Tuesday, April 1, 2008

Il mito del giusto prezzo #2

Il concetto biblico del giusto

Il concetto di giusto è biblico: Dio manda la pioggia “sul giusto e sull'ingiusto” [1]; Cristo è morto per i nostri peccati, “il giusto per l'ingiusto” [2]; ci sarà “una risurrezione dei morti, sia del giusto che dell'ingiusto.” [3] Ora, l'espressione giusto prezzo non si trova da nessuna parte nelle Scritture. Questo, naturalmente, non significa ipso facto che il concetto debba essere scartato a priori. Dopo tutto, nella bibbia non c'è neanche la parola trinità. Nelle Scritture ci sono alcuni principi generali su quando qualcosa è giusto e su cosa deve essere fatto in modo giusto. Per esempio: un uomo giusto fa ciò che è “legittimo e giusto,” [4] il giudizio ed il governo devono essere giusti, [5] i servi hanno diritto a ciò che è “giusto ed equo,” [6 ] e dovremmo seguire ciò che è “complessivamente giusto.” [7]

Anche se ci sono numerosi riferimenti nella Bibbia a cose che sono vendute (case, terra, animali, persone, cibo), non c'è generalmente menzione di che cosa viene dato in cambio per gli articoli venduti. Due volte ciascuno leggiamo di un articolo che è stato venduto per “l'intero prezzo,” [8] del prezzo di un oggetto che è superiore ai rubini, [9] e di qualcosa che è “di grande valore.” [10] Ci sono solo pochi riferimenti ad un prezzo specifico pagato per qualcosa, gli esempi più noti sono Esaù che vende la sua primogenitura per “un boccone di carne” [11] e di Giuda che tradisce il Signore per trenta pezzi d'argento. [12]

Anche se le Scritture non parlano di un “giusto prezzo,” leggiamo di un “giusto peso” quattro volte, [13] di una “giusta misura” cinque volte, [14] e di una “giusta proporzione” due volte. [15] In effetti, dice persino nel libro dei Proverbi che “una bilancia falsa è abominio verso il Signore: ma un giusto peso è la sua delizia.” [16 ] Dal momento che seguire ciò che è “complessivamente giusto” si applicherebbe alle nostre transazioni commerciali, l'assenza di frode sarebbe essenziale per definire giusto il prezzo di un qualsiasi prodotto. Ma si cercherà invano nelle Scritture qualunque altro concetto di cosa costituisca un prezzo giusto.

Il giusto prezzo

Giusto o sbagliato, il concetto del giusto prezzo sarà associato per sempre con il filosofo e teologo cattolico medioevale Tommaso d'Aquino. Nato nel 1225 circa, d'Aquino è universalmente riconosciuto come il maggiore teologo della chiesa cattolica. Nel suo grande riassunto di teologia, la Summa Theologica, d'Aquino discute il concetto del giusto prezzo nella sezione del suo “Trattato sulla Prudenza e sulla Giustizia” chiamata “Della truffa, che si commette nell'acquisto e nella vendita."

Come Rothbard ed altri prima e dopo di lui hanno indicato, d'Aquino ha identificato il giusto prezzo, come i romanisti, i canonisti ed i teologi che lo hanno preceduto, con il comune prezzo di mercato stabilito dalla “valutazione comune” [17] di compratori e venditori. Tuttavia, come Rothbard spiega: “purtroppo, nella discussione sul giusto prezzo, S. Tommaso creò grandi problemi per il futuro essendo vago su cosa precisamente si suppone debba essere il giusto prezzo.” [18] Il giusto prezzo non poté, infatti, essere determinato con precisione. Effettivamente, potrebbe anche trovarsi all'interno di una certa gamma e variare secondo le circostanze.

L'idea che ci sia un giusto prezzo in uno scambio economico monetario non è solo un fenomeno medioevale. È forse tanto antica quasi quanto l'attività commerciale in sé. Il concetto è stato trovato registrato in antiche iscrizioni babilonesi. [19] Questo non dovrebbe sorprendere, dato che dall'inizio del tempo non sono mancate le persone che pensavano che il loro compito fosse di occuparsi degli affari altrui. Ciò è particolarmente vero per i burocrati del governo che, in nome del servizio dell'interesse pubblico e della protezione dell'economicamente svantaggiato, intervengono violentemente nel libero mercato. Il concetto errato di Aristotele di valore equo in uno scambio commerciale ha contribuito non soltanto a secoli di confuso pensiero economico; venne fatto rivivere e fu impiegato “come giustificazione filosofica per la dottrina medioevale del giusto prezzo.” [20]

Un motivo per l'attenzione attraverso la storia sul prezzo pagato da un compratore in uno scambio era l'ingiustificato sospetto dei commercianti e dell'attività mercantile. Aristotele, come il suo insegnante Platone, disprezzava il guadagno, il lavoro, il commercio e particolarmente il commercio al dettaglio. Molti dei padri della Chiesa delle origini consideravano l'avidità come la base del commercio. I mezzi immorali erano considerati la regola piuttosto che l'eccezione quando si trattava di attività commerciali. Il guadagno di una parte in una transazione si pensava potesse essere realizzato soltanto con la perdita di un'altra. Queste idee sono continuate nel Medio Evo – nonostante l'atteggiamento positivo nei confronti dei commercianti del grande Padre della Chiesa Agostino. Due formule ecclesiastiche hanno oscurato la professione dei commercianti medioevali: “colui che compra a buon mercato per vendere caro, cerca un vergognoso profitto,” e “è difficile fra compratori e venditori non cadere nel peccato.” [21]

Secondo il diritto romano, il prezzo in una transazione è determinato solamente dall'interazione tra compratore e venditore. L'eccezione si faceva soltanto per un caso di secondaria importanza che era stato frainteso. Sotto il codice di Giustiniano c'erano determinati casi, come la vendita di terreni, in cui la protezione era accordata, non al compratore, ma al venditore, se la terra fosse stata venduta per meno della metà del suo valore. Il “laissez-faire” nelle transazioni era la norma. Poiché tutti gli uomini desiderano comprare a buon mercato e vendere a caro prezzo, si prevedeva che ogni compratore ed ogni venditore provasse a superare in astuzia l'altro. La frode, naturalmente, non era tollerata da nessuna delle due parti.

Purtroppo, l'eredità romana della libertà di contrattazione fu talvolta distorta nel Medio Evo da alcune idee errate. Comprare e vendere per profitto, le transazioni speculative, vendere merci per profitto senza miglioramenti, vendere le merci ad un prezzo superiore a quello del loro acquisto senza necessità, e gli aumenti di prezzo sulle vendite a credito non era visto di buon occhio perché erano tutte attività considerate come usura nascosta, che era stata “universalmente proibita e definita nei termini più espliciti.” [22] Venivano fatte delle distinzioni fra ciò che era ammesso nelle transazioni commerciali dei laici e del clero. Oltre che il prezzo di mercato, il giusto prezzo poteva anche essere il prezzo “fissato dai governi o dalle gilde privilegiate dal governo.” [23]

C'erano, tuttavia, due punti di vista che erano decisamente in minoranza. Il primo, che il prezzo giusto fosse soltanto quello che, oltre al lavoro e le spese, permetteva al venditore di mantenere la sua condizione sociale. E il secondo, che il prezzo giusto fosse il costo di produzione più la compensazione per il lavoro ed il rischio corso. Il primo è stato considerato inaccuratamente come tipico della dottrina scolastica del giusto prezzo; [24] il secondo ha fatto nascere la teoria del valore-lavoro di Smith, Ricardo e Marx. Si dovrebbe precisare che le discussioni medioevali sul lavoro, sulle spese, sul rischio e sul profitto avevano generalmente lo scopo di giustificare i profitti mercantili piuttosto che di determinare i giusti prezzi.

Come i suoi predecessori, Tommaso d'Aquino sostenne la necessità di un giusto prezzo in ogni transazione. Nell'esaminare il suo insegnamento nell'insieme, vediamo un certo numero di principi:
  • Il mercante presta un servizio importante
  • Il mercante può condurre gli affari senza peccare
  • Acquistare e vendere sono a vantaggio di entrambe le parti
  • Ingannare sullo stato delle merci in una vendita è frode
  • Il prezzo è influenzato dai cambiamenti nella domanda e nell'offerta
  • Il prezzo può variare nello spazio
  • Il prezzo può variare nel tempo
  • Il prezzo è una funzione di utilità
  • Il giusto prezzo è una valutazione e non può essere fissato con precisione matematica
  • Il giusto prezzo è il prezzo di mercato corrente
  • Il prezzo dovrebbe rappresentare il vero valore delle merci
È questo ultimo concetto che manda Tommaso fuori strada. Invece di considerare il valore come puramente soggettivo, egli sostenne che “se il prezzo eccede la quantità del valore della cosa o, per contro, la cosa eccede il prezzo, non c'è più eguaglianza di giustizia: e conseguentemente, vendere una cosa per più del suo valore, o comprarla per meno del suo valore, è in sé ingiusto ed illegale.” [25 ] Il venditore che “ha ricevuto più del dovuto deve compensare colui che ha sofferto la perdita, se la perdita è considerevole.” [26] Proprio come “nessun uomo desidera comprare una cosa per più di quel che vale” così "nessun uomo dovrebbe vendere una cosa ad un altro uomo per più del suo valore.” [27]

A suo credito, d'Aquino non prescrisse né le autorità né i mezzi con cui qualsiasi deviazione dal giusto prezzo doveva essere fatta rispettare. Non richiese mai esplicitamente nessuna azione di stato a parte lo stabilire pesi e misure. [28] Ed affinché i miei amici cattolici non ritengano che voglia stuzzicarli, dovrei dire che Lutero non sfidò né la nozione di valore intrinseco né l'immoralità dell'interesse. Per i cattolici in particolare, suggerisco di tutto cuore The Church and the Market: A Catholic Defense of the Free Economy, di Tom Wood del Mises Institute.

Toccherà ai tomisti scolastici spagnoli del sedicesimo secolo dare risalto al fatto che non c'è modo obiettivo di determinare il prezzo. Il giurista Francisco de Vitoria ed i suoi discepoli nella scuola di Salamanca sostenne che il prezzo è basato semplicemente sulla domanda e sull'offerta, senza riguardo al costo del lavoro o alle spese. L'inefficienza dei produttori, la sventura degli speculatori e tutte le altre conseguenze negative dell'incompetenza o della sfortuna dovevano essere sopportati egualmente dai venditori e dai compratori. Anche il venditore del lusso, del superfluo e delle frivolezze potrebbe, in assenza “di frode, inganno, o coercizione,” [29] accettare qualsiasi prezzo che un compratore fosse disposto a pagare. Contrariamente a Jean Gerson, cancelliere dell'università di Parigi, che aveva precedentemente suggerito “che i prezzi fissati venissero estesi a tutti i prodotti, sulla base che nessuno dovrebbe presumere di essere più saggio del legislatore,” [30] seguaci della scuola di Salamanca come Martin Azpilcueta e Luis de Molina “si opposero a qualunque controllo dei prezzi perché era inutile in tempo di abbondanza ed inefficace o nocivo in tempo di penuria.” [31]
___________________________

Note

[1] 1 Matteo 5:45.
[2] 1 Pietro 3:18.
[3] Atti 24:15.
[4] Ezechiele 18:5.
[5] Deuteronomio 16:18; 2 Samuele 23:4.
[6] Colossesi 4:1.
[7] Deuteronomio 16:20.
[8] 1 Cronache 21:22, 24.
[9] Giobbe 28:18; Proverbi 31:10.
[10] Matteo 13:46; 1 Pietro 3:4.
[11] Ebrei 12:16.
[12] Matteo 27:3.
[13] Levitico 19:36; Deuteronomio 25:15; Proverbi 11:1, 16:11.
[14] Levitico 19:36; Deuteronomio 25:15; Ezechiele 45:10.
[15] Levitico 19:36; Ezechiele 45:10.
[16] Proverbi 11:1.
[17] Raymond de Roover, “The Concept of the Just Price: Theory and Economic Policy,” The Journal of Economic History 18 (dicembre, 1958), 424.
[18] Murray N. Rothbard, Economic Thought Before Adam Smith: An Austrian Perspective on the History of Economic Thought, vol. I (Cheltenham, Regno Unito: Edward Elgar, 1995), 52.
[19] John W. Baldwin, The Medieval Theories of the Just Price: Romanists, Canonists, and Theologians in the Twelfth and Thirteenth Centuries (Philadelphia: American Philosophical Society, 1959), 8.
[20] Ibid., 10.
[21] Ibid., 47.
[22] Ibid., 34.
[23] Rothbard, Economic Thought Before Adam Smith, 41.
[24] de Roover, 420.
[25] Thomas Aquinas, Summa Theologica, II, ii, q. 77, art. 1.
[26] Ibid.
[27] Ibid.
[28] Ibid., II, ii, q. 77, art. 2.
[29] de Rover, 427.
[30] Ibid., 425.
[31] Ibid., 426.
___________________________

Link all'articolo originale.


Prima parte: Il mito del giusto prezzo.
Terza parte: Interventismo
Quarta parte: L'argomento biblico per il laissez faire
Quinta parte: Conclusione

No comments:

Post a Comment