Il seguente articolo, che illustra succintamente le brutture del sistema mercantilista, è un breve estratto di An Austrian Perspective on the History of Economic Thought, vol. 1, Economic Thought Before Adam Smith.
Curioso notare come in fondo, al di là di quelle che si possono considerare differenze di facciata, il sistema non sia poi cambiato così tanto, soprattutto per chi sta alla base della piramide...
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Di Murray N. Rothbard
Il sistema mercantilista non ebbe bisogno di una pretenziosa “teoria” per essere varato. Sorse spontaneamente tra le caste che governavano le nascenti nazioni stato. Il re, assecondato dalla nobiltà, prediligeva ingenti spese pubbliche, conquiste militari ed imposte elevate per aumentare potere e ricchezza comuni e individuali. Inoltre il re preferiva naturalmente le alleanze con i nobili e con i cartelli di gilde e compagnie monopoliste, poiché questi costituivano il suo potere politico per mezzo delle alleanze ed il suo reddito con le vendite e le tasse dei beneficiari.
Nemmeno le compagnie di cartello ebbero grande necessità di una teoria per giustificare il loro acquisto di privilegi monopolistici. Neanche i sussidi alle esportazioni, le barriere per le importazioni, ebbero bisogno di una teoria; né fu necessaria per aumentare la disponibilità di denaro e credito per i re, i nobili, e i gruppi di affari favoriti. E non fu necessario nemmeno per la famosa premura dei mercantilisti nell'accumulare lingotti nel paese: quell'accumulo in realtà era un aumento nel numero di lingotti che entrava nei forzieri dei re, dei nobili e delle compagnie esportatrici monopoliste. E chi non vuole che la scorta di denaro nelle sue tasche aumenti?
La teoria arrivò più tardi; la teoria arrivò per vendere alle masse illuse la necessità e la benevolenza del nuovo sistema, o per vendere al re il particolare schema promosso dai libellisti o dai suoi confratelli. La “teoria” mercantilista era un insieme di spiegazioni razionali destinate a sostenere o ampliare degli interessi economici particolari.
Molti storici del ventesimo secolo hanno lodato i mercantilisti per la loro preoccupazione proto-keynesiana per la “piena occupazione,” che si presume dimostrerebbe sorprendenti tendenze moderne. Si dovrebbe notare, tuttavia, che la preoccupazione mercantilista per la piena occupazione era ben poco umanitaria. Al contrario, il loro desiderio era di spazzare via l'ozio e di obbligare a lavorare gli oziosi, i vagabondi e i “mendicanti robusti.” In breve, per i mercantilisti, la “piena occupazione” implicava schiettamente un suo corollario logico: il lavoro forzoso. Così, nel 1545, i “mendicanti robusti” di Parigi furono costretti a lavorare per lunghi orari e due anni più tardi, “per eliminare ogni occasione d'ozio per i sani,” tutte le donne in grado ma poco disposte a lavorare furono frustate e cacciate da Parigi, mentre tutti gli uomini della stessa categoria vennero ficcati nei galeoni come schiavi.
Si dovrebbe immediatamente notare la base classista di questo orrore mercantilista verso l'ozio. La nobiltà ed il clero, per esempio, erano scarsamente preoccupati dal proprio ozio; era soltanto quello delle classi più basse che doveva essere estirpato con tutti i mezzi necessari. Lo stesso era vero per i commercianti privilegiati del terzo stato. La giustificazione sottilmente velata era la necessità di aumentare la “produttività della nazione,” ma queste classi costituivano l'élite di governo e tale estirpazione forzata dell'ozio, sia nelle opere pubbliche che nella produzione privata, beneficiava i governanti. Non solo aumentò la produzione a beneficio di questi ultimi; abbassò anche i tassi salariali aumentando l'offerta di forza lavoro con la coercizione.
Così, alla riunione degli stati generali, il corpo parlamentare della Francia, nel 1576, tutti i tre stati si unirono nella richiesta di lavoro forzoso. Il clero esortò a “non tollerare o permettere... che nessuno oziasse.” Il terzo stato voleva che i “mendicanti robusti” venissero o messi a lavorare, o frustati ed esiliati. I nobili incitarono a costringere al lavoro “mendicanti e fannulloni robusti” e a frustarli se si fossero rifiutati di obbedire.
Gli stessi Estates-General fecero la loro speciale perorazione fin troppo dolorosamente chiara in materia di tariffe protettive. Gli stati richiesero la proibizione delle importazioni di tutti i beni manifatturieri e dell'esportazione di tutte le materie prime. Lo scopo di entrambe le misure era di costruire una barriera di protezione monopolistica intorno alle manifatture nazionali e di obbligare i produttori di materie prime a vendere le loro merci a quelle aziende nazionali ad un prezzo artificialmente basso.
La giustificazione che tali misure erano necessarie per “mantenere i lingotti” o i soldi “nel paese” apparirà chiaramente assurda a qualsiasi persona obiettiva. Perché se ai consumatori francesi doveva essere impedito l'acquisto di beni importati per salvaguardare i “loro lingotti,” cosa sarebbe potuto accadere in caso contrario? C'era davvero il pericolo che i francesi trasferissero tutti i loro lingotti all'estero senza tenerne nessuno per sé? Chiaramente, un evento simile sarebbe assurdo, ma anche se fosse accaduto – il caso peggiore – c'è un evidente limite massimo ad ogni fuoriuscita dei lingotti dal paese. Perché dove otterrebbero altri lingotti i consumatori intenzionati ad acquistare sempre più prodotti d'importazione? Chiaramente, soltanto esportando altri prodotti all'estero.
Di conseguenza, l'argomento “mantenere i soldi nel paese” è palesemente fraudolento, sia nella Francia del XVII secolo che negli Stati Uniti del XX secolo. Gli Estates-General erano interessati alla protezione di determinate industrie francesi, punto.
L'argomento “mantenere i soldi nel paese” era inoltre un conveniente bastone per colpire gli imprenditori e i finanzieri stranieri che avrebbero potuto battere la concorrenza dei nativi. Così la prospettiva di veder fiorire in Francia banchieri tedeschi e finanzieri italiani provocò furiosi parossismi per i “profitti guadagnati disonestamente” degli stranieri, che sottraevano i soldi al paese, furia che naturalmente era alimentata dall'egregia “fallacia di Montaigne” tipicamente mercantilista secondo cui il guadagno di un uomo (o di una nazione) sul mercato era ipso facto la perdita di un altro uomo (o di un altra nazione). Questi francesi stizzati suggerirono spesso che i finanzieri stranieri venissero espulsi dal paese, ma i re in genere erano tipicamente troppo impantanati nei debiti per permettersi di seguire tale consiglio.
Curioso notare come in fondo, al di là di quelle che si possono considerare differenze di facciata, il sistema non sia poi cambiato così tanto, soprattutto per chi sta alla base della piramide...
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Di Murray N. Rothbard
Il sistema mercantilista non ebbe bisogno di una pretenziosa “teoria” per essere varato. Sorse spontaneamente tra le caste che governavano le nascenti nazioni stato. Il re, assecondato dalla nobiltà, prediligeva ingenti spese pubbliche, conquiste militari ed imposte elevate per aumentare potere e ricchezza comuni e individuali. Inoltre il re preferiva naturalmente le alleanze con i nobili e con i cartelli di gilde e compagnie monopoliste, poiché questi costituivano il suo potere politico per mezzo delle alleanze ed il suo reddito con le vendite e le tasse dei beneficiari.
Nemmeno le compagnie di cartello ebbero grande necessità di una teoria per giustificare il loro acquisto di privilegi monopolistici. Neanche i sussidi alle esportazioni, le barriere per le importazioni, ebbero bisogno di una teoria; né fu necessaria per aumentare la disponibilità di denaro e credito per i re, i nobili, e i gruppi di affari favoriti. E non fu necessario nemmeno per la famosa premura dei mercantilisti nell'accumulare lingotti nel paese: quell'accumulo in realtà era un aumento nel numero di lingotti che entrava nei forzieri dei re, dei nobili e delle compagnie esportatrici monopoliste. E chi non vuole che la scorta di denaro nelle sue tasche aumenti?
La teoria arrivò più tardi; la teoria arrivò per vendere alle masse illuse la necessità e la benevolenza del nuovo sistema, o per vendere al re il particolare schema promosso dai libellisti o dai suoi confratelli. La “teoria” mercantilista era un insieme di spiegazioni razionali destinate a sostenere o ampliare degli interessi economici particolari.
Molti storici del ventesimo secolo hanno lodato i mercantilisti per la loro preoccupazione proto-keynesiana per la “piena occupazione,” che si presume dimostrerebbe sorprendenti tendenze moderne. Si dovrebbe notare, tuttavia, che la preoccupazione mercantilista per la piena occupazione era ben poco umanitaria. Al contrario, il loro desiderio era di spazzare via l'ozio e di obbligare a lavorare gli oziosi, i vagabondi e i “mendicanti robusti.” In breve, per i mercantilisti, la “piena occupazione” implicava schiettamente un suo corollario logico: il lavoro forzoso. Così, nel 1545, i “mendicanti robusti” di Parigi furono costretti a lavorare per lunghi orari e due anni più tardi, “per eliminare ogni occasione d'ozio per i sani,” tutte le donne in grado ma poco disposte a lavorare furono frustate e cacciate da Parigi, mentre tutti gli uomini della stessa categoria vennero ficcati nei galeoni come schiavi.
Si dovrebbe immediatamente notare la base classista di questo orrore mercantilista verso l'ozio. La nobiltà ed il clero, per esempio, erano scarsamente preoccupati dal proprio ozio; era soltanto quello delle classi più basse che doveva essere estirpato con tutti i mezzi necessari. Lo stesso era vero per i commercianti privilegiati del terzo stato. La giustificazione sottilmente velata era la necessità di aumentare la “produttività della nazione,” ma queste classi costituivano l'élite di governo e tale estirpazione forzata dell'ozio, sia nelle opere pubbliche che nella produzione privata, beneficiava i governanti. Non solo aumentò la produzione a beneficio di questi ultimi; abbassò anche i tassi salariali aumentando l'offerta di forza lavoro con la coercizione.
Così, alla riunione degli stati generali, il corpo parlamentare della Francia, nel 1576, tutti i tre stati si unirono nella richiesta di lavoro forzoso. Il clero esortò a “non tollerare o permettere... che nessuno oziasse.” Il terzo stato voleva che i “mendicanti robusti” venissero o messi a lavorare, o frustati ed esiliati. I nobili incitarono a costringere al lavoro “mendicanti e fannulloni robusti” e a frustarli se si fossero rifiutati di obbedire.
Gli stessi Estates-General fecero la loro speciale perorazione fin troppo dolorosamente chiara in materia di tariffe protettive. Gli stati richiesero la proibizione delle importazioni di tutti i beni manifatturieri e dell'esportazione di tutte le materie prime. Lo scopo di entrambe le misure era di costruire una barriera di protezione monopolistica intorno alle manifatture nazionali e di obbligare i produttori di materie prime a vendere le loro merci a quelle aziende nazionali ad un prezzo artificialmente basso.
La giustificazione che tali misure erano necessarie per “mantenere i lingotti” o i soldi “nel paese” apparirà chiaramente assurda a qualsiasi persona obiettiva. Perché se ai consumatori francesi doveva essere impedito l'acquisto di beni importati per salvaguardare i “loro lingotti,” cosa sarebbe potuto accadere in caso contrario? C'era davvero il pericolo che i francesi trasferissero tutti i loro lingotti all'estero senza tenerne nessuno per sé? Chiaramente, un evento simile sarebbe assurdo, ma anche se fosse accaduto – il caso peggiore – c'è un evidente limite massimo ad ogni fuoriuscita dei lingotti dal paese. Perché dove otterrebbero altri lingotti i consumatori intenzionati ad acquistare sempre più prodotti d'importazione? Chiaramente, soltanto esportando altri prodotti all'estero.
Di conseguenza, l'argomento “mantenere i soldi nel paese” è palesemente fraudolento, sia nella Francia del XVII secolo che negli Stati Uniti del XX secolo. Gli Estates-General erano interessati alla protezione di determinate industrie francesi, punto.
L'argomento “mantenere i soldi nel paese” era inoltre un conveniente bastone per colpire gli imprenditori e i finanzieri stranieri che avrebbero potuto battere la concorrenza dei nativi. Così la prospettiva di veder fiorire in Francia banchieri tedeschi e finanzieri italiani provocò furiosi parossismi per i “profitti guadagnati disonestamente” degli stranieri, che sottraevano i soldi al paese, furia che naturalmente era alimentata dall'egregia “fallacia di Montaigne” tipicamente mercantilista secondo cui il guadagno di un uomo (o di una nazione) sul mercato era ipso facto la perdita di un altro uomo (o di un altra nazione). Questi francesi stizzati suggerirono spesso che i finanzieri stranieri venissero espulsi dal paese, ma i re in genere erano tipicamente troppo impantanati nei debiti per permettersi di seguire tale consiglio.
Così, alla riunione degli stati generali, il corpo parlamentare della Francia, nel 1576, tutti i tre stati si unirono nella richiesta di lavoro forzoso. Il clero esortò a “non tollerare o permettere... che nessuno oziasse.” Il terzo stato voleva che i “mendicanti robusti” venissero o messi a lavorare, o frustati ed esiliati. I nobili incitarono a costringere al lavoro “mendicanti e fannulloni robusti” e a frustarli se si fossero rifiutati di obbedire.
ReplyDeleteAltri tempi, in cui ancora non erano stati inventati metodi propagandistici applicati ai mezzi di informazione. Oggi è possibile operare addirittura senza violenza: si chiama lotta contro i bamboccioni.
Pyter
Questa cosa non è molto chiara ai cosidetti libertari:
ReplyDeleteOZIO che vuol dire
OZIO ossia
...
pé gnente chiara, ed un motivo c'è, ma uno solo!!!
AYALA'!
Non è stato considerato il caso spagnolo.
ReplyDeleteTra il XVI e il XVII secolo la Spagna ricevette enormi quantità di oro ed argento dalle sue colonie del Nuovo Mondo. Tuttavia la sua classe dirigente era ancora dominata da una mentalità di tipo medievale per cui il lavoro è la condanna di Dio all' uomo; quindi l' aristocrazia considerava disonorevole e indegno per un nobile dedicarsi ad attività imprenditoriali e manifatturiere.
Questa situzione portò alla decisione di usare le ricchezze delle colonie per comperare all' estero prodotti e merci anzichè produrli in Spagna costruendo industrie.
Negli stessi anni le altre nazioni, come la Gran Bretagna, accumularono "mercantilisticamente" le ricchezze per poi finanziare la Rivoluzione Industriale, svolta epocale che la Spagna clamorosamente fallì di compiere uscendo definitivamente dal palcoscenico della storia europea e mondiale.
Il risulatato di tutto ciò è ancora oggi visibile: la Spagna non possiede una industria pesante e la sua economia si basa esclusivamente su turismo ed edilizia come una nazione del Terzo Mondo, con conseguente arretratezza e povertà diffusa.
Questo dimostra che, nella lotta per la sopravvivenza tra cicale e formiche, le formiche sono destinate a prosperare e le cicale a morire.
Ci rifletto da un bel po' di tempo a quale sìa la forma politico-sociale organizzata più corretta (o la meno scorretta) per gli uomini ; la democrazìa proprio no alla luce dei risultati constatati in questi ultimi annetti. Se decisioni gerarchiche ci devono essere, che sìano perlomeno concepite dalle persone più sapienti e competenti di una comunità, dove sapienti non vuol dire colte per sottinteso. E con molta libertà di espressione artistica, qualunque essa sìa.
ReplyDeleteCiao a tutti:
ReplyDeletealla fin fine tutto si riduce al fatto che, appena l'uomo smette di coltivare la propria interiorità e pensa che l'unica cosa da fare sia accumulare beni esteriori si arriva a questo.
Davide71