Monday, April 26, 2010

Costruire il Nuovo Ordine Mondiale

The Creature from Jekyll Island: A Second Look at the Federal Reserve è senz'altro uno dei libri più rivelatori sul sistema monetario internazionale e in particolare sulla FED. In esso G. Edward Griffin si avventura anche in alcune previsioni su quale dovrebbe essere il corso degli eventi in quello che chiama “finale di partita.” Rileggendole oggi, a 16 anni di distanza dalla pubblicazione del libro, la precisione di quelle previsioni è raggelante.

Quelli che seguono sono alcuni brani tratti dal sesto capitolo.

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Di G. Edward Griffin


Torniamo ora al gioco chiamato salvataggi (bailout). Tutte quelle contenute nel capitolo precedente erano soltanto informazioni di base per capire il gioco così come viene giocato sulla scena internazionale. Queste, finalmente, sono le regole:

1. Le banche commerciali nelle nazioni industrializzate, appoggiate dalle loro rispettive banche centrali, creano i soldi dal nulla e li prestano ai governi delle nazioni sottosviluppate. Sanno che questi sono prestiti rischiosi, così caricano un tasso d'interesse abbastanza alto per compensare. È più di quanto pensano di ricevere a lungo termine.

2. Quando le nazioni sottosviluppate non possono pagare l'interesse sui loro prestiti, la banca mondiale e lo FMI (Fondo Monetario Internazionale) entrano in gioco sia come giocatori che come arbitri. Usando denaro supplementare creato dal nulla dalle banche centrali delle loro nazioni membri, anticipano prestiti per lo “sviluppo” ai governi che hanno ora abbastanza per pagare l'interesse sui prestiti originari con un'eccedenza sufficiente per i loro scopi politici.

3. Il paese beneficiario esaurisce rapidamente il nuovo rifornimento di denaro ed il gioco ritorna al punto numero due. Questa volta, tuttavia, i nuovi prestiti sono garantiti dalla Banca Mondiale e dalle banche centrali delle nazioni industrializzate. Ora che il rischio di default è rimosso, le banche commerciali acconsentono a ridurre l'interesse al punto previsto all'inizio. I governi del debitore riprendono i pagamenti.

4. La mossa finale è – be', in questa versione del gioco non sembra esserci mossa finale, perché il programma è di far continuare il gioco all'infinito. Per rendere questo possibile, devono avvenire determinate cose che sono effettivamente molto definitive. Tra queste la conversione dello FMI in una banca centrale mondiale come Keynes aveva progettato, che emette quindi una moneta fiat internazionale. Una volta che questa “Banca di Emissione” è stabilita, lo FMI può raccogliere risorse illimitate dai cittadini del mondo con la tassa indiretta chiamata inflazione. Il flusso di denaro può allora essere sostenuto indefinitamente – con o senza l'approvazione delle diverse nazioni – perché non avranno più moneta propria.


Dato che questo gioco risulta in un'emorragia di ricchezza per le nazioni industrializzate, le loro economie sono condannate ad essere sempre più svalutate, un processo che sta avendo luogo da Bretton Woods. Il risultato sarà un severo abbassamento del loro livello di vita e la loro dismissione come nazioni indipendenti. La realtà nascosta dietro i cosiddetti prestiti per lo sviluppo è che l'America e le altre nazioni industrializzate vengono sovvertite con questo processo. Non è un caso; è l'essenza del piano. Una forte nazione è improbabile che ceda la propria sovranità. Gli americani non acconsentirebbero a cedere il loro sistema monetario, il loro esercito, o le loro corti ad un organismo mondiale composto da governi che sono stati dispotici verso i loro stessi popoli, specialmente poiché la maggior parte di quei regimi già hanno rivelato un'ostilità anti-americana. Ma se gli americani possono essere portati al punto in cui soffrono per il crollo della loro economia e dell'ordine civile, le cose saranno diverse. Quando si troveranno nelle code per il pane ed affronteranno l'anarchia nelle loro strade, saranno più disposti a cedere la sovranità in cambio di “assistenza” dalla banca mondiale e dalle forze di “peacekeeping” dell'ONU. Questo diventerà ancora più accettabile se un crollo strutturato del comunismo può essere organizzato anticipatamente per far sembrare che i principali sistemi politici mondiali convergono nel comune denominatore della “socialdemocrazia.”


Le nazioni sottosviluppate, dall'altro lato, non vengono sollevate. Ciò che sta accadendo loro è che i loro capi politici stanno diventando dipendenti dal flusso di denaro dello FMI e non potranno smettere l'abitudine. Questi paesi vengono conquistati con il denaro anziché con le armi. Presto non saranno più nazioni davvero indipendenti. Stanno diventando semplici componenti nel sistema del socialismo mondiale progettato da Harry Dexter White e da John Maynard Keynes. I loro capi sono addestrati per diventare potentati in un nuovo feudalesimo high-tech, rendendo omaggio ai loro Signori a New York. E sono desiderosi di farlo in cambio del privilegio e del potere all'interno del “Nuovo Ordine Mondiale.” Quella è la mossa finale.

Saturday, April 24, 2010

Collective Hope, il fumetto libertario

Leonardo Facco presenta l'album di Collective Hope (perdonate la furia autocelebrativa).

Friday, April 23, 2010

Ferdinando Galiani, un precursore italiano degli austriaci

Articolo di Robert W. McGee pubblicato su Austrian Economics Newsletter della primavera 1987.
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Di Robert W. McGee


La scuola austriaca di economia non è nata dal nulla. Ha costruito sul lavoro di una quantità di altri economisti e filosofi risalenti fino ad Aristotele. Fra i precursori della scuola austriaca ci fu un certo numero di economisti scolastici spagnoli ed italiani.

Diversi tra i primi economisti italiani hanno influenzato lo sviluppo del pensiero economico dell'Europa continentale nei secoli prima di Carl Menger.

Gian Francesco Lottini (1512-1572) ebbe l'idea generica che le persone valutano i desideri presenti più di quelli futuri – la base della teoria della preferenza temporale. Bernardo Davanzati (1529-1606) applicò la teoria del valore soggettivo alla moneta e risolse il “paradosso del valore.” Notò inoltre che gli aumenti dei prezzi nel suo tempo erano stati causati dall'afflusso d'oro dall'America, anticipando così la teoria della quantità di moneta. Geminiano Montanari (1633-1687) aveva una teoria della quantità di moneta piuttosto ben sviluppata e capì che c'è un fattore soggettivo nella valutazione della moneta.

L'economista italiano che ha avuto forse la maggiore influenza sulla scuola austriaca è Ferdinando Galiani (1728-1787). Nato a Chieti, diventò una guida della scuola napolitana. Il suo pensiero economico fu influenzato, tra gli altri, da Aristotele, Davanzati, Locke e Montanari.

Galiani è noto soprattutto per il suo contributo alla teoria del valore, alla teoria dell'interesse ed alla politica economica, soggetti esplorati un secolo dopo da Menger, Böhm-Bawerk, Jevons, Walras, Marshall e dalla scuola storica tedesca.

Egli riconobbe che c'era una dicotomia fra utilità e scarsità, un concetto maltrattato dai filosofi fin dai tempi di Aristotele. Il suo studio più notevole, Della Moneta, lo scrisse appena ventenne, ma non ebbe larga diffusione allora perché disponibile soltanto in italiano. È quel trattato che comprende le sue teorie del valore soggettivo e dell'interesse.

A metà del XIX secolo, Francesco Ferrara, un altro italiano, ampliò la teoria del valore soggettivo e, secondo Buchanan, per certi aspetti superò i suoi teorici.


La teoria del valore

Galiani osservò che il prezzo di un prodotto regola il consumo, e che il consumo regola il prezzo. Quando il prezzo di un prodotto scende, la sua richiesta aumenta e viceversa. Se un paese che produce e consuma 50.000 barili di vino è improvvisamente invaso da un esercito straniero, il prezzo del vino salirà perché ora c'è più gente che lo beve.

Il valore di un bene non è intrinseco; è un calcolo o un rapporto fra i beni che le persone fanno in relazione ad altri beni. Gli uomini confrontano un bene con un altro e fanno uno scambio soltanto quando il loro livello di soddisfazione sarà uguale come conseguenza dello scambio (Adam Smith ed altri migliorarono questa idea, osservando che uno scambio avviene quando il valore dato è soggettivamente minore al valore ricevuto). Queste idee oggi sembrano elementari, ma non lo erano così tanto quando Galiani le espresse due secoli fa.

Egli riconobbe anche l'esistenza dell'elasticità della domanda. Se il prezzo delle scarpe aumenta, i consumatori possono ritardare l'acquisto di un nuovo paio e continuare a portare le scarpe che già possiedono finché il prezzo non scende. Ma se il prezzo del grano aumenta, i consumatori continueranno comunque a comprare il pane. Altrimenti, morirebbero di fame. La domanda delle scarpe è altamente elastica, mentre la domanda di grano è anelastica. Marshall fece una simile osservazione un secolo più tardi.

Galiani inoltre scoprì l'esistenza di un rapporto fra il prezzo di un bene e la sua domanda. I ricchi possono acquistare un bene che la gente più povera non può permettersi. Come il prezzo del bene diminuisce, la gente dalle classi meno abbienti cominciano a comprarlo, così aumentando la domanda totale. Se il prezzo aumenta, alcune di queste persone smetterà di comprarlo.

I ricchi fanno alcuni acquisti perché è di moda farlo, anche se il bene comprato ha poco o nessuna utilità. È di moda comprare i diamanti, e non lo è comprare l'acqua o l'aria. Questa è una ragione per la quale i diamanti hanno un prezzo elevato e l'acqua e l'aria un prezzo basso (o nessun prezzo). Questo esempio inoltre indica che c'è una differenza fra valore e utilità. Egli comprese che il valore non è intrinseco ma soggettivo. Il prezzo di un bene varia con il gusto ed il potere d'acquisto di ciascun individuo.

Galiani conosceva inoltre la legge dell'utilità marginale decrescente. Quando Davanzati dichiarò che un vitello vivo è sia più nobile che meno costoso di un vitello dorato, e che una libbra di pane è più utile di una libbra d'oro, Galiani rispose che “utile” e “meno utile” sono concetti relativi e dipende dalle diverse circostanze.

Per qualcuno che abbia bisogno sia di oro che di pane, il pane è più utile. La scelta dell'oro sul pane in questo caso porterebbe all'inedia. Ma una volta che l'individuo ha mangiato la sua porzione di pane, sceglierebbe l'oro rispetto ad altro pane. Un singolo uovo sarebbe stimato da un uomo affamato più di tutto l'oro del mondo e sarebbe stimato molto meno dallo stesso uomo quando avesse appena mangiato. Quindi, Galiani conosceva la classificazione e la sostituzione dei beni e l'utilità marginale decrescente, soggetti discussi da Gossen, Walras, Jevons e Menger cent'anni dopo. Menger era al corrente delle idee del Galiani, come provato dalla sua citazione di Galiani nei suoi Principi di Economia.


La teoria dell'interesse

Böhm-Bawerk segnalò che Galiani era stato il primo a vedere che l'interesse non è un surplus, quanto invece un supplemento necessario per livellare servizio e pagamento anticipato. Secondo Galiani, l'interesse livella i soldi presenti e futuri. È un mezzo per compensare le palpitazioni del cuore a cui un creditore deve resistere fino alla restituzione dei soldi. È un giusto pagamento ad un creditore per il rischio preso. Questo pagamento è per la convenienza del debitore e compensa il creditore dell'inconveniente in cui è incorso non avendo a disposizione quei soldi per un determinato periodo. I valori sono soggettivamente uguali, ma numericamente differenti perché separati dal tempo.

Böhm-Bawerk criticò la teoria di Galiani perché Galiani vedeva l'interesse soltanto come prezzo delle palpitazioni o dell'assicurazione. Böhm-Bawerk si espresse sull'aspetto della preferenza temporale dell'interesse, un campo che Galiani aveva trascurato.


Politica economica

Galiani credeva che il governo generalmente non avrebbe dovuto interferire nel naturale funzionamento dell'economia. Un governo che tenta di stimolare tutti i settori dell'economia, agricoli ed industriali, non stimola niente. Lo stimolo significa che ad un settore particolare è data la preferenza sugli altri settori, e come si può dare ad un settore essere dato la preferenza su di un altro se tutti i settori sono stimolati?

Un'altro aspetto della sua teoria economico-politica è che una politica economica deve essere formulata prendendo in considerazione tempo e luogo; una politica economica che può essere adeguata in un dato paese o in un dato momento può essere inadeguata in un altro.

Diversamente dai fisiocratici, Galiani sosteneva che l'agricoltura non deve sempre essere considerata suprema. L'idea che i modelli economici debbano essere aggiustati per tempo e luogo successivamente diventò uno dei principi di base della scuola storica tedesca, la scuola che più tardi dibatté la validità della metodologia di Carl Menger. Ma, diversamente della scuola storica tedesca, Galiani non rifiutò la teoria astratta.

Tuesday, April 20, 2010

Partiti!

Il primo volume – edito da Leonardo Facco – di Collective Hope è pronto. Chi lo ha già ordinato dovrebbe riceverlo nei prossimi giorni, Poste permettendo. Per gli altri, l'indirizzo a cui acquistarlo è questo.

Obey & Buy!




(Sopra: la lussuosa copertina dell'opera)

Friday, April 16, 2010

La realtà sociale preferibile

Gian Piero de Bellis ha pubblicato la versione italiana e completa del suo saggio Dall’idiota di massa seriale all’essere umano singolare, di cui riporto un altro capitolo. Una lettura senza dubbio interessante.
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Di Gian Piero de Bellis


La complessità della natura umana e la varietà degli esseri umani e delle esperienze umane (gli aspetti, le dimensioni e i fattori) è un qualcosa che osserviamo ogni giorno a meno che la nostra visione non sia distorta da pregiudizi ideologici.

Una volta che ci rendiamo conto di questo, dobbiamo anche accettare il fatto che bontà e cattiveria, apatia ed vitalità, creatività e conformismo, all’interno della stessa persona o come tratti dominanti di persone differenti, sono espressioni della natura umana che non possono essere modificate o abolite per decreto ma che devono essere tenute sempre in considerazione.

In presenza di questa situazione, sussistono tre punti importanti che devono essere sottolineati quando facciamo riferimento a dinamiche sociali e che dovrebbero essere fatti valere quando abbiamo a che fare con una organizzazione sociale:
  1. A nessuno (e certamente non all’individuo violento, scroccone, apatico) dovrebbe essere consentito, da solo o in gruppo, di definire la realtà generale a cui tutti si devono adeguare. Sotto il dominio della massa (che chiamiamo democrazia) questo è purtroppo ciò che avviene; ed è questa una situazione che non può mai essere giustificata per quanto forte possa apparire il peso che sorregge tale imposizione (la volontà della maggioranza) o per quanto persuasivi siano le parole impiegate per farla accettare (solidarietà, uguaglianza, sicurezza, ecc.).
  2. L’interrelazione ricca tra natura umana – esseri umani – esperienze umane richiede una organizzazione sociale caratterizzata da un meccanismo che consenta a questa complessità e varietà di esprimersi liberamente; questo significa la nascita e l’accettazione, l’una accanto all’altra, di società parallele basate su forme volontarie di associazione prodotte e scelte dagli individui.
  3. Una molteplicità di società volontarie parallele, ognuna legittima di per sé stessa, è possibile solo se il potere è altamente diffuso tra tutti gli individui e nessuno è in grado di imporre il suo volere arbitrario sugli altri.
Come è stato detto precedentemente, la società di massa racchiudeva certe potenzialità che si sarebbero potute sviluppare in qualcosa di simile alle società parallele se le tossine del nazionalismo, monopolismo, territorialismo non fossero state incubate dalle persone violente e da coloro che vogliono vivere alle spalle degli altri e inoculate nella maggioranza apatica, convogliando tutti verso lo statismo monopolistico territoriale e i conseguenti disastri materiali e morali.

L’emergere delle masse da una condizione di soggezione e di sfruttamento è stato un risultato positivo della modernità se dalle masse fossero germogliati individui con personalità distinte e responsabilità interiorizzate.

Questo avrebbe potuto essere possibile in quanto l’incantesimo dell’autorità sacrale (impersonata dalla gerarchia ecclesiastica) era scemato e la venerazione per i dogmi era stata infranta da convinzioni più illuminate, basate sulla ricerca scientifica. Eppure, ciò non avvenne perché la lotta contro l’oscurantismo della Chiesa e contro l’elitismo sociale fu alla fine monopolizzata da una entità, il nascente stato nazionale territoriale, che assumeva e assommava gli aspetti peggiori del potere della Chiesa e li moltiplicava per la sua immensa gloria.

Quella che abbiamo adesso è una società di massa in cui possiamo identificare grosso modo tre tipologie di persone:
  • I deboli. Coloro che non sanno e sono consapevoli, in una certa misura, di non sapere; per questo motivo essi sono timorosi di prendere decisioni concernenti la loro vita. La loro aspirazione è la delega del potere.
  • Gli amanti della libertà. Coloro che sanno abbastanza per sentirsi sicuri di affrontare la vita a modo loro e che sono anche consapevoli della complessità della realtà generale; per questo motivo non sono interessati a prendere decisioni riguardanti tutti in quanto sono già abbastanza occupati a prendere le decisioni giuste per sé stessi. Non vogliono essere né servi né padroni. La loro aspirazione è l’autonomia.
  • Gli impostori. Coloro che non sanno abbastanza e soprattutto non vogliono sapere quanto complessa è la realtà generale per cui si illudono e pretendono di sapere tutto; per questo motivo essi sono convinti che è del tutto appropriato prendere decisioni per tutti riguardo ogni problema, in quanto le loro decisioni, a loro avviso, sono le migliori. La loro aspirazione è l’accaparramento del potere.
La connivenza non dichiarata del debole con l’impostore (in una sorta di dinamica che richiama quella tra il masochista e il sadico) ha schiacciato l’individuo amante della libertà alla ricerca della sua indipendenza. Il meccanismo delle società parallele permetterebbe di realizzare le aspirazioni di ciascuno senza coinvolgere forzatamente tutti, in particolare coloro che non vogliono decidere per gli altri o delegare agli altri. Infatti permetterebbe anche a coloro che non vogliono prendere decisioni in maniera autonoma di avviare specifiche istituzioni da essi finanziate e che si occupino esclusivamente di loro.

La realtà sociale preferibile che qui si prefigura non è una realtà che sorge da voli straordinari della fantasia o da imprese ambiziose in cui solo gli aspetti migliori della natura umana trovano collocazione e il resto è scartato per legge. Questa visione rosa che troviamo, in vario modo e misura, nei proclami sociali e nei programmi dei partiti, non è né quello di cui abbiamo bisogno né quello che possiamo avere. Quello a cui dovremmo mirare è un meccanismo sociale, possibile e praticabile, che non pretende di conseguire il compito impossibile, illusorio e idiota di modificare la natura umana (ad esempio, di sopprimere per sempre ogni aggressività) ma che utilizza le inclinazioni umane, anche quelle che sono considerate negative come l’egoismo e l’aggressività, nella maniera migliore e più feconda.

Ad esempio, la cooperazione e la competizione sono aspetti entrambi insiti nella natura umana e non serve a nulla lodare l’uno a scapito dell’altro o cercare di sopprimere l’uno a vantaggio dell’altro, come hanno fatto e continuano a fare insistentemente e inutilmente uomini politici e giornalisti.

C’è stato un periodo in cui la competizione era accettata come la sola dinamica sociale valida (la lotta per l’esistenza), mentre in tempi più recenti la cooperazione è diventata la parola d’ordine.

Ad ogni modo, quello che non è chiaro alle persone fissate in una ideologia è il fatto che, ad esempio, se si sopprime la competizione potremmo dire addio alla competenza e alla persona competente (tutti questi termini hanno la stessa radice etimologica) ed essere instradati verso un mondo da incubo abitato da atomi sociali privi di energie, sfide, ambizioni, e che devono rimanere tali per non compromettere una situazione egalitaria statica.

Per quanto riguarda la cooperazione, questa potrebbe sfociare nel corporativismo, nel nepotismo e in ogni sorta di attività dannosa in cui il gruppo locale o nazionale “coopera” a danno di tutti gli altri.

Quello che invece si richiede è ciò che è stato sostenuto in precedenza, e cioè una realtà sociale caratterizzata da un meccanismo sociale in cui i molteplici aspetti, dimensioni e fattori sono lasciati liberi di operare e a cui dà forma e direzione il libero gioco di tutti gli attori, e in cui nessuno è sostenuto in maniera disonesta da un potere monopolistico sovrastante o messo al riparo ingiustamente per quanto riguarda le sue responsabilità personali.

Se questo meccanismo sociale altamente possibile e preferibile è assente o è ostacolato nel suo funzionamento il risultato è un realtà sociale carente e mutilata e di conseguenza, con tutta probabilità, un essere sociale carente e mutilato. Ecco perché una nuova realtà sociale richiede un nuovo essere umano e viceversa. In altre parole, per realizzare questa realtà sociale preferibile, aperta a molti percorsi possibili per tutti, abbiamo bisogno di un essere umano singolare.

Thursday, April 15, 2010

Smisurata Preghiera

Di Fabrizio De Andrè


Alta sui naufragi
dai belvedere delle torri
china e distante sugli elementi del disastro
dalle cose che accadono al disopra delle parole
celebrative del nulla
lungo un facile vento
di sazietà di impunità

Sullo scandalo metallico
di armi in uso e in disuso
a guidare la colonna
di dolore e di fumo
che lascia le infinite battaglie al calar della sera
la maggioranza sta la maggioranza sta
recitando un rosario
di ambizioni meschine
di millenarie paure
di inesauribili astuzie

Coltivando tranquilla
l'orribile varietà
delle proprie superbie
la maggioranza sta
come una malattia
come una sfortuna
come un'anestesia
come un'abitudine

per chi viaggia in direzione ostinata e contraria
col suo marchio speciale di speciale disperazione
e tra il vomito dei respinti muove gli ultimi passi
per consegnare alla morte una goccia di splendore
di umanità di verità

per chi ad Aqaba curò la lebbra con uno scettro posticcio
e seminò il suo passaggio di gelosie devastatrici e di figli
con improbabili nomi di cantanti di tango
in un vasto programma di eternità

ricorda Signore questi servi disobbedienti
alle leggi del branco
non dimenticare il loro volto
che dopo tanto sbandare
è appena giusto che la fortuna li aiuti
come una svista
come un'anomalia
come una distrazione
come un dovere



Wednesday, April 14, 2010

Addio Giorgio

Ieri Giorgio Bianco ci ha lasciato, stroncato ancora giovane da un infarto. Avevo avuto il piacere di conoscerlo a Torino e di collaborare con lui al blog del Clan Libertario torinese, un'esperienza che purtroppo non si è sviluppata come Giorgio avrebbe voluto. Addio Giorgio, cercheremo di essere più degni delle sfide che affrontiamo.

Come abbiamo perso l'anima

Che senso ha scandalizzarsi di fronte all'ennesima prova video dei crimini di guerra degli agenti dello stato, si chiede giustamente Butler Shaffer, quando abbiamo accettato in primo luogo la logica disumanizzante delle istituzioni, quella logica per cui il nostro essere e le nostre aspirazioni devono necessariamente passare in secondo piano rispetto agli “alti scopi” della mistica istituzionale?

Gli allegri massacratori di Bagdad (e di My Lai, Kabul, e di mille altri luoghi) non sono che la conseguenza ultima di un meccanismo che noi stessi mettiamo in moto con la nostra sottomissione ed adesione. Non sono altro da noi, sono parte di noi, dal momento che abbiamo accettato di non essere noi stessi ma semplicemente una parte di quella macchina chiamata stato.
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Di Butler Shaffer



“L'attaccamento è il grande fabbricatore d'illusioni; chi vuole il reale dev'essere distaccato.”
~ Simone Weil

Se qualcuno non ha visto il video dell'attacco dell'elicottero americano del 12 luglio 2007 che ha provocato la morte di civili iracheni disarmati e di due reporter della Reuters, può guardarlo su YouTube. Dopo mesi di richieste della Reuters per questo video – seguite dai rifiuti dell'esercito – WikiLeaks ha ricevuto una copia da una fonte sconosciuta. La rivelazione di questa atrocità ha subito suscitato critiche non solo della pratica, ma della mentalità di soldati in grado di eseguire con tanto ardore e allegria un tale massacro di innocenti. Anche lo sparare a dei bambini non ha prodotto alcun apparente effetto negativo sui soldati. Una delle migliori analisi di questo atto diabolico è stata offerta da Karen Kwiatkowski.

In che modo tale depravazione morale non solo si verifica, ma diventa così pervasiva nel nostro mondo? Le occasionali registrazioni di un tale comportamento sfiorano soltanto la superficie della depravazione istituzionalizzata. Rodney King è stata la prima persona brutalizzata dagli agenti di polizia? I civili erano al sicuro dall'omicidio stile esecuzione prima del massacro di My Lai? Le rivelazioni su Abu Ghraib riguardavano i primi atti di tortura esercitati da soldati americani su prigionieri civili? In ciascuno di questi eventi – senza dubbio un precedente che sarà seguito per l'attuale mitragliamento criminale di iracheni – furono scelti per la punizione uno o più capri espiatori, in modo da distanziare la brutalità delle loro azioni dalla più pervasiva disumanità inerente nelle istituzioni per le quali agirono.

Il tema centrale dei miei scritti è stato di dimostrare che permettere agli scopi istituzionali di rimpiazzare i nostri è stato distruttivo per la vita, la libertà, la pace e, infine, per la civiltà. A lungo abbiamo camminato su un filo fra la nostra esigenza di organizzazione sociale – come metodo per soddisfare vari reciproci bisogni – ed il diventare così attratti dai sistemi che servono i nostri interessi da volerli rendere permanenti. Ci muoviamo impercettibile da associazioni che controlliamo nell'inseguire i nostri fini, verso organizzazioni che si trasformano in fini in sé, e che ci controllano per promuovere i loro interessi. Quando questo accade, l'organizzazione informale si è trasformata in un'istituzione. Ho analizzato questo processo più compiutamente nel mio libro Calculated Chaos.

Un'istituzione non è più un conveniente strumento per il nostro reciproco beneficio, ma un fine in sé; la sua propria raison d'être. Vive di vita propria, una vita che differisce da, e usurpa, i nostri scopi. Poiché possono funzionare e sopravvivere soltanto attraverso l'uso delle persone, le istituzioni richiedono agli esseri umani di identificarsi con esse. A questo scopo sono state stabilite le scuole del governo, il cui scopo primario è sempre stato di condizionare le giovani menti alla necessità e l'opportunità dello schema istituzionale delle cose. Con le parole di Ivan Illich, “[l]a scuola è quell'agenzia di pubblicità che vi fa credere di aver bisogno della società così com'è.” Le scuole inoltre ci aiutano ad imparare a cercare carriere significative e ben pagate all'interno delle gerarchie istituzionali.

Quando ci identifichiamo con, e ci attacchiamo a queste entità istituzionali, assorbiamo i loro valori; i loro scopi; il loro modus operandi. Tale pratica di attaccamento può essere paragonata ad un cancro che metastatizza la nostra essenza. Nel processo veniamo disumanizzati, dato che le istituzioni non hanno anima; né emozioni; né senso spirituale, morale, o intuitivo. Né esse piangono, sanguinano, amano, o provano esaltazione. Sono macchine e, come tutte le macchine, funzionano solamente in base alla meccanica, ai processi lineari ed ai fini materiali. Quando siamo istituzionalizzati, diventiamo poco più che robot – servomeccanismi – che funzionano in risposta come siamo stati programmati a fare.

Le dimensioni emozionale e spirituale che fanno di noi degli uomini non hanno alcun valore per le istituzioni che, in tempi di trasgressione politica, ci invitano a sopprimere tali sentimenti. Qualsiasi cosa non materiale è immateriale per i membri dell'ordine istituzionale. Al posto di profondi principi filosofici, le istituzioni hanno politiche; il loro senso di “significato” consiste soltanto nel perpetuarsi aumentando il proprio potere e ricchezza materiale. Per tali entità, gli esseri umani hanno valore soltanto come risorse fungibili da sfruttare in nome dei fini istituzionali.

Sarebbe facile condannare i soldati che hanno eseguito tale massacro come esseri “malvagi” o “depravati” o “pazzi.” Questo è il modo in cui a lungo ci siamo abituati a sopprimere ogni consapevolezza del “lato oscuro” del nostro incoscio. In modo simile abbiamo isolato noi stessi dagli Hitler, Stalin, Mao Tse-Tung, Pol Pot e da altri tiranni, lasciandoci con la confortante sensazione di non avere niente in comune con loro. Ma la storia ci informa – se soltanto volessimo guardare – che, una volta che ci siamo identificati con qualsiasi scopo oltre noi stessi, diventiamo capaci delle peggiori forme di trasgressione. Come sarebbe possibile se no che degli uomini altrimenti rispettabili partecipino ad un linciaggio?

Lo stato – un'istituzione che è definita come un ente che gode del monopolio sull'uso della violenza – è particolarmente attraente per gli uomini e le donne il cui “lato oscuro” è più vicino alla superficie di quello di persone più tolleranti e più pacifiche. Quando lo stato eccita questo “lato oscuro” – cosa che fa specialmente in tempo di guerra, la qualità che condusse Randolph Bourne ad identificare la guerra come “la salute dello stato” – uomini e donne altrimenti rispettabili possono trasformarsi in agenti di una selvaggia brutalità. Quando le loro azioni omicide sono eseguite in nome dello stato – con cui la maggior parte delle persone si identifica – le loro azioni acquistano un alone di legittimità che non avrebbero ottenuto in altre circostanze; una distinzione che impedirebbe loro di diventare dei serial killer mentre tornano a casa.

L'identificazione con lo stato, in altre parole, ha la capacità di trasformarci in sociopatici. Non è che lo stato faccia questo a noi, ma è la nostra volontà di attaccarci a delle entità esterne – ed ai valori su cui si basano – a separarci dalla nostra essenza interiore. Questo si applica non solo ai piloti degli elicotteri da guerra sopra Bagdad, ma anche alle più visibili figure politiche come Madeleine Albright – che difese le sue politiche dell'era Clinton che provocarono la morte di 500.000 bambini iracheni – e Janet Reno, che difese il suo massacro di uomini, donne e bambini davidiani a Waco. L'applicazione più recente di questa dinamica si trova nell'entusiasmo mostrato da George W. Bush nel dare inizio a guerre preventive contro il resto del mondo e dell'apparente volontà di Barack Obama di utilizzare le armi nucleari nei futuri attacchi preventivi, così come di assassinare dei cittadini americani.

Le persone disposte ad abbracciare – o persino a tollerare – un tale comportamento asociale, hanno perso ogni contatto con ciò che significa essere umani; hanno perso la loro anima. Nessun prestito federale; nessun aumento del Dow Jones, o diminuzione del livello di disoccupazione, annullerà questa perdita. Né potrebbe essere – promulgato un “pacchetto di stimolo” – con o senza sostegno bipartisan – per ristabilire l'integrità personale da lungo tempo perduta.

Ci fu un tempo, molti decenni fa, quando la forza bruta – specialmente quando usata dalla polizia e dagli agenti militari dello stato – se non condannata, faceva almeno aggrottare le sopracciglia agli uomini ed alle donne rispettabili. Il livello di soglia per tali pratiche continua ad abbassarsi progressivamente. Un contributo importante alla sconfitta di Barry Goldwater nella campagna presidenziale del 1964, fu l'infondato timore che avrebbe potuto essere disposto a utilizzare le armi nucleari nella guerra del Vietnam. Oggi, la volontà di Bush ed Obama di iniziare una guerra nucleare non ha suscitato proteste di qualche rilievo nella maggior parte degli americani, che sembrano preferire la “speranza” (ovvero, il pio desiderio) sopra la “comprensione” intelligente come modo per rendere il mondo libero, pacifico e produttivo.

Quando John McCain, candidato presidenziale conservatore nel 2008, può raccogliere quasi 60.000.000 di voti con la sua danza sociopatica “bomb, bomb, bomb Iran,” dovremmo essere scioccati dal comportamento da macellai di alcuni piloti d'elicottero americano?

Monday, April 12, 2010

Maynard #1

Prima striscia di una nuova serie a sfondo economico per il sito Usemlab. Il testo è di Marco Bollettino.

Sunday, April 11, 2010

Una grande avventura

Semplicemente la storia di un soldato, di tutti i soldati, dall'inimitabile Fred Reed.
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Di Fred Reed


Era cresciuto tra i boschi e i fiumi della contea, pescando e nuotando e cacciando sotto immensi cieli azzurri e guidando come un pazzo la sua auto sgangherata e rotolandosi sul muschio con la sua ragazza e guardando i rami in alto abbracciare il cielo e meravigliandosi come fanno i giovani della stranezza della vita, e la guerra scoppiò in un lontano paese. Non importa quale paese. Semplicemente un paese.

Suo padre, un uomo rabbioso che emetteva il puzzo ripugnante del patriottismo, disse che il suo dovere era di diventare un soldato e di uccidere chi stava nel lontano paese, dovunque fosse. Suo padre non lo sapeva né se ne curava granché. Non importava. Qualcuno lo sapeva. Un uomo deve fare quel che deve fare. Sarebbe stata una grande avventura, gli disse uno zio.

Si arruolò. Nel calore umido e doloroso di uno stato caldo prese l'equipaggiamento e del dentifricio e dei vestiti verdi dal magazzino ed imparò a marciare in quadrato mentre un sergente diceva sinìs-des-sinìs-des. Sentiva quel senso di potere e di invincibilità ispirato dal cameratismo ritmico con il passo cadenzato degli stivali. Imparò a usare granate e lanciafiamme ed il giusto posizionamento della baionetta in un rene. Imparò l'obbedienza e varie forme di probabile suicidio, ma era per il suo paese, dulce et decorum est e cantava marciando feroci ritornelli. Se muoio sul fronte russo, seppellitemi con una fica russa, sinìs-des-sinìs-des. Era una grande avventura, che faceva appello alla volontà disperata di un giovane maschio di sfidare l'esistenza, attraversare le montagne, vedere il drago, vincere. I colonnelli al campo di addestramento l'avevano calcolato bene.

Sentiva il romanticismo e la varietà e l'assurdità che gli uomini amano nell'esercito in tempo di pace, ed ascoltava le storie che i soldati raccontano nei bar. Vedi, eravamo a Tijuana al Blue Fox e Murphy si stava godendo una lap dance di quella senorita con due fottutissimi meloni, voglio dire quelle tettone non volevano saperne di stare ferme e questo gufo vola dentro, cioè un qualche fottuto uccello, e lei strilla e cade su Murphy e… Sentiva la libertà di essere lontano dalla contea, in bar selvaggi di cui nessuno laggiù a casa aveva mai sentito parlare. Era la vita.

Poi fu a tarda notte sull'asfalto dell'aeroporto, in partenza per il lontano paese di cui non sapeva nulla. Il vento fischiava e la turbolenza sapeva di cherosene e lui era in forma e notava appena il peso del suo zaino. I trasporti pesanti rombavano avanti e indietro, caricando le truppe. Assaporò una nuova frase, FMF WesPac. La Flotta della Forza dei Marines del Pacifico Occidentale, vibrante degli appelli ormonali di eserciti in marcia, di legioni straniere e di Marcus Aurelius sulla linea del Reno-Danubio, benché non ne avesse sentito mai parlare, ma faceva parte degli enormi eventi che accadono nella notte.

Il primo giorno in quel paese andò alla sua postazione in una terra sperduta, in un convoglio di blindati aperti. Il calore e la gente strana lungo la strada lo rallegravano ed era davvero, assolutamente lontano dalla contea e assorbiva tutto con gli occhi spalancati e la mina esplose sotto il primo camion e l'autista atterrò sulla strada gridando, le sue gambe andate. Le mine lo fanno. I marines corsero da lui e dicevano Gesù, oh Gesù. Cazzo. Cazzo, Cazzo, Cazzo. Chiamate un medico. Oh merda. Oh Gesù. Le grida finirono, essendo quella la natura delle arterie femorali.

Tre mesi passarono. Ora odiava la gente del lontano paese, benché ancora non ne sapesse nulla. I soldati odiano. Aveva ucciso dei soldati nemici ed alcuni che avrebbero potuto essere dei soldati nemici e poi altri che sapeva non esserlo ma che erano nel posto sbagliato dopo che il suo plotone aveva perso degli uomini per mano di un cecchino. Non lo interessava, non per quanto ne sapeva. I morti era solo morti, e allora? Odiava quegli odiosi scarafaggi in ogni caso. Bruciali. Bruciali tutti. Fagli sputare l'anima. Non aveva mai sentito parlare degli Albigesi, ma i soldati sono tutti uguali.

Un giorno il plotone si avvicinò ad una città e un cecchino fece fuoco contro di loro. “Brucialo” disse il tenente, che odiava gli indigeni. Dieci minuti più tardi trentasette abitanti erano morti ed il reporter che era lì aveva fotografato tutto. Le immagini fecero il giro del mondo. Il plotone non sapeva perché erano stati scelti. Se gli abitanti non vogliono essere colpiti, non dovrebbero lasciar entrare dei ribelli armati nel loro villaggio. Nei quartieri di mille legioni, i membri dissero che la guerra è guerra, la gente si fa male. Te lo devi aspettare. I giornalisti sono vigliacchi, rossi, idealisti non realistici. Dobbiamo liberare le truppe, lasciarle vincere.

Gli ufficiali, sapendo che i reporter erano il più pericoloso dei loro nemici, dissero che non era successo, che in realtà era stato il nemico, che era un evento isolato e che ci sarebbe stata un'inchiesta. Il generale in comando di ciò che in modo interessante veniva chiamato “il teatro” aveva aspirazioni presidenziali e così sacrificò il tenente, che alla fine ricevette tre mesi di arresti domiciliari.

Il soldato della contea ce l'aveva quasi fatta. Si stava avvicinando al congedo, determinato dal tempo di gestazione della gonorrea, quando il suo camion colpì la mina. Niente di nuovo. Uomini agonizzanti, ossa esposte, polmoni schiacciati e i morenti che invocavano gridando la trinità dei feriti gravi, moglie madre e acqua. Questa volta il soldato della contea era mezzo sventrato.

Era una grande avventura, comunque.

Nell'ospedale da campo in cui gli rimossero un tratto dell'intestino, vide molte cose. Vide il soldato con la mascella fracassata alimentato attraverso un tubo nel naso. Vide una ragazza del Tennessee di diciassette anni che guardava il suo fidanzato, completamente cieco, la sua faccia una poltiglia spaventosa che avrebbe disgustato una larva.

Johnny… Johnny… oh Johnny.

Lasciò l'ospedale con il sacchetto della colostomia e le istruzioni di non mangiare mai niente di ciò che gli piaceva. Alle donne non piacciono i sacchetti della colostomia, così aveva molto tempo a sua disposizione. Leggeva. Pensava. Arrivò ad odiare, odiare con un'intensità rabbrividente che innervosiva i suoi amici, che impararono a non parlare della guerra. Come tutti i soldati da prima che il tempo esistesse, imparò che la guerra non è tutte quelle cose nobili che si suppone essere, dio e patria e democrazia, ma soldi, potere, appalti e gli ego degli uomini che, per il principio per cui la merda galleggia, rimangono sempre in alto. Per il resto della sua vita avrebbe voluto davvero, assolutamente uccidere.

Aveva fatto una lunga strada dalla contea. Era stata una grande avventura.

Saturday, April 10, 2010

Cultura di governo

Ogni ulteriore commento è superfluo.

Friday, April 9, 2010

L’idiota di massa seriale

Gian Piero de Bellis ha pubblicato sul suo sito Polyarchy.org un interessante analisi dell'uomo massificato dal titolo “From the serial mass moron to the singular human being.”

Questo è un breve estratto in italiano, in attesa che pubblichi la traduzione completa e riveduta.
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Di Gian Piero de Bellis


La società degli ultimi cento anni è stata precedentemente caratterizzata come una società di massa.

Se confrontiamo la società di massa attuale con quella aristocratica di un’epoca passata troviamo aspetti che non sono affatto negativi. Infatti, la società di massa significa anche che molti individui (e non solo alcuni ricchi aristocratici) sono in grado di godere di beni e servizi che erano un tempo appannaggio di una elite, e questo è un fatto positivo. Inoltre, molti individui sono fuoriusciti da una situazione di rigida soggezione ad un padrone aristocratico, dalla nascita alla morte, e controllano maggiormente il corso della loro vita.

Comunque, accanto ad alcuni cambiamenti positivi, dovuti in larga parte al progresso tecnologico, sono apparse anche molti aspetti sgradevoli. Il più significativo è il fatto che la società di massa, soprattutto nella prima metà del secolo XX, non è composta da una moltitudine di individui distinti che si ritrovano assieme. La parte più consistente è fatta di esseri-massa più o meno identici (el hombre masa descritto da Ortega y Gasset ne La Rebelion de las masas, 1930) sotto la guida e la tutela di potenti capi politici (Mussolini, Hiter, Stalin, Roosevelt, Churchill, Franco, Salazar). In una società di massa dominata dallo stato territoriale monopolistico gli uomini sono prodotti dai governanti come oggetti in serie nella catena di montaggio delle scuole gestite dallo stato, dei mezzi di comunicazione dominati dallo stato, delle industrie controllate dallo stato.

In un periodo successivo (la seconda metà del secolo XX) con la fine dei capi politici potenti assistiamo all’emergere di figure (Adenauer, De Gaulle, Attlee, De Gasperi, Eisenhower, Macmillan) scelte come per rassicurare il popolo stanco di combattimenti. Alcune di queste figure quasi paterne hanno coesistito con altre più giovani e più vibranti (Kennedy, Trudeau) che hanno prefigurato la situazione attuale in cui il capo è essenzialmente uno show-man o show-woman o è capace di agire come tale. Dai politici e dalla politica l’uomo massa chiede sempre più di essere intrattenuto, oltre che di essere esentato dallo sforzo di pensare e di agire, sperando che altri risolveranno magicamente tutti i suoi problemi.

Quello che si suppone caratterizzasse soprattutto il secolo XIX, e cioè la lotta per l’esistenza e la sopravvivenza del più adatto, è stato rimpiazzato nel corso del secolo XX secolo dall’incessante consumo di beni e dall’emergere del più grasso. Il compito più importante al giorno d’oggi è quello di consumare e di continuare a consumare perché l’economia, questa entità magica che nessuno ha mai visto, esige ciò.

Chiaramente tutto ciò è stato possibile perché, durante il XX secolo, sulla base di un incredibile aumento della produzione, lo stato militare prima e lo stato assistenziale poi sono riusciti a generare quello che può essere definito come l’idiota di massa seriale.

Focalizzando l’attenzione sull’attuale idiota di massa prodotto dallo stato con il supporto dei mezzi di distruzione mentale (e cioè i mass-media), tre aspetti, condivisi da un gran numero di gente, balzano all’occhio. Essi sono:
  • l’obesità fisica
  • l’apatia mentale
  • l’aridità morale
L’esistenza dell’idiota di massa seriale è stata sostanziata da studi sperimentali e anche da episodi reali. Esaminiamo brevemente solo alcuni casi esemplari che mettono in luce la manipolazione e la degenerazione di quanti vivono in una società di massa sotto il controllo e la tutela dello stato. La manipolazione e la degenerazione sono stati resi possibili, come accennato in precedenza, dal fatto che coloro che hanno il potere politico e culturale hanno sfruttato a loro vantaggio alcuni aspetti della dinamica natura umana – formazione culturale quali ad esempio:
Prestigio connesso allo status (caratteristica umana: docilità). Stanley Milgram, forse uno degli psicologi più anticonvenzionali e geniali di tutti i tempi, ha escogitato un esperimento (1963) in cui un soggetto era autorizzato, da una presunta autorità scientifica (un attore), ad amministrare delle scariche elettriche (simulate) di varia intensità ad una persona (un altro attore) al fine di migliorare le sue capacità mnemoniche. Il fatto che molti soggetti (in un caso specifico 26 su 40) siano stati pronti ad infliggere quelle che essi ritenevano fossero davvero scariche elettriche di eccezionale grandezza (450 volt) seguendo le istruzioni di un uomo in camice bianco (un esperto) era ed è tuttora indicativo della propensione umana ad essere obbedienti all’autorità anche quando si tratta di mettere in atto richieste estremamente immorali (Stanley Milgram, Obedience to Authority, 1974).

Potere connesso al ruolo (caratteristica umana: accettazione). Nell’esperimento condotto dallo psicologo Zimbardo (1971) furono assegnati a caso ad un gruppo di studenti i ruoli di carcerato e di guardia in una prigione fittizia ricavata da spazi all’interno dell’edificio di psicologia dell’Università di Stanford in California. Le guardie furono, quasi fin dall’inizio, talmente prese dal loro ruolo e consapevoli del loro potere che si comportarono in maniera molto autoritaria e sadica nei confronti dei loro compagni studenti che interpretavano il ruolo di carcerati; questi ultimi a loro volta divennero, quasi tutti, stranamente sottomessi e obbedienti. L’esperimento dovette essere sospeso dopo solo sei giorni (invece delle due settimane previste) perché stava sfuggendo di mano, sollevando problemi morali di violenza materiale e psicologica incompatibili con una ricerca scientifica (Philip Zimbardo, The Lucifer Effect, 2007).

Pressione connessa al numero (caratteristica umana: conformità). L’esperimento di Asch (1955) ha rappresentato una sorta di test scientifico della famosa fiaba di Hans Christian Andersen, Gli abiti nuovi dell’imperatore, in cui le persone ripetono quello che la maggioranza proclama anche se quanto detto non è altro che pura e semplice idiozia. Nell’esperimento un soggetto è messo in un gruppo in cui è stato richiesto agli altri membri di dare risposte sbagliate ad una serie di domande concernenti linee geometriche. Il risultato è stato che in molti casi (36,8%) il soggetto si è adeguato alla maggioranza dando risposte grossolanamente sbagliate andando contro la sua percezione e il suo giudizio. La pressione sociale a conformarsi era per taluni così forte che essi preferivano sbagliare con la maggioranza che sostenere il vero da soli (Solomon Asch, Opinion and Social Pressure, 1955).
L’aspetto centrale, estremamente sconcertante e preoccupante, che emerge da tutti questi esperimenti, è che alcune caratteristiche della natura umana che sono quanto mai necessarie ed utili per promuovere la socialità e pacifiche relazioni sociali (la docilità, l’accettazione, la conformità) possono diventare anche, nelle mani di un qualche potere, armi aggressive che spingono le persone a commettere ogni sorta di idiozia, misfatto e perfino atrocità.

In altre parole, l’idiota di massa seriale così caro al potere statale per la sua docilità, accettazione, conformità, è un bravo ometto, generalmente incapace di far male ad una mosca, il quale potrebbe benissimo prender parte ad atti di brutalità o a programmi di sterminio di massa, basta solo che riceva ordini da persone vestite in maniera appropriata (scienziati in camice bianco o militari in alta uniforme), i quali godono di una posizione sancita dalla legge (ad es. i burocrati statali) e sono riconosciuti e sostenuti da un consistente numero di altri ometti (cioè, individui appropriatamente manipolati). Questo è quello che è stato già qualificato come “la banalità del male” (Hannah Arendt, Eichmann in Jerusalem, 1963).

Quindi, quando avvenimenti atroci hanno luogo non c’è bisogno poi di discorsi indignati riguardo alla malvagità della natura umana e di esortazioni altisonanti in favore di un percorso di redenzione e di conversione. Questi sono proclami del tutto superficiali e idioti che servono solo a mascherare il meccanismo reale marcio che ha reso tutto ciò possibile, e cioè l’attribuzione di una sovranità monopolistica ad una certa entità (lo stato territoriale) nel cui nome e sotto la cui istigazione quasi tutte le atrocità sono commesse. L’esistenza di questo potere monopolistico costituisce il pericolo più spaventoso per il buono sviluppo della natura umana. Fino a quando questo potere non è denunciato e dissolto continueremo probabilmente ad assistere o addirittura a partecipare a casi estremi di follia collettiva (come il genocidio in Ruanda del 1994) o ad eventi ordinari di miseria morale.

Presentiamo allora alcuni di questi casi di ordinaria oscenità morale per chiarire meglio ciò a cui si fa qui riferimento:
L’accoltellamento di Kitty Genovese. Nel 1964, Catherine Susan Genovese, nota agli amici con il soprannome di Kitty, fu colpita a morte con un coltello vicino alla sua casa a Queens, New York. Lo stesso uomo, che la violentò anche, colpì Kitty Genovese ripetutamente in due attacchi successivi. Molte persone che vivevano nell’area furono almeno parzialmente consapevoli che qualcuno era stato aggredito ma essi non fecero praticamente nulla. Finalmente, dopo il secondo attacco, una persona telefonò alla polizia; Kitty Genovese morì nell’ambulanza che la portava in ospedale. Le circostanze riguardanti la sua morte, pur non essendo così orribili come riportato allora da un cronista del New York Times (Martin Gransberg, “Thirty-Eight Who Saw Murder Didn't Call the Police.” 27 Marzo 1964) sono nondimeno terrificanti e indicative dell’apatia e dell’indifferenza delle persone che vivono in una società di massa.

L’uccisione di James Bulger. Nel 1993, James Bulger, un bambino di due anni, fu portato via e ucciso da due adolescenti di dieci anni. I ragazzini condussero il bambino prima in un lontano canale e poi in vari altri luoghi. Durante il lungo tragitto a piedi, il bambino impaurito e già con alcuni lividi fu visto da 38 persone ma solo due intervennero in maniera molto blanda lamentandosi del modo in cui era trattato; nonostante ciò, alla pari di tutti gli altri, essi non fecero praticamente nulla. Jame Bulger fu alla fine condotto sulla linea ferroviaria vicino alla stazione di Walton & Anfield (Liverpool) e colpito con una sbarra di ferro che gli fracassò il cranio. Dopo aver provocato 42 ferite dappertutto sul corpo, i ragazzini collocarono il bambino sui binari ferroviari dove fu tagliato in due da un treno dopo che essi si erano allontanati. Questo episodio ripete lo stesso modello del caso precedente; molte persone videro che c’era qualcosa di sbagliato, ma non ebbero l’energia, il coraggio e la voglia di intervenire. Per l’idiota seriale di massa l’intervento spetta allo stato. È necessario quindi fare riferimento a un episodio in cui lo stato fu chiamato ad intervenire.

L’annegamento di Jordan Lyon. Nel 2007 Jordan Lyon, un ragazzo di 10 anni si gettò in uno stagno nei pressi di Manchester (Inghilterra) per salvare sua sorella. Dopo averla trascinata verso la riva scivolò sott’acqua a causa del peso della sorella. I poliziotti chiamati sul posto per cercare di salvarlo non intervennero perché, come è stato in seguito precisato, non avevano seguito lezioni di salvataggio in acqua e di pronto soccorso.
Quello che questi episodi mostrano non è la malvagità della natura umana ma la pura e semplice cancellazione dell’umanità (e quindi della natura umana) e la riduzione degli individui a macchine prive di sentimenti, pensieri, volontà. L’idiota seriale di massa ha rinunciato al suo compito di essere umano e ha delegato tutto al Grande Fratello, lo stato territoriale monopolistico, a cui ha consegnato il suo corpo, il suo cervello, la sua anima.
L’idiota di massa seriale generato dal Grande Fratello è ora:
  • Un professionista nello scaricare le responsabilità.
  • Un esperto nell’evitare i biasimi.
  • Un campione nell’arte della credulità.
A parte alcuni casi gravi di straordinaria violenza a livello individuale, l’idiota di massa seriale può essere assimilato più ad un gregge di pecoroni che ad un branco di lupi. In realtà, l’immagine convenzionale degli uomini come lupi non ha mai colto particolarmente nel segno e quindi la vecchia (falsa) affermazione “homo homini lupus” dovrebbe essere sostituita da una nuova e più realistica espressione: “homo homini loco”. Questa caratterizzazione (loco=stupido) significa che noi siamo lentamente diventati idioti totali che si autoingannano credendo che i problemi sociali derivano dalla malvagità intrinseca alla natura umana mentre essi sorgono a causa della perdita di qualsiasi traccia di natura umana. Coloro che sono al potere hanno manipolato le qualità umane (senza trovare alcuna opposizione) al fine di distruggere la natura umana (umanità) e giustificare così il loro ruolo oppressivo di guardiani. Quella che è emersa è la “follia sotto controllo” (“controlled insanity”) così bene descritta da George Orwell in 1984, in cui “la vera caratteristica della vita moderna non è la sua crudeltà e insicurezza, ma semplicemente il suo squallore, la sua tetraggine, la sua apatia”.

Il diventare un idiota seriale di massa privo di natura umana è la sola o quanto meno la più probabile strada aperta alla maggior parte delle persone nella società di massa plasmata dal Grande Fratello, lo stato monopolistico.

Comunque, non è la sola opzione per coloro che non vogliono essere triturati come individui e ridotti a poltiglia informe, pressata nella stesso stampo identico per tutti (la manifattura statale delle identità).

Paradossalmente i governanti approfittano specialmente delle qualità più peculiari dell’essere umano (potenzialità, plasticità, polivalenza) per farne un docile strumento, cristallizzato in un comportamento stabilito e, alla fine, privo di quelle qualità proprie della natura umana. Per cui coloro che non sono interessati a diventare idioti seriali di massa devono impegnarsi a recuperare le loro qualità umane che possono essere messe pienamente in uso in una realtà sociale totalmente differente che non è solo possibile ma anche preferibile.

Tuesday, April 6, 2010

Come la sinistra ha imparato a non preoccuparsi e ad amare la FBI

La geniale idea di divisione dei sudditi tra destra e sinistra è il modo migliore per ottenere un sostegno popolare per il sistema repressivo dello stato. Grazie infatti al clima di perenne guerra civile strisciante ogni sopruso e crimine delle sedicenti “forze dell'ordine” trova sempre una discreta quantità di sostenitori più o meno entusiasti, pronti ad acclamarli come difensori della sicurezza e/o della civiltà, salvo denunciarli con orrore allorché il campo preso a bersaglio sia il loro.

Il problema alla base è che tutti, ma proprio tutti, sono sempre così convinti di essere dalla parte della ragione da giustificare qualsiasi mezzo nell'imposizione del proprio punto di vista. Una dinamica ben illustrata da Anthony Gregory nel seguente articolo.
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Di Anthony Gregory


Alla fine della Prima Guerra Mondiale, il governo federale creò la General Intelligence Division, un'agenzia che finirà per diventare l'attuale FBI. Uno dei compiti principali della GID fu la compilazione di una lista di centinaia di migliaia di socialisti radicali, anarchici, attivisti sindacali e agitatori pacifisti. Migliaia furono arrestati come sospetti comunisti. Centinaia di anarchici furono deportati nella Russia bolscevica, il lato positivo di ciò fu che anarchici di sinistra come Emma Goldman scoprirono e scrissero del puro orrore del leninismo e del fatto che la “dittatura del proletariato” non era in nessun modo un miglioramento rispetto al corporativismo bellico degli Stati Uniti sotto Woodrow Wilson.

Verso la fine degli anni 20, la rinominata Bureau of Investigation spiò minacce “socialiste” come Albert Einstein. Sotto Franklin Roosevelt, pur continuando a controllare la sinistra radicale, la FBI trovò un nuovo nemico negli oppositori del New Deal. FDR usò la FBI per spiare un gran numero di pacifici sostenitori della destra, liberando un Terrore Nero che più tardi si rivoltò contro la sinistra con il Terrore Rosso dell'era McCarthy. Roosevelt spiò persino il suo avversario presidenziale repubblicano, Wendell Willkie.

Ma durante la Guerra Fredda, le amministrazioni repubblicane e democratiche riportarono l'attenzione della FBI, generalmente, sulla disgregazione della sinistra. La sua operazione COINTELPRO – un programma per “controllare, esporre, disgregare, deviare, screditare, o comunque neutralizzare le attività” dei politici radicali – fu un grande successo. Il COINTELPRO della FBI falsificò lettere per causare la violenza fra Black Panthers e United Slaves. Nel 1976, un rapporto del senato mostrò che la FBI si era vantato che “anche se nessuna azione specifica di controspionaggio può essere accreditata di aver contribuito a questa situazione generale, si ritiene che una notevole quantità di agitazione [fra i gruppi radicali di sinistra] fosse direttamente attribuibile a questo programma.”

Mentre era usata per infiltrare attivisti di destra anti-diritti civili e anti-integrazione, la FBI era anche puntata contro gli uomini simbolo del movimento per i diritti civili. La FBI controllava tutti da Martin Luther King negli anni 60 a John Lennon negli anni 70. Verso la fine dei 70, i rapporti del Comitato Church al senato culminarono in un certo sforzo per porre un freno a questo ente federale orribilmente abusivo.

Negli anni 90, la FBI era al centro del terrore delle milizie, con i suoi cecchini e gorilla rivolti contro il pacifico separatista Randy Weaver e la sua famiglia e, successivamente, a Waco, in Texas, nello scontro con i Branch Davidians, al termine del quale gli agenti della FBI intossicarono, spararono ed uccisero dozzine di seguaci di David Koresh nella loro sede a Mount Carmel. Utilizzarono ordigni incendiari, che avrebbero potuto provocare l'incendio, quindi mentirono a questo proposito.

È stato in questo periodo che la sinistra moderna s'innamorò dello stato di polizia federale e particolarmente della FBI. Quasi nessuno di essi si levò in difesa dei Branch Davidians. Cominciarono a pensare agli agenti della FBI come una forza professionale, nazionale ed illuminata popolata da figure come il personaggio di Jodie Foster ne Il silenzio degli agnelli, un'agenzia che faceva rispettare i diritti civili, proteggeva il paese dagli “estremisti di destra” e rimediava alle ingiustizie di tutori dell'ordine locali e pieni di pregiudizi.

Ma durante l'era di Bush II, quando l'amministrazione è stata accusata di aver rimesso in funzione COINTELPRO, anche la diffidenza della sinistra per le forze di polizia nazionale è rinata. Nell'ottobre 2003, la FBI spiò estesamente i dimostranti pacifisti contro la guerra in Iraq, concentrandosi in particolar modo sugli “anarchici... capaci di violenza.” Le attività della FBI di Bush sono state un ritorno alla passata ossessione anarchica della General Intelligence Division dopo la Prima Guerra Mondiale. Nel 2005, la ACLU denunciò in tribunale di essere stata controllata dalla FBI, che aveva mille pagine di documentazione sull'organizzazione, così come Greenpeace ed altre organizzazioni politicamente di sinistra. Anche gruppi pacifisti religiosi sono stati spiati ed infiltrati. E un presunto “complotto terroristico dopo l'altro,” scoperto e neutralizzato dall'amministrazione, in breve tempo si è rivelato essere formato da gruppi di poveri disgraziati di intelligenza inferiore alla media spinti dagli informatori federali a dire, minacciare o “pianificare” attacchi terroristici alle infrastrutture americane senza probabilità alcuna di riuscire, e probabilmente nessuna probabilità persino di immaginarsi l'idea stessa senza l'incitamento e la spinta dei federali. La preoccupazione per il ritorno dell'infiltrazione nei gruppi estremisti della FBI dell'era della Guerra Fredda era di nuovo visibile a sinistra.

Ora siamo di nuovo al Terrore Nero, all'isteria per le milizie, alla paura che la destra extraparlamentare antigovernativa, i gruppi cristiani, i separatisti, i possessori di armi, gli oppositori dei programmi sociali nazionali, i resistenti contro il censimento e le tasse e così via siano una grande minaccia contro la sicurezza americana. Con tutte l'isteria anti-musulmana e l'autoritarismo della guerra al terrore dell'era Bush ancora in vigore, abbiamo sotto Obama un ravvivamento della paranoia stile 1990 per i “gruppi d'odio,” i survivalisti ed effettivamente tutta la destra populista. Proprio come i conservatori di Bush non potevano far differenza tra Saddam Hussein e Osama bin Laden, o tra un musulmano innocente di un istituto di carità in Pakistan e un pianificatore del 9/11, o tra un attivista per la pace americano e un nemico anti-americano all'estero, così anche la sinistra di Obama confonde i separatisti pacifici con i razzisti violenti, i pacifici miliziani survivalisti con Timothy McVeigh.

Ogni atto di violenza o presunto piano per commettere violenza o persino il risoluto attivismo antigovernativo che possa essere assgnato alla “destra estremista” – il tiratore che ha assassinato una guardia al museo dell'Olocausto, l'uomo che ha assassinato un medico abortista in chiesa, l'uomo che ha pilotato un aereo in un edificio dell'IRS, alcuni membri della “milizia” che si presume progettino violenza antigovernativa – tutto ciò è visto come parte di una tendenza generale, persino di una cospirazione della destra, una tanto coerente quanto i neoconservatori che ammassano tutti i musulmani anti-USA sotto la bandiera “dell'islamofascismo.” Effettivamente, sono sorpreso che non molti abbiano ancora hanno ammonito contro la minaccia “cristofascista” all'America, anche se c'è stata un'abbondanza di discorsi che paragonano il movimento del Tea Party alle camicie brune naziste ed altri secondo cui questo genere di attività delle milizie sarebbe associata spesso con la “guerra della razza,” anche quando gli stessi soggetti particolari non sono neppure accusati di essere razzialmente motivati.

E così quando una progressista come Rachel Maddow acclama il fatto che i membri della milizia del Michigan possono essere incriminati e incarcerati senza aver compiuto atti violenti, quando segnala che la FBI si è infiltrata in questo gruppo per mesi e subito si è mossa per arrestarli, non dovremmo allo stesso modo essere sorpresi quando non riesce a fare l'evidente collegamento, e non riesce ad essere almeno un pizzico scettica verso degli agenti di polizia del governo federale che si infiltrano in un gruppo per mesi solo per scoprire che i membri di tale gruppo stanno dicendo cose sul governo che ammontano ad una “cospirazione sediziosa.” Che genere di mondo orwelliano è questo quando il governo può arrestare persone accusate soltanto di progettare di usare violenza contro gli agenti del governo e dare il via ad una “guerra civile” che tutti sappiamo essere soltanto una fantasia? Che genere di mondo è questo quando gli stessi media che denunciarono la “guerra preventiva di Bush e l'adozione di Obama del metodo “pre-crimine” sempre di Bush di imprigionare i “combattenti nemici” in “detenzione prolungata” prima che commettano la violenza sono felici di vedere che un gruppo incriminato sulle accuse federali di parlare di violenza – parole che, possiamo immaginare con sicurezza, probabilmente sono state incitate dalla FBI stessa, da mesi infiltrata in questo gruppo? Per quale genere di assurda distopia la sinistra strepita quando un cittadino privato si infiltra nella ACORN, ma non ha simile apprensione per l'infiltrazione di gruppi “estremisti” ed il loro arresto da parte della FBI per “cospirazione sediziosa”? Com'è possibile che qualcuno che riuscì a vedere attraverso le bugie sulla guerra ed i giri di vite di Bush in nome della “sicurezza nazionale” e della necessità di fermare dei pazzi dall'ottenere “armi di distruzione di massa” creda realmente che meno di una dozzina di americani con qualche fucile e qualche bomba artigianale stessero progettando di utilizzare delle “armi di distruzione di massa” in modo tale da costituire una minaccia contro il governo degli Stati Uniti? E che dire dell'accusa di avere armi collegate ad un crimine – un crimine che sarebbe l'intenzione di, un giorno, commettere un crimine?

Naturalmente, prevenire della gente dal commettere atti di violenza criminale è giusto e a volte necessario, ma la lista delle discutibili accuse rivolte contro queste persone, dopo mesi di infiltrazione della FBI, sembrerebbe essere in una categoria diversa, e almeno richiedere un esame più critico prima del giudizio. Si può aborrire e condannare l'idea della violenza ed opporrsi con veemenza al tipo di azione che questi uomini e donne sono accusati di aver progettato – e certamente, io lo faccio – sentendo comunque odore di bruciato nel modo con cui tali operazioni di polizia sono condotte, o almeno mostrando un certo scetticismo giornalistico verso il fatto che la versione governativa della storia sia al 100% esatta e giustifichi l'imprigionamento di questa gente e l'isteria su cui questo genere di attività di governo prospera.

Ma ancora una volta, con i propri uomini al timone dello stato, la sinistra ha deciso di abbracciare la FBI, le crede sulla parola, suppone che le persone sono colpevoli finché non è provata la loro innocenza una volta accusate di colpevolezza dallo stato di polizia che ora vedono come il guardiano dell'ordine contro l'estremismo di destra. Particolarmente strana è la tendenza della sinistra di temere la destra fuori dal potere ancor più di quando è al potere. La stessa dinamica è visibile sul lato opposto. La sinistra e la destra amano il potere, e anche se quel potere è spesso diretto contro loro stessi quando l'altro lato è al comando, non possono abbandonare l'idea che lo stato di polizia possa essere indirizzato soltanto contro quelli che odiano e non contro quelli con cui simpatizzano. La cosa responsabile, indipendente ed effettivamente americana da fare è di mantenere uno scetticismo estremo verso lo stato quando esso spia, infiltra, arresta ed imprigiona chiunque, ma specialmente quelli il cui presunto crimine è la “sedizione” o la “cospirazione” o in ogni caso quando è un nemico dello stato.
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Una nota sulle fonti: Molta di questa storia è discussa in Perilous Times di Geoffrey Stone. Molto materiale sulla storia della FBI l'ho letto anni addietro in Bureau: The Secret History of the FBI di Ronald Kessler. Una buona trattazione sul COINTELPRO si trova in Terrorism and Tiranny di James Bovard. Su Waco vedi The Davidian Massacre di Carol Moore ed i miei archivi su Waco. E vedi la ACLU su alcuni degli abusi della sorveglianza sotto l'amministrazione Bush.

Disegna e spera!

La versione drammatica di Collective Hope, presentata come progetto a Torino Comics, è entrata nella shortlist della manifestazione. Un piccolo passo per me e Bufi, un grande passo per l'Umanità!


Monday, April 5, 2010

Dimmi quando...

Quando persino i generali si stancano di fare i macellai...

Generale McChrystal: “Voglio dire qualcosa che tutti capiscano. Noi chiediamo realmente a molti nostri giovani di servizio ai checkpoint, perché c'è un pericolo, chiediamo loro di prendere decisioni molto veloci in situazioni spesso molto poco chiare. Tuttavia, per quanto ne so, in nove e più i mesi in cui sono stato qui, non in un singolo caso nel quale siamo stati coinvolti in una escalation di forza e abbiamo colpito qualcuno è risultato che il veicolo avesse una bomba o armi a bordo e, in molti casi, portava delle famiglie. Con questo non voglio criticare gli esecutori. Sto solo mettendo le cose in prospettiva. Abbiamo sparato ad un numero stupefacente di persone ed ucciso molte di esse e, per quanto io sappia, nessuna è risultata essere una vera minaccia alle nostre forze."


... quando persino i fantocci protestano...

Kabul, Afghanistan - Dopo aver inizialmente negato il coinvolgimento o qualsiasi insabbiamento nella morte di tre donne afgane durante l'attacco delle forze speciali americane maldestramente fallito in febbraio, il comando militare a guida americana di Kabul ha ammesso domenica sera che le proprie forze avevano in effetti ucciso le donne durante l'incursione notturna.

L'ammissione ha immediatamente sollevato questioni su cosa è realmente accaduto durante l'operazione del 12 febbraio – e sulle falsità che sono seguite – compreso un nuovo rapporto secondo cui le forze speciali avrebbero estratto le pallottole dai corpi delle donne per nascondere la natura della loro morte.

Un funzionario della NATO ha inoltre detto domenica che una squadra di ricercatori afgani aveva trovato segni di occultamento di prove sulla scena del delitto, compresa la rimozione delle pallottole dalle pareti vicino a dove le donne sono state uccise. Il lunedì, tuttavia, un alto funzionario della NATO ha negato che tale alterazione fosse avvenuta.

La rivelazione non avrebbe potuto arrivare in un momento peggiore per i militari americani: i funzionari della NATO stanno lottando per contenere le conseguenze di una serie di filippiche contro la presenza militare straniera del presidente afgano Hamid Karzai, che ha anche manifestato contro l'uccisione di civili da parte delle forze occidentali.


... forse è l'ora di tornarsene a casa (mai troppo presto).

Friday, April 2, 2010

Il nuovo dispotismo

Robert Nisbet (1913-1996), eminente sociologo, insegnò alla Columbia University ed ha lasciato il segno nella vita intellettuale osservando le strutture intermedie nella società che servono come bastione fra l'individuo e lo stato.

Noto come conservatore, il suo lavoro è in ogni lista di contributi conservatori alle scienze sociali, ma, ben lungi dall'essere un conservatore tipico, attaccò il conservatorismo come un genere di militarismo ed interventismo sfrenato, che abusava delle devozioni pubbliche e private della gente al servizio dell'orrida etica civica dello statalismo.

Questo articolo è tratto da
The New Despotism.
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Di Robert A. Nisbet


Allorché la moderna comunità politica stava venendo modellata alla fine del XVIII secolo, i suoi fondatori pensarono che la conseguenza delle istituzioni repubblicane o rappresentative nel governo fosse la riduzione del potere politico nella vita dell'individuo.

Niente sembrava importasse di più a menti come Montesquieu, Turgot e Burke in Europa e ad Adams, a Jefferson e Franklin negli Stati Uniti dell'espansione della libertà degli esseri umani nell'esistenza quotidiana, indipendentemente da classe, occupazione, o convinzione.

Quindi le elaborate e attentamente studiate disposizioni di costituzioni o leggi da cui il governo formale sarebbe stato controllato, limitato e radicato nelle più piccole assemblee popolari possibili.

Il genere di potere arbitrario che Burke così tanto detestava e a cui faceva riferimento quasi costantemente nei suoi attacchi al governo britannico per il suo rapporto con i coloni americani ed i popoli indiano e irlandese ed al governo francese durante la rivoluzione, era al primo posto nelle menti di tutti gli architetti della comunità politica, ed essi pensarono che si sarebbe potuto eliminare, o essere ridotto all'insignificanza, tramite un ampio uso dei meccanismi legislativi e giudiziari.

Ciò a cui abbiamo assistito, tuttavia, in ogni paese occidentale e specialmente negli Stati Uniti, è la crescita quasi incessante del potere sulle vite degli esseri umani – potere che è basicamente il risultato della scomparsa graduale di tutte le istituzioni intermedie che, ereditate dal passato predemocratico, erano servite a lungo a controllare quel genere di autorità che quasi subito iniziò a sgorgare dai nuovi corpi legislativi ed esecutivi delle moderne democrazie.

La speranza del XVIII secolo che il popolo, grazie alla sua partecipazione diretta al governo, attraverso il voto e gli incarichi, sarebbe stato altrettanto restio a veder crescere il potere politico, si è dimostrata errata. Niente sembra tanto calcolato per ampliare ed rafforzare il potere dello stato come l'espansione dell'elettorato e la generale popolarizzazione delle pratiche del potere.

Nondimeno, non penso che possiamo spiegare correttamente il potere immenso che esiste nelle democrazie moderne solamente riferendoci all'allargamento della base del governo o al genere di parlamenti contro cui sir Henry Maine metteva in guardia nel suo Governo Popolare. Se il potere politico fosse rimasto visibile, come in gran parte ha fatto fino circa alla Prima Guerra Mondiale, e manifesta la funzione della legislatura e dell'esecutivo, la questione sarebbe molto diversa.

Quello che è in effetti accaduto durante il mezzo secolo scorso è che la massa del potere nella nostra società, dacché interessa le nostre esistenze intellettuali, economiche, sociali e culturali, è diventata in gran parte invisibile, una funzione del vasto infragoverno composto di commissioni burocratiche, agenzie e dipartimenti in una miriade di campi. Ed il motivo per cui questo potere è comunemente così invisibile all'occhio è che si trova celato sotto gli scopi umanitari che lo hanno portato in essere.

La più grande singola rivoluzione del secolo scorso nella sfera politica è stata il trasferimento di potere effettivo sulla vita umana dagli uffici costituzionalmente visibili del governo, gli uffici nominalmente sovrani, alla vasta rete realizzata in nome della protezione del popolo dai suoi sfruttatori.

È contro questo tipo di potere che Justice Brandeis mise in guardia con decisione quasi mezzo secolo fa.
L'esperienza dovrebbe insegnarci ad essere massimamente pronti a proteggere la libertà quando gli scopi dei governi sono caritatevoli. Gli uomini nati liberi sono naturalmente attenti a respingere le invasioni della loro libertà da governanti malevoli. I più grandi pericoli per la libertà si nascondono nelle invasioni insidiose degli uomini zelanti, benevolenti ma senza comprensione.
Ciò che dà al nuovo dispotismo la sua particolare efficacia è effettivamente il suo legame con l'umanitarismo, ma oltre questo fatto è la sua capacità di entrare nei più piccoli particolari della vita umana.

L'autorità più assoluta, scriveva Rousseau,
è quella che penetra nell'essenza più interna dell'uomo e che si interessa non meno della sua volontà che delle sue azioni.
La verità di questa osservazione non è affatto diminuita dal fatto che per Rousseau un vero governo legittimo, il governo basato sulla volontà generale, dovrebbe penetrare in tal modo. Rousseau vide correttamente che il genere di potere esercitato tradizionalmente dai re e dai principi, rappresentati principalmente dal collettore delle imposte e dall'esercito, era in effetti un genere molto debole di potere rispetto a quello che una filosofia del governo basata sulla volontà generale avrebbe potuto determinare.

Anche Tocqueville, seppur partendo da una filosofia notevolmente differente dello stato, notò il tipo di potere descritto da Rousseau.
Non si deve dimenticare che è particolarmente pericoloso asservire gli uomini nei dettagli secondari della vita. Per quanto mi riguarda, dovrei tendere a ritenere la libertà meno necessaria nelle grandi cose che in quelle piccole, se fosse possibile essere sicuro dell'una senza l'altra.
I congressi e le legislature approvano le leggi, l'esecutivo le fa rispettare e le corti le interpretano. Questi, come ho detto, sono i corpi su cui si era fissata l'attenzione dei Padri Fondatori. Ancora oggi sono gli organi visibili del governo, oggetto della costante segnalazione nei media. E non metterò in discussione la capacità di ciascuno di essi di interferire sostanzialmente con la libertà individuale.

Ma di importanza ben maggiore nel reame della libertà è che il governo invisibile generato in primo luogo dalla legislatura e dall'esecutivo ma reso a tempo debito in gran parte autonomo, è spesso quasi impermeabile alla volontà dei corpi costituzionali eletti. In una quantità di modi troppo numerosi persino per provare ad elencarli, il governo invisibile – composto di commissioni, di uffici e di agenzie regolarici di ogni genere immaginabile – entra quotidianamente in quelli che Tocqueville chiamava “i dettagli secondari della vita.”

Murray Weidenbaum, in uno studio importante su questo governo invisibile, Government Mandated Price Increases, fa correttamente riferimento ad una “seconda rivoluzione amministrativa” ora in corso nella società americana. La prima rivoluzione amministrativa, descritta originariamente da A.A. Berle e mezzi di Gardiner C. Means nel loro classico The Modern Corporation and Private Property ed identificata esplicitamente da James Burnham, interessò, come precisa Weidenbaum, la separazione dell'amministrazione dalla proprietà formale nelle moderne corporazioni.

La seconda rivoluzione amministrativa è molto diversa. “Questa volta,” scrive Weidenbaum,
lo spostamento proviene dall'amministrazione professionale selezionata dal consiglio d'amministrazione della società all'ampio organico dei regolatori di governo che influenza e spesso controlla le decisioni chiave della tipica ditta di affari.
Weidenbaum si interessa quasi esclusivamente del settore aziendale – precisando incidentalmente che questo intero organico di regolamentazione è ormai una causa di inflazione profondamente integrata – ma la sua osservazione è perfettamente applicabile ad altri campi non affaristici della società.

In nome dell'educazione, della previdenza sociale, delle tasse, della sicurezza, della sanità, dell'ambiente e di altri scopi lodevoli, il nuovo dispotismo ci si pone di fronte ad ogni angolo. La sua efficacia si basa, come dico, in parte nel legame con la filantropia piuttosto che esplicitamente negli obiettivi dello sfruttamento ma anche, e forse più significativamente, nella sua capacità di occuparsi dell'essere umano piuttosto che delle mere azioni umane.

Per il semplice fatto che esista l'uno o l'altro ufficio regolatore del governo invisibile che ora occupa un posto predominante, la volontà di educatori, ricercatori, artisti, filantropi e imprenditori in tutti i campi, così come negli affari, è destinata ad essere influenzata: modellata, piegata, guidata, persino estinta.

Di tutti gli obiettivi sociali o morali, tuttavia, che sono i punti di partenza del nuovo dispotismo nel nostro tempo, ce n'è uno che si staglia chiaramente sugli altri, che ha la più vasta attrazione possibile, e che attualmente rappresenta senza dubbio la più grande singola minaccia contro la libertà e l'iniziativa sociale. Mi riferisco all'uguaglianza, o, più precisamente, alla Nuova Uguaglianza.
La principale, o in effetti la sola condizione richiesta per riuscire a centralizzare il potere supremo in una comunità democratica è di amare l'uguaglianza o di convincere gli uomini a credere di amarla. Così, la scienza del dispotismo, una volta così complessa, è stata semplificata e ridotta, per così dire, ad un singolo principio.
Le parole sono di Tocqueville, verso la fine di Democrazia in America, in un parziale riassunto della tesi centrale di quel libro, che è l'affinità fra la centralizzazione del potere e l'egalitarismo di massa. Tocqueville non era secondo a nessuno nella sua stima per l'uguaglianza di fronte alla legge. Essa era vitale, pensava, in una società creativa ed uno stato libero.

Fu il genio di Tocqueville, tuttavia, a vedere la grande possibilità per la crescita dello stato nazione in un altro tipo di uguaglianza, più simile al genere di livellamento che la guerra e la centralizzazione portano in un ordine sociale. È solo nel nostro tempo che le sue parole sono diventate analitiche e descrittive piuttosto che profetiche.

C'è molto in comune fra il collettivismo militare ed il tipo di società che dev'essere il risultato certo delle dottrine dei Nuovi Egalitari, il cui scopo non è il semplice aumento dell'uguaglianza di fronte alla legge.

In effetti questo tipo storico di uguaglianza si pone come ostacolo al genere di uguaglianza desiderata: uguaglianza di condizione, uguaglianza di risultato. Non c'è niente di paradossale nell'amore degli egalitari per il potere centralizzato, il genere meglio rappresentato dalle forze armate, e l'amore dei centralizzatori per l'uguaglianza. Quest'ultima, qualsiasi altra cosa possa indicare, significa l'assenza di quei tipi di centri di autorità e di livelli che sono sempre pericolosi per i governi dispotici.

L'uguaglianza di condizioni o risultati è una cosa quando è fissata nella comunità utopistica, nella comune, o nel monastero. La regola benedettina è una buona guida per la gestione di questo tipo di ordine egalitario, abbastanza piccolo, abbastanza personale da impedire al dogma dell'uguaglianza di estinguere la normale diversità di forza e talento.

Per secoli innumerevoli, ovunque nel mondo, la religione e la parentela sono state contesti di questo genere di uguaglianza; lo sono ancora.

L'uguaglianza di risultati è una cosa molto differente, tuttavia, quando si trasforma in politica guida del genere di stato nazione esistente oggi in occidente – fondato sulla guerra e la burocrazia, il suo potere irrobustito da queste forze attraverso la storia moderna, e dipendente fin dal principio da un grado di livellamento della popolazione.

Possiamo avere in mente l'ideale dell'uguaglianza che il monastero o la famiglia rappresentano, ma ciò che otterremo in realtà nello stato moderno è il genere di uguaglianza che si accompagna all'uniformità e l'omogeneità e, soprattutto, alla società bellica.

Tocqueville non era affatto solo nel percepire l'affinità fra uguaglianza e potere. Alla fine del XVIII secolo, Edmund Burke aveva scritto, nelle Riflessioni sulla Rivoluzione in Francia, della passione per il livellamento esistente nei militanti e nei militari: quelli, scriveva, “che tentano di livellare, non equalizzano mai.”

La Rivoluzione Francese, credeva correttamente Burke, fu diversa da ogni rivoluzione precedente. Ed il motivo di questa differenza risiede nella sua combinazione di eradicamento della diversità sociale da un lato e, dall'altro, dell'implacabile aumento del potere militare e politico espresso nella maniera arcaica di tale potere.

Tutto ciò che tendeva verso la distruzione delle autorità intermedie della classe sociale, della provincia, della chiesa e della famiglia portò simultaneamente in essere, notava Burke, un livellamento sociale e un trasferimento nel solo stato dei poteri precedentemente residenti in una pluralità di associazioni.

“Tutto dipende dall'esercito in un governo come il vostro,” scriveva; “perché avete industriosamente distrutto tutte le opinioni e i pregiudizi e, per quanto in vostro potere, tutti gli istinti che sostengono il governo.”

Con parole effettivamente profetiche, dato che le scrisse nel 1790, Burke dichiarò inoltre che la crisi inerente alla “democrazia militare” poteva essere risolta soltanto con l'arrivo di “un certo popolare generale che capisca l'arte di conciliare i soldati e che possieda il vero spirito del comando.” Un tale individuo “attirerà su di sè gli occhi di tutti gli uomini.”

Il tema della democrazia militare, dell'unione dell'uguaglianza militare e sociale, era forte in certi critici del XIX secolo. Lo vediamo in alcuni degli scritti di Burckhardt, dove si riferisce al futuro avvento dei “comandi militari” in circostanze di uguaglianza sfrenata.

Lo vediamo, forse più profondamente, in Libertà, Uguaglianza e Fraternità di James Fitzjames Stephen, benché ad essere più evidente in questa notevole opera è molto meno l'esercito, salvo implicitamente, dell'implacabile conflitto fra l'uguaglianza e la libertà che Stephen individuò.
Ci furono altri – Henry Adams in America, Taine in Francia, Nietzsche in Germania – che richiamarono l'attenzione al problema che l'uguaglianza crea per la libertà negli stati democratici moderni. Né tali percezioni furono limitate ai pessimisti.

Socialisti come Jaures in Francia videro nell'esercito dei cittadini, basato sulla coscrizione universale, un mezzo eccellente per infondere nei francesi un più grande amore per l'uguaglianza che per la libertà connessa con la società capitalista.

È evidente ai nostri giorni quanto più l'etica dell'uguaglianza si è trasformata in una forza da quando queste profezie e prescrizioni del XIX secolo vennero emesse. Due guerre mondiali e un'importante depressione hanno portato la burocrazia e la sua inerente irreggimentazione ad un punto in cui l'ideologia dell'uguaglianza diventa sempre più un mezzo per razionalizzare questa irreggimentazione e sempre meno una forza al servizio della vita individuale o della libertà.