Non ho purtroppo molto tempo libero in questi giorni, l'inviato da Laputa, a quanto pare, dev'essere ancora alle prese con il suo trasmettitore telepatico che fa le bizze, ma per fortuna di persone che scrivono cose interessanti ce n'è sempre qualcuna. Approfitto quindi per segnalare questo articolo – di cui pubblico un breve stralcio – di Giorgio Mattiuzzo sul vero ruolo della polizia nei nostri stati “moderni:” sarebbe davvero l'ora di cominciare a guardare in faccia la realtà, e dire le cose come stanno, e chiamare le cose col loro nome. Anche se è difficile farlo, anche se è doloroso farlo, anche se è senza speranza.
Non siamo liberi, non lo siamo mai stati.
Non siamo liberi, non lo siamo mai stati.
Con ogni probabilità non lo saremo mai.
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Di Giorgio Mattiuzzo
Anni e anni di educazione civica e televisione hanno istruito il cittadino a negare qualsiasi dato sperimentale che non si adatti alla teoria della “guardia che insegue il ladro”. E' questo un concetto talmente radicato nella mente del cittadino che nessuna realtà lo scuote.
E' inutile tacciare di xenofobia chi, invece, è semplicemente vittima del processo di rimozione inculcato dall'educazione. Perché quando il “razzista” si incazza e grida perché la polizia se la prende con i cittadini onesti e lascia stare i delinquenti, ha ragione. Solo che il “razzista” non ne trae la conclusione che volontariamente la polizia, cioè lo Stato, persegue gli onesti e lascia in pace i delinquenti, ma – forzato da anni di educazione a carico dello Stato – chiede che ci sia più polizia, cioè più Stato. Bisogna invece prendere atto, tutti quanti, che le guardie non inseguono i ladri. Le guardie se ne fottono dei ladri. Le guardie sono lì per controllare noi, non i ladri.
Bisogna ritornare ai tempi in cui i cittadini erano contadini ignoranti e analfabeti, e sapevano che la guardia era lì per loro.
Dobbiamo re-imparare da principio la funzione della polizia. La polizia è il monopolio della violenza esercitato dallo Stato per perpetuare sé stesso. La polizia serve a reprimere ogni moto e tendenza che possa incrinare il potere. La criminalità non mette in discussione lo Stato ed il potere. Sono i cittadini a farlo. Sono i cittadini che, smettendo di offrire un consenso non informato al loro stesso sfruttamento, possono mettere in discussione lo Stato. Sono i lavoratori, gli operai, le cassiere, gli artigiani, gli imprenditori (quelli veri, non quelli che campano di sussidi statali) a poter mettere in discussione lo Stato. E sono loro a dover essere controllati attraverso la polizia, che svolge questo ruolo coerentemente. Lo Stato non perseguiterà mai il criminale, perché esso è troppo utile allo Stato stesso: grazie al criminale il cittadino invoca più polizia e più Stato, chiede di mettere le telecamere in città, chiede arresti facili, chiede poteri di polizia anche per i netturbini. Grazie al criminale, il cittadino scava da solo la fossa della propria libertà.
3 comments:
parafrasando:
non chiedere per chi suoni a morto la campana. Essa suona per te
non chiederti per chi sia la polizia, è per te
Quando ho letto l'articolo ho pensato anch'io proprio a quella frase.
lo so, frequento la scuola di telepatia di Laputa
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