È apparso ieri su Repubblica l'articolo di uno scrittore africano, Uzodinma Iweala, sul tema degli aiuti all'Africa. Non sorprendentemente, le sue conclusioni sono le stesse dell'economista James Shikwati nell'intervista di Spiegel:
Il mese scorso, il Vertice degli 8 Paesi industrializzati si è incontrato in Germania con un gruppo di celebrità per discutere, tra l'altro, su come salvare l'Africa. Io mi auguro che prima del prossimo incontro di quest'organizzazione ci si renda conto di una cosa: l'Africa non vuol essere salvata. Ciò che l'Africa chiede al mondo è il riconoscimento della sua capacità di avviare una crescita senza precedenti, sulla base di un vero e leale partenariato con gli altri membri della comunità globale.Se davvero vogliamo aiutare l'Africa, forse sarebbe il caso di cominciare ad ascoltare gli africani, e possibilmente non quelli che grazie alla politica degli aiuti occupano posizioni di potere. Nello stesso articolo ci sono anche altre osservazioni degne di nota, un'analisi delle motivazioni occidentali che nell'intervista a Shikwati era assente:
A quanto pare, in questi ultimi tempi l'Occidente, oppresso dai sensi di colpa per la crisi che ha creato in Medio Oriente, si rivolge all'Africa per redimersi. Studenti idealisti, celebrità come Bob Geldof e politici come Tony Blair si sentono investiti della missione di portare la luce nel Continente Nero. E atterrano qui per partecipare a seminari e programmi di ricerca, o per raccogliere bambini da adottare - un po' come i miei amici di New York quando prendono la metropolitana per andare al canile municipale a cercare un randagio da portarsi a casa.Ritratto impietoso quanto realistico, ha il pregio di indicare quale sia il motore psicologico che fa muovere la macchina degli aiuti: il senso di colpa, il peccato originale che ci viene assegnato alla nascita, per cui ci dobbiamo fare carico di tutti i mali del mondo, nella percentuale che ci spetta. Poco importa se non mi sono macchiato di colonialismo, di genocidio, di saccheggio e strage, in quanto occidentale ne porto la responsabilità.
È la stessa logica per cui, sempre alla nascita, ci viene assegnata la nostra personale parte di debito pubblico, la stessa logica per cui nei nostri confronti lo stato è sempre in credito, la stessa logica che sta dietro a una famosa frase di un famosissimo presidente degli Stati Uniti: “and so, my fellow Americans, ask not what your country can do for you; ask what you can do for your country.” Logica ribaltata, ovviamente, visto che l'unica ragion d'essere dello stato sono – così ci è stato assicurato – le necessità degli individui.
Senso di colpa e paura, queste le armi con cui lo stato mantiene il potere.
5 comments:
dove vorrà mai andare a parare repubblica?
L'impressione è che il giochino degli aiuti non funzioni più come prima, in tanti hanno mangiato la foglia, ma soprattutto di soldi in tasca ce ne sono sempre meno.
Comunque, forse è questo il passo che è piaciuto a Repubblica:
l'Occidente, oppresso dai sensi di colpa per la crisi che ha creato in Medio Oriente
Se ci aggiungevano anche un "e per l'olocausto" era perfetto.
Maiuscolo, perdio! Tu òdia.
* Oooops! *
:O
l'occidente, tutto, tutti i sensi di colpa ma che comunque sia non potano ad aiuti adeguati ai paesi come l'africa. Ne consegue maggiori sensi di colpa. Il linguaggio è peggio di una bomba a grappolo.
Dovrei chiedere perdono per aver creato crisi in medio oriente.
Repubblica poteva sforzarsi a fare nomi e cognomi, ma ha usato l'ever green "Occidente".
Che ce vuo fà!
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