Monday, August 31, 2009
Sunday, August 30, 2009
Un Colpo, Una Bomba, Una Città.
Su precisa richiesta di un lettore, ecco la “versione ufficiale di Laputa” sulla storia della bomba atomica prontamente fornita dal nostro corrispondente dall'isola volante. E come spesso succede nei grandi massacri delle “curiose coincidenze” fanno da corollario, coincidenze tanto trascurate da noi uomini di terra quanto discusse e analizzate dagli abitanti di Laputa.
Com'è diversa la storia vista da Laputa da quella che conosciamo noi, dove tutto succede o per caso o per errore!
__________________________
Di Giovanni Pesce
La storia della Bomba atomica è abbastanza semplice:
Nella prima metà del secolo scorso, quasi tutti i paesi industrializzati si erano interessati, almeno nel solo campo accademico, alla produzione di energia atomica: Italia, Germania, USA ed altri
In quegli anni le tecniche migliori venivano sviluppate in Germania, con l’ausilio della finanza USA; non per niente il nostro Enrico Fermi aveva ottenuto nel 1924 dalla Fondazione Rockefeller una borsa di studio da utilizzare all’Università di Leida in Germania..
In quel paese vennero avviate, negli anni successivi, numerose iniziative basate sul nucleare e su varie forme di esso, coinvolgendo pure i paesi vicini: l’acqua pesante di Telemark in Norvegia e qualche produzione nel Trentino Alto Adige.
In Usa invece rimasero alla finestra in attesa di risultati; solo il 6 Dicembre 1941 (di sabato pomeriggio!) venne firmato il piano “J” che sarebbe poi divenuto famoso come progetto Manhattan. Incredibilmente la mattina dopo (domenica mattina!) i giapponesi attaccarono Pearl Harbor e il progetto atomico non ebbe ostacoli di tipo finanziario.
Il progetto USA prevedeva di arricchire l’uranio ad Oak Ridge una cittadina del Tennesse già beneficiata dei finanziamenti alla Tennesee Valley Authority di FDR.
Il progetto andò avanti con grandi difficoltà tecniche; ma dal punto di vista economico i soldi furono spesi con grande soddisfazione degli economisti keynesiani.
I tedeschi dal canto loro riuscirono a portare avanti due o tre linee di produzione atomica con la produzione di bombe nucleari piccole e medie. Il segreto del loro successo tecnico consisteva nell’uso delle centrifughe per creare l’U238 partendo dall’ U235, e a tale scopo vennero approntati dei particolari campi di lavoro.
I lavori andarono avanti e qualche bomba fu anche sperimentata e collaudata.
Luigi Romersa nell’ottobre 1944 fu invitato da Hitler ad assistere all’esplosione di una bomba “disgregatrice” sull’isola di Rugen.
I punti dolenti della bomba di Hitler erano due: c’era poco materiale fissile per bombe e non esisteva ancora un vettore aereo capace di portare “la bomba” su New York, anche se in realtà furono allestiti e sperimentati dalle officine Skoda alcuni quadrimotori adatti all’uso.
Restava il problema psicologico: l’esplosione nucleare avrebbe distrutto completamente New York?
No! Quello che avrebbe distrutto era al massimo un quartiere di una grande città: parlando di New York la bomba avrebbe distrutto solo Manhattan; e incredibilmente il progetto Usa venne rinominato proprio con il fantasioso nome “ Manhattan”!
Nell’aprile 1945 alcuni gerarchi nazisti, capeggiati da Bormann, consegnarono agli Usa tutto l’uranio arricchito tedesco che era stato accumulato, ed ottennero, in cambio, salva la vita.
Il carico di uranio arricchito, assieme ad alcuni detonatori atomici, giunse negli Stati Uniti e finalmente il governo Usa poté disporre della Bomba, adoperando a piene mani del materiale proveniente dai depositi nazisti.
FDR non era d’accordo sull’uso della bomba ma graziosamente riconsegnò l’anima al Padreterno con procedura d’urgenza il 16 Aprile 1945.
Adesso il boccino era in mano agli USA e bisognava sbrigarsi a sperimentare l’uso di quest’arma: la guerra in Europa era finita i primi giorni di maggio 1945 e non c’era occasione di fare esperimenti, però continuando il conflitto con il Giappone si sarebbe unita la sperimentazione con l’utilità delle azioni militari.
Fu pertanto chiesto ad una particolare organizzazione di preparare un elenco di città nipponiche di dimensioni simili all’isola di Manhattan; cioè 100mila persone circa in un area di 8 chilometri di diametro con qualche stazione militare da sbandierare al mondo per poi giustificare il bombardamento atomico.
Fu così che vennero scelte Hiroshima e Nagasaki.
Il copione richiedeva: un colpo una bomba una città.
Una bomba che avesse distrutto un solo quartiere di una grande città non avrebbe impressionato nessuno, ma un colpo, una bomba una città avrebbe lasciato una segno mediatico destinato a durare nel tempo.
Abbastanza semplice; no?
Com'è diversa la storia vista da Laputa da quella che conosciamo noi, dove tutto succede o per caso o per errore!
__________________________
Di Giovanni Pesce
La storia della Bomba atomica è abbastanza semplice:
Nella prima metà del secolo scorso, quasi tutti i paesi industrializzati si erano interessati, almeno nel solo campo accademico, alla produzione di energia atomica: Italia, Germania, USA ed altri
In quegli anni le tecniche migliori venivano sviluppate in Germania, con l’ausilio della finanza USA; non per niente il nostro Enrico Fermi aveva ottenuto nel 1924 dalla Fondazione Rockefeller una borsa di studio da utilizzare all’Università di Leida in Germania..
In quel paese vennero avviate, negli anni successivi, numerose iniziative basate sul nucleare e su varie forme di esso, coinvolgendo pure i paesi vicini: l’acqua pesante di Telemark in Norvegia e qualche produzione nel Trentino Alto Adige.
In Usa invece rimasero alla finestra in attesa di risultati; solo il 6 Dicembre 1941 (di sabato pomeriggio!) venne firmato il piano “J” che sarebbe poi divenuto famoso come progetto Manhattan. Incredibilmente la mattina dopo (domenica mattina!) i giapponesi attaccarono Pearl Harbor e il progetto atomico non ebbe ostacoli di tipo finanziario.
Il progetto USA prevedeva di arricchire l’uranio ad Oak Ridge una cittadina del Tennesse già beneficiata dei finanziamenti alla Tennesee Valley Authority di FDR.
Il progetto andò avanti con grandi difficoltà tecniche; ma dal punto di vista economico i soldi furono spesi con grande soddisfazione degli economisti keynesiani.
I tedeschi dal canto loro riuscirono a portare avanti due o tre linee di produzione atomica con la produzione di bombe nucleari piccole e medie. Il segreto del loro successo tecnico consisteva nell’uso delle centrifughe per creare l’U238 partendo dall’ U235, e a tale scopo vennero approntati dei particolari campi di lavoro.
I lavori andarono avanti e qualche bomba fu anche sperimentata e collaudata.
Luigi Romersa nell’ottobre 1944 fu invitato da Hitler ad assistere all’esplosione di una bomba “disgregatrice” sull’isola di Rugen.
I punti dolenti della bomba di Hitler erano due: c’era poco materiale fissile per bombe e non esisteva ancora un vettore aereo capace di portare “la bomba” su New York, anche se in realtà furono allestiti e sperimentati dalle officine Skoda alcuni quadrimotori adatti all’uso.
Restava il problema psicologico: l’esplosione nucleare avrebbe distrutto completamente New York?
No! Quello che avrebbe distrutto era al massimo un quartiere di una grande città: parlando di New York la bomba avrebbe distrutto solo Manhattan; e incredibilmente il progetto Usa venne rinominato proprio con il fantasioso nome “ Manhattan”!
Nell’aprile 1945 alcuni gerarchi nazisti, capeggiati da Bormann, consegnarono agli Usa tutto l’uranio arricchito tedesco che era stato accumulato, ed ottennero, in cambio, salva la vita.
Il carico di uranio arricchito, assieme ad alcuni detonatori atomici, giunse negli Stati Uniti e finalmente il governo Usa poté disporre della Bomba, adoperando a piene mani del materiale proveniente dai depositi nazisti.
FDR non era d’accordo sull’uso della bomba ma graziosamente riconsegnò l’anima al Padreterno con procedura d’urgenza il 16 Aprile 1945.
Adesso il boccino era in mano agli USA e bisognava sbrigarsi a sperimentare l’uso di quest’arma: la guerra in Europa era finita i primi giorni di maggio 1945 e non c’era occasione di fare esperimenti, però continuando il conflitto con il Giappone si sarebbe unita la sperimentazione con l’utilità delle azioni militari.
Fu pertanto chiesto ad una particolare organizzazione di preparare un elenco di città nipponiche di dimensioni simili all’isola di Manhattan; cioè 100mila persone circa in un area di 8 chilometri di diametro con qualche stazione militare da sbandierare al mondo per poi giustificare il bombardamento atomico.
Fu così che vennero scelte Hiroshima e Nagasaki.
Il copione richiedeva: un colpo una bomba una città.
Una bomba che avesse distrutto un solo quartiere di una grande città non avrebbe impressionato nessuno, ma un colpo, una bomba una città avrebbe lasciato una segno mediatico destinato a durare nel tempo.
Abbastanza semplice; no?
Saturday, August 29, 2009
La truffa dell'influenza suina
Questo è un articolo da leggere e diffondere per contrastare l'assurda propaganda sulla pandemia suina, la terrificante minaccia che uccide meno del raffreddore per combattere la quale miliardi di dollari devono passare dalle tasche dei legittimi proprietari in quelle delle multinazionali farmaceutiche meglio collegate con il potere politico.
Un'incredibile farsa che illustra alla perfezione il funzionamento dello stato corporativo e fascista.
__________________________
Di Andrew Bosworth
L'allarme è suonato. I politici, i dirigenti delle farmaceutiche ed i conglomerati dei media vorrebbero farci credere che una pandemia stile 1918 sia una minaccia reale. La pandemia del 1918, tuttavia, si è evoluta nelle condizioni uniche della Prima Guerra Mondiale, per quattro motivi specifici.
Perché il 2009 non è il 1918
Innanzitutto, la Prima Guerra Mondiale fu caratterizzata da milioni di truppe che vivevano nelle trincee allagate lungo il fronte occidentale. Questa zona di guerra si trasformò in un terreno fertile per un virus opportunista, come la letteratura medica rivela:
“... un paesaggio contaminato da irritanti respiratori quali il cloro ed il fosgene e caratterizzato da fatica e sovraffollamento, la parziale inedia tra i civili e l'occasione per il veloce ‘passaggio’ dell'influenza tra giovani soldati avrebbe fornito l'occasione per multiple ma piccole alterazioni mutazionali in tutto il genoma virale.” [1]
Secondo, la guerra vide lo sviluppo di accampamenti e porti d'imbarco militari su scala industriale, come Etaples in Francia, permettendo al virus dell'influenza di entrare in un'altra fase di mutazione accelerata. In quei giorni Etaples era una città improvvisata di 100.000 truppe provenienti da tutto l'Impero Britannico e dai suoi ex domini. Questi soldati erano concentrati in antigieniche caserme, tende e mense.
Oggi, molte città e nazioni hanno dense concentrazioni di persone; nessuna di queste, tuttavia, è geograficamente isolata nelle stesse condizioni di una guerra di trincea e degli schieramenti stile Prima Guerra Mondiale. Naturalmente, ci sono micro-popolazioni nelle prigioni (soggette a tubercolosi resistenti ai farmaci), nelle caserme militari (soggette ad agenti patogeni respiratori ed infezioni meningococciche) e sulle navi da crociera (soggette al Norovirus) – tutte prove del legame fra isolamento umano da un lato e malattia infettiva dall'altro.
Terzo, dopo la guerra, navi come la USS Alaskan si sono trasformate in capsule di Petri galleggianti. Migliaia di soldati vennero stipati come sardine per il lungo viaggio verso casa, permettendo che il virus si riproducesse all'interno di unità ermeticamente chiuse.
Quarto, le truppe vennero ammucchiate in vagoni chiusi per il viaggio di ritorno alle basi militari, dove infettarono le nuove reclute. Più tardi, fu documentato che i reggimenti dell'esercito le cui caserme prevedevano soltanto 13 metri quadri per soldato ebbero un'incidenza di influenza fino a dieci volte quella dei reggimenti che permettevano 23 metri quadri per persona. [2]
Il virus dell'influenza del 1918 diventò pandemico perché, durante la Prima Guerra Mondiale, il normale rapporto ospite-agente patogeno venne abbandonato quando milioni di giovani furono ammucchiati in confinamento geografico. Nella Prima Guerra Mondiale, un virus influenzale si presentò con un numero apparentemente illimitato di ospiti quasi tutti giovani, maschi e con il sistema immunitario compromesso. Non limitato e non controllato dalle usuali abitudini del comportamento umano, il virus è andato canaglia.
I virus dell'influenza sono furbi, ma non sono suicidi: se l'ospite si estingue anche il virus si estinguerà. La strategia evolutiva, dalla prospettiva del virus, è di rimanere un passo avanti – ma non due – al sistema immunitario sia degli esseri umani che degli animali. Il virus dell'influenza mira ad infettare e riprodursi senza uccidere una massa critica degli ospiti, del branco, in modo che la virulenza del virus si smorza dopo essere diventata mortale per gli individui ai margini della popolazione ospite: i deboli e gli anziani. La Prima Guerra Mondiale sconvolse questo rapporto sincronizzato e co-evolutivo fra i virus dell'influenza e le popolazioni umane.
Dal 1918 non c'è stata nessuna influenza abbastanza forte da produrre, in milioni di persone, una “tempesta di citochina,” che è una reazione esagerata immunologica che conduce all'edema polmonare (i polmoni si riempiono di liquido) – la maledizione di quelli con il sistema immunitario più forte, normalmente fra i 20 e i 40 anni.
Nelle normali pandemie di influenza, anche in quelle gravi, il virus uccide una parte dei deboli e degli anziani. Questo pare sia stato il caso nel 1837 per la Germania e nel 1890 per la Russia, benché le prove mediche certe scarseggino. Fu certamente vero per l'influenza asiatica del 1957 e l'influenza di Hong Kong del 1968, nessuna delle quali fu significativamente mortale per i giovani adulti. L'influenza del 1976-1977 venne esposta come bufala, truffa, con molto più morti per il vaccino che per l'influenza in sé.
Effettivamente, il 1918 fu un'aberrazione. Da allora, nessuna influenza ha falciato via tanta gente: circa 500.000 Americani e una cifra fra i 25 e i 50 milioni di persone in tutto il mondo in tre ondate: la prima a marzo, poi ad agosto (l'ondata più mortale), quindi ancora nel novembre del 1918, fino alla primavera del 1919.
Le origini della pandemia de 1918 si possono far risalire alle trincee della fronte occidentale nel 1915, 1916 e 1917: alla prima guerra industriale ed internazionale su vasta scala del mondo. Non ci fu altra causa: se la Prima Guerra Mondiale non fosse stata combattuta, è inconcepibile che la pandemia di influenza del 1918 sarebbe stata così severa. Oggi, nel 2009, assenti le condizioni della Prima Guerra Mondiale, è assurdo che le autorità politiche e mediche sostengano che l'influenza suina sia una minaccia alla società.
Le origini misteriose del virus dell'“influenza suina” H1N1
Se l'attuale virus dell'influenza suina H1N1 diventerà anormalmente mortale, tre sarebbero le principali spiegazioni: la prima, che il virus sia stato liberato casualmente, o sia fuoriuscito, da un laboratorio; la seconda, che l'impiegato scontento di un laboratorio abbia liberato il virus (come accaduto, secondo la versione ufficiale degli eventi, con l'attacco all'antrace del 2001); la terza, che un gruppo, una società o un ente governativo abbia liberato intenzionalmente il virus per interessi di profitto e potere.
Ciascuna delle tre alternative rappresenterebbe una spiegazione plausibile se il virus dell'influenza suina dovesse diventare mortale. Dopo tutto, il virus dell'influenza del 1918 era morto e sepolto – fino a che, cioè, degli scienziati hanno dissotterrato una bara per ottenere una biopsia del cadavere in essa contenuto. Più tardi, i ricercatori hanno similmente disturbato una donna Inuit sepolta sotto il permafrost. [3]
L'Istituto di Patologia delle Forze Armate degli Stati Uniti, con uno scienziato della Facoltà di Medicina di Mount Sinai, hanno quindi cominciato a ricostruire la Spagnola del 1918. Se l'Iran o la Corea del Nord si fossero dedicati ad esperimenti da Frankenstein (con tanto di saccheggio di tombe) per ricostituire il virus del 1918 gli Stati Uniti ed il Regno Unito avrebbero fatto fuoco e fiamme al Consiglio di Sicurezza dell'ONU.
La cosa interessante è che numerosi medici e scienziati sospettano che il virus dell'influenza suina sia stato coltivato in un laboratorio. Un noto virologo australiano, Adrian Gibbs – che è stato uno dei primi ad analizzare le proprietà genetiche dell'influenza suina del 2009 – crede che degli scienziati abbiano accidentalmente creato il virus H1N1 producendo vaccini. E il dottor John Carlo, direttore medico di Dallas Co., ha detto: “questa forma d'influenza suina che è stata coltivata in laboratorio è qualcosa che non è mai stato visto prima negli Stati Uniti e nel mondo, quindi questa è effettivamente una nuova forma d'influenza che è stata identificata.” [4] A causa di ciò, il virus dell'influenza suina del 2009 – che deve ancora essere rilevata negli animali – ha un pedigree piuttosto sospetto.
La campagna di propaganda
Su tutti i media mainstream, i notiziari annunciano una morte per influenza suina dopo l'altra (anche se l'influenza ordinaria uccide circa 35.000 americani ogni anno). Ad un esame più accurato di ciò che passa per giornalismo, si scopre che le vittime avevano “problemi sanitari di fondo,” “una comune condizione della salute di fondo,” o “condizioni mediche significative.”
Un titolo ha persino strombazzato: “Madre con influenza suina muore dopo aver partorito, lasciando il suo bambino prematuro a lottare per la vita,” e soltanto più tardi, sepolto in profondità nel resoconto sottostante, si spiegava che aveva “altri problemi di salute” che includevano l'essere costretta su una sedia a rotelle a causa di un grave incidente stradale.
Cittadini in tutto il mondo sono sempre più scettici sui titoli allarmistici seguiti da spiegazioni in caratteri minuscoli. Sono a disagio di fronte ai tentativi di creare il “bispensiero” – un termine coniato da George Orwell in 1984 che si riferisce all'intrattenere due idee contraddittorie simultaneamente, paralizzando il pensiero critico.
I media non hanno mai avuto l'abitudine di segnalare casi di persone che, senza motivo, sono morte d'influenza. Dei 35.000 americani che muoiono ogni anno per malattie correlate all'influenza, alcuni sono relativamente giovani e sani. Succede. Quest'anno, tuttavia, le loro storie occupano le prime pagine.
Secondo le ultime notizie l'influenza suina H1N1 può colpire i polmoni e condurre alla polmonite. Ma questo è ciò che distingue l'influenza dal raffreddore comune in primo luogo; ed ecco perché decine di migliaia di anziani muoiono ogni anno per sintomi di tipo influenzale. Fox News ha persino sostenuto che “questo cambia e subisce mutazioni e ritorna in forme diverse...,” (come tutti i virus dell'influenza). In breve, i media ora usano gli stessi sintomi ordinari dell'influenza per alimentare la paura.
Fortunatamente, un'onda crescente di media online sfida la propaganda. Nel 1976, non c'erano voci contrastanti e gli spot manipolativi della televisione del Centro di Controllo delle Malattie dominavano le onde radio. Fortunatamente, come testamento per la sfacciataggine ufficiale, questi video sono ora archivati e reperibili su internet sotto il titolo “1976 Swine Flu Propaganda.”
Ora come allora, la politica pandemica del governo degli Stati Uniti si alterna fra il ridicolo ed il ripugnante. Il sito del governo sull'influenza è rivelatore. In primo luogo, la sezione storica sul virus del 1918 è intellettualmente disonesta, non facendo assolutamente nessun collegamento fra le condizioni uniche della Prima Guerra Mondiale e la pandemia d'influenza; al contrario, il sito propaga l'errata nozione che questo virus sia spuntato fuori all'improvviso.5
In secondo luogo, il sito annuncia un assurdo video concorso in stile American Idol: “Crea un Video sulla Prevenzione o la Cura dell'Influenza & Vinci 2500 Dollari in Contanti!” (Il Congresso ha stanziato 8 miliardi di dollari per la prevenzione dell'influenza suina e può offrirne solo 2.500 ai proles – o, piuttosto, all'unico prole che, sollevandosi sopra la mediocrità, meglio ripeterà la linea del partito.)
E terzo, il sito incoraggia l'uso di Twitter per “essere informati...” C'è qualcosa di vagamente inquietante in un governo federale degli Stati Uniti che promuove Twitter come forma di resistenza all'autoritarismo straniero, mentre, simultaneamente, usa la rete sociale per confederare e proteggere ulteriormente l'abuso di potere nel paese.
1976 + 1984 = 2009
In definitiva, sembra che la pandemia d'influenza suina del 2009 non sarà un 1918. Potrebbe però essere una truffa stile 1976, con scopi di potere e profitto, con dentro una punta di 1984 di Orwell per buona misura.
__________________________
Note
1. JS Oxford, A Sefton, R Jackson, W Innes, RS Daniels e NPAS Johnson, “World War I may have allowed the emergence of ‘Spanish’ influenza,” The Lancet/ Infectious Diseases Vol. 2 February 2002.
2. CR Byerly. 2005. Fever of War: The Influenza Epidemic in the U.S. Army During World War I. New York, NY: New York University Press.
3. Ann H. Reid, Thomas G. Fanning, Johan V. Hultin, e Jeffery K. Taubenberger, “Origin and Evolution of the 1918 Spanish Influenza Virus Hemagglutinin Gene,” PNAS Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America. Division of Molecular Pathology, Department of Cellular Pathology, Armed Forces Institute of Pathology, Washington, DC. Communicated by Edwin D. Kilbourne, New York
4. Paul Joseph Watson, “Medical Director: Swine Flu Was ‘Cultured In A Laboratory.” questa forma d'influenza suina che è stata coltivata in laboratorio è qualcosa che non è mai stato visto prima negli Stati Uniti e nel mondo, quindi questa è effettivamente una nuova forma d'influenza che è stata identificata, 26 aprile 2009.
5. http://www.flu.gov/
Un'incredibile farsa che illustra alla perfezione il funzionamento dello stato corporativo e fascista.
__________________________
Di Andrew Bosworth
L'allarme è suonato. I politici, i dirigenti delle farmaceutiche ed i conglomerati dei media vorrebbero farci credere che una pandemia stile 1918 sia una minaccia reale. La pandemia del 1918, tuttavia, si è evoluta nelle condizioni uniche della Prima Guerra Mondiale, per quattro motivi specifici.
Perché il 2009 non è il 1918
Innanzitutto, la Prima Guerra Mondiale fu caratterizzata da milioni di truppe che vivevano nelle trincee allagate lungo il fronte occidentale. Questa zona di guerra si trasformò in un terreno fertile per un virus opportunista, come la letteratura medica rivela:
“... un paesaggio contaminato da irritanti respiratori quali il cloro ed il fosgene e caratterizzato da fatica e sovraffollamento, la parziale inedia tra i civili e l'occasione per il veloce ‘passaggio’ dell'influenza tra giovani soldati avrebbe fornito l'occasione per multiple ma piccole alterazioni mutazionali in tutto il genoma virale.” [1]
Secondo, la guerra vide lo sviluppo di accampamenti e porti d'imbarco militari su scala industriale, come Etaples in Francia, permettendo al virus dell'influenza di entrare in un'altra fase di mutazione accelerata. In quei giorni Etaples era una città improvvisata di 100.000 truppe provenienti da tutto l'Impero Britannico e dai suoi ex domini. Questi soldati erano concentrati in antigieniche caserme, tende e mense.
Oggi, molte città e nazioni hanno dense concentrazioni di persone; nessuna di queste, tuttavia, è geograficamente isolata nelle stesse condizioni di una guerra di trincea e degli schieramenti stile Prima Guerra Mondiale. Naturalmente, ci sono micro-popolazioni nelle prigioni (soggette a tubercolosi resistenti ai farmaci), nelle caserme militari (soggette ad agenti patogeni respiratori ed infezioni meningococciche) e sulle navi da crociera (soggette al Norovirus) – tutte prove del legame fra isolamento umano da un lato e malattia infettiva dall'altro.
Terzo, dopo la guerra, navi come la USS Alaskan si sono trasformate in capsule di Petri galleggianti. Migliaia di soldati vennero stipati come sardine per il lungo viaggio verso casa, permettendo che il virus si riproducesse all'interno di unità ermeticamente chiuse.
Quarto, le truppe vennero ammucchiate in vagoni chiusi per il viaggio di ritorno alle basi militari, dove infettarono le nuove reclute. Più tardi, fu documentato che i reggimenti dell'esercito le cui caserme prevedevano soltanto 13 metri quadri per soldato ebbero un'incidenza di influenza fino a dieci volte quella dei reggimenti che permettevano 23 metri quadri per persona. [2]
Il virus dell'influenza del 1918 diventò pandemico perché, durante la Prima Guerra Mondiale, il normale rapporto ospite-agente patogeno venne abbandonato quando milioni di giovani furono ammucchiati in confinamento geografico. Nella Prima Guerra Mondiale, un virus influenzale si presentò con un numero apparentemente illimitato di ospiti quasi tutti giovani, maschi e con il sistema immunitario compromesso. Non limitato e non controllato dalle usuali abitudini del comportamento umano, il virus è andato canaglia.
I virus dell'influenza sono furbi, ma non sono suicidi: se l'ospite si estingue anche il virus si estinguerà. La strategia evolutiva, dalla prospettiva del virus, è di rimanere un passo avanti – ma non due – al sistema immunitario sia degli esseri umani che degli animali. Il virus dell'influenza mira ad infettare e riprodursi senza uccidere una massa critica degli ospiti, del branco, in modo che la virulenza del virus si smorza dopo essere diventata mortale per gli individui ai margini della popolazione ospite: i deboli e gli anziani. La Prima Guerra Mondiale sconvolse questo rapporto sincronizzato e co-evolutivo fra i virus dell'influenza e le popolazioni umane.
Dal 1918 non c'è stata nessuna influenza abbastanza forte da produrre, in milioni di persone, una “tempesta di citochina,” che è una reazione esagerata immunologica che conduce all'edema polmonare (i polmoni si riempiono di liquido) – la maledizione di quelli con il sistema immunitario più forte, normalmente fra i 20 e i 40 anni.
Nelle normali pandemie di influenza, anche in quelle gravi, il virus uccide una parte dei deboli e degli anziani. Questo pare sia stato il caso nel 1837 per la Germania e nel 1890 per la Russia, benché le prove mediche certe scarseggino. Fu certamente vero per l'influenza asiatica del 1957 e l'influenza di Hong Kong del 1968, nessuna delle quali fu significativamente mortale per i giovani adulti. L'influenza del 1976-1977 venne esposta come bufala, truffa, con molto più morti per il vaccino che per l'influenza in sé.
Effettivamente, il 1918 fu un'aberrazione. Da allora, nessuna influenza ha falciato via tanta gente: circa 500.000 Americani e una cifra fra i 25 e i 50 milioni di persone in tutto il mondo in tre ondate: la prima a marzo, poi ad agosto (l'ondata più mortale), quindi ancora nel novembre del 1918, fino alla primavera del 1919.
Le origini della pandemia de 1918 si possono far risalire alle trincee della fronte occidentale nel 1915, 1916 e 1917: alla prima guerra industriale ed internazionale su vasta scala del mondo. Non ci fu altra causa: se la Prima Guerra Mondiale non fosse stata combattuta, è inconcepibile che la pandemia di influenza del 1918 sarebbe stata così severa. Oggi, nel 2009, assenti le condizioni della Prima Guerra Mondiale, è assurdo che le autorità politiche e mediche sostengano che l'influenza suina sia una minaccia alla società.
Le origini misteriose del virus dell'“influenza suina” H1N1
Se l'attuale virus dell'influenza suina H1N1 diventerà anormalmente mortale, tre sarebbero le principali spiegazioni: la prima, che il virus sia stato liberato casualmente, o sia fuoriuscito, da un laboratorio; la seconda, che l'impiegato scontento di un laboratorio abbia liberato il virus (come accaduto, secondo la versione ufficiale degli eventi, con l'attacco all'antrace del 2001); la terza, che un gruppo, una società o un ente governativo abbia liberato intenzionalmente il virus per interessi di profitto e potere.
Ciascuna delle tre alternative rappresenterebbe una spiegazione plausibile se il virus dell'influenza suina dovesse diventare mortale. Dopo tutto, il virus dell'influenza del 1918 era morto e sepolto – fino a che, cioè, degli scienziati hanno dissotterrato una bara per ottenere una biopsia del cadavere in essa contenuto. Più tardi, i ricercatori hanno similmente disturbato una donna Inuit sepolta sotto il permafrost. [3]
L'Istituto di Patologia delle Forze Armate degli Stati Uniti, con uno scienziato della Facoltà di Medicina di Mount Sinai, hanno quindi cominciato a ricostruire la Spagnola del 1918. Se l'Iran o la Corea del Nord si fossero dedicati ad esperimenti da Frankenstein (con tanto di saccheggio di tombe) per ricostituire il virus del 1918 gli Stati Uniti ed il Regno Unito avrebbero fatto fuoco e fiamme al Consiglio di Sicurezza dell'ONU.
La cosa interessante è che numerosi medici e scienziati sospettano che il virus dell'influenza suina sia stato coltivato in un laboratorio. Un noto virologo australiano, Adrian Gibbs – che è stato uno dei primi ad analizzare le proprietà genetiche dell'influenza suina del 2009 – crede che degli scienziati abbiano accidentalmente creato il virus H1N1 producendo vaccini. E il dottor John Carlo, direttore medico di Dallas Co., ha detto: “questa forma d'influenza suina che è stata coltivata in laboratorio è qualcosa che non è mai stato visto prima negli Stati Uniti e nel mondo, quindi questa è effettivamente una nuova forma d'influenza che è stata identificata.” [4] A causa di ciò, il virus dell'influenza suina del 2009 – che deve ancora essere rilevata negli animali – ha un pedigree piuttosto sospetto.
La campagna di propaganda
Su tutti i media mainstream, i notiziari annunciano una morte per influenza suina dopo l'altra (anche se l'influenza ordinaria uccide circa 35.000 americani ogni anno). Ad un esame più accurato di ciò che passa per giornalismo, si scopre che le vittime avevano “problemi sanitari di fondo,” “una comune condizione della salute di fondo,” o “condizioni mediche significative.”
Un titolo ha persino strombazzato: “Madre con influenza suina muore dopo aver partorito, lasciando il suo bambino prematuro a lottare per la vita,” e soltanto più tardi, sepolto in profondità nel resoconto sottostante, si spiegava che aveva “altri problemi di salute” che includevano l'essere costretta su una sedia a rotelle a causa di un grave incidente stradale.
Cittadini in tutto il mondo sono sempre più scettici sui titoli allarmistici seguiti da spiegazioni in caratteri minuscoli. Sono a disagio di fronte ai tentativi di creare il “bispensiero” – un termine coniato da George Orwell in 1984 che si riferisce all'intrattenere due idee contraddittorie simultaneamente, paralizzando il pensiero critico.
I media non hanno mai avuto l'abitudine di segnalare casi di persone che, senza motivo, sono morte d'influenza. Dei 35.000 americani che muoiono ogni anno per malattie correlate all'influenza, alcuni sono relativamente giovani e sani. Succede. Quest'anno, tuttavia, le loro storie occupano le prime pagine.
Secondo le ultime notizie l'influenza suina H1N1 può colpire i polmoni e condurre alla polmonite. Ma questo è ciò che distingue l'influenza dal raffreddore comune in primo luogo; ed ecco perché decine di migliaia di anziani muoiono ogni anno per sintomi di tipo influenzale. Fox News ha persino sostenuto che “questo cambia e subisce mutazioni e ritorna in forme diverse...,” (come tutti i virus dell'influenza). In breve, i media ora usano gli stessi sintomi ordinari dell'influenza per alimentare la paura.
Fortunatamente, un'onda crescente di media online sfida la propaganda. Nel 1976, non c'erano voci contrastanti e gli spot manipolativi della televisione del Centro di Controllo delle Malattie dominavano le onde radio. Fortunatamente, come testamento per la sfacciataggine ufficiale, questi video sono ora archivati e reperibili su internet sotto il titolo “1976 Swine Flu Propaganda.”
Ora come allora, la politica pandemica del governo degli Stati Uniti si alterna fra il ridicolo ed il ripugnante. Il sito del governo sull'influenza è rivelatore. In primo luogo, la sezione storica sul virus del 1918 è intellettualmente disonesta, non facendo assolutamente nessun collegamento fra le condizioni uniche della Prima Guerra Mondiale e la pandemia d'influenza; al contrario, il sito propaga l'errata nozione che questo virus sia spuntato fuori all'improvviso.5
In secondo luogo, il sito annuncia un assurdo video concorso in stile American Idol: “Crea un Video sulla Prevenzione o la Cura dell'Influenza & Vinci 2500 Dollari in Contanti!” (Il Congresso ha stanziato 8 miliardi di dollari per la prevenzione dell'influenza suina e può offrirne solo 2.500 ai proles – o, piuttosto, all'unico prole che, sollevandosi sopra la mediocrità, meglio ripeterà la linea del partito.)
E terzo, il sito incoraggia l'uso di Twitter per “essere informati...” C'è qualcosa di vagamente inquietante in un governo federale degli Stati Uniti che promuove Twitter come forma di resistenza all'autoritarismo straniero, mentre, simultaneamente, usa la rete sociale per confederare e proteggere ulteriormente l'abuso di potere nel paese.
1976 + 1984 = 2009
In definitiva, sembra che la pandemia d'influenza suina del 2009 non sarà un 1918. Potrebbe però essere una truffa stile 1976, con scopi di potere e profitto, con dentro una punta di 1984 di Orwell per buona misura.
__________________________
Note
1. JS Oxford, A Sefton, R Jackson, W Innes, RS Daniels e NPAS Johnson, “World War I may have allowed the emergence of ‘Spanish’ influenza,” The Lancet/ Infectious Diseases Vol. 2 February 2002.
2. CR Byerly. 2005. Fever of War: The Influenza Epidemic in the U.S. Army During World War I. New York, NY: New York University Press.
3. Ann H. Reid, Thomas G. Fanning, Johan V. Hultin, e Jeffery K. Taubenberger, “Origin and Evolution of the 1918 Spanish Influenza Virus Hemagglutinin Gene,” PNAS Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America. Division of Molecular Pathology, Department of Cellular Pathology, Armed Forces Institute of Pathology, Washington, DC. Communicated by Edwin D. Kilbourne, New York
4. Paul Joseph Watson, “Medical Director: Swine Flu Was ‘Cultured In A Laboratory.” questa forma d'influenza suina che è stata coltivata in laboratorio è qualcosa che non è mai stato visto prima negli Stati Uniti e nel mondo, quindi questa è effettivamente una nuova forma d'influenza che è stata identificata, 26 aprile 2009.
5. http://www.flu.gov/
Thursday, August 27, 2009
Dissociazione, Votazione e Libertà
Ricevo dall'amico Gian Piero de Bellis di panarchy.org:
Questo breve scritto è il risultato di uno scambio di idee tra Will Wilkinson e Arnold Kling sul tema del diritto di dissociazione e del diritto di voto. La posizione di Arnold Kling è che il diritto di dissociazione (e quindi l'assenza di qualsiasi monopolista, anche nella sfera politica) è la caratteristica vera della libertà, mentre il diritto di voto non esprime realmente la libera scelta dell'individuo.
La bellezza di questo testo, al di là dello scenario interessante che prefigura, consiste nel fatto che fa riferimento ad una realtà già esistente (le ambasciate straniere e il corpo diplomatico con le sue prerogative di extra-territorialità); per questo motivo non solo è agevole comprendere il caso ipotetico qui presentato ma è facile anche respingere qualsiasi obiezione riguardo alla sua praticabilità. Se questa realtà è buona per i diplomatici non vi è ragione perché non possa essere estesa anche ad altri individui che vogliano ciò. La sola obiezione potrebbe consistere nel fatto che lo Stato è un gruppo di mafiosi che godono di privilegi esclusivi mentre noi, la gente comune, non siamo altro che servi imprigionati, il cui unico illusorio "diritto" è eleggere regolarmente i propri padroni. E forse loro, i padroni dello Stato, hanno ragione al riguardo, cioè sul fatto che l'uomo comune non è altro che un servo, .... almeno per il momento ....
Per ulteriori materiali sul dibattito si veda:
Arnold Kling on freedom as exit
Exit, Voice, and Freedom: An Example
Exit, Voice, and Real Freedom, Again
What is Real Freedom?
Per una tesi non convenzionale sul tema delle scelte politiche reali si veda:
Anonimo, La democrazia con la "d" minuscola (1962)
__________________________
Di Arnold Kling
Vorrei qui offrire un ipotetico caso di libertà senza democrazia.
Questo è lo scenario: Supponiamo che si crei un nuovo stato non-territoriale. Chiamiamolo Liberista! Per diventare un cittadino di Liberista! basta solo versare una quota annuale. Non ci sono tasse da pagare allo stato. In quanto cittadino di Liberista! puoi vivere in qualsiasi luogo in cui Liberista! ha una ambasciata. Liberista! affitta sedi diplomatiche in molti paesi del mondo. Le ambasciate di Liberista! sono disseminate dappertutto come gli hotel Hilton, ma molte sedi riservano anche spazi per grandi insediamenti di case unifamiliari, uffici e altro.
Lo status giuridico di coloro che vivono in un complesso diplomatico come cittadini di Liberista! è paragonabile a quello di un diplomatico. Si può viaggiare liberamente all’interno del paese ospitante, esenti però dal pagare tasse sul reddito e sulla proprietà. Al tempo stesso il governo di Liberista si aspetta da te che tu paghi le multe per infrazioni stradali eventualmente commesse e che in generale non abusi del tuo status diplomatico. Servizi pubblici come l’acqua e la raccolta dei rifiuti sono ottenuti su pagamento da fornitori che esistono nel paese ospitante. Il caso può essere che tu, come cittadino singolo, stipuli un contratto con questi fornitori o lasci che lo faccia per te Liberista! dietro il pagamento di un quota.
Liberista! è gestita come una catena di hotel. Come cittadino non hai diritto di voto più di quanto possa averne un cliente di un Holiday Inn. Tu puoi, ad ogni modo, formulare suggerimenti e avanzare lamentele.
Chiaramente, possono esistere varie compagnie transnazionali in concorrenza tra di loro, ognuna con le sue sedi in franchise, pardon, le sue ambasciate, dappertutto nel mondo. Un mondo simile è descritto nel romanzo di fantascienza Snow Crash (*), e io non accampo nessuna pretesa di originalità.
Se esistesse un franchise di Liberista! vicino a dove io vivo vi aderirei. Ma trasferirmi in Virginia non mi andrebbe bene perché mia moglie passa molto del suo tempo a prendersi cura di sua madre che vive a Baltimora e l’ultima cosa di cui sentiamo bisogno è di passare più tempo in automobile spostandoci da un posto all’altro.
Io non intendo assolutamente sostenere che si risolverebbero tutti i problemi attuando questo modello di cittadinanza basato su entità transnazionali in concorrenza tra di loro. Ma penso che dovremmo pensare al di là della gabbia rappresentata dal governo territoriale su base monopolistica. A mio avviso, una volta che usciamo dalla gabbia, allora l’opzione di dissociazione (exit) diventa una alternativa plausibile all’opzione voto (voice).
Se tu hai a cuore la libertà, io penso allora che la dissociazione è un meccanismo di gran lunga migliore rispetto al voto quando si tratta di esprimere le proprie preferenze. Certamente ci possono essere altri valori, oltre quello della libertà, che secondo te hanno una priorità maggiore e che ti potrebbero portare a volere che le persone siano costrette a vivere sotto governi che hanno un potere monopolistico su vasti territori. Ma questo è un argomento differente.
__________________________
* Riferimenti [^]
Neal Stephenson, Snow Crash, Bantam Spectra Book, 1992
Questo breve scritto è il risultato di uno scambio di idee tra Will Wilkinson e Arnold Kling sul tema del diritto di dissociazione e del diritto di voto. La posizione di Arnold Kling è che il diritto di dissociazione (e quindi l'assenza di qualsiasi monopolista, anche nella sfera politica) è la caratteristica vera della libertà, mentre il diritto di voto non esprime realmente la libera scelta dell'individuo.
La bellezza di questo testo, al di là dello scenario interessante che prefigura, consiste nel fatto che fa riferimento ad una realtà già esistente (le ambasciate straniere e il corpo diplomatico con le sue prerogative di extra-territorialità); per questo motivo non solo è agevole comprendere il caso ipotetico qui presentato ma è facile anche respingere qualsiasi obiezione riguardo alla sua praticabilità. Se questa realtà è buona per i diplomatici non vi è ragione perché non possa essere estesa anche ad altri individui che vogliano ciò. La sola obiezione potrebbe consistere nel fatto che lo Stato è un gruppo di mafiosi che godono di privilegi esclusivi mentre noi, la gente comune, non siamo altro che servi imprigionati, il cui unico illusorio "diritto" è eleggere regolarmente i propri padroni. E forse loro, i padroni dello Stato, hanno ragione al riguardo, cioè sul fatto che l'uomo comune non è altro che un servo, .... almeno per il momento ....
Per ulteriori materiali sul dibattito si veda:
Arnold Kling on freedom as exit
Exit, Voice, and Freedom: An Example
Exit, Voice, and Real Freedom, Again
What is Real Freedom?
Per una tesi non convenzionale sul tema delle scelte politiche reali si veda:
Anonimo, La democrazia con la "d" minuscola (1962)
__________________________
Di Arnold Kling
Vorrei qui offrire un ipotetico caso di libertà senza democrazia.
Questo è lo scenario: Supponiamo che si crei un nuovo stato non-territoriale. Chiamiamolo Liberista! Per diventare un cittadino di Liberista! basta solo versare una quota annuale. Non ci sono tasse da pagare allo stato. In quanto cittadino di Liberista! puoi vivere in qualsiasi luogo in cui Liberista! ha una ambasciata. Liberista! affitta sedi diplomatiche in molti paesi del mondo. Le ambasciate di Liberista! sono disseminate dappertutto come gli hotel Hilton, ma molte sedi riservano anche spazi per grandi insediamenti di case unifamiliari, uffici e altro.
Lo status giuridico di coloro che vivono in un complesso diplomatico come cittadini di Liberista! è paragonabile a quello di un diplomatico. Si può viaggiare liberamente all’interno del paese ospitante, esenti però dal pagare tasse sul reddito e sulla proprietà. Al tempo stesso il governo di Liberista si aspetta da te che tu paghi le multe per infrazioni stradali eventualmente commesse e che in generale non abusi del tuo status diplomatico. Servizi pubblici come l’acqua e la raccolta dei rifiuti sono ottenuti su pagamento da fornitori che esistono nel paese ospitante. Il caso può essere che tu, come cittadino singolo, stipuli un contratto con questi fornitori o lasci che lo faccia per te Liberista! dietro il pagamento di un quota.
Liberista! è gestita come una catena di hotel. Come cittadino non hai diritto di voto più di quanto possa averne un cliente di un Holiday Inn. Tu puoi, ad ogni modo, formulare suggerimenti e avanzare lamentele.
Chiaramente, possono esistere varie compagnie transnazionali in concorrenza tra di loro, ognuna con le sue sedi in franchise, pardon, le sue ambasciate, dappertutto nel mondo. Un mondo simile è descritto nel romanzo di fantascienza Snow Crash (*), e io non accampo nessuna pretesa di originalità.
Se esistesse un franchise di Liberista! vicino a dove io vivo vi aderirei. Ma trasferirmi in Virginia non mi andrebbe bene perché mia moglie passa molto del suo tempo a prendersi cura di sua madre che vive a Baltimora e l’ultima cosa di cui sentiamo bisogno è di passare più tempo in automobile spostandoci da un posto all’altro.
Io non intendo assolutamente sostenere che si risolverebbero tutti i problemi attuando questo modello di cittadinanza basato su entità transnazionali in concorrenza tra di loro. Ma penso che dovremmo pensare al di là della gabbia rappresentata dal governo territoriale su base monopolistica. A mio avviso, una volta che usciamo dalla gabbia, allora l’opzione di dissociazione (exit) diventa una alternativa plausibile all’opzione voto (voice).
Se tu hai a cuore la libertà, io penso allora che la dissociazione è un meccanismo di gran lunga migliore rispetto al voto quando si tratta di esprimere le proprie preferenze. Certamente ci possono essere altri valori, oltre quello della libertà, che secondo te hanno una priorità maggiore e che ti potrebbero portare a volere che le persone siano costrette a vivere sotto governi che hanno un potere monopolistico su vasti territori. Ma questo è un argomento differente.
__________________________
* Riferimenti [^]
Neal Stephenson, Snow Crash, Bantam Spectra Book, 1992
Sunday, August 23, 2009
Obiettivo Manhattan
Nella guerra moderna, sempre meno uno scontro di eserciti e sempre più cambiamento politico imposto con l'uso della forza, il fattore psicologico ha acquistato sempre maggior importanza: da qui l'esigenza di colpire con azioni rappresentative obiettivi prevalentemente civili dal grande valore simbolico. La Seconda Guerra Mondiale ci ha offerto numerosi tragici esempi di questa nuova tecnica bellica, culminata nelle carneficine atomiche di Hiroshima e Nagasaki, ma molti altri piani vennero studiati e mai messi in pratica dagli stati maggiori delle nazioni in guerra.
Il nostro corrispondente da Laputa, il Pesce Volante, ce ne ricorda alcuni tra quelli scaturiti dalle fervide menti dei generali italiani, con obiettivo il cuore di New York, quell'isola che darà il nome al più grande piano di morte e distruzione della storia.
__________________________
Di Giovanni Pesce
Nel breve periodo di WWII nel quale Italia ed Usa erano schierati su fronti opposti, c’è stato un susseguirsi di preparazioni di azioni militari ad alto esplosivo mediatico, in particolare i Comandi italiani prepararono due o tre piani per attaccare gli USA.
“La miglior difesa è l’attacco” pensarono i comandi della Regia Marina e della Regia Aeronautica quando ricevettero l’ordine di preparare dei piani per colpire il cuore degli USA: l’isola di Manhattan, la parte più conosciuta di New York.
Alla storia sono rimasti documenti relativi a due tentativi: quello dell’Aeronautica che prevedeva l’uso di un quadrimotore, e quello della Marina che ipotizzava l’uso di sommergibili tascabili.
Furono studiate anche le conseguenze politiche delle due imprese, ed un gruppo di ufficiali fece presente che era più conveniente perdere la guerra piuttosto che incattivire i rapporti con il gigante USA il quale avrebbe poi imposto un “escalation” nei bombardamenti sulle città italiane.
L’Aeronautica quindi pianificò un bombardamento “umanitario” con il lancio di arance siciliane, una copia aggiornata del bombardamento “virtuale” effettuato con volantini dagli italiani su Vienna nella WWI.
Venne approntato un velivolo Savoia Marchetti 95 serie B che probabilmente avrebbe portato a termine la missione dopo l’attuazione di un certo numero di modifiche tecniche se gli eventi dell'8 Settembre 1943 non avessero fermato quell'azione.
La Marina, da parte sua, approntò un progetto più ardito: un sommergibile atlantico avrebbe accompagnato alla foce dell’Hudson due sommergibili tascabili CA1 e CA2, costruiti dalla soc. Caproni; questi due sommergibili avrebbero dovuto risalire il fiume fino a portare degli uomini-rana a sbarcare a Manhattan con un compito particolare: minare l’Empire State Building.
Il progetto era ad un buon livello esecutivo: alla base Betasom sull’Atlantico un gruppo di marinai faceva esperienza per il trasporto atlantico dei due sommergibili tascabili, ed anche i Caproni Ca1 e Ca2 vennero adattati all’impresa tramite i suggerimenti di incursori della Decima Flottiglia Mas scelti per quella azione, ma gli eventi della storia travolsero questi progetti italiani.
Nel corso degli anni la storia fu più complicata; l’Empire State Building venne colpito da un “kamikaze amico” a fine Luglio 1945 e i grattacieli più alti di Manhattan furono abbattuti con altre tecniche distruttive nel Settembre 2001.
Ironia della sorte; il Governo Usa aveva ideato un progetto di distruzione globale conosciuto con un nome fantasioso: il Progetto Manhattan.
Il nostro corrispondente da Laputa, il Pesce Volante, ce ne ricorda alcuni tra quelli scaturiti dalle fervide menti dei generali italiani, con obiettivo il cuore di New York, quell'isola che darà il nome al più grande piano di morte e distruzione della storia.
__________________________
Di Giovanni Pesce
Nel breve periodo di WWII nel quale Italia ed Usa erano schierati su fronti opposti, c’è stato un susseguirsi di preparazioni di azioni militari ad alto esplosivo mediatico, in particolare i Comandi italiani prepararono due o tre piani per attaccare gli USA.
“La miglior difesa è l’attacco” pensarono i comandi della Regia Marina e della Regia Aeronautica quando ricevettero l’ordine di preparare dei piani per colpire il cuore degli USA: l’isola di Manhattan, la parte più conosciuta di New York.
Alla storia sono rimasti documenti relativi a due tentativi: quello dell’Aeronautica che prevedeva l’uso di un quadrimotore, e quello della Marina che ipotizzava l’uso di sommergibili tascabili.
Furono studiate anche le conseguenze politiche delle due imprese, ed un gruppo di ufficiali fece presente che era più conveniente perdere la guerra piuttosto che incattivire i rapporti con il gigante USA il quale avrebbe poi imposto un “escalation” nei bombardamenti sulle città italiane.
L’Aeronautica quindi pianificò un bombardamento “umanitario” con il lancio di arance siciliane, una copia aggiornata del bombardamento “virtuale” effettuato con volantini dagli italiani su Vienna nella WWI.
Venne approntato un velivolo Savoia Marchetti 95 serie B che probabilmente avrebbe portato a termine la missione dopo l’attuazione di un certo numero di modifiche tecniche se gli eventi dell'8 Settembre 1943 non avessero fermato quell'azione.
La Marina, da parte sua, approntò un progetto più ardito: un sommergibile atlantico avrebbe accompagnato alla foce dell’Hudson due sommergibili tascabili CA1 e CA2, costruiti dalla soc. Caproni; questi due sommergibili avrebbero dovuto risalire il fiume fino a portare degli uomini-rana a sbarcare a Manhattan con un compito particolare: minare l’Empire State Building.
Il progetto era ad un buon livello esecutivo: alla base Betasom sull’Atlantico un gruppo di marinai faceva esperienza per il trasporto atlantico dei due sommergibili tascabili, ed anche i Caproni Ca1 e Ca2 vennero adattati all’impresa tramite i suggerimenti di incursori della Decima Flottiglia Mas scelti per quella azione, ma gli eventi della storia travolsero questi progetti italiani.
Nel corso degli anni la storia fu più complicata; l’Empire State Building venne colpito da un “kamikaze amico” a fine Luglio 1945 e i grattacieli più alti di Manhattan furono abbattuti con altre tecniche distruttive nel Settembre 2001.
Ironia della sorte; il Governo Usa aveva ideato un progetto di distruzione globale conosciuto con un nome fantasioso: il Progetto Manhattan.
Friday, August 21, 2009
A corporate marketing creation
Oramai di che fregatura sia Obama se ne sono accorti pure i socialisti. Impietosa analisi di John Pilger.
Wednesday, August 19, 2009
Non dovrei leggere i giornali. No, davvero.
La guerra in Afghanistan non è una guerra voluta, è una guerra giusta e necessaria. L'ha dichiarato Obama, mica Georgino Bush. Le dichiarazioni dei suoi stati maggiori sono ancor piu deliranti, e non c'è di meglio di Fred Reed per commentarle (e spero che la traduzione sia all'altezza...).
__________________________
Di Fred Reed
Mi fa impazzire. Quella che segue è una dichiarazione dell'ammiraglio Mike Mullen, presidente dei Capi Congiunti del Personale, fatta parlando con Albert Jazeera:
Quando lo stronzo-alfa del Pentagono dice qualcosa di così palesemente assurdo, così chiaramente falso, vien da chiedersi: sta semplicemente mentendo, o in qualche maniera davvero crede a questa roba? Voglio dire, si suppone che l'uso di droghe sia scoraggiato dalla Marina.
A seguire, un'altra leadership morale da fumetto, offerta stavolta da Ralph Peters, il Clausewitz pay-per-view di Fox News. Walphie, un colonnello in pensione, è fortemente a favore di una guerra contro l'Islam. Grrrrr. È feroce. È un ufficiale pensionato dell'“intelligence,” quindi un tuttologo di cose militari. Ed è irritato. Bene.
Prima di esplorare la sua irritazione, potremmo notare che Walph è di quella scuola di ferocia marziale secondo cui gli altri dovrebbero andare a farsi uccidere. Non Walph. Lui è quello che in una dimenticata guerra in Asia chiamavamo un REMF. Ovvero un Rear-Echelon Motherfucker (Fottimadre delle Retrovie). Che sarebbero i passacarte seduti al sicuro ben dietro la linea del fronte mentre i militari combattono. Walph ha passato la sua carriera in gran parte in Europa, un posto davvero scomodo. Voglio dire, talvolta il vostro Martini non è freddo a dovere. Un vero Tamerlano del circolo dei cocktail, Walph.
Ma non lo sottovalutate. La sete di sangue di un bombolone da podio è una cosa da tener da conto, lo ammetto. Re svengono. Imperi tremano.
Un altro punto degno di considerazione è che “ufficiale dell'intelligence” non significa “ufficiale intelligente.” Esclusa la Seconda Guerra Mondiale, gli analisti dell'intelligence hanno un ben misero palmares. Per dire la prima cosa che mi viene in mente, l'intelligence della Marina non sapeva dov'era la flotta giapponese nel 1941, oops. La Guerra di Corea colse le spie in mutande, così come l'entrata in guerra dei cinesi. I cocchini dell'intelligence non predissero che i vietnamiti avrebbero combattuto, benché l'esperienza francese non fosse un segreto. Ci fu l'opera comica dell'incursione di Son Tay, in cui i militari entrarono a Hanoi per salvare i prigionieri americani, solo per scoprire che le spie non avevano notato che i prigionieri erano stati spostati. La CIA non predisse che i cubani non sarebbero riusciti a ribellarsi a Castro nella Baia dei Porci. Fu sorpresa quando il muro di Berlino venne eretto, fu sorpresa quando venne distrutto, e lo fu ancora quando l'URSS, il suo principale oggetto di studio, andò a gambe all'aria. Ci fu l'affare clownesco del Glomar Explorer. L'aeronautica bombardò l'ambasciata cinese a Belgrado perché i cocchini non sapevano dov'era (provare le Pagine Gialle, magari?). Non avvertirono che gli arabi avrebbero potuto combattere in Iraq, non avendo forse mai sentito parlare di Israele. Non predissero il 9/11, e non sono In grado di trovare Bin Laden.
Sono impressionato, Walph. Sei un ufficiale dell'intelligence.
Ora, perché Peters è tutto agitato? Sembra che un soldato americano di nome Bowe Bergdahl sia stato catturato dai talebani in Afghanistan, o che si sia stancato di uccidere gli afgani ed abbia disertato, o qualcos'altro. Bergdahl è poi apparso ovunque in internet mentre beve il tè con i suoi rapitori in un video in cui supplica l'America di riportare a casa le truppe. Peters si è mostrato furente per questa “slealtà,” ed ha suggerito che sarebbe stata una buona cosa se i talebani avessero ucciso il ragazzo per risparmiare il costo di un processo.
C'è qualcosa di sconveniente in questo impiegato promosso più del dovuto, per il quale una ferita di guerra è come tagliarsi con un foglio di carta, che attacca un giovane nelle mani dei talebani. Se Bergdahl è stato catturato contro la sua volontà e i talebani sono cattivi come i vari Walphies ci dicono, se non coopera dovrà affrontare la tortura. Quanto è virile Walph mentre chiede che Bergdahl sia spellato vivo e le sue giunture spezzate. Un tipico ufficiale.
Dopo la morte di mio padre, un veterano del Pacifico nella Seconda Guerra Mondiale, trovai una lettera pubblicata che aveva scritto al Washington Post durante la guerra di Corea. Papà, che passò la sua vita come matematico nello sviluppo degli armamenti, non era un pacifista. Diceva che ai soldati americani catturati dovrebbero esser detto di confessare qualsiasi cosa piuttosto che essere torturati.
Sei un vero uomo, Walph. Davvero.
Ma supponete che Bergdahl si sia stancato di uccidere della gente che non aveva motivo di uccidere, e sia fuggito dai talebani. In che modo questa sarebbe slealtà verso gli Stati Uniti? Dov'è il beneficio della guerra per l'America? Il Pentagono sta uccidendo GI dopo GI dopo GI senza motivo. Sta anche uccidendo gli afgani, senza motivo. La lealtà verso l'America sembrerebbe consistere nel rifiutarsi di farlo.
Ci sono colonnelli in pensione che controbilanciano. Prendete ad esempio il col. Karen Kwiatkowski, (ha un archivio su lewrockwell.com). Lei sospetta che Peters sia preoccupato perché l'affare Bergdahl potrebbe mostrare che le truppe si stanno stancando e si preparano a filarsela in un modo o nell'altro. Vero? Non so. Tuttavia deve essere l'incubo prevalente nella Scatola della Morte a Cinque Lati. Questo è sicuramente accaduto nella nostra incursione asiatica per diffondere la democrazia. L'omicidio di ufficiali è stata la forma più frequente di dissenso, ma ci sono stati parecchi ammutinamenti e rifiuti di combattere non riportati.
Poi trovo questo: “Un portavoce militare in Afghanistan, il comandante statunitense Christine Sidenstricker, ha detto che il talebano stava [sic] usando il loro prigioniero per fare propaganda. ‘Stanno sfruttando il soldato in violazione del diritto internazionale,’ ha detto. Il portavoce dell'esercito colonnello degli Stati Uniti Greg Julian ha aggiunto, “condanniamo l'uso di questo video e l'umiliazione pubblica dei prigionieri.”
Molto brontolona, la Christine. Questo ci riporta alla questione dell'asserzione ovviamente falsa dell'ammiraglio Mullen. Umiliazione dei prigionieri? Questa squinzia Christine Qualcosa ha compartimentalizzato il suo cervello a tal punto da non essere informata di Guantanamo? Per quanto riguarda il diritto internazionale, ho come l'impressione che la tortura dei prigionieri la trasgredisca. La tortura è una politica nazionale americana. In ogni modo, chi è stato umiliato, il prigioniero o il Pentagono? Christine naturalmente dirà qualsiasi cosa le venga detto di dire, che è il compito dei galloppini, essendo i galloppini quei Goerings a prezzi modici che sono.
Ho bisogno di un drink.
__________________________
Di Fred Reed
Mi fa impazzire. Quella che segue è una dichiarazione dell'ammiraglio Mike Mullen, presidente dei Capi Congiunti del Personale, fatta parlando con Albert Jazeera:
Quando gli è stato chiesto perché gli Stati Uniti non fossero andati nelle FATA (Aree Tribali ad Amministrazione Federale) malgrado sapessero che Al Qaeda era presente, [l'ammiraglio Mullen] ha detto, ‘perché le FATA sono in Pakistan e il Pakistan è un paese sovrano, e noi non entriamo nei paesi sovrani.’Eh? Un accidente non ci entriamo. A cosa stava pensando questo allegro cannibale? Gli Stati Uniti amano entrare nei paesi sovrani. Quasi non fanno altro. Suppongo che l'Iraq non fosse sovrano. Non lo è ora, ma lo era. E che dire di Panama, del Laos, della Cambogia? Abbiamo dato al Pakistan, fino a poco tempo fa paese sovrano, la scelta di invitarci ad uccidere il suo popolo con i droni, od essere rispediti a suon di bombe all'Età della Pietra. Recentemente abbiamo bombardato la Somalia, tecnicamente sovrana.
Quando lo stronzo-alfa del Pentagono dice qualcosa di così palesemente assurdo, così chiaramente falso, vien da chiedersi: sta semplicemente mentendo, o in qualche maniera davvero crede a questa roba? Voglio dire, si suppone che l'uso di droghe sia scoraggiato dalla Marina.
A seguire, un'altra leadership morale da fumetto, offerta stavolta da Ralph Peters, il Clausewitz pay-per-view di Fox News. Walphie, un colonnello in pensione, è fortemente a favore di una guerra contro l'Islam. Grrrrr. È feroce. È un ufficiale pensionato dell'“intelligence,” quindi un tuttologo di cose militari. Ed è irritato. Bene.
Prima di esplorare la sua irritazione, potremmo notare che Walph è di quella scuola di ferocia marziale secondo cui gli altri dovrebbero andare a farsi uccidere. Non Walph. Lui è quello che in una dimenticata guerra in Asia chiamavamo un REMF. Ovvero un Rear-Echelon Motherfucker (Fottimadre delle Retrovie). Che sarebbero i passacarte seduti al sicuro ben dietro la linea del fronte mentre i militari combattono. Walph ha passato la sua carriera in gran parte in Europa, un posto davvero scomodo. Voglio dire, talvolta il vostro Martini non è freddo a dovere. Un vero Tamerlano del circolo dei cocktail, Walph.
Ma non lo sottovalutate. La sete di sangue di un bombolone da podio è una cosa da tener da conto, lo ammetto. Re svengono. Imperi tremano.
Un altro punto degno di considerazione è che “ufficiale dell'intelligence” non significa “ufficiale intelligente.” Esclusa la Seconda Guerra Mondiale, gli analisti dell'intelligence hanno un ben misero palmares. Per dire la prima cosa che mi viene in mente, l'intelligence della Marina non sapeva dov'era la flotta giapponese nel 1941, oops. La Guerra di Corea colse le spie in mutande, così come l'entrata in guerra dei cinesi. I cocchini dell'intelligence non predissero che i vietnamiti avrebbero combattuto, benché l'esperienza francese non fosse un segreto. Ci fu l'opera comica dell'incursione di Son Tay, in cui i militari entrarono a Hanoi per salvare i prigionieri americani, solo per scoprire che le spie non avevano notato che i prigionieri erano stati spostati. La CIA non predisse che i cubani non sarebbero riusciti a ribellarsi a Castro nella Baia dei Porci. Fu sorpresa quando il muro di Berlino venne eretto, fu sorpresa quando venne distrutto, e lo fu ancora quando l'URSS, il suo principale oggetto di studio, andò a gambe all'aria. Ci fu l'affare clownesco del Glomar Explorer. L'aeronautica bombardò l'ambasciata cinese a Belgrado perché i cocchini non sapevano dov'era (provare le Pagine Gialle, magari?). Non avvertirono che gli arabi avrebbero potuto combattere in Iraq, non avendo forse mai sentito parlare di Israele. Non predissero il 9/11, e non sono In grado di trovare Bin Laden.
Sono impressionato, Walph. Sei un ufficiale dell'intelligence.
Ora, perché Peters è tutto agitato? Sembra che un soldato americano di nome Bowe Bergdahl sia stato catturato dai talebani in Afghanistan, o che si sia stancato di uccidere gli afgani ed abbia disertato, o qualcos'altro. Bergdahl è poi apparso ovunque in internet mentre beve il tè con i suoi rapitori in un video in cui supplica l'America di riportare a casa le truppe. Peters si è mostrato furente per questa “slealtà,” ed ha suggerito che sarebbe stata una buona cosa se i talebani avessero ucciso il ragazzo per risparmiare il costo di un processo.
C'è qualcosa di sconveniente in questo impiegato promosso più del dovuto, per il quale una ferita di guerra è come tagliarsi con un foglio di carta, che attacca un giovane nelle mani dei talebani. Se Bergdahl è stato catturato contro la sua volontà e i talebani sono cattivi come i vari Walphies ci dicono, se non coopera dovrà affrontare la tortura. Quanto è virile Walph mentre chiede che Bergdahl sia spellato vivo e le sue giunture spezzate. Un tipico ufficiale.
Dopo la morte di mio padre, un veterano del Pacifico nella Seconda Guerra Mondiale, trovai una lettera pubblicata che aveva scritto al Washington Post durante la guerra di Corea. Papà, che passò la sua vita come matematico nello sviluppo degli armamenti, non era un pacifista. Diceva che ai soldati americani catturati dovrebbero esser detto di confessare qualsiasi cosa piuttosto che essere torturati.
Sei un vero uomo, Walph. Davvero.
Ma supponete che Bergdahl si sia stancato di uccidere della gente che non aveva motivo di uccidere, e sia fuggito dai talebani. In che modo questa sarebbe slealtà verso gli Stati Uniti? Dov'è il beneficio della guerra per l'America? Il Pentagono sta uccidendo GI dopo GI dopo GI senza motivo. Sta anche uccidendo gli afgani, senza motivo. La lealtà verso l'America sembrerebbe consistere nel rifiutarsi di farlo.
Ci sono colonnelli in pensione che controbilanciano. Prendete ad esempio il col. Karen Kwiatkowski, (ha un archivio su lewrockwell.com). Lei sospetta che Peters sia preoccupato perché l'affare Bergdahl potrebbe mostrare che le truppe si stanno stancando e si preparano a filarsela in un modo o nell'altro. Vero? Non so. Tuttavia deve essere l'incubo prevalente nella Scatola della Morte a Cinque Lati. Questo è sicuramente accaduto nella nostra incursione asiatica per diffondere la democrazia. L'omicidio di ufficiali è stata la forma più frequente di dissenso, ma ci sono stati parecchi ammutinamenti e rifiuti di combattere non riportati.
Poi trovo questo: “Un portavoce militare in Afghanistan, il comandante statunitense Christine Sidenstricker, ha detto che il talebano stava [sic] usando il loro prigioniero per fare propaganda. ‘Stanno sfruttando il soldato in violazione del diritto internazionale,’ ha detto. Il portavoce dell'esercito colonnello degli Stati Uniti Greg Julian ha aggiunto, “condanniamo l'uso di questo video e l'umiliazione pubblica dei prigionieri.”
Molto brontolona, la Christine. Questo ci riporta alla questione dell'asserzione ovviamente falsa dell'ammiraglio Mullen. Umiliazione dei prigionieri? Questa squinzia Christine Qualcosa ha compartimentalizzato il suo cervello a tal punto da non essere informata di Guantanamo? Per quanto riguarda il diritto internazionale, ho come l'impressione che la tortura dei prigionieri la trasgredisca. La tortura è una politica nazionale americana. In ogni modo, chi è stato umiliato, il prigioniero o il Pentagono? Christine naturalmente dirà qualsiasi cosa le venga detto di dire, che è il compito dei galloppini, essendo i galloppini quei Goerings a prezzi modici che sono.
Ho bisogno di un drink.
Tuesday, August 18, 2009
Monday, August 17, 2009
Le ragioni per un vero dollaro aureo #5
Di Murray N. Rothbard
Quale parità aurea?
La definizione che sceglieremo, quindi, dipende da che tipo di parità aurea vogliamo raggiungere. Per lo meno, dovrebbe essere una vera parità aurea, ovvero, il dollaro dovrebbe rimanere permanentemente legato all'oro ad un peso fisso, e dovrebbe essere redimibile in monete d'oro a quel peso. Questo elimina tutte le forme di pseudo-parità auree come il sistema monetario degli Stati Uniti dal 1933 al 1971, o il suo sottoinsieme, il sistema di Bretton Woods del 1945-1971. Elimina, similmente, la pseudo-parità aurea sostenuta dagli economisti supply-side, che tornerebbero a qualcosa di simile a Bretton Woods. Non ci sarebbe allora redenzione delle monete d'oro e, ancora peggio di Bretton Woods, che almeno mantenne un peso fisso del dollaro in oro, la Federal Reserve potrebbe manipolare a volontà la definizione del dollaro, nel tentativo di regolare l'economia per realizzare obiettivi macroeconomici come la piena occupazione o la stabilità del livello dei prezzi .
Potremmo in effetti tornare ad una parità aurea classica, come quella a cui aderivano tutte le principali nazioni prima della Prima Guerra Mondiale e gli Stati Uniti dal decennio del 1850 al 1933. I principali vantaggi sarebbero un ritorno al peso fisso e ad una vera redimibilità in monete d'oro. Una parità aurea classica sarebbe infinitamente superiore al sistema attuale o a Bretton Woods. In questo caso la definizione particolare scelta non importerebbe molto, salvo che dovrebbe essere molto superiore ai 35 dollari per non rischiare una contrazione deflazionistica massiccia ed inutile che, come minimo, allontanerebbe l'opinione pubblica dalla parità aurea per i decenni a venire. Cosa più importante, la parità aurea classica ci farebbe tornare proprio allo stesso sistema che generò cicli di boom e crisi e ci regalò il 1929 ed almeno i primi quattro anni della Grande Depressione. In breve, manterrebbe il sistema della Federal Reserve ed il suo sistema di attività bancarie cartellizzate, di privilegi speciali e della creazione virtualmente inevitabile di inflazione e contrazione. Per concludere, mentre la definitiva merce monetaria, l'oro, sarebbe fornita dal libero mercato, il dollaro non sarebbe realmente denazionalizzato e continuerebbe ad essere una creazione del governo federale.
Possiamo fare di meglio, e mi pare che non abbia molto senso prendersi il disturbo di promuovere e lavorare per una riforma fondamentale trascurando di insistere per il miglior standard che possiamo ottenere. Se, disillusi dalle banche centrali, chiediamo l'abolizione della Federal Reserve ed un ritorno ad una qualche forma di banca libera, quale percorso potremmo allora seguire per giungere a quell'obiettivo? La più vicina approssimazione ad uno standard banca libera-oro è stata l'economia americana dal 1840 alla Guerra Civile, nella quale non c'era alcuna forma di banca centrale ed ogni banca doveva redimere immediatamente le proprie note e i depositi in oro. Ma lavorando verso un tale sistema, dobbiamo capire che oggi noi abbiamo una scorta d'oro nazionalizzata nei forzieri della Federal Reserve. Abolire la Federal Reserve vorrebbe dire che la sua scorta d'oro, ora tenuta nei depositi del Ministero del Tesoro, dovrebbe essere rimessa e restituita in mani private. Ma questo ci dà un indizio per l'adeguata definizione di un dollaro d'oro. Per poter liquidare la Federal Reserve e rimuovere l'oro dai suoi sotterranei, ed allo stesso tempo legare l'oro al dollaro, l'oro della Federal Reserve dev'essere rivalutato e ridefinito così da poter essere scambiato, uno per uno, con i titoli del dollaro sull'oro. L'oro della Federal Reserve dev'essere stimato ad un certo livello ed è senza dubbio assurdo attaccarsi ai fittizi 42,22 quando un'altra definizione ad un peso molto più basso permetterebbe la liquidazione uno per uno dell'esposizione della Federal Reserve così come il trasferimento del suo oro dalle mani del governo a quelle private.
Facciamo un esempio specifico. Alla fine del dicembre 1981, l'esposizione della Federal Reserve ammontava a circa 179 miliardi di dollari (132 miliardi in banconote della Federal Reserve più 47 miliardi in depositi delle banche commerciali). La Federal Reserve possedeva una riserva d'oro di 265,3 milioni di once. Valutato agli artificiali 42,22 dollari l'oncia, questo rendeva un valore di 11,2 miliardi di dollari per l'oro della Federal Reserve. Ma se il dollaro fosse stato definito in modo che la riserva d'oro della Federal Reserve eguagliasse, dollaro per dollaro, la sua esposizione totale – quindi, 179 miliardi? In quel caso, l'oro sarebbe stato definito come pari a 676 dollari l'oncia, o, più precisamente, come pari e redimibile a 1/676 di un'oncia d'oro. A quel nuovo peso, le banconote della Federal Reserve sarebbero allora riacquistate subito, una per una, con monete d'oro, ed i depositi a vista della Federal Reserve verrebbero riacquistati in oro dalle varie banche commerciali. L'oro allora costituirebbe le riserve di quelle banche per i loro depositi a vista. Naturalmente, l'abolizione delle banconote della Federal Reserve non significa necessariamente la fine di ogni valuta di carta; perché potrebbe allora essere concesso alle banche, come prima della Guerra Civile, di stampare banconote così come rilasciare depositi a vista.
Questo piano, essenzialmente quello sostenuto da congressista Ron Paul (Rep. - Texas), ci restituirebbe velocemente a qualche cosa di analogo al migliore sistema monetario nella storia degli Stati Uniti, il sistema dall'abolizione della Second Bank of the United States e delle sue banche ancillari all'avvento della Guerra Civile. L'inflazione ed i cicli economici sarebbero notevolmente smorzati, se non del tutto eliminati. Aggiungete l'abolizione della Federal Deposit Insurance Corporation, il requisito del pagamento immediato del debito pena l'insolvibilità, e sulla legalizzazione da tempo attesa del sistema delle banche filiali interstatali ed avremmo un sistema di banche libere come promosso da molti autori ed economisti.
Potremmo, tuttavia, fare persino un altro passo avanti. Se volessimo arrivare ad una banca a riserva del 100 per cento, eliminando virtualmente tutta l'inflazione e qualsiasi contrazione bancaria una volta per sempre, noi potremmo richiedere il 100 per cento di riserva bancaria come parte di una generale proibizione legale contro la frode. L'importante tradizione della riserva aurea al 100 per cento (sostenuta da autori ed economisti che vanno da David Hume a Thomas Jefferson e John Adams e, parzialmente, a Ludwig von Mises), considera l'emissione di titoli sul debito superiore alle riserve allo stesso modo di un negozio che emettesse e speculasse su ricevute di magazzino per dei depositi inesistenti. In breve, una violazione fraudolenta della consegna di merci.
Come potrebbero gli Stati Uniti passare ad un sistema aureo al 100 per cento? Alla fine del dicembre 1981, l'esposizione totale hanno emessa dall'intero sistema bancario commerciale (ovvero l'M-1), pari a 445 miliardi di dollari (inclusi banconote e depositi a vista, o meglio, verificabili, della Federal Reserve). Per passare immediatamente all'oro al 100 per cento, il dollaro dovrebbe essere ridefinito a 1/1/696 di un'oncia d'oro. Le riserve d'oro totali della Federal Reserve sarebbero quindi valutate 445 miliardi e l'oro potrebbe essere trasferito ai singoli possessori delle banconote della Federal Reserve così come alle banche, con il patrimonio delle banche che ora sarebbe pari ed bilancerebbe la somma dei loro depositi scoperti. Sarebbero quindi automaticamente in un sistema aureo al 100 per cento.
Dal punto di vista del mercato libero, c'è indubbiamente un problema in questa transizione all'oro al 100 per cento. Perché l'oro della Federal Reserve sarebbe trasferito alle banche commerciali fino al valore dei loro depositi a vista con un regalo di capitale alle banche pari a quell'importo da parte della Federal Reserve. Dunque, in totale, le banche commerciali, alla fine del dicembre 1981, avevano depositi a vista per 317 miliardi, bilanciate da riserve di 47 miliardi. Un ritorno all'oro a 1,696 l'oncia significherebbe che l'oro trasferito alle banche in cambio della loro riserva alla Federal Reserve aumenterebbe anche le loro riserve da 47 a 317 miliardi, con un aumento del capitale delle banche di 270 miliardi. La critica sarebbe che le banche meritano ben poco un simile regalo, meritando piuttosto di giocarsi le loro carte come tutte le altre aziende sul mercato libero. La contro-argomentazione, tuttavia, sottolineerebbe che, se il requisito dell'oro al 100 per cento fosse ora imposto alle banche, il loro regalo non farebbe altro che garantire il sistema bancario contro un potenziale olocausto di deflazione, contrazione e fallimenti. [15]
Ad ogni modo, quale che sia il percorso scelto, i soldi e le banche sarebbero infine separati dallo stato, e nuove valute, che siano “Hayeks” o “ducati,” sarebbero libere di fare concorrenza sul mercato al dollaro d'oro. Non consiglierei a nessuno, tuttavia, di puntare i risparmi di una vita sul successo di qualcuna di queste nuove proposte valute in questa corsa competitiva.
__________________________
Note
[15] Sui percorsi verso una vera parità aurea, vedi di Murray N. Rothbard, The Mystery of Banking (New York: Richardson and Snyder, 1983), pp. 254-69. Sulla tradizione dell'oro al 100 per cento, vedi ibid., Rothbard, Case ed il troppo trascurato lavoro di Mark Skousen, The 100% Gold Standard: Economics of a Pure Money Commodity (Washington, D.C.: University Press of America, 1977). Inoltre vedi Rothbard, “Cold vs. Fluctuating Fiat Exchange Rates,” in Gold Is Money, H. Sennholz, ed. (West- port, Conn.: Greenwood Press, 1975), pp. 24-40.
__________________________
Link alla prima parte.
Link alla seconda parte.
Link alla terza parte.
Link alla quarta parte.
Link all'articolo originale.
Quale parità aurea?
La definizione che sceglieremo, quindi, dipende da che tipo di parità aurea vogliamo raggiungere. Per lo meno, dovrebbe essere una vera parità aurea, ovvero, il dollaro dovrebbe rimanere permanentemente legato all'oro ad un peso fisso, e dovrebbe essere redimibile in monete d'oro a quel peso. Questo elimina tutte le forme di pseudo-parità auree come il sistema monetario degli Stati Uniti dal 1933 al 1971, o il suo sottoinsieme, il sistema di Bretton Woods del 1945-1971. Elimina, similmente, la pseudo-parità aurea sostenuta dagli economisti supply-side, che tornerebbero a qualcosa di simile a Bretton Woods. Non ci sarebbe allora redenzione delle monete d'oro e, ancora peggio di Bretton Woods, che almeno mantenne un peso fisso del dollaro in oro, la Federal Reserve potrebbe manipolare a volontà la definizione del dollaro, nel tentativo di regolare l'economia per realizzare obiettivi macroeconomici come la piena occupazione o la stabilità del livello dei prezzi .
Potremmo in effetti tornare ad una parità aurea classica, come quella a cui aderivano tutte le principali nazioni prima della Prima Guerra Mondiale e gli Stati Uniti dal decennio del 1850 al 1933. I principali vantaggi sarebbero un ritorno al peso fisso e ad una vera redimibilità in monete d'oro. Una parità aurea classica sarebbe infinitamente superiore al sistema attuale o a Bretton Woods. In questo caso la definizione particolare scelta non importerebbe molto, salvo che dovrebbe essere molto superiore ai 35 dollari per non rischiare una contrazione deflazionistica massiccia ed inutile che, come minimo, allontanerebbe l'opinione pubblica dalla parità aurea per i decenni a venire. Cosa più importante, la parità aurea classica ci farebbe tornare proprio allo stesso sistema che generò cicli di boom e crisi e ci regalò il 1929 ed almeno i primi quattro anni della Grande Depressione. In breve, manterrebbe il sistema della Federal Reserve ed il suo sistema di attività bancarie cartellizzate, di privilegi speciali e della creazione virtualmente inevitabile di inflazione e contrazione. Per concludere, mentre la definitiva merce monetaria, l'oro, sarebbe fornita dal libero mercato, il dollaro non sarebbe realmente denazionalizzato e continuerebbe ad essere una creazione del governo federale.
Possiamo fare di meglio, e mi pare che non abbia molto senso prendersi il disturbo di promuovere e lavorare per una riforma fondamentale trascurando di insistere per il miglior standard che possiamo ottenere. Se, disillusi dalle banche centrali, chiediamo l'abolizione della Federal Reserve ed un ritorno ad una qualche forma di banca libera, quale percorso potremmo allora seguire per giungere a quell'obiettivo? La più vicina approssimazione ad uno standard banca libera-oro è stata l'economia americana dal 1840 alla Guerra Civile, nella quale non c'era alcuna forma di banca centrale ed ogni banca doveva redimere immediatamente le proprie note e i depositi in oro. Ma lavorando verso un tale sistema, dobbiamo capire che oggi noi abbiamo una scorta d'oro nazionalizzata nei forzieri della Federal Reserve. Abolire la Federal Reserve vorrebbe dire che la sua scorta d'oro, ora tenuta nei depositi del Ministero del Tesoro, dovrebbe essere rimessa e restituita in mani private. Ma questo ci dà un indizio per l'adeguata definizione di un dollaro d'oro. Per poter liquidare la Federal Reserve e rimuovere l'oro dai suoi sotterranei, ed allo stesso tempo legare l'oro al dollaro, l'oro della Federal Reserve dev'essere rivalutato e ridefinito così da poter essere scambiato, uno per uno, con i titoli del dollaro sull'oro. L'oro della Federal Reserve dev'essere stimato ad un certo livello ed è senza dubbio assurdo attaccarsi ai fittizi 42,22 quando un'altra definizione ad un peso molto più basso permetterebbe la liquidazione uno per uno dell'esposizione della Federal Reserve così come il trasferimento del suo oro dalle mani del governo a quelle private.
Facciamo un esempio specifico. Alla fine del dicembre 1981, l'esposizione della Federal Reserve ammontava a circa 179 miliardi di dollari (132 miliardi in banconote della Federal Reserve più 47 miliardi in depositi delle banche commerciali). La Federal Reserve possedeva una riserva d'oro di 265,3 milioni di once. Valutato agli artificiali 42,22 dollari l'oncia, questo rendeva un valore di 11,2 miliardi di dollari per l'oro della Federal Reserve. Ma se il dollaro fosse stato definito in modo che la riserva d'oro della Federal Reserve eguagliasse, dollaro per dollaro, la sua esposizione totale – quindi, 179 miliardi? In quel caso, l'oro sarebbe stato definito come pari a 676 dollari l'oncia, o, più precisamente, come pari e redimibile a 1/676 di un'oncia d'oro. A quel nuovo peso, le banconote della Federal Reserve sarebbero allora riacquistate subito, una per una, con monete d'oro, ed i depositi a vista della Federal Reserve verrebbero riacquistati in oro dalle varie banche commerciali. L'oro allora costituirebbe le riserve di quelle banche per i loro depositi a vista. Naturalmente, l'abolizione delle banconote della Federal Reserve non significa necessariamente la fine di ogni valuta di carta; perché potrebbe allora essere concesso alle banche, come prima della Guerra Civile, di stampare banconote così come rilasciare depositi a vista.
Questo piano, essenzialmente quello sostenuto da congressista Ron Paul (Rep. - Texas), ci restituirebbe velocemente a qualche cosa di analogo al migliore sistema monetario nella storia degli Stati Uniti, il sistema dall'abolizione della Second Bank of the United States e delle sue banche ancillari all'avvento della Guerra Civile. L'inflazione ed i cicli economici sarebbero notevolmente smorzati, se non del tutto eliminati. Aggiungete l'abolizione della Federal Deposit Insurance Corporation, il requisito del pagamento immediato del debito pena l'insolvibilità, e sulla legalizzazione da tempo attesa del sistema delle banche filiali interstatali ed avremmo un sistema di banche libere come promosso da molti autori ed economisti.
Potremmo, tuttavia, fare persino un altro passo avanti. Se volessimo arrivare ad una banca a riserva del 100 per cento, eliminando virtualmente tutta l'inflazione e qualsiasi contrazione bancaria una volta per sempre, noi potremmo richiedere il 100 per cento di riserva bancaria come parte di una generale proibizione legale contro la frode. L'importante tradizione della riserva aurea al 100 per cento (sostenuta da autori ed economisti che vanno da David Hume a Thomas Jefferson e John Adams e, parzialmente, a Ludwig von Mises), considera l'emissione di titoli sul debito superiore alle riserve allo stesso modo di un negozio che emettesse e speculasse su ricevute di magazzino per dei depositi inesistenti. In breve, una violazione fraudolenta della consegna di merci.
Come potrebbero gli Stati Uniti passare ad un sistema aureo al 100 per cento? Alla fine del dicembre 1981, l'esposizione totale hanno emessa dall'intero sistema bancario commerciale (ovvero l'M-1), pari a 445 miliardi di dollari (inclusi banconote e depositi a vista, o meglio, verificabili, della Federal Reserve). Per passare immediatamente all'oro al 100 per cento, il dollaro dovrebbe essere ridefinito a 1/1/696 di un'oncia d'oro. Le riserve d'oro totali della Federal Reserve sarebbero quindi valutate 445 miliardi e l'oro potrebbe essere trasferito ai singoli possessori delle banconote della Federal Reserve così come alle banche, con il patrimonio delle banche che ora sarebbe pari ed bilancerebbe la somma dei loro depositi scoperti. Sarebbero quindi automaticamente in un sistema aureo al 100 per cento.
Dal punto di vista del mercato libero, c'è indubbiamente un problema in questa transizione all'oro al 100 per cento. Perché l'oro della Federal Reserve sarebbe trasferito alle banche commerciali fino al valore dei loro depositi a vista con un regalo di capitale alle banche pari a quell'importo da parte della Federal Reserve. Dunque, in totale, le banche commerciali, alla fine del dicembre 1981, avevano depositi a vista per 317 miliardi, bilanciate da riserve di 47 miliardi. Un ritorno all'oro a 1,696 l'oncia significherebbe che l'oro trasferito alle banche in cambio della loro riserva alla Federal Reserve aumenterebbe anche le loro riserve da 47 a 317 miliardi, con un aumento del capitale delle banche di 270 miliardi. La critica sarebbe che le banche meritano ben poco un simile regalo, meritando piuttosto di giocarsi le loro carte come tutte le altre aziende sul mercato libero. La contro-argomentazione, tuttavia, sottolineerebbe che, se il requisito dell'oro al 100 per cento fosse ora imposto alle banche, il loro regalo non farebbe altro che garantire il sistema bancario contro un potenziale olocausto di deflazione, contrazione e fallimenti. [15]
Ad ogni modo, quale che sia il percorso scelto, i soldi e le banche sarebbero infine separati dallo stato, e nuove valute, che siano “Hayeks” o “ducati,” sarebbero libere di fare concorrenza sul mercato al dollaro d'oro. Non consiglierei a nessuno, tuttavia, di puntare i risparmi di una vita sul successo di qualcuna di queste nuove proposte valute in questa corsa competitiva.
__________________________
Note
[15] Sui percorsi verso una vera parità aurea, vedi di Murray N. Rothbard, The Mystery of Banking (New York: Richardson and Snyder, 1983), pp. 254-69. Sulla tradizione dell'oro al 100 per cento, vedi ibid., Rothbard, Case ed il troppo trascurato lavoro di Mark Skousen, The 100% Gold Standard: Economics of a Pure Money Commodity (Washington, D.C.: University Press of America, 1977). Inoltre vedi Rothbard, “Cold vs. Fluctuating Fiat Exchange Rates,” in Gold Is Money, H. Sennholz, ed. (West- port, Conn.: Greenwood Press, 1975), pp. 24-40.
__________________________
Link alla prima parte.
Link alla seconda parte.
Link alla terza parte.
Link alla quarta parte.
Link all'articolo originale.
Friday, August 14, 2009
Le ragioni per un vero dollaro aureo #4
Di Murray N. Rothbard
Definire il dollaro
Se, allora, il dollaro dovesse essere di nuovo definito come unità di peso d'oro, quale dovrebbe essere la nuova definizione? Curiosamente il crescente numero di autori ed economisti che chiedono un ritorno alla parità aurea dà l'impressione di dimostrare poco o nessun interesse in quello che dovrebbe essere di preciso il nuovo peso del dollaro. La domanda è indubbiamente controversa, ma ancor più controversa è la domanda stessa di avere una parità aurea. Inoltre, bisognerebbe capire che non ci sarà mai alcuna speranza di tornare ad una parità aurea a meno che venga prima stabilito il corretto peso del dollaro. Dagli anni 40 agli anni 60, il piccolo gruppo di sostenitori del ritorno all'oro era riunito in due organizzazioni affini: il Comitato Nazionale degli Economisti per la Politica Monetaria e la Lega per il Gold Standard. Entrambi sono stati guidati da Walter E. Spahr, professore d'economia all'università di New York. In questa epoca, ed effettivamente dal 1933 fino al 1971, gli Stati Uniti erano su uno standard di corso legale sul piano nazionale, ma su una forma curiosa ed altamente limitata di parità aurea internazionalmente, in cui gli Stati Uniti acconsentivano a redimere in oro i dollari in mano ai governi stranieri ed alle loro banche centrali ad un tasso legalmente definito di 35 dollari l'oncia. Gli individui o le aziende private straniere non potevano redimere i loro capitali in dollari in oro, e né gli individui né i governi potevano redimere i loro dollari con monete d'oro, poiché tale monete non venivano più coniate. Invece, i dollari hanno potevano essere riacquistati soltanto con grandi lingotti d'oro. Tuttavia, fino al 1968 il Ministero del Tesoro degli Stati Uniti è rimasto pronto a mantenere stabile il tasso ufficiale del cambio dollaro/oro nel mercato libero dell'oro di Londra e Zurigo comprando i dollari con oro se il prezzo dell'oro avesse minacciato di salire oltre i 35 dollari. In questo modo gli Stati Uniti hanno mantenuto informalmente un dollaro redimibile a 35 dollari l'oncia per gli individui e le aziende straniere così come ufficialmente per i governi e le banche centrali. Tuttavia, quando la pressione europea per la redenzione assaltò il dollaro inflazionato, gli Stati Uniti, nel 1968, isolarono il dollaro dal mercato libero dell'oro, stabilendo l'effimero mercato dell'oro “a due corsie.” Nel 1971 le ultime tracce della redenzione internazionale dell'oro furono eliminate dal presidente Nixon, ed il dollaro diventò una valuta a corso legale totalmente irredimibile.
Le organizzazioni di Spahr promuovevano un ritorno al classico, pre-1933, standard di monete d'oro, con le monete d'oro che circolano come moneta standard. Ma scansarono il problema di considerare l'adeguato peso del dollaro semplicemente sollecitando una definizione del dollaro d'oro a 1/35 per un'oncia. Il loro principale argomento era che 35 dollari l'oncia era la definizione legale corrente e che questa definizione era l'effettivo tasso di cambio per i governi stranieri e le banche centrali (avrebbero potuto aggiungere, come abbiamo visto, che 35 dollari erano anche l'effettivo tasso di cambio per gli individui stranieri).
La sola base della richiesta di Spahr per i 35 dollari era che le definizioni, una volta selezionate, devono durare per sempre. Ma questa posizione era debole, visto che non c'era una parità aurea sul piano nazionale, né alcuna redenzione delle monete d'oro. Perché attaccarsi coraggiosamente ad una parità aurea a 35 dollari l'oncia, quando dal 1933 non era esistito niente di simile ad una vera parità aurea? In effetti, se il gruppo di Spahr fosse stato coerente nel volere mantenere la vecchia definizione del dollaro, avrebbe dovuto sollecitare un ritorno all'ultima definizione sotto una vera parità aurea, il 20 dollari l'oncia pre-rooseveltiano.
Il fatto che nessuno del gruppo di Spahr contemplò più di tanto un ritorno ai 20 dollari insinuò l'idea che i 35, e a maggior ragione, i 20 dollari, non fossero più un peso possibile, tenendo conto dell'inflazione monetaria e dei prezzi che era durata costantemente dall'avvento della Seconda Guerra Mondiale. La classica parità aurea di prima del 1933 era stata caratterizzata da una piramide di offerta di dollari contro uno stock d'oro molto più piccolo (specificamente depositi bancari contro banconote e a loro volta contro oro). Durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale, la cima della piramide inflazionistica diretta dalla Federal Reserve era diventata sempre più pesante ed un ritorno ad un dollaro a 35 dollari l'oncia avrebbe rischiato di provocare una massiccia contrazione deflazionistica della moneta. Per questo motivo, dei membri dissidenti del Comitato Nazionale degli Economisti come Henry Hazlitt ed altri economisti come Michael Angelo Heilperin, Jacques Rueff e Ludwig von Mises, cominciarono a chiedere il ritorno all'oro ad un “prezzo” molto superiore ai 35 dollari. [14]
Ad ogni modo, attualmente, non esiste più nemmeno il debole argomento per una definizione del dollaro a 35 dollari. Non è rimasta alcuna traccia della parità aurea, e l'attuale “definizione” del valore dell'oro pari a 42,22 dollari l'oncia è chiaramente soltanto un artificio contabile, con una discordanza radicale dal suo valore sul mercato dell'oro. In un ritorno alla parità aurea, dovremmo ripartire da zero. In tal caso, dobbiamo renderci conto che non c'è un obbligo morale nell'elaborare una definizione iniziale, e che una nuova definizione del dollaro dovrebbe quindi essere fissata alla cifra pragmaticamente più utile. La definizione che sceglieremo per il nuovo dollaro d'oro dipenderà allora da che tipo di sistema monetario vorremmo realizzare, così come da quella definizione che assicurerebbe la transizione più facile al sistema desiderato.
__________________________
Note
[14] Questi dissidenti erano virtualmente tutti di tradizione austriaca, ed i tre nomi nel testo erano tutti o allievi o seguaci di Ludwig von Mises.
Alla luce degli ultimi sviluppi nel mercato dell'oro, è divertente notare che la proposta di Rueff-Hazlitt per un dollaro d'oro a 70 dollari sono state disprezzate da in pratica tutti gli economisti come assurdamente alta e che prima del 1968, i monetaristi e i keynesiani erano parimente unanimi nel predire che se il dollaro fosse mai stato separato dall'oro, il prezzo dell'oro sarebbe crollato al suo livello non monetario, allora stimato a circa 9 dollari l'oncia. È altrettanto divertente considerare che la maggior parte di questi economisti sottoscriverebbero ancora il motto “la scienza è predizione.”
__________________________
Link alla prima parte.
Link alla seconda parte.
Link alla terza parte.
Link alla quinta parte.
Link all'articolo originale.
Definire il dollaro
Se, allora, il dollaro dovesse essere di nuovo definito come unità di peso d'oro, quale dovrebbe essere la nuova definizione? Curiosamente il crescente numero di autori ed economisti che chiedono un ritorno alla parità aurea dà l'impressione di dimostrare poco o nessun interesse in quello che dovrebbe essere di preciso il nuovo peso del dollaro. La domanda è indubbiamente controversa, ma ancor più controversa è la domanda stessa di avere una parità aurea. Inoltre, bisognerebbe capire che non ci sarà mai alcuna speranza di tornare ad una parità aurea a meno che venga prima stabilito il corretto peso del dollaro. Dagli anni 40 agli anni 60, il piccolo gruppo di sostenitori del ritorno all'oro era riunito in due organizzazioni affini: il Comitato Nazionale degli Economisti per la Politica Monetaria e la Lega per il Gold Standard. Entrambi sono stati guidati da Walter E. Spahr, professore d'economia all'università di New York. In questa epoca, ed effettivamente dal 1933 fino al 1971, gli Stati Uniti erano su uno standard di corso legale sul piano nazionale, ma su una forma curiosa ed altamente limitata di parità aurea internazionalmente, in cui gli Stati Uniti acconsentivano a redimere in oro i dollari in mano ai governi stranieri ed alle loro banche centrali ad un tasso legalmente definito di 35 dollari l'oncia. Gli individui o le aziende private straniere non potevano redimere i loro capitali in dollari in oro, e né gli individui né i governi potevano redimere i loro dollari con monete d'oro, poiché tale monete non venivano più coniate. Invece, i dollari hanno potevano essere riacquistati soltanto con grandi lingotti d'oro. Tuttavia, fino al 1968 il Ministero del Tesoro degli Stati Uniti è rimasto pronto a mantenere stabile il tasso ufficiale del cambio dollaro/oro nel mercato libero dell'oro di Londra e Zurigo comprando i dollari con oro se il prezzo dell'oro avesse minacciato di salire oltre i 35 dollari. In questo modo gli Stati Uniti hanno mantenuto informalmente un dollaro redimibile a 35 dollari l'oncia per gli individui e le aziende straniere così come ufficialmente per i governi e le banche centrali. Tuttavia, quando la pressione europea per la redenzione assaltò il dollaro inflazionato, gli Stati Uniti, nel 1968, isolarono il dollaro dal mercato libero dell'oro, stabilendo l'effimero mercato dell'oro “a due corsie.” Nel 1971 le ultime tracce della redenzione internazionale dell'oro furono eliminate dal presidente Nixon, ed il dollaro diventò una valuta a corso legale totalmente irredimibile.
Le organizzazioni di Spahr promuovevano un ritorno al classico, pre-1933, standard di monete d'oro, con le monete d'oro che circolano come moneta standard. Ma scansarono il problema di considerare l'adeguato peso del dollaro semplicemente sollecitando una definizione del dollaro d'oro a 1/35 per un'oncia. Il loro principale argomento era che 35 dollari l'oncia era la definizione legale corrente e che questa definizione era l'effettivo tasso di cambio per i governi stranieri e le banche centrali (avrebbero potuto aggiungere, come abbiamo visto, che 35 dollari erano anche l'effettivo tasso di cambio per gli individui stranieri).
La sola base della richiesta di Spahr per i 35 dollari era che le definizioni, una volta selezionate, devono durare per sempre. Ma questa posizione era debole, visto che non c'era una parità aurea sul piano nazionale, né alcuna redenzione delle monete d'oro. Perché attaccarsi coraggiosamente ad una parità aurea a 35 dollari l'oncia, quando dal 1933 non era esistito niente di simile ad una vera parità aurea? In effetti, se il gruppo di Spahr fosse stato coerente nel volere mantenere la vecchia definizione del dollaro, avrebbe dovuto sollecitare un ritorno all'ultima definizione sotto una vera parità aurea, il 20 dollari l'oncia pre-rooseveltiano.
Il fatto che nessuno del gruppo di Spahr contemplò più di tanto un ritorno ai 20 dollari insinuò l'idea che i 35, e a maggior ragione, i 20 dollari, non fossero più un peso possibile, tenendo conto dell'inflazione monetaria e dei prezzi che era durata costantemente dall'avvento della Seconda Guerra Mondiale. La classica parità aurea di prima del 1933 era stata caratterizzata da una piramide di offerta di dollari contro uno stock d'oro molto più piccolo (specificamente depositi bancari contro banconote e a loro volta contro oro). Durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale, la cima della piramide inflazionistica diretta dalla Federal Reserve era diventata sempre più pesante ed un ritorno ad un dollaro a 35 dollari l'oncia avrebbe rischiato di provocare una massiccia contrazione deflazionistica della moneta. Per questo motivo, dei membri dissidenti del Comitato Nazionale degli Economisti come Henry Hazlitt ed altri economisti come Michael Angelo Heilperin, Jacques Rueff e Ludwig von Mises, cominciarono a chiedere il ritorno all'oro ad un “prezzo” molto superiore ai 35 dollari. [14]
Ad ogni modo, attualmente, non esiste più nemmeno il debole argomento per una definizione del dollaro a 35 dollari. Non è rimasta alcuna traccia della parità aurea, e l'attuale “definizione” del valore dell'oro pari a 42,22 dollari l'oncia è chiaramente soltanto un artificio contabile, con una discordanza radicale dal suo valore sul mercato dell'oro. In un ritorno alla parità aurea, dovremmo ripartire da zero. In tal caso, dobbiamo renderci conto che non c'è un obbligo morale nell'elaborare una definizione iniziale, e che una nuova definizione del dollaro dovrebbe quindi essere fissata alla cifra pragmaticamente più utile. La definizione che sceglieremo per il nuovo dollaro d'oro dipenderà allora da che tipo di sistema monetario vorremmo realizzare, così come da quella definizione che assicurerebbe la transizione più facile al sistema desiderato.
__________________________
Note
[14] Questi dissidenti erano virtualmente tutti di tradizione austriaca, ed i tre nomi nel testo erano tutti o allievi o seguaci di Ludwig von Mises.
Alla luce degli ultimi sviluppi nel mercato dell'oro, è divertente notare che la proposta di Rueff-Hazlitt per un dollaro d'oro a 70 dollari sono state disprezzate da in pratica tutti gli economisti come assurdamente alta e che prima del 1968, i monetaristi e i keynesiani erano parimente unanimi nel predire che se il dollaro fosse mai stato separato dall'oro, il prezzo dell'oro sarebbe crollato al suo livello non monetario, allora stimato a circa 9 dollari l'oncia. È altrettanto divertente considerare che la maggior parte di questi economisti sottoscriverebbero ancora il motto “la scienza è predizione.”
__________________________
Link alla prima parte.
Link alla seconda parte.
Link alla terza parte.
Link alla quinta parte.
Link all'articolo originale.
Thursday, August 13, 2009
Le ragioni per un vero dollaro aureo #3
Di Murray N. Rothbard
Le ragioni per un dollaro aureo
La nostra conclusione, quindi, è che il dollaro deve essere ridefinito nei termini di una sola merce, piuttosto che nei termini di un paniere di mercato artificiale di due o più merci. Quale merce, allora, dovrebbe essere scelta? Innanzitutto, i metalli preziosi, oro ed argento, sono stati sempre preferiti a tutte le altre merci come mezzi di scambio dove sono stati disponibili. Non è un caso che i metalli preziosi abbiano avuto sempre lo stesso successo, che può essere parzialmente spiegato dalla loro superiore e stabile domanda non monetaria, dal loro alto valore per unità di peso, dalla durabilità, dalla divisibilità percettiva e dalle altre virtù descritte lungamente nel primo capitolo di tutti i testi sulla moneta e sulle attività bancarie pubblicati prima che il governo degli Stati Uniti abbandonasse la parità aurea nel 1933. Quale metallo dovrebbe essere lo standard, allora, l'argento o l'oro? Ci sono, effettivamente, delle ragioni a favore dell'argento, ma il peso delle argomentazioni sta nel ritorno all'oro. La crescente abbondanza relativa delle scorte d'argento ha svalutato pesantemente il suo valore in termini di oro, e non è stato usato generalmente come metallo monetario dal diciannovesimo secolo. L'oro era lo standard monetario nella maggior parte dei paesi fino al 1914, o persino fino agli anni 30. In più, l'oro era lo standard quando il governo degli Stati Uniti confiscò nel 1933 l'oro di tutti i cittadini americani ed abbandonò la redimibilità in oro del dollaro, soltanto per la durata dell'emergenza della depressione, si supponeva. Ancora, l'oro e non l'argento è ancora considerato ovunque un metallo monetario ed i governi e le loro banche centrali hanno provveduto ad accumulare un'enorme quantità d'oro ora non in uso, ma che potrebbe essere usato ancora come standard per il dollaro, la sterlina, il marco.
Questo ci porta ad un importante corollario. Gli Stati Uniti ed altri governi hanno in effetti nazionalizzato l'oro. Anche ora, quando ai cittadini privati è permesso di possedere dell'oro, la grande massa di quel metallo continua ad essere sequestrata nei forzieri delle banche centrali. [13] Se il dollaro è ridefinito in termini di oro, l'oro come pure il dollaro può essere denazionalizzato insieme. Ma se il dollaro non è definito come peso d'oro, come potrebbe mai avvenire una denazionalizzazione dell'oro? Vendere le scorte d'oro non sarebbe soddisfacente, poiché questo (1) implicherebbe che il governo abbia dei diritti sul ricavato della vendita e (2) lascerebbe il dollaro sotto il controllo assoluto del governo.
È importante capire cosa richiederebbe una definizione del dollaro in termini di oro. La definizione deve essere reale ed effettiva piuttosto che nominale. Quindi, gli statuti degli Stati Uniti definiscono il dollaro come 1/42,22 once d'oro, ma questa definizione è un mero dispositivo formalista di contabilità. Per essere reale, la definizione del dollaro come unità di peso d'oro deve implicare che il dollaro sia intercambiabile e quindi redimibile dal suo emittente in quel peso, che il dollaro sia un titolo per quel peso in oro.
Ancora, una volta scelta la definizione, qualunque essa sia, dev'essere fissata permanentemente. Una volta scelta, non ci sono più scuse per cambiarne la definizione di quante ce ne siano per alterare la lunghezza di una iarda standard o del peso di una libbra standard.
Prima di continuare ad investigare quale dovrebbe essere la nuova definizione o peso del dollaro, consideriamo alcune obiezioni all'idea stessa del governo che fissa una nuova definizione. Una critica afferma essere fondamentalmente statalista e una violazione del mercato libero che il governo, piuttosto che il mercato, sia responsabile di fissare la nuova definizione del dollaro in termini di oro. Il problema, tuttavia, è che ora stiamo affrontando il problema in mezzo al guado, dopo che il governo ha separato il dollaro dall'oro, virtualmente nazionalizzato la scorta d'oro, ed emesso per decenni i dollari come moneta a corso legale. Dal momento che il governo ha monopolizzato l'emissione del dollaro ed ha confiscato l'oro pubblico, soltanto il governo può risolvere il problema insieme denazionalizzando l'oro ed il dollaro. Obiettare alla ridefinizione e privatizzazione dell'oro da parte del governo equivale a protestare contro il governo che abroga i propri controlli dei prezzi perché l'abrogazione costituirebbe un'azione governativa piuttosto che privata. Si potrebbe fare un'accusa simile ad un governo che denazionalizzasse qualsiasi prodotto o attività. Richiedere che il governo abroghi i propri interventi non è sostenere lo statalismo.
Una critica a corollario, la preferita dei monetaristi, chiede perché i sostenitori della parità aurea vorrebbero che il governo “fissi il prezzo (in dollari) dell'oro” quando si oppongono generalmente al fissaggio di tutti gli altri prezzi. Perché lasciare il mercato libero di determinare tutti i prezzi tranne il prezzo dell'oro?
Ma questa critica confonde completamente il significato del concetto di prezzo. Un “prezzo” è la quantità scambiata di una merce sul mercato nei termini di un'altra merce. Quindi, nel baratto, se un pacchetto di sei lampadine è scambiato sul mercato per una libbra di burro, il prezzo di una lampadina è la sesta parte di una libbra di burro. O, se c'è uno scambio monetario, il prezzo di ogni lampadina sarà un certo peso d'oro, o, attualmente, un certo numero di centesimi o di dollari. L'aspetto importante è che il prezzo è il rapporto delle quantità di due merci che vengono scambiate. Ma se la moneta fosse su una parità aurea, il dollaro e l'oro non sarebbero più due merci indipendenti, il cui prezzo dovrebbe essere libero di oscillare sul mercato. Saranno una merce, l'uno un'unità di peso dell'altro. Chiedere un “mercato libero” nel “prezzo dell'oro” è ridicolo quanto chiedere un mercato libero delle once in termini di libbre, o dei pollici in termini di iarde. Quanti pollici formino una iarda non è un fatto soggetto a quotidiane fluttuazioni sul mercato libero o su qualsiasi altro mercato. La risposta è fissata in eterno per definizione, e ciò che la parità aurea richiede è una definizione fissa, assoluta, costante come nel caso di qualunque altra misura o unità di peso. Il mercato necessariamente scambia due merci differenti piuttosto che una merce per sé stessa. Chiedere un mercato libero del prezzo dell'oro, in breve, è assurdo quanto chiedere un mercato dei prezzi variabile per i dollari in termini di centesimi. Quanti centesimi costituiscano un dollaro non più è soggetto alle fluttuazioni e all'incertezza quotidiane dei pollici in termini di iarde. Al contrario, un vero mercato libero di soldi esisterà soltanto quando il dollaro tornerà ad essere definito rigorosamente e quindi redimibile in termini di peso d'oro. Dopo di ciò, l'oro sarà scambiabile, a prezzi liberamente variabili, per i pesi di tutti gli altri beni e servizi del mercato.
In breve, la stessa descrizione di una parità aurea come “fissare il prezzo dell'oro” è un grave errore d'interpretazione. In una parità aurea, il “prezzo dell'oro” non è fissato inspiegabilmente dall'intervento del governo. Piuttosto, il “dollaro,” per il mezzo secolo passato un mero biglietto di carta emesso dal governo, sarà definito ancora una volta come unità di peso d'oro.
__________________________
Note
[13] Negli Stati Uniti, il Ministero del Tesoro custodisce sulla fiducia l'oro per le Banche della Federal Reserve nei suoi depositi a Fort Knox ed altrove.
__________________________
Link alla prima parte.
Link alla seconda parte.
Link alla quarta parte.
Link alla quinta parte.
Link all'articolo originale.
Le ragioni per un dollaro aureo
La nostra conclusione, quindi, è che il dollaro deve essere ridefinito nei termini di una sola merce, piuttosto che nei termini di un paniere di mercato artificiale di due o più merci. Quale merce, allora, dovrebbe essere scelta? Innanzitutto, i metalli preziosi, oro ed argento, sono stati sempre preferiti a tutte le altre merci come mezzi di scambio dove sono stati disponibili. Non è un caso che i metalli preziosi abbiano avuto sempre lo stesso successo, che può essere parzialmente spiegato dalla loro superiore e stabile domanda non monetaria, dal loro alto valore per unità di peso, dalla durabilità, dalla divisibilità percettiva e dalle altre virtù descritte lungamente nel primo capitolo di tutti i testi sulla moneta e sulle attività bancarie pubblicati prima che il governo degli Stati Uniti abbandonasse la parità aurea nel 1933. Quale metallo dovrebbe essere lo standard, allora, l'argento o l'oro? Ci sono, effettivamente, delle ragioni a favore dell'argento, ma il peso delle argomentazioni sta nel ritorno all'oro. La crescente abbondanza relativa delle scorte d'argento ha svalutato pesantemente il suo valore in termini di oro, e non è stato usato generalmente come metallo monetario dal diciannovesimo secolo. L'oro era lo standard monetario nella maggior parte dei paesi fino al 1914, o persino fino agli anni 30. In più, l'oro era lo standard quando il governo degli Stati Uniti confiscò nel 1933 l'oro di tutti i cittadini americani ed abbandonò la redimibilità in oro del dollaro, soltanto per la durata dell'emergenza della depressione, si supponeva. Ancora, l'oro e non l'argento è ancora considerato ovunque un metallo monetario ed i governi e le loro banche centrali hanno provveduto ad accumulare un'enorme quantità d'oro ora non in uso, ma che potrebbe essere usato ancora come standard per il dollaro, la sterlina, il marco.
Questo ci porta ad un importante corollario. Gli Stati Uniti ed altri governi hanno in effetti nazionalizzato l'oro. Anche ora, quando ai cittadini privati è permesso di possedere dell'oro, la grande massa di quel metallo continua ad essere sequestrata nei forzieri delle banche centrali. [13] Se il dollaro è ridefinito in termini di oro, l'oro come pure il dollaro può essere denazionalizzato insieme. Ma se il dollaro non è definito come peso d'oro, come potrebbe mai avvenire una denazionalizzazione dell'oro? Vendere le scorte d'oro non sarebbe soddisfacente, poiché questo (1) implicherebbe che il governo abbia dei diritti sul ricavato della vendita e (2) lascerebbe il dollaro sotto il controllo assoluto del governo.
È importante capire cosa richiederebbe una definizione del dollaro in termini di oro. La definizione deve essere reale ed effettiva piuttosto che nominale. Quindi, gli statuti degli Stati Uniti definiscono il dollaro come 1/42,22 once d'oro, ma questa definizione è un mero dispositivo formalista di contabilità. Per essere reale, la definizione del dollaro come unità di peso d'oro deve implicare che il dollaro sia intercambiabile e quindi redimibile dal suo emittente in quel peso, che il dollaro sia un titolo per quel peso in oro.
Ancora, una volta scelta la definizione, qualunque essa sia, dev'essere fissata permanentemente. Una volta scelta, non ci sono più scuse per cambiarne la definizione di quante ce ne siano per alterare la lunghezza di una iarda standard o del peso di una libbra standard.
Prima di continuare ad investigare quale dovrebbe essere la nuova definizione o peso del dollaro, consideriamo alcune obiezioni all'idea stessa del governo che fissa una nuova definizione. Una critica afferma essere fondamentalmente statalista e una violazione del mercato libero che il governo, piuttosto che il mercato, sia responsabile di fissare la nuova definizione del dollaro in termini di oro. Il problema, tuttavia, è che ora stiamo affrontando il problema in mezzo al guado, dopo che il governo ha separato il dollaro dall'oro, virtualmente nazionalizzato la scorta d'oro, ed emesso per decenni i dollari come moneta a corso legale. Dal momento che il governo ha monopolizzato l'emissione del dollaro ed ha confiscato l'oro pubblico, soltanto il governo può risolvere il problema insieme denazionalizzando l'oro ed il dollaro. Obiettare alla ridefinizione e privatizzazione dell'oro da parte del governo equivale a protestare contro il governo che abroga i propri controlli dei prezzi perché l'abrogazione costituirebbe un'azione governativa piuttosto che privata. Si potrebbe fare un'accusa simile ad un governo che denazionalizzasse qualsiasi prodotto o attività. Richiedere che il governo abroghi i propri interventi non è sostenere lo statalismo.
Una critica a corollario, la preferita dei monetaristi, chiede perché i sostenitori della parità aurea vorrebbero che il governo “fissi il prezzo (in dollari) dell'oro” quando si oppongono generalmente al fissaggio di tutti gli altri prezzi. Perché lasciare il mercato libero di determinare tutti i prezzi tranne il prezzo dell'oro?
Ma questa critica confonde completamente il significato del concetto di prezzo. Un “prezzo” è la quantità scambiata di una merce sul mercato nei termini di un'altra merce. Quindi, nel baratto, se un pacchetto di sei lampadine è scambiato sul mercato per una libbra di burro, il prezzo di una lampadina è la sesta parte di una libbra di burro. O, se c'è uno scambio monetario, il prezzo di ogni lampadina sarà un certo peso d'oro, o, attualmente, un certo numero di centesimi o di dollari. L'aspetto importante è che il prezzo è il rapporto delle quantità di due merci che vengono scambiate. Ma se la moneta fosse su una parità aurea, il dollaro e l'oro non sarebbero più due merci indipendenti, il cui prezzo dovrebbe essere libero di oscillare sul mercato. Saranno una merce, l'uno un'unità di peso dell'altro. Chiedere un “mercato libero” nel “prezzo dell'oro” è ridicolo quanto chiedere un mercato libero delle once in termini di libbre, o dei pollici in termini di iarde. Quanti pollici formino una iarda non è un fatto soggetto a quotidiane fluttuazioni sul mercato libero o su qualsiasi altro mercato. La risposta è fissata in eterno per definizione, e ciò che la parità aurea richiede è una definizione fissa, assoluta, costante come nel caso di qualunque altra misura o unità di peso. Il mercato necessariamente scambia due merci differenti piuttosto che una merce per sé stessa. Chiedere un mercato libero del prezzo dell'oro, in breve, è assurdo quanto chiedere un mercato dei prezzi variabile per i dollari in termini di centesimi. Quanti centesimi costituiscano un dollaro non più è soggetto alle fluttuazioni e all'incertezza quotidiane dei pollici in termini di iarde. Al contrario, un vero mercato libero di soldi esisterà soltanto quando il dollaro tornerà ad essere definito rigorosamente e quindi redimibile in termini di peso d'oro. Dopo di ciò, l'oro sarà scambiabile, a prezzi liberamente variabili, per i pesi di tutti gli altri beni e servizi del mercato.
In breve, la stessa descrizione di una parità aurea come “fissare il prezzo dell'oro” è un grave errore d'interpretazione. In una parità aurea, il “prezzo dell'oro” non è fissato inspiegabilmente dall'intervento del governo. Piuttosto, il “dollaro,” per il mezzo secolo passato un mero biglietto di carta emesso dal governo, sarà definito ancora una volta come unità di peso d'oro.
__________________________
Note
[13] Negli Stati Uniti, il Ministero del Tesoro custodisce sulla fiducia l'oro per le Banche della Federal Reserve nei suoi depositi a Fort Knox ed altrove.
__________________________
Link alla prima parte.
Link alla seconda parte.
Link alla quarta parte.
Link alla quinta parte.
Link all'articolo originale.
Wednesday, August 12, 2009
Le ragioni per un vero dollaro aureo #2
Di Murray N. Rothbard
Hayek e la “denazionalizzazione” della moneta
La più famosa proposta per separare la moneta dallo stato è quella di F.A. Hayek e dei suoi seguaci. [5] La “denazionalizzazione della moneta” di Hayek eliminerebbe il corso legale e permetterebbe ad ogni individuo ed organizzazione di emettere la propria valuta, come biglietti di carta con allegati i propri nomi e marchi. L'amministrazione centrale manterrebbe il suo monopolio sul dollaro, o sul franco, ma sarebbe permesso ad altre istituzioni di fare concorrenza nel mercato della creazione di moneta offrendo le proprie valute firmate. Quindi, Hayek potrebbe emettere degli Hayeks, chi scrive dei Rothbards, ecc. Mischiato con il cambiamento legale suggerito da Hayek c'è uno schema imprenditoriale in cui una banca hayekiana emetterebbe dei “ducats,” che verrebbero emessi in modo da mantenere costanti i prezzi in termini di ducati. Hayek è sicuro che il suo ducato metterebbe facilmente fuori mercato il dollaro inflazionato, la sterlina, il marco, o qualunque altra valuta.
Il piano di Hayek avrebbe valore se la cosa – la merce – che chiamiamo “moneta” fosse simile a tutti gli altri beni e servizi. Un modo, per esempio, per liberarsi dell'inefficiente, arretrato e a volte dispotico servizio postale degli Stati Uniti è semplicemente di abolirlo; ma altri sostenitori del libero mercato propongono un piano meno radicale che conserva il servizio postale ma permette a qualsiasi organizzazione di fargli concorrenza. Questi economisti sono sicuri che le ditte private potrebbero presto superare le Poste. Nello scorso decennio, gli economisti sono diventato più aperti verso la liberalizzazione e la libera concorrenza, cosicché denazionalizzare superficialmente o permettere la libera concorrenza tra le valute potrebbe apparire possibile analogamente con il servizio postale, la protezione dagli incendi o le scuole private.
C'è una differenza cruciale, tuttavia, fra il denaro e tutti gli altri beni e servizi. Tutte le altre merci, che siano caramelle, servizio postale o personal computer, sono desiderate per loro stesse, per la loro utilità e per il valore che hanno per i consumatori. I consumatori possono quindi soppesare queste utilità sulle loro personali scale di valore. I soldi, invece, non sono desiderati per sé stessi, ma precisamente perché già funzionano come soldi, di modo che tutti possono esser certi che la merce denaro sarà prontamente accettata in cambio da chiunque. La gente accetta con piacere i biglietti di carta con su scritto “dollari” non per il loro valore estetico, ma perché sono sicuri che potranno vendere quei biglietti per i beni ed i servizi che desiderano. Possono esserene sicuri soltanto quando quel nome particolare, “dollaro,” è già in uso come moneta.
Hayek ha certamente ragione che un'economia di libero mercato e una devozione al diritto della proprietà privata richiede che a tutti sia consentito di emettere qualsiasi nome di valuta desiderino. Hayek dovrebbe essere libero di emettere Hayeks o ducati, e io di emettere Rothbards o qualsiasi altra cosa. Ma emettere e accettare sono due questioni molto differenti. Nessuno accetterebbe i nuovi biglietti di valuta, come farebbero con nuove organizzazioni postali o nuovi calcolatori. Questi nomi non saranno scelti come valute proprio perché prima non sono mai stati usati come moneta, o per qualunque altro scopo.
Hayek ed i suoi seguaci hanno completamente fallito nell'assorbire la lezione del “teorema di regressione” di Ludwig von Mises, uno dei teoremi più importanti nell'economia monetaria. [6] Mises ha mostrato, fin dal 1912, che poiché nessuno accetterebbe una qualsiasi entità come moneta a meno che sia stata richiesta e scambiata in precedenza, dobbiamo quindi logicamente tornare (regredire) al primo giorno in cui una merce è stata usata come moneta, come mezzo di scambio. Dato che per definizione una merce non potrebbe essere stata usata come moneta prima del primo giorno, essa poteva essere richiesta soltanto se era usata come merce non monetaria, quindi con un prezzo preesistente, anche nell'epoca prima che cominciasse ad essere usata come mezzo di scambio. In altre parole, affinché una qualche merce sia usata come moneta, deve nascere come prodotto stimato per un certo scopo non monetario, in modo da avere una domanda ed un prezzo stabili prima di cominciare ad essere usato come mezzo di scambio. In breve, la moneta non si può creare dal nulla, con un contratto sociale, o emettendo biglietti di carta con stampati sopra dei nuovi nomi. La moneta deve nascere come una stimata merce non monetaria. In pratica, i metalli preziosi come l'oro e l'argento, metalli con una domanda stabile per unità di peso, sono stati scelti come moneta su tutti gli altri prodotti. Quindi, il teorema di regressione di Mises dimostra che la moneta deve nascere come utile merce non monetaria sul mercato libero.
Ma un problema cruciale con il ducato di Hayek è che nessuno lo accetterebbe. I nuovi nomi sui biglietti non possono sperare di fare concorrenza ai dollari o alle sterline che sono nati come unità di peso d'oro o d'argento e sono stati usati per secoli sul mercato come unità monetaria, mezzo di scambio e strumento di calcolo e stima monetaria. [7] Il piano di Hayek per la denazionalizzazione della moneta è utopistico nel senso peggiore: non perché è radicale, ma perché non potrebbe funzionare. Stampate nomi differenti su carta che tutti desiderano, e ancora questi nuovi biglietti non sarebbero accettati né funzionerebbero come moneta; il dollaro (o la sterlina, o il marco) ancora regnerebbe incontrastato. Neppure la rimozione del privilegio del corso legale funzionerebbe, dato che i nuovi nomi non sarebbero emersi tra le merci utili sul mercato libero, come il teorema di regressione dimostra che dovrebbe accadere. E dal momento che la valuta del governo, il dollaro e simili, continuerebbe a regnare incontestata come moneta, la moneta non sarebbe affatto denazionalizzata. La moneta sarebbe ancora nazionalizzata, una creazione dello stato; non ci ancora sarebbe la separazione di moneta e stato. In breve, anche se disperatamente utopistico, il piano di Hayek sarebbe a stento abbastanza radicale, dato che l'attuale sistema inflazionistico e gestito dallo stato sarebbe lasciato intatto.
Neanche la variante per cui delle aziende o dei cittadini privati emettono monete d'oro denominate in grammi o once funzionerebbe, e questo è vero anche se il dollaro ed altre monete inconvertibili nacquero secoli fa come nomi di unità di peso d'oro o d'argento. [8] Gli americani si sono abituati ad utilizzare ed a stimare in “dollari” per due secoli, e rimarranno attaccati al dollaro per il prossimo futuro. Semplicemente, non passeranno dal dollaro all'oncia o al grammo d'oro come unità monetaria. La gente resterà attaccata risolutamente ai loro usuali nomi di valuta; persino nel pieno di un'inflazione galoppante e della virtuale distruzione della loro valuta, il popolo tedesco restò fedele al “marco” nel 1923 e i cinesi allo “yen” negli anni 40. Anche le drastiche rivalutazioni di valute instabili che aiutarono a porre fine all'inflazione mantennero l'originale “marco” o altri nomi di valuta.
Hayek riporta esempi storici dove più di una valuta è circolata nella stessa zona geografica contemporaneamente, ma nessuno degli esempi è rilevante per il suo piano del “ducato.” Le zone di frontiera possono accettare due valute governative, [9] ma ciascuna di esse ha il potere del corso legale e ciascuna è stata a lungo in uso all'interno della relativa nazione. La circolazione di diverse valute, allora, non è rilevante per l'idea di una o più nuove valute di carta private. In più, Hayek potrebbe accennare al fatto che negli Stati Uniti, fino a quando la pratica fu messa fuorilegge nel 1857, le monete estere d'oro e d'argento, così come le monete d'oro private, circolavano come moneta parallelamente alle monete ufficiali. Il fatto che il dollaro d'argento spagnolo aveva circolato lungamente in America con le monete austriache ed inglesi, permise ai nuovi Stati Uniti di passare facilmente dal calcolo in sterline a quello in dollari. Ma di nuovo, questa situazione non è rilevante, perché tutte queste monete erano pesi differenti d'oro e d'argento, e nessuna era moneta a corso legale governativa. Per la gente era facile, quindi, far riferimento per i diversi valori delle monete al loro peso in argento o in oro. L'oro e l'argento erano naturalmente a lungo circolati come moneta e la sterlina o il dollaro erano semplicemente pesi differenti dell'uno o dell'altro metallo. Il piano di Hayek è molto diverso: emettere biglietti di carta privati contrassegnati da nuovi nomi nella speranza che vengano accettati come moneta.
Se la gente ama e resterà fedele ai suoi dollari o franchi, rimane un solo modo per separare i soldi dallo stato, per denazionalizzare veramente la moneta di una nazione. E quel modo è denazionalizzare il dollaro stesso (o il marco o il franco). Soltanto la privatizzazione del dollaro può porre un termine al dominio inflazionistico del governo sulla massa monetaria della nazione.
Come si può, allora, privatizzare o denazionalizzare il dollaro? Ovviamente non rendendo legale la falsificazione. C'è un solo modo: ricollegare il dollaro ad una merce utile sul mercato. Soltanto cambiando la definizione del dollaro dalla carta dell'autorizzazione i biglietti hanno pubblicato dal governo ad un'unità di peso di un certo prodotto del mercato, possono la funzione di emettere i soldi permanentemente e completamente spostarsi dal governo alle mani riservate.
Il “dollaro-merce": una critica
Se è di importanza fondamentale che il dollaro sia definito ancora una volta come peso di una merce sul mercato, allora quale merce (o merci) dovrebbe essere definita come tale, e quale dovrebbe essere il particolare peso in cui è regolato?
In risposta, propongo che il dollaro sia definito come peso di una sola merce e che quella merce sia l'oro. Molti economisti, a cominciare da Irving Fisher alla fine del ventesimo secolo, e compreso Benjamin Graham e un più giovane F.A. Hayek, ambivano ad una certa forma di “dollaro-merce,” in cui il dollaro fosse definito non come peso di una singola merce, ma in termini di “paniere di mercato” di due o di molte più merci. [10] Ci sono molte falle insite in questo approccio. In primo luogo, una simile valuta basata su un paniere non è mai emersa spontaneamente dai meccanismi del mercato. Dovrebbe essere imposta (per usare un termine derogatorio dello stesso Hayek) dall'alto come uno schema “costruttivista,” inflitta dal governo sul mercato. In secondo luogo e come corollario, il governo sarebbe ovviamente al comando, poiché una valuta da un paniere di mercato, diversamente dall'uso negli scambi delle unità di peso, non emerge da sola dal mercato libero. Il governo potrebbe alterare, e in effetti altererebbe, i rapporti tra i pesi, aggiusterebbe i vari termini fissi, e così via. In terzo luogo, ambire ad un paniere di mercato fisso deriva da un forte desiderio che il governo regoli l'economia così da mantenere costante il “livello dei prezzi.” Come abbiamo visto, la tendenza naturale del mercato libero è che i prezzi si abbassano col passare del tempo, in accordo con la crescita della produzione ed all'aumento delle scorte di merci. Non c'è un solo buon motivo perché il governo interferisca. In effetti, se lo fa, può soltanto creare un ciclo economico di boom e crisi espandendo il credito per mantenere artificialmente dei prezzi più alti a quanto sarebbero sul mercato libero.
Ancora, ci sono altri problemi gravi nel metodo della merce-paniere. Per dirne una, non esiste un'entità unitaria come il “livello dei prezzi” da mantenere costante. L'intero concetto del livello dei prezzi è una costruzione artificiale che maschera il fatto che esso può consistere soltanto di diversi prezzi, che variano continuamente in relazione l'uno all'altro.
L'intenso desiderio di Irving Fisher per un livello dei prezzi costante proveniva dalla sua fallace nozione filosofica che, proprio come la scienza è basata su valori misurabili (come una iarda che contiene 36 pollici), così la moneta dovrebbe essere una misura di valori e prezzi. Ma dato che non c'è un livello dei prezzi, la sua idea stessa, lungi dall'essere scientifica, è una chimera senza speranza. L'unica misura scientifica che si applica correttamente è l'unità monetaria come vera misura di peso della moneta-merce. Ancora, l'unica misura scientifica è una definizione che, una volta scelta, rimane per sempre la stessa: “la libbra,” o la “iarda.” La manipolazione delle definizioni di peso all'interno di un paniere di mercato viola ogni appropriato concetto di definizione o misura. [11]
Un ultimo e vitale difetto del dollaro del paniere di mercato è che la legge di Gresham provocherebbe perpetue scarsità ed eccedenze di differenti prodotti all'interno del paniere di mercato. La legge di Gresham afferma che tutta la moneta sopravvalutata dal governo (rispetto al suo valore di mercato) metterebbe fuori circolazione la moneta sottovalutata dal governo. In breve, il controllo dei tassi di cambio, come qualunque altro controllo dei prezzi, ha delle conseguenze: un tasso massimo sotto il mercato libero causa una scarsità; un tasso minimo fissato sopra il mercato causerà un'eccedenza. Fin dalla nascita degli Stati Uniti, la valuta è stata in continua difficoltà perché gli Stati Uniti erano su uno standard bimetallico piuttosto che aureo, in breve un paniere di mercato di due merci, l'oro e l'argento. Come è ben noto, il sistema non funzionò mai, perché prima o poi, l'uno o l'altro metallo prezioso era sopra o sotto la sua valutazione sul mercato mondiale e quindi l'una o l'altra moneta o lingotto fluiva nel paese mentre l'altra scompariva. Nel 1873 dei partigiani della parità aurea monometallica, accortisi che l'argento sarebbe stato presto sopravvalutato e quindi sul punto di cacciar via l'oro, misero gli Stati Uniti su una virtuale singola parità aurea, un sistema che fu ratificato ufficialmente nel 1900. [12]
Un argomento usato da Fisher, da James il M. Buchanan e da altri, sostiene che la costituzione degli Stati Uniti affida al governo il mandato di usare i suoi poteri per stabilizzare il livello dei prezzi. Questo argomento si basa sull'Articolo I, Sezione 8 della costituzione, che dà al congresso il potere di “coniare moneta e regolarne il valore…” L'argomento, assurdo nel migliore dei casi, disonesto nel peggiore, ed certamente anacronistico, tratta i padri della costituzione come se fossero moderni economisti sostenitori della stabilizzazione dei prezzi, come se con “regolarne il valore” intendessero il potere d'acquisto dell'unità monetaria, o il suo opposto, il livello dei prezzi. Da questo dubbio assunto, questi autori derivano il presunto dovere costituzionale del governo federale di intervenire negli affari monetari per stabilizzare il livello dei prezzi. Ma quello che i padri intendevano con “valore” erano semplicemente il peso e la qualità delle monete. È, dopo tutto, responsabilità di ogni azienda regolare la natura del proprio prodotto, e nella misura in cui il governo federale conia le monete, deve fare in modo che il peso e la qualità di queste monete siano ciò che il governo dice essere.
__________________________
Note
[5] Vedi, in particolare, F. A. Hayek, The Denationalisation of Money (London: The Institute of Economic Affairs, 1976).
[6] Per il suo teorema della regressione, vedi di Ludwig von Mises, The Theory of Money and Credit, 2nd ed. (New Haven, Conn.: Yale University Press, 1953), pp. 170-86. Inoltre vedi di Murray N. Rothbard, The Case for a 100 Percent Gold Dollar [1962] (Washington, D.C.: Libertarian Review Press, 1974), pp. 10-11.
[7] Potremmo applicare allo schema di Hayek le parole sardoniche dell'economista francese del diciannovesimo-secolo Henri Cernuschi, che Mises ha citato con approvazione in un contesto un po' diverso: “Voglio dare ad ognuno il diritto di emettere banconote così che nessuno non accetterà mai più banconote.” Ludwig von Mises, L'azione umana.
[8] Quindi, la sterlina [pound: libbra] ha avuto origine, come dice il nome, dalla definizione di una libbra d'argento, e il dollaro come moneta da un'oncia d'argento in Boemia. Molto più tardi, il “dollaro” è stato definito come circa 1/20 di un'oncia d'oro.
[9] Nel Lussemburgo, tre valute governative – quella francese, quella della Repubblica Federale di Germania e quella del Lussemburgo stesso – circolano parallelamente.
[10] In effetti, persino l'attuale schema del “ducato” di Hayek comprende il programma di un paniere di merci. La banca che propone regolerebbe la fornitura di ducati in modo da mantenere sempre costante il “livello dei prezzi” in termini di ducati.
[11] Per un'eccezionale critica filosofica del dollaro-merce di Fisher, vedi il lavoro del tutto trascurato della teorica politica libertaria Isabel Paterson. Quindi, la Paterson scrive:
[12] Specificamente, la Legge sul Conio del 1792 definiva il “dollaro” come sia un peso di 371,25 grani d'argento puro che un peso di 24,75 grani d'oro puro – un rapporto fisso di 15 grani d'argento ad 1 grano di oro. Questo rapporto di 15:1 era effettivamente il rapporto del mercato mondiale durante i primi anni 1790, ma naturalmente il rapporto del mercato era destinato a cambiare col passare del tempo, e determinare così gli effetti della legge di Gresham. In breve l'aumentata produzione d'argento condusse ad un declino costante dell'argento, con il rapporto del mercato che cadde a 15,75: 1. Di conseguenza, le monete d'argento inondarono gli Stati Uniti e le monete d'oro ne fuoriuscirono. L'argento rimase il solo conio in circolazione, finché i jacksoniani nel 1834 riuscirono a riportare indietro l'oro degradando il peso in oro del dollaro a 23,2 grani, abbassandone il peso del 6,26 per cento. A questo nuovo rapporto di 16:1, l'oro e l'argento circolarono parallelamente per due decadi, quando la scoperta di nuove miniere d'oro in California, in Russia ed in Australia, aumentò notevolmente la produzione d'oro e portarono il rapporto del mercato giù a 15,3: 1. Di conseguenza, le monete d'oro si riversarono nel paese, e quelle d'argento, fuori. Gli Stati Uniti rimasero su uno standard monometallico aureo de facto, ma su uno standard bimetallico de jure a partire dai 1850, con il rapporto del mercato fissato circa al 15,5:1 mentre il rapporto ufficiale della zecca era 16: 1.
Entro il 1872, tuttavia, alcuni funzionari ben informati al Ministero del Tesoro degli Stati Uniti si accorsero che l'argento stava per soffrire un enorme declino nel suo valore, poiché le nazioni europee stavano spostando dall'argento ad una parità aurea, facendo quindi diminuire la loro domanda di argento ed aumentando la loro domanda d'oro, ed a causa della scoperta di nuove miniere d'argento nel Nevada ed in altri stati montuosi. Per mantenere la parità aurea de facto, il Ministero del Tesoro fece passare delle leggi per il Congresso nel 1873 e nel 1874, interrompendo il conio di nuovi dollari d'argento, e mettendo fine al corso legale dei dollari d'argento oltre la somma di 5 dollari. Questa demonetizzazione dell'argento serviva ad impedire che, quando nel 1874 l'argento avrebbe cominciato un declino veloce nel rapporto del mercato oltre il 16:1 e fino al 32:1 nei 1890, le monete d'argento inondassero il paese e l'oro ne uscisse. Per concludere, nel 1900, il dollaro era definito de jure solamente in termini d'oro, a 23,22 grani. Vedi, di Ron Paul e Lewis Lehrman, The Case for Gold (Washington, D.C.: Cato Institute, 1982), pp. 17-19, 30-32, 60-66, 100-2.
__________________________
Link alla prima parte.
Link alla terza parte.
Link alla quarta parte.
Link alla quinta parte.
Link all'articolo originale.
Hayek e la “denazionalizzazione” della moneta
La più famosa proposta per separare la moneta dallo stato è quella di F.A. Hayek e dei suoi seguaci. [5] La “denazionalizzazione della moneta” di Hayek eliminerebbe il corso legale e permetterebbe ad ogni individuo ed organizzazione di emettere la propria valuta, come biglietti di carta con allegati i propri nomi e marchi. L'amministrazione centrale manterrebbe il suo monopolio sul dollaro, o sul franco, ma sarebbe permesso ad altre istituzioni di fare concorrenza nel mercato della creazione di moneta offrendo le proprie valute firmate. Quindi, Hayek potrebbe emettere degli Hayeks, chi scrive dei Rothbards, ecc. Mischiato con il cambiamento legale suggerito da Hayek c'è uno schema imprenditoriale in cui una banca hayekiana emetterebbe dei “ducats,” che verrebbero emessi in modo da mantenere costanti i prezzi in termini di ducati. Hayek è sicuro che il suo ducato metterebbe facilmente fuori mercato il dollaro inflazionato, la sterlina, il marco, o qualunque altra valuta.
Il piano di Hayek avrebbe valore se la cosa – la merce – che chiamiamo “moneta” fosse simile a tutti gli altri beni e servizi. Un modo, per esempio, per liberarsi dell'inefficiente, arretrato e a volte dispotico servizio postale degli Stati Uniti è semplicemente di abolirlo; ma altri sostenitori del libero mercato propongono un piano meno radicale che conserva il servizio postale ma permette a qualsiasi organizzazione di fargli concorrenza. Questi economisti sono sicuri che le ditte private potrebbero presto superare le Poste. Nello scorso decennio, gli economisti sono diventato più aperti verso la liberalizzazione e la libera concorrenza, cosicché denazionalizzare superficialmente o permettere la libera concorrenza tra le valute potrebbe apparire possibile analogamente con il servizio postale, la protezione dagli incendi o le scuole private.
C'è una differenza cruciale, tuttavia, fra il denaro e tutti gli altri beni e servizi. Tutte le altre merci, che siano caramelle, servizio postale o personal computer, sono desiderate per loro stesse, per la loro utilità e per il valore che hanno per i consumatori. I consumatori possono quindi soppesare queste utilità sulle loro personali scale di valore. I soldi, invece, non sono desiderati per sé stessi, ma precisamente perché già funzionano come soldi, di modo che tutti possono esser certi che la merce denaro sarà prontamente accettata in cambio da chiunque. La gente accetta con piacere i biglietti di carta con su scritto “dollari” non per il loro valore estetico, ma perché sono sicuri che potranno vendere quei biglietti per i beni ed i servizi che desiderano. Possono esserene sicuri soltanto quando quel nome particolare, “dollaro,” è già in uso come moneta.
Hayek ha certamente ragione che un'economia di libero mercato e una devozione al diritto della proprietà privata richiede che a tutti sia consentito di emettere qualsiasi nome di valuta desiderino. Hayek dovrebbe essere libero di emettere Hayeks o ducati, e io di emettere Rothbards o qualsiasi altra cosa. Ma emettere e accettare sono due questioni molto differenti. Nessuno accetterebbe i nuovi biglietti di valuta, come farebbero con nuove organizzazioni postali o nuovi calcolatori. Questi nomi non saranno scelti come valute proprio perché prima non sono mai stati usati come moneta, o per qualunque altro scopo.
Hayek ed i suoi seguaci hanno completamente fallito nell'assorbire la lezione del “teorema di regressione” di Ludwig von Mises, uno dei teoremi più importanti nell'economia monetaria. [6] Mises ha mostrato, fin dal 1912, che poiché nessuno accetterebbe una qualsiasi entità come moneta a meno che sia stata richiesta e scambiata in precedenza, dobbiamo quindi logicamente tornare (regredire) al primo giorno in cui una merce è stata usata come moneta, come mezzo di scambio. Dato che per definizione una merce non potrebbe essere stata usata come moneta prima del primo giorno, essa poteva essere richiesta soltanto se era usata come merce non monetaria, quindi con un prezzo preesistente, anche nell'epoca prima che cominciasse ad essere usata come mezzo di scambio. In altre parole, affinché una qualche merce sia usata come moneta, deve nascere come prodotto stimato per un certo scopo non monetario, in modo da avere una domanda ed un prezzo stabili prima di cominciare ad essere usato come mezzo di scambio. In breve, la moneta non si può creare dal nulla, con un contratto sociale, o emettendo biglietti di carta con stampati sopra dei nuovi nomi. La moneta deve nascere come una stimata merce non monetaria. In pratica, i metalli preziosi come l'oro e l'argento, metalli con una domanda stabile per unità di peso, sono stati scelti come moneta su tutti gli altri prodotti. Quindi, il teorema di regressione di Mises dimostra che la moneta deve nascere come utile merce non monetaria sul mercato libero.
Ma un problema cruciale con il ducato di Hayek è che nessuno lo accetterebbe. I nuovi nomi sui biglietti non possono sperare di fare concorrenza ai dollari o alle sterline che sono nati come unità di peso d'oro o d'argento e sono stati usati per secoli sul mercato come unità monetaria, mezzo di scambio e strumento di calcolo e stima monetaria. [7] Il piano di Hayek per la denazionalizzazione della moneta è utopistico nel senso peggiore: non perché è radicale, ma perché non potrebbe funzionare. Stampate nomi differenti su carta che tutti desiderano, e ancora questi nuovi biglietti non sarebbero accettati né funzionerebbero come moneta; il dollaro (o la sterlina, o il marco) ancora regnerebbe incontrastato. Neppure la rimozione del privilegio del corso legale funzionerebbe, dato che i nuovi nomi non sarebbero emersi tra le merci utili sul mercato libero, come il teorema di regressione dimostra che dovrebbe accadere. E dal momento che la valuta del governo, il dollaro e simili, continuerebbe a regnare incontestata come moneta, la moneta non sarebbe affatto denazionalizzata. La moneta sarebbe ancora nazionalizzata, una creazione dello stato; non ci ancora sarebbe la separazione di moneta e stato. In breve, anche se disperatamente utopistico, il piano di Hayek sarebbe a stento abbastanza radicale, dato che l'attuale sistema inflazionistico e gestito dallo stato sarebbe lasciato intatto.
Neanche la variante per cui delle aziende o dei cittadini privati emettono monete d'oro denominate in grammi o once funzionerebbe, e questo è vero anche se il dollaro ed altre monete inconvertibili nacquero secoli fa come nomi di unità di peso d'oro o d'argento. [8] Gli americani si sono abituati ad utilizzare ed a stimare in “dollari” per due secoli, e rimarranno attaccati al dollaro per il prossimo futuro. Semplicemente, non passeranno dal dollaro all'oncia o al grammo d'oro come unità monetaria. La gente resterà attaccata risolutamente ai loro usuali nomi di valuta; persino nel pieno di un'inflazione galoppante e della virtuale distruzione della loro valuta, il popolo tedesco restò fedele al “marco” nel 1923 e i cinesi allo “yen” negli anni 40. Anche le drastiche rivalutazioni di valute instabili che aiutarono a porre fine all'inflazione mantennero l'originale “marco” o altri nomi di valuta.
Hayek riporta esempi storici dove più di una valuta è circolata nella stessa zona geografica contemporaneamente, ma nessuno degli esempi è rilevante per il suo piano del “ducato.” Le zone di frontiera possono accettare due valute governative, [9] ma ciascuna di esse ha il potere del corso legale e ciascuna è stata a lungo in uso all'interno della relativa nazione. La circolazione di diverse valute, allora, non è rilevante per l'idea di una o più nuove valute di carta private. In più, Hayek potrebbe accennare al fatto che negli Stati Uniti, fino a quando la pratica fu messa fuorilegge nel 1857, le monete estere d'oro e d'argento, così come le monete d'oro private, circolavano come moneta parallelamente alle monete ufficiali. Il fatto che il dollaro d'argento spagnolo aveva circolato lungamente in America con le monete austriache ed inglesi, permise ai nuovi Stati Uniti di passare facilmente dal calcolo in sterline a quello in dollari. Ma di nuovo, questa situazione non è rilevante, perché tutte queste monete erano pesi differenti d'oro e d'argento, e nessuna era moneta a corso legale governativa. Per la gente era facile, quindi, far riferimento per i diversi valori delle monete al loro peso in argento o in oro. L'oro e l'argento erano naturalmente a lungo circolati come moneta e la sterlina o il dollaro erano semplicemente pesi differenti dell'uno o dell'altro metallo. Il piano di Hayek è molto diverso: emettere biglietti di carta privati contrassegnati da nuovi nomi nella speranza che vengano accettati come moneta.
Se la gente ama e resterà fedele ai suoi dollari o franchi, rimane un solo modo per separare i soldi dallo stato, per denazionalizzare veramente la moneta di una nazione. E quel modo è denazionalizzare il dollaro stesso (o il marco o il franco). Soltanto la privatizzazione del dollaro può porre un termine al dominio inflazionistico del governo sulla massa monetaria della nazione.
Come si può, allora, privatizzare o denazionalizzare il dollaro? Ovviamente non rendendo legale la falsificazione. C'è un solo modo: ricollegare il dollaro ad una merce utile sul mercato. Soltanto cambiando la definizione del dollaro dalla carta dell'autorizzazione i biglietti hanno pubblicato dal governo ad un'unità di peso di un certo prodotto del mercato, possono la funzione di emettere i soldi permanentemente e completamente spostarsi dal governo alle mani riservate.
Il “dollaro-merce": una critica
Se è di importanza fondamentale che il dollaro sia definito ancora una volta come peso di una merce sul mercato, allora quale merce (o merci) dovrebbe essere definita come tale, e quale dovrebbe essere il particolare peso in cui è regolato?
In risposta, propongo che il dollaro sia definito come peso di una sola merce e che quella merce sia l'oro. Molti economisti, a cominciare da Irving Fisher alla fine del ventesimo secolo, e compreso Benjamin Graham e un più giovane F.A. Hayek, ambivano ad una certa forma di “dollaro-merce,” in cui il dollaro fosse definito non come peso di una singola merce, ma in termini di “paniere di mercato” di due o di molte più merci. [10] Ci sono molte falle insite in questo approccio. In primo luogo, una simile valuta basata su un paniere non è mai emersa spontaneamente dai meccanismi del mercato. Dovrebbe essere imposta (per usare un termine derogatorio dello stesso Hayek) dall'alto come uno schema “costruttivista,” inflitta dal governo sul mercato. In secondo luogo e come corollario, il governo sarebbe ovviamente al comando, poiché una valuta da un paniere di mercato, diversamente dall'uso negli scambi delle unità di peso, non emerge da sola dal mercato libero. Il governo potrebbe alterare, e in effetti altererebbe, i rapporti tra i pesi, aggiusterebbe i vari termini fissi, e così via. In terzo luogo, ambire ad un paniere di mercato fisso deriva da un forte desiderio che il governo regoli l'economia così da mantenere costante il “livello dei prezzi.” Come abbiamo visto, la tendenza naturale del mercato libero è che i prezzi si abbassano col passare del tempo, in accordo con la crescita della produzione ed all'aumento delle scorte di merci. Non c'è un solo buon motivo perché il governo interferisca. In effetti, se lo fa, può soltanto creare un ciclo economico di boom e crisi espandendo il credito per mantenere artificialmente dei prezzi più alti a quanto sarebbero sul mercato libero.
Ancora, ci sono altri problemi gravi nel metodo della merce-paniere. Per dirne una, non esiste un'entità unitaria come il “livello dei prezzi” da mantenere costante. L'intero concetto del livello dei prezzi è una costruzione artificiale che maschera il fatto che esso può consistere soltanto di diversi prezzi, che variano continuamente in relazione l'uno all'altro.
L'intenso desiderio di Irving Fisher per un livello dei prezzi costante proveniva dalla sua fallace nozione filosofica che, proprio come la scienza è basata su valori misurabili (come una iarda che contiene 36 pollici), così la moneta dovrebbe essere una misura di valori e prezzi. Ma dato che non c'è un livello dei prezzi, la sua idea stessa, lungi dall'essere scientifica, è una chimera senza speranza. L'unica misura scientifica che si applica correttamente è l'unità monetaria come vera misura di peso della moneta-merce. Ancora, l'unica misura scientifica è una definizione che, una volta scelta, rimane per sempre la stessa: “la libbra,” o la “iarda.” La manipolazione delle definizioni di peso all'interno di un paniere di mercato viola ogni appropriato concetto di definizione o misura. [11]
Un ultimo e vitale difetto del dollaro del paniere di mercato è che la legge di Gresham provocherebbe perpetue scarsità ed eccedenze di differenti prodotti all'interno del paniere di mercato. La legge di Gresham afferma che tutta la moneta sopravvalutata dal governo (rispetto al suo valore di mercato) metterebbe fuori circolazione la moneta sottovalutata dal governo. In breve, il controllo dei tassi di cambio, come qualunque altro controllo dei prezzi, ha delle conseguenze: un tasso massimo sotto il mercato libero causa una scarsità; un tasso minimo fissato sopra il mercato causerà un'eccedenza. Fin dalla nascita degli Stati Uniti, la valuta è stata in continua difficoltà perché gli Stati Uniti erano su uno standard bimetallico piuttosto che aureo, in breve un paniere di mercato di due merci, l'oro e l'argento. Come è ben noto, il sistema non funzionò mai, perché prima o poi, l'uno o l'altro metallo prezioso era sopra o sotto la sua valutazione sul mercato mondiale e quindi l'una o l'altra moneta o lingotto fluiva nel paese mentre l'altra scompariva. Nel 1873 dei partigiani della parità aurea monometallica, accortisi che l'argento sarebbe stato presto sopravvalutato e quindi sul punto di cacciar via l'oro, misero gli Stati Uniti su una virtuale singola parità aurea, un sistema che fu ratificato ufficialmente nel 1900. [12]
Un argomento usato da Fisher, da James il M. Buchanan e da altri, sostiene che la costituzione degli Stati Uniti affida al governo il mandato di usare i suoi poteri per stabilizzare il livello dei prezzi. Questo argomento si basa sull'Articolo I, Sezione 8 della costituzione, che dà al congresso il potere di “coniare moneta e regolarne il valore…” L'argomento, assurdo nel migliore dei casi, disonesto nel peggiore, ed certamente anacronistico, tratta i padri della costituzione come se fossero moderni economisti sostenitori della stabilizzazione dei prezzi, come se con “regolarne il valore” intendessero il potere d'acquisto dell'unità monetaria, o il suo opposto, il livello dei prezzi. Da questo dubbio assunto, questi autori derivano il presunto dovere costituzionale del governo federale di intervenire negli affari monetari per stabilizzare il livello dei prezzi. Ma quello che i padri intendevano con “valore” erano semplicemente il peso e la qualità delle monete. È, dopo tutto, responsabilità di ogni azienda regolare la natura del proprio prodotto, e nella misura in cui il governo federale conia le monete, deve fare in modo che il peso e la qualità di queste monete siano ciò che il governo dice essere.
__________________________
Note
[5] Vedi, in particolare, F. A. Hayek, The Denationalisation of Money (London: The Institute of Economic Affairs, 1976).
[6] Per il suo teorema della regressione, vedi di Ludwig von Mises, The Theory of Money and Credit, 2nd ed. (New Haven, Conn.: Yale University Press, 1953), pp. 170-86. Inoltre vedi di Murray N. Rothbard, The Case for a 100 Percent Gold Dollar [1962] (Washington, D.C.: Libertarian Review Press, 1974), pp. 10-11.
[7] Potremmo applicare allo schema di Hayek le parole sardoniche dell'economista francese del diciannovesimo-secolo Henri Cernuschi, che Mises ha citato con approvazione in un contesto un po' diverso: “Voglio dare ad ognuno il diritto di emettere banconote così che nessuno non accetterà mai più banconote.” Ludwig von Mises, L'azione umana.
[8] Quindi, la sterlina [pound: libbra] ha avuto origine, come dice il nome, dalla definizione di una libbra d'argento, e il dollaro come moneta da un'oncia d'argento in Boemia. Molto più tardi, il “dollaro” è stato definito come circa 1/20 di un'oncia d'oro.
[9] Nel Lussemburgo, tre valute governative – quella francese, quella della Repubblica Federale di Germania e quella del Lussemburgo stesso – circolano parallelamente.
[10] In effetti, persino l'attuale schema del “ducato” di Hayek comprende il programma di un paniere di merci. La banca che propone regolerebbe la fornitura di ducati in modo da mantenere sempre costante il “livello dei prezzi” in termini di ducati.
[11] Per un'eccezionale critica filosofica del dollaro-merce di Fisher, vedi il lavoro del tutto trascurato della teorica politica libertaria Isabel Paterson. Quindi, la Paterson scrive:
Dato che tutte le unità di misura sono determinate arbitrariamente in primo luogo, seppur non fissate per legge, per legge possono ovviamente essere alterate. La stessa lunghezza di cotone sarebbe indicata un pollice un giorno, un piede il prossimo e una iarda il seguente; la stessa quantità di metallo prezioso potrebbe essere denominata dieci centesimi oggi e un dollaro domani. Ma il risultato netto sarebbe che le cifre usate in giorni diversi non significherebbero la stessa cosa; e qualcuno perderebbe molto. Il presunto argomento per un “dollaro merce” era che un dollaro reale, di quantità fissa, non comprerà sempre la stessa quantità di merci. Naturalmente no. Se non ci fosse un mezzo di valore, nessuna moneta, comunque una iarda di cotone o una libbra di formaggio non verrebbero sempre scambiate per una quantità fissa e immutabile di tutte le altre merci. Si è affermato che un dollaro deve comprare sempre la stesse quantità e le stesse descrizioni di merci. Non sarà così e non potrebbe esserlo. Questo potrebbe accadere soltanto se lo stesso numero di dollari e le stesse quantità di merci di tutti i generi ed in ogni genere fossero sempre in esistenza e nello scambio e sempre con una domanda esattamente proporzionale; mentre se la produzione ed il consumo siano ammessi, entrambi devono continuare costantemente ad un tasso uguale a sfalsare uno un altro.
Isabel Paterson, The God of the Machine (New York: Putnam, 1943), p. 203n.
[12] Specificamente, la Legge sul Conio del 1792 definiva il “dollaro” come sia un peso di 371,25 grani d'argento puro che un peso di 24,75 grani d'oro puro – un rapporto fisso di 15 grani d'argento ad 1 grano di oro. Questo rapporto di 15:1 era effettivamente il rapporto del mercato mondiale durante i primi anni 1790, ma naturalmente il rapporto del mercato era destinato a cambiare col passare del tempo, e determinare così gli effetti della legge di Gresham. In breve l'aumentata produzione d'argento condusse ad un declino costante dell'argento, con il rapporto del mercato che cadde a 15,75: 1. Di conseguenza, le monete d'argento inondarono gli Stati Uniti e le monete d'oro ne fuoriuscirono. L'argento rimase il solo conio in circolazione, finché i jacksoniani nel 1834 riuscirono a riportare indietro l'oro degradando il peso in oro del dollaro a 23,2 grani, abbassandone il peso del 6,26 per cento. A questo nuovo rapporto di 16:1, l'oro e l'argento circolarono parallelamente per due decadi, quando la scoperta di nuove miniere d'oro in California, in Russia ed in Australia, aumentò notevolmente la produzione d'oro e portarono il rapporto del mercato giù a 15,3: 1. Di conseguenza, le monete d'oro si riversarono nel paese, e quelle d'argento, fuori. Gli Stati Uniti rimasero su uno standard monometallico aureo de facto, ma su uno standard bimetallico de jure a partire dai 1850, con il rapporto del mercato fissato circa al 15,5:1 mentre il rapporto ufficiale della zecca era 16: 1.
Entro il 1872, tuttavia, alcuni funzionari ben informati al Ministero del Tesoro degli Stati Uniti si accorsero che l'argento stava per soffrire un enorme declino nel suo valore, poiché le nazioni europee stavano spostando dall'argento ad una parità aurea, facendo quindi diminuire la loro domanda di argento ed aumentando la loro domanda d'oro, ed a causa della scoperta di nuove miniere d'argento nel Nevada ed in altri stati montuosi. Per mantenere la parità aurea de facto, il Ministero del Tesoro fece passare delle leggi per il Congresso nel 1873 e nel 1874, interrompendo il conio di nuovi dollari d'argento, e mettendo fine al corso legale dei dollari d'argento oltre la somma di 5 dollari. Questa demonetizzazione dell'argento serviva ad impedire che, quando nel 1874 l'argento avrebbe cominciato un declino veloce nel rapporto del mercato oltre il 16:1 e fino al 32:1 nei 1890, le monete d'argento inondassero il paese e l'oro ne uscisse. Per concludere, nel 1900, il dollaro era definito de jure solamente in termini d'oro, a 23,22 grani. Vedi, di Ron Paul e Lewis Lehrman, The Case for Gold (Washington, D.C.: Cato Institute, 1982), pp. 17-19, 30-32, 60-66, 100-2.
__________________________
Link alla prima parte.
Link alla terza parte.
Link alla quarta parte.
Link alla quinta parte.
Link all'articolo originale.