Tuesday, July 15, 2008

Contro lo Stato

Sono da sempre convinto che tra anarchici, quale che sia il suffisso caratterizzante preferito, si dovrebbe sempre essere in grado di trovare un accordo. Se ciò che più si desidera, infatti è la possibilità di ciascuno di vivere la propria vita seguendo le personali aspirazioni liberi da imposizioni, il dialogo tra anarchici – tra coloro cioè che hanno individuato nello Stato il nemico, l'ostacolo principale alla pace e all'evoluzione stessa dell'uomo – dovrebbe essere una priorità. In una società libera, chiunque è libero, appunto, di scegliere il tipo di sistema economico in cui preferisce vivere, senza per questo avere il diritto di imporlo agli altri: questo è il senso vero del libertarismo. Lo Stato è il muro che ci impedisce di approdare a questa “terra promessa,” ed è assurdo dividersi in fazioni per chi ha lo scopo primario l'abbattimento di quel muro.

Per questo motivo pubblico questo articolo di Giuseppe Genna a commento della vergognosa sentenza sui fatti della Bolzaneto, autore del quale non condivido molte posizioni, ma che sicuramente prova la mia stessa lucida rabbia verso questa letale organizzazione criminale chiamata Stato.
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di Giuseppe Genna


[Le opinioni qui espresse sono da considerarsi di responsabilità oggettiva solo e unicamente dello scrivente e non includono alcun coinvolgimento editoriale di chiunque altro scriva su questo blog. gg]

Il primo commento alla indegna sentenza che riduce la tragedia della scuola Diaz a una rissa in cui qualcuno ha alzato un po' troppo il gomito (col gomito fracassando calotte craniche e lacerando tessuti) sarebbe che ha ragione Berlusconi. La Magistratura è da riformare. Ogni sentenza risulta disomogenea rispetto alle altre emanate per vicende consimili. Sui fatti nodali della storia italiana, i giudici non hanno giudicato niente. Sul passato devastato di questa nazione, i magistrati sono forcaioli in attesa di incrementare l'intensità con cui il passato non è devastato ma devastante. Avrebbe ragione Berlusconi e, di conseguenza, avrebbe ragione quello che non so più come definire (centro, pallida socialdemocrazia cristiana, incrocio genetico dell'a-politica...), insomma, quella roba rosa pallido lì: si dovrebbe riformare la Giustizia, ma finché c'è Berlusconi non lo si può fare.

E sarebbero giudizi sbagliati. Perché la sentenza sui fatti di Bolzaneto evidenzia che è lo Stato tutto, in qualunque sua funzione, a risultare compromesso, purulento, contaminante. Il giudizio va tracciato oltre ogni tentazione ideologica. Si ha da essere contro lo Stato. Poiché, dopo giorni di scontro istituzionale sull'indipendenza del potere legislativo da quello esecutivo, garantito dalla Costituzione, tra i cui Padri non c'è quel figlio di puttana di Benjamin Franklin bensì quell'anima santa di Giulio Andreotti - dopo una battaglia all'ultimo finto sangue, poiché quello vero scorse alla Diaz, ecco come questa mascherata si risolve: con i poteri che si tutelano a vicenda e non smentiscono le lucide previsioni di chi, vivendo in stato statale, sapeva già da tempo che, al momento decisivo, lo Stato si sarebbe rinsaldato tutto di un colpo, escludendo il diritto alla verità di chi lo Stato rappresenta e di chi ne è a fondamento: cioè noi tutti.

Potrei dissertare filosoficamente all'infinito sulle teorie politiche che giustificano quanto sto affermando, e cioè che lo Stato è contro la natura della civiltà, dell'umanità, dei valori, della convivenza, dell'empatia e dell'amore. Altrettante teorie potrebbero essere scagliate contro questo personalissimo giudizio. Poiché, tuttavia, l'immediatezza del momento, con questa evidenza dell'indegnità del potere giudiziario a fronte di una patente violazione dei diritti personali e collettivi, solleva emozioni, risponderò con una citazione che mi sta a cuore, di cui non sto a enunciare né l'autore né l'opera - tanto, chi ha occhi per vedere vedrà e chi ha orecchi per ascoltare ascolterà:

Noi, rivoluzionari-anarchici, fautori dell’istruzione generale del popolo, dell’emancipazione e del piú vasto sviluppo della vita sociale e di conseguenza nemici dello Stato e di ogni statalizzazione, affermiamo, in opposizione a tutti i metafisici, ai positivisti e a tutti gli adoratori scienziati o non della scienza deificata, che la vita naturale precede sempre il pensiero, il quale è solo una delle sue funzioni, ma non sarà mai il risultato del pensiero; che essa si sviluppa a partire dalla sua propria insondabile profondità attraverso una successione di fatti diversi e mai con una serie di riflessi astratti e che a questi ultimi, prodotti sempre dalla vita, che a sua volta non ne è mai prodotta, indicano soltanto come pietre miliari la sua direzione e le varie fasi della sua evoluzione propria e indipendente.

In conformità con questa convinzioni noi non solo non abbiamo l’intenzione né la minima velleità d’imporre al nostro popolo, o a qualunque altro popolo, un qualsiasi ideale di organizzazione sociale tratto dai libri o inventato da noi stessi ma, persuasi che le masse popolari portano in se stesse, negli istinti piú o meno sviluppati dalla loro storia, nelle loro necessità quotidiane e nelle loro aspirazioni coscienti o inconsce, tutti gli elementi della loro futura organizzazione naturale, noi cerchiamo questo ideale nel popolo stesso; e siccome ogni potere di Stato, ogni governo deve, per la sua medesima essenza e per la sua posizione fuori del popolo o sopra di esso, deve necessariamente mirare a subordinarlo a un’organizzazione e a fini che gli sono estranei noi ci dichiariamo nemici di ogni governo, di ogni potere di Stato, nemici di un’organizzazione di Stato in generale e siamo convinti che il popolo potrà essere felice e libero solo quando, organizzandosi dal basso in alto per mezzo di associazioni indipendenti e assolutamente libere e al di fuori di ogni tutela ufficiale, ma non fuori delle influenze diverse e ugualmente libere di uomini e di partiti, creerà esso stesso la propria vita.

Queste sono le convinzioni dei socialisti rivoluzionari e per questo ci chiamano anarchici. Noi non protestiamo contro questa definizione perché siamo realmente nemici di ogni autorità, perché sappiamo che il potere corrompe sia coloro che ne sono investiti che coloro i quali devono soggiacervi. Sotto la sua nefasta influenza gli uni si trasformano in despoti ambiziosi e avidi, in sfruttatori della società in favore della propria persona o casta, gli altri in schiavi.

È chiaro allora perché i rivoluzionari dottrinari che si sono assunta la missione di distruggere i poteri e gli ordini esistenti per creare sulle loro rovine la propria dittatura, non sono mai stati e non saranno mai i nemici ma, al contrario sono stati e saranno sempre i difensori piú ardenti dello Stato. Sono nemici dei poteri attuali solo perché vogliono impadronirsene; nemici delle istituzioni politiche attuali solo perché escludono la possibilità della loro dittatura; ma sono tuttavia i piú ardenti amici del potere di Stato che dev’essere mantenuto, senza di che la rivoluzione, dopo aver liberato sul serio le masse popolari, toglierebbe a questa minoranza pseudorivoluzionaria ogni speranza di riuscire a riaggiogarle a un nuovo carro e di gratificarle dei suoi provvedimenti governativi.

Ciò è tanto vero che oggi, quando in tutta l’Europa trionfa la reazione, quando tutti gli Stati ossessionati dallo spirito piú frenetico di conservazione e di oppressione popolare, armati da capo a piedi di una triplice corazza, militare, politica e finanziaria e si apprestano sotto la direzione del principe Bismarck a una lotta implacabile contro la Rivoluzione Sociale; oggi, quando si sarebbe dovuto pensare che tutti i sinceri rivoluzionari s’unissero per respingere l’attacco disperato della reazione internazionale, noi vediamo al contrario che i rivoluzionari dottrinari sotto la guida del signor Marx prendono dappertutto il partito dello statalismo e degli statalisti contro la rivoluzione del popolo.
Ora, mi sia permesso aggiungere qualche breve nota personale. E cioè che io mi vergogno non soltanto di vivere in uno Stato la mia esistenza che forzosamente è resa miseranda dalla struttura statuale stessa, ma mi vergogno maggiormente a vivere in questo Stato; mi repelle qualunque istituzione, che si forma per necessità tutt'altro che naturali e popolari, ma per imposizione non contestabile da chiunque, che si ritrova immerso in questo habitat da quando è demilienizzato a un giorno dalla nascita e, anche se poi si mette a contestare questo condizionamento totalizzante (che è tale poiché lo Stato è un ente totalitario), comunque finirà a morire in un ospedale senza avere sortito nulla, e chi rimane dovrà pure essere grato perché lo Stato garantisce un posto di merda dove morire; sono orripilato quotidianamente dalla visione delle cosiddette Forze dell'Ordine, che con l'Arma dei Carabinieri sortiscono il massimo gradimento e fiducia dei miei concittadini, e si stanno visibilmente moltiplicando sotto i miei occhi, godendo di leggi fatte all'impromptu per permettere loro un controllo ancora più serrato sulle persone, non bastando il fatto che, trascorsa la stagione di Piombo, non sono state ancora abrogate le leggi restrittive emanate ai tempi da Francesco Cossiga, cosicché senza accorgersi i miei concittadini vivono in uno stato di guerra legislativo, senza che ci sia più quella guerra; mi viene da vomitare al pensiero che si sorveglino militarmente inesistenze e astrazioni dette "confini", purissimi atti di volontà di potenza che nessun geomorfismo giustifica; sono angosciato dal fatto che lo Stato permetta a difensori e pm e giudici di trattare donne violate come le tratta in quelle enclave che sono le aule giudiziarie; sono sconvolto dall'aberrazione dell'ideologia trionfante (quintessenziale all'idea di Stato stesso) della pena, questo protocollo per cui, anziché arrivare a una civiltà, si invera in forma legislativa l'occhio per occhio e il dente per dente, appalesando con somma serenità e assenza di opposizione qualunque la reale natura vendicativa dell'istituzione stessa, che condiziona chiunque; sono sconcertato dall'assoluta assenza di reazione coscienziale di chi abita con me in questo che, prima che uno Stato, è un luogo, puramente e semplicemente un luogo, dove si è sviluppata una lingua comune e peraltro la lingua più poetica del mondo moderno.

Il mio pensiero va agli ultimi tra i calpestati dallo Stato, che sono i massacrati della Diaz. Si aggiungono a una teoria infinita di persone, non di cittadini, per cui non c'è stata la tanto vantata tutela dello Stato, perché non può esserci, e dunque sarebbe anche inutile aspettarsela o berciare, come sto facendo, perché non c'è. E dico le vittime e i colpevoli tutti, tutti gli abitanti di questo luogo, che ha una storia cangiante e multiforme, che non si trova nei manuali di storia statale che vengono comminati nelle scuole, per l'attuale disinteresse delle giovani generazioni, le più condizionate che abbiano calcato questa penisola e vissuto in questa civiltà, erettasi su fondamenti etruschi e cioè asiatici, greci, mediorientali, ebrei, arabi, normanni, tedeschi, francesi, spagnoli, africani, cinesi e, purtroppo, sì, anche vaticani.

Concludo citando quello di prima, perché si comprenda che non a caso ho citato il connubio vomitevole di cui l'Italia è attuale avanguardia residuale (un paradosso che da solo qualifica questo posto in cui stiamo) - quello tra Stato e Chiesa, cioè tra Idea dello Stato e Dio. Buon futuro a tutti, concittadini, ovverosia voi che vi sentite cittadini...
Dio appare, l’uomo si annienta; e più la Divinità si fa grande, più l’umanità diventa miserabile. Ecco la storia di tutte le religioni: ecco l’effetto di tutte le ispirazioni e di tutte le legislazioni divine. Nella storia, il nome di Dio è la terribile vera clava con la quale tutti gli uomini divinamente ispirati, i "grandi geni virtuosi", hanno abbattuto la libertà, la dignità, la ragione e la prosperità degli uomini.

Abbiamo avuto prima la caduta di Dio. Abbiamo ora una caduta che c’interessa assai più: quella dell’uomo, causata dalla sola apparizione di Dio o manifestazione sulla terra. Vedete dunque in quale orrore profondo si trovano i nostri cari ed illustri idealisti. Parlandoci di Dio, essi credono e vogliono elevarci, emanciparci, nobilitarci, ed al contrario ci schiacciano e ci avviliscono. Col nome di Dio, essi immaginano di poter edificare la fratellanza fra gli uomini, ed invece creano l’orgoglio e il disprezzo, seminano la discordia, l’odio, la guerra, fondano la schiavitù.

Perché con Dio vengono necessariamente i diversi gradi d’ispirazione divina; l’umanità si divide in uomini ispiratissimi, meno ispirati, non ispirati.
Tutti sono egualmente nulla davanti a Dio, è vero, ma confrontati, gli uni agli altri, alcuni sono più grandi degli altri; non solamente di fatto, ciò che non avrebbe importanza perché una ineguaglianza di fatto si perde da se stessa nella collettività quando non può afferrarsi ad alcuna finzione o istituzione legale; ma alcuni sono più grandi degli altri per volere del diritto divino dell’ispirazione: il che costituisce subito una in eguaglianza fissa, costante, pietrificata.
I più ispirati devono essere ascoltati ed obbediti dai meno ispirati e questi dai non ispirati.

Ecco il principio di autorità ben stabilito e con esso le due istituzioni fondamentali della schiavitù: la Chiesa e lo Stato.

12 comments:

Anonymous said...

Concordo pienamente con l'articolo di Genna (sarà perché ricorre frequentemente al termine "naturale"), ma concordo ancor di più con la tua introduzione.

L'anarchia è un contenitore dentro al quale può starci tutto, dal comunismo all'integralismo religioso.
Sarebbe giunta l'ora di smetterla di cercare di dare un definizione che accontenti tutti di comunismo, liberalismo, fascismo etc.

Per l'utilità che può avere, ci pensino rispettivamente i comunisti, i liberali e i fascisti a definire cosa in realtà siano queste ideologie.
Per gli altri è sufficiente sapere che trattasi
semplicemente di modelli di organizzazione sociale -meglio, comunitaria - che rispondono (più o meno efficacemente) a delle richieste diverse e pertanto risultano essere inconciliabili ed incompatibili fra loro. Ciò significa che per definizione, non possono essere imposti a nessuno, ma ognuno dovrebbe essere libero di scegliersi il proprio modello nella speranza che poi funzioni.

Gli stessi anarchici, ciascuno per la propria "fazione", commettono ostinatamente l'errore di voler affermare il loro modello di anarchia facendo così scadere in secondo piano quello che invece è l'obiettivo principale di chiunque pretenda di definirsi anarchico: l'autogoverno dell'individuo, che inizia esattamente con la libertà di scegliere se morire in miseria oppure no.

Paxtibi said...

Ero ovviamente certo che avresti condiviso la linea.

E il tuo commento completa questo post alla perfezione. È da migliaia di anni che ci fottono con il divide et impera, sarebbe ora di crescere e liberarsene.

Ma lo vogliamo davvero? Questa è la domanda fondamentale.

Anonymous said...

A parte la chiosa finale sulla CHiesa (su cui ho alcune riserve) articolo STREPITOSO. Ciao

Sick boy

ps: chi è il citato?

Paxtibi said...

Bakunin.

Anonymous said...

Ma lo vogliamo davvero? Questa è la domanda fondamentale.
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In un certo senso si,
rispondendo anche a rantasipi ognuno di noi è anarchico, non esiste una persona che concorda con le decisioni che le vengono imposte o quantomeno con una parte di esse.

Che comunque si faccia il possibile per rispettarle è altro discorso, a mio parere manca completamente l'informazione su questi temi...quando si sente nominare la sola parola "anarchia" viene distorta a tal punto da cambiare completamente significato, sappiamo bene da chi e il perchè.

Individualmente ognuno di noi "cerca" di star meglio, il problema è che le "scelte disponibili" sono state imposte nella nostra testa, se siamo arrivati a questo punto e probabilmente andrà sempre peggio non c'è molta speranza...

Roberto (infettato)

Anonymous said...

Mah, Roberto.
Che siamo tutti anarchici ho seri dubbi, altrimenti non saremmo qui a discuterne. Che in pochi accettino di buon grado scelte imposte da altri mi pare evidente che non sia così: un post di Pax dopo questo dimostra che non è esattamente così (posto che comunque sondaggi e statistica sono da prendere con le dovute pinze). E' vero semmai che nessuno asseconda le imposizioni dell'altra fazione, ma questo avviene perché il divide et impera funziona e si è calcificato nella testa della stragrande maggioranza delle persone, ma stai pur certo che la delega della sovranità su se stessi è pratica ancora molto diffusa.
Su questo, sono d'accordo con te, la distorsione del significato del termine Anarchia, ha un peso notevole.
Ma se non ci pensano gli anarchici a fare definitivamente chiarezza, chi dovrebbe farlo?

Anonymous said...

As usual, ho fatto casino. Due post prima di questo, volevo dire. Insomma, quello intitolato "Non fidarsi è meglio".

Chiedo venia. :)

Paxtibi said...

Ammesso che la chiarezza l'abbiano fatta intanto nella loro testa, cosa nient'affatto scontata.

Tanto per dire, questo post, almeno finora, ha suscitato un dibattito più vivo qui che sul forum libertario di POL, dove l'ho riportato.

Anonymous said...

ho visto, e la cosa è francamente avvilente.

Anonymous said...

"ma stai pur certo che la delega della sovranità su se stessi è pratica ancora molto diffusa."
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Questo è il nodo cruciale per il quale oggi siamo qui, e non solo qui a ragionare delle malefatte dell'altra fazione detto anche "sistema".

Il siamo tutti "anarchici" è inteso nel cuore della stragrande maggioranza dei singoli individui, che invece nel reale non sia così, è palese.

Venendo al nocciolo chi sfrutta e trae vantaggi alla fine sono pochi rispetto a chi crede di averne legittimando lo stato nella cabina, insomma non racconto nulla di nuovo.

Pax tu dici

Ammesso che la chiarezza l'abbiano fatta intanto nella loro testa, cosa nient'affatto scontata.

Tanto per dire, questo post, almeno finora, ha suscitato un dibattito più vivo qui che sul forum libertario di POL, dove l'ho riportato.
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Esatto, questo è l'altro punto cruciale, è tabu anche parlarne eppure l'articolo merita...
Per ora vince la propaganda statale, la lotta sembra impari ma come è arrivato a me il momento di guardare attentamente quello che succede può arrivare a chiunque.
Alla fine bastano 10 minuti di lucidità per iniziare a capire.

Roberto

Anonymous said...

Allora Roberto, forse le nostre posizioni coincidono:
è un problema di awareness che va diffusa.
La domanda è: come?

Non certo rivendicando ognuno la propria visione di Anarchia come vera e unica. Penso.

Anonymous said...

Si credo siano molto vicine, non ho ancora un'idea statica su quale possa essere la "formula magica", di sicuro è l'unica soluzione percorribile.

L'unico modo per diffondere i propri pensieri rimane internet e direttamente con le persone, non si deve convincere nessuno dovrebbe venire tutto spontaneo far sapere che esistono modi di vita differenti da quelli imposti sarebbe un grandissimo passo in avanti.
Per dire il vero non ci sono molte speranze, almeno da quello che vedo anche nelle discussioni.