Thursday, August 16, 2007

Quale volontà?

Questo era in origine un commento postato in un forum di Luogocomune, che ho in parte rivisto per adattarlo al blog. L'argomento è stimolante, si tratta di uno dei fondamenti dell'illusione collettivista, il cui rifiuto attira solitamente accuse di asocialità lanciate dai suoi sostenitori: la volontà collettiva.

Esiste la volontà collettiva?
La volontà collettiva è, letteralmente, un desiderio che si traduce in azione, condiviso da tutto il gruppo o comunità che lo esprime: potrebbe riguardare il raggiungimento del paradiso, se si trattasse di una comunità religiosa, o la conclusione di un buon affare, nel caso di un'impresa commerciale. Inutile dire che in altre forme di comunità, a cui non si aderisce operando una scelta, come la città o il villaggio in cui si vive, tale unità di intenti non esiste, perché non esiste una meta comune di tutti gli abitanti: esistono piuttosto, al suo interno, molti diversi scopi particolari, per raggiungere i quali gli individui si riuniscono in gruppi per affinità di intenti. Anche in questi casi, limitatamente ai componenti di questi gruppi, di queste comunità, si può parlare propriamente di volontà collettiva: perché preesistente come volontà individuale ed in un secondo momento condivisa con altri.

Addirittura, non è nemmeno necessario che i componenti di un gruppo creatosi per il raggiungimento di uno scopo condividano tradizioni, linguaggio o altro (premessa invece indispensabile per definire comunità un gruppo di persone che pur privo di motivazioni comuni si trova riunito da coincidenze di spazio e di tempo), basta leggere la formazione dell'Inter per rendersene conto. È invece proprio in virtù della scoperta in altri delle stesse nostre aspirazioni che si può formare una comunità capace di una volontà collettiva relativamente agli obiettivi condivisi. Per esempio, possiamo dire che i libertari e gli anarchici di tutto il mondo formano una comunità che, per quanto dispersa, esprime la volontà comune di togliere lo stato di mezzo.

“Comunità” europea
Entità invece prettamente geografiche, come l'Unione Europea, della comunità hanno soltanto il nome (da inserire nella lista della neolingua), perché è ovvio che Helga la norvegese e Zorbas il greco non avranno mai alcun interesse o volontà in comune (per dirla tutta, neanche tradizioni o linguaggio) per il semplice fatto di vivere all'interno dei confini di una determinata zona: lo potrebbero avere se fossero per esempio entrambi cattolici, se si sposassero (perché crescere dei figli è uno scopo comune), se fossero ricercatori nello stesso campo, ma in quei casi l'appartenenza alla "comunità europea" non avrebbe più il minimo peso. Di fatto, più una comunità si allarga, più diminuisce la possibilità di avere interessi ed obiettivi comuni, e più si annacqua l'identità che è appunto il frutto di tradizioni, storia, abitudini ed esperienze condivise (se allargassimo il concetto di comunità a tutto il mondo, l'unica identità comune possibile sarebbe mangiare, bere e andare di corpo, almeno su questo dovremmo essere d'accordo). E senza identità, non si può neanche più parlare di comunità, figuriamoci di volontà collettiva!

Non è un caso se sono stati proprio gli stati totalitari – compresi gli USA degli straussiani neocon – a promuovere l'idea della nazione come comunità resa coesa da una meta ideale verso cui rivolgere la comune volontà del popolo: il mondo perfetto del comunismo, la razza superiore, l'esportazione della democrazia (coming soon: salvare Gaia). Ovviamente nessuno di questi miraggi è mai stato il frutto di una volontà comune, l'unica volontà comune è sempre quella di gruppi relativamente limitati di persone e gli unici scopi sono i loro, particolarissimi. La visione utilizzata di volta in volta è stata calata sul popolo dalle mani dei leader, e fatta accettare con le buone (=propaganda) e con le cattive (=terrore). E qui entra in gioco il dissenso: non contrapposto ad una fantomatica volontà condivisa da tutti, non contro la comunità, ma opposto alla volontà di alcuni che l'hanno dichiarata universale.

Adesione volontaria

Al di fuori di un gruppo a cui i membri abbiano aderito volontariamente e con uno scopo condiviso e dichiarato, la volontà collettiva non esiste. Non esiste, per definizione, nel momento stesso in cui uno o più membri della comunità non ne condividono la sostanza, se della comunità in questione si è parte per semplice coincidenza geografica o imposizione burocratica. In questo caso, possono legarci tradizioni, storia, abitudini ed esperienze, ma nessuna di queste cose potrà mai essere l'oggetto di una volontà comune: non le dobbiamo “conquistare,” le abbiamo già!

Nel caso invece di un gruppo o comunità riunitasi sulla base di un ideale o di uno scopo condiviso, chi questo ideale o scopo non lo condividesse più – per esempio, perché ha perso la fede in dio, oppure non gli interessa più il progetto a cui stava lavorando – automaticamente ne rimarrebbe escluso, e non si vede perché non dovrebbe essere così dal momento che è egli stesso a tirarsene fuori, a cambiare la sua decisione iniziale.
Da quando dimettersi è asociale?

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