Sunday, May 11, 2008

Aiuti “umanitari”

Un po' in ritardo per delle disfunzioni del trasmettitore telepatico – pare che l'isola volante di Laputa veleggiasse dalle parti della Birmania al passaggio dell'uragano – ma il dispaccio dell'inviato del Gongoro è arrivato anche questa settimana. Ed è proprio del disastro birmano che ci parla il Pesce volante; o meglio: di ciò che ne seguirà, della macchina degli aiuti internazionali che si metterà in moto inesorabile.

Il fine settimana è già passato, niente augurio quindi, solo una citazione dal film “Il mio nome è Nessuno,” del grande Sergio Leone:
«Folks that throw dirt on you aren't always trying to hurt you, and folks that pull you out of a jam aren't always trying to help you. But the main point is when you're up to your nose in shit, keep your mouth shut.»
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Di Giovanni Pesce


Sul frontone dell’ingresso del Social Club di Laputa, come lettering tridimensionale, era stata scolpita la frase “Temo quelli della tribù di Danao così come quelli dei paesi donatori” ed in questa maniera i Laputiani hanno sempre avuto presente questa semplice regola di vita.

Qualcuno che ne conosceva la reale motivazione della regola ci ha spiegato che il sistema migliore per inserire un “troyan” in un’organizzazione è quello di coprire l’azione malvagia sotto dei falsi veli di un benevolo regalo.

Come si fa a rifutare un regalo? Nelle contingenze attuali, ai poveri birmani di Labutta, che non si erano voluti sottomettere alla giostra degli aiuti umanitari del dopo-tsunami del 2007, ora sembra che non sia più permesso mantenere tale politica di rifiuto.

In che cosa consisteranno gli aiuti? Cibo, coperte, materiali vari, prodotti in un grande paese ricco e donati ad un personaggio “nuovo” del firmamento politico del paese ricevente.
Questi, grazie alla distribuzione gratuita di risorse di prima necessità, acquisirà un potente consenso popolare e in un breve prossimo periodo diventerà il leader indiscusso.

Ma all’inizio dell’operazione, i paesi donatori hanno già scelto il leader e questo, una volta acquisito il potere maximo, dovrà restituire il favore cedendo ciò che di meglio il suo paese ha a disposizione (banche, miniere, aziende ed ogni altro ben di dio).

Nelle politiche dei paesi donatori c’è un filo di malizia che favorisce la scelta del candidato leader tra coloro i quali si siano dimostrati più pronti ad accettare i futuri ordini di restituzione dell’aiuto concesso, ma restituito con il peso di un mark-up maggiorativo.

Il problema maggiore si verifica quando c’è un netto rifiuto da parte del potenziale ricevente; nel caso della Birmania il secondo colpetto adiabatico costringerà il paese a dover accettare gli aiuti umanitari.

Ed allora addio alla Centrale elettrica, alla Stazione Nord, Società Acqua Potabile e Parco delle Vittorie; tutto il tabellone sarà di proprietà indiscussa del nuovo ordinamento sociale.
Senza passare dal via!

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