Saturday, June 6, 2009

I costi della legge sulle emissioni

Paul Krugman non perde occasione per ricordarci quanto poco può valere ormai un Premio Nobel. Per fortuna, implacabile come Zorro, il nostro professor Murphy appare ogni volta per raddrizzare i torti e tracciare la sua “M” sul panciotto di questo sergente Garcia dell'economia.

Il terreno di scontro è questa volta il programma di Obama contro il riscaldamento globale, che Krugman – che sorpresa! – ha applaudito con un certo entusiasmo, incurante di un rapporto tra costi e benefici a dir poco preoccupante. Sull'argomento consiglio anche di leggere questo articolo che rivela quanto aleatorio sia il catastrofismo climatico alla base dei provvedimenti obamiani.

(Una versione audio MP3 di questo articolo, letta dal dott. Floy Lilley, è disponibile come download gratuito.)
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Di Robert P. Murphy


In due dei suoi recenti editoriali (qui e qui) per il New York Times, il Premio Nobel Paul Krugman ha sfidato i critici delle intenzioni governative di regolare le emissioni di anidride carbonica, ed ha persino specificamente avallato l'imminente legge Waxman-Markey che include un programma di “mercato delle emissioni.” (Pdf) Secondo Krugman, i costi di tale legislazione non sono una gran cosa e in cambio evitiamo la catastrofe. Quindi perché tutte queste critiche?

Nel presente articolo, voglio mostrare la fragilità della posizione di Krugman. Per prima cosa perché il vero danno economico della legislazione sul “riscaldamento globale” potrebbe essere molto superiore ai suoi calcoli. E poi, perché i benefici di tali misure – in termini di evitati danni per cambiamento climatico – sono abbastanza trascurabili, a meno che altri paesi seguano a ruota.

Per concludere, la posizione strategica di Krugman sulla legge sulle emissioni – “questa legge è meglio che niente” – è contradditoria con la sua opinione sull'“inadeguata” legge di stimolo di Obama e sui piani di Geithner per rinnovare il settore bancario. In breve, se il mondo è davvero ad un passo dalla catastrofe – come molti allarmisti dicono che siamo, ed è per questo che bisogna prendere dei provvedimenti immediati – perché allora tanti di questi stessi attivisti stanno sostenendo una legislazione che secondo i loro propri modelli non farà virtualmente niente?

I danni economici della riduzione delle emissioni

Quando i politici propongono di penalizzare le emissioni di anidride carbonica (o più in generale dei gas-serra), la domanda naturale che la maggior parte delle persone pone è, “quanto costerà?” Poiché viviamo in un mondo di scarsità, se il governo sottrae delle opzioni ai produttori (vale a dire, la capacità di emettere tutta la CO2 che vogliono) allora la produzione di beni e servizi sarà necessariamente più bassa di quanto sarebbe altrimenti.

Così, se dovremo godere di un minor volume di produzione, in cambio di una minore probabilità di danni da cambiamento climatico (secondo determinati modelli), allora dobbiamo avere una qualche idea del compromesso quantitativo in questione. Questo è un approccio puramente utilitarista, siatene certi: qualcuno pensa che le emissioni di carbonio debbano essere limitate dalla responsabilità morale (verso il pianeta o verso altri esseri umani che vivono sui litorali dei paesi più poveri), mentre altri potrebbero pensare che i proprietari delle fabbriche abbiano un diritto morale di emettere tutta la CO2 che vogliono.

Queste sono domande importanti, e la maggior parte degli economisti austriaci vorrebbero rispondere alla questione dei diritti di proprietà definitivi persino prima di considerare “costi e benefici.” Tuttavia voglio che questo articolo sia conciso, ed ho degli argomenti importanti da discutere anche alle condizioni di Krugman. Accettiamo quindi la struttura fondamentale del dibattito come si svilupperà nei media ed in gran parte della blogosfera nei prossimi mesi.

Qui è Krugman che parla dei danni economici della legislazione sulle emissioni, o di ciò che è classificato in modo impreciso come i “costi” di tali misure:
Un sistema di scambio delle emissioni aumenterebbe il prezzo di qualsiasi cosa che, direttamente o indirettamente, porti a bruciare dei combustibili fossili. L'elettricità, in particolare, diventerebbe più costosa, dato che una grande quantità di generazione avviene negli impianti a carbone. … I consumatori finirebbero per essere più poveri di quanto sarebbero stati senza politica sul cambiamento climatico.

Ma quanto più poveri? Non molto, dicono i ricercatori attenti, come quelli all'Ente per la Salvaguardia dell'Ambiente o al Gruppo di Previsione delle Emissioni e di Analisi Politica al Massachusetts Institute of Technology. Anche con limiti rigorosi, dice il gruppo del M.I.T., gli americani consumerebbero nel 2050 soltanto il 2 per cento in meno di quanto avrebbero fatto in assenza dei limiti di emissione.
Ora aspettate un secondo. Quello che sta facendo qui Krugman è esattamente analogo ad uno “scettico” o ad un “negazionista” del riscaldamento globale ad opera dell'uomo che indichi un documento di Richard Lindzen o di Roy Spencer, entrambi “ricercatori molto attenti” che non pensano che le emissioni di gas-serra (GHG) siano il problema che molta altra gente nel loro campo crede. Ora, quando il “negazionista” cita su un blog la stima della sensibilità della temperatura alle emissioni di GHG di un Lindzen o uno Spencer, cosa fa la controparte media? Afferma che questi tipi sono schegge impazzite e che “il consenso” rappresentato dalla Commissione Intergovernativa sul Cambiamento Climatico (IPCC) mostra quali sono le stime reali.

Così nello stesso spirito, posso mettere in discussione gli esperti di Krugman. L'ultimo rapporto dell'IPCC (AR4-Pdf) dice che un'azione aggressiva contro le emissioni di GHG – ed il programma di riduzioni contenuto nella Waxman-Markey è molto aggressivo nella scala dei modelli studiati dall'IPCC – potrebbe costare fino al 5,5 per cento del P.I.L. globale entro l'anno 2050, rispetto alla traiettoria della linea base del P.I.L. se non venisse imposto alcun limite alle emissioni. Non fidatevi della mia parola – o a quella della Heritage Foundation – per, questo; il grande attivista Joe Romm cita qui la loro stima.

Ora la stima (massima) dell'IPCC è del 175 per cento superiore a quella riportata da Krugman. Non ho analizzato i particolari studi sui quali Krugman si è basato, ed è possibile che le loro stime di un costo molto più basso siano il risultato dello studio di una legislazione molto meno aggressiva di quella esaminata nei modelli rappresentativi dell'IPCC. Ma il mio punto è, se gli allarmisti vogliono tartassare la gente con il “consenso del'IPCC,” allora siano almeno coerenti. Secondo l'IPCC, se il mondo intero seguisse il programma di emissioni aggressivo contenuto nella Waxman-Markey, i costi-opportunità economici potrebbero trovarsi al 5,5 per cento del P.I.L. entro l'anno 2050.

Prima di procedere, assicuriamoci ci aver capito cosa sta dicendo il gergo economico: se la vostra famiglia incasserebbe normalmente 100.000 dollari, l'aggressiva legislazione sulle emissioni potrebbe aumentare i prezzi di beni e di servizi in modo tale che perderete fino a 5.500 dollari in potere d'acquisto entro l'anno 2050 (dato che il limite totale sulle emissioni si restringe col passare del tempo, l'effetto annuale su consumo diventa sempre peggiore col passare del tempo. Nei primi anni, il colpo ai redditi sarebbe annualmente più basso di 5.500 dollari.)

La stima si basa su un'applicazione da manuale e su un uso efficiente delle entrate

È ancora peggio. Queste stime dell'IPCC e del MIT presuppongono un'applicazione ottimale delle politiche sul clima, per tutti i governi principali e per un secolo intero. Se andate oltre il “Sommario per i politici” e vi inoltrate nella vera polpa del rapporto dell'IPCC, troverete il seguente importante ammonimento:
È importante notare che per le seguenti stime dei costi, la larga maggioranza dei modelli presuppone mercati trasparenti, nessun costo di transazione e quindi l'esecuzione perfetta delle misure politiche nel corso del ventunesimo secolo, che porterebbero all'adozione universale delle misure di mitigazione di costo-efficacia, quali le tasse sulle emissioni o i programmi di mercato globale delle emissioni…. Il rilassamento di questi presupposti di modello, da soli o in combinazione (per esempio una mitigazione soltanto nei paesi dell'Annex I, l'assenza di mercato delle emissioni, o nella diminuzione solo della CO2), porterebbe ad un sensibile aumento in tutte le categorie di costo. (Gruppo di Lavoro III, p. 204, enfasi aggiunta)
Diventa sempre peggio. La maggior parte, forse tutti questi studi, presuppongono che il governo utilizzi i ricavati del mercato delle emissioni (o la tassa sull'anidride carbonica) in modo efficiente. In altre parole, il “costo” calcolato di tali misure si riferisce al concetto economico di “perdita della zavorra.” Per esempio, se il governo raccoglie 350 miliardi di dollari dalla vendita di permessi di emissione, quel reddito non fa parte del “costo” del programma. Piuttosto, ciò che questi tipici studi chiamano “costo” – che può aumentare fino al 5,5 per cento del P.I.L. entro il 2050, ricordate – si riferisce a beni ed a servizi privati persi a causa dei vincoli sulle possibilità produttive, dato che l'economia deve emettere una minor quantità di anidride carbonica.

Tuttavia, il governo in pratica sicuramente spenderebbe più soldi che altrimenti, se avrà a sua disposizione ogni anno centinaia di miliardi di entrate derivanti dal mercato delle emissioni. L'implementazione di un tale commercio non ridurrebbe semplicemente il deficit, né sarebbe usata per ridurre dollaro-per-dollaro le imposte sul lavoro (come molti economisti propongono). Così i costi in pratica saranno ben più alti; il governo finirà per sperperare molto più del 5,5 per cento della produzione totale nell'anno 2050, anche se prendiamo per buoni tutti gli altri presupposti dei modelli.

I benefici della Waxman-Markey sono trascurabili

Abbiamo visto che i danni economici di una legislazione come la Waxman-Markey potrebbero essere piuttosto alti. Cosa farà per evitare i danni climatici? Secondo questa stima dello scienziato del clima Chip Knappenberger, la Waxman-Markey condurrebbe ad un pianeta meno caldo di 9/100 di grado Fahrenheit di quanto sarebbe altrimenti, per l'anno 2050. Nel caso pensiate che la stima di Knappenberger sia falsa, osservate la reazione dagli scienziati della NASA ed altri in un preminente blog pro-interventista. Non discutono la stima; dicono invece che gli Stati Uniti devono indicare la direzione limitando le proprie emissioni.

Ah, ma questo ci porta ad un'ovvia domanda conseguente: c'è un ricercatore a favore della Waxman-Markey che abbia fatto una simulazione per mostrare questo processo, in cui altri paesi come la Cina e l'India seguono a ruota (dopo quanto ritardo?) a causa della guida degli Stati Uniti? Tyler Cowen – che è abbastanza preoccupato per il cambiamento climatico – ha chiesto due volte sul suo popolare blog ai fautori di dargli un tale modello. Cowen sa degli argomenti secondo cui gli Stati Uniti dovrebbero prendere provvedimenti unilaterali (anche se Knappenberger mostra quanto poco potrà fare una tale azione da sola), e vuole semplicemente che questi argomenti siano formalizzati.

Nel momento in cui scrivo, Cowen ha ottenuto solo un grande silenzio in risposta a questa domanda. Per quanto ne so, non una singola persona ha scritto nemmeno un post su un blog che offra un modello decente che mostri le interazioni strategiche di varie potenze mondiali, e quali sarebbero i probabili benefici netti provenienti - salvare l'ambiente compreso – dalla legge Waxman-Markey.

Tornando a Krugman, questo è tutto molto interessante. Perché quando la questione era la legge di stimolo o la “riforma” delle banche Krugman sostenne che una misura inadeguata potrebbe essere peggio che niente, perché avrebbe sperperato il capitale politico del presidente Obama (vedi l'ultimo paragrafo in questo blog post per un buon esempio). Così se gli Stati Uniti finiscono con l'avere un'enorme prova di forza legislativa, con esperti da ambo i lati che impazziscono e che si accusano l'un l'altro di ogni specie di maleficio, e il risultato è una legislazione che fa pochissimo per cambiare le temperature globali, non potrebbe questo essere peggio che niente – specialmente se abbiamo pochissimo tempo per agire, come alcuni preminenti allarmisti ci dicono?

Conclusione

Il dibattito sul riscaldamento globale è stato ormai completamente politicizzato ed i partigiani da ambo i lati hanno iniettato spesso valori nascosti mascherati da fatti scientifici. Capisco che persino alcuni libertari credano che la scienza alla base dimostri che “business as usual” significherà un'enorme forma di aggressione sui diritti di proprietà di alcune delle persone più vulnerabili del mondo.

Nondimeno, penso che la reale minaccia contro l'umanità provenga da governi che diventano sempre più potenti in nome della lotta ai cambiamenti climatici. I recenti tentativi di Paul Krugman di giustificare queste nuove pesanti misure ignorano lo stesso IPCC, e perfino le sue stime “consensuali” sono basate su ingenui assunti sul comportamento dei governi nel mondo reale.

Che siate un “negazionista” o che pensiate che le emissioni di anidride carbonica debbano essere ridotte decisamente molto in fretta, dovreste essere estremamente scettici del processo ora in opera a Washington. Non è questione di salvare il pianeta; è una questione di soldi e potere.

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