo.

Una nazione aggredente cercherà inevitabilmente di manipolare gli eventi in modo da apparire come la nazione vittima, la nazione che sta difendendosi contro un'aggressione. In questo modo, i funzionari del governo possono dire alla cittadinanza, “siamo innocenti! Stavamo solo occupandoci dei nostri affari quando la nostra nazione è stata attaccata.” Naturalmente, la cittadinanza può allora supporre che niente poteva esser fatto per impedire la guerra e sarà più disposta a difendere la propria nazione contro gli attaccanti.

Questo è esattamente ciò che accadde nell'invasione tedesca della Polonia, che provocò la seconda guerra mondiale. Dopo diverse settimane in cui le tensioni fra le due nazioni si accentuarono, i soldati tedeschi sul confine polacco-tedesco furono attaccati dalle truppe polacche. Hitler seguì il copione classico annunciando drammaticamente che la Germania era stata attaccata dalla Polonia, costringendo la Germania a difendersi con un contrattacco e un'invasione della Polonia.

C'era un grande problema, però – di cui il popolo tedesco era ignaro: le truppe polacche che avevano eseguito l'attacco erano in realtà truppe tedesche vestite con uniformi polacche. In altre parole, i funzionari tedeschi mentirono sulla causa della guerra.

Ora, alcuni potrebbero sostenere che i tedeschi non avrebbero dovuto credere automaticamente ad Hitler, specialmente sapendo che attraverso la storia i capi avevano sempre mentito sulle questioni concernenti la guerra. Ma i tedeschi decisero di avere il diritto ed il dovere di riporre la loro fiducia nei loro funzionari di governo. Dopo tutto, pensarono i tedeschi, i loro funzionari di governo avevano accesso ad informazioni che il popolo non conosceva. Molti tedeschi ritennero che il loro governo non avrebbe mai mentito loro su una questione importante come la guerra.

Inoltre, tenete presente che sotto il sistema nazista il solo Hitler aveva la prerogativa di decidere se far entrare la nazione in guerra. Mentre poteva consultarsi con il Reichstag o informarlo dei suoi programmi, non aveva bisogno del suo consenso per dichiarare ed intraprendere la guerra contro un'altra nazione. Lui – e lui soltanto – aveva il potere di decidere se andare a fare la guerra. Di conseguenza, dato che Hitler non era tenuto ad ottenere una dichiarazione di guerra da parte dal Reichstag prima di andare alla guerra contro la Polonia, non c'era modo nella realtà di esaminare se le sue recriminazioni di un attacco polacco fossero effettivamente vere.

Dopo il “contrattacco” tedesco contro la Polonia, l'Inghilterra e la Francia dichiararono guerra alla Germania (curiosamente, né l'uno né l'altro paese dichiarò guerra all'Unione Sovietica, che a sua volta invase la Polonia poco dopo la Germania). Così, nelle menti del popolo tedesco, l'Inghilterra e la Francia accorrevano in soccorso dell'aggressore – la Polonia – costringendo la Germania a difendersi contro tutte e tre le nazioni.

Lealtà ed obbedienza agli ordini

Anche dai soldati tedeschi, naturalmente, ci si attendeva che facessero il loro dovere e seguissero gli ordini del loro comandante in capo. Sotto il sistema tedesco, non era compito del singolo soldato formarsi un proprio giudizio indipendente su chi fosse l'aggressore nel conflitto o se Hitler avesse mentito sui motivi per andare in guerra. Quindi, i soldati tedeschi, sia protestanti che cattolici, capirono che potevano uccidere i soldati polacchi con una coscienza pulita perché, ancora, non spettava al singolo soldato decidere della giustizia della guerra. Poteva affidarsi per quella decisione ai suoi ufficiali superiori e ai suoi capi politici e semplicemente supporre che l'ordine di invadere fosse giustificato moralmente e legalmente.

Una volta che le truppe furono impegnate in battaglia, la maggior parte dei civili tedeschi compresero il loro dovere – sostenere le truppe che ora stavano combattendo e morendo sul campo di battaglia per il loro paese, per la madrepatria. Il momento per dibattere e discutere delle cause della guerra avrebbe dovuto attendere fino alla fine del conflitto. Quello che importava, una volta che la guerra era cominciata, era di vincerla.

Hermann Goering, fondatore della Gestapo, spiegò la strategia:
Perchè, naturalmente, il popolo non desidera la guerra…. Perchè un certo povero zotico in un podere dovrebbe desiderare di rischiare la sua vita in guerra quando ila cosa migliore che può uscirne è di ritornare al suo podere in un pezzo solo? Naturalmente, la gente comune non desidera la guerra; né in Russia né in Inghilterra né in America, nemmeno in Germania. Questo è comprensibile. Ma, dopo tutto, sono i capi del paese che determinano la politica ed è sempre una cosa facile trascinare la gente, che sia una democrazia o una dittatura fascista o un parlamento o un dittatura comunista….

Detto o non detto, il popolo può sempre essere piegato alle richieste dei capi. È facile. Tutto ciò che dovete fare è di dir loro che sono stati attaccati e denunciare i pacifisti per mancanza di patriottismo e per esporre il paese al pericolo. Funziona allo stesso modo in ogni paese.

Riconoscere ed opporsi al male

Alcuni potrebbero sostenere che i tedeschi, diversamente dalla gente in altre nazioni, non avrebbero dovuto fidarsi né sostenere i loro funzionari di governo durante la guerra perché era evidente che Hitler ed i suoi scagnozzi erano malvagi. Il problema con questo argomento, tuttavia, è che durante gli anni '30 molti tedeschi e molti stranieri non erano giunti automaticamente alla conclusione che Hitler fosse malvagio. Al contrario, abbiamo visto nella prima parte di questo articolo, molti di loro vedevano che Hitler esercitava lo stesso genere di direzione forte che Franklin Roosevelt stava esercitando per tirare fuori gli Stati Uniti dalla Grande Depressione e, in effetti, che metteva in atto molti programmi dello stesso genere di quelli che Roosevelt stava mettendo in atto negli Stati Uniti (per approfondire questo punto, vedete l'eccellente libro pubblicato l'anno scorso Three New Deals: Reflections on Roosevelt’s America, Mussolini’s Italy, and Hitler’s Germany, 1933-1939, di Wolfgang Schivelbusch).

Ancora, mentre è vero che durante gli anni '30 Hitler perseguitava, abusava e maltrattava gli ebrei tedeschi, molta gente dappertutto non se ne preoccupava, perché l'anti-semitismo non era limitato alla Germania ma al contrario si estendeva a molte parti del globo.

Non dimentichiamo, ad esempio, come l'amministrazione Roosevelt usò il controllo dell'immigrazione per impedire agli ebrei tedeschi di immigrare negli Stati Uniti.

Persino fino al 1938 i funzionari degli Stati Uniti si rifiutarono di lasciare che gli ebrei tedeschi sbarcassero al porto di Miami dalla SS St. Louis, pur sapendo che sarebbero stati riportati nella Germania di Hitler.

Anche dopo lo scoppio della guerra, quando la gravità della minaccia nazista contro gli ebrei salì alle stelle, il labirinto costantemente variabile delle regole di immigrazione degli Stati Uniti impedì ad Anne Frank ed alla sua famiglia, così come a molte altre famiglie ebree, di emigrare negli Stati Uniti.

Qualcuno potrebbe dire che il popolo tedesco avrebbe dovuto cessare di sostenere il suo governo una volta cominciato l'olocausto. Ci sono due grossi problemi con questo argomento, tuttavia. Primo, i tedeschi non sapevano cosa stava succedendo nei campi e, secondo, non lo volevano sapere. Dopo tutto, i campi di sterminio e l'olocausto non furono stabiliti fino a quando la guerra non era ormai ben avviata e il potere di Hitler sul popolo tedesco assoluto, e brutale.

Come poteva sapere il tedesco medio quello che stava accadendo all'interno dei campi di sterminio? Supponete che un tedesco camminasse fino ad un campo di concentramento, battesse sui cancelli e chiedesse, “ho sentito che state facendo delle cose cattive alla gente dentro questo campo. Vorrei entrare e controllare i locali.” Quale pensate che sarebbe stata la risposta? Molto probabilmente, sarebbe stato invitato all'interno del complesso, come ospite permanente con un'aspettativa di vita molto ridotta.

Dopo tutto, quale governo permetterebbe ai propri cittadini di conoscere le sue operazioni più segrete, specialmente in tempo di guerra? Neppure il governo degli Stati Uniti lo fa.

Per esempio, cosa pensate che accadrebbe se un cittadino americano oggi scoprisse la posizione di una delle basi segrete di detenzione della CIA oltremare e bussasse alla porta principale, dicendo, “voci dicono che qui state torturando la gente. Vorrei entrare e controllare i locali per vedere se quelle voci sono vere.”

Onestamente, c'è qualcuno che pensa che la CIA lasciarebbe entrare quella persona all'interno di quelle basi super-segrete? Ora, immaginate una situazione in cui gli Stati Uniti stanno combattimento una grande guerra per la propria sopravvivenza contro per esempio la Cina da un lato e un'alleanza dei paesi del Medio Oriente dall'altro. Supponete inoltre che gli Stati Uniti siano quasi certi di perdere la guerra e che le truppe straniere lentamente ma inesorabilmente stiano avvicinandosi al presidente degli Stati Uniti ed al suo consiglio. Quali sono le probabilità che la CIA permetta ad un cittadino americano di controllare l'interno dei suoi campi di prigionia in tali circostanze? Effettivamente, quali sono le probabilità che un qualsiasi americano faccia una tal richiesta in quelle circostanze?

La maggior parte dei tedeschi non volevano sapere cosa stava accendendo all'interno dei campi di concentramento. Se avessero saputo che brutte cose stavano accadendo, la loro coscienza avrebbe potuto cominciare a importunarli, avrebbe potuto spingerli ad agire per far cessare le violazioni, cosa che sarebbe potuta risultare pericolosa. Era più facile – e più sicuro – guardare dall'altra parte e semplicemente affidare tali importanti questioni ai loro funzionari di governo. In questo modo, credevano, il governo, piuttosto che il singolo cittadino, avrebbe sopportato le conseguenze legali e morali per gli atti illegali che stava commettendo segretamente.

Naturalmente, i funzionari di governo incoraggiarono questo atteggiamento di cosciente indifferenza. Non interessarti di queste cose, suggeriva; lascia che ce ne occupiamo noi – dopo tutto, siamo in guerra e queste sono cose che è meglio lasciare ai vostri funzionari di governo.

Senza dubbio quando ormai la Seconda Guerra Mondiale era in corso alcuni tedeschi pensarono che il momento giusto per protestare era stato durante gli anni '30, quando i tedeschi cercavano un “uomo forte” che li tirasse fuori dalle “crisi” e dalle “emergenze,” e quando le proteste contro il governo erano molto meno pericolose.

Patriottismo e coraggio

Tutto ciò, ovviamente, pone Hans e Sophie Scholl e gli altri membri della Rosa Bianca in una luce notevole, una luce che potrebbe causare disagio anche a molti americani. Dopo tutto, è facile per un americano guardare alla Germania nazista dalla prospettiva di uno straniero e di chi ha il beneficio della conoscenza storica, particolarmente circa l'olocausto. La domanda interessante, tuttavia, è cosa gli americani avrebbero fatto se fossero stati cittadini tedeschi durante la Seconda Guerra Mondiale? Si sarebbero opposti al loro governo, come i membri della Rosa Bianca, o lo avrebbero sostenuto, in special modo sapendo che le truppe stavano combattendo e morendo sul campo di battaglia?

In uno dei loro opuscoli, i membri della Rosa bianca scrissero, “noi siamo la vostra cattiva coscienza.” Chiedevano ai tedeschi di elevarsi oltre il vecchio, degenerato concetto di patriottismo che ha impone di sostenere ciecamente il governo in tempo di guerra. Chiedevano ai soldati tedeschi di elevarsi oltre il vecchio, degenerato concetto di obbedienza cieca agli ordini. Chiedevano ai tedeschi di confrontare apertamente le voci che parlavano di cosa i funzionari tedeschi stessero facendo agli ebrei negli campi di concentramento. Chiedevano ai cittadini tedeschi, sia civili che militari, di esprimere un giudizio indipendente sia sul regime di Hitler che sulla guerra, di giudicare sia il governo che la guerra come immorale e illegittimo e di prendere le misure necessarie per mettere un freno ad entrambi.

Chiedevano ai tedeschi di abbracciare un concetto diverso e più alto di patriottismo – uno che implicava una devozione ad un insieme di principi e di valori morali piuttosto che la cieca lealtà al suo governo in tempo di guerra. Un tipo di patriottismo che implicava l'opposizione al proprio governo, specialmente in tempo di guerra, quando il governo è impegnato in azioni che violano i principi e i valori morali.

La storia della Rosa Bianca è una delle storie di coraggio più notevoli nella storia. Al processo, Christoph Probst chiese a Freisler di risparmiare la sua vita, una richiesta comprensibile poiché sua moglie aveva da poco dato alla luce il loro terzo bambino. Né Sophie né suo fratello Hans si tirarono indietro. Sophie disse senza mezzi termini a Friesler che la guerra era persa e che i soldati tedeschi si stavano sacrificando per niente, una dichiarazione che, dagli sguardi sulle facce delle gerarchie militari che assistevano al processo nel film, per un attimo colpì nel segno. Disse che un giorno Freisler ed i suoi pari si sarebbero seduti al posto dell'accusato, e sarebbero stati giudicati da altri per i loro crimini. Senza mezzi termini gli disse, “qualcuno, dopo tutto, doveva fare un inizio. Quello che abbiamo scritto e detto lo credono anche molti altri. Solo, non osano esprimerlo come abbiamo fatto noi.”

Freisler emise rapidamente il verdetto preordinato – colpevoli – e condannò gli accusati a morte, sentenza che fu effettuata alla ghigliottina tre giorni dopo il loro arresto. Dopo tutto, come Freisler dichiarò, Hans e Sophie Scholl ed il loro amico Christoph Probst si erano opposti al loro governo in tempo di guerra. Nella mente di Freisler – effettivamente, nella mente di molti tedeschi – quale prova migliore di tradimento poteva esserci?

Ingegneri e pianificatori

Questo saggio pubblicato da Mises.org è un estratto da The Counter-Revolution of Science, pp. 94–102. (Scarica il pdf.)
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Di


L'ingegnere

L'ideale di un controllo cosciente dei fenomeni sociali ha fatto sentire al massimo grado la sua influenza in campo economico. Le radici dell'attuale popolarità della “pianificazione economica” sono direttamente rintracciabili nella prevalenza delle idee scientiste di cui abbiamo discusso. Dato che in questo campo tali ideali scientisti si manifestano nelle particolari forme che prendono nelle mani dello scienziato applicato e specialmente dell'ingegnere, sarà conveniente integrare la discussione su questa influenza con un esame degli ideali caratteristici degli ingegneri.

Vedremo che l'influenza del loro metodo tecnologico, del punto di vista ingegneristico, nelle opinioni correnti sui problemi dell'organizzazione sociale, è molto più grande di quanto generalmente si percepisca. La maggior parte degli schemi per una completa trasformazione della società, dalle prime utopie al socialismo moderno, portano effettivamente il segno distintivo di questa influenza.

In anni recenti questo desiderio di applicare la tecnica ingegneristica alla soluzione dei problemi sociali è diventato molto esplicito; [1] “ingegneria politica” e “ingegneria sociale” sono diventati slogan alla moda tanto caratteristici della mentalità della generazione attuale quanto la sua predilezione per il controllo “cosciente”; in Russia persino gli artisti sembrano vantarsi della definizione “ingegneri dell'anima,” imposta loro da Stalin. Queste frasi suggeriscono una tale confusione sulle differenze fondamentali fra il lavoro di un ingegnere e quello di organizzazioni sociali su più vasta scala da spingerci ad analizzare il loro carattere in modo più completo.

Dobbiamo limitarci qui a poche caratteristiche salienti degli specifici problemi che l'esperienza professionale dell'ingegnere fa emergere costantemente e che determinano la sua mentalità. Il primo è che le sue mansioni caratteristiche sono solitamente in se stesse complete: si preoccuperà di un singolo fine, controllerà tutti gli sforzi orientati verso questo fine e disporrà delle risorse comprese in una scorta definitivamente data. È come conseguenza di questo che la principale caratteristica della sua procedura diventa possibile, vale a dire che, almeno in linea di principio, tutte le parti del complesso delle operazioni è preformata nella mente dell'ingegnere prima di cominciare, che tutti i “dati” sui quali il suo lavoro è basato sono stati inseriti esplicitamente nei suoi calcoli preliminari e sono stati condensati nel “modello” che governa l'esecuzione dell'intero progetto. [2] [3]

L'ingegnere, in altre parole, ha il controllo completo del piccolo mondo particolare di cui è interessato, lo esamina in tutti i suoi aspetti rilevanti e deve occuparsi soltanto di “quantità conosciute.” Finché è in gioco la soluzione del suo problema di ingegneria, non partecipa ad un processo sociale in cui altri possono prendere decisioni indipendenti, ma vive in un mondo separato dai suoi simili. L'applicazione della tecnica di cui ha padronanza, delle generiche regole che gli sono state insegnate, presuppone effettivamente tale conoscenza completa dei fatti obiettivi; quelle regole si riferiscono a proprietà obbiettive delle cose e possono essere applicate solo dopo che tutte le circostanze particolari di tempo e luogo sono state assemblate e sottoposte al controllo di un singolo cervello.

La sua tecnica, in altre parole, si riferisce alle situazioni tipiche, definite in termini di fatti obiettivi, non al problema di come scoprire quali risorse sono disponibili o di cos'è l'importanza relativa di bisogni differenti. È stato addestrato alle possibilità obiettive, indipendentemente dagli stati particolari di tempo e luogo, alla conoscenza di quelle proprietà delle cose che rimangono sempre uguali dappertutto e che possiedono indipendentemente da una particolare situazione umana.

È tuttavia importante osservare che il punto di vista dell'ingegnere sul suo lavoro come completo in sé è in una certa misura un'illusione. È in una posizione in una società competitiva di trattarla come tale perché può tenere in considerazione quell'assistenza della società nel suo insieme sulla quale conta come su uno dei suoi dati, come datogli senza doversene preoccupare. Che possa comprare a un dato prezzo i materiali ed i servizi umani di cui ha bisogno, che se paga i suoi uomini questi potranno procurarsi da mangiare e provvedere ad altre necessità, sono cose che solitamente prenderà per garantite. È basando i suoi piani sui dati offertigli dal mercato che essi vengono compresi nel più vasto complesso delle attività sociali; ed è perché non si deve interessare di come il mercato gli fornisce ciò di cui ha bisogno che può trattare il suo lavoro come autonomo. A condizione che i prezzi di mercato non cambino inaspettatamente li usa come guida nei suoi calcoli senza riflettere molto sulla loro importanza.

Ma, benché sia costretto a prenderle in considerazione, non sono proprietà delle cose dello stesso genere di quelle che lui capisce. Sono attributi non obiettivi delle cose ma riflessioni su una particolare situazione umana in un dato momento e luogo. E poiché la sua conoscenza non spiega perchè si verificano quei cambiamenti di prezzi che interferiscono spesso con i suoi programmi, qualsiasi interferenza pare a lui dovuta (cioè, non coscientemente diretta) a forze irrazionali e si risente della necessità di prestare attenzione a grandezze che gli appaiono insignificanti. Quindi ecco la caratteristica e ricorrente domanda per la sostituzione del calcolo in natura [4] con il calcolo “artificiale” in termini di prezzo o di valore, di un calcolo cioè che tenga esplicito conto delle proprietà obbiettive delle cose.

L'ideale che l'ingegnere si sente impedito da forze economiche “irrazionali” di realizzare, basato sul suo studio delle proprietà obbiettive delle cose, è solitamente un certo optimum puramente tecnico di validità universale. Vede raramente che la sua preferenza per questi metodi particolari è soltanto un risultato del tipo di problema che il più delle volte ha da risolvere ed è giustificata soltanto in particolari posizioni sociali. Poiché il problema più comune che il costruttore di macchine incontra è estrarre dalle risorse date il massimo della forza, con il macchinario da usare come variabile sotto il suo controllo, questa utilizzazione massima di forza è considerata come un ideale assoluto, un valore in sé. [5]

Ma non c'è, naturalmente, alcun merito speciale nell'economizzare uno dei molti fattori che limitano il possibile successo, a scapito di altri. L'“optimum tecnico” dell'ingegnere risulta frequentemente essere soltanto quel metodo che sarebbe desiderabile adottare se la scorta di capitale fosse illimitata, o se il tasso di interesse fosse zero, che effettivamente sarebbe una posizione in cui punteremmo sul più alto tasso possibile di trasformazione di input corrente in output corrente. Ma trattare questo come un obiettivo immediato significa dimenticarsi che un tale condizione può essere raggiunta soltanto deviando a lungo le risorse che si desidera soddisfino i bisogni correnti della produzione di attrezzature. In altre parole l'ideale dell'ingegnere è basato sull'ignoranza del fatto economico fondamentale che determina la nostra posizione qui ed ora: la scarsità di capitale.

Il tasso di interesse è, naturalmente, solo uno, benché il meno compreso e quindi quello che suscita maggior antipatia, di quei prezzi che fungono da guide impersonali a cui l'ingegnere deve sottostare se i suoi programmi vanno inseri nella rete di attività della società nel suo insieme, e contro la limitazione dei quali si tormenta perché rappresentano forze di cui non capisce la spiegazione razionale. È uno di quei simboli in cui il complesso di tutta la conoscenza e dei desideri umani è automaticamente (non senza errori, comunque) registrato ed al quale l'individuo deve prestare attenzione se desidera mantenersi al passo con il resto del sistema. Se dovesse, invece di usare queste informazioni nella forma ridotta in cui gli sono trasmesse attraverso il sistema dei prezzi, provare in ogni caso a risalire ai fatti obiettivi e prenderli coscientemente in considerazione, questo sarebbe per dispensarlo dal metodo che gli rende possibile limitarsi alle circostanze immediate e sostituirlo con un metodo che richiede che tutta questa conoscenza sia raccolta in un centro ed inserita esplicitamente e coscientemente in un programma unitario. L'applicazione della tecnica ingegneristica all'intera società richiede effettivamente che il direttore possieda la stessa conoscenza totale della società intera che l'ingegnere possiede del suo mondo limitato. La progettazione economica centrale non è altro che una tale applicazione dei principi di ingegneria sull'intera società basata sul presupposto che in questo modo la completa concentrazione di tutta la sua conoscenza sia possibile.[6]

Il mercante

Prima di procedere a considerare l'importanza di questa concezione di un'organizzazione razionale della società, sarà utile completare l'abbozzo della mentalità tipica dell'ingegnere con un abbozzo ancora più breve delle funzioni del mercante o del commerciante. Questo non solo deluciderà ulteriormente la natura del problema dell'utilizzazione della conoscenza dispersa fra molte persone, ma contribuisce inoltre a spiegare l'avversione che non solo l'ingegnere, ma la nostra generazione tutta mostra per ogni attività commerciale e la generale preferenza che è accordata oggi alla “produzione” rispetto ad attività definite, confondendo alquanto, come “distribuzione.”

Rispetto al lavoro dell'ingegnere, quello del commerciante è, in un senso, molto più “sociale,” cioè intrecciato con le libere attività delle persone. Egli rende possibile un passo in avanti verso la soddisfazione ora di un fine, ora di un altro, e difficilmente si preoccuperà mai dell'intero processo che serve un'esigenza finale. Ciò che lo interessa non è il raggiungimento di un particolare risultato finale dell'intero processo a cui partecipa, ma il migliore uso dei particolari mezzi di sua conoscenza.

La sua speciale conoscenza è quasi interamente la conoscenza delle circostanze particolari di tempo o luogo o, forse, una tecnica di accertamento di quelle circostanze in un dato campo. Ma benchè questa conoscenza non sia di un genere che può essere formulato nelle proposte generiche o acquistato una volta per tutte, e comunque, in un'era scientifica, è per quel motivo considerata come conoscenza di un genere inferiore, è per ogni scopo pratico meno importante della conoscenza scientifica.

E mentre è forse immaginabile che ogni conoscenza teorica potrebbe essere raccolta nelle teste di pochi esperti ed essere così messa a disposizione di una singola autorità centrale, è questa conoscenza del particolare, delle circostanze momentanee del momento e delle condizioni locali, che non esisterà mai in altro modo che dispersa fra molte persone. La conoscenza di quando un materiale o una macchina particolare possono essere utilizzati più efficacemente, o dove possono essere ottenuti più rapidamente o più economicamente, è abbastanza importante per la soluzione di un'operazione particolare quanto la conoscenza di quale sia il materiale o la macchina migliore per lo scopo. Il genere precedente di conoscenza ha poco a che fare con le proprietà permanenti di categorie di oggetti che l'ingegnere studia, ma è la conoscenza di una particolare situazione umana. Ed è come persona la cui funzione è di tenere conto di questi fatti che il commerciante entrerà costantemente in conflitto con gli ideali dell'ingegnere, con i cui programmi interferisce provocando quindi la sua avversione. [7]

Il problema di assicurare un uso efficiente delle nostre risorse è così in gran parte il problema di come questa conoscenza delle particolari circostanze del momento possa essere utilizzata al meglio; e il compito che impone al progettista di un ordine razionale della società è di trovare un metodo con cui questa conoscenza ampiamente dispersa possa essere raccolta nel modo migliore. Fa una Petitio Principii, come succede di solito, per descrivere questo compito come efficace utilizzo delle risorse “disponibili” per soddisfare i bisogni “esistenti”. Nè le risorse “disponibili” nè i bisogni “esistenti” sono fatti obbiettivi come quelli di cui l'ingegnere si occupa nel suo campo limitato: non possono mai essere direttamente conosciuti in tutti i dettagli rilevanti per un singolo corpo di progettazione. Le risorse ed i bisogni esistono per scopi pratici soltanto attraverso qualcuno che li conosca, e sarà conosciuto infinitamente di più da tutte le persone insieme di quanto può essere noto all'autorità competente. [8]

Il mercato

Una soluzione di successo non può quindi essere basata su di un'autorità che si occupa direttamente di fatti obbiettivi, ma dev'essere basata su un metodo di utilizzazione della conoscenza dispersa fra tutti i membri della società, conoscenza di cui in qualsiasi caso particolare l'autorità centrale non saprà solitamente né chi la possiede né se esista affatto. Non può quindi essere utilizzata coscientemente integrandola in un tutto coerente, ma soltanto attraverso un certo meccanismo che delegherà le particolari decisioni a coloro che la possiedono, e che per quello scopo li rifornirà di informazioni sulla situazione generale così come gli permetterà di fare il miglior uso delle sole circostanze particolari che conoscono.

Questa è precisamente la funzione che i vari “mercati” espletano. Benché ogni loro parte conosca soltanto un piccolo settore di tutte le possibili fonti di rifornimento o degli usi di un prodotto, tuttavia, direttamente o indirettamente, le parti sono così interconnesse che i prezzi registrano i risultati netti rilevanti di tutti i cambiamenti che interessino domanda od offerta. [9] È come uno strumento per la comunicazione a tutti gli interessati ad un particolare prodotto delle relative informazioni, in forma ridotta e condensata, poiché i mercati ed i prezzi devono essere visti se vogliamo capire la loro funzione. Aiutano ad utilizzare la conoscenza di molte persone senza il bisogno in primo luogo di raccoglierla in un singolo corpo e rendono quindi possibile quella combinazione di decentralizzazione delle decisioni e di aggiustamento reciproco di queste decisioni che troviamo in un sistema competitivo.

Nel puntare ad un risultato che deve essere basato, non su un singolo corpo di conoscenza integrata o di ragionamento collegato che il progettista possiede, ma sulla conoscenza separata di molte persone, l'operazione dell'organizzazione sociale differisce fondamentalmente da quella dell'organizzazione di risorse materiali date. Il fatto che nessuna mente può conoscere più di una frazione di ciò che è noto a tutte le menti individuali pone dei limiti a quanto la direzione cosciente può migliorare i risultati di processi sociali inconsci. L'uomo non ha progettato deliberatamente questo processo ed ha cominciato a capirlo soltanto molto tempo dopo che questo si fu sviluppato. Ma che qualcosa che non solo non fa affidamento sul controllo intenzionale per il proprio funzionamento, ma che neppure è stato progettato deliberatamente, potrebbe determinare risultati desiderabili, che non potremmo determinare in altro modo, è una conclusione che lo scienziato naturale sembra trovare difficile da accettare.

È perché le scienze morali tendono a mostrarci queste limitazioni al nostro controllo cosciente, laddove il progresso delle scienze naturali estende costantemente il suo campo, che lo scienziato naturale si trova così frequentemente in rivolta contro l'insegnamento delle scienze morali. L'economia, in particolare, dopo essere stata condannata per aver impiegato metodi diversi da quelli dello scienziato naturale, si trova doppiamente condannata perché sostiene di mostrare i limiti della tecnica con cui gli scienziati naturali estendono continuamente la nostra conquista e padronanza della natura.


Il pianificatore

È questo conflitto con un forte istinto umano, notevolmente rinforzato nella persona dello scienziato e dell'ingegnere, a rendere l'insegnamento delle scienze morali così poco apprezzato. Come Bertrand Russell ha ben descritto,
il piacere della costruzione pianificata è uno delle motivazioni più potenti negli uomini che uniscono l'intelligenza all'energia; qualsiasi cosa possa essere costruita secondo un piano, un tale uomo tenterà di costruirla… il desiderio di creare non è in sé idealistico poiché è una forma di amore del potere e, dato che il potere di creare esiste, ci saranno uomini desiderosi di usare questo potere anche se la natura, senza bisogno d'aiuto, fornisse un risultato migliore di quelli che possono essere determinati con una deliberata intenzione. [10]
Questa dichiarazione si trova, tuttavia, all'inizio di un capitolo significativamente intitolato “Società Create Artificialmente,” nel quale Russell stesso sembra sostenere queste tendenze argomentando che “nessuna società può essere considerata come completamente scientifica a meno che sia stata creata deliberatamente con una determinata struttura per compiere determinati scopi.” [11] Così come questa dichiarazione sarà compresa dalla maggior parte dei lettori, esprime brevemente quella filosofia scientista che per mezzo dei suoi promotori ha fatto di più per generare l'attuale tendenza verso il socialismo di tutti i conflitti fra interessi economici che, benché sollevino un problema, non indicano
necessariamente una particolare soluzione. Per la maggior parte delle guide intellettuali del movimento socialista, almeno, è probabilmente vero dire che sono socialisti perché il socialismo appare loro come A. Bebel, capo del movimento democratico sociale tedesco, lo definì sessant'anni fa, ovvero “scienza applicata in chiara consapevolezza e con completa comprensione di tutti i campi dell'attività umana.” [12]

La prova che il programma del socialismo realmente deriva da questo genere di filosofia scientista deve essere riservata a studi storici dettagliati. Attualmente la nostra preoccupazione è pricipalmente di mostrare in che misura l'errore intellettuale puro in questo campo può interessare profondamente tutti gli aspetti dell'umanità.

Quello che la gente così poco disposta a rinunciare a qualsiasi potere di controllo cosciente sembra non poter comprendere, è che questa rinuncia di potere cosciente, potere che deve sempre essere potere dell'uomo su altri uomini, è per la società nell'insieme soltanto una rassegnazione apparente, un'auto-negazione su cui gli individui sono invitati ad esercitarsi per aumentare i poteri della specie, per liberare la conoscenza e le energie degli innumerevoli individui che potrebbero non essere mai utilizzati in una società diretta coscientemente dall'alto. La grande sfortuna della nostra generazione è che la direzione che è stata data ai suoi interessi per mezzo dello stupefacente progresso delle scienze naturali non è una direzione che li aiuti nella comprensione del più grande processo di cui noi individui siamo soltanto una parte o nell'apprezzamento di come contribuiamo costantemente ad uno sforzo comune senza dirigerlo o obbedire ad ordini altrui. Vedere questo richiede un genere di sforzo intellettuale di un carattere diverso da quello necessario per il controllo delle cose materiali, uno sforzo in cui la formazione tradizionale in “studi umanistici” ha dato almeno una certa pratica, ma al quale i tipi ora predominanti di educazione sembrano preparare sempre meno.

Più la nostra civilizzazione tecnica avanza e più, quindi, lo studio delle cose come distinte dallo studio degli uomini e delle loro idee si qualifica per le posizioni più importanti ed influenti, e più significativo diventa il solco che separa due diversi tipi di mente: una rappresentata dall'uomo la cui ambizione suprema è di far girare il mondo attorno a lui in una enorme macchina, ogni cui parte, al suo premere un tasto, si muove secondo il suo disegno; e l'altro rappresentato dall'uomo il cui interesse principale è lo sviluppo della mente umana in tutte le sue funzioni, che nello studio della storia o della letteratura, dell'arte o della legge, ha imparato a vedere gli individui come componenti di un processo in cui il suo contributo non è diretto ma spontaneo e dove contribuisce alla creazione di qualcosa più grande di lui o di quanto qualunque altra singola mente potrà mai progettare.

È questa consapevolezza di far parte di un processo sociale, e del modo in cui i diversi sforzi interagiscono, che la sola formazione scientifica o tecnologica sembra così deprecabilmente non riuscire a trasmettere. Non sorprende che molte delle menti più attive fra quelle in tal modo addestrate presto o tardi reagiscano violentemente contro le mancanze della loro formazione e sviluppino una passione per l'imposizione alla società dell'ordine che non possono trovare con i mezzi di cui hanno familiarità.


Conclusione


In conclusione è forse desiderabile ricordare al lettore una volta di più che tutto quello che abbiamo detto qui è diretto soltanto contro un uso sbagliato della scienza, non contro lo scienziato nello speciale campo di sua competenza, ma contro l'applicazione delle sue abitudini mentali nei campi in cui non è competente. Non c'è conflitto fra le nostre conclusioni e quelle della scienza legittima.

La lezione principale a cui siamo arrivati è effettivamente la stessa che uno degli allievi più acuti del metodo scientifico ha tratto da un'indagine in tutti i campi di conoscenza: è che “la grande lezione di umiltà che la scienza ci insegna, che non potremo mai essere onnipotenti o onniscienti, è la stessa di tutte le grandi religioni: l'uomo non è e non sarà mai il dio di fronte al quale si deve piegare. “[13]
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Note



[1] ancora una volta, una delle illustrazioni migliori di questa tendenza è fornita da K. Mannheim, Man and Society in an Age of Reconstruction, 1940, specialmente pp. 240-244, nelle quali lo spiega.

Il funzionalismo fece la sua prima apparizione nel campo delle scienze naturali, e potrebbe essere descritto come il punto di vista tecnico. Solo di recente è stato trasferito alla sfera sociale… una volta che questa impostazione tecnica è stata trasferita dalle scienze naturali agli affari umani, è stata legata alla determinazione di un cambiamento profondo nell'uomo stesso. L'approccio funzionale non considera più le idee ed gli standard morali come valori assoluti, ma come prodotti del processo sociale che possono, se necessario, essere cambiati da una guida scientifica combinata alla pratica politica… l'estensione della dottrina della supremazia tecnica che ho sostenuto in questo libro è a mio parere inevitabile… Il progresso nella tecnica dell'organizzazione non è altro che l'applicazione delle concezioni tecniche alle forme di cooperazione. Un essere umano, considerato come parte della macchina sociale, fino a un certo punto è stabilizzato nelle sue reazioni dalla formazione e dall'istruzione, e tutte le sue attività recentemente acquistate sono coordinate secondo un principio di efficienza definito in un quadro organizzato.

[2] La descrizione migliore di questa caratteristica dell'approccio ingegneristico da parte di un ingegnere che ho potuto trovare si trova in un discorso del grande ingegnere ottico tedesco Ernst Abbe: "Wie der Architekt ein Bauwerk, bevor eine Hand zur Ausführung sich rührt, schon im Geist vollendet hat, nur unter Beihilfe von Zeichenstift und Feder zur Fixierung seiner Idee, so muß auch das komplizierte Gebilde von Glas und Metal sich aufbauen lassen rein verstandesmassig, in allen Elementen bis ins letzte vorausbestimmt, in rein geistiger Arbeit, durch theoretische Ermittlung der Wirkung aller Teile, bevor diese Teile noch körperlich ausgeführt sind. Der arbeitenden Hand darf dabei keine andere Funktion mehr verbleiben als die genaue Verwirklichung der durch die Rechnungen bestimmten Formen und Abmessungen aller Konstruktionselemente, und der praktischen Erfahrung keine andere Aufgabe als die Beherrschung der Methoden und Hilfsmittel, die für letzteres, die körperliche Verwirklichung, geeignet sind" (citato da Franz Schnabel, Deutsche Geschichte im neunzehnten Jahrhundert, vol. Ill, 1934, p. 222 — un lavoro che è una miniera di informazioni su questo come su tutti gli altri argomenti della storia intellettuale della Germania nel diciannovesimo secolo).

[3] Ci vorrebbe troppo tempo per spiegare qui in ogni dettaglio perché, qualsiasi delegazione o divisione del lavoro sia possibile nella preparazione di un “modello” ingegneristico, questo è molto limitato e differisce in aspetti essenziali dalla divisione della conoscenza sulla quale i processi sociali impersonali si basano. È sufficiente precisare che non solo la precisa natura del risultato deve essere fissa, cosa che chiunque debba elaborare parte di un programma di ingegneria deve assicurare, ma anche che, per permettere tale delegazione, si deve sapere che il risultato può essere raggiunto per nulla di più di un certo massimo costo.

[4] Il fautore più persistente di tale calcolo in natura è, significativamente, il Dott. Otto Neurath, il protagonista dei moderni “fisicalismo” ed “obbiettivismo.”

[5] Cfr. il passaggio caratteristico in Anatomia della Scienza Moderna di B. Bavinck (trad. dalla quarta edizione tedesca di H.S. Hatfield), 1932, p. 564: “Quando la nostra tecnologia è ancora al lavoro sul problema di trasformazione del calore in lavoro in un modo migliore di quello possibile con il nostro attuale motore a vapore ed altri motori termici…, questo non si fa
direttamente per ridurre il prezzo dell'energia, ma in primo luogo perché aumentare il più possibile l'efficienza termica di un motore termico è un fine in sé. Se il problema dato è di trasformare il calore in lavoro, allora deve essere fatto in modo tale che la più grande frazione possibile di calore venga trasformata…. L'ideale del progettista di tali macchine è quindi l'efficienza del ciclo di Carnot, il processo ideale che consegna la maggiore efficienza teorica.“ È facile vedere perchè questo metodo, insieme al desiderio di realizzare un calcolo in natura, conduce così frequentemente gli ingegneri alla costruzione di sistemi “energetici” di cui si è detto, con molta giustizia, che “das Charakteristikum der Weltanschauung des Ingenieurs ist die energetische Weltanschauung” (L. Brinkmann, Der Ingenieur, Francoforte, 1908, P. 16). Già ci siamo riferiti (sopra p. 41) a questa manifestazione caratteristica di “obbiettivismo” scientista, e non c'è spazio qui per occuparcene più nei particolari. Ma merita di essere registrato quanto diffusa e tipica sia questa visione e quanto grande l'influenza da essa esercitata. E. Solvay, G. Ratzenhofer, W. Ostwaldt, P. Geddes, F. Soddy, H. G. Wells, i “Tecnocrati” e L. Hogben sono soltanto alcuni degli influenti autori di lavori nei quali l'“energetica” riveste un ruolo più o meno prominente. Ci sono parecchi studi su questo movimento in francese ed in tedesco (Nyssens, L'énergétique, Brussels, 1908; G. Barnich, Principes de politique positive basee sur l'énergétique sociale de Solvay, Brussels, 1918; Schnehen, Energetische Weltanschauung, 1907; A. Dochmann, F. W. Ostwald's Energetik, Bern, 1908; e il migliore, Max Weber, "Energetische Kulturtheorien," 1909, ristampato in Gesammelte Aufsätze zur Wissenschaftslehre, 1922, ma nessuno di loro adeguato e nessuno, per quanto io sappia, in inglese.

La sezione dal lavoro di Bavinck di cui un passaggio è stato citato sopra condensa il succo della enorme letteratura, principalmente tedesca, sulla “filosofia della tecnologia” che ha avuto un'ampia circolazione e della quale il più noto è Philosophie der Technik di
E. Zschimmer, 3a ed., Stoccarda, 1933 (simili idee pervadono i ben noti lavori americani di Lewis Mumford). Questa letteratura tedesca è molto istruttiva come studio psicologico, anche se, al contrario, si tratti della peggior miscela di pretenziose assurdità e di rivoltanti insensatezze che la fortuna malata di questo autore abbia mai portato a leggere. La sua comune caratteristica è la sua avversione contro ogni considerazione economica, la tentata rivendicazione di ideali puramente tecnologici e la glorificazione dell'organizzazione della società tutta sui principi che governano una singola fabbrica. (Sull'ultimo punto vedi specialmente F. Dessauer, Philosophie der Technik, Bonn, 1927, p. 129.)

[6] Che questo sia completamente riconosciuto dai suoi fautori è indicato dalla popolarità fra tutti i socialisti, da Saint-Simon a Marx e Lenin, dell'assunto secondo cui la società intera dovrebbe essere fatta funzionare precisamente come una singola fabbrica. Cfr. V.I. Lenin, Lo Stato e la Rivoluzione (1917), "Little Lenin Library," 1933, p. 78. “L'intera società si trasformerà in in un singolo ufficio ed in una singola fabbrica con uguaglianza di lavoro ed uguaglianza di salario”; e su Saint-Simon e Marx, p. 121 qui sopra e nota 72 alla II parte.

[7] Cfr. su questi problemi il mio saggio "The Use of Knowledge in Society," American Economic Review, XXXV, no. 4 (settembre 1945), ristampato in Individualism and Economic Order, Chicago, 1948, pp. 77-91.

[8] È importante ricordarsi a questo proposito che gli aggregati statistici sui quali spesso si suggerisce che l'autorità centrale potrebbe contare per le sue decisioni, sono sempre arrivati mediante un intenzionale disinteresse delle circostanze particolari di tempo e luogo.

[9] Cfr. a questo proposito la discussione indicativa sul problema in Goldwanderungen di K. F. Mayer,, Jena, 1935, pp. 66-68 ed anche l'articolo “Economia e Conoscenza” del presente autore in Economia, febbraio 1937, ristampato in Individualism and Economic Order, Chicago, 1948, pp. 33-56.

[10] The Scientific Outlook, 1931, P. 211.

[11] Ibid., p. 211. Il passaggio citato potrebbe essere interpretato in un senso inconfutabile se “determinati scopi” è inteso non riferito a particolari risultati predeterminati ma come capacità di fornire ciò che gli individui desiderano in un qualunque momento – cioè, se ad essere progettato è un macchinario che può servire molti fini e non ha bisogno a sua volta di essere orientato “coscientemente” verso un fine particolare.

[12] A. Bebel, Die Frau und der Sozialismus, 13a ed., 1892, p. 376. "Der Sozialismus ist die mit klarem Bewusstsein and mit voller Erkenntnis auf alle Gebiete menschlicher Taetigkeit angewandte Wissenschaft." Cfr. anche Socialismo e Scienza Positiva di E. Ferri (trad. dall'edizione italiana del 1894). Il primo a vedere chiaramente questo collegamento sembra essere M. Ferraz, Socialisme, Naturalisme et Positivisme, Parigi, 1877.

[13] M.R. Cohen, Reason e Nature, 1931, P. 449. È significativo che uno dei membri principali del movimento di cui ci preoccupiamo, il filosofo tedesco Ludwig Feuerbach, abbia scelto esplicitamente il principio opposto, homo homini Deus, come sua massima guida.
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F.A. Hayek (1899-1992) è stato un membro fondatore dell'Istituto Mises. Nel 1974 ha diviso il premio Nobel per l'economia con il rivale ideologico Gunnar Myrdal “per il loro lavoro innovativo nella teoria dei soldi e delle fluttuazioni economiche e per la loro analisi penetrante dell'interdipendenza dei fenomeni economici, sociali ed istituzionali.” I suoi libri sono disponibili nell'archivio del Mises.
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Questo articolo è tratto da The Counter-Revolution of Science, pp. 94–102.