Robert Higgs, editore di The Independent Review, analizza uno dei più repellenti articoli di propaganda militarista e disinformazione economica degli ultimi tempi, pubblicato alla vigilia di Natale – quale indesiderabile strenna – dal Wall Street Journal, e vergato dall'“economista” conservatore Martin Feldstein.
Se qualcuno sentiva il bisogno di assaporare l'aria fascista che tirava negli anni 30, questo brano è l'ideale. In quanto all'autore, mi unisco all'augurio calorosamente espresso da Linucs nel suo commento in proposito.
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Il keynesismo militare ci salverà?
Di Robert Higgs
Scrivendo sul Wall Street Journal il 24 dicembre 2008, Martin Feldstein ci regala un articolo intitolato “Spendere per la difesa sarebbe un grande stimolo.” Il titolo dice tutto quello che dovete sapere: il keynesismo militare è la medicina che prescrive questa eminente figura dell'Establishment politico-economico: un professore di Harvard, ex Presidente del Consiglio dei Consulenti Economici, ex presidente dell'Associazione Economica Americana, presidente emerito dell'Ufficio Nazionale della Ricerca Economica e membro del Comitato Consultivo di Intelligence Estera del presidente. Che un uomo così pregno di onori e successi professionali venda una simile cianfrusaglia da tempo screditata dice molto delle condizioni dell'economia mainstream. Quando pensate che non si possa andare più a fondo, vi accorgete che si può.
Feldstein ritiene che “contrastare una profonda recessione economica richiede un aumento nella spesa pubblica per compensare il netto declino nella spesa di consumo e negli investimenti aziendale ora in corso. Senza un tale aumento nella spesa pubblica, la recessione economica sarebbe più profonda e più lunga.” Questa dichiarazione contiene l'essenza del volgare keynesismo. Sembrerebbe che Feldstein, come quasi ogni altro leone dell'economia mainstream, abbia mancato di notare che dal campione che per lo stesso test empirico che la professione considera sacrosanto, questa teoria è stata decisivamente confutata dagli eventi del 1945–-47 – o forse gli economisti mainstream credono che dopo la così bella dimostrazione di coraggio, come la considerano loro, del loro modello dal 1940 al 1945, il suo abissale fallimento nelle previsioni dal 1945 al 1947 non debba esser preso seriamente.
Come se questa cecità non fosse abbastanza, la continuazione è ancora peggio, perché il cieco economista non solo propone di impiegare volgari misure keynesiane per frenare la recessione corrente, ma propone anche che il cieco conduca il cieco lungo il peggiore percorso possibile: il governo non aumenti semplicemente la spesa pubblica in generale; aumenti la spesa militare e altre apparenti spese per la sicurezza nazionale in particolare. “Un aumento provvisorio nelle spese del DOD sui rifornimenti, sulle attrezzature e sulla forza lavoro dovrebbe essere una parte importante di quell'aumento [dell'amministrazione Obama] nelle spese generali di governo. Lo stesso si applica al dipartimento della Sicurezza della Patria, alla FBI e ad altre parti della comunità di intelligence nazionale.” Feldstein prevede la creazione di circa 300.000 posti di lavoro come conseguenza del gettare disordinatamente dei soldi nell'aumento del personale militare, nell'addestramento, negli strumenti e nell'acquisizione di articoli importanti quali gli aerei da combattimento, i velivoli da trasporto e le navi da guerra.
Quindi, “un aumento di breve durata notevole nella spesa per la difesa e l'intelligence da una parte stimolerebbe la nostra economia e dall'altra rinforzerebbe la sicurezza della nostra nazione.” Feldstein parla come se l'esercito degli Stati Uniti sia attualmente una cosa afflosciata, esaurita, disperatamente necessitante di essenziali riparazioni, rifornimenti, allargamento e ammodernamento, nonostante il fatto che non ci sia nazione sulla terra che si avvicini a rappresentare una seria sfida militare per gli Stati Uniti e che i gruppi irregolari di fanatici islamici nelle caverne del Pakistan e nei vicoli delle grandi città dell'Asia e dell'Europa pongano, al massimo, un problema di polizia, e non una minaccia contro la sicurezza nazionale degli Stati Uniti. Egli sembra non apprezzare che il governo stia già spendendo più di un trilione di dollari l'anno per scopi di tipo militare.
L'articolo di Feldstein ci ricorda che le élite che governano questo paese hanno un'alta soglia per l'imbarazzo. Tireranno fuori senza vergogna qualsiasi triste apparato intellettuale per giustificare la rapina dei soldi dei contribuenti da incanalare poi verso gli appaltatori corporativi privilegiati ed all'orda dei parassiti sul libro paga del governo. Per quanto possa essere intellettualmente spregevole il keynesismo militare, esso tuttavia ha una provata tradizione nel portare l'Establishment dove vuole andare.
Per decenni, i segretari della Difesa hanno contribuito a giustificare le loro richieste pantagrueliche di preventivo sostenendo che gli alti livelli di spesa militare avrebbero fatto “bene all'economia” e che spese militari ridotte avrebbero causato la recessione. Così il comune è diventato questo argomento che i critici marxisti gli hanno dato il nome adeguato di keynesismo militare. Sia a destra che a sinistra, la gente ha creduto che le enormi spese militari avrebbero spinto in alto un'economia che, in assenza di questo supporto, sarebbe sprofondata nella depressione. Tale pensiero ha giocato un ruolo importante nel processo politico che ha diretto circa 15 trilioni (in odierni dollari) in spese militari per la Guerra Fredda fra il 1948 ed il 1990. Né è sparito dopo che l'Unione Sovietica poco sportivamente ha lasciato il campo da gioco.
Il keynesismo militare ha sufficiente plausibilità superficiale da avergli fatto raccogliere un seguito notevole in certi ambienti persino prima che la Teoria Generale di Keynes gli avesse dato un'apparente rispettabilità intellettuale. Nel suo libro del 1944 As We Go Marching, John T. Flynn annotò come un fatto “questa devozione degli elementi conservatori al potere militare,” e sottolineò che “il militarismo è quel grande, affascinante progetto di opera pubblica sul quale vari elementi nella comunità possono trovarsi d'accordo.” Egli capì, tuttavia, che la spesa pubblica militare ha conseguenze ben più gravi della classica costruzione keynesiana di piramidi. “Inevitabilmente, avendo ceduto al militarismo come strumento economico, faremo ciò che altri paesi hanno fatto: manterremo viva nel nostro popolo la paura delle ambizioni aggressive di altri paesi e noi stessi ci imbarcheremo in imprese imperialistiche per nostro conto.” Flynn si merita un buon voto come profeta.
L'economia keynesiana si basa sulla presunzione che la spesa pubblica, sia per munizioni che per altre merci, crea un'addizione alla domanda aggregata dell'economia e quindi impiega lavoro ed altre risorse che altrimenti rimarrebbero inattive. L'economia ottiene non solo la produzione supplementare causata dall'uso di queste risorse, ma ancora maggiore produzione grazie ad un “effetto moltiplicatore.” Da qui arriva l'affermazione keynesiana che persino la spesa pubblica per far scavare alla gente delle buche per terra per poi riempirle abbia effetti benefici: anche se gli spalatori non creano niente di valore, l'effetto moltiplicatore è messo in moto allorché spendono il loro reddito monetario per i beni di consumo appena prodotti da altri.
Tale teoria non ha mai affrontato precisamente il motivo di fondo per l'iniziale inattività della forza lavoro e delle altre risorse. Se gli operai vogliono lavorare ma non possono trovare un datore di lavoro che voglia assumerli, è perché non sono disposti a lavorare ad un tasso salariale che renda la loro occupazione utile per il datore di lavoro. La disoccupazione risulta quando il tasso salariale è troppo alto per “incontrare il mercato.” I keynesiani hanno inventato bizzarre ragioni – rivendicazioni salariali rigide verso il basso, una “trappola della liquidità” – per spiegare perché nel mercato del lavoro durante la Grande Depressione domanda e offerta non si incontravano ed hanno quindi a lungo continuato ad accettare tale ragionamento dopo che la depressione è sbiadita nella storia. Ma quando i mercati del lavoro non hanno funzionato, durante gli anni 30 o altre volte, le cause si possono trovare solitamente nelle politiche del governo – quali la National Industrial Recovery Act del 1933, la National Labor Relations Act del 1935 e la Fair Labor Standards Act del 1938, fra molte altre – che ostruiscono il normale funzionamento del mercato del lavoro.
Così, le politiche governative hanno creato un'alta e continua disoccupazione e i keynesiani ne hanno dato la colpa al mercato. Hanno poi accreditato i deficit del tempo di guerra del governo per aver sollevato l'economia dalla Grande Depressione ed hanno elogiato le continue spese militari per aver impedito un altro crollo economico. In questo modo, l'economia sana è stata sostituita da idee economiche congeniali ai politici spendaccioni, agli appaltatori militari, ai sindacati e agli economisti di sinistra – ed alla fine anche agli economisti presumibilmente conservatori, come Martin Feldstein.
Quanto meglio sarebbe stato se la saggezza di Ludwig von Mises fosse stata presa in considerazione. In Nation, State, and Economy (1919), Mises scrisse: “La prosperità della guerra è come la prosperità portata da un terremoto o dalla peste.” L'analogia era adeguata nella Prima Guerra Mondiale, nella Seconda Guerra Mondiale e durante la Guerra Fredda. Rimane adeguata anche oggi. Contrariamente ai proclami degli economisti keynesiani, la spesa di deficit del governo non creerà qualcosa dal niente; certamente avrà costi di opportunità. Quando la spesa pubblica va a mantenere un abnorme apparato militar-industrial-imperiale, i costi di opportunità sono ancora maggiori, perché comprendono vite e libertà, così come i consueti sacrifici economici.
Se qualcuno sentiva il bisogno di assaporare l'aria fascista che tirava negli anni 30, questo brano è l'ideale. In quanto all'autore, mi unisco all'augurio calorosamente espresso da Linucs nel suo commento in proposito.
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Il keynesismo militare ci salverà?
Di Robert Higgs
Scrivendo sul Wall Street Journal il 24 dicembre 2008, Martin Feldstein ci regala un articolo intitolato “Spendere per la difesa sarebbe un grande stimolo.” Il titolo dice tutto quello che dovete sapere: il keynesismo militare è la medicina che prescrive questa eminente figura dell'Establishment politico-economico: un professore di Harvard, ex Presidente del Consiglio dei Consulenti Economici, ex presidente dell'Associazione Economica Americana, presidente emerito dell'Ufficio Nazionale della Ricerca Economica e membro del Comitato Consultivo di Intelligence Estera del presidente. Che un uomo così pregno di onori e successi professionali venda una simile cianfrusaglia da tempo screditata dice molto delle condizioni dell'economia mainstream. Quando pensate che non si possa andare più a fondo, vi accorgete che si può.
Feldstein ritiene che “contrastare una profonda recessione economica richiede un aumento nella spesa pubblica per compensare il netto declino nella spesa di consumo e negli investimenti aziendale ora in corso. Senza un tale aumento nella spesa pubblica, la recessione economica sarebbe più profonda e più lunga.” Questa dichiarazione contiene l'essenza del volgare keynesismo. Sembrerebbe che Feldstein, come quasi ogni altro leone dell'economia mainstream, abbia mancato di notare che dal campione che per lo stesso test empirico che la professione considera sacrosanto, questa teoria è stata decisivamente confutata dagli eventi del 1945–-47 – o forse gli economisti mainstream credono che dopo la così bella dimostrazione di coraggio, come la considerano loro, del loro modello dal 1940 al 1945, il suo abissale fallimento nelle previsioni dal 1945 al 1947 non debba esser preso seriamente.
Come se questa cecità non fosse abbastanza, la continuazione è ancora peggio, perché il cieco economista non solo propone di impiegare volgari misure keynesiane per frenare la recessione corrente, ma propone anche che il cieco conduca il cieco lungo il peggiore percorso possibile: il governo non aumenti semplicemente la spesa pubblica in generale; aumenti la spesa militare e altre apparenti spese per la sicurezza nazionale in particolare. “Un aumento provvisorio nelle spese del DOD sui rifornimenti, sulle attrezzature e sulla forza lavoro dovrebbe essere una parte importante di quell'aumento [dell'amministrazione Obama] nelle spese generali di governo. Lo stesso si applica al dipartimento della Sicurezza della Patria, alla FBI e ad altre parti della comunità di intelligence nazionale.” Feldstein prevede la creazione di circa 300.000 posti di lavoro come conseguenza del gettare disordinatamente dei soldi nell'aumento del personale militare, nell'addestramento, negli strumenti e nell'acquisizione di articoli importanti quali gli aerei da combattimento, i velivoli da trasporto e le navi da guerra.
Quindi, “un aumento di breve durata notevole nella spesa per la difesa e l'intelligence da una parte stimolerebbe la nostra economia e dall'altra rinforzerebbe la sicurezza della nostra nazione.” Feldstein parla come se l'esercito degli Stati Uniti sia attualmente una cosa afflosciata, esaurita, disperatamente necessitante di essenziali riparazioni, rifornimenti, allargamento e ammodernamento, nonostante il fatto che non ci sia nazione sulla terra che si avvicini a rappresentare una seria sfida militare per gli Stati Uniti e che i gruppi irregolari di fanatici islamici nelle caverne del Pakistan e nei vicoli delle grandi città dell'Asia e dell'Europa pongano, al massimo, un problema di polizia, e non una minaccia contro la sicurezza nazionale degli Stati Uniti. Egli sembra non apprezzare che il governo stia già spendendo più di un trilione di dollari l'anno per scopi di tipo militare.
L'articolo di Feldstein ci ricorda che le élite che governano questo paese hanno un'alta soglia per l'imbarazzo. Tireranno fuori senza vergogna qualsiasi triste apparato intellettuale per giustificare la rapina dei soldi dei contribuenti da incanalare poi verso gli appaltatori corporativi privilegiati ed all'orda dei parassiti sul libro paga del governo. Per quanto possa essere intellettualmente spregevole il keynesismo militare, esso tuttavia ha una provata tradizione nel portare l'Establishment dove vuole andare.
Per decenni, i segretari della Difesa hanno contribuito a giustificare le loro richieste pantagrueliche di preventivo sostenendo che gli alti livelli di spesa militare avrebbero fatto “bene all'economia” e che spese militari ridotte avrebbero causato la recessione. Così il comune è diventato questo argomento che i critici marxisti gli hanno dato il nome adeguato di keynesismo militare. Sia a destra che a sinistra, la gente ha creduto che le enormi spese militari avrebbero spinto in alto un'economia che, in assenza di questo supporto, sarebbe sprofondata nella depressione. Tale pensiero ha giocato un ruolo importante nel processo politico che ha diretto circa 15 trilioni (in odierni dollari) in spese militari per la Guerra Fredda fra il 1948 ed il 1990. Né è sparito dopo che l'Unione Sovietica poco sportivamente ha lasciato il campo da gioco.
Il keynesismo militare ha sufficiente plausibilità superficiale da avergli fatto raccogliere un seguito notevole in certi ambienti persino prima che la Teoria Generale di Keynes gli avesse dato un'apparente rispettabilità intellettuale. Nel suo libro del 1944 As We Go Marching, John T. Flynn annotò come un fatto “questa devozione degli elementi conservatori al potere militare,” e sottolineò che “il militarismo è quel grande, affascinante progetto di opera pubblica sul quale vari elementi nella comunità possono trovarsi d'accordo.” Egli capì, tuttavia, che la spesa pubblica militare ha conseguenze ben più gravi della classica costruzione keynesiana di piramidi. “Inevitabilmente, avendo ceduto al militarismo come strumento economico, faremo ciò che altri paesi hanno fatto: manterremo viva nel nostro popolo la paura delle ambizioni aggressive di altri paesi e noi stessi ci imbarcheremo in imprese imperialistiche per nostro conto.” Flynn si merita un buon voto come profeta.
L'economia keynesiana si basa sulla presunzione che la spesa pubblica, sia per munizioni che per altre merci, crea un'addizione alla domanda aggregata dell'economia e quindi impiega lavoro ed altre risorse che altrimenti rimarrebbero inattive. L'economia ottiene non solo la produzione supplementare causata dall'uso di queste risorse, ma ancora maggiore produzione grazie ad un “effetto moltiplicatore.” Da qui arriva l'affermazione keynesiana che persino la spesa pubblica per far scavare alla gente delle buche per terra per poi riempirle abbia effetti benefici: anche se gli spalatori non creano niente di valore, l'effetto moltiplicatore è messo in moto allorché spendono il loro reddito monetario per i beni di consumo appena prodotti da altri.
Tale teoria non ha mai affrontato precisamente il motivo di fondo per l'iniziale inattività della forza lavoro e delle altre risorse. Se gli operai vogliono lavorare ma non possono trovare un datore di lavoro che voglia assumerli, è perché non sono disposti a lavorare ad un tasso salariale che renda la loro occupazione utile per il datore di lavoro. La disoccupazione risulta quando il tasso salariale è troppo alto per “incontrare il mercato.” I keynesiani hanno inventato bizzarre ragioni – rivendicazioni salariali rigide verso il basso, una “trappola della liquidità” – per spiegare perché nel mercato del lavoro durante la Grande Depressione domanda e offerta non si incontravano ed hanno quindi a lungo continuato ad accettare tale ragionamento dopo che la depressione è sbiadita nella storia. Ma quando i mercati del lavoro non hanno funzionato, durante gli anni 30 o altre volte, le cause si possono trovare solitamente nelle politiche del governo – quali la National Industrial Recovery Act del 1933, la National Labor Relations Act del 1935 e la Fair Labor Standards Act del 1938, fra molte altre – che ostruiscono il normale funzionamento del mercato del lavoro.
Così, le politiche governative hanno creato un'alta e continua disoccupazione e i keynesiani ne hanno dato la colpa al mercato. Hanno poi accreditato i deficit del tempo di guerra del governo per aver sollevato l'economia dalla Grande Depressione ed hanno elogiato le continue spese militari per aver impedito un altro crollo economico. In questo modo, l'economia sana è stata sostituita da idee economiche congeniali ai politici spendaccioni, agli appaltatori militari, ai sindacati e agli economisti di sinistra – ed alla fine anche agli economisti presumibilmente conservatori, come Martin Feldstein.
Quanto meglio sarebbe stato se la saggezza di Ludwig von Mises fosse stata presa in considerazione. In Nation, State, and Economy (1919), Mises scrisse: “La prosperità della guerra è come la prosperità portata da un terremoto o dalla peste.” L'analogia era adeguata nella Prima Guerra Mondiale, nella Seconda Guerra Mondiale e durante la Guerra Fredda. Rimane adeguata anche oggi. Contrariamente ai proclami degli economisti keynesiani, la spesa di deficit del governo non creerà qualcosa dal niente; certamente avrà costi di opportunità. Quando la spesa pubblica va a mantenere un abnorme apparato militar-industrial-imperiale, i costi di opportunità sono ancora maggiori, perché comprendono vite e libertà, così come i consueti sacrifici economici.
Ormai hanno un'unica risposta che ripetono come un mantra, più spesa, più spesa, più spesa
ReplyDelete_______
dottore, il paziente è in coma etilico!
presto! portate del vino! più vino, più vino!
presto! portate del vino! più vino, più vino!
ReplyDeleteE' così che a Bush è venuta quella faccia...
E' così che a Bush è venuta quella faccia...
ReplyDeleteDavvero? E io che credevo che gli fosse venuta a furia di ingurgitare supposte, non avendo il QI minimo per comprendere il significato della semplice prescrizione "per via anale"...