Wednesday, May 26, 2010

Il consumo non spinge l'economia

“Il consumo spinge l'economia,” nel rosario keynesiano recitato quotidianamente dai media di regime, è una delle frasi-chiave più ripetute, tanto che un calo nei consumi è subito interpretato come foriero delle peggiori catastrofi, da contrastare immediatamente con consistenti iniezioni di denaro nel mercato.

Mark Skousen, autore del libro The Making of Modern Economics recentemente premiato come miglior testo accademico del 2009, svela in breve la fallacia insita in questo sillogismo.
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Di Mark Skousen


“La spesa di consumo rappresenta più del 70 per cento dell'economia e solitamente spinge la crescita in una ripresa economica.”

“I consumatori spingono l'economia,” New York Times, 1° maggio 2010

Ogni trimestre, quando il governo pubblica i suoi ultimi dati sul P.I.L., sentiamo il solito ritornello:

“Quello che fa il consumatore è vitale per la crescita economica.”

“Se il consumatore comincia a risparmiare e smette di spendere, abbiamo un grosso problema.”

“La spesa di consumo rappresenta il 70 per cento dell'economia.”

Quest'ultimo “fatto” viene ripetuto regolarmente nelle news dalla Associated Press, dal Wall Street Journal e dal New York Times.

La verità è che la spesa di consumo non rappresenta il 70 per cento dell'attività economica e non è il sostegno dell'economia degli Stati Uniti. Ad esserlo sono gli investimenti! La spesa commerciale su beni capitali, la nuova tecnologia, l'attività imprenditoriale e la produttività sono più significativi della spesa di consumo nel sostenere l'economia ed un più alto tenore di vita. Nel ciclo economico, la produzione e l'investimento conducono l'economia dentro e fuori dalle recessioni; la domanda al dettaglio è la componente più stabile dell'attività economica.

Garantito, la spesa di consumo personale rappresenta il 70 per cento del prodotto interno lordo, ma i giornalisti dovrebbero sapere dalla prima lezione di economia che il P.I.L. misura soltanto il valore della produzione finale. Omette deliberatamente un bel pezzo di economia – la produzione intermedia e i beni parziali nelle varie fasi di produzione – per evitare il doppio computo. Ho calcolato che la spesa totale (vendite o ricevute) in tutte le fasi dell'economia è più del doppio del P.I.L. (usando le ricevute commerciali lorde compilate annualmente dall'IRS). Con questa misura – che ho definito spesa interna lorda, o SIL – il consumo rappresenta soltanto il 30 per cento circa dell'economia, mentre l'investimento aziendale (produzione intermedia compresa) rappresenta oltre il 50 per cento.

Quindi la verità è proprio il contrario: la spesa di consumo è l'effetto, non la causa, di una sana economia produttiva.

L'importanza della legge di Say

Nel mercato prevale questa verità: è l'offerta – non la domanda – a spingere l'economia. Il risparmio, la produzione ed i progressi tecnologici sono le chiavi della crescita economica. Questo principio è stato scoperto e sviluppato dal brillante economista francese Jean-Baptiste Say nel primo diciannovesimo secolo ed è conosciuto come legge di Say. In effetti, egli inventò la parola “imprenditore” per descrivere il principale catalizzatore della performance economica.

La vendita al dettaglio è un indicatore economico guida? Ogni mese il Conference Board rilascia i suoi Indici Economici Guida per gli Stati Uniti ed altri nove paesi. I dieci indici guida degli Stati Uniti sono:
  • nuovi ordini dei fornitori
  • permessi di costruzione
  • dati sulla disoccupazione
  • ore settimanali medie di produzione
  • massa monetaria reale
  • prezzi delle azioni
  • la curva di rendimento
  • nuovi ordini per i beni di investimento al netto degli ordini riguardanti il comparto della difesa
  • prestazione dei venditori
  • indice delle aspettative dei consumatori
Come potete vedere, quasi tutti gli indici sono legati agli stadi iniziali della produzione e dell'attività economica.

L'ingannevole indice della fiducia dei consumatori

Che dire dell'indice della fiducia dei consumatori che i media evidenziano ogni mese? La verità è che il titolo è ingannevole. Le domande poste ai consumatori riguardano più le condizioni del mercato che l'attitudine verso la spesa. Queste sono le domande poste ai consumatori per determinare le loro “aspettative”:
  1. Le attuali condizioni del mercato sono buone, cattive, o normali?
  2. Vi aspettate che le condizioni del mercato saranno buone, cattive, o normali nei prossimi sei mesi?
  3. Attualmente i posti di lavoro sono abbondanti, non così abbondanti, o difficili da ottenere?
  4. Prevedete che i posti di lavori saranno più abbondanti, non così abbondanti, o difficili da ottenere nei prossimi sei mesi?
  5. Progettate di comprare un'auto/casa/elettrodomestico nuovo/usato [nota: questi sono tutti beni di consumo durevoli, non diversi dai beni capitali durevoli] entro i prossimi sei mesi?
  6. Statee progettando una vacanza negli Stati Uniti o all'estero entro i prossimi sei mesi?
In altre parole il molto pubblicizzato indice della fiducia dei “consumatori” è più una previsione dei consumatori sul mercato, l'occupazione ed i beni durevoli che sulla “vendita al dettaglio” e sulla spesa di consumo. Non fa alcuna domanda su cibo, vestiti, intrattenimento ed altri acquisti di breve termine, perché queste spese raramente cambiano da un mese all'altro.

La realtà è che il vero indicatore di tendenza dell'economia e del mercato azionario è la spesa d'investimento e commerciale. Se volete sapere dov'è diretto il mercato azionario, dimenticatevi i grafici della vendita al dettaglio e della spesa di consumo. Osservate la fabbricazione, la spesa per gli investimenti, i profitti corporativi ed i profitti da produzione.

Guardatevi dalla legge di Keynes

Il motivo per cui sentiamo così tanto parlare dei consumatori è perché i media e i commentatori politici vivono ancora sotto l'incantesimo dell'economia keynesiana, che insegna che la domanda crea l'offerta. La legge di Keynes è esattamente l'opposto della legge di Say (l'offerta crea la domanda). Secondo i keynesiani, la spesa di consumo guida l'economia ed il risparmio è un male quando l'economia è in una contrazione di breve termine.

In realtà, l'aumento di risparmio può effettivamente stimolare l'economia, anche se la spesa di consumo è anemica. Un recente studio della Fed di St. Louis ha concluso che a breve scadenza, “un più alto tasso di risparmio nel quarto corrente è associato con una crescita economica più veloce (non più lenta) nei quarti correnti e prossimi” (Daniel L. Thornton, Personal Saving and Economic Growth,” Economic Synopses, St. Louis Fed, 17 dicembre 2009).

Come è possibile questo? Quando la gente risparmia di più, i tassi di interesse scendono e le aziende possono permettersi di sostituire i loro vecchi macchinari con nuovi strumenti, spendere di più su ricerca e sviluppo, o sviluppare nuovi processi produttivi. Così anche se la spesa di consumo può rimanere bassa, la spesa commerciale può compensare quel rallentamento. Ricordate, in un'economia dinamica la decisione delle aziende di spendere più fondi d'investimento ed impiegare più lavoratori è una funzione sia della domanda dei consumatori presente che di quella futura. E non dimenticate che, durante una recessione, i profitti corporativi recuperano spesso per primi, senza un aumento nella domanda dei clienti, perché le aziende possono amplificare i profitti riducendo i costi e le dimensioni.

A lungo termine nuove strategie aziendali e modelli di spesa aumentano la produttività ed abbassano i prezzi al consumo, il che significa che il potere d'acquisto del consumatore aumenta. Come conclude la Fed di St. Louis, “un più alto tasso di risparmio significa meno consumo [a breve scadenza], ma potrebbe anche provocare un maggiore investimento di capitali e, infine, un più alto ritmo di espansione dell'economia…. il tasso di crescita del P.I.L. reale è stato mediamente più alto quando il tasso di risparmio personale è aumentato rispetto a quando è sceso.”

Ve lo garantisco, la funzione definitiva dell'attività economica e imprenditoriale è di soddisfare i bisogni dei consumatori e le aziende di maggior successo sono quelle che soddisfanno i loro clienti. Ma la cosa più importante è: chi scopre i nuovi e migliori prodotti che i consumatori desiderano? Chi è il catalizzatore che determina la quantità, la qualità e la varietà di beni e di servizi? È stato il consumatore ad avere l'idea del personal computer, del SUV, del fax, del telefono cellulare, di Internet e dell'iPhone? No, queste realizzazioni tecniche sono venute dal genio di imprenditori creativi e dei risparmiatori/capitalisti che hanno finanziato le loro invenzioni.

3 comments:

  1. Ti dirò: piuttosto raramente leggo questi articoli, perché preferisco la Scuola Austriaca "pura". Secondo loro non è dato alla singola mente umana sapere che cosa stimola o no l'economia, e può essere che un imprenditore scopra una domanda latente come un genio la "crei". Di sicuro stampare pezzi di carta e chiamarli "dollari" non aiuta il grano a crescere più in fretta nè fa saltare fuori pepite d'oro dai fiumi! Perciò una "supply side economy" è secondo me meno perversa dell'economia attuale basata sulla domanda! Tuttavia non è di per se vero che "l'offerta crea la domanda", se con questo s'intende che "la domanda non crea l'offerta". Il problema solito delle teorie moderne non è tanto la falsità di ciò che affermano, ma di quello che negano!
    Davide71

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  2. Occhio Davide. Say non diceva che "l'offerta crea la domanda" ma che quando tu produci qualcosa e lo vuoi vendere è perché con quei soldi domanderai qualche altra merce oggi (consumo) o nel futuro (risparmio). Quindi, secondo Say, domanda ed offerta sono due faccia della stessa medaglia e la tua offerta di beni in cambio di denaro va a creare la tua domanda.

    In questo senso la legge di Say dice che l'offerta crea la domanda.

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  3. Si osserva che da anni l’economia americana cresce grazie al netto dei flussi finanziari nell’ordine del cinque sei percento del PIL americano. Per quanto tempo questo per altri paesi, insana condizione durerà non è dato dirlo, ma certamente dipenderà per quanto tempo molti cittadini di altre nazioni, fra cui italiani, tedeschi ed olandesi saranno disposti ad accordare fiducia convinti che i loro capitali siano più sicuri e redditizi in USA piuttosto che nel loro paese. Il crescente flusso di capitali ha l’effetto di aumentare l’indebitamento estero statunitense e un aumento del costo degli interessi. Fin quando i cittadini stranieri saranno disposti a tenere gli interessi, i dividendi e gli utili in dollari non è possibile prevedere la fine dell’alimentazione a senso unico dell’economia sociale americana. Anche il continuo e duraturo deprezzamento del dollaro non viene visto da Washinton come un pericolo, contemporaneamente si cerca di scaricare la colpa del pesante deficit della bilancia commerciale alla China.

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