Tuesday, June 29, 2010

La politica oppio dei popoli

Nuovo interessante articolo di Gian Piero de Bellis di panarchy.org sui nefasti effetti della politica nella vita civile.
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La politica oppio dei popoli
(e i politicanti imbonitori furfanti)

Di Gian Piero de Bellis


Passato. Nei secoli passati la trasmissione della cultura nell’Europa Occidentale ha avuto come protagonista la Chiesa Cattolica che aveva saputo preservare il patrimonio classico (greco e latino) e l’aveva diffuso durante il MedioEvo. Questa attività culturale diede vita anche alla formazione di università e scuole che si moltiplicarono in tutta Europa e permisero alla Chiesa di avere un dominio quasi esclusivo sui processi di formazione dell’individuo. Questo monopolio culturale della Chiesa, come tutti i monopoli, portò inesorabilmente, nel corso del tempo, ad un crescente oscurantismo che si manifestò come incapacità ad accettare il metodo scientifico e la libera ricerca. La riproposizione pura e semplice del passato e l’uso della fede come sostegno del potere (ecclesiastico e non), hanno generato guasti enormi per la religione intesa come spiritualità e hanno condotto all’emergere della religione come una ideologia che giustificava lo sfruttamento e i patimenti subiti sulla terra in vista di una ipotetica ricompensa ultraterrena.

È quindi più che comprensibile che tutti coloro che, nell’epoca moderna, si sono pronunciati a favore del rinnovamento (ad es. liberi pensatori, socialisti, anarchici, radicali, ecc.) hanno sviluppato un forte anti-clericalismo e un acceso sentimento contrario alla religione. Nel 1843 Marx espresse chiaramente questa posizione di rigetto della religione come manipolazione affermando nella sua Critica della filosofia del diritto di Hegel: “La religione è il singhiozzo di una creatura oppressa, il sentimento di un mondo senza cuore, lo spirito di una condizione priva di spirito. È l'oppio dei popoli.” Da allora, almeno negli ambienti progressisti e illuminati, la religione è stata considerata, puramente e semplicemente, come “l’oppio dei popoli”.

Presente. L’emergere dello stato nazionale (dopo la Rivoluzione Francese), l’esproprio di buona parte delle proprietà della Chiesa in tutti i paesi d’Europa, la fine del potere temporale del Papato, la secolarizzazione delle società moderne, l’istituzione della scuola di stato, questi e molti altri accadimenti storici hanno minato il potere della Chiesa e ne hanno distrutto il monopolio culturale. Di certo a partire quanto meno dalla Prima Guerra Mondiale, lo scontro di idee e di gruppi ha avuto poco o nulla a che fare con la religione e quasi tutto a che vedere con un nuovo fenomeno culturale di massa: la politica.

Nell’epoca contemporanea la politica ha rimpiazzato del tutto la religione come tema di discussione e molla per l’azione delle masse. Mentre in passato si manifestava lo scontro tra cattolici e protestanti per l’affermazione (e imposizione) del proprio credo religioso, nel corso del XX secolo si è assistito alla lotta tra destra e sinistra per affermare (e imporre) la propria visione politica.

Queste due fazioni rivali, la destra e la sinistra, non solo hanno sostenuto due modelli di organizzazione sociale apparentemente diversi ma hanno anche presentato la politica in due modi apparentemente diversi.

Per gli esponenti della sinistra, la politica è una cosa sublime; tutto è o deve essere politica e quindi anche il personale è politico. In sostanza la sinistra esprime una visione totalizzante della politica.

Per gli esponenti della Destra, la politica è una cosa sporca (secondo la presunta affermazione di Mussolini) e in quanto cosa sporca va lasciata fare alle persone pure, cioè a loro. In sostanza la destra abbraccia una visione totalitaria della politica.

Tenendo conto delle vicende storiche, tra visione totalizzante e visione totalitaria le differenze sono risultate poi praticamente inesistenti, con gli uni che proclamavano e proclamano tuttora: morte ai fascisti, e gli altri che proclamano e continuano a proclamare: morte ai comunisti. Forse non più con la stessa foga e le stesse parole, ma sempre con la stessa voglia di esclusività nell’occupazione del potere.

Da queste contrapposizioni fasulle, da queste diatribe prive di senso, se ne esce solo attraverso una analisi fattuale di che cos'è stata e di cos'è tuttora la politica. A questo riguardo ci aiutano alcune affermazioni di commentatori e critici acuti della società occidentale.

Ambrose Bierce nel suo The Devil’s Dictionary (Il Dizionario del Diavolo) offre due definizioni di politica:
  1. “A means of livelihood affected by the more degraded portion of our criminal class.” [Un mezzo per guadagnarsi da vivere utilizzato dalla parte più spregevole della nostra classe criminale].
  2. “A strife of interests masquerading as a contest of principles. The conduct of public affairs for private advantage.” [Un conflitto di interessi mascherato da contesa per l’affermazione di principi. Conduzione di affari pubblici per guadagni privati].
Come giornalista egli aveva continuamente sotto gli occhi il sistema americano di spartizione del bottino (lo “spoil system”) attraverso il quale il partito vincente si accaparrava posti di lavoro e mazzette per i suoi seguaci e sostenitori.

Un altro giornalista americano, H. L. Mencken ha qualificato gli uomini politici come "men who, at some time or other, have compromised with their honour, either by swallowing their convictions or by whooping for what they believe to be untrue." [persone che, prima o poi, sono venute a patti con il loro onore, o abbandonando le loro convinzioni o dichiarandosi a favore di quello che esse sanno essere falso].

In Europa, Paul Valéry nella sua raccolta di scritti Regards sur le monde actuel, 1931, ha giustamente rimarcato che “La politique fut d’abord l’art d’empêcher les gens de se mêler dans ce qui le regarde.” [La politica fu fin dal principio l’artifizio di impedire che le persone si occupassero di ciò che li riguarda].

Ciò richiama molto bene un altro modo di vedere la politica che dobbiamo alla lingua tagliente di Groucho Marx: “La politica è l'arte di cercare un problema, trovarlo dappertutto, diagnosticarlo in modo errato e applicargli i rimedi sbagliati” (da una segnalazione di Tobia Cavalli).

E si potrebbe proseguire con citazioni ancora più dissacranti e devastanti in cui la politica appare come uno strumento per generare l’odio tra le persone e per spingerle a commettere azioni efferate (genocidi, persecuzioni, espulsioni di massa, ecc.).

Se tutto ciò è stato ed è tuttora vero, allora come spiegare e giustificare il fatto che molti, soprattutto tra coloro che si dichiarano progressisti e illuminati, continuano ancora ad avere una visione miracolistica della politica, a voler fare politica e incoraggiano tutti a occuparsi di politica come se questa fosse davvero un impegno indispensabile ed utile e non una attività criminale e una presa in giro colossale? Forse perché, anche le persone sensate non hanno ben chiaro che cosa è davvero la politica. Se è così allora c’è bisogno (a) di produrre una definizione più esatta e più penetrante della “politica” e (b) per coloro che vogliono impegnarsi in un movimento di rinnovamento occorre prospettare un impegno personale e sociale più entusiasmante, convincente e soprattutto sensato che li porti al superamento della politica.

Futuro. Per inventare un futuro di rinnovamento è necessario conoscere a fondo il passato e il passato ci fa scoprire parallelismi interessanti e al tempo stesso inquietanti che mostrano il ricorrere di alcuni fenomeni storici indesiderabili. Questa ripetizione delle vicende storiche più negative è possibile solo in quanto, coloro che ignorano la storia, finiscono per commettere sempre gli stessi errori.

Le sette religiose che si combattevano per l’affermazione della vera fede, non sono scomparse, hanno solo cambiato nome, si chiamano partiti politici. Il monopolio culturale che manipolava i cervelli e promuoveva l’oscurantismo non è finito con la Chiesa Cattolica, è solo passato di mano: adesso è appannaggio dello Stato nazionale e del suo Ministero della (D)Istruzione (dei cervelli). Le cosiddette guerre di religione in cui si voleva imporre a tutti la propria visione di fede e di vita non sono finite, anzi si sono moltiplicate, come guerre mondiali, lotte tribali, conflitti nazionali, in altre parole, guerre politiche.

Per farla breve, siamo passati dal clericume al laicume, dall’altare in chiesa all’altare della patria, dalle illusioni create dalla religione alle illusioni create dalla politica. Chi ha notato tutto ciò non può arrivare che alla seguente conclusione-constatazione che aggiorna una vecchia formulazione e offre al tempo stesso una lucida definizione della politica: La politica è l’oppio dei popoli.

Lasciate perdere il calcio, la televisione, i divertimenti; questi sono spesso solo strumenti subordinati e manipolati dalla politica la quale, attraverso i politicanti, veri imbonitori furfanti, agisce come un gas invisibile e inodore che circola dappertutto e annebbia il cervello degli individui (illudendo, corrompendo, sviando, snervando, offuscando e così via).

Per questo la costruzione del futuro sarà opera di movimenti che vanno al di là della politica e già fin d’ora non solo si pongono contro la politica come pretesa al monopolio dei cervelli e dei comportamenti di tutti ma prefigurano già un modello sociale post-politico.

Un movimento di liberazione degli individui deve andare quindi necessariamente contro la politica (ed essere quindi post-politico) perché, se fosse un movimento politico e avesse successo, sarebbe destinato quasi inevitabilmente a trasformarsi in partito politico riproponendo così tutta il vecchio sudiciume e i soliti imbrogli.

Per questo, la lotta contro l’oppressione dello stato, cioè contro il massimo esponente della politica, non è una battaglia politica ma un conflitto per l’affermazione dei propri diritti civili (alla libertà, all’autonomia, all’autodeterminazione, all’autogestione o comunque si voglia caratterizzare la libertà di decisione della persona). La lotta di liberazione dallo statismo ha bisogno quindi non di un movimento politico ma di un movimento o di una rete per i diritti civili in vista del superamento della politica, cioè delle contrapposizioni fasulle che si risolvono poi nella subordinazione materiale di tutti a un potere e a una ideologia dominanti (lo stato o qualunque altra sia la denominazione o forma che assume il potere monopolistico).

Al posto delle contrapposizioni inventate occorre fare emergere la varietà, volontariamente scelta per sé e rispettata negli altri, degli stili di vita. In sostanza, l’obiettivo del movimento per i diritti civili sono le società parallele volontarie nello spazio aperto (al posto degli stati territoriali oppressivi nei pollai o recinti nazionali).

Ma questo è un altro discorso che non si può affrontare qui in poche parole; e forse è meglio lasciare che ognuno scopra per conto suo il nuovo e se lo inventi giorno per giorno nella sua vita.

Saturday, June 26, 2010

Insegnante in Sei Lezioni

Pubblicato la prima volta su Whole Earth Review dell'autunno 1991, questo articolo di John Taylor Gatto, premiato quello stesso anno come Insegnante dell'Anno dello Stato di New York, rivela impietosamente la vera funzione della scuola: privare i ragazzi della loro individualità e plasmarli perché occupino in futuro una precisa posizione nella piramide sociale.
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Di John Taylor Gatto


Chiamatemi Mr. Gatto, grazie. Ventisei anni fa, non avendo niente di meglio da fare, mi sono messo alla prova con l'insegnamento. La mia licenza mi certifica come istruttore di inglese e letteratura lingua, ma non è affatto quello che faccio. Ciò che insegno è la scuola, e vinco dei premi facendolo.

L'insegnamento significa molte cose diverse, ma sei sono le lezioni comuni da Harlem a Hollywood. Pagate queste lezioni in più modi di quelli che potete immaginare, quindi dovreste pure sapere cosa sono:

La prima lezione che insegno è: “Rimanete nella classe a cui appartenete.” Non so chi decide dove i miei ragazzi appartengono ma non è affar mio. I bambini sono numerati di modo che se uno dovesse sfuggire lo si possa riportare alla giusta classe. Nel corso degli anni la varietà di maniere con cui i bambini vengono numerati è aumentata drammaticamente, fino al punto che è difficile vedere l'essere umano sotto il carico di numeri che ciascuno si porta addosso. La numerazione dei bambini è un grande affare di molto profitto, benché lo scopo per cui è progettato sia evasivo.

Comunque, ancora, non è affar mio. Il mio lavoro è di farlo piacere ai ragazzi – l'essere chiusi dentro insieme, intendo – o come minimo, di farglielo sopportare. Se le cose vanno bene, i ragazzi non riescono ad immaginarsi in qualsiasi altro luogo; invidiano e temono le classi migliori ed hanno disprezzo per le classi più stupide. Così la classe mantiene generalmente un buon ordine di marcia. Questa è la vera lezione di tutte le competizioni truccate come la scuola. Arrivi a capire qual è il tuo posto.

Tuttavia, nonostante il modello generale, faccio lo sforzo per spingere i bambini ai livelli più alti di successo nei test, promettendo loro il trasferimento finale dalle classi di livello più basso come ricompensa. Insinuo che verrà il giorno in cui un datore di lavoro li assumerà in base alle valutazioni del test, anche se la mia propria esperienza è che i datori di lavoro sono (giustamente) indifferenti di fronte a cose simili. Non mento mai spudoratamente, ma sono giunto a capire che la verità e l'insegnamento [scolastico] sono incompatibili.

La lezione delle classi numerate è che non c'è via d'uscita dalla vostra classe a se non con la magia. Senza di essa dovrete rimanere dove vi mettono.

La seconda lezione che insegno ai ragazzi è di accendersi e spegnersi come un interruttore. Chiedo che si lascino coinvolgere completamente nelle mie lezioni, saltando su e giù nei loro banchi con entusiasmo, competendo vigorosamente tra loro per ottenere il mio favore. Ma quando la campanella suona insisto che lascino il lavoro immediatamente e procedo rapidamente al seguente posto di lavoro. Niente di importante viene mai finito nella mia classe né, che io sappia, in qualunque altra classe.

La lezione della campanella è che non vale la pena di finire nessun lavoro, così perché curarsi troppo a fondo di qualcosa? La campanella è la logica segreta del tempo a scuola; il suo argomento è inesorabile; la campanella distrugge il passato e il futuro, convertendo ogni intervallo in routine, come una mappa astratta rende identici ogni fiume o montagna reali anche se non lo sono. La campanella inocula l'indifferenza in ogni impresa.

La terza lezione che insegno è di cedere la vostra volontà ad una predestinata catena di comando. I diritti possono essere dati o tolti, per autorità, senza appello. Come insegnante io intervengo in molte decisioni personali, concedendo un pass per quelle che ritengo legittime, o avviando un confronto disciplinare per i comportamenti che minacciano il mio controllo. I miei giudizi sono duri e saldi, perché l'individualità tenta costantemente di affermarsi nella mia aula. L'individualità è una maledizione per tutti i sistemi di classificazione, una contraddizione della teoria delle classi.

Questi sono alcuni dei modi più comuni con cui si rivela: i bambini sgattaiolano nei bagni per stare un momento da soli con il pretesto di svuotare la vescica; mi ingannano con la scusa che hanno bisogno di un po' d'acqua per avere un momento privato nel corridoio. A volte il libero arbitrio mi appare davanti in bambini arrabbiati, depressi o eccitati da cose fuori dalla mia comprensione. Diritti per cose simili per gli insegnanti non possono esistere; esistono soltanto privilegi, che possono essere ritirati.

La quarta lezione che insegno è che solo io decido il programma che studierete (o meglio, faccio rispettare decisioni trasmesse da chi mi paga). Questo potere mi fa separare immediatamente i bambini buoni da quelli cattivi. Quelli buoni eseguono le mansioni che assegno con un minimo di conflitto e una rispettabile esposizione di entusiasmo. Dei milioni di cose che vale la pena imparare, io decido quelle poche per le quali abbiamo il tempo da dedicarvi. Le scelte sono mie. La curiosità non ha un posto importante nel mio lavoro, la conformità sì.

Quelli cattivi, naturalmente, combattono questo fatto, cercando apertamente o di nascosto di prendere loro le decisioni riguardo cosa imparare. Come potremmo permetterlo e sopravvivere come insegnanti? Fortunatamente ci sono procedure per spezzare la volontà di coloro che resistono.

Questo è un altro modo con cui insegno la lezione della dipendenza. I buoni aspettano che un insegnante dica loro cosa fare. Questa è la lezione più importante di tutte, che dobbiamo aspettare qualcun altro, più preparato di noi, che dia un significato alla nostra vita. Non è un'esagerazione dire che l'intera nostra economia dipende dall'imparare questa lezione. Pensate alle cose che crollerebbero se i ragazzi non fossero istruiti con la lezione della dipendenza: I servizi sociali difficilmente potrebbero sopravvivere, compresa la fiorente industria dell'assistenza; l'intrattenimento commerciale di ogni specie, compresa la televisione, appassirebbe se la gente si ricordasse come divertirsi per conto loro; i servizi di ristoro, i ristoranti ed i fornitori di cibi pronti si ridurrebbero se la gente tornasse a cucinarsi i propri pasti piuttosto che dipendere da sconosciuti che lo fanno per loro. Gran parte della legge, della medicina e dell'ingegneria moderne scomparirebbe allo stesso modo – il commercio dell'abbigliamento pure – se non si riversasse ogni anno fuori dalle nostre scuole un rifornimento garantito di gente impotente. Abbiamo costruito un modo di vivere che dipende dal fatto che le persone facciano ciò che viene detto loro perché non conoscono altra maniera. Per l'amor d'Iddio, non facciamo rovesciare questa barca!

Nella lezione cinque insegno che il vostro amor proprio dovrebbe dipendere dalla misura del vostro valore da parte di un osservatore. I miei ragazzi vengono costantemente valutati e giudicati. Un rapporto mensile, impressionante nella sua precisione, viene spedito alle case degli allievi per diffondere approvazione o segnalare esattamente – fino ad un singolo punto percentuale – quanto i genitori dovrebbero essere insoddisfatti dei loro bambini. Anche se qualcuno potrebbe essere sorpreso da quanto poco tempo o riflessione viene speso per compilare queste annotazioni, il peso cumulativo degli apparentemente obiettivi documenti stabilisce un profilo del difetto che costringe un bambino ad arrivare a determinate decisioni su di sé e sul suo futuro basandosi sul giudizio casuale di sconosciuti.

L'auto-valutazione – l'ingrediente base di tutti i principali sistemi filosofici apparsi sul pianeta – non è mai un fattore in queste cose. La lezione delle pagelle, dei voti e dei test è che i bambini non devono fidarsi di sé stessi o dei loro genitori, ma contare sulla valutazione dei funzionari autorizzati. Alle persone dev'essere detto quel che valgono.

Nella lezione sei insegno ai bambini che sono osservati. Mantengo ogni allievo sotto costante sorveglianza e così fanno i miei colleghi. Non ci sono spazi privati per i bambini; non c'è tempo privato. Il cambiamento di classe dura 300 secondi per mantenere la fraternizzazione promiscua a bassi livelli. Gli allievi sono incoraggiati a sparlare l'uno dell'altro, a sparlare anche dei loro genitori. Naturalmente incoraggio anche i genitori a limare l'indocilità dei loro figli.

Assegno i “compiti a casa” in modo che questa sorveglianza si estenda in seno alla famiglia, dove gli allievi potrebbero altrimenti usare il tempo per imparare qualcosa di non autorizzato, forse da un padre o da una madre, o ascoltando qualche persona più saggia nel vicinato.

La lezione della sorveglianza costante è che nessuno può fidarsi di nessuno, che la segretezza non è legittima. La sorveglianza è un'antica urgenza fra certi influenti pensatori; era una prescrizione fondamentale stabilita da Calvino negli Istituti, da Platone nella Repubblica, da Hobbes, da Comte, da Francis Bacon. Tutti questi uomini senza figli scoprirono la stessa cosa: i bambini devono essere osservati molto attentamente se volete mantenere una società sotto un controllo centrale.

È il grande trionfo dell'istruzione che persino tra i migliori dei miei colleghi insegnanti, e persino tra i migliori genitori, ce ne sia solo un piccolo numero in grado di immaginare un modo diverso di fare le cose. Eppure solo poche generazioni fa le cose erano diverse negli Stati Uniti: l'originalità e la varietà erano valuta comune; la nostra libertà dall'inquadramento aveva fatto di noi il miracolo del mondo; i confini delle classi sociali erano relativamente facili da attraversare; i nostri cittadini erano meravigliosamente sicuri di sé, inventivi e capaci di fare molte cose indipendentemente, di pensare con la propria testa. Eravamo qualcosa come individui, e tutto grazie alle nostre forze.

Bastano soltanto circa 50 ore a contatto per trasmettere il saper leggere e scrivere e far di conto abbastanza bene perché i bambini possano auto-istruirsi da quel momento in poi. I proclami per le “conoscenze di base” è una cortina fumogena dietro cui le scuole si appropriano del tempo dei bambini per dodici anni ed insegnano loro le sei lezioni che vi ho appena insegnato.

Abbiamo avuto una società sempre più sotto controllo centrale negli Stati Uniti fin da appena prima la Guerra Civile: le vite che conduciamo, i vestiti che indossiamo, i cibi che mangiamo ed i segnali verdi delle autostrade che percorriamo da costa a costa sono prodotti di questo controllo centrale. Così anche, io credo, lo sono le epidemie di droga, di suicidi, di divorzi, di violenza, di crudeltà, e la trasformazione delle classi in caste negli Stati Uniti, prodotti della disumanizzazione delle nostre vite, della diminuzione dell'importanza dell'individuo e della famiglia che il controllo centrale impone.

Senza un ruolo del tutto attivo nella vita della comunità non ci si può sviluppare in un essere umano completo. Lo insegnò Aristotele. Aveva sicuramente ragione; guardatevi intorno o guardatevi nello specchio: quella è la dimostrazione.

La “scuola” è un sistema di supporto essenziale per una visione di ingegneria sociale che condanna la maggior parte delle persone ad essere pietre secondarie in una piramide che si riduce ad un punto di controllo mentre sale. La “scuola” è un artificio che fa sembrare inevitabile un tale ordine sociale piramidale (anche se una tale premessa è un fondamentale tradimento della Rivoluzione Americana). Ai tempi delle Colonie e nel primo periodo della Repubblica non avevamo scuole di sorta. Eppure la promessa della democrazia stava cominciando ad essere realizzata. Abbiamo voltato le spalle a questa promessa riportando in vita l'antico sogno dell'Egitto: addestramento obbligatorio alla subordinazione per tutti. La scuola dell'obbligo era il segreto che Platone inserì riluttante nella Repubblica quando stabilì i piani per il totale controllo statale della vita umana.

Il dibattito corrente circa l'opportunità di avere un programma di studi nazionale è falso; ne abbiamo già uno, fissato nelle sei lezioni di cui vi ho parlato più qualcuna che vi ho risparmiato. Questo programma di studi produce paralisi morale ed intellettuale e nessun programma di studi sarà sufficiente per invertire i suoi effetti maligni. Ciò di cui si sta discutendo è del tutto irrilevante.

Niente di tutto ciò è inevitabile, sapete. Niente di tutto ciò è impermeabile al cambiamento. Abbiamo una scelta su come far crescere i giovani; non c'è un modo giusto. Non c'è “competizione internazionale” che costringa la nostra esistenza, per quanto sia difficile persino pensarlo a fronte del costante sbarramento dei media del mito contrario. Per quanto concerne ogni importante aspetto materiale la nostra nazione è autosufficiente. Se avessimo una filosofia non materiale che trova il significato dove è davvero situato – nella famiglia, negli amici, nel passaggio delle stagioni, nella natura, nelle semplici cerimonie e rituali, nella curiosità, nella generosità, nella pietà e nel servizio agli altri, in un'indipendenza ed in una sfera privata rispettabili – allora noi saremmo davvero autosufficienti.

Come hanno fatto ad apparire questi posti terribili, queste “scuole”? Come li conosciamo, sono un prodotto dei due “Terrori Rossi” del 1848 e del 1919, quando interessi potenti temevano una rivoluzione tra i nostri poveri delle industrie e sono parzialmente il risultato della repulsione con cui le famiglie di antico lignaggio vedevano le ondate di immigrazione celtica, slava e latina – e la religione cattolica – dopo il 1845. E certamente una terza causa che ha contributo si può trovare nella repulsione con cui queste stesse famiglie vedevano la libera circolazione degli africani nella società dopo la Guerra Civile.

Riguardate le sei lezioni della scuola. È un addestramento per sottoclassi permanenti, gente che dev'essere privata per sempre della capacità di individuare il centro del proprio genio particolare. Ed è un addestramento tratto dalla sua logica originale: regolamentare i poveri. Dagli anni 20 la crescita della ben articolata burocrazia scolastica, e quella meno visibile di un'orda delle industrie che profittano dall'istruzione esattamente com'è, ha allargato la stretta originaria dell'istruzione per sequestrare anche i figli e le figlie della classe media.

Dovrebbe meravigliare che Socrates si sentì oltraggiato dall'accusa di aver preso dei soldi per insegnare? Anche allora, i filosofi vedevano chiaramente il corso inevitabile che il professionalizzare l'insegnamento avrebbe preso, appropriandosi della funzione dell'istruzione che in una comunità in buona salute appartiene a tutti; appartiene, in effetti, soprattutto a noi stessi, dato che nessun altro si preoccupa tanto del nostro destino. L'insegnamento professionistico tende ad un altro grave errore. Rende difficili cose che sono di per sé facili da imparare, come la lettura, la scrittura e l'aritmetica – insistendo che vengano insegnate con procedure pedagogiche.

Con le lezioni come quelle che io insegno giorno dopo giorno, dovrebbe meravigliare se oggi abbiamo la crisi nazionale che affrontiamo? Giovani indifferenti al mondo adulto ed al futuro; indifferenti a quasi tutto tranne la diversione dei giocattoli e della violenza? Ricchi o poveri, gli scolari non possono concentrarsi su qualcosa per troppo a lungo. Hanno poco senso del tempo passato e futuro; diffidano dell'intimità (come i figli di divorziati che sono in realtà); odiano la solitudine, sono crudeli, materialisti, dipendenti, passivi, violenti, timidi di fronte all'inatteso, dipendenti dalle distrazioni.

Tutte le tendenze periferiche dell'infanzia sono ingrandite in misura grottesca dall'istruzione, il cui programma di studi occulto impedisce l'efficace sviluppo della personalità. Effettivamente, senza sfruttare le paure, l'egoismo e l'inesperienza dei bambini le nostre scuole non potrebbero affatto sopravvivere, né potrei farlo io come insegnante certificato.

“Pensiero critico” è un termine che sentiamo frequentemente in questi giorni come forma di addestramento che annunzierà un nuovo giorno per la scuola di massa. Sarebbe certamente così, se mai dovesse succedere. Nessuna scuola comune che abbia davvero osato insegnare l'uso della dialettica, dell'euristica e di altri strumenti delle menti libere non è durata un anno senza essere fatta a pezzi.

Gli insegnanti istituzionali sono distruttivi per lo sviluppo dei bambini. Nessuno sopravvive indenne al programma di studi in Sei Lezioni, neppure gli istruttori. Il metodo è profondamente anti-educativo. Nessuna pezza potrà aggiustarlo. In una delle grandi ironie degli affari umani, la massiccia revisione che le scuole richiedono costerebbe così tanto di meno di quello che stiamo spendendo ora che non è probabile che accada. Prima di tutto, quello di cui faccio parte è un business di posti di lavoro e contratti d'affitto. Non possiamo permetterci di risparmiare soldi, neppure per aiutare i bambini.

Al passaggio a cui siamo giunti storicamente, e dopo 26 anni di insegnamento, devo concludere che una delle uniche alternative all'orizzonte per la maggior parte delle famiglie è di insegnare ai propri bambini in casa. Le scuole piccole, de-istituzionalizzate, sono un'altra. Qualche forma di sistema di mercato per l'istruzione pubblica è il luogo più probabile per cercare delle risposte. Ma la quasi impossibilità di queste cose per le famiglie spaccate dei poveri, e per troppe persone ai bordi della classe economica media, lascia prevedere che il disastro delle scuole delle Sei Lezioni probabilmente continuerà.

Dopo una vita adulta passata insegnando la scuola credo che il metodo di istruzione sia l'unico contenuto reale che abbia. Non fatevi ingannare dal pensiero che i buoni programmi di studi o i buoni insegnanti o le buone attrezzature siano i fattori determinanti nella giornata di scuola dei vostri figli. Tutte le patologie che abbiamo considerato si verificano in larga misura perché le lezioni scolastiche impediscono ai bambini di mantenere appuntamenti importanti con loro stessi e le loro famiglie, di imparare le lezioni dell'auto-motivazione, della perseveranza, della fiducia in sé stessi, del coraggio, della dignità e dell'amore – e, naturalmente, le lezioni del servizio agli altri, che sono fra le lezioni chiave della vita domestica.

Trent'anni fa queste cose potevano ancora essere imparate nel tempo lasciato dopo la scuola. Ma la televisione ha divorato la maggior parte di quel tempo, e una combinazione di televisione e degli sforzi peculiari delle famiglie a doppio reddito o con un solo genitore ha inghiottito la maggior parte del tempo della famiglia. Ai nostri ragazzi non rimane tempo per crescere come esseri umani completi, ed hanno soltanto terreni incolti dove farlo.

Un futuro sta scorrendo giù veloce sulla nostra coltura che richiederà che tutti noi impariamo la saggezza dell'esperienza non materiale; questo futuro richiederà, come prezzo della sopravvivenza, che seguiamo un ritmo di vita naturale economico nei suoi costi materiali. Queste lezioni non possono essere imparate nelle scuole così come sono. La scuola è come cominciare la vita con una sentenza di 12 anni di prigione in cui le cattive abitudini sono l'unico programma di studi davvero imparato. Insegno a scuola e vinco dei premi facendolo. Dovrei saperlo.

Tuesday, June 22, 2010

Il fallimento della riforma della contabilità

Jesús Huerta de Soto è professore di economia alla Complutense University of Madrid, ed è il princiaple economista spagnolo di scuola austriaca. E' tra i principali ambasciatori del liberalismo classico, e autore di Money, Bank Credit, and Economic Cycles. In questo articolo analizza alle radici la crisi finanziaria mondiale.

Dello stesso autore da non perdere il corso di economia pubblicato su usemlab.com.

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Di Jesus Huerta de Soto


Gli anni dell’esuberanza irrazionale che hanno caratterizzato l’attuale ciclo economico sono culminati in una profonda crisi del sistema bancario e finanziario, che minaccia di generare una acuta e globale recessione. Una delle principali caratteristiche del periodo di espansione è stata la corruzione dei principi tradizionali della contabilità praticati nei secoli precedenti.

Nello specifico, l’accettazione dello Standard Internazionale di Contabilità (IAS) e la sua incorporazione nelle leggi di diversi paesi ha significato l’abbandono del principio di prudenza ed il fatto che la valutazione degli asset a bilancio (soprattutto finanziari) viene basata sul valore di mercato e non sui costi effettivamente sostenuti.

La decisione di abbandonare il principio di prudenza è stata influenzata dall’azione di analisti, banche d’investimento, ed in generale di tutte le parti interessate a gonfiare i valori contabili per avvicinarli al valore di mercato, che era cresciuto notevolmente nel clima di generale euforia finanziaria degli ultimi tempi.

Infatti, negli ultimi anni della bolla speculativa, i valori crescenti delle azioni venivano subito registrati come attività, col risultato che i bilanci risultavano migliori di quanto fossero in realtà, il che spingeva ad un ulteriore aumento del valore di mercato delle azioni, nel più tipico processo di loop.

Questa corsa selvaggia all’abbandono dei principi tradizionali di contabilità in favore di principi più in linea coi tempi correnti, ha significato che le aziende sono state valutate secondo supposizioni e criteri soggettivi, che hanno sostituito il criterio tradizionale basato sui costi storici. Successivamente il collasso dei mercati finanziari e la perdita di fiducia nel sistema bancario e nelle sue nuove pratiche hanno reso evidenti gli errori creati dall’applicazione dello IAS e dall’applicazione dei criteri creativi di valutazione.

Stati Uniti ed Europa hanno intrapreso azioni correttive per ridurre l’impatto delle decisioni precedenti, ma le nuove misure, seppur indirizzate correttamente, sono di breve respiro e sono state prese per i motivi sbagliati.

E’ certo che si sta cercando di chiudere il recinto dopo che i buoi sono scappati: la caduta di valore dei titoli tossici o inesigibili ha danneggiato la solvenza di molte istituzioni; queste erano però felici di applicare il nuovo IAS, che negli anni nei quali i valori di azioni e prodotti finanziari erano sopravalutati ha permesso loro di ottenere profitti elevati, dai quali erano spinti a prendere decisioni sempre più rischiose con l’impressione di non correre rischio alcuno.

Quindi vediamo che i nuovi standard agiscono in modo da esagerare gli effetti positivi durante la fase di prosperità del ciclo economico, creando un effetto di falsa ricchezza che spinge gli investitori a prendere rischi troppo elevati; ma quando gli errori si presentano nella loro evidenza, la perdita di valore degli asset fa perdere capitalizzazione alle aziende, che sono obbligate a vendere le proprie risorse per ricapitalizzarsi; ciò avviene però nel momento peggiore, quello in cui gli asset hanno perduto valore ed il mercato finanziario è fermo, quindi molte aziende non possono rimediare alla situazione e rischiano il fallimento.

Principi come lo IAS sono così perniciosi che devono essere immediatamente abbandonati, non solo per risolvere il prima possibile la crisi attuale, ma soprattutto perchè, nei periodi di prosperità, ci si attenga al principio di prudenza, che è stato utilizzato dai tempi di Luca Pacioli all’inizio del XV° secolo fino all’adozione del falso idolo IAS.

In breve, il più grande errore della riforma della contabilità è stato buttare a mare centinaia di anni di esperienza e di sostituirlo con il principio di valore atteso, che è una valutazione basata su una situazione momentanea sottoposta a distorsioni di tipo finanziario. Questa rivoluzione copernicana minaccia le solide fondamenta dell’economia di mercato per diversi motivi:

1.
Violare il tradizionale principio di prudenza e basare la valutazione degli asset sul valore attuale di mercato genera, a secondo delle condizioni del ciclo economico in cui ci si trova, surplus nei bilanci che non hanno (e in molti casi non avranno mai) corrispondenza a beni reali; il conseguente effetto di falsa ricchezza produce, specialmente durante la fase di boom del ciclo economico, la creazione di profitti esistenti solo sulla carta, l’assunzione di rischi non giustificati, la generazione di errori decisionali da parte degli imprenditori ed il consumo del capitale di una nazione a spese della struttura produttiva e della crescita di lungo periodo.

2.
Bisogna che sia chiaro che lo scopo principale della contabilità non è di riflettere i valori reali, che sono comunque soggettivi ed in parte dipendenti dall’andamento del mercato. Lo scopo principale è di consentire una prudente gestione delle risorse aziendali e prevenire il consumo di capitale, applicando standard conservativi e rigorosi, che assicurino la distribuzione dei profitti e la futura capitalizzazione dell’azienda.

3.
Dobbiamo ricordare che il valore di mercato non è oggettivo: nel mercato non esistono prezzi di equilibrio determinati da osservatori esterni indipendenti; anzi, la realtà è l’opposto, cioè il valore di mercato varia continuamente ed anche in modo esteso, quindi utilizzare il valore di mercato nei bilanci aziendali significa eliminare la chiarezza delle informazioni garantite in passato. I bilanci attuali sono diventati incomprensibili ed inutili agli agenti economici. Inoltre la volatilità dei mercati non permette ai bilanci redatti secondo i nuovi principi di essere strumenti di guida per i dirigenti aziendali che rischiano di commettere più errori che in passato.

4.
Gli standard tradizionali riportavano già nelle note del report annuale il valore di mercato dei principali asset, senza che ciò influenzasse la valutazione complessiva delle varie voci del bilancio. Inoltre questi standard erano anticiclici e permettevano una visione più a lungo periodo di quella fornita dai nuovi standard. E' adesso più difficile per gli investitori, non solo per i dirigenti aziendali, interpretare i bilanci in maniera corretta e capire quali sono le imprese realmente in condizione di creare ricchezza.

Conclusione

Come la guerra è troppo seria per farla fare ai generali, la contabilità è troppo vitale perché sia lasciata ad esperti, siano essi professori visionari, analisti, investitori o membri di commissioni internazionali. Tutti costoro hanno difeso in modo arrogante la loro falsa scienza e hanno recitato il ruolo dell’apprendista stregone, provocando la più grave crisi finanziaria mondiale dal 1929.
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Traduzione di Massimiliano “El Pasador” Belloni

Saturday, June 19, 2010

Tutto ciò che dovreste sapere sull’inflazione

L'inflazione è la conseguenza più devastante dell'attuale sistema monetario basato sul denaro di carta inconvertibile: una tassa occulta che drena il valore dai soldi che abbiamo in tasca a vantaggio dei gruppi di potere più vicini ai vertici politici. È sconfortante quindi rendersi conto quanto poco si conosce di questo fenomeno, una lacuna informativa che i media asserviti ovviamente evitano di colmare.

Proviamoci allora con questo articolo tratto da What You Should Know About Inflation, libro scritto da Hazlitt nel 1964. La traduzione è di Massimiliano “El Pasador” Belloni, promettente nuovo acquisto della squadra del Gongoro.
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Di Henry Hazlitt


Cos’è l’inflazione

Nessun argomento è oggi tanto discusso nè tanto poco compreso quanto l’inflazione. I politici ne parlano come fosse un mostro da un altro mondo, sul quale non hanno controllo, come fosse un terremoto o una peste; promettono però di combatterla, se solo avessero il potere di farlo.

Tuttavia la verità è che sono le politiche monetarie a generare l'inflazione, e i politici promettono di combattere con la mano destra ciò che creano con la sinistra.

L’inflazione ha come causa primaria un incremento dell’emissione di moneta e un’espansione del credito; infatti, questa è la definizione di inflazione. Sull’American College Dictionary, per esempio, trovavate questa definizione:

espansione della moneta di una nazione, specialmente in forma cartacea non redimibile in Oro o Argento

Negli ultimi anni tuttavia il termine è stato usato in modo differente, questa è la definizione in un’edizione successive dell’American College Dictionary:

incremento dei prezzi generato da un’espansione della moneta e del credito

Ovviamente, un incremento dei prezzi generato da un’espansione della moneta non è la stessa cosa della stessa espansione della moneta. Una causa non è identica a una delle sue conseguenze. L’utilizzo del termine inflazione con i due differenti significati porta a notevole confusione.

La parola inflazione in origine si applicava solamente alla quantità di moneta: significava che la quantità di moneta era eccessiva; non è pedanteria insistere sull’utilizzo di questo significato, perché usarla nel senso di incremento dei prezzi vuol dire distogliere l’attenzione dalle reali cause e dalle possibili cure.

Vediamo cosa accade quando c’è inflazione e perchè. Quando si incrementa la quantità di moneta, le persone hanno più soldi da spendere; se la quantità di beni/servizi non aumenta (o non aumenta tanto quanto la quantità di moneta), i prezzi dei beni saliranno. Ogni dollaro vale meno perché ci sono più dollari. Un prezzo è il tasso di cambio tra un dollaro ed un’unità di merce. Quando le persone hanno più dollari, esse stesse danno meno valore a ogni singolo dollaro. I prezzi aumentano non perché ci sono meno beni in circolazione, ma perché ci sono più dollari.

Ai vecchi tempi, i governi inflazionavano diminuendo la quantità di metallo prezioso contenuto in ogni singola moneta. Poi hanno scoperto che possono inflazionare in modo più veloce stampando moneta non coperta. Ciò accadde durante la rivoluzione francese e durante la guerra di secessione. Oggi il metodo è un po’più particolare: il governo, per finanziare il debito pubblico, vende indirettamente bond governativi alle banche, che sulla base di questi bond effettuano prestiti ai clienti; le banche comprano i bond dalla Banca Centrale, che per acquistarli dal governo stampa moneta dal nulla; questo è il meccanismo di creazione della moneta.

La gran parte della moneta della nazione non è costituita dal circolante, ma da depositi creati da sulla base di bond. Nel dicembre 1963, la quantità totale di moneta è il 388% in più di quella del 1939, mentre i prezzi sono aumentati in media del 138%.

E’ una semplificazione eccessiva dire che il valore del dollaro dipende dalla quantità presente di moneta: se il pubblico pensa che la quantità di moneta futura supererà quella presente, il valore attuale del dollaro (misurato dal suo potere d’acquisto) sarà ancora più basso.

Inoltre, il valore di un’unità monetaria non dipende solo dalla sua quantità totale, ma anche dalla qualità: quando una valuta abbandona il Gold Standard, ciò significa che il potere di convertirla in Oro è stato perso, quindi il valore dell’unità monetaria diminuisce immediatamente, anche se non c’è ancora stato nessun incremento della quantità di moneta. Ciò perché le persone hanno in media più fiducia nell’Oro che nella capacità di giudizio dei ministri economici di un qualunque governo. In ogni caso non è mai accaduto che all’uscita dal Gold Standard non sia seguito un incremento della quantità di moneta e del credito bancario. Il valore di una moneta non è determinato da fattori interamente meccanicistici, ma soprattutto da fattori psicologici che sono spesso difficili da comprendere.

Ci sono altre questioni da tenere in considerazione: si dice spesso che il valore del dollaro dipende anche dalla velocità di circolazione della moneta (più alta è la velocità di circolazione, meno vale una valuta). Ma un incremento della velocità di circolazione non è una causa della perdita di valore di una valuta, è una delle conseguenze del timore che il valore della valuta diminuirà (o, detto in un altro modo, che i prezzi aumenteranno). Ciò fa credere alle persone che sia meglio scambiare dollari in cambio di merce prima che i dollari perdano valore, quindi l’aumento della velocità di circolazione della valuta è una conseguenza e non una causa della perdita di valore della valuta stessa.

Un altro vicolo cieco: in risposta a chi sostiene che l’espansione della moneta e del credito causino l’inflazione, alcuni fanno notare che l’incremento del prezzo delle commodities avviene prima dell’incremento della quantità di moneta. Ciò è vero, le materie prime strategiche aumentano di prezzo per il timore che possano diventare insufficienti; gli speculatori e gli imprenditori li comprano per tenerli fermi in vista di profitti ulteriori o come scorta di sicurezza, ma per fare ciò chiedono in prestito più soldi alle banche, quindi l’aumento dei prezzi delle commodities si accompagna ad un incremento del credito bancario. E’ quest’ultimo che garantisce al sistema l’incremento di moneta dal quale si genera l’incremento dei prezzi, che anche in questo caso è una conseguenza.

Alcune credenze popolari non corrette

Una delle assunzioni più sbagliate sull’inflazione è che sia causata dalla scarsità di beni sul mercato.

E’ vero che un aumento dei prezzi (che, come abbiamo visto, non è da identificare con l’inflazione) può essere causato sia da un incremento della quantità di moneta che da una carenza di beni sul mercato, come nel caso dei prodotti agricoli. Ma questa è un’eccezione che si verifica di rado anche nei periodi di guerra. Tuttavia questa credenza è talmente radicata che, anche durante l’iperinflazione nella Germania del 1923, dopo che i prezzi erano cresciuti nell’ordine delle miliardi di volte, milioni di tedeschi, anche nelle classi più alte, attribuivano il tutto alla scarsità di beni disponibili, mentre nello stesso tempo gli stranieri compravano direttamente in Germania i beni per mezzo dell’Oro o delle altre valute a prezzi risibili rispetto a quelli che avrebbero pagato nei rispettivi mercati domestici.

Anche l’aumento dei prezzi a partire dal 1939 negli USA è stato attribuito ad una carenza di beni. Ma anche se i beni civili fossero stati realmente scarsi, ciò non avrebbe comunque causato incremento dei prezzi, in quanto l’incremento della tassazione nel periodo di guerra ha tolto una parte elevata di reddito alle persone, che quindi avevano a disposizione meno soldi da spendere.

Un’altra fonte di confusione riguarda il deficit di bilancio: per molti, un deficit di bilancio è una causa necessaria e sufficiente di inflazione. Ma se il deficit è finanziato da bond governativi coperti da reali risparmi, non necessariamente genera inflazione, così come un avanzo di bilancio non è una garanzia contro l’insorgere dell’inflazione. Un deficit di bilancio è inflazionistico solamente nella misura in cui genera un incremento della quantità di moneta; l’inflazione può verificarsi anche in presenza di un avanzo di bilancio, se è accompagnato dall’incremento di moneta e di credito bancario.

Lo stesso ragionamento si applica alla cosiddetta pressione inflazionistica, in particolare alla spirale salari-prezzi. Un incremento dei salari oltre il livello di mercato non genera in sé inflazione se non è collegato ad un incremento della quantità di moneta, ma causa solo disoccupazione. Un incremento dei prezzi senza un corrispondente aumento dei soldi nelle tasche delle persone genera solo una diminuzione delle vendite. Salari e prezzi sono quindi una conseguenza dell’inflazione, e possono esserne una concausa solo se contribuiscono a generare un incremento della quantità di moneta.

Le cure contro l’inflazione

La cura contro l’inflazione consiste, come tutte le cure, nella rimozione della causa; per rimuovere l’inflazione bisogna semplicemente smettere di inflazionare!

Questo semplice principio implica difficili decisioni di dettaglio. Cominciamo dal bilancio dello stato: è quasi impossibile evitare l’inflazione se il bilancio è costantemente negativo, perché il deficit sarà quasi sicuramente finanziato ricorrendo a mezzi inflazionistici che portano, direttamente o indirettamente, a stampare più moneta. Le spese governative non sono inflazionistiche finchè sono coperte dalla pressione fiscale o da risparmi reali. Ma quando le spese si spingono oltre un certo livello questi mezzi si rivelano impraticabili e si ricorrerà a stampare moneta. Inoltre, anche se i ricavi governativi dalla tassazione non sono necessariamente inflazionistici, minano il sistema produttivo e di libera imprenditoria, quindi una riduzione della spesa pubblica va in senso contrario all’inflazione.

Il Tesoro (quindi il governo) e la Banca Centrale contribuiscono entrambi al processo inflativo, poiché mantengono bassi in maniera artificiale i tassi d’interesse, dai quali si genera l'aumento del credito bancario. Infatti un incremento nella richiesta di prestiti si accompagna ad un incremento della quantità di moneta, e a sua volta l’ incremento della quantità di moneta mantiene bassi i livelli dei tassi d’interesse. In particolare ciò si verifica quando la Banca Centrale compra i bond governativi alla pari (cioè a un tasso uguale a quello concesso alle singole banche): la Banca Centrale dovrebbe pagare tassi sui bond più alti di quelli che concede alle singole banche, specialmente in periodi di pesante inflazione, per evitare una eccessiva espansione del credito: in presenza di tassi sui bond governativi più elevati, è più costoso per le singole banche chiedere un prestito alla Banca Centrale, quindi le singole banche chiederanno meno prestiti alla Banca Centrale e ne concederanno meno ai propri clienti. Poichè la Banca Centrale paga questi bond (da cui si generano i prestiti) stampando nuova moneta (ciò è chiamato la Monetizzazione del debito pubblico), se i tassi pagati dalla Banca Centrale sono più alti il credito bancario diminuisce e di conseguenza diminuisce la quantità di nuova moneta stampata. La politica di mantenere bassi i tassi d’interesse ha perciò il suo corrispondente nella politica di autofinanziamento del debito pubblico mediante l'emissione di nuova moneta.

Il mondo non si libererà dall’inflazione se non ritornando al Gold Standard, che fornisce un controllo automatico e pratico contro un’eccessiva espansione creditizia; per questo motivo è stato abbandonato. Il Gold Standard è inoltre l’unico sistema che abbia mai fornito una moneta realmente adatta a favorire gli scambi internazionali.

Uno degli effetti dell’inflazione è di ridistribuire la ricchezza: all’inizio del processo inflativo, prima che le distorsioni diventino talmente consistenti da creare grossi problemi al sistema produttivo, alcuni gruppi di persone sono favoriti rispetto ad altri, quindi hanno interesse a mantenere in vigore un sistema inflativo. Tanti invece rimangono delusi quando scoprono di non poter battere l’inflazione, e che il costo della vita aumenta più del salario; l’ipocrisia corrente dice: che diminuiscano i prezzi praticati dagli altri, e aumentino i miei ricavi.

I governi guidano la via dell’ipocrisia, volendo mantenere una politica di piena occupazione combattendo allo stesso tempo l’inflazione mentre, come disse un accanito sostenitore delle politiche inflative “l’inflazione è i nove decimi della piena occupazione”. Ma si era dimenticato di dire che il risultato dell’inflazione è una recessione e, peggio ancora, la sfiducia del pubblico nel capitalismo, individuato erroneamente come la causa della recessione stessa.

L’inflazione ha tanti effetti negativi: diminuisce il valore della moneta, aumenta il costo della vita, reduce I risparmi, disincentiva gli investimenti, incoraggia la speculazione a spese del lavoro, mina la fiducia nel libero mercato.

Ma non è inevitabile, la possiamo fermare se vogliamo.

Sunday, June 13, 2010

La costruzione dell'élite di governo

Il seguente articolo, che illustra succintamente le brutture del sistema mercantilista, è un breve estratto di An Austrian Perspective on the History of Economic Thought, vol. 1, Economic Thought Before Adam Smith.

Curioso notare come in fondo, al di là di quelle che si possono considerare differenze di facciata, il sistema non sia poi cambiato così tanto, soprattutto per chi sta alla base della piramide...
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Di Murray N. Rothbard


Il sistema mercantilista non ebbe bisogno di una pretenziosa “teoria” per essere varato. Sorse spontaneamente tra le caste che governavano le nascenti nazioni stato. Il re, assecondato dalla nobiltà, prediligeva ingenti spese pubbliche, conquiste militari ed imposte elevate per aumentare potere e ricchezza comuni e individuali. Inoltre il re preferiva naturalmente le alleanze con i nobili e con i cartelli di gilde e compagnie monopoliste, poiché questi costituivano il suo potere politico per mezzo delle alleanze ed il suo reddito con le vendite e le tasse dei beneficiari.

Nemmeno le compagnie di cartello ebbero grande necessità di una teoria per giustificare il loro acquisto di privilegi monopolistici. Neanche i sussidi alle esportazioni, le barriere per le importazioni, ebbero bisogno di una teoria; né fu necessaria per aumentare la disponibilità di denaro e credito per i re, i nobili, e i gruppi di affari favoriti. E non fu necessario nemmeno per la famosa premura dei mercantilisti nell'accumulare lingotti nel paese: quell'accumulo in realtà era un aumento nel numero di lingotti che entrava nei forzieri dei re, dei nobili e delle compagnie esportatrici monopoliste. E chi non vuole che la scorta di denaro nelle sue tasche aumenti?

La teoria arrivò più tardi; la teoria arrivò per vendere alle masse illuse la necessità e la benevolenza del nuovo sistema, o per vendere al re il particolare schema promosso dai libellisti o dai suoi confratelli. La “teoria” mercantilista era un insieme di spiegazioni razionali destinate a sostenere o ampliare degli interessi economici particolari.

Molti storici del ventesimo secolo hanno lodato i mercantilisti per la loro preoccupazione proto-keynesiana per la “piena occupazione,” che si presume dimostrerebbe sorprendenti tendenze moderne. Si dovrebbe notare, tuttavia, che la preoccupazione mercantilista per la piena occupazione era ben poco umanitaria. Al contrario, il loro desiderio era di spazzare via l'ozio e di obbligare a lavorare gli oziosi, i vagabondi e i “mendicanti robusti.” In breve, per i mercantilisti, la “piena occupazione” implicava schiettamente un suo corollario logico: il lavoro forzoso. Così, nel 1545, i “mendicanti robusti” di Parigi furono costretti a lavorare per lunghi orari e due anni più tardi, “per eliminare ogni occasione d'ozio per i sani,” tutte le donne in grado ma poco disposte a lavorare furono frustate e cacciate da Parigi, mentre tutti gli uomini della stessa categoria vennero ficcati nei galeoni come schiavi.

Si dovrebbe immediatamente notare la base classista di questo orrore mercantilista verso l'ozio. La nobiltà ed il clero, per esempio, erano scarsamente preoccupati dal proprio ozio; era soltanto quello delle classi più basse che doveva essere estirpato con tutti i mezzi necessari. Lo stesso era vero per i commercianti privilegiati del terzo stato. La giustificazione sottilmente velata era la necessità di aumentare la “produttività della nazione,” ma queste classi costituivano l'élite di governo e tale estirpazione forzata dell'ozio, sia nelle opere pubbliche che nella produzione privata, beneficiava i governanti. Non solo aumentò la produzione a beneficio di questi ultimi; abbassò anche i tassi salariali aumentando l'offerta di forza lavoro con la coercizione.

Così, alla riunione degli stati generali, il corpo parlamentare della Francia, nel 1576, tutti i tre stati si unirono nella richiesta di lavoro forzoso. Il clero esortò a “non tollerare o permettere... che nessuno oziasse.” Il terzo stato voleva che i “mendicanti robusti” venissero o messi a lavorare, o frustati ed esiliati. I nobili incitarono a costringere al lavoro “mendicanti e fannulloni robusti” e a frustarli se si fossero rifiutati di obbedire.

Gli stessi Estates-General fecero la loro speciale perorazione fin troppo dolorosamente chiara in materia di tariffe protettive. Gli stati richiesero la proibizione delle importazioni di tutti i beni manifatturieri e dell'esportazione di tutte le materie prime. Lo scopo di entrambe le misure era di costruire una barriera di protezione monopolistica intorno alle manifatture nazionali e di obbligare i produttori di materie prime a vendere le loro merci a quelle aziende nazionali ad un prezzo artificialmente basso.

La giustificazione che tali misure erano necessarie per “mantenere i lingotti” o i soldi “nel paese” apparirà chiaramente assurda a qualsiasi persona obiettiva. Perché se ai consumatori francesi doveva essere impedito l'acquisto di beni importati per salvaguardare i “loro lingotti,” cosa sarebbe potuto accadere in caso contrario? C'era davvero il pericolo che i francesi trasferissero tutti i loro lingotti all'estero senza tenerne nessuno per sé? Chiaramente, un evento simile sarebbe assurdo, ma anche se fosse accaduto – il caso peggiore – c'è un evidente limite massimo ad ogni fuoriuscita dei lingotti dal paese. Perché dove otterrebbero altri lingotti i consumatori intenzionati ad acquistare sempre più prodotti d'importazione? Chiaramente, soltanto esportando altri prodotti all'estero.

Di conseguenza, l'argomento “mantenere i soldi nel paese” è palesemente fraudolento, sia nella Francia del XVII secolo che negli Stati Uniti del XX secolo. Gli Estates-General erano interessati alla protezione di determinate industrie francesi, punto.

L'argomento “mantenere i soldi nel paese” era inoltre un conveniente bastone per colpire gli imprenditori e i finanzieri stranieri che avrebbero potuto battere la concorrenza dei nativi. Così la prospettiva di veder fiorire in Francia banchieri tedeschi e finanzieri italiani provocò furiosi parossismi per i “profitti guadagnati disonestamente” degli stranieri, che sottraevano i soldi al paese, furia che naturalmente era alimentata dall'egregia “fallacia di Montaigne” tipicamente mercantilista secondo cui il guadagno di un uomo (o di una nazione) sul mercato era ipso facto la perdita di un altro uomo (o di un altra nazione). Questi francesi stizzati suggerirono spesso che i finanzieri stranieri venissero espulsi dal paese, ma i re in genere erano tipicamente troppo impantanati nei debiti per permettersi di seguire tale consiglio.

Friday, June 11, 2010

Libri dal Gongoro

Avrete notato alcune aggiunte nella colonna di destra: si tratta di link a pagine e prodotti – specificamente libri – in vendita su Amazon.com.

Ancora non ho capito bene come funzionano tutti questi aggeggi (nel widget centrale i titoli dovrebbero ruotare seguendo i contenuti del blog, ma per ora non accade), comunque sappiate che se acquistate passando da qui, per esempio entrando nel Gongoro Bookshop, Amazon mi girerà il 4% della vostra spesa.

Se siete in vena di acquisti, quindi, provate a farci un giro, e anch'io sarò più contento. Grazie.

Thursday, June 10, 2010

La Collective Hope vola davvero!

Pagina intera dedicata a Columbus & Co. su Check-Out, l'inflight magazine della Wind Jet (sentiti ringraziamenti all'autore, Stefano Miatto).

Monday, June 7, 2010

The Story of Your Enslavement

Video di Stefan Molineux. Molti altri simili li potete trovare nel suo canale su youtube, Freedomain Radio.

Sunday, June 6, 2010

La generazione perduta

L'autore del seguente articolo, che descrive efficacemente i problemi che l'economia spagnola sta affrontando, si chiama Jaime Levy Moreno ed è solo uno studente universitario spagnolo.

Ma la sua impietosa analisi è più chiara di qualsiasi altra possiate trovare su quelle raccolte di veline chiamate giornali, ed è ugualmente valida per illustrare la situazione di un'altra triste nazione: è sufficiente sostituire la parola Spagna con Italia.
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Di Jaime Levy Moreno


Negli ultimi due decenni nell'Europa mediterranea e particolarmente in Spagna, è emerso un nuovo gruppo sociale, chiamato jovenes (giovani). I membri di questo gruppo esibiscono parecchie caratteristiche specifiche. Per prima cosa, i jovenes sono solitamente maschi, tra i 25 e i 35 anni, anche se alcuni membri sono nei 40. Secondo, sono in una condizione perpetua fra la scuola ed il loro primo lavoro. Terzo, vivono solitamente con i loro genitori per risparmiare i soldi che gli permettono di uscire almeno tre volte la settimana. Quarto, lavorano occasionalmente part-time – se non altro per la pressione imposta loro dai genitori. Infine, la cosa più importante, ricevono sussidi di disoccupazione e rinnovano la loro iscrizione alla “lista di disoccupazione” di tanto in tanto, di modo che le sovvenzioni statali non si esauriscono durante il loro letargo “provvisorio.”

Sarebbe molto ingiusto dar loro tutta la colpa per la loro mancanza di iniziativa. Hanno una parte vitale in quella che è chiamata la “generazione di Atlante.” Hanno il peso del mondo sulle loro spalle, e saranno quelli che dovranno pagare i peccati economici dei loro genitori. È importante analizzare le ragioni per le quali è apparso questo gruppo sociale, qual è la situazione oggi e quali saranno le conseguenze di questo fenomeno in futuro.

Per gli ultimi dieci anni e particolarmente da quando la recente crisi finanziaria è cominciata, la disoccupazione spagnola è aumentata astronomicamente, raggiungendo il record di circa il 20 per cento. Questo, naturalmente, non comprende le migliaia di immigrati illegali, che non compaiono nelle statistiche ufficiali di stato.

Oltre all'ampio numero di disoccupati, un altro significativo gruppo di persone lavora part-time con “ contratti spazzatura” o stipendi molto bassi. I membri di questo gruppo sono chiamati mileuristas (coloro che guadagnano solo 1,000€/mese). Questo gruppo appare sopra i jovenes nella piramide sociale. I mileuristas normalmente vivono in casa dei genitori e sognano di diventare alla fine economicamente autosufficienti, o vivono in appartamenti in affitto poco costosi finanziati da soldi dello stato, che vengono direttamente dalle tasche dei contribuenti.

Infine, troviamo un gruppo più piccolo in cima alla piramide. Questo gruppo è costituito o da pochi fortunati, o in alcuni casi, da giovani laboriosi e in genere eccezionali. Questo gruppo ha impieghi molto rispettabili (normalmente con stipendi iniziali intorno ai 2,000€/mese) e sono i figli e le figlie di famiglie ricche che ricevono normalmente un'istruzione privata di qualità più o meno alta. Finiscono impiegati nell'azienda di famiglia o in qualche ditta con cui i loro genitori o familiari hanno dei contatti.

Al di fuori di questa piramide troveremo inoltre un gruppo di persone che decidono di studiare per un “oposición” (esame di stato) per lavorare per il governo. Secondo la complessità della loro formazione ed il loro successo all'esame, finiranno per lavorare per la prima volta fra i 26 e i 35 anni e saranno pagati decentemente, o persino molto bene, per il resto delle loro vite.

È inoltre molto importante prestare una particolare attenzione al numero di anni in cui si viene chiamati “studenti” in Spagna. La qualità di una laurea si è svalutata negli ultimi anni al punto in cui un datore di lavoro non sarà affatto impressionato da un diplomato in un'intervista di lavoro. Di conseguenza, è richiesta almeno una laurea o un certo genere di specializzazione accompagnato dalla competenza in almeno tre lingue. Questo, naturalmente, significa più anni da passare come studente e, per i più privilegiati, un anno o due per vivere e studiare le lingue straniere all'estero.

Non molto tempo fa in Spagna, era un onore avere un diploma e ancor più prestigioso l'avere una laurea, che soltanto poche persone poteva ottenere a causa del costo e del duro lavoro che comportavano. Ora studiare in un'università pubblica spagnola è quasi gratis. Questo è visto come un grande successo che offre opportunità alle persone delle classi più basse, che a volte finiscono per far parte del gruppo dei “giovani eccezionali e duri lavoratori.” Ma, per essere onesti, questo gruppo è abbastanza piccolo. Lo sforzo per rendere più facile essere uno studente è in gran parte un modo per il governo di abbassare il tasso di disoccupazione.

Per spiegare perché per i neo-laureati è così difficile ottenere un lavoro rispettabile in Spagna, è importante sapere che il costo della manodopera è molto alto per i datori di lavoro – una conseguenza delle leggi rigorose che proteggono i lavoratori. Una vacanza di quattro settimane l'anno è il minimo obbligatorio. Un salario minimo artificialmente alto pone un limite sotto l'offerta di lavoratori e la domanda di impieghi, generando uno squilibrio devastante. Ciò significa che c'è un'enorme domanda di lavoro e poca voglia da parte dei datori di lavoro di soddisfarla.

I motivi supplementari per la mancanza di offerte di lavoro in Spagna includono l'eccessivo finiquito, la paga finale a cui un lavoratore ha diritto per la legge spagnola una volta licenziato: 45 giorni di stipendio per ogni anno passato nell'azienda. Ancora, le tasse sui datori di lavoro sono molto alte – almeno il 50 per cento dello stipendio annuale di ogni lavoratore, il che significa che se qualcuno è pagato 20,000€ l'anno, ne costa al suo datore di lavoro almeno 30,000€. Tutto questo rende un datore di lavoro molto riluttante ad impiegare qualcuno, il che genera un tasso alto di disoccupazione ed un gran numero di “contratti spazzatura.” Queste tasse promuovono inoltre le attività del mercato nero, che o schivano le regole stabilite o le ignorano completamente.

Le tasse sugli stipendi degli impiegati sono anch'esse molto alte, il che ci riporta alla condizione sociale di mileurista. Queste tasse generano un effetto sostitutivo: le ditte cercano disperatamente di ridurre l'impatto del lavoro con le nuove tecnologie. Un esempio recente in Spagna è la mossa di McDonald's di cominciare a sostituire i lavoratori con delle nuove macchine che prendono gli ordini per il cliente, riducendo il numero degli operai. L'obiettivo è di lasciare soltanto due gruppi di impiegati: quelli in cucina e quelli che vi passano i cibi al banco.

Le sfortune della Spagna sono state complicate dall'entrata nell'eurozona. La possibilità di ottenere tassi d'interesse molto bassi per prendere soldi in prestito – gli stessi tassi d'interesse di economie più potenti e orientate al risparmio – come la Germania – ha incentivato le aziende a prendere prestiti per costruire alloggi e infrastrutture. Circa 800.000 case sono state costruite ogni anno in Spagna, più di Francia, Germania ed Inghilterra insieme. Questo si è trasformato in un impulso nell'offerta di lavoro nell'industria edilizia. Purtroppo, questa domanda di manodopera è stata soddisfatta principalmente da immigrati che ora si trovano disoccupati con poche possibilità. Gli enormi prestiti per finanziare questo boom immobiliare, in particolare delle “cajas” (casse di risparmio) spagnole, ora non possono essere ripagati e sono risultati in un enorme operazione di salvataggio del governo.

Di conseguenza, il governo spagnolo ha creato un debito sempre più grande, finanziato con l'emissione continua di nuovi bond. Questi prestiti ha spossato le finanze pubbliche spagnole, abbassato il suo rating, e ridotto la domanda degli investitori per continuare a finanziare questa spesa di deficit.

Allo stesso tempo, la crisi ha causato un severo declino negli introiti fiscali, particolarmente nelle tasse come l'IVA (imposta sul valore aggiunto). Di conseguenza lo stato ha ricevuto meno redditi ed in risposta ora sta aumentando le imposte sui consumi per coprire il deficit (effettivo il mese prossimo). Questo aumento delle tasse, alla fine, si tradurrà in minore spesa e profitti ridotti per tutti i produttori. Renderà inoltre la Spagna un posto non molto attraente per le aziende mondiali che volessero iniziare o continuare la loro attività.

Tutti questi effetti, infine, significheranno più disoccupazione, che ci riporta alla giovane “generazione di Atlante.” Ironicamente, molti membri di questa generazione hanno una fiducia totale che il governo si prenderà cura di tutte questi problemi per loro. Scelgono di stare a casa dei genitori fino alla mezza età e rimandano il matrimonio e il farsi una famiglia fino ad oltre i 30 anni. Inoltre hanno il problema di un debito sempre più enorme, di cui alla fine dovranno occuparsi.

Se le attuali tendenze continuano, entro pochi anni in Spagna ogni impiegato dovrà pagare un pensionato della previdenza sociale. Soltanto 40 anni fa, dieci impiegati si prendevano cura di un pensionato con i loro contributi della sicurezza sociale. La generazione di Atlante, rinviando matrimonio e figli, ha peggiorato questo squilibrio tra lavoratori e pensionati. Il tasso annuale di nascite per donna fertile in Spagna è soltanto l'1,2, uno dei più bassi nel mondo e probabilmente diminuirà durante gli anni venturi.

L'unico modo per risolvere questo problema sarebbe di abbassare drasticamente le tasse, in particolare le tasse sull'occupazione. Agire in tal modo incoraggerebbe i datori di lavoro ad offrire più posti di lavoro e gli impiegati ad avere famiglie più grandi. Purtroppo, questa opzione non interessa molto i politici spagnoli, che preferiscono mantenere lo status quo socialista a prescindere da quale partito politico è al potere.

Friday, June 4, 2010

La Guerra del Wall Street Journal Contro l'Oro

Se tra voi che leggete c'è qualcuno con dei soldi da parte, preoccupato per come fare a salvaguardarne il valore, non cerchi le risposte ai suoi problemi sul Wall Street Journal.

Piuttosto, legga
Gary North.
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Di Gary North


Brett Arends scrive per il Wall Street Journal. È il classico giornalista finanziario che appartiene all'establishment. Sono tutti ostili all'oro. Ho letto quello che scrive questa gente per 50 anni. Non cambiano mai. I loro argomenti non cambiano mai: sempre stupidi. Il loro timing non cambia mai: sempre sbagliato.

Ignorano l'oro quando il suo valore è basso. Lo ignorano quando il prezzo raddoppia. Quando triplica, scrivono articoli sul perché non è un buon investimento, o sul perché è in ipercomprato. Quando quadruplica, dicono che è in bolla.

Arends porta l'invettiva contro l’oro ad un nuovo livello. Chiama l'oro uno schema di Ponzi.

L'oro era a 105 dollari nel 1976. Raggiunse un picco a 850 per un giorno nel gennaio 1980. Non ricordo alcuna serie del Wall Street Journal di allora sul perché comprare oro.

Arends sta scrivendo adesso una serie in tre parti sull’oro per il Wall Street Journal, giornale che per tutto il corso della mia vita si è sempre schierato contro l'oro. Il fatto che il Wall Street Journal pubblichi una serie di articoli ostili all'oro non mi sorprende. E’ come se il New York Times si schierasse contro un surplus del budget federale.

La ragione principale per sostenere uno standard monetario in oro è semplice: non ci possiamo fidare né del governo degli Stati Uniti né del sistema della Federal Riserve: nelle loro mani, dal 1914 a oggi, il dollaro ha perduto il 96% del suo potere d'acquisto. Come Casey Stengel usava dire, lo potete ben vedere. A differenza di Casey, io vi mostrerò bene dove guardare. Qui!

La ragione per scegliere l’oro come strumento di investimento è differente. Innanzitutto l’oro protegge dall’inflazione nei lunghi periodi, anche se nel medio termine potrebbe non funzionare, come ad es. tra il 1980 e il 2001. Secondo, esso offre una protezione quando i mercati internazionali dei capitali sono parecchio agitati (o quando lo è il dollaro).

L’oro non protegge dalla deflazione. Lo ha fatto tra il 1930 e il 1933, quando era controllato dal Tesoro che lo comprava a 20$ l’oncia. Lo ha fatto tra il 1934 e il 1971 quando il Tesoro lo comprava a 35$ dalle banche centrali e dai governi stranieri. Adesso non più.

C'è un argomento legittimo contro un rialzo dell'oro in dollari nei prossimi mesi, basato sulla mossa recente della Federal Reserve che, insieme al Tesoro, sta cercando di ridurre il proprio bilancio (o base monetaria). Lo potete vedere qui in un grafico pubblicato dalla Fed di St. Louis.

Per capire Brett Arends, dovete leggere il suo articolo, riga per riga. Di seguito lo commenterò io punto per punto. Nota: ho sfidato Milton Friedman su questa materia in numerose occasioni. E Brett Arends non è certo Milton Friedman.

Cominciamo.

UN TRISTE, TRISTE GIORNO

L'articolo comincia: “Questo è un giorno molto triste per me.” Io spero di renderglielo ancora più triste.
Nella Parte Prima di questa serie (dal titolo: è l'oro in bolla?) ho sostenuto che l'oro potrebbe essere sulla rampa di lancio pronto a decollare e mi sono fatto un sacco di nuovi amici fra gli amanti del metallo. Adesso con quel che sto per scrivere li perderò tutti.

Anche se penso che l'oro potrebbe essere vicino al decollo, io non vi suggerisco di correre a mettere tutti i vostri soldi in lingotti d'oro o in fondi d'investimento che detengono lingotti.
Questo è un trucco retorico. Lo usano i sabotatori che hanno un'agenda nascosta che non vogliono rivelare. Lo utilizzano anche gli specialisti delle previsioni economiche alla buona, che vogliono coprirsi il fondoschiena quando il mercato va contro di loro – in un senso o nell'altro, verso l'alto o verso il basso.

Primo, usa la parola “potrebbe.” “L'oro potrebbe essere vicino al decollo” Vuole coprirsi il culo nel caso succedesse veramente. Dopo che sarà successo, potrà dire a tutti i critici, “visto? L'avevo detto che sarebbe potuto decollare”. Yuppy-dù. La vera questione invece è: “Brett, quando è che hai detto alla gente di comprare oro? A che prezzo? E quanto?”

Io ho detto alla gente di comprare nell'ottobre del 2001, subito dopo il 9-11. Bill Bonner, il mio editore, ha detto alla gente di comprare nel 2000. Allora potevate comprare oro sotto i 300 dollari. Chi ha suggerito l'oro dopo aver superato i 400 l'oncia è già tra gli ultimi arrivati.

Secondo, notate questa fioritura retorica: “Non vi suggerisco di correre a mettere tutti i vostri soldi in lingotti d'oro o in fondi d'investimento che tengono lingotti.”

Allarme boiata! Allarme boiata!

Brett crea un uomo di paglia: qualcuno che dice di mettere tutti i vostri soldi nei lingotti d'oro (i bullion, quelli da 400 once). Chi è questo qualcuno? E chi può permettersi dei lingotti da 400 once a 1.200 dollari l'oncia?

Non conosco alcun autore pro-oro che suggerisca ai suoi lettori di correre a mettere tutti i soldi oro. Ok, io l'ho fatto nel 1999. Misi il 90% dei miei soldi in monete d'oro. Ne vendetti la metà quando fecero il picco nella terza settimana del marzo 2008. Chiamai il picco entro 24 ore dal massimo di 1.033$. Avvertii i miei abbonati che i prezzi di oro e argento sarebbero calati. E’ scritto nero su bianco. I prezzi del metalli precipitarono. Nel 2008 capii che quando si fa il 300% su un investimento e si pensa che il prezzo abbia esaurito la corsa, è giunto il momento di raccogliere un po' di profitti. Tuttavia non ho mai detto ai miei abbonati di mettere il 90% dei loro soldi in oro. Lo feci io per fare una scommessa quasi d’azzardo.

Vinsi. Sì, avrei dovuto rimanere dentro, ma sono un conservatore. Seguo la regola di Jimmy Napier: “quando qualcuno vi mette un milione di dollari in mano, chiudete il pugno e prendeteveli” Inoltre, dissi ai miei abbonati di non vendere le monete d’oro, di vendere soltanto l'oro non in moneta.

Mi domando quale sia la storia del sig. Arends riguardo all'oro. Mi domando che percentuale del suo portafoglio sia in oro o se ne abbia mai comprato. Penso di sapere la risposta. Andiamo avanti:
E questo per un motivo semplice: A certi livelli, l'oro, come investimento, è assolutamente ridicolo.
Warren Buffett lo spiegato bene. “L'oro viene estratto in Africa, o da qualche altra parte, quindi lo fondiamo, scaviamo un altro buco, lo seppelliamo nuovamente e paghiamo della gente perché lo custodisca. Non ha alcuna utilità. Chiunque ci guardasse da Marte si gratterebbe la testa perplesso.”
Warren Buffett stava semplicemente citando Milton Friedman, che usò lo stesso identico argomento. Friedman odiò l'idea di uno standard aureo per la maggior parte della sua carriera. Per un buon riassunto della sua guerra contro l'oro, leggete il necrologio di Hans Sennholz.

Sennholz mi insegnò la teoria monetaria nel 1962. Ho sempre preso le sue parti contro la posizione di Friedman, favorevole invece alla moneta fiat, creata dal nulla.

Friedman sosteneva che uno standard monetario aureo è dispendioso. Il Wall Street Journal scrisse le stesse cose in un editoriale del 1969. Risposi a quella discussione nel 1969 con un articolo intitolato “Polvere d'oro.” Sostenni che l'oro ha una funzione economica importante: limitare il potere di creare denaro dal nulla che hanno governi e banche centrali. Questo mio articolo potete leggerlo qui.

Per tutta la sua vita Warren Buffett è stato in rivolta contro l'eredità politica di suo padre. Suo padre era il Ron Paul della fine degli anni '40. Nel secolo scorso abbiamo avuto soltanto due libertari nel congresso che si sono schierati a favore del gold-standard: Howard Buffett e Ron Paul. Warren Buffett ha sempre rifiutato la posizione del padre.

E lo stesso ha sempre fatto il Wall Street Journal, opponendosi sempre all'idea di un sistema monetario, legittimo e possibile, basato sull’oro. Questa ostilità verso l'oro è alla base dell'accettazione del moderno sistema bancario a riserva frazionaria. È alla base dell'accettazione delle banche centrali. È ostile all'idea che le masse possano controllare la politica monetaria attraverso uno standard basato sulle monete d'oro, uno standard generato dal libero mercato e fatto rispettare con le leggi che regolano i contratti.

Occasionalmente può succedere che il Journal pubblichi un articolo sull'oro come potenziale buon investimento, ad esempio questo, ma come politica il Journal ha sempre sostenuto uno standard monetario fiat, basato sul denaro cartaceo creato dal nulla.

Arends continua:
“E questa non è che la metà. L'oro è volatile. È difficile da valutare. Non genera reddito.”
Questo è un altro cliché standard contro l'oro. L'oro è volatile. Giusto. Così come il mercato azionario. Così come lo sono generalmente tutte le merci. E allora?

È difficile da valutare”. Ma davvero?
Non genera reddito.” Quale materia prima lo genera? La terra non paga dividendi.

Arends sa tutto questo. Come giustificazione offre questo:
Sì, è “un assett solido,” ma così come un sacco di altre cose – come la terra, dei sacchetti di riso, persino l'acqua in bottiglia.

È un “sostituto” monetario, ma è inutile. In prigione, almeno, usano le sigarette: se tutto il resto fallisce, possono fumarle. Immaginate un gruppo di salutisti in una prigione in cui sia vietato fumare che tentino di saldare i loro debiti con le sigarette. Questo è l'oro. Non ha senso.
State cominciando a percepire che due soggetti del rango di Arends non fanno un imbecille intero?

Noi non siamo in prigione. Siamo fuori dalla prigione. Se abbiamo dell'oro, abbiamo un bene divisibile e commerciabile. Con un mercato molto ampio. La terra, un sacchetto di riso, non hanno queste proprietà.
Per quanto riguarda l'essere “una riserva di valore,” chi avesse comprato oro verso la fine degli anni 70 e l'avesse tenuto avrebbe perso quasi tutto il suo potere d'acquisto nel corso dei 20 anni successivi.
Abbastanza vero. E chi lo ha comprato nel 2000 ha quadruplicato i suoi soldi. Brett, parlami invece del Dow, che dal 2000 a oggi è negativo. Parlami del Nasdaq, che è molto, molto più giù. Guardate con i vostri occhi.

Ha mai detto il Wall Street Journal ai suoi lettori di uscire del mercato azionario per entrare sull'oro nel marzo del 2000? No? Ha almeno detto loro nel febbraio e nel marzo 2000 che il mercato azionario era in bolla? Io ai miei abbonati l'ho detto. Il Nasdaq raggiunse il picco la settimana che ricevettero il mio REMNANT REVIEW di marzo che li avvertiva a riguardo.
Mi preoccupo quando vedo la gente puntare sull'oro a 1.200$ l'oncia. Che succederà se il prezzo tornasse dov'era solo pochi anni fa, a 500$ o a 600$ l'oncia? Ne comprereste ancora? O lo vendereste?
Me lo vedo, mentre si preoccupa per questo.Tanto, tanto preoccupato. Preoccupato più o meno come lo sono io per i fondi pensione degli imbroglioni anti-oro del Wall Street Journal quando l'oro sarà a quota 3.000 insieme al Dow, anch’esso a 3.000.
“Le mie preoccupazioni sull'oro vanno persino oltre.”
Ma davvero? Le meraviglie non finiscono mai!
“Facciamo un passo all'interno del mercato dell'oro per un momento.”
Sì. Facciamolo.
Tutti sanno che il prezzo è aumentato circa cinque volte nella decade passata. Ma questo non è dovuto a una qualche verità mistica o ad un atto magico di levitazione. È semplicemente perché ci sono stati più compratori che venditori.

Banale, ma vero – e a volte degno di essere ripetuto.
Banale e per niente degno di essere ripetuto. Banale perché l'imbroglione anti-oro non ha mai detto agli investitori di comprare, per tutto il tempo che è salito. Gli imbroglioni come lui hanno perso il treno. Se questi tipi sapessero qualcosa sull'oro, direbbero ai lettori di comprare sui minimi. Non lo fanno mai. Perché prestar loro attenzione quando dicono che è troppo alto?

Più compratori che venditori”. È questo che serve per guadagnare uno stipendio al “Wall Street Journal”? Quando si tratta di scrivere un pezzo contro l'oro, sì. È successo per oltre 40 anni.

La domanda importante è questa: PERCHÉ ci sono stati più compratori che venditori (al prezzo di ieri)? Che cosa è accaduto nei mercati internazionali per persuadere i compratori a puntare sul rialzo del prezzo dell'oro? Avevano capito cosa sarebbe accaduto all'euro ed alle finanze della UE meglio degli esperti del Wall Street Journal? (Nota: è una domanda retorica.)
“Se il prezzo di un bene aumenta sareste portati a pensare che ci sia scarsità di quel bene”.
Se aveste capito l'oro, no, non sareste portati a pensare questo!

La maggior parte dell'oro che è stato estratto in oltre 2.000 anni è ancora sopra la terra, nella cassaforte di qualcuno o addosso la moglie di qualcun altro. Il problema non è la scarsità. La questione è: la quantità offerta per la vendita al grande pubblico comparata alla domanda richiesta dal grande pubblico.

Se il prezzo è aumentato, allora c'era più domanda che disponibilità. O Adam Smith si è sbagliato riguardo a questa cosa della domanda e dell'offerta?
“Ma i dati forniti dal World Gold Council, un'organizzazione dell'industria, raccontano una storia interessante.”

In quel periodo il mondo ha prodotto – o, più esattamente, recuperato – molto più oro di quanto si volesse usare realmente. Dal 2002, per esempio, la domanda totale di oro di orafi e gioiellieri e dentisti e dell'industria in generale, è arrivata a circa 22.500 tonnellate.
Non mi dire, questo è davvero molto interessante. Tutti quei compratori d'oro là fuori stavano comprando più oro – e cito – “di quanto si volesse usare.” Questo fatto è talmente interessante che mette in dubbio una di queste due cose: (1) la teoria economica, o (2) l'abilità di ragionamento di Brett Arends. Sapete già quale è la risposta.
“Ma durante lo stesso periodo, più di 29.000 tonnellate sono arrivate sul mercato.”
In primo luogo, nessuno conosce quanto ne è arrivato sul mercato tramite i prestiti fatti dalle banche centrali, che non sono segnati come vendite quando in effetti lo sono.
L'eccedenza da sola è sufficiente per produrre circa 220 milioni di monete American Buffalo da un oncia d'oro. Questo in otto anni.
Arends ignora gli acquisti indiani. Ignora gli acquisti cinesi. Ignora gli acquisti delle banche centrali. Si concentra sulle monete americane, a malapena comprate da qualche americano (purtroppo).
“La maggior parte della nuova disponibilità è venuta dalla produzione mineraria. Una parte, benché in diminuzione, arriva dalle banche centrali.”
Non lo può sapere. Il GATA sta cercando di ottenere queste informazioni da 11 anni.
E un importo crescente è venuto dal riciclaggio di vecchi gioielli e simili che vengono fusi per lo scarto (questa è un questione perenne con l'oro. Non capirò mai perché i suoi fans pensino che l'incredibile durevolezza dell'oro – non si spreca o non si corrode – sia una proprietà favorevole al rialzo del suo prezzo. È il contrario). Così se la disponibilità di oro offerta ha superato costantemente la domanda degli utenti, come mai il prezzo dell'oro sta ancora aumentando?

In una parola, accumulazione.
Accumulazione! Orrore! C'è della gente là fuori che accumula oro. Ma quanti? Ci sono pochissimi negozi di monete d'oro. Ci sono pochissimi compratori attivi di monete di oro. Se la gente sta comprando dei lingotti da 400 once, è gente che ha molti più soldi dei giornalisti del Wall Street Journal. E' gente molto ricca, molto di buon senso e con molta ricchezza da proteggere. Hanno allocato una piccola percentuale della loro ricchezza nei lingotti d'oro.

Il sig. Arends, come autore stipendiato in un'industria morente, compara il prezzo dell'oro al suo stipendio ed alla sua futura pensione. Oh quanto costa l'oro, è così caro!

No, se siete un principe saudita, non è affatto caro.
Chi investe in oro, chi lo accumula, ha fatto tutta la differenza. È l'unico motivo per cui la “domanda” totale ha superato la disponibilità.
Ditemi perché questo principio non si dovrebbe applicare ad ogni categoria di investimento. Ha usato la parola “investire,” come appunto è giusto fare. La gente compra e mette da parte, sperando che il prezzo salga. Che concetto stupefacente!
Un sacco di gente sta comprando oro nella speranza che aumenti. Ma l'unico modo in cui può aumentare è se sempre più gente lo compra, sperando che aumenti ancora di più. Ecc.
E dovremmo credere che questo non si applichi ad ogni azione, ad ogni bond e ad ogni attività finanziaria di cui tratta il Wall Street Journal?

Questo uomo sta trattando i suoi lettori come degli imbecilli economici. Se i suoi lettori continuano a prenderlo sul serio dopo aver letto il suo articolo, allora sono davvero degli imbecilli economici.
Come chiamiamo uno schema di investimento dove i rendimenti dei membri attuali dipendono interamente dai nuovi soldi portati dai nuovi membri?

Uno schema di Ponzi.
Ci sono gli imbroglioni. Ci sono quelli molto confusi. Poi ci sono gli imbroglioni moralmente corrotti.

Uno schema di Ponzi è una situazione in cui il venditore di un investimento dice che l'investimento produrrà alti tassi di rendimento. Quindi usa ii soldi raccolti dai successivi compratori per pagare gli investitori iniziali. Si tratta di una frode. È qualcosa di illegale, tranne quando viene realizzata con i fondi dell'Assistenza Sanitaria statale e del sistema della Sicurezza Sociale.

Ci possono essere bolle di ogni tipo. Sono governate dalla teoria di investimento dell’ultimo arrivato, il più stupido di tutti. Ma una bolla non è uno schema di Ponzi. O Arends è moralmente corrotto oppure è un ignorante che non sa distinguere una bolla da uno schema di Ponzi. Decidete voi.
Sì, come ho scritto prima, l'oro può ben essere la prossima grande bolla. E questo può significare che si possono fare molti soldi con la speculazione.

Ma non ne ho fiducia come investimento.
Io invece non mi fido dell'abilità analitica di Brett Arends. Suggerisco che manteniate lo stesso scetticismo.
Come potete far quadrare questo cerchio dorato? Lo dirò nella Terza Parte.
Non vedo l'ora. Darò un altro colpo a questo imbroglione incompetente.

CONCLUSIONE

Nel mio libro The War on Gold, che offro gratuitamente, ho scritto a lungo su questo tipo di giornalismo ostile all’oro. Sono stato in guerra con esso per oltre 45 anni. Avrò un sacco di occasioni per combattere ancora di queste battaglie, eventualmente con gente dotata di maggior potenza di fuoco intellettuale di Brett Arends.

L'industria della stampa sta morendo. Gli imbroglioni come il sig. Arends dovranno trovare un'attività remunerata facendo qualcosa di più produttivo. Ma la guerra contro l'oro continuerà. Continuerà per la stessa ragione per cui è continuata finora: l'elevato odio di certa gente verso i tentativi del largo pubblico di proteggersi dalla distruzione monetaria orchestrata da banche centrali e governi.
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(Traduzione revisionata da Francesco Carbone)