Mi sono veramente stancato, quando parlo di libero mercato, di sentir tirare in ballo l'inevitabile Milton Friedman e le sue malsane teorie.
Per questa ragione, grazie anche a Rantasipi che me l'ha ricordato, ho deciso di tradurre questa critica di Rothbard dell'economia secondo Friedman e i Chicago Boys, pubblicato originariamente in The Individualist nel 1971 e ristampato nel Journal of Libertarian Studies dell'ottobre 2002.
Se non altro per avere un link sottomano che mi risparmi ore di inutile discussione. Diviso in tre parti, questa è la prima.
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Di Murray N. Rothbard
Menzionate “l'economia del libero mercato” ad un membro del pubblico e ci sono alte probabilità che, sempre ammesso che lo conosca, lo identifichi completamente con il nome Milton Friedman. Per parecchi anni, il professor Friedman ha ottenuto continui onori in egual modo dalla stampa e dalla professione, e una scuola di friedmaniani e di “monetaristi” è emersa in un'apparente sfida all'ortodossia keynesiana.
Tuttavia, anziché con la comune reazione di riverenza e di rispetto per “uno dei nostri che ce l'ha fatta,” i libertari dovrebbero accogliere l'intera questione con profondo sospetto: “se è un libertario così devoto, com'è possibile che sia un favorito dell'Establishment?” Consigliere di Richard Nixon e amico e socio della maggior parte degli economisti dell'amministrazione, Friedman, infatti, ha lasciato il segno nella politica corrente, ed infatti ricambia il favore servendo come principale apologista ufficioso per le politiche di Nixon.
Infatti, in questo come in altri tali casi, il sospetto è precisamente la giusta reazione per il libertario, dato che la particolare varietà di’ “economia del libero mercato” del professor Friedman è difficile che riesca ad arruffare le piume dei poteri in essere. Milton Friedman è il Libertario di Corte dell'Establishment ed è ora che i libertari si sveglino di fronte a questa realtà.
LA SCUOLA DI CHICAGO
Il friedmanismo può essere completamente compreso soltanto nel contesto delle sue radici storiche e queste radici sono la cosiddetta “scuola di Chicago” dell'economia degli anni 20 e 30. Friedman, un professore dell'Università di Chicago, è ora il capo indiscusso della moderna, o di seconda generazione, scuola di Chicago, che ha aderenti in tutta la professione, con centri importanti a Chicago, alla UCLA ed all'università della Virginia.
I membri dell'originale, o di prima generazione, scuola di Chicago, erano considerati “sinistrorsi” ai loro tempi, come effettivamente erano secondo qualsiasi tipo di test di verifica del genuino libero mercato. E anche se Friedman ha modificato alcuni dei loro metodi, egli rimane un uomo della Chicago degli anni trenta. Il programma politico dei Chicago Boys originali è rivelato nel modo migliore nella famigerata opera di uno dei fondatori e principali mentori politici: A Positive Program for Laissez Faire di Henry C. Simons. 1 Il programma politico di Simons era laissez-faireista soltanto in senso inconsapevolmente satirico.
Consisteva di tre idee chiave:
E, per alcuni versi, Friedman ha aggiunto deplorevoli elementi statalisti che non erano neppure presenti nella vecchia Scuola di Chicago. 2
La Scuola di Chicago sul monopolio e sulla concorrenza
Esaminiamo gli elementi principali del laissez faire collettivista simonsiano uno alla volta. Sul monopolio e sulla concorrenza, Friedman ed i suoi colleghi hanno felicemente fatto grandi passi verso la razionalità dall'antico ultra-antitrust di Simons. Friedman ora concede che la fonte principale di monopolio nell'economia è l'attività del governo, e si concentra nell'abrogazione di queste misure di monopolizzazione.
I Chicago Boys sono diventati progressivamente più amichevoli verso le grandi aziende operanti nel mercato libero, e friedmaniani come Lester Telser sono persino emersi con eccellenti argomenti a favore della pubblicità, precedentemente anatema per tutti i “perfetti concorrenzialisti.” Ma anche se in pratica Friedman è diventato più libertario sulla questione del monopolio, ancora mantiene la vecchia teoria di Chicago: che in qualche modo, l'irragionevole, irreale e infelice mondo della “concorrenza perfetta” (un mondo in cui ogni ditta è così minuscola che non può fare niente per influenzare la sua domanda ed il prezzo dei suoi prodotti) sia migliore del reale ed esistente mondo della concorrenza, che è definita “imperfetta.”
Una visione infinitamente superiore della concorrenza si trova nella totalmente trascurata scuola di “economia austriaca” che disprezza il modello della “concorrenza perfetta” e preferisce il mondo reale della concorrenza del libero mercato. 3 Così anche se la visione pratica di Friedman della concorrenza e del monopolio non è troppo male, la debolezza della sua teoria di fondo potrebbe consentire in qualunque momento un ritorno al forsennato antitrust dei Chicago Boys degli anni 30. Non è stato molto tempo fa, per esempio, che il socio più distinto di Friedman, il professor George J. Stigler, ha sostenuto di fronte al Congresso il disfacimento via antitrust della U.S. Steel in molte parti costituenti.
L'egualitarismo alla Chicago di Friedman
Se è vero che Friedman ha abbandonato l'appello di Simons per l'egualitarismo estremo attraverso la struttura dell'imposta sul reddito, i lineamenti di base dell'egualitarismo statalista ancora rimangono. Rimane un desiderio dei Chicago Boys il porre la massima importanza nella struttura fiscale sull'imposta sul reddito, indubbiamente la più totalitaria di tutte le tasse. I Chicago Boys preferiscono l'imposta sul reddito perché, nella loro teoria economica, seguono la disastrosa tradizione dell'economia anglo-americana ortodossa della netta separazione tra la sfera “microeconomica” e quella “macroeconomica„”
L'idea è che ci siano due mondi economici nettamente separati e indipendenti. Da un lato, c'è la sfera “micro,” il mondo di prezzi individuali determinati dalle forze della domanda e dell'offerta. Qui, concedono i Chicago Boys, è meglio lasciare l'economia al gioco non ostacolato del mercato libero. Ma, asseriscono, c'è anche la sfera separata e distinta della “macro” economia, degli aggregati economici del bilancio pubblico e della politica monetaria, dove non c'è possibilità o, persino, opportunità di un mercato libero.
In comune con i loro colleghi keynesiani, i friedmaniani desiderano consegnare al governo centrale il controllo assoluto su queste aree macro, per manipolare l'economia per fini sociali, mentre sostengono che il micro mondo può ancora rimanere libero. In breve, i friedmaniani così come i keynesiani concedono la vitale sfera macro allo Stato come struttura presumibilmente necessaria per la micro-libertà del libero mercato.
In realtà, le sfere macro e micro sono integrate ed intrecciate, come gli Austriaci hanno mostrato. È impossibile concedere la sfera macro allo Stato mentre si tenta di mantenere la libertà al livello micro. Ogni tipo di tassa, e non ultima l'imposta sul reddito, inietta furto e confisca sistematici nella micro sfera dell'individuo, ed ha effetti spiacevoli e distorsivi sull'intero sistema economico. È deplorevole che i friedmaniani, con il resto dell'economia anglo-americana, non abbia mai prestato attenzione al successo di Ludwig von Mises, fondatore della Scuola Austriaca moderna, nell'integrazione delle sfere micro e macro nella teoria economica fin dal 1912 nella sua classica Teoria della moneta e del credito. 4 Milton Friedman ha rivelato la sua essenziale posizione pro-imposta sul reddito e egualitaria in numerosi modi. Come in molte altre sfere, ha operato non come un avversario dello statalismo e sostenitore del libero mercato, ma come tecnico che consiglia lo Stato su come essere più efficiente nello svolgere il suo lavoro malvagio (dal punto di vista di un vero libertario, più inefficienti sono
i meccanismi dello Stato, meglio è! 5). Si è opposto alle esenzioni fiscali ed alle “scappatoie” ed ha lavorato per rendere l'imposta sul reddito più uniforme.
Una delle imprese più disastrose di Friedman è stato l'importante ruolo che ha svolto fieramente, durante la Seconda Guerra Mondiale nel dipartimento del Tesoro, nel rifilare al pubblico americano sofferente il sistema della ritenuta d'imposta. Prima della Seconda Guerra Mondiale, quando le aliquote dell'imposta sul reddito erano ben più basse di adesso, non c'era un sistema di ritenuta; tutti pagavano la propria fattura annuale in una somma forfettaria, il 15 marzo. È evidente che con questo sistema, l'amministrazione fiscale non potrebbe avere mai la speranza di estrarre l'intera somma annuale, agli attuali tassi confiscatori, dalla massa della popolazione attiva. L'intero orrendo sistema sarebbe felicemente crollato molto prima di riuscirci. Soltanto la ritenuta d'imposta friedmaniana ha permesso al governo di usare ogni datore di lavoro come collettore d'imposta non pagato, estraendo le tasse tranquillamente e silenziosamente da ogni stipendio. Per molti versi, dobbiamo ringraziare Milton Friedman per l'attuale mostruoso Stato Leviatano americano.
In aggiunta alla stessa imposta sul reddito, l'egualitarismo di Friedman è rivelato nell'opuscolo Friedman-Stigler che attaccava i controlli degli affitti. “Per quelli che, come noi, gradirebbero ancora maggiore uguaglianza di quella attuale . . . è certamente meglio attaccare le diseguaglianze attuali nel reddito e nel patrimonio direttamente alla loro fonte” che limitare gli acquisti di prodotti particolari, come le abitazioni. 6 La singola, più disastrosa influenza di Milton Friedman è stata un'eredità del suo vecchio egualitarismo di Chicago: la proposta di un reddito annuo garantito a tutti attraverso il sistema di imposta sul reddito – un'idea presa ed intensificata da leftists come Robert Theobald, e che il presidente Nixon potrebbe indubbiamente mettere in pratica con il nuovo Congresso. 7 * In questo catastrofico programma, Milton Friedman ancora una volta è stato guidato dal suo desiderio devastante non di rimuovere lo Stato dalle nostre vite, ma di renderlo più efficiente. Vede intorno a sé il disordine rabberciato dei sistemi previdenziali statali e locali e conclude che tutto sarebbe più efficiente se l'intero programma fosse posto sotto il registro federale di imposta sul reddito e a tutti venisse garantito una determinata base di reddito. Più efficiente, forse, ma anche molto più disastroso, perché l'unica cosa che rende il nostro attuale sistema previdenziale appena tollerabile è precisamente la sua inefficienza, precisamente il fatto che per ottenere un sussidio di disoccupazione sia necessario aprirsi la via attraverso uno sgradevole e caotico groviglio burocratico. Il programma di Friedman renderebbe il sussidio di disoccupazione automatico, concedendo così a ciascuno una pretesa automatica sulla produzione.
“Funzione di offerta” del welfare
Dobbiamo realizzare che avere un sussidio non è, come la maggior parte della gente crede, un semplice atto di Dio o della natura, un dato assoluto come un'eruzione vulcanica. Avere un sussidio, come tutti gli altri atti economici umani, ha una “funzione di offerta”: in altre parole, se il welfare paga abbastanza, potete produrre tutti i clienti del welfare che volete. Pagateli sufficientemente poco e potrete ridurre il numero dei clienti a volontà. In breve, se il governo annuncia che chiunque firmi ad uno sportello del “welfare” ottiene un assegno annuale automatico di 40.000 dollari per tutto il tempo che vuole, troveremo abbastanza presto che quasi tutti sono diventati destinatari del welfare – ed inoltre, formeranno un'organizzazione per i “diritti del welfare” per aumentare il sussidio a 60.000 dollari per contrastare l'aumento nel costo della vita.
Più specificamente, la funzione di offerta dei clienti del welfare è inversamente proporzionale alla differenza fra il tasso salariale prevalente nella zona ed il livello degli emolumenti del welfare. Questa differenza è il “costo di opportunità” dell'affidarsi al welfare: l'importo che uno perde oziando invece di lavorare. Se, per esempio, lo stipendio prevalente in una zona aumenta e gli emolumenti del welfare rimangono gli stessi, il differenziale e il “costo di opportunità” dell'ozio aumentano e la gente tende a lasciare il sussidio di disoccupazione e ad andare a lavorare. Se accade l'opposto, più gente chiederà il sussidio di disoccupazione. Se l'avere un sussidio fosse un fatto assoluto della natura, allora non ci sarebbe rapporto fra questo differenziale ed il numero di chi si rivolge al welfare. 8
Secondariamente, l'offerta di clienti del welfare è inversamente proporzionale con un altro fattore estremamente importante: il disincentivo di valore o culturale di affidarsi al welfare. Se questo disincentivo è forte, se, per esempio, uno individuo o un gruppo credono fortemente che sia un male affidarsi al welfare, non lo faranno, punto. Se, d'altro canto, non si preoccupano per lo stigma del welfare, o se, peggio ancora, considerano i pagamenti dell'assistenza sociale come un loro diritto – un diritto ad esercitare una pretesa compulsiva e predatoria sulla produzione – allora il numero delle persone affidate al welfare aumenterà astronomicamente, come è accaduto negli ultimi anni.
Ci sono parecchi esempi recenti dell'“effetto stigma.” È stato mostrato che, dato lo stesso livello di reddito, più gente tende ad affidarsi al welfare nelle zone urbane che in quelle rurali, presumibilmente in ragione della maggior visibilità dei clienti dell'assistenza sociale e quindi del maggior stigma nelle aree più scarsamente popolate. Cosa più importante, è il fatto notevole che certi gruppi religiosi, anche quando significativamente più poveri del resto della popolazione, semplicemente non cerchino il welfare a causa del loro credo etico profondamente sostenuto. Quindi, i cinesi americani, seppur in gran parte poveri, non si rivolgono quasi mai al welfare. Un articolo recente sugli albanesi americani a New York City evidenzia lo stesso punto.
Questi albanesi sono abitanti invariabilmente poveri dei bassifondi, ma non c'è albanese-americano che riceva un sussidio. Perché? Poiché, ha detto uno dei loro leader, “gli albanesi non elemosinano e per gli albanesi, prendere un sussidio è come elemosinare per strada.” 9
Un altro esempio è la chiesa mormonica, dei cui membri molto pochi si rivolgono all'assistenza pubblica. Perché i mormoni non solo inculcano nei loro membri le virtù del risparmio, dell'autonomia e dell'indipendenza, si prendono anche cura dei loro bisognosi con programmi di carità della chiesa basati sul principio di aiutare le persone ad aiutarsi, e quindi di toglierli dalla carità il più rapidamente possibile. 10 Così, la chiesa mormonica suggerisce ai suoi membri che “cercare ed accettare l'aiuto pubblico diretto troppo spesso invita la maledizione dell'ozio e promuove l'altro male del sussidio di disoccupazione. Distrugge l'indipendenza, l'industriosità, il risparmio e l'amor proprio dell'uomo.” 11 Quindi, l'altamente riuscito programma privato di assistenza sociale della chiesa è basato sui principi che la chiesa ha incoraggiato i propri membri a stabilire per mantenere la propria indipendenza economica: ha incoraggiato il risparmio ed ha promosso l'istituzione delle industrie che creino occupazione; ed è sempre pronta ad aiutare i fedeli membri bisognosi.
E:
Incentivi nel Piano di Friedman
Ma il piano di Friedman, al contrario, si muove precisamente nel senso opposto, dato che stabilisce gli emolumenti dell'assistenza sociale come diritto automatico, una pretesa automatica e coercitiva sui produttori. Quindi rimuove del tutto l'effetto stigma, scoraggia disastrosamente il lavoro produttivo con tasse esorbitanti e stabilendo un reddito garantito per chi non lavora, il che incoraggia l'ozio. In più, stabilendo un minimo reddituale come “diritto” coercitivo, incoraggia i clienti del welfare a richiedere minimi più alti, aggravando così continuamente l'intero problema. Ma Friedman, intrappolato nella separazione anglo-americana di “micro” e “macro,” presta pochissima attenzione a questi effetti cataclismatici sugli incentivi.
Persino gli handicappati sono danneggiati dal piano di Friedman, dato che un sussidio di disoccupazione automatico rimuove l'incentivo marginale affinchè l'operaio handicappato investa nella propria riabilitazione professionale, poiché il ritorno monetario netto da tale investimento è ora notevolmente abbassato. Quindi, il reddito garantito tende a perpetuare questi handicap. Per concludere, il sussidio di disoccupazione di Friedman pagherebbe un più alto reddito per persona alle famiglie sotto assistenza sociale, sovvenzionando di conseguenza un aumento continuo nella popolazione di bambini fra i poveri – precisamente coloro che meno possono permettersi una tal crescita demografica. Senza unirsi all'isteria corrente per “l'esplosione demografica,” è certamente irragionevole sovvenzionare deliberatamente la nascita di più bambini indigenti, che è ciò che il piano di Friedman farebbe come diritto automatico.
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Note
1. Henry C. Simons, A Positive Program for Laissez Faire: Some Proposals for a Liberal Economic Policy (Chicago: University of Chicago Press, 1934).
2. In questo articolo, limito la discussione al politico-economico e ometto i problemi tecnici della teoria economica e della metodologia. È in queste ultime che Friedman ha raggiunto il suo peggio, dato che Friedman è riuscito a cambiare la vecchia metodologia di Chicago, essenzialmente aristoteliana e razionalista, in una madornale ed estrema variante del positivismo.
3. Per un'eccellente introduzione alla visione austriaca, vedi Individualism and the Economic Order di F.A. Hayek (Chicago: University of Chicago Press, 1948), cap. 5.
4. Ludwig von Mises, Teoria della moneta e del credito.
5. C'è un aneddoto affascinante sul distinto industriale Charles F. Kettering. Visitando il letto d'ospedale di un amico che si stava lamentando della crescita del governo, Kettering gli ha detto “coraggio Jim. Ringrazia Dio che non otteniamo tanto governo quanto paghiamo!”
6. Milton Friedman e George J. Stigler, Roofs or Ceilings? (Irvington-on-Hudson, N.Y.: Foundation for Economic Education, 1946), p. 10.
7. Per un'ulteriore critica della dottrina di Friedman-Nixon del reddito garantito, vedi Murray N. Rothbard, “The Guaranteed Annual Income,” The Rational Individualist (September 1969); e Henry Hazlitt, Man vs. The Welfare State (New Rochelle, N.Y.: Arlington House, 1969), pp. 62–100. *Rothbard predisse correttamente che questa proposta di Friedman avrebbe fatto parte della campagna presidenziale del 1972. Interessante, e rivelatore, il fatto che fu proposta dall'avversario democratico di Nixon, il senatore George McGovern. Gli elettori lo considerarono come estremamente radicale e McGovern fu sconfitto in modo schiacciante. Ed.
8. Per una dimostrazione empirica di questo rapporto, vedi “The Demand for General Assistance Payments,” American Economic Review 54, no. 6 (dicembre 1964), pp. 1002–18.
9. New York Times (13 aprile 1970).
10. Questo era lo stesso principio di che guida la Charity Organization Society nell'Inghilterra del diciannovesimo secolo. Quell'organizzazione liberale classica “credeva che l'aspetto più serio della povertà fosse la degradazione del carattere dell'uomo o della donna indigenti. La carità indiscriminata rendeva soltanto le cose peggiori; demoralizzava. La vera carità richiedeva amicizia, pensiero, la specie di aiuto che avrebbe ristabilito l'amor proprio dell'uomo e la sua capacità di sostenere lui e la sua famiglia.” Charles Loch Mowat, The Charity Organization Society (London: Methuen, 1961), p. 2.
11. Welfare Plan of the Church of Jesus Christ of Latter-Day Saints (The General Church Welfare Committee, 1960), p. 48.
12. Welfare Plan, pp. 1-2.
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Link alla seconda parte.
Link alla terza parte.
Link all'articolo originale.
Per questa ragione, grazie anche a Rantasipi che me l'ha ricordato, ho deciso di tradurre questa critica di Rothbard dell'economia secondo Friedman e i Chicago Boys, pubblicato originariamente in The Individualist nel 1971 e ristampato nel Journal of Libertarian Studies dell'ottobre 2002.
Se non altro per avere un link sottomano che mi risparmi ore di inutile discussione. Diviso in tre parti, questa è la prima.
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Di Murray N. Rothbard
Menzionate “l'economia del libero mercato” ad un membro del pubblico e ci sono alte probabilità che, sempre ammesso che lo conosca, lo identifichi completamente con il nome Milton Friedman. Per parecchi anni, il professor Friedman ha ottenuto continui onori in egual modo dalla stampa e dalla professione, e una scuola di friedmaniani e di “monetaristi” è emersa in un'apparente sfida all'ortodossia keynesiana.
Tuttavia, anziché con la comune reazione di riverenza e di rispetto per “uno dei nostri che ce l'ha fatta,” i libertari dovrebbero accogliere l'intera questione con profondo sospetto: “se è un libertario così devoto, com'è possibile che sia un favorito dell'Establishment?” Consigliere di Richard Nixon e amico e socio della maggior parte degli economisti dell'amministrazione, Friedman, infatti, ha lasciato il segno nella politica corrente, ed infatti ricambia il favore servendo come principale apologista ufficioso per le politiche di Nixon.
Infatti, in questo come in altri tali casi, il sospetto è precisamente la giusta reazione per il libertario, dato che la particolare varietà di’ “economia del libero mercato” del professor Friedman è difficile che riesca ad arruffare le piume dei poteri in essere. Milton Friedman è il Libertario di Corte dell'Establishment ed è ora che i libertari si sveglino di fronte a questa realtà.
LA SCUOLA DI CHICAGO
Il friedmanismo può essere completamente compreso soltanto nel contesto delle sue radici storiche e queste radici sono la cosiddetta “scuola di Chicago” dell'economia degli anni 20 e 30. Friedman, un professore dell'Università di Chicago, è ora il capo indiscusso della moderna, o di seconda generazione, scuola di Chicago, che ha aderenti in tutta la professione, con centri importanti a Chicago, alla UCLA ed all'università della Virginia.
I membri dell'originale, o di prima generazione, scuola di Chicago, erano considerati “sinistrorsi” ai loro tempi, come effettivamente erano secondo qualsiasi tipo di test di verifica del genuino libero mercato. E anche se Friedman ha modificato alcuni dei loro metodi, egli rimane un uomo della Chicago degli anni trenta. Il programma politico dei Chicago Boys originali è rivelato nel modo migliore nella famigerata opera di uno dei fondatori e principali mentori politici: A Positive Program for Laissez Faire di Henry C. Simons. 1 Il programma politico di Simons era laissez-faireista soltanto in senso inconsapevolmente satirico.
Consisteva di tre idee chiave:
- una politica drastica di antitrust per ridurre tutte le aziende ed i sindacati alla dimensione di una bottega di fabbro, per giungere ad una concorrenza “perfetta” e a ciò che Simons concepiva essere il “mercato libero”;
- un ampio programma di egualitarismo compulsivo, pareggiando i redditi attraverso la struttura dell'imposta sul reddito; e
- una politica proto-keynesiana di stabilizzazione del livello dei prezzi per mezzo di programmi fiscali e monetari espansionisti durante una recessione.
E, per alcuni versi, Friedman ha aggiunto deplorevoli elementi statalisti che non erano neppure presenti nella vecchia Scuola di Chicago. 2
La Scuola di Chicago sul monopolio e sulla concorrenza
Esaminiamo gli elementi principali del laissez faire collettivista simonsiano uno alla volta. Sul monopolio e sulla concorrenza, Friedman ed i suoi colleghi hanno felicemente fatto grandi passi verso la razionalità dall'antico ultra-antitrust di Simons. Friedman ora concede che la fonte principale di monopolio nell'economia è l'attività del governo, e si concentra nell'abrogazione di queste misure di monopolizzazione.
I Chicago Boys sono diventati progressivamente più amichevoli verso le grandi aziende operanti nel mercato libero, e friedmaniani come Lester Telser sono persino emersi con eccellenti argomenti a favore della pubblicità, precedentemente anatema per tutti i “perfetti concorrenzialisti.” Ma anche se in pratica Friedman è diventato più libertario sulla questione del monopolio, ancora mantiene la vecchia teoria di Chicago: che in qualche modo, l'irragionevole, irreale e infelice mondo della “concorrenza perfetta” (un mondo in cui ogni ditta è così minuscola che non può fare niente per influenzare la sua domanda ed il prezzo dei suoi prodotti) sia migliore del reale ed esistente mondo della concorrenza, che è definita “imperfetta.”
Una visione infinitamente superiore della concorrenza si trova nella totalmente trascurata scuola di “economia austriaca” che disprezza il modello della “concorrenza perfetta” e preferisce il mondo reale della concorrenza del libero mercato. 3 Così anche se la visione pratica di Friedman della concorrenza e del monopolio non è troppo male, la debolezza della sua teoria di fondo potrebbe consentire in qualunque momento un ritorno al forsennato antitrust dei Chicago Boys degli anni 30. Non è stato molto tempo fa, per esempio, che il socio più distinto di Friedman, il professor George J. Stigler, ha sostenuto di fronte al Congresso il disfacimento via antitrust della U.S. Steel in molte parti costituenti.
L'egualitarismo alla Chicago di Friedman
Se è vero che Friedman ha abbandonato l'appello di Simons per l'egualitarismo estremo attraverso la struttura dell'imposta sul reddito, i lineamenti di base dell'egualitarismo statalista ancora rimangono. Rimane un desiderio dei Chicago Boys il porre la massima importanza nella struttura fiscale sull'imposta sul reddito, indubbiamente la più totalitaria di tutte le tasse. I Chicago Boys preferiscono l'imposta sul reddito perché, nella loro teoria economica, seguono la disastrosa tradizione dell'economia anglo-americana ortodossa della netta separazione tra la sfera “microeconomica” e quella “macroeconomica„”
L'idea è che ci siano due mondi economici nettamente separati e indipendenti. Da un lato, c'è la sfera “micro,” il mondo di prezzi individuali determinati dalle forze della domanda e dell'offerta. Qui, concedono i Chicago Boys, è meglio lasciare l'economia al gioco non ostacolato del mercato libero. Ma, asseriscono, c'è anche la sfera separata e distinta della “macro” economia, degli aggregati economici del bilancio pubblico e della politica monetaria, dove non c'è possibilità o, persino, opportunità di un mercato libero.
In comune con i loro colleghi keynesiani, i friedmaniani desiderano consegnare al governo centrale il controllo assoluto su queste aree macro, per manipolare l'economia per fini sociali, mentre sostengono che il micro mondo può ancora rimanere libero. In breve, i friedmaniani così come i keynesiani concedono la vitale sfera macro allo Stato come struttura presumibilmente necessaria per la micro-libertà del libero mercato.
In realtà, le sfere macro e micro sono integrate ed intrecciate, come gli Austriaci hanno mostrato. È impossibile concedere la sfera macro allo Stato mentre si tenta di mantenere la libertà al livello micro. Ogni tipo di tassa, e non ultima l'imposta sul reddito, inietta furto e confisca sistematici nella micro sfera dell'individuo, ed ha effetti spiacevoli e distorsivi sull'intero sistema economico. È deplorevole che i friedmaniani, con il resto dell'economia anglo-americana, non abbia mai prestato attenzione al successo di Ludwig von Mises, fondatore della Scuola Austriaca moderna, nell'integrazione delle sfere micro e macro nella teoria economica fin dal 1912 nella sua classica Teoria della moneta e del credito. 4 Milton Friedman ha rivelato la sua essenziale posizione pro-imposta sul reddito e egualitaria in numerosi modi. Come in molte altre sfere, ha operato non come un avversario dello statalismo e sostenitore del libero mercato, ma come tecnico che consiglia lo Stato su come essere più efficiente nello svolgere il suo lavoro malvagio (dal punto di vista di un vero libertario, più inefficienti sono
i meccanismi dello Stato, meglio è! 5). Si è opposto alle esenzioni fiscali ed alle “scappatoie” ed ha lavorato per rendere l'imposta sul reddito più uniforme.
Una delle imprese più disastrose di Friedman è stato l'importante ruolo che ha svolto fieramente, durante la Seconda Guerra Mondiale nel dipartimento del Tesoro, nel rifilare al pubblico americano sofferente il sistema della ritenuta d'imposta. Prima della Seconda Guerra Mondiale, quando le aliquote dell'imposta sul reddito erano ben più basse di adesso, non c'era un sistema di ritenuta; tutti pagavano la propria fattura annuale in una somma forfettaria, il 15 marzo. È evidente che con questo sistema, l'amministrazione fiscale non potrebbe avere mai la speranza di estrarre l'intera somma annuale, agli attuali tassi confiscatori, dalla massa della popolazione attiva. L'intero orrendo sistema sarebbe felicemente crollato molto prima di riuscirci. Soltanto la ritenuta d'imposta friedmaniana ha permesso al governo di usare ogni datore di lavoro come collettore d'imposta non pagato, estraendo le tasse tranquillamente e silenziosamente da ogni stipendio. Per molti versi, dobbiamo ringraziare Milton Friedman per l'attuale mostruoso Stato Leviatano americano.
In aggiunta alla stessa imposta sul reddito, l'egualitarismo di Friedman è rivelato nell'opuscolo Friedman-Stigler che attaccava i controlli degli affitti. “Per quelli che, come noi, gradirebbero ancora maggiore uguaglianza di quella attuale . . . è certamente meglio attaccare le diseguaglianze attuali nel reddito e nel patrimonio direttamente alla loro fonte” che limitare gli acquisti di prodotti particolari, come le abitazioni. 6 La singola, più disastrosa influenza di Milton Friedman è stata un'eredità del suo vecchio egualitarismo di Chicago: la proposta di un reddito annuo garantito a tutti attraverso il sistema di imposta sul reddito – un'idea presa ed intensificata da leftists come Robert Theobald, e che il presidente Nixon potrebbe indubbiamente mettere in pratica con il nuovo Congresso. 7 * In questo catastrofico programma, Milton Friedman ancora una volta è stato guidato dal suo desiderio devastante non di rimuovere lo Stato dalle nostre vite, ma di renderlo più efficiente. Vede intorno a sé il disordine rabberciato dei sistemi previdenziali statali e locali e conclude che tutto sarebbe più efficiente se l'intero programma fosse posto sotto il registro federale di imposta sul reddito e a tutti venisse garantito una determinata base di reddito. Più efficiente, forse, ma anche molto più disastroso, perché l'unica cosa che rende il nostro attuale sistema previdenziale appena tollerabile è precisamente la sua inefficienza, precisamente il fatto che per ottenere un sussidio di disoccupazione sia necessario aprirsi la via attraverso uno sgradevole e caotico groviglio burocratico. Il programma di Friedman renderebbe il sussidio di disoccupazione automatico, concedendo così a ciascuno una pretesa automatica sulla produzione.
“Funzione di offerta” del welfare
Dobbiamo realizzare che avere un sussidio non è, come la maggior parte della gente crede, un semplice atto di Dio o della natura, un dato assoluto come un'eruzione vulcanica. Avere un sussidio, come tutti gli altri atti economici umani, ha una “funzione di offerta”: in altre parole, se il welfare paga abbastanza, potete produrre tutti i clienti del welfare che volete. Pagateli sufficientemente poco e potrete ridurre il numero dei clienti a volontà. In breve, se il governo annuncia che chiunque firmi ad uno sportello del “welfare” ottiene un assegno annuale automatico di 40.000 dollari per tutto il tempo che vuole, troveremo abbastanza presto che quasi tutti sono diventati destinatari del welfare – ed inoltre, formeranno un'organizzazione per i “diritti del welfare” per aumentare il sussidio a 60.000 dollari per contrastare l'aumento nel costo della vita.
Più specificamente, la funzione di offerta dei clienti del welfare è inversamente proporzionale alla differenza fra il tasso salariale prevalente nella zona ed il livello degli emolumenti del welfare. Questa differenza è il “costo di opportunità” dell'affidarsi al welfare: l'importo che uno perde oziando invece di lavorare. Se, per esempio, lo stipendio prevalente in una zona aumenta e gli emolumenti del welfare rimangono gli stessi, il differenziale e il “costo di opportunità” dell'ozio aumentano e la gente tende a lasciare il sussidio di disoccupazione e ad andare a lavorare. Se accade l'opposto, più gente chiederà il sussidio di disoccupazione. Se l'avere un sussidio fosse un fatto assoluto della natura, allora non ci sarebbe rapporto fra questo differenziale ed il numero di chi si rivolge al welfare. 8
Secondariamente, l'offerta di clienti del welfare è inversamente proporzionale con un altro fattore estremamente importante: il disincentivo di valore o culturale di affidarsi al welfare. Se questo disincentivo è forte, se, per esempio, uno individuo o un gruppo credono fortemente che sia un male affidarsi al welfare, non lo faranno, punto. Se, d'altro canto, non si preoccupano per lo stigma del welfare, o se, peggio ancora, considerano i pagamenti dell'assistenza sociale come un loro diritto – un diritto ad esercitare una pretesa compulsiva e predatoria sulla produzione – allora il numero delle persone affidate al welfare aumenterà astronomicamente, come è accaduto negli ultimi anni.
Ci sono parecchi esempi recenti dell'“effetto stigma.” È stato mostrato che, dato lo stesso livello di reddito, più gente tende ad affidarsi al welfare nelle zone urbane che in quelle rurali, presumibilmente in ragione della maggior visibilità dei clienti dell'assistenza sociale e quindi del maggior stigma nelle aree più scarsamente popolate. Cosa più importante, è il fatto notevole che certi gruppi religiosi, anche quando significativamente più poveri del resto della popolazione, semplicemente non cerchino il welfare a causa del loro credo etico profondamente sostenuto. Quindi, i cinesi americani, seppur in gran parte poveri, non si rivolgono quasi mai al welfare. Un articolo recente sugli albanesi americani a New York City evidenzia lo stesso punto.
Questi albanesi sono abitanti invariabilmente poveri dei bassifondi, ma non c'è albanese-americano che riceva un sussidio. Perché? Poiché, ha detto uno dei loro leader, “gli albanesi non elemosinano e per gli albanesi, prendere un sussidio è come elemosinare per strada.” 9
Un altro esempio è la chiesa mormonica, dei cui membri molto pochi si rivolgono all'assistenza pubblica. Perché i mormoni non solo inculcano nei loro membri le virtù del risparmio, dell'autonomia e dell'indipendenza, si prendono anche cura dei loro bisognosi con programmi di carità della chiesa basati sul principio di aiutare le persone ad aiutarsi, e quindi di toglierli dalla carità il più rapidamente possibile. 10 Così, la chiesa mormonica suggerisce ai suoi membri che “cercare ed accettare l'aiuto pubblico diretto troppo spesso invita la maledizione dell'ozio e promuove l'altro male del sussidio di disoccupazione. Distrugge l'indipendenza, l'industriosità, il risparmio e l'amor proprio dell'uomo.” 11 Quindi, l'altamente riuscito programma privato di assistenza sociale della chiesa è basato sui principi che la chiesa ha incoraggiato i propri membri a stabilire per mantenere la propria indipendenza economica: ha incoraggiato il risparmio ed ha promosso l'istituzione delle industrie che creino occupazione; ed è sempre pronta ad aiutare i fedeli membri bisognosi.
E:
Il nostro scopo primario era di costruire, finchè potesse essere possibile, un sistema sotto cui la maledizione dell'ozio sarebbe stata eliminata, il male del sussidio di disoccupazione abolito e l'indipendenza, l'industria, il risparmio e l'amor proprio fossero una volta di più fondati fra la nostra gente. Lo scopo della chiesa è di aiutare la gente ad aiutarsi. Il lavoro dev'essere ristabilito come i principi guida delle vite della nostra comunità ecclesiale. Fedeli a questo principio, i lavoratori dell'assistenza insegneranno ed inviteranno sinceramente i membri della chiesa ad essere economicamente indipendenti al massimo dei loro poteri. Nessun vero Santo degli Ultimi Giorni, se fisicamente in grado, allontanerà volontariamente da sé la difficoltà del suo proprio sostegno. 12Il metodo del libertario al problema dell'assistenza sociale, allora, è di abolire tutto il welfare coercitivo e pubblico e sostituirlo con la carità privata basata sul principio dell'incoraggiamento all'autonomia, sostenuta inoltre inculcando le virtù della fiducia in se stesso e dell'indipendenza nella società.
Incentivi nel Piano di Friedman
Ma il piano di Friedman, al contrario, si muove precisamente nel senso opposto, dato che stabilisce gli emolumenti dell'assistenza sociale come diritto automatico, una pretesa automatica e coercitiva sui produttori. Quindi rimuove del tutto l'effetto stigma, scoraggia disastrosamente il lavoro produttivo con tasse esorbitanti e stabilendo un reddito garantito per chi non lavora, il che incoraggia l'ozio. In più, stabilendo un minimo reddituale come “diritto” coercitivo, incoraggia i clienti del welfare a richiedere minimi più alti, aggravando così continuamente l'intero problema. Ma Friedman, intrappolato nella separazione anglo-americana di “micro” e “macro,” presta pochissima attenzione a questi effetti cataclismatici sugli incentivi.
Persino gli handicappati sono danneggiati dal piano di Friedman, dato che un sussidio di disoccupazione automatico rimuove l'incentivo marginale affinchè l'operaio handicappato investa nella propria riabilitazione professionale, poiché il ritorno monetario netto da tale investimento è ora notevolmente abbassato. Quindi, il reddito garantito tende a perpetuare questi handicap. Per concludere, il sussidio di disoccupazione di Friedman pagherebbe un più alto reddito per persona alle famiglie sotto assistenza sociale, sovvenzionando di conseguenza un aumento continuo nella popolazione di bambini fra i poveri – precisamente coloro che meno possono permettersi una tal crescita demografica. Senza unirsi all'isteria corrente per “l'esplosione demografica,” è certamente irragionevole sovvenzionare deliberatamente la nascita di più bambini indigenti, che è ciò che il piano di Friedman farebbe come diritto automatico.
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Note
1. Henry C. Simons, A Positive Program for Laissez Faire: Some Proposals for a Liberal Economic Policy (Chicago: University of Chicago Press, 1934).
2. In questo articolo, limito la discussione al politico-economico e ometto i problemi tecnici della teoria economica e della metodologia. È in queste ultime che Friedman ha raggiunto il suo peggio, dato che Friedman è riuscito a cambiare la vecchia metodologia di Chicago, essenzialmente aristoteliana e razionalista, in una madornale ed estrema variante del positivismo.
3. Per un'eccellente introduzione alla visione austriaca, vedi Individualism and the Economic Order di F.A. Hayek (Chicago: University of Chicago Press, 1948), cap. 5.
4. Ludwig von Mises, Teoria della moneta e del credito.
5. C'è un aneddoto affascinante sul distinto industriale Charles F. Kettering. Visitando il letto d'ospedale di un amico che si stava lamentando della crescita del governo, Kettering gli ha detto “coraggio Jim. Ringrazia Dio che non otteniamo tanto governo quanto paghiamo!”
6. Milton Friedman e George J. Stigler, Roofs or Ceilings? (Irvington-on-Hudson, N.Y.: Foundation for Economic Education, 1946), p. 10.
7. Per un'ulteriore critica della dottrina di Friedman-Nixon del reddito garantito, vedi Murray N. Rothbard, “The Guaranteed Annual Income,” The Rational Individualist (September 1969); e Henry Hazlitt, Man vs. The Welfare State (New Rochelle, N.Y.: Arlington House, 1969), pp. 62–100. *Rothbard predisse correttamente che questa proposta di Friedman avrebbe fatto parte della campagna presidenziale del 1972. Interessante, e rivelatore, il fatto che fu proposta dall'avversario democratico di Nixon, il senatore George McGovern. Gli elettori lo considerarono come estremamente radicale e McGovern fu sconfitto in modo schiacciante. Ed.
8. Per una dimostrazione empirica di questo rapporto, vedi “The Demand for General Assistance Payments,” American Economic Review 54, no. 6 (dicembre 1964), pp. 1002–18.
9. New York Times (13 aprile 1970).
10. Questo era lo stesso principio di che guida la Charity Organization Society nell'Inghilterra del diciannovesimo secolo. Quell'organizzazione liberale classica “credeva che l'aspetto più serio della povertà fosse la degradazione del carattere dell'uomo o della donna indigenti. La carità indiscriminata rendeva soltanto le cose peggiori; demoralizzava. La vera carità richiedeva amicizia, pensiero, la specie di aiuto che avrebbe ristabilito l'amor proprio dell'uomo e la sua capacità di sostenere lui e la sua famiglia.” Charles Loch Mowat, The Charity Organization Society (London: Methuen, 1961), p. 2.
11. Welfare Plan of the Church of Jesus Christ of Latter-Day Saints (The General Church Welfare Committee, 1960), p. 48.
12. Welfare Plan, pp. 1-2.
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Link alla seconda parte.
Link alla terza parte.
Link all'articolo originale.
davvero bell'articolo, anche da un punto di vista storico-politico, illustra bene le origine della scuola di chigago
ReplyDeleteMilton Friedman è famoso come quel "libertario" che si fermò di fronte alle porte della FED. Hai detto poco!
ReplyDeleteGiorgio Venzo.
P.S.: a proposito di banche centrali e politiche monetarie, una dichiarazione "ufficiale" assolutamente da non perdere: QUI!
P.P.S.: guardatelo fino alla fine!
ReplyDeleteAh bon! ;-)
ReplyDeleteSe l'istituto Mises, quello Rand, CapMag, Rockwell, ecc.... non lo citano mai un motivo cisarà.
ReplyDeleteAlla fine il figlio stesso sosteneva fosse socialista. Meglio di così....