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Saturday, May 15, 2010

Robin (No) Tax

Dalla recensione del New York Times del nuovo Robin Hood di Ridley Scott:
“Questo Robin non è un bandito socialista che pratica, da freelance, la redistribuzione della ricchezza, ma piuttosto un ribelle libertario che combatte contro le tasse alte ed il programma del grande governo di abbattere le antiche libertà dei proprietari e dei nobili locali. Non calpestatelo!”
Grazie NYT, credo proprio che andrò a vederlo!


Tuesday, December 23, 2008

Il vecchio e il mare

Questo film d'animazione tratto dal famoso romanzo breve di Hemingway è un capolavoro che valse al suo autore Aleksandr Petrov l'Academy Award per i corti d'animazione e il Grand Prix all'Annecy International Animated Film Festival. Realizzato con pastelli ad olio su vetro, è costato due anni di lavoro – dal '97 al '99 – per dipingere tutte le 29.000 immagini che lo compongono.



Monday, December 8, 2008

«Do you think we imprison people on a whim?»

Ecco un film che ha ottenuto molta meno notorietà di quanta ne meritasse, molto probabilmente perché il sistema pervasivo di controllo della DDR che descrive è, ogni giorno di più, così simile a quello, presunto libero, in cui stiamo vivendo. Opprimente e amaro, Das Leben der Anderen (Le vite degli altri, '06) di Florian Henckel von Donnersmarck è una coinvolgente analisi del conflitto tra stato e individuo, che dovrebbe servire da monito su ciò che aspetta la società alla fine della strada collettivista. Consigliato vivamente.


Thursday, December 4, 2008

«Great principles don't get lost»

Mr. Smith Goes to Washington (Mr. Smith va a Washington, '39) è forse il primo film in cui viene rappresentata la corruzione della politica, opposta all'idealismo un po' ingenuo di un signor Smith diventato senatore quasi per caso. Molta retorica, un lieto fine – con il politico “cattivo” che si pente! – poco credibile, ma grazie alla grande maestria di Frank Capra e dei protagonisti il film è tuttora godibilissimo e denso di significato. Un classico.

Friday, November 28, 2008

«I will go to Korea»

Unico nel suo genere, MASH ('70) di Robert Altman è un film sulla guerra in cui il combattimento è bandito dallo schermo. Quello che il regista ci mostra è invece il risultato: un continuo flusso di corpi straziati e sanguinanti che i protagonisti si impegnano a ricucire e a restituire in qualche modo alla vita, resistendo all'orrore grazie a generose dosi di humour. Un film storico, forse la critica della guerra più intelligente – e divertente – di sempre.

Tuesday, November 18, 2008

«There goes my crystal!»

Non poteva mancare tra le recensioni del Gongoro il film-totem del maestro dell'animazione Hayao Miyazaki Laputa: Castle in the sky (Tenku no shiro Rapyuta, '86), l'avventura di due ragazzi alla ricerca dell'isola volante di Laputa, tra pirati, militari, congiure e una miriade di invenzioni visive e narrative. Alla fine l'isola fantastica, simbolo dei sogni e delle aspirazioni umane, rivelerà la sua doppia natura di giardino incantato e arma micidiale, ma il finale è a lieto fine, e il coraggio dei due ragazzi riuscirà infine a sgretolare la metà oscura di Laputa.


Wednesday, October 22, 2008

«The greatest instrument of mass persuasion»

Sembra impossibile che un film come A Face in the Crowd (Un Volto Nella Folla '57) di Elia Kazan possa avere 50 anni. Il tema che tratta in effetti non potrebbe essere più attuale: l'ascesa e la caduta di un vagabondo, trasformato dalla tv in una stella e perduto dalla sua stessa mania di grandezza. Un volo di Icaro attraverso l'etere televisivo per un grande classico del cinema.

Saturday, October 18, 2008

«You may kiss my royal ass»

In che modo il potere trasforma l'uomo, e lo perde? Se c'è un film che è riuscito a raccontarlo, e a farlo con maestria, è certamente The Man Who Would Be King (L'uomo che volle farsi re, '75) di John Huston, un capolavoro in cui Sean Connery e Michael Caine hanno offerto la migliore della lunga serie delle loro interpretazioni. La storia, tratta da un racconto di Rudyard Kipling, narra l'impresa di due sergenti britannici alla conquista del Kaffiristan, e del loro sogno fatale di ripercorrere le orme di Alessandro Magno. Un film sull'amicizia, sul coraggio, e sull'inganno dei sogni di grandezza.

Sunday, October 5, 2008

«...uno del gregge»

È davvero necessario un bagaglio ideologico di studi approfonditi per percepire l'ingiustizia e far nascere, e per anteporre ai bisogni primari, la ribellione al potere costituito? Film d'Amore e d'Anarchia, ovvero: stamattina alle 10 in via dei Fiori nella nota casa di tolleranza ('73) della Wertmuller dice di no, la ribellione è spontanea e precede la filosofia, che semmai può servire per evitare che dalla rivolta nascano nuove ingiustizie. Il film è gradevole soprattutto grazie alle perfette interpretazioni di Giannini (miglior attore a Cannes) e della Melato, e alla colonna sonora firmata da Nino Rota, mentre per il resto, nonostante la Palma d'oro vinta, il melodramma è piuttosto esagerato, sopra le righe, un po' come la lunghezza del titolo...

Wednesday, October 1, 2008

«Weigh the anchor!»

The Crimson Permanent Assurance è il geniale corto di Terry Gilliam che apre la sarabanda di gag de Il senso della vita (The Meaning of Life, Terry Jones - Terry Gilliam, '83), dei Monty Python. C'è chi dice che di senso non ne abbia poi molto ma, in fondo, cosa ne ha nell'attuale finanza internazionale?

Friday, September 26, 2008

«We don't have an inkling of his past»

Il ruolo di Chauncy Gardner (ovvero Chance il giardiniere) in Oltre il giardino (Being there '79) di Hal Ashby, una surreale satira delle cerchie del potere e dei loro rituali, è forse la gemma più luminosa della lunga carriera di Peter Sellers. L'idea, che verrà poi ripresa – e banalizzata – in Forrest Gump, di un personaggio patologicamente candido che viene frainteso e quindi accolto dalla più esclusiva e potente élite americana fino ad esser preso in considerazione come candidato alla presidenza, è la traccia su cui dipingere quel mondo a parte fatto di apparenza, cinismo e sotterfugio, e l'attitudine messianica che lo pervade. Ottimo anche il resto del cast e la colonna sonora. Da non perdere.

Monday, September 15, 2008

JFK

“Fifty men have run America, and that's a high figure.” (Joseph Kennedy)
Per questa volta lascio volentieri l'incombenza della recensione di JFK ('91) di Stone a Murray Rothbard, in questo suo articolo del maggio 1992. Ubi maior minor cessat.
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Di Murray N. Rothbard



La cosa più affascinante dell'emozionante e ben fatto JFK, non è il film in sé ma l'isterico tentativo di emarginarlo, se non sopprimerlo. Quanti film potete ricordare per i quali l'intero establishment, in ranghi serrati, dalla sinistra (The Nation) alla destra, passando per il centro, riunito in un'orgia frenetica di calunnie e denunce. Che Time e Newsweek reagiscano in tal modo ancor prima che il film sia uscito? Apparentemente, l'establishment era talmente spaventato che il film di Oliver Stone potesse dimostrarsi convincente che il pubblico doveva essere anticipatamente vaccinato. È stata una notevole prestazione dei media e dimostra, come nient'altro, l'enorme e crescente spaccatura fra l'opinione dei Rispettabili Media e ciò che il pubblico Sa nel proprio Cuore.


A giudicare dallo shock dei Rispettabili Media, sareste portati a pensare che JFK di Stone debba essere un film completamente stravagante, bizzarro, mostruoso e fantastico nelle sue accuse contro la struttura di potere americana. E pensereste che i film storici non si siano mai presi licenze drammatiche, come se immondizia così solennemente applaudita come Wilson e Sunrise at Campobello fossero stati modelli di precisione da studioso. Hey, dateci un taglio, ragazzi!


Nonostante gli squilli di tromba, per i veterani patiti dell'assassinio Kennedy, non c'è niente di nuovo in JFK. Quello che Stone fa è di ricapitolare in modo ammirevole il meglio di una vera industria del revisionismo dell'assassinio – letteralmente montagne di libri, articoli, nastri, convegni annuali e ricerche d'archivio. Stone stesso è abbastanza informato sull'argomento, come indicato dalla sua devastante risposta sul Washington Post alle calunnie dell'ultimo membro sopravvissuto della Commissione Warren, Gerald Ford, e del vecchio attrezzo della Commissione, David W. Belin. Malgrado la diffamazione a mezzo stampa, non c'era niente di stravagante nel film. Abbastanza interessante, JFK è stato attaccato molto più furiosamente del primo film revisionista, Executive Action di Don Freed (1973), un film emozionante con Robert Ryan e Will Geer, che davvero è andato molto oltre l'evidenza, ed oltre la plausibilità, provando a rendere la figura di H.L. Hunt il principale cospiratore.


È ormai schiacciante
l'evidenza che la leggenda ortodossa di Warren, che è stato Oswald e lo ha fatto da solo, sia pura menzogna. Ora sembra chiaro che Kennedy sia morto in un classico tiro triangolato militare che, come il patologo del Parkland Memorial che eseguì l'autopsia , il dott. Charles Crenshaw, ha recentemente affermato, i colpi mortali sono arrivati di fronte, dalla collinetta erbosa, e che i cospiratori erano, per lo meno, esponenti della destra della CIA, insieme ai loro soci ed impiegati di sempre, la mafia. È meno sicuro che il presidente Johnson stesso fosse coinvolto dall'inizio, benché abbia ovviamente condotto l'occultamento coordinato, ma certamente la sua partecipazione è altamente plausibile.

I disperati difensori della versione Warren non possono confutare i particolari, così ricorrono sempre ad argomentazioni generalizzate, tipo: “Come potrebbe essere coinvolto tutto il governo?” Ma dal Watergate, abbiamo tutti acquisito dimestichezza con un fatto basilare: soltanto alcune persone chiave devono essere coinvolti nel crimine da principio, mentre un gran numero di funzionari di governo di alto e basso grado possono essere coinvolti nell'occultamento successivo, che può essere giustificato sempre come “patriottico,” per motivi di “sicurezza nazionale,” o semplicemente perché il presidente lo ha ordinato. Il fatto che gli alti livelli del governo degli Stati Uniti sono fin troppo capaci di mentire al pubblico, dovrebbe essere chiaro fin dai casi Watergate e Iran-Contra. L'ultimo argomento di riserva, sempre meno plausibile, è: se la versione Warren non è vera, perché la verità non è venuta fuori fino ad ora? Il fatto è, però, che la verità in gran parte è venuta fuori, nell'industria dell'assassinio, dai libri – alcuni di essi best-sellers – di Mark Lane, David Lifton, Peter Dale Scott, Jim Marrs e molti altri, ma i Rispettabili Media non prestano attenzione. Con quella specie di atteggiamento mentale, quel rifiuto testardo di affrontare la realtà, nessuna verità può mai venir fuori. Ma, nonostante questo blackout, perché i libri, le TV e le radio locali, gli articoli di riviste, i tabloid del supermercato, ecc. non possono essere soppressi – ma soltanto ignorati – dai Rispettabili Media, abbiamo il notevole risultato che la grande maggioranza del pubblico, in ogni scrutinio, decisamente non crede alla leggenda di Warren. Ecco perché i frenetici tentativi dell'establishment di sopprimere una pellicola commovente e convincente come JFK di Stone.


I conservatori, così come i centristi, stanno denigrando JFK perché Stone è un rinomato uomo della sinistra. Bene, e allora? Non è solo che l'ideologia del narratore non inficia logicamente la verità del racconto. L'argomento è più forte di questo. Perché in un giorno in cui la Sinistra e la Destra Moderata hanno costituito un establishment sempre più monolitico, con soltanto sfumate variazioni fra loro, possiamo ottenere la verità soltanto da persone fuori dall'establishment, dell'estrema destra o dell'estrema sinistra, o persino dai tabloid altamente non-rispettabili del supermercato. E non è per caso che sia un segreto di Pulcinella che l'eroica figura della “Gola Profonda” in JFK sia il colonnello Fletcher Prouty, che di certo non è di sinistra. Ed uno dei migliori scrittori revisionisti è il da sempre libertario Carl Oglesby.


Un'aspetto particolarmente benvenuto di JFK, a proposito, è l'aver fatto di Jim Garrison la figura eroica centrale. Garrison, una delle figure più viziosamente calunniate nella storia politica moderna, era semplicemente un Procuratore Distrettuale che cercava di fare il suo lavoro nella causa penale più importante del nostro tempo. Lo stile inespressivo di Kevin Costner si adatta bene al ruolo di Garrison e Tommy Lee Jones è un eccezionale Clay Shaw, il diabolico affarista e cospiratore della CIA.


Tutto considerato, un bel film, per la storia così come per il girato. Ci sono alcuni problemi secondari. È una sfortuna che il primo revisionista di Kennedy Mark Lane, abbia sentito di dover lasciare presto la produzione del film, con il risultato che la pellicola non mette in evidenza la testimonianza cruciale dell'agente cubano ex-CIA Marita Lorenz, che ha identificato l'agente di destra E. Howard Hunt, compare di Bill Buckley e uomo forte della CIA, come pagatore per l'assassinio (vedi il nuovo, brillante libro di Lane, Plausible Denial). Secondo Lane, delle pressioni dalla CIA durante le riprese hanno spinto Stone a minimizzare il ruolo della CIA spalmando un po' troppo la colpa sul resto dell'amministrazione Johnson.


Mentre gli argomenti per il revisionismo si accumulano, è evidente che alcuni dei membri più sofisticati dell'establishment si stanno preparando a scartare la leggenda Warren per ricorrere ad una spiegazione meno minacciosa dell'incolpare E. Howard Hunt o la CIA: è quella che fa ricadere la colpa solamente sulla mafia, specificamente su Sam Giancana, Johnny Roselli e Jimmy Hoffa, nessuno dei quali è presente per controbattere all'accusa. Un attacco convincente alla tesi mafia-soltanto è stato portato da Carl Oglesby nel suo commento al libro di Jim Garrison di alcuni anni fa (che è stato una delle basi per JFK) On the Trail of the Assassins. La mafia, semplicemente, non disponeva dei mezzi, per esempio, per cambiare l'itinerario o per richiamare i militari o la protezione del servizio segreto.


Molti conservatori e libertari certamente saranno irritati da un tema del film: l'antiquato punto di vista di un Kennedy come giovane principe brillante di Camelot, il grande eroe che voleva redimere l'America abbattuto nella sua perfezione dalle oscure forze reazionarie. Questo tipo di approccio è stato da tempo screditato da un genere molto diverso di revisionismo – con l'uscita dei racconti sui sordidi fratelli Kennedy, Judith Exner, Sam Giancana, Marilyn Monroe, ed altri. Bene, ok, ma guardatelo in questo senso: un presidente è stato assassinato, santo cielo, e buono, cattivo, o indifferente che fosse, è certamente vitale arrivare fino in fondo alla cospirazione e portare i furfanti davanti alla giustizia, foss'anche soltanto al giudizio della storia. Lasciate che le cose vadano come possono.


Un felice risultato della pellicola è l'argomento conclusivo di Stone: se tutto risale sempre più in alto, perché non aprire tutti gli archivi segreti del governo sull'assassinio? Sembra che la pressione per l'apertura debba vincere, ma ancora una volta, la fasulla “sicurezza nazionale” prevarrà, cosicché non otterremo il materiale davvero incriminante. E parte del materiale cruciale è perduto da tempo, per esempio, il famoso cervello di Kennedy, che misteriosamente non è mai arrivato agli Archivi Nazionali.




Thursday, September 4, 2008

«Certain artifacts»

Film distopico alla maniera di Woody Allen, Sleeper (Il dormiglione, '73) è una divertente parodia, da gustare senza troppo impegno ma ricca di trovate e battute.

Monday, August 18, 2008

«Obey»

Girato nella solita, inconfondibile cifra stilistica di Carpenter, Essi vivono (They live, '88) è una metafora distopica sorprendente, anche ironica, del nostro mondo massificato e conformista. Un paio di occhiali da sole consentono al protagonista di vedere la realtà (in bianco e nero, una citazione godardiana?) che gli uomini hanno deciso di non vedere, rinunciando alla capacità di distinguere il bene dal male. Ogni scritta, ogni libro, ogni rivista ripetono ossessivamente gli stessi ordini: obbedisci, uniformati, consuma, non mettere in dubbio l'autorità. Un Matrix ante litteram, meno patinato ma sicuramente più viscerale.

Saturday, August 9, 2008

«Vous avez mal?»

Non sono molti i film capaci di attraversare il tempo mantenendo intatto tutto il loro valore artistico e il peso del loro messaggio. La grande illusione (La grande illusion, '37) di Jean Renoir è una di queste perle: un film sulla fine di un'epoca e sulla libertà, un film sulla guerra, in cui la guerra appare estranea alle vite degli uomini che ne sono vittime molto più di quanto lo siano tra loro questi stessi uomini di opposte fazioni. Una pietra miliare della storia del cinema.

Wednesday, August 6, 2008

«Jusqu'ici tout va bien...»

Multiculturalismo è una parola con cui i politici si riempiono spesso e volentieri la bocca, perché nel mondo astratto del politicamente corretto è un valore fuori discussione. Nel film L'odio (La haine, '95), invece, Mathieu Kassovitz ci mostra, con grande padronanza del mezzo cinematografico, in che razza di inferno questa parola si traduca quando si scende nel mondo reale delle banlieues parigine. Un inferno che inghiotte tutti, gli spacciatori, gli sbirri, e anche quelli determinati ad uscirne per trovare una vita diversa. È la storia del declino della nostra società, “è la storia di un uomo che cade da un palazzo di 50 piani. Mano a mano che cadendo passa da un piano all'altro, il tizio per farsi coraggio si ripete: fin qui tutto bene, fin qui tutto bene, fin qui tutto bene... Il problema non è la caduta ma l'atterraggio.”

Friday, August 1, 2008

«It's the end of the world»

Fino alla fine del mondo (Bis ans Ende der Welt, '91) non sarà il miglior film di Wenders, ma è senza dubbio un'esperienza visiva che vale la pena di provare. È un film che divide, si ama o si odia quasi con lo stesso trasporto, forse per la molteplicità di temi che si sovrappongono, o per la lunghezza per molti eccessiva, ma il filo conduttore che verrà chiaramente alla luce nel finale, quello dell'uomo drogato dai suoi stessi sogni, regala spessore a quello che comunque rimane un grande road-movie che attraversa i cinque continenti. Eccellente la colonna sonora: Peter Gabriel, Talking Heads, Lou Reed, Nick Cave and the Bad Seeds, R.E.M., Elvis Costello e gli U2.

Saturday, July 19, 2008

«... why I was arrested»

Non c'è opera in cui l'individuo soccomba in modo più totale di fronte all'assurdità della burocrazia come ne Il processo di Kafka, che Orson Welles traspose cinematograficamente, con pochi mezzi e suprema maestria, nel 1962 (Le procès). Quando l'amministrazione della giustizia si allontana da chi dovrebbe servire diventa un terrificante macchinario repressivo, inarrestabile e spietato, da cui nessuno può sentirsi al sicuro: questo è il messaggio del Processo di Kafka, a cui la cinepresa di Welles aggiunge una dimensione visiva alienata e surreale.

Wednesday, July 16, 2008

«Police activity»

Il cattivo tenente (Bad lieutenant, '92) di Abel Ferrara è un film duro, disperato, un pugno nello stomaco. È un viaggio all'inferno, l'inferno di un uomo al quale l'autorità e l'impunità regalatagli dal distintivo diventa una condanna alla perdizione. È un film che svela il carattere corruttivo del potere, e l'invincibile debolezza di chi ne è investito. Sicuramente la migliore interpretazione di Harvey Keitel, che raggiunge vette difficilmente ripetibili. Da non perdere.