Friday, February 29, 2008

Thursday, February 28, 2008

Lezione di delazione

Direttamente dagli incubi di Orwell, questo video della polizia dello stato del Michigan istiga alla delazione, addestra al sospetto, promuove la paura e diffonde la sfiducia tra le persone. La parola chiave è terrorista: o sei con noi, o sei con loro. A questo punto però, tra il “noi” e il “loro,” diventa piuttosto difficile distinguere chi cazzo è il terrorista.

Piove, governo ladro!

Bell'articolo di Jeffrey A. Tucker sulla siccità, la pioggia, l'emergenza e la proprietà pubblica dell'acqua. Posti di fronte alla privatizzazione che l'autore suggerisce, i fans dello statalismo sollevano in genere l'automatica obiezione: e se i privati decidessero di razionare l'acqua, o di alzare eccessivamente i prezzi, o di venderla solo a chi vogliono loro? Beh, innanzitutto bisognerebbe dire che lo scopo dell'azienda privata è, in genere, di vendere i suoi prodotti al maggior numero possibile di persone, ma ammesso e non concesso che una simile condizione si verificasse, non può forse fare la stessa cosa un governo – meglio ancora, non lo fa effettivamente ogni volta che lo ritiene utile?

La differenza non trascurabile è che lo stato può imporre le sue decisioni proteggendosi con le enormi forze militari e di polizia pagate dallo stesso contribuente, laddove il privato dovrebbe provvedere con mezzi suoi, rendendo il gioco economicamente svantaggioso.
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Di Jeffrey A. Tucker


Ancora una volta, l'ennesima in questo mese, arrivo al lavoro completamente inzuppato. Uscire dall'automobile e raggiungere il portone del Mises Institute è come fare il ciclo del risciacquo – e gli ombrelli semplicemente non fanno per me. Quello che colpisce è che questo tipo di tempo arriva dopo un anno di pressanti avvertimenti dei funzionari governativi sulla letale siccità che starebbe distruggendo la regione, come potete vedere facilmente dalle mappe di accertamento della siccità del governo degli Stati Uniti.

In effetti, queste mappe sono interessanti. Danno l'impressione che l'intera nazione sia un territorio inaridito che vacilla fra la siccità persistente e le siccità in miglioramento. Nessuna zona è segnata come “fradicia” o “solo la giusta quantità di pioggia.” E se riflettete sugli annunci di governo su queste cose, ogni luogo sembra cadere in una di queste tre categorie: alluvione catastrofica, siccità catastrofica, trascurabile.

Alcuni anni fa, il capo della burocrazia locale incaricata della distribuzione di acqua è stato citato nel giornale: “se queste circostanze persistono, razionare diventerà sicuramente necessario.” Se queste circostanze persistono? Questa è bella davvero. Potremmo quindi dire durante la prossima pioggia: “se queste circostanze persistono, diventerà necessario che tutti costruiscano un'arca.” Le circostanze non persistono mai. Cambiano. E i burocrati non lo sopportano.

Si sospetta che queste stesse persone amino la siccità. La siccità dà loro il potere, non solo sull'uso generale dell'acqua. Gli piace fare pressione sulla gente su ogni minimo particolare della vita. Gli permette di dirvi che dovete fare docce più brevi. Vi dicono che dovete irrigare di meno. Vi impongono un profondo senso di colpa per l'innaffiamento del basilico che cresce sul vostro davanzale.

La siccità può trasformare il più candido impiegato pubblico nell'equivalente morale di un agente della Gestapo, che pubblica editti e impone indennità, che stana i ladri di acqua, tutto in nome dell'interesse pubblico.

La siccità mette il vicino contro al vicino e trasforma tutti in una classe criminale, ridotti a strisciare di notte per bagnare le piante di pomodori. La siccità rende tutti dipendenti dallo stato. Dobbiamo leggere le loro regole, tipo, “le case pari possono innaffiare il prato dalle 4 alle 6, lunedì, giovedì e domenica.”

Così pioggia, pioggia, vattene via. Questo è il loro ritornello.

Il burocrate internazionale ha una caratteristica comune: detesta il “consumismo.” Laddove la gente desidera avere la scelta su come spendere i suoi soldi, i burocrati ci vogliono far soffrire costantemente e sono intensamente informati su cosa usiamo, non fidandosi del sistema dei prezzi per determinare i nostri modelli di consumo ma piuttosto l'obbedienza a regolamenti e restrizioni.

Si noti che nessuna siccità si conclude mai ufficialmente. Le carte sono piene di avvertimenti sull'imminente rovina nel momento peggiore. Ma quando arrivano i torrenti di pioggia – come invariabilmente alla fine accade – non c'è nessun comunicato stampa che dica qualcosa tipo: “grazie a dio, la siccità è finita. Usate tutta l'acqua che siete disposti a pagare!”

Mai, mai, mai. Non lo dicono mai. Preferirebbero piuttosto che rimanessimo con la sensazione che la siccità non sia mai realmente finita, poiché, dopo tutto, potrebbe sempre ritornare.

Il nucleo del problema qui ha niente a che fare con la pioggia ed i cambiamenti del tempo. Il tempo in effetti sta cambiando dall'alba del tempo. Ciò che genera il problema è la proprietà pubblica dei mezzi di produzione e del sistema assolutamente irrazionale per cui il prezzo rimane invariato qualunque sia la disponibilità. Non c'è reale profitto. Né ci sono perdite. Così non c'è alcun calcolo economico. I prezzi sono determinati da indicatori extra-mercato.

Pensate alla differenza con il sistema di mercato. Ogni giorno siamo spinti a consumare ogni prodotto si possa immaginare: automobili, sedano, computer, qualsiasi cosa. C'è una calibratura costante di domanda ed offerta. Se qualcuno tenta di sovrapprezzare un prodotto e realizzare profitti, arriva un altro imprenditore che offre lo stesso prodotto a prezzo minore e si porta via i profitti. L'innovazione è ovunque, di modo che i fornitori sono obbligati a rinnovarsi per rimanere a galla. Non ci sono profitti permanenti. Sempre e dappertutto sono minacciati. Attualmente, questo accade quasi da un giorno all'altro.

Ora pensate alla differenza con i mercati pubblici dell'acqua, in cui il tema è sempre: ne state usando troppa. Interessante, non è vero? Perché è così? Perché al mercato non viene permesso di funzionare. Questo non ha niente a che fare con il prodotto in questione. Se ne dubitate, andate alla vostra drogheria locale ed alla sezione dell'acqua in bottiglia in particolare. C'è una gran varietà di scelta, ed ogni fornitore vi prega di consumare. Ma nei mercati pubblici dell'acqua, vi chiedono di risparmiare. La proprietà statale e l'amministrazione dei mezzi di produzione è il motivo chiave. Privatizzate – privatizzate completamente – la fornitura d'acqua e un cambiamento avverrebbe il giorno dopo.

La gente immediatamente risponde che questa è un'idea pazzesca. I torrenti, i laghi, i serbatoi e le torrette dell'acqua non possono essere posseduti privatamente! Ma è realmente così? Ci sono molti casi di privatizzazione parziale, comunque come questa voce suggerisce, i mandati sono estremi. Non c'è dubbio che ci sono guadagni in efficienza che vengono con il subappalto ed i mercati privatizzati ma regolati. La soluzione migliore è la stessa che si applica a tutte le aree della vita che sono considerate merci pubbliche, dalla raccolta e l'eliminazione dei rifiuti alle scuole ed alla difesa: il governo dovrebbe uscire dal commercio interamente.

Parliamo dell'opposizione. I sindacati del lavoro vanno giù di testa quando gli si presenta l'idea. I burocrati anche. Ci si mettono anche i gruppi religiosi. Vedete, per esempio, il movimento crescente delle Suore Contro l'Acqua in Bottiglia. I Presbiteriani per il Ristabilimento della Creazione stanno facendo circolare petizioni affinchè la gente firmi il giuramento di rinunciare a bere l'acqua in bottiglia. Questa gente sostiene che non dovremmo pagare quello che dovrebbe essere un regalo di Dio. Ma stranamente, questa stessa gente non sembra avere un problema con il pagamento della bolletta dell'acqua governativa.

Guardate, non è complicato: siccità è un altro nome per scarsità. Il governo è capace di generare scarsità per qualsiasi merce attraverso l'amministrazione burocratica. I prezzi non rispondono alla domanda e all'offerta e una mancanza di innovazione caratterizza la produzione. Lo vediamo nell'istruzione, nelle poste, nella difesa, nei tribunali ed in ogni altra area in cui il governo goda di un monopolio. Non dovrebbe sorprendere che lo stesso è vero nella provvigione dell'acqua. Invece di incolpare Madre Natura ed i consumatori, i commissari dell'acqua dovrebbero osservare più vicino a casa loro per vedere perché ognuno è tenuto a vivere nel timore ed è ridotto a fare la danza della pioggia per accontentare gli dèi dell'acqua.
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Jeffrey Tucker è editore di Mises.org. Vedi il suo archivio. Mandagli una mail. Commenta sul blog.

Link all'articolo originale.

Wednesday, February 27, 2008

La bolla in buca

“Occorre diffondere con maggior vigore la cultura del gioco del golf fra il pubblico e la percezione della sua importanza quale fondamentale volano per lo sviluppo economico e turistico di alcune aree del Paese.”
(Senatore Pedrini, disegno di legge n.2780)
La grande bolla dell'economia mondiale mostra ormai le crepe dell'imminente scoppio quasi in ogni campo, e quello verde e bucolico del golf non fa eccezione. Anche lo sport più praticato al mondo, quello a cui il senatore Pedrini voleva affidare lo sviluppo economico italiano, è ufficialmente entrato in recessione: in un recente articolo dedicato alla crisi del golf il New York Times raccoglie le opinioni di diversi professionisti e imprenditori del green, secondo i quali le ragioni sarebbero da ricercare soprattutto nei ritmi di lavoro più serrati, nella mancanza di tempo per uno sport che ne richiede parecchio anche per una semplice partita. E così i giocatori diminuiscono, i club perdono soci, i nuovi campi realizzati negli ultimi anni si seccano e vengono svenduti.

Secondo Rodney Warnick, professore all’università del Massachusetts “c’è una nuova generazione che non è più così attiva come lo era quella precedente;” sulla stessa linea Walter Hurney, costruttore di ville vicino ai campi: “il problema è il tempo. Sempre più persone non vogliono rinunciare a stare con la famiglia nel poco tempo libero che hanno a disposizione,” mentre Jim Kass, direttore del centro ricerche della National Golf Foundation, non sottovaluta il fattore economico: “meno tempo, certo. Ma anche due lavori, salari reali che non crescono, pensioni che se ne vanno.”

In breve, nulla di particolarmente sorprendente, solo la caratteristica storia di una bolla gonfiata troppo e arrivata al punto di rottura. Tra il 1990 e il 2003, negli Usa, sono stati realizzati tremila campi, per un totale di sedicimila. Il golf tirava, sembrava in continua espansione, e a centinaia hanno deciso di investirci. Persino Veltroni, mostrando un acume che getta qualche ombra sulle nostre speranze per il futuro, lanciava a Roma il primo campo pubblico, formula “pay and play.” Poi, la crisi: in questi ultimi anni le chiusure sono state centinaia e percorsi da trentasei buche sono messi in vendita a 5,5 milioni di dollari, all'incirca il prezzo di un appartamento a Manhattan. Un errato calcolo economico, niente di più, niente di meno. Il mercato era già saturo, le condizioni economiche sono cambiate e con esse le priorità; del resto, quale poteva mai essere l'utilità marginale del golf?

Tutto ciò può sembrare di relativa importanza, ma è invece utile per ispirare una riflessione sull'economia più in generale. Quale sarebbe infatti la soluzione keynesiana alla crisi del golf? Lasciare che i club e i campi in eccesso chiudano i battenti, liberando le risorse – tra cui la grande quantità d'acqua necessaria a mantenere il green fresco e brillante, non dimentichiamolo – impegnate in un investimento non remunerativo che potranno così essere reinvestite altrove, in attività più richieste, lasciare che gli imprenditori poco avveduti paghino il conto dei loro errori? Giammai! E i preziosi posti di lavoro che si perderebbero in questa maniera, i caddie specializzati, i maestri di golf che dovranno reinventarsi una professionalità, dove li mettiamo? No, la soluzione giusta è l'intervento di spesa, la sovvenzione, i buoni-golf da distribuire ai consumatori. Questa sarebbe la perfetta ricetta keynesiana per risollevare la mazza e salvare le palline: “salvare” i posti di lavoro facendo pagare a tutti i contribuenti gli errori di alcuni imprenditori.

Sembra assurdo, pure è così. Confrontate tutte gli altri settori in crisi, dalla Malpensa, all'Alitalia, alla Fiat, la soluzione dello stato è sempre la stessa: la spesa, la pioggia di soldi per mantenere operanti imprese già defunte, che assorbono come buchi neri enormi risorse economiche sottratte arbitrariamente alla società. È la teoria di Keynes, scava le buche, riempi le buche: piena occupazione. Perché non dovrebbe valere anche per il golf, con tutte quelle belle buche già pronte, peraltro?

Tuesday, February 26, 2008

Piccolo Glossario della Neolingua #28

“A thing is not necessarily true because a man dies for it.”
(Oscar Wilde)
“Fortunato quel paese che non ha bisogno di eroi,” scriveva Bertold Brecht. Ma non c'è stato che possa farne a meno, per nutrire il suo mito col sangue del sacrificio. E il sacrificio è richiesto in qualche misura a tutti, se non dell'intera vita comunque di una parte di essa, che allo stato-divinità deve essere dedicata.
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Sacrificio
Significato originario:
1 nei culti pagani e in molte religioni non cristiane, offerta di doni o vittime alla divinità compiuta per manifestare la propria sottomissione, per esprimere riconoscenza o per renderle onore: s. umano; offrire un animale in s. agli dei | estens., la cerimonia che accompagna tali offerte: durante il s. il sacerdote invocò gli dei
2 relig. ⇒ sacrificio della croce
3a offerta spirituale del credente a Dio che comporta la totale accettazione della volontà divina: offrire in s. a Gesù le proprie sofferenze
3b offerta della propria vita per sostenere un ideale o per il bene di altri: era pronto al s. di sé per la libertà della patria | morte, perdita umana: le guerre costano il s. di molte vite
3c estens., grave rinuncia deliberatamente sopportata in vista di un dato scopo: il successo gli è costato grossi sacrifici | iperb., rinuncia a comodità o a ciò che è gradito: alzarmi presto alla domenica è un s.

Come è facile constatare leggendo le definizioni offerte dal vocabolario, il lemma sacrificio origina nel linguaggio prettamente religioso, e descrive il gesto di offrire in dono alla divinità sia i frutti della terra e del proprio lavoro che, in casi estremi, la propria vita, come ringraziamento per il fatto di averli ricevuti in dono in primo luogo.

Ed è proprio grazie allo smodato uso che i rappresentanti politici fanno di questo lemma che possiamo comprendere una volta di più quanto l'ideologia statalista sia in realtà una dottrina religiosa: per essi, questo dobbiamo credere, la nostra prosperità, la nostra sicurezza e la nostra stessa vita discendono dal supremo organismo dello stato, al quale dobbiamo la nostra riconoscenza. In cambio, e per meritarci la promessa di un futuro sempre più luminoso nel prossimo paradiso terrestre, è dovuto da parte nostra il periodico sacrificio di una parte delle nostre sostanze, e talvolta della vita.

È a questo punto però che la contraddizione esplode nella sua chiarezza: il sacrificio della vita con lo scopo di ottenere un paradiso al di qua della morte non ha molto senso. A questo problema si ovvia con le cerimonie solenni per i militari caduti in qualche angolo di mondo – i missionari democratici – con grande sfoggio di retorica militaresca in cui la patria assume contorni immateriali, trasfigurandosi. Gli eroi sono immortali nel ricordo, e il loro sangue scorre nelle vene dell'organismo sociale rinvigorendolo. La via per il paradiso democratico è lunga e necessita di sacrifici, il cui giusto corrispettivo è da trovarsi in concetti vagamente mistici quale il “sentimento di identità nazionale:”

Come Comandante più elevato in grado dei reparti colpiti da questo lutto – anche a nome dei familiari dei caduti – ringrazio il Consiglio Regionale, le Autorità e tutti gli intervenuti, per questa commemorazione che evidenzia la sensibilità della Regione Campania davanti alla tragedia che ha investito le Forze Armate e i civili impegnati nella delicata e difficile missione “Antica Babilonia” in Iraq.

Questa seduta straordinaria costituisce un momento solenne che ben sintetizza le numerose manifestazioni di straordinaria solidarietà e di profondo affetto pervenuteci in questi giorni dai vertici delle Istituzioni e da cittadini di ogni estrazione sociale.

Sono queste espressioni, il sostegno di tutti, che hanno ulteriormente rafforzato il sentimento di identità nazionale e la vicinanza della gente alle Forze Armate e che costituiscono per esse giusta gratificazione dei loro sacrifici.
Ci si sente maggiormente italiani quando muoiono alcuni militari – in un posto dove non dovevano essere, peraltro? Si è avvicinato forse l'agognato paradiso statale che si suppone essere sempre a distanza di qualche sacrificio in più? Non hanno forse più prosaicamente cessato di esistere alcune vite che avrebbero potuto essere probabilmente più produttive, e che finché sono durate sono oltretutto costate ulteriori sacrifici da parte degli altri componenti dell'organismo sociale? Questa però sarebbe solo un'interpretazione razionale, e la razionalità rifiuta l'idea della sacralità dello stato.

Non c'è allora migliore strumento per indottrinare le masse con questa fittizia sacralità del sangue offerto in sacrificio, immagine capace di risvegliare potenti ricordi ancestrali utili per manipolare le menti e la volontà del popolo. Ma la vita non discende dallo stato, né la prosperità o la sicurezza: i nostri sacrifici servono soltanto a mantenere questa piaga purulenta in cui si annidano voraci parassiti disposti a tutto pur di mantenere la loro confortevole posizione.

Monday, February 25, 2008

L'incantesimo monetario

Non lo si ripeterà mai abbastanza: la ricchezza non si può creare dal nulla per mezzo di una magica stampante. Ricordo che i miei genitori, quand'ero ancora un bambino capriccioso come tutti i bambini, solevano ripetermi che “i soldi non crescono sugli alberi,” intendendo che la soddisfazione di qualsiasi desiderio fosse necessariamente subordinata ad un certo sacrificio, ad una certa quantità di lavoro.

Del resto, se i soldi crescessero davvero sugli alberi, d'autunno seccherebbero e cadrebbero a terra e nessuno si preoccuperebbe di raccoglierli. Il loro numero e la facilità con la quale sarebbe possibile reperirli li renderebbe del tutto inutili per lo scopo per il quale sono stati inventati: facilitare lo scambio di merci tra le persone. Eppure i cosiddetti “esperti di economia” ed i politici continuano a diffondere questo pensiero magico per cui la creazione di ricchezza dal nulla è possibile ed anzi necessaria alla crescita economica.


E nonostante il progressivo impoverimento della larga maggioranza delle persone a beneficio dei pochi, la gente – come ipnotizzata – continua a credere a questo gioco di prestigio, ed a richiedere a gran voce altre magie da quello che possiamo ben definire il “Regno degli Incantesimi:” lo stato.
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È possibile creare qualcosa dal nulla?

Di Frank Shostak


Nella sua testimonianza al Comitato del bilancio della Camera dei rappresentanti il 17 gennaio 2008, il presidente Ben Bernanke della Riserva Federale ha dato il suo forte sostegno al pacchetto dello stimolo fiscale del presidente Bush per rafforzare l'economia. Fra le varie misure di imposta il pacchetto offre anche uno sgravio fiscale diretto per gli individui con reddito medio e basso. Secondo Bernanke c'è buona evidenza che i contanti che vanno agli individui di reddito medio-basso è più probabile che vengano spesi a breve scadenza, e che quindi, da questo punto di vista, favoriscano lo sviluppo economico. [1]

Per la maggior parte degli economisti e dei commentatori finanziari il cuore dello sviluppo economico è l'aumento nella domanda di merci e servizi. Si presuppone che aumenti o diminuzioni nella domanda creino aumenti e diminuzioni nella produzione di merci e servizi. Inoltre si presuppone che la resa economica in generale aumenti di un multiplo della variazione nella spesa del governo, dei consumatori, o degli affari.

Un esempio illustrerà come una spesa iniziale aumenti il rendimento generale di un multiplo di tale spesa. Supponiamo che, di un dollaro supplementare ricevuto, gli individui spendano 90¢ e conservino 10¢. Inoltre, supponiamo che i consumatori abbiano aumentato la loro spesa di $100 milioni. Come conseguenza, il reddito dei rivenditori aumenta di $100 milioni. I rivenditori in risposta all'aumento nel loro reddito consumano il 90% dei $100 milioni, cioè, aumentano la spesa in merci e servizi di $90 milioni. I destinatari di questi $90 milioni a loro volta spendono 90% dei $90 milioni, cioè, $81 milioni. Quindi i destinatari degli $81 milioni spendono il 90% di questa somma, cioè $72.9 milioni e così via. Si noti che la chiave in questo modo di pensare è che la spesa di una persona si trasforma nel reddito di un'altra.

In ogni fase della catena di spesa, la gente spende il 90% del reddito supplementare che riceve. Questo processo finalmente si conclude, così si suppone, con un rendimento totale di $1 miliardo in più (10*$100 milioni) rispetto a prima che i consumatori aumentassero la loro spesa iniziale di $100 milioni.

Osservate che più viene speso dal reddito supplementare maggiore è il moltiplicatore, quindi l'effetto della spesa iniziale sulla resa generale è più grande. Per esempio, se le persone cambiano le loro abitudini e spendono il 95% di ogni dollaro, il moltiplicatore si trasformerà in 20. Per contro, se decidono di spendere soltanto l'80% e risparmiare il 20% allora il moltiplicatore sarà 5. Questo significa che meno si risparmia, più grande è l'effetto di un aumento nella domanda generale sul rendimento generale.

Il divulgatore del potere magico del moltiplicatore, John Maynard Keynes, scrisse,
Se il Ministero del Tesoro dovesse riempire vecchie bottiglie di banconote, seppellirle a profondità opportune nelle miniere di carbone in disuso che quindi saranno riempite fino alla superficie di rifiuti cittadini e lasciasse all'impresa privata secondo gli sperimentati principi del "laissez faire" di scavare fuori le banconote (il diritto di farlo essendo ottenuto, naturalmente, offrendo contratti d'affitto dei territori in cui si trovano le banconote), non ci sarebbe più disoccupazione e con l'aiuto delle ripercussioni, il reddito reale della comunità, ed anche la sua ricchezza capitale, probabilmente diventerebbe molto più grande di quanto lo sia realmente.[2]

Il moltiplicatore è una cosa reale?

Un maggior risparmio è un male per l'economia come implica il modello del moltiplicatore? Prendete per esempio Bob l'agricoltore che ha prodotto venti pomodori e ne consuma cinque. Ciò che resta a sua disposizione sono quindici pomodori risparmiati (risparmio reale). Con l'aiuto dei quindici pomodori risparmiati Bob può ora assicurarsi varie altre merci. Per esempio, compra una pagnotta da John il panettiere pagandola con cinque pomodori. Bob inoltre compra un paio di scarpe da Paul il calzolaio pagandole con dieci pomodori.
Si noti che il risparmio reale a sua disposizione limita la quantità di beni di consumo che Bob può assicurarsi. In breve, il potere di acquisto di Bob è imposto dall'importo del risparmio reale, cioè, dai pomodori a sua disposizione, a parità di circostanze (allo stesso modo se John il panettiere ha prodotto dieci pagnotte e ne consuma il suo risparmio reale è di otto pagnotte. Ugualmente, se da una produzione di due paia di scarpe Paul ne tiene un paio per sé allora il suo risparmio reale è un paio di scarpe).

Quando Bob l'agricoltore esercita la sua domanda di una pagnotta ed un paio di scarpe sta trasferendo cinque pomodori a John il panettiere e dieci pomodori a Paul il calzolaio. I pomodori risparmiati da Bob mantengono e migliorano la vita ed il benessere del panettiere e del calzolaio. Inoltre la pagnotta di pane ed il paio di scarpe risparmiati provvedono alla vita ed al benessere di Bob l'agricoltore. Si noti che sono i beni finali di consumo risparmiati che sostengono il panettiere, l'agricoltore ed il calzolaio – che rende possibile mantenere il flusso della produzione.

Ora, i proprietari dei beni finali di consumo, piuttosto che scambiarli per altri beni di consumo, potrebbero decidere di usarli per assicurarsi attrezzi e macchinari migliori. Con gli attrezzi ed i macchinari migliori, è possibile produrre un rendimento maggiore e una qualità migliore dei beni di consumo in un certo tempo nel futuro.

Scambiando una parte dei beni di consumo risparmiati per attrezzi e macchinari, i proprietari dei beni di consumo in effetti stanno trasferendo il loro risparmio reale agli individui specializzati nel costruire questi attrezzi e macchinari. In breve, il risparmio e reale sostiene questi individui mentre sono occupati a costruirli.

Una volta che questi attrezzi e macchinari sono costruiti, consentono un incremento nella produzione dei beni di consumo. L'espansione del flusso di produzione consente un maggiore risparmio, a parità di circostanze, che a sua volta consente un ulteriore accrescimento nella produzione di attrezzi e macchinari. Questo a sua volta rende possibile alzare ulteriormente la produzione dei beni di consumo, cioè aumenta il potere di acquisto nell'economia. Così, contrariamente alla vulgata comune, il maggiore risparmio in realtà espande e non contrae il flusso di produzione dei beni di consumo.

Può l'aumento nella domanda dei beni di consumo condurre ad un aumento nel rendimento generale di un multiplo dell'aumento nella domanda? Per potere soddisfare l'aumento nella sua domanda di beni, il panettiere deve avere dei mezzi di pagamento, cioè del pane per pagare le merci ed i servizi che desidera. Abbiamo visto che acquista cinque pomodori pagandoli con una pagnotta. Inoltre il calzolaio sostiene la sua domanda di dieci pomodori con un paio di scarpe. Il coltivatore di pomodori sostiene la sua domanda di pane e di scarpe con i suoi quindici pomodori risparmiati.

Una volta aumentata la fornitura di beni finali, questo consente un aumento nella domanda di beni. L'incremento nella produzione di pane permette al panettiere di aumentare la domanda per altre merci. In questo senso l'incremento nella produzione aumenta la domanda. In breve, la gente è occupata nella produzione per potere esercitare la domanda di beni per mantenere la loro vita ed il loro benessere.

Abbiamo visto che ciò che permette l'espansione nella fornitura dei beni di consumo finali è l'aumento di beni capitali o attrezzi e macchinari. Ciò che a sua volta consente l'aumento di attrezzi e macchinari è il risparmio reale. Possiamo così arguire che l'aumento nel consumo deve essere in conformità con l'incremento della produzione. Da questo possiamo anche dedurre che il consumo non induce la produzione ad aumentare di un multiplo dell'aumento nel consumo. L'incremento della produzione è conforme a ciò che la somma dei risparmi reali permette e non è imposto dalla domanda di beni di consumo come tale. La produzione non può espandersi senza il supporto della somma del risparmio reale, in altre parole niente può crearsi dal nulla.

Esaminiamo l'effetto di un aumento nella domanda governativa sul rendimento generale di un'economia. In un'economia, che è composta da un panettiere, un calzolaio ed un coltivatore di pomodori, entra in scena un altro individuo. Questo individuo è un impositore che esercita la sua domanda di beni per mezzo della forza.

Può tale domanda aumentare il rendimento, come da pensiero comune? Al contrario, impoverirà i produttori. Il panettiere, il calzolaio ed il coltivatore saranno costretti a dividere il loro prodotto in uno scambio contro niente e questo a sua volta indebolirà il flusso di produzione dei beni di consumo finali. Ancora, si può vedere, non soltanto l'aumento nella spesa del governo generale non aumenta il rendimento generale per un multiplo positivo, ma al contrario questo conduce all'indebolimento nel processo della generazione di ricchezza in generale. Secondo Mises,
[V]i è necessità di enfatizzare la realtà che un governo può spendere o investire soltanto ciò che sottrae ai suoi cittadini e che la sua spesa ed investimento supplementari riduce la quantità totale di spesa e investimento dei cittadini.[3]

L'iniezione di denaro rende possibile il moltiplicatore?

L'iniezione di denaro non altera le nostre conclusioni. Il denaro contribuisce soltanto a facilitare il commercio fra i produttori – non generano alcuna sostanza reale. In breve, il denaro è solo un diritto sui beni reali risparmiati. Mises era in accordo con Jean-Baptiste Say:
Le merci, disse Say, sono alla fine pagate non con il denaro, ma con altri prodotti. Il denaro è soltanto il mezzo di scambio comunemente usato; svolgono soltanto un ruolo intermedio. Ciò che il venditore desidera ricevere alla fine in cambio dei suoi prodotti sono altri prodotti.[4]
Quando un individuo aumenta la sua spesa di $100, tutto quello che significa è che ha abbassato la sua domanda di denaro di $100. Possiamo anche dire che l'individuo ha esercitato il suo diritto sui beni reali risparmiati per la somma di $100. Il venditore delle merci ha ora acquistato $100 di diritti sul risparmio reale. Possiamo anche dire che la domanda di denaro del venditore è aumentata di $100. Tutto questo, tuttavia, non provoca un aumento nel rendimento generale, come suggerito dal pensiero popolare. I diritti sul risparmio reale sono stati spostati da un individuo ad un altro. L'aumento in spesa monetaria non provoca alcun aumento nel reddito in economia. Alla stessa maniera se il venditore spenderà ora il 90% di $100, tutto quel che abbiamo è una situazione in cui la sua domanda di denaro è calata di $90, in altre parole, ha esercitato il suo diritto sulla somma attuale di beni reali nella misura di $90 (la domanda di denaro di qualcun altro è ora aumentata di $90).

Ancora, a parità di circostanze, se gli individui hanno aumentato la loro spesa per alcuni beni, saranno allora costretti a spendere di meno per altri. Questo significa che la spesa generale in un'economia rimane invariata.

Soltanto se la quantità di denaro nell'economia aumenta, a parità di circostanze, si avrà un aumento di spesa in termini monetari. Tuttavia, l'aumento di spesa in questo caso non è per causa di un certo moltiplicatore ma dell'aumento nella riserva monetaria. L'aumento nella spesa in denaro che deriva da un aumento nella riserva monetaria non può produrre espansione nel rendimento reale, contrariamente alla storia popolare.

Tutto ciò che viene generato è un rimescolamento dell'attuale quantità di risparmio reale. Arricchirà chi riceverà per primo il nuovo denaro a scapito degli ultimi. Ovviamente allora, una politica monetaria allentata puntata ad amplificare la domanda di beni di consumo non può amplificare la resa reale per un multiplo dell'aumento iniziale nella domanda di beni di consumo. Non soltanto una allentata politica monetaria non aumenta la produzione, ma al contrario, impoverisce i creatori di ricchezza esattamente nello stesso modo dell'impositore nel nostro esempio precedente.

Sommario e conclusione

I testi di John Maynard Keynes rimangono oggi influenti come lo erano settant'anni fa. Le sue idee continuano ad essere la forza guida dei responsabili delle decisioni politiche economiche della Fed e delle istituzioni di governo. Queste idee pervadono il pensiero ed i testi degli economisti più influenti a Wall Street e negli ambienti universitari.

Il cuore della filosofia keynesiana è che a guidare l'economia sia la domanda di beni e che le recessioni economiche siano principalmente il risultato di una domanda insufficiente. Nella struttura keynesiana, non soltanto un aumento nella domanda alza il rendimento generale, ma quel rendimento aumenta di un multiplo dell'aumento iniziale nella domanda. In questo quadro, qualcosa può essere creato dal nulla.

Nel mondo reale, una spinta artificiale nella domanda che non sia sostenuta dalla produzione conduce alla diluizione della somma del risparmio reale e, contrariamente alla visione keynesiana, ad un restringimento nel flusso della ricchezza reale. Il risultato è l'impoverimento economico.
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Note


[1] Ben S. Bernanke risponde alle domande nella sua testimonianza al Comitato del bilancio della Camera dei rappresentanti il 17 gennaio 2008.

[2] J.M. Keynes, Teoria generale dell'occupazione, dell'interesse e della moneta.

[3] Ludwig von Mises, Azione Umana.

[4] Ludwig von Mises, “Lord Keynes and Say's Law.” The Critics of Keynesian Economics. Henry Hazlitt (ed.). University Press of America (1983), p. 316.
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Frank Shostak è assistente dell'istituto di Mises e frequente contributore a Mises.org. È economista capo di M.F. Global. Mandagli una mail e vedi il suo eccezionale archivio di articoli quotidiani di Mises.org. Commenta sul blog.

Link all'articolo originale.

Money, Banking and the Federal Reserve

Con sottotitoli in italiano, su Luogocomune la trascrizione completa.

Saturday, February 23, 2008

Sesso Droga e Rock& Roll

Nemmeno la musica sfugge al furore indagatore dell'inviato speciale Giovanni Pesce! Certo, non si tratta semplicemente di musica, ma di un'intera dimensione culturale, un sistema di valori che, ci dicono da Laputa, non è così spontaneo come si potrebbe pensare. E in effetti quel certo alone di nichilismo e di giovanilismo – vero trademark dei soliti noti – che pervade la mitologia della triade Sesso Droga e Rock & Roll giustifica qualche sospetto: bruciare tutto, bruciare in fretta ha senza dubbio il suo fascino, ma sembra davvero troppo uno slogan per il controllo delle nascite.

Meglio quindi godersi questo dispaccio musicale in “religioso silenzio” per non permettere a vibrazioni indesiderate dall'indurci in tentazioni pericolose, non si sa mai, e... all together now: buon fine settimana!
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Di Giovanni Pesce


Nell’ultimo party, tra un Martini e l’altro si era parlato del metodo “morbido” di presa del potere mondiale proposto da H.G. Wells e Bertrand Russel e dei metodi attuativi Tavistock per gestire le menti delle greggi umane; alla fine della discussione si era formata l’idea che candidati al controllo fossero stati solo personaggi particolari: soldati al fronte (front-men), candidati alla Presidenza (Manchurian Candidate).

Però qui a Laputa si pensa che i veri oggetti dell’azione di controllo siano proprio le persone normali.

In pratica, nel corso degli anni, l’azione di Mind Kontrol si è svolta nel teatro operativo della manifestazioni sociali con il piano individuale “MK-Ultra” e con il piano collettivo “Sesso Droga e Rock & Roll”.

La conquista militare di un territorio ha un significato inferiore rispetto al dominio delle menti delle popolazioni; per tenere sotto controllo militare un paese dovremmo mettere un soldato ogni angolo di strada, un poliziotto dietro ogni potenziale avversario ed organizzare ogni cosa che mantenga quarto status.

Per conquistare la mente individuale il piano MK-Ultra prevedeva il lavaggio del cervello tramite droghe (e psicofarmaci), ipnosi, elettroshock, così per le menti delle popolazioni occorrono all’inizio droghe fisiche e droghe virtuali e poi tecniche teatrali corroborate da ritmi musicali.

Grazie a David Sarnoff, fu inventata la TV, vera manna per il controllo di massa, un media potentissimo per veicolare il piano B meglio conosciuto con il fantasioso nome di “Sex ‘n Drug ‘n Rock & Roll”.

Anche su NSSM 200 si raccomanda l’uso della TV come anticoncezionale virtuale: proponendo l’immagine di usi e costumi occidentali anche i tassi di natalità si adatteranno a quelli tipici dell’occidente.

Sul “Piano di Rinascita Democratica” si chiede la concentrazione del controllo delle TV sotto un unico punto di comando, controllato ovviamente da terzi.

Una società basata su valori come il rispetto reciproco, la pacifica convivenza, il piccolo guadagno individuale deve soccombere rispetto ad un modello globale dove alcuni “happy few” provvedono a gestire le umane genti.

Per quanto riguarda il popolo, le ritmiche esterne sono state utilizzate per veicolare messaggi di ogni tipo.
Se una pubblicità senza jingle non produce risultato,dall’altra parte, una ridondanza di musica produce buoni risultati pubblici.

I ragazzi di Laputa, per convincermi di questa potenza della musica, mi hanno fatto notare come le operazioni musicali degli anni 50 (cantanti Usa) e degli anni 60 e 70 (gruppi rock inglesi) siano state delle pietre miliari per il programma “B”; molto probabilmente queste operazioni sono state pianificate a tavolino a Tavistock Square.

Così quelle canzoni hanno dettato il passo della nostra vita, come se avessero preso il posto della “Sveglia,” “Adunata,” “Rancio,” “Ritirata” di militar ricordo.

I militari per ritmare le azioni delle masse combattenti hanno sempre utilizzato trombe, fanfare, tamburi ed ogni genere di strumento sonoro per incoraggiare i propri soldati facendoli sentire parte di un gruppo coeso cosicché i comandanti mandavano al macello i battaglioni che cantavano cori come se fossero studenti in gita scolastica.

Questa tecnica di canto corale è stata trasferita alla popolazione mondiale: cantate una canzone unica dall’Alaska all’Australia e sarete parte del gregge unico che verrà portato al macello

Potenza del canto gregoriano..

Al prossimo coro, ovunque sarete portati, non dimenticatevi il fiasco di vino.

Friday, February 22, 2008

Premio Caligola - Febbraio '08

Riecco il Premio Caligola - Il potere gli ha dato alla testa, e riecco subito il vincitore dell'ultima edizione nuovamente in concorso: cosa succede in California? Si sa che è una località tradizionalmente frequentata da matti, ma ora stanno esagerando. Dopo l'intenzione di controllare i condizionatori dei suoi cittadini, questa volta li vogliono spruzzare con un pesticida, per condurre una delle solite guerre scatenate dagli stati, in questo caso la guerra alla tignola (“War on Tignol?”). Pare che il pestifero lepidottero utilizzi tattiche di guerriglia molto avanzate, nascondendosi nel tessuto urbano e si dice anche utilizzando scudi umani come i jihadisti. Ma “se non sarà possibile portarli alla giustizia, la giustizia sarà portata a loro,” di conseguenza via con i bombardamenti a tappeto di antiparassitari su San Francisco!

La seconda nomination,
segnalata dal buon Giorgio Mattiuzzo, è invece di taglio più mondano, anzi, di taglia: se la guadagna infatti il ministero della Sanità spagnolo, che pare non aver altro da fare che occuparsi delle misure degli abiti femminili, evidentemente in Spagna devono pensare che la salute abbia qualcosa a che fare con la famosa domanda “mi fa grassa?” Mi rendo conto, non è una gran tragedia, ma il Premio vuole premiare la follia dell'autorità, e mai come in questo caso si può a ragione parlare di camicia di forza, taglia extralarge.

Il terzo concorrente arriva dalla perfida Albione, è un professore e come tale potrebbe benissimo rientrare nella categoria mad scientists, e il suo nome è già tutto un programma: si chiama infatti Julian Le Grand, è il presidente di Health England e la sua proposta lascia effettivamente intuire una grandeur interiore che vorrebbe uscire allo scoperto. Vorrebbe infatti obbligare i fumatori ad ottenere una licenza annua da 10 sterline per avere il permesso di fumare. Temo però che dovrà comprarla lui per primo perché deve aver fumato qualcosa di parecchio pesante prima di ricevere l'illuminazione, non c'è dubbio. Passala!

In questo clima di campagna elettorale preparatevi quindi al vostro sacro dovere e votate, votate, votate!

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La California progetta di spruzzare pesticidi sulla città di San Francisco, la contea di Marin e l'East Bay


Il Dipartimento dell'Agricoltura di stato progetta di utilizzare questa estate degli aeroplani per spruzzare di notte un pesticida agricolo sulla città di San Francisco, sulla contea di Marin e sulla East Bay, allo scopo di eliminare un lepidottero potenzialmente distruttivo.

La poco nota proposta per eliminare il parassita della mela conosciuto come tignola, in grado, se si consolida, di distruggere l'industria agricola della regione, ha provocato crescente opposizione fra alcuni residenti che temono per la loro salute.

Centinaia di persone le cui case e i campi sono state spruzzati a Santa Cruz e nelle contee di Monterey da settembre a dicembre ha depositato rapporti secondo cui l'antiparassitario sembra aver causato tosse, problemi respiratori, dolori muscolari ed emicranie, tra altri sintomi. Una famiglia di Monterey ha segnalato che un bambino ha avuto un primo attacco di asma.

I funzionari di stato dicono che la quantità di antiparassitario applicata non dovrebbe comportare gravi rischi per la salute, ma hanno anche rifiutato di escludere che le irrorazioni possano colpire gli esseri umani, specialmente gli individui più sensibili come i bambini e gli anziani.

L'irrorazione dell'antiparassitario, denominato Checkmate, dovrebbe cominciare nella zona della baia in agosto e potrebbe continuare per cinque anni su San Francisco, Daly City, Colma, Oakland, Piedmont, Emeryville, El Cerrito, El Sobrante, Tiburon e Belvedere. Anche altri prodotti chimici potrebbero essere usati.


Antiparassitari Checkmate

Gli antiparassitari Checkmate sono disgreganti endocrini che attaccano i ricevitori di estrogeni e forzano l'attivazione e la produzione costante di estrogeni in uomini, donne e bambini. Il composto è distribuito in microcapsule di plastica molto piccole che galleggiano nell'aria come polline e che non sono state testate sugli esseri umani. Un prodotto chimico usato nella produzione di queste capsule è il preservativo BHT, che porta l'etichetta, “non inalare questo prodotto. Pericoloso per la salute respiratoria.” E il BHT, conosciuto anche come DBPC, può causare sterilità negli uomini.

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Moda: Spagna, addio alle taglie



Addio alle taglie per gli abiti femminili in Spagna, le donne saranno d'ora in poi classificate sulla base di tre tipologie. A seconda delle misure di petto, vita e fianchi saranno 'Cilindro', 'Diabolo' e 'Campana'. La raccomandazione e' del ministero della Sanità, dopo che uno studio ha rivelato che per l'86% delle donne e' difficile trovare abiti adatti alla propria taglia. Quelle attuali sono state fissate all'inizio degli anni Settanta sotto il franchismo.

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Gran-Bretagna: proposta licenza da 10 sterline per fumare

I fumatori potrebbero essere costretti a pagare 10 sterline un permesso per comprare il tabacco se un organo consultivo di salute governativo ottiene il via libera.

Nessuno potrebbe comprare sigarette senza il permesso, secondo l'idea proposta da Health England. Il suo presidente, il professor Julian Le Grand, ha detto a BBC Radio 5 Live che il progetto potrebbe fare una gran differenza sul numero di persone che smettono di fumare.

Ma il gruppo per i diritti dei fumatori Forest ha descritto l'idea come "scandalosa", considerate quante imposte i fumatori pagano già.

Il professor Le Grand, un ex consigliere dell'ex-primo ministro Tony Blair, ha detto che il denaro raccolto dalla proposta licenza andrebbe al NHS (Servizio Sanitario Nazionale). Ha detto che l'inconveniente di ottenere un permesso – così come il costo – tratterrebbe la gente dal persistere nell'abitudine di fumare.

“Devi ottenere un documento, un documento complicato – il governo è bravo nei documenti complicati; dovete avere una fotografia. È un po' un problema, così sei costretto a prendere una decisione cosciente ogni anno per scegliere di essere un fumatore.”


«To our glorious defeat»

The Mouse That Roared (Il ruggito del topo '59) di Jack Arnold è un film datato e poco riuscito (anche se ottenne, ai suoi tempi, un buon successo nei paesi anglofoni), nonostante la presenza di un Peter Sellers, peraltro non brillante, protagonista in tre ruoli. Vale però la menzione per la genialità del soggetto, che avrebbe senz'altro meritato una sorte migliore. È la storia del Ducato di Gran Fenwick, minuscolo stato europeo la cui unica fonte di reddito è la produzione di un famoso Pinot locale, che per risolvere una grave crisi economica decide di dichiarare guerra agli USA: il piano prevede di perderla ed ottenere quindi sovvenzioni dai vincitori, in una evidente parodia del Piano Marshall.

Thursday, February 21, 2008

Senza stato: una storia reale

Segnalo questo ottimo post dal blog Tra Cielo e Terra sulla società senza stato. Un episodio paradigmatico tratto dalla storia della Grecia moderna che offre molti spunti di riflessione.
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Di Santaruina


Nel discorrere della società e della sua struttura, si sostiene spesso la necessità di uno stato ben organizzato in grado di garantire la sicurezza dei cittadini e la difesa dei più deboli.

La sicurezza, l'ordine e l'organizzazione del vivere civile sono, secondo questo punto di vista, gli elementi che rendono imprescindibile la presenza di un potere centrale che sappia regolare lo svolgimento del vivere quotidiano.
Chi sostiene invece la nocività di un potere centrale, e vede lo stato come un ente costrittivo che limita enormemente la libertà del singolo, è tenuto a rispondere ad una serie di naturali obbiezioni, che riguardano le funzioni principali dello stato stesso prima menzionate: chi eviterebbe, in mancanza di un potere forte, che la società si trasformi in una giungla?
Lasciando da parte per il momento una disquisizione tanto impegnativa, credo che un ottimo spunto per eventuali riflessioni possa essere dato dall'analisi di alcuni fatti storici, esperienze reali che possano offrire un interessante paradigma.
A tal proposito mi piace spesso ricordare ciò che avvenne nella nazione greca in seguito alla rivoluzione del 1821, e la fine della egemonia ottomana.


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Wednesday, February 20, 2008

Il nemico fedele

Fidel Castro si è infine dimesso per raggiunti limiti di età, abdicando in favore del fratello e rivelando in questo modo la natura ormai dinastica del sistema di potere a Cuba. Resta da spiegare la sua longevità politica e la sorprendente durata di una dittatura comunista sopravvissuta persino a quella sovietica, che non si può certo accreditare al successo del suo sistema economico, che è riuscito a sopravvivere solo grazie al consistente aiuto sovietico ed è infatti entrato in grave crisi non appena questo è venuto a mancare. Perduto il sostegno di Mosca, il tavolo cubano ha cominciato a traballare vistosamente mostrando tutte le pecche tipiche di un'economia comunista:
L'Avana annunciò nel 1995 che il P.I.L. era calato dal 35% durante il periodo 1989-93, il risultato della perdita del sussidio sovietico e di inefficienza domestica. Il calo nel P.I.L. si è fermato apparentemente nel 1994, quando Cuba ha segnato uno sviluppo dello 0.7%, seguito dagli aumenti di 2.5% nel 1995 ed di 7.8% nel 1996. Lo sviluppo ha rallentato ancora rispettivamente nel 1997 e nel 1998 al 2.5% e 1.2%. Uno dei motivi chiave è stato il non accorgersi che la produzione di zucchero era diventata drammaticamente antieconomica.
E se negli ultimi dieci anni il turismo ha consentito una certa timida ripresa, questa ha però comportato un costo sociale non indifferente per un paese comunista:
Merci importate limitate – e perfino alcune di fabbricazione locale, come rum e caffè – potevano essere ottenute soltanto in negozi “dollars-only,” ma erano difficili da trovare o non disponibili in pesos. Di conseguenza, i cubani che guadagnavano soltanto nell'economia del peso, fuori del settore turistico, erano svantaggiati economicamente. Quelli con redditi in dollari basati sul terziario hanno cominciato a vivere più confortevolmente. Ciò ha allargato le differenze fra la qualità della vita dei cubani, in conflitto con le politiche socialiste di lunga termine del governo cubano.
Nonostante tutto ciò, il potere dei Barbudos è rimasto ben saldo e, forte di un vasto sostegno popolare, è stato capace di contenere il malcontento entro limiti accettabili per il regime. Cosa ha reso possibile questa situazione? La risposta potrebbe essere inaspettata: lo strumento principale nelle mani di Castro è stato, con ogni probabilità, l'embargo economico imposto e mantenuto fino ad oggi su Cuba dagli Stati Uniti. L'ombra onnipresente dell'irriducibile Nemico che “costringe” lo stato in una condizione di perenne emergenza, di guerra continua, che consente di definire traditore ogni dissidente, e di sacralizzare qualsiasi sacrificio da parte del popolo, come in una distopia orwelliana. Scriveva Randolph Bourne:
Nel momento in cui la guerra è dichiarata, tuttavia, la massa della gente, attraverso una certa alchimia spirituale, si convince di aver voluto ed eseguito l'atto di sua volontà. Allora, con l'eccezione di pochi scontenti, procede permettendo di venir irregimentata, costretta, scombussolata in tutti gli aspetti della sua vita e si trasforma in una solida fabbrica di distruzione verso qualunque altra persona può rientrare, nello schema definito delle cose, nel campo di disapprovazione del governo. Il cittadino si libera del suo disprezzo e della sua indifferenza verso il governo, si identifica con i suoi scopi, fa rivivere tutte le sue memorie e simboli militari e lo Stato una volta di più marcia, augusta presenza, con l'immaginazione degli uomini. Il patriottismo diventa il sentimento dominante e produce immediatamente quella confusione intensa e disperata fra le relazioni che l'individuo sostiene e dovrebbe sostenere verso la società di cui è parte. Il patriota perde ogni senso della distinzione tra lo Stato, la nazione ed il governo.
Il collettivismo trova la sua perfetta realizzazione nello stato di guerra, lo stato di guerra trova giustificazione nella presenza del Nemico, e tanto più è efficace tale giustificazione quanto più grande e visibile è il Nemico. La psicologia alla base di questo meccanismo sociale è fondamentalmente di carattere religioso: un Bene supremo che può essere raggiunto solo superando le minacce e le tentazioni del Male assoluto, la cui presenza è a sua volta la prova dell'esistenza del Bene. Solo in cambio di sofferenze e sacrifici – la lotta contro il Male – gli uomini approderanno al Bene assoluto che li attende in un certo lontano futuro. Rivelatrice di questa condizione di guerra permanente è l'apparenza stessa del Lider Maximo: non è un caso, probabilmente, che l'abdicazione si sia concretizzata nel momento in cui Castro ha dovuto smettere la divisa per indossare la tuta del lungo degente. Non potendo più essere un leader militare perde anche tutta la sua utilità di leader politico.

Immensa dovrebbe quindi essere la gratitudine di Castro per i presidenti che si sono succeduti alla Casa Bianca e che mai hanno mancato di rinnovare l'embargo. Temevano forse che senza di esso una piccola nazione nei Caraibi potesse costituire, con la sua economia comunista, una minaccia per la poderosa economia capitalista occidentale? Erano davvero così ottusi da non rendersi conto che ogni azione intrapresa contro Cuba non faceva altro che rafforzarne il regime? Difficile crederlo. In realtà è molto più probabile che abbiano applicto lo stesso principio specularmente, mantenendo vivo lo spettro della minaccia comunista per rafforzare e giustificare il loro stesso potere.

Tuesday, February 19, 2008

Alcuni sono più uguali degli altri

La fattoria degli animali di George Orwell è un libro che dovrebbe essere regalato ai bambini non appena imparano a leggere, così che possa servire da vaccino contro l'indottrinamento collettivista e l'istupidimento programmato a cui saranno sottoposti nei tristi anni della scuola (chi non l'avesse ancora letto lo può trovare online nel sito violettanet.it).

Qui riporto la seconda metà del nono capitolo, in cui si racconta la morte dello stoico cavallo Gondrano, venduto dai porci al macello per una scorta di whiskey allorché, vecchio e malato, non poteva più essere sfruttato.
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Di George Orwell


Quando lo zoccolo fu guarito, Gondrano riprese a lavorare più che mai. Veramente gli animali faticavano come schiavi quell'anno. Oltre l'andamento regolare della fattoria e la ricostruzione del mulino, vi era la scuola per i maialetti che fu iniziata in marzo. Talvolta, col cibo insufficiente, le lunghe ore di lavoro erano dure da sopportare. Ma Gondrano non esitò mai. In nulla che facesse o dicesse vi era segno che la sua forza non fosse qual era sempre stata. Solo il suo aspetto era un poco mutato: il suo mantello non era più così lucente e i suoi grandi fianchi sembravano essersi contratti. Gli altri dicevano:«Gondrano si rimetterà quando a primavera spunterà l'erba»; ma venne la primavera e Gondrano non ingrassò affatto. Talvolta sul pendio che conduceva in cima alla cava, quando tendeva i muscoli sotto il peso di un gran masso, pareva che nulla lo tenesse in piedi se non la volontà di andare avanti. Allora si vedevano le sue labbra formare le parole: «lavorerò di più»; non gli restava più voce. Ancora una volta Berta e Benjamin lo esortarono ad aver cura della sua salute, ma Gondrano non dava ascolto. Il suo dodicesimo compleanno si avvicinava. Non gli importava di qualunque cosa accadesse, purché una buona riserva di pietre fosse accumulata presso il mulino. In una tarda sera d'estate un'improvvisa voce che qualcosa era accaduto a Gondrano corse per la fattoria. Era andato da solo a trascinare un carico di pietre al mulino. E purtroppo la voce era vera. Pochi istanti dopo due piccioni vennero in rapido volo con la notizia: «Gondrano è caduto! E' sdraiato sul fianco e non riesce a rialzarsi!».

Mezza fattoria corse all'altura ove sorgeva il mulino. Là giaceva Gondrano tra le stanghe del carro, il collo allungato, incapace persino di sollevare la testa. L'occhio era vitreo e i fianchi coperti di sudore. Un sottile filo di sangue gli colava dalla bocca. Berta gli si inginocchiò accanto.

«Gondrano» gridò «come stai?»
«Sono i polmoni» disse Gondrano con voce flebile.

«Non importa. Credo che potrete finire il mulino senza di me. Vi è una buona scorta di pietre in riserva. In ogni caso, avevo solo un mese davanti a me. A dire il vero, aspettavo con grande desiderio il momento del mio ritiro. E forse, poiché anche Benjamin sta diventando vecchio, gli permetteranno di ritirarsi con me e tenermi compagnia.»

«Bisogna cercar subito aiuto» disse Berta «Che qualcuno corra ad avvertire Clarinetto di quanto è successo.»

Tutti gli altri animali corsero immediatamente alla casa colonica per dare a Clarinetto la notizia. Solo Berta rimase, e Benjamin, che si coricò a fianco di Gondrano e, senza parlare, gli allontanava le mosche con la lunga coda. Dopo circa un quarto d'ora Clarinetto apparve, pieno di simpatia e di sollecitudine. Egli disse che il compagno Napoleon aveva appreso col più profondo dolore la disgrazia toccata a uno dei più leali lavoratori della fattoria e che stava già combinando di mandare Gondrano in cura nell'ospedale di Willingdon. A questa notizia un senso di inquietudine invase gli animali. Salvo Mollie e Palla di Neve, nessun animale aveva mai lasciato la fattoria e il pensiero del loro compagno ammalato nelle mani di esseri umani li turbava. Ma Clarinetto presto li convinse che il chirurgo veterinario di Willingdon avrebbe potuto curare Gondrano assai meglio di quanto non era possibile fare alla fattoria. E mezz'ora dopo, quando si era un poco ripreso, Gondrano fu fatto alzare in piedi e accompagnato alla stalla ove Berta e Benjamin gli avevano preparato un buon letto di paglia. Durante i due giorni successivi Gondrano rimase nella stalla. I maiali gli avevano mandato una grande bottiglia di una medicina rosa che avevano trovato nell'armadietto farmaceutico della stanza da bagno, e Berta gliela somministrava due volte al giorno, dopo i pasti. La sera si stendeva vicino a lui e gli parlava, mentre Benjamin teneva lontane le mosche. Gondrano diceva di non essere spiacente di quanto era avvenuto. Se guariva bene poteva sperare di vivere altri tre anni e già pregustava i giorni tranquilli che avrebbe passato nell'angolo del gran pascolo. Sarebbe stata la prima volta che avrebbe avuto tempo per studiare e migliorare la propria mente. Era sua intenzione, diceva, dedicare il resto della vita a imparare le rimanenti ventidue lettere dell'alfabeto.

Tuttavia Benjamin e Berta potevano rimanere con lui solo dopo l'orario di lavoro, e fu a metà del giorno che venne il furgone a portarlo via. Gli animali erano tutti al lavoro, intenti a sarchiare le rape sotto la sorveglianza dei maiali, quando con stupore videro Benjamin venire di galoppo dalla direzione dei fabbricati ragliando con quanta voce aveva. Era la prima volta che vedevano Benjamin eccitato, la prima volta che lo vedevano galoppare. «Presto, presto!» gridava. «Venite subito! Stanno portando via Gondrano!» Senza aspettare ordini dal porco, gli animali interruppero il lavoro e si precipitarono verso i fabbricati. Nel cortile sostava un gran furgone chiuso, tirato da due cavalli un furgone con iscrizioni sui fianchi e un uomo dall'aria astuta, con in testa un berretto a visiera, seduto a cassetta. E il posto di Gondrano nella stalla era vuoto.

Gli animali si affollarono attorno al furgone. «Addio, Gondrano!» gridarono in coro. «Addio!»

«Pazzi, pazzi!» urlò Benjamin saltando attorno a loro e battendo la terra con gli zoccoli. «Pazzi! Non vedete che cosa c'è scritto sui fianchi del furgone?» Gli animali sostarono e vi fu un mormorio. Muriel cominciò a compitare le parole, ma Benjamin la spinse da parte e fra un silenzio mortale lesse: «"Alfred Simmons, Macelleria Equina e Fabbrica di Colla, Willingdon. Negoziante di cuoio e d'ossa. Forniture per canili". Capite ciò che significa questo? Portano Gondrano al macello!».

Un grido d'orrore uscì dal petto di tutti gli animali. In quel momento l'uomo a cassetta frustò i suoi cavalli e il furgone uscì dal cortile a buon trotto. Tutti gli animali lo seguirono gridando a gran voce. Berta forzò l'andatura per portarsi innanzi. Il furgone acquistava velocità. Berta tentò di muovere al galoppo le sue pesanti membra. «Gondrano!» gridò. «Gondrano! Gondrano! Gondrano!» e proprio in quel momento, come se sentisse il frastuono esterno, il muso di Gondrano, con la striscia bianca che gli scendeva lungo il naso, apparve alla finestrella sul retro del furgone.

«Gondrano!» gridò Berta con voce terribile. «Gondrano, scendi! Scendi presto! Ti portano alla morte!» Tutti gli animali raccolsero il grido: «Scendi, Gondrano, scendi!». Ma il furgone andava sempre più veloce, portandolo via con sé. Non era certo che Gondrano avesse capito ciò che aveva detto Berta. Ma poco dopo il suo muso disparve dalla finestrella e il rumore di un tremendo scalpitare si udì nell'interno del furgone. Cercava a calci una via d'uscita. C'era stato un tempo in cui pochi colpi di zoccolo di Gondrano avrebbero fatto a pezzi il furgone. Ma, ahimè!, la forza lo aveva abbandonato e in pochi istanti i colpi si fecero più deboli finché cessarono del tutto. Disperati, gli animali volsero le loro invocazioni ai due cavalli che tiravano il furgone, pregandoli di fermarsi. «Compagni, compagni!» gridavano. «Non conducete a morte vostro fratello!» Ma quegli stupidi bruti, troppo ignoranti per rendersi conto di quel che stava accadendo, non fecero che scuotere le orecchie e accelerare il passo. Troppo tardi venne a qualcuno il pensiero di correre avanti e chiudere il grande cancello; un istante dopo il furgone lo varcava e rapidamente spariva sulla strada. Gondrano non fu visto mai più. Tre giorni dopo venne annunciato che egli era morto nell'ospedale di Willingdon, a dispetto di tutte le cure che si possono prestare a un cavallo. Fu Clarinetto che venne a partecipare agli altri la notizia. Egli, disse, era stato presente alle ultime ore di Gondrano.

«Fu la cosa più commovente che abbia mai visto!» disse Clarinetto, sollevando la zampa e asciugandosi una lacrima. «Fino all'ultimo istante sono stato vicino al suo letto; all'ultimo, quasi troppo debole per parlare, egli bisbigliò al mio orecchio che il suo solo dispiacere era di morire prima che il mulino fosse ultimato. "Avanti, compagni!" sussurrò. "Avanti nel nome della Rivoluzione! Viva la Fattoria degli Animali! Viva il compagno Napoleon! Napoleon ha sempre ragione!" Furono le sue ultime parole, compagni.»

Qui il contegno di Clarinetto mutò ad un tratto. Tacque per qualche istante, e i suoi piccoli occhi lanciarono sguardi sospettosi da un lato all'altro prima di proseguire.

Aveva saputo, disse, che una voce tanto sciocca quanto malvagia era corsa al momento del trasporto di Gondrano. Alcuni animali avevano notato che il furgone che trasportava Gondrano portava la scritta "Macelleria Equina", e ne avevano subito concluso che Gondrano era stato mandato al macello. Era quasi incredibile, disse Clarinetto, che ci potessero essere animali tanto stolti. Certo, gridò sdegnato, dimenando la coda e saltellando qua e là, certo essi conoscevano il loro beneamato Capo, il compagno Napoleon. Ma la spiegazione era semplicissima: il furgone era stato un tempo di proprietà di un macellaio ed era stato comperato poi dal veterinario che non aveva ancora provveduto a cancellare la vecchia iscrizione. Ecco com'era sorto l'errore.

Gli animali a questa spiegazione provarono un grande sollievo. E quando Clarinetto proseguì a dare i minuti particolari del letto di morte di Gondrano, delle amorevoli cure che aveva ricevuto e delle costosissime medicine che Napoleon aveva pagato senza badare a spese, i loro ultimi dubbi sparirono e il dolore che provavano per la morte del loro compagno fu mitigato dal pensiero che almeno era morto felice.

Napoleon stesso partecipò alla riunione della domenica seguente e pronunciò una breve orazione in onore di Gondrano. Non era stato possibile, disse, riportare i resti del loro compianto compagno perché trovassero sepoltura nella fattoria, ma egli aveva ordinato una grande corona composta con le foglie della pianta di alloro del suo giardino, da deporre sulla tomba dello scomparso. Pochi giorni dopo era intenzione dei maiali tenere un grande banchetto funebre in onore del defunto. Napoleon terminò il suo discorso ricordando le due massime favorite da Gondrano: "Lavorerò di più" e: "Il compagno Napoleon ha sempre ragione!", massime, egli disse, che ogni animale avrebbe dovuto adottare come proprie.

Nel giorno stabilito per il banchetto un furgone da droghiere venne da Willingdon alla fattoria a consegnare una grande cassa. Quella notte si udirono fragorosi canti, seguiti da un frastuono come di violento litigio che termino verso le undici con un tremendo frantumar di vetri. Nessuno si mosse nella casa colonica prima del mezzogiorno dell'indomani, e corse voce che, non si sa come, i porci avevano guadagnato danaro bastante all'acquisto di un'altra cassa di whisky.

Monday, February 18, 2008

Un finale inevitabile

“Una persona saggia disse una volta: ‘uno sciocco impara dalla sua esperienza. Una persona intelligente impara dall'esperienza degli altri.’
Al che si potrebbe aggiungere: ‘e un idiota non impara neanche dalla sua esperienza.’
Quindi, cosa possiamo imparare da un libro che dimostra che non impariamo dall'esperienza?”
Uri Avnery è da lungo tempo un attivista israeliano per la pace. Dal 1948 ha sostenuto la costruzione di uno stato Palestinese accanto ad Israele. Nel 1974, Uri Avnery è stato il primo israeliano a stabilire un contatto con la direzione dell'OLP. Nel 1982 è stato il primo israeliano in assoluto ad incontrare Yassir Arafat, dopo aver attraversato le linee a Beirut assediata. Ha servito per tre termini nel parlamento israeliano (Knesset) ed è il fondatore del Gush Shalom (Peace Bloc).

In questo articolo Avnery analizza il libro di William Polk Violent politics, recentemente pubblicato negli Stati Uniti, il cui autore era in Palestina nel 1946, all'epoca della lotta contro l'occupazione britannica e da allora ha studiato la storia delle guerre di liberazione. In Violent politics Polk confronta varie insurrezioni, dalla rivoluzione americana alle guerre in Afghanistan, e Avnery ne trae le conseguenze applicandole al conflitto israelo-palestinese.
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Di Uri Avnery


Ho un interesse speciale in questo argomento. Quando entrai nell'Irgun all'età di 15 anni, mi venne detto di leggere dei libri sulle precedenti guerre di liberazione, particolarmente su quella polacca e quella irlandese. Lessi diligentemente ogni libro su cui potei mettere le mani ed ho da allora seguito le insurrezioni e le guerriglie nel mondo intero, come quelle in Malaya, nel Kenia, nello Yemen del sud, in Sudafrica, nell'Afghanistan, nel Kurdistan, nel Vietnam ed altre. In una di esse, la guerra algerina di liberazione, ho avuto una certa partecipazione personale.

Quando appartenevo all'Irgun, lavorai nell'ufficio di un avvocato istruito ad Oxford. Uno dei nostri clienti era un alto funzionario britannico del governo del Mandato. Era una persona intelligente, piacevole e divertente. Mi ricordo che una volta, quando se ne andò, un pensiero mi attraversò la mente: come possono delle persone tanto intelligenti condurre una politica così insensata?

Da allora, più sono stato assorbito da altre insurrezioni, più forte è diventata questa meraviglia. È possibile che la situazione stessa dell'occupazione e della resistenza condanni gli occupanti ad un comportamento stupido, trasformando persino i più intelligenti in idioti?

Determinati anni fa la BBC trasmise una lunga serie sul processo di liberazione nelle ex colonie britanniche, dall'India alle isole caraibiche. Dedicò un episodio ad ogni colonia. Gli ex amministratori coloniali, gli ufficiali degli eserciti di occupazione, i combattenti per la liberazione ed altri testimoni oculari erano intervistati a lungo. Molto interessante e molto deprimente.

Deprimente, perché gli episodi si ripetevano quasi esattamente. I governanti di ogni colonia ripetevano gli errori fatti dai loro predecessori nell'episodio precedente. Nutrivano le stesse illusioni e soffrirono le stesse sconfitte. Nessuno imparò alcuna lezione dal suo predecessore, anche quando il predecessore era stato egli stesso – come nel caso degli ufficiali di polizia britannici che furono trasferiti dalla Palestina nel Kenia.

Nel suo denso libro, Polk descrive le insurrezioni principali degli ultimi 200 anni, li paragona a vicenda e ne trae le ovvie conclusioni.
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Ogni insurrezione è, naturalmente, unica e differente da tutte le altre, perché i contesti sono differenti, come lo sono le culture dei popoli occupati e degli occupanti. I britannici differiscono dagli olandesi ed entrambi dai francesi. George Washington era diverso da Tito ed Ho Chi Minh da Yasser Arafat. Tuttavia malgrado ciò, c'è una stupefacente somiglianza fra tutte le lotte di liberazione.

Per me, la lezione principale è questa: nel momento in cui il grande pubblico abbraccia i ribelli, la vittoria della ribellione è assicurata.

Questa è una regola ferrea: un'insurrezione sostenuta dal pubblico è destinata alla vittoria, indipendentemente dalle tattiche adottate dal regime di occupazione. L'occupante può uccidere indiscriminatamente o adottare metodi più umanitari, torturare a morte i combattenti per la libertà catturati o curarli come prigionieri di guerra: niente fa differenza a lungo termine. L'ultimo degli occupanti può imbarcarsi su una nave con una cerimonia solenne, come l'alto commissario britannico a Haifa, o combattere per un posto nell'ultimo elicottero, come gli ultimi soldati americani sul tetto dell'ambasciata americana a Saigon: la sconfitta era certa dal momento in cui l'insurrezione aveva raggiunto un certo punto.

La vera guerra contro l'occupazione avviene nelle menti della popolazione occupata. Di conseguenza, il compito principale del combattente per la libertà non è di combattere contro l'occupazione, come può sembrare, ma di vincere i cuori della sua gente. E dall'altro lato, il compito principale dell'occupante non è di uccidere i combattenti per la libertà, ma di impedire alla popolazione di abbracciarli. La battaglia è per i cuori e per le menti della gente, i loro pensieri ed emozioni.

Questa è una delle ragioni per le quali i generali quasi sempre falliscono nella loro lotta contro i combattenti per la liberazione. Un ufficiale militare è la persona meno adatta per questo compito. Tutta la sua educazione, il suo intero sistema di pensiero, tutto ciò che ha imparato è opposto a questo compito centrale. Napoleone, il genio militare, fallì nel suo tentativo di sgominare i combattenti della libertà in Spagna (dove la parola guerrilla, piccola guerra, è stata coniata originariamente), non meno del più stupido generale americano nel Vietnam.
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L'iconico Che Guevara ben definì le fasi che attraversa una classica guerra di liberazione: “inizialmente, c'è una banda parzialmente armata che prende rifugio in un certo luogo remoto [o in una popolazione urbana, aggiungerei] e difficile da raggiungere. Realizza un colpo fortunato contro le autorità ed alcuni dei coltivatori più scontenti si uniscono ad essa, giovani idealisti, ecc. ... si mette in contatto con i residenti ed esegue leggeri attacchi “colpisci-e-fuggi”. Quando nuove reclute ingrossano le fila attacca una colonna nemica ed elimina i suoi elementi guida... Dopodiché la banda installa accampamenti semi-permanenti... ed adotta le caratteristiche di un governo in miniatura... ” e così via.

Per avere successo fino in fondo, gli insorti hanno bisogno di un'idea che infiammi l'entusiasmo della popolazione. Il pubblico si unifica intorno a loro e fornisce aiuto, riparo e informazioni. Da questa fase in poi, tutto ciò che le autorità di occupazione faranno sarà di aiuto agli insorti. Quando i combattenti per la libertà vengono uccisi, molti altri li sostituiscono ed ingrossano i loro ranghi (come io stesso ho fatto nella mia gioventù). Quando gli occupanti impongono una punizione collettiva alla popolazione, rinforzano semplicemente il loro odio e la loro mutua assistenza. Quando riescono a catturare o uccidono i capi della lotta di liberazione, altri capi prendono il loro posto – come la Hydra della leggenda greca cui crescevano nuove teste per ognuna che Ercole tagliava via.

Frequentemente le autorità di occupazione riescono a causare una spaccatura fra i combattenti della libertà e la considerano un'importante vittoria. Ma tutte le fazioni combattono separatamente l'occupante, competendo a vicenda, come Fatah e Hamas stanno facendo adesso.
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È un peccato che Polk non abbia dedicato un capitolo speciale al conflitto israelo-palestinese, ma non è in realtà necessario. Possiamo scriverlo noi stessi secondo la nostra comprensione.

Per tutti i 40 anni dell'occupazione, i nostri capi politici e militari hanno fallito nella lotta contro la guerriglia palestinese. Non sono né più stupidi né più crudeli dei loro predecessori – gli olandesi in Indonesia, i britannici in Palestina, i francesi in Algeria, gli americani in Vietnam, i sovietici in Afghanistan. I nostri generali possono superarli tutti soltanto in arroganza – la loro convinzione di essere i più astuti e che la “testa ebrea” inventerà dei nuovi brevetti che tutti quei Goyim non avrebbero mai potuto immaginare.

Dal momento in cui Yasser Arafat riuscì a vincere i cuori della popolazione palestinese e ad unirli intorno al bruciante desiderio di sbarazzarsi dell'occupazione, la lotta era già stata decisa. Se fossimo stati saggi, avremmo cercato allora un accordo politico con lui. Ma i nostri politici e generali non sono più saggi di tutti gli altri. E così continueremo ad uccidere, bombardare, distruggere ed esiliare, nell'insensata convinzione che se soltanto colpiamo ancora una volta, la vittoria a lungo attesa apparirà alla fine del tunnel – soltanto per accorgerci che l'oscuro tunnel conduce ad un tunnel ancora più oscuro.

Come accade sempre, quando un'organizzazione di liberazione non raggiunge i suoi obiettivi, un'altra più estrema si genera al suo fianco o al suo posto e vince i cuori della gente. Le organizzazioni di tipo Hamas sostituiscono quelle di tipo Fatah. Il regime coloniale, che non ha raggiunto in tempo un accordo con l'organizzazione più moderata, è alla fine costretto ad accordarsi con quella più estremista.

Il gen. Charles de Gaulle riuscì a fare la pace con i ribelli algerini prima di raggiungere quella fase. Un milionee un quarto di coloni sentì una mattina che l'esercito francese stava preparandosi ad andare a casa in una certa data. I coloni, molti di loro di quarta generazione, corsero per le loro vite senza ottenere alcuna compensazione (diversamente dai coloni israeliani che lasciarono la striscia di Gaza nel 2005). Ma noi non abbiamo un de Gaulle. Noi siamo condannati a continuare ad infinitum.

Se non per le terribili tragedie a cui assistiamo ogni giorno, potremmo sorridere alla patetica inettitudine dei nostri politici e generali, che corrono in circolo senza sapere da dove dovrebbe arrivare la loro salvezza. Che fare? Farli morire tutti di fame? Quello ha condotto al crollo della parete sul confine Gaza-Egitto. Uccidere i loro capi? Abbiamo già ucciso lo sceicco Ahmed Yassin ed innumerevoli altri. Eseguire la “Grande Operazione” e rioccupare l'intera striscia di Gaza? Abbiamo già conquistato due volte la striscia. Questa volta incontreremo guerriglieri molto più capaci, ancor più radicati nella popolazione. Ogni carro armato, ogni soldato si transformerà in in un obiettivo. Il cacciatore può diventare la preda.
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Quindi cosa possiamo fare che non abbiamo già fatto?

In primo luogo, convincere ogni soldato e politico a leggere il libro di William Polk, insieme ad uno dei buoni libri sulla lotta algerina.

In secondo luogo, fare quello che tutti i regimi di occupazione hanno fatto alla fine in tutti i paesi in cui la popolazione è insorta: raggiungere un accordo politico che entrambi i lati possano accettare e trarne profitto. E venirne fuori.

Dopo tutto, la fine non è in dubbio. L'unica domanda è quante ancora uccisioni, quanta distruzione, quanta sofferenza dev'essere ancora causata prima che gli occupanti giungano all'inevitabile conclusione.

Ogni goccia di sangue versata è una goccia di sangue sprecata.
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Piccolo Glossario della Neolingua #27

“There is nothing so strong or safe in an emergency of life as the simple truth.”
(Charles Dickens)
Emergenza è una parola molto gradita ai nostri governanti, in quanto gli permette di aumentare innanzitutto i loro poteri, nascondendo le loro chiare responsabilità, ed infatti non passa giorno senza che una nuova emergenza venga proclamata. Ma l'emergenza vera, che mette a rischio la sopravvivenza di noi tutti, è proprio quella costituita dalla presenza sempre più ingombrante dello stato.
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Emergenza
Significato originario:
1 l’emergere e il suo risultato; sporgenza
2 improvvisa difficoltà, situazione che impone di intervenire rapidamente: il medico è stato richiamato in ospedale per un’e.; funziona come aggettivogeno: e. neve, e. smog | OB circostanza imprevista
Nell'assurda realtà dello stato ci siamo abituati ad esser sempre accompagnati da una o più emergenze. L'emergenza, è per definizione una condizione eccezionale, ma assai curiosamente non è questo il nostro caso: dal prezzo delle zucchine a qualche caso di meningite, per lo stato l'emergenza è la regola. Naturale corollario della situazione sono ovviamente l'estensione dell'intervento statale, i poteri speciali, i diritti sospesi e tutto ciò che può rendere lo stato più forte e il cittadino più indifeso di fronte ad esso. Leggiamo a titolo d'esempio un articolo di un paio di anni fa, che descrive la reazione dello stato della Florida ad una malattia delle piante di agrumi:
Gli scienziati di stato sostengono che i metodi draconiani sono necessari perché il cancro degli agrumi è immune al trattamento chimico; alcuni scienziati indipendenti non sono d'accordo, sostenendo che il cancro è qualcosa che va e viene.

Scienza a parte, il punto è che i rappresentanti del DOCAS stanno distruggendo proprietà private e stanno calpestando i diritti degli onesti cittadini, che hanno chiamato gli agenti del governo Gestapo degli agrumi. Tutto questo è fatto in nome della protezione dell'industria dell'agrume da 8.5 miliardi di dollari contro un cancro distruggi-piante e sotto l'autorità del presunto amante della libertà Jeb Bush. Ha firmato un ordine di emergenza sotto cui le squadre non hanno bisogno del permesso del proprietario per accedere alla proprietà privata e tagliare gli alberi di agrumi. [...]

Questo potere d'emergenza – uguale a tanti altri poteri d'emergenza assegnati ai governi – è arbitrario, illimitato e brutale, il genere di potere che si penserebbe potrebbe essere conferito ad un Romanov, Lenin, Lincoln, un Mitchell Palmer, un Edgar J. Hoover o un Franklin Roosevelt, i cui agenti radunarono decine di migliaia di nippo-americani nei campi di internamento dopo che la loro proprietà era stata sottratta con vendite all'asta.
Qualsiasi scusa è buona: dalle nostre parti abbiamo assistito alla grave crisi dei rifiuti a Napoli, dove la reazione automatica del governo è stata l'invio di un commissario con poteri speciali, come se il disastro fosse dovuto ad una insufficienza di “poteri” degli amministratori locali, e non alla loro corruzione, collusione e incapacità. No, per lo stato l'unico problema era la mancanza di poteri sufficienti, e infatti nessuna misura è stata presa contro chi, in ultima analisi, è stato responsabile di quel disastro.

Ancora peggiore, perché più vaste le sue ripercussioni, è l'intervento dello stato allorché viene dichiarata un qualche tipo di emergenza economica. Nel settembre del 2001, ad esempio, all'indomani degli attacchi a New York e Washington, il panico provocò negli USA una corsa a rifornirsi di benzina che spinse diversi distributori ad alzare i prezzi. Subito il Texas, la Florida e il Mississippi dichiararono uno stato d'emergenza, minacciando di multe salate ed anche di arresto i rivenditori che avessero alzato il prezzo oltre i 5 dollari al gallone.

Ma l'aumento dei prezzi è semplicemente il segno che il mercato si sta adeguando ad una condizione diversa dalla precedente, ed è anche utile e necessario soprattutto in momenti di crisi:

Se vogliamo che i consumatori possano ottenere ciò di cui hanno bisogno in un caso d'emergenza, quando la richiesta aumenta ai fornitori deve essere permesso e devono essere incoraggiati ad aumentare i loro prezzi. È allora più probabile che i rifornimenti possano essere sostenuti e che la gente che ha più urgentemente bisogno di una merce particolare più probabilmente riesca ad ottenerla. Questo è particolarmente importante durante un'emergenza. L'aumento dei prezzi salva vite.
In questo caso, con il classico rovesciamento logico, l'azione dello stato impedisce di affrontare con efficacia quella stessa emergenza che proclama di voler affrontare con i suoi vasti poteri. Ma questa può essere una sorpresa solo per chi è ancora convinto che i nostri governanti abbiano a cuore le nostre vite ed il nostro benessere.